sabato 28 novembre 2015

UCRONIA E FISICA QUANTISTICA

Non bisogna confondere l'interpretazione di Hugh Everett III della meccanica quantistica (Molti Mondi) con il postulato del film Sliding Doors, che descrive due storie parallele a partire dal diverso esito di un evento macroscopico: Gwyneth Paltrow che in un caso riesce a prendere la metropolitana e nell'altro non vi riesce. A determinare il cambiamento nell'interpretazione di Hugh Everett III non sono infatti gli eventi macroscopici, come riuscire a prendere o meno un convoglio della metropolitana, ma le singole misure quantistiche a livello microscopico. È quindi errato dire, come fin troppo spesso si sente, che nella teoria delle linee temporali parallele sono le nostre azioni a dare origine ad universi differenti a partire da un singolo nodo. La fisica quantistica, che non è una delle infinite scemenze New Age - come invece popolarmente si crede - si fonda su leggi del tutto dissimili da quelle che governano l'universo macroscopico, e la sua stessa natura ha una conseguenza del tutto inattesa sulla letteratura fantastica: vanifica completamente il genere ucronico. Non può esistere nessuna trama ucronica verosimile e riuscita per diversi motivi: 

1) Ogni molteplicità nella soluzione della funzione di Schroedinger di una singola particella influenza, tramite entanglement (azione a distanza) tutte le particelle dell'intero universo, rendendo impossibile conoscere l'evoluzione dell'universo in condizioni alternative. Così basterebbe una diversa transizione energetica di una particella in un atomo per avere ripercussioni gravissime anche in altre galassie. 

2) Una diversa azione macroscopica implica tali differenze nella struttura microscopica degli enti coinvolti, che le sue conseguenze sono in grado di alterare in modo assolutamente imprevedibile l'intero universo. Infatti in un'azione macroscopica anche banale sono coinvolte particelle subatomiche in numero incommensurabile. Solo per fare un esempio, un diverso accoppiamento cambia l'esito di tutti gli accoppiamenti che avvengono sul pianeta. Questa semplice considerazione disegna il Caos.

3) Le conseguenze di ogni divergenza sono non soltanto imprevedibili, ma irreversibili. Così il diverso esito dell'azione predatoria di un gatto su una lucertola altererà l'intero corso storico per sempre - oltre che in modo non conoscibile a priori e non stimabile con gli strumenti cognitivi a disposizione del genere umano. 

Da queste semplici premesse si arriva a una desolante conclusione: l'intero genere ucronico si riduce a una masturbazione mentale priva di qualsiasi significato. Sappiamo da tempo che ogni scrittore non può fare altro che riplasmare la Storia a partire dagli eventi che conosce, introducendo nelle sue opere un'infinità di cose inverosimili e grottesche. Manca la capacità di svincolarsi dal corso storico in cui vive per poterne immaginare un altro in cui le cose sono andate diversamente a partire da un Punto di Divergenza, e questa non è una novità. Alla luce della fisica quantistica, si capisce tuttavia che l'incapacità di creare ucronie sensate non è un fatto meramente empirico, ma un fatto costitutivo, ontologico. A nessun essere umano può essere data la conoscenza necessaria per essere un plausibile scrittore allostorico. Così si arriva a concludere che non vale la pena di investire nella scrittura di ucronie, perché ogni ucronia si riduce a conti fatti all'onirostoria. Se pure non caldeggio l'abbandono dell'intero genere ucronico, lo reputo svuotato di qualsiasi significato filosofico, assieme agli scritti sui viaggi nel tempo. Sono cose che possono tenere compagnia, come i fumetti di Topolino, ma non vanno prese troppo sul serio.

INFINITI ERUTTIVI: UN POSSIBILE BACO NELLA TEORIA DEL MULTIVERSO

La prima formulazione seria della teoria del Multiverso si deve a Hugh Everett III, fisico dell'Università di Princeton, che la espose nella sua tesi di dottorato, The Many-Worlds Interpretation of Quantum Mechanics. Fondamento di questa teoria oltremodo interessante è che ogni misura quantistica divida l'universo dando origine a un numero di universi paralleli pari a quello dei possibili risultati della misura stessa. Chiaramente il Multiverso è l'insieme degli universi generati in questo modo, che sono tutti ugualmente reali, anche se eternamente al di fuori della nostra portata.

La tesi di Hugh Everett III è consultabile e scaricabile gratuitamente, basta seguire questo link:


Prima di questo lavoro, accolto con scetticismo dalla comunità accademica, vigeva l'interpretazione di Copenaghen, che considera un unico universo in cui la misura quantistica estrae casualmente una delle possibili soluzioni della funzione d'onda che descrive lo stato quantico di una particella. Questa conseguenza drammatica dell'operazione di misura è detta collasso della funzione d'onda. In altre parole, l'osservatore rompe l'evoluzione dinamica quantistica del sistema che osserva. Famoso è l'esperimento concettuale che dà origine al paradosso del gatto di Schroedinger, in cui un felino rinchiuso in una scatola d'acciaio, celato a qualsiasi osservatore e minacciato dalla disintegrazione di un radionuclide, si ritrova ad essere sia vivo che morto. 

Il problema della misurazione viene risolto dall'interpretazione dei Monti Mondi, che però presenta un inconveniente non trascurabile. Vediamo di precisare meglio le conseguenze delle teorie del fisico di Princeton, passando dal suo asettico enunciato introduttivo a drammatici esempi concreti. Ogni misura quantistica (nell'infinitamente piccolo) non si limita ad avere conseguenze locali, ma causa la moltiplicazione dell'intero universo (nell'infinitamente grande). In pratica ogni volta che un sistema quantistico, descritto da una data funzione d'onda, ammette diverse soluzioni all'equazione di Schroedinger che la descrive, ognuna di queste comporterà l'esistenza di un intero universo indipendente da quello di partenza, riproducendone ogni dettaglio su larga scala - con le dovute differenze dovute alla sua divergenza dall'universo di origine.

Per capire l'enormità inaudita di tutto ciò, si precisa che ogni singola particella subatomica verrebbe a possedere la capacità prodigiosa di moltiplicare l'universo intero fino ai livelli del gas di galassie. Qualcuno ha anche solo una vaghissima idea di quante particelle subatomiche esistono? Il numero sarebbe tale da non poter nemmeno essere concepito. Le diramazioni e la generazione di universi moltiplicati non sarebbero eventi che accadono ogni morte di papa. Infatti un numero incredibile di particelle darebbero vita a un numero incredibile di diramazioni in un processo mostruoso di interazione senza fine. Questo comporta la drammatica irruzione dell'Infinito. Non di un banale infinito con la cardinalità del numerabile, come si potrebbe a prima vista pensare. Il mostro che ne scaturirebbe avrebbe una potenzialità incredibilmente superiore a quella delle parti del continuo. Anzi, sarebbe un infinito con cardinalità delle parti, delle parti, delle parti, ..., delle parti del continuo, il tutto con iterazione infinita. Detto questo, è evidente che l'interpretazione Molti Mondi comporta la presenza di infiniti non eliminabili.  Gli infiniti non eliminabili producono discontinuità ingestibili e sono il segno primo della presenza dell'Errore. Non sono ovviamente in grado di confutare la teoria di Hugh Everett, posso soltanto dire che in essa c'è qualcosa che non va, e che si tratta di qualcosa di molto grave. I fanatici di Matrix, che reputano tutto l'universo una raffinata finzione computerizzata, direbbero che non esiste sufficiente potenza di calcolo per spiegare questa eruzione di infiniti.

Questa mia critica è diretta all'ontologia stessa della teoria e alle sue implicazioni concettuali. Spero che qualche accademico noti che si tratta di qualcosa di interamente nuovo, perché non fa alcun riferimento all'impossibilità di sottoporre il Multiverso di Hugh Everett III a una verifica sperimentale. Detto questo, sono il primo a credere alla possibilità dell'esistenza di universi paralleli, soltanto che non sono affatto convinto che abbiano la loro origini da diramazioni di un unico universo di partenza. Li reputo piuttosto come diversi quadri prodotti da uno stesso pittore. 

L'INSENSATEZZA DEL CIELO

Contro il mito del macrocosmo che ripete il microcosmo esistono numerose evidenze, eppure nel mondo scientifico questo luogo comune viene affermato in numerose occasioni. Così si sente dire che l'infinitamente grande somiglia all'infinitamente piccolo e al mondo che noi esperiamo coi sensi. Quante volte a scuola ci hanno martellato con la ridicola descrizione degli atomi come minuscoli sistemi solari con il nucleo come sole e gli elettroni come pianeti? Un altro esempio è fornito dalla pubblicazione di uno studio in cui si afferma che le galassie sono distribuite in strutture che ricordano le sinapsi di un cervello. 

Eppure basterebbero pochi ragionamenti per capire che si tratta di un abbaglio. Le galassie non sono atomi, e a maggior ragione non sono neuroni collegati da sinapsi in una rete neurale cerebrale. Non disegnano strutture funzionali di sorta. La struttura stessa del macrocosmo è insulsa e priva di costrutto come può esserlo un oceano in tempesta o il guizzare delle fiamme che ardono in un camino.

Passiamo brevemente in rassegna alcune caratteristiche che distinguono il microscopico dal macroscopico.

1) Mondo subatomico e atomico:
È descritto dalla meccanica quantistica e caratterizzato da distribuzioni probabilistiche, regole di selezione, indeterminazione di Heisenberg, azione a distanza (entanglement), definizione degli elementi che costituiscono la materia e delle molecole formate dalla loro aggregazione.

2) Mondo macroscopico:
Non vi si coglie alcun ordine funzionale. La sola parvenza di ordine è il Caos. È la forza di gravità ad aggregare i gas primordiali in strutture caotiche, generando pianeti, stelle, galassie, ammassi galattici.

Si tratta di due universi che non hanno nulla in comune nel loro funzionamento, anche se è chiaro che il mondo macroscopico si fonda sul mondo microscopico. Non è tuttavia possibile alcun riduzionismo. In altre parole, non si riescono a prevedere le proprietà del mondo macroscopico a partire da quello microscopico. Con buona pace dei meccanici classici, gli atomi non sono formati da palle che girano e un ente macroscopico non è la semplice somma dei corpuscoli che lo compongono.  

Di una cosa possiamo essere certi: non c'è un gigante che pensa usando galassie e ammassi galattici come cellule in cui stoccare informazioni, e servendosi di filamenti di gas per collegare le sue unità funzionali. Facciamo ora un esperimento concettuale. Immaginiamo un essere senziente che abbia dimensioni talmente grande da vedere le galassie e gli ammassi galattici come noi vediamo gli atomi. Non facciamo alcuna ipotesi su come possa essere il corpo di questo ipotetico essere macrocosmico, che per convenzione chiameremo FRED. Sappiamo soltanto che FRED vede tutto l'universo sondato dai nostri radiotelescopi come un gas di galassie. Come è stato osservato, questo gas di galassie si comporta in modo non dissimile da un gas costituito da molecole di idrogeno o di elio e segue le leggi della dinamica dei gas. Eppure una differenza salta agli occhi. Al gigante macrocosmico FRED sarà preclusa ogni conoscenza della struttura delle particelle che compongono il gas di galassie. Infatti ognuna di queste particelle è composta da un numero immenso di stelle e di pianeti che saranno per sempre al di fuori della portata dei suoi strumenti di indagine. Privo di opportuni mezzi d'indagine in grado di risolvere le particelle-galassie nei loro componenti, FRED potrà dar vita soltanto a teorie fisiche elementari e miopi, non diverse da quelle alla portata di uno studente delle scuole medie.

Alziamo dunque gli occhi verso il cielo stellato, e contempliamo le sue vastità prive di qualsiasi significato! La sola cosa reale: il Nulla compatto, la Tenebra assoluta in cui si disperdono le particelle nate da coaguli di materia interstellare.

venerdì 20 novembre 2015

LA MISTERIOSA LINGUA IBERICA: PROPOSTE DI INTERPRETAZIONE DEI FORMANTI ANTROPONIMICI

Quando la scrittura sillabica degli Iberi è stata decifrata e si è stati in grado di leggere con sicurezza i molti testi nella loro lingua, è emerso un fatto abbastanza sorprendente: l'Euskara si è rivelato inutile nella comprensione dell'iberico. Le molte "traduzioni magiche" raffazzonate da dilettanti sulla base di assonanze si sono dimostrate ridicole, oltre che piene zeppe di anacronismi. Tuttavia anche la ricostruzione della protolingua basca non ha migliorato di molto lo stato delle cose: neanche la forma antica dell'Euskara pare di grande aiuto. Basco e iberico non sono parenti prossimi. A parer mio, tuttavia, la parentela, anche se meno stretta di quanto pensato, sussiste. Non è rilevabile se non dopo attenti studi e numerosi tentativi fallimentari, per diverse ragioni. Quando due lingue hanno strutture fonetiche simile e relativamente semplici, sono possibili falsi parenti e identificazioni ingannevoli. 

Allego un elenco di radici usate come membri di nomi propri di persona attestati nelle iscrizioni. Siccome nella scrittura non duale non si distinguono le occlusive sorde dalle sonore (si scrive k per /k/ e per /g/; t per /t/ e /d/) ho fornito la trascrizione fonetica più plausibile dei morfi.

Con /ṛ/ indico una rotica diversa da quella vibratile, trascritta invece con /r/. È possibile che questa /ṛ/ fosse un suono retroflesso, come suggerito da Rodríguez Ramos; sembra improbabile che fosse uvulare. Le trascrizioni di nomi latini e celtici provano che la corrispondenza tra lettere e suoni è la seguente: r /ṛ/ contro ŕ /r/ o /rr/.

Per quanto riguarda le sibilanti, le trascrizioni di nomi celtici provano che ś è la sibilante semplice, mentre s è l'affricata /ts/. Sia /s/ che /ts/ possono occorrere in inizio parola. Non dispongo di evidenze di un'opposizione tra sibilante apicale (basco s) e sibilante laminale (basco z). Una situazione che non somiglia molto a quella dell'Euskara. 

A differenza di quanto accade in basco, l'aggettivo non sempre segue il sostantivo a cui si riferisce.  

1) abaŕ /'abar/ "confine" 
   basco amai 'limite, confine'
Falsi parenti: basco abar 'ramo', che suona allo stesso modo ma ha origine e significato del tutto dissimili.

Attestazioni: abaŕeskeŕ, abaŕtanban, abaŕtaŕ-ike (dativo) 

2) aibe /'aibe/ "splendore" < celt.
Attestazioni: aibekeŕen, aibeloŕ-ar (genitivo), aibeŕon, uśtaibi

3) ailur /'ailuṛ/ "immenso"
   basco ailur 'immenso; mostruoso'
La parola basca non sembra nativa e non ha etimologia nota. Le proposte fatte per spiegarla sono ridicole. Ipotizzo che si tratti di un prestito dall'iberico.
Attestazioni: ailur, uŕkaŕailur

4) aitu, aiduŕ /'aidu, 'aidur/ "fuoco, ardore" < celt. 
  basco aidur 'perverso' 
 
La parola basca, confusa dai vasconisti con andur 'vile', sembra un prestito dall'iberico, con uno slittamento semantico di questo genere: 'ardente' > 'libidinoso' > 'perverso'.
Attestazioni: aitikeltun, aituaŕki-ku (agentivo), aituatiboŕ, aitulaku, aituŕkin, aitutiker-ka (ergativo)

5) aiun /'ajun/ "eterno" < celt.
La strana struttura della radice, decisamente inconsueta, depone a favore del prestito dal celtiberico. 
Attestazioni: aiunatin-en (genitivo), aiuneskeŕ, aiunikaltuŕ, aiunortin-ika (ergativo),
aiunortin-iku (agentivo)

6) aker, akir /'ageṛ, 'agiṛ/ "appariscente" 
   basco ageri 'appariscente'
Falsi parenti: Non ha nulla a che fare con basco aker 'caprone', che ha /k/ e la rotica finale forte.
Attestazioni:  AGERDO, AGERNO, akerbikir, akirtibaś-batir, akirtiki

7) aloŕ /'allor/ "seminatore, agricoltore"  
  basco alor 'campo seminato'
La radice è a parer mio comune al basco ale 'grano; seme' < *aLe, ma la semantica è un po' diversa: il suffisso -or marca in basco un oggetto concreto e in iberico un agentivo. Traduce il latino Agricola.
Attestazioni: ALLORCUS, aloŕbeŕi, aloŕiltun, aloŕtikis, alostibaś, alotikeŕ-ei (dativo)

8) an- /an-/ "grande" (prefisso accrescitivo)
   basco handi, haundi 'grande'
Attestazioni: anbels, anḿbeŕ-ai (dativo), antalskar 

9) anai "fratello" 
  basco anai, anei 'fratello' < *aNaia
Attestazioni: anaiośar-en (genitivo) 

10) anaŕ /'anar/ "potente, forte" 
  
basco ahal 'potenza, forza' < *anaL < *na-naL- 
Falsi parenti: Non ha nulla a che fare con protobasco *anaR "verme"
Attestazioni: kaisuranaŕ-ika (ergativo), LUSPANAR

11) aŕan, aŕam /'arran, 'arrã/ "aquila"
        < IE pre-celt.
   basco arrano 'aquila'
Attestazioni: aŕamtaŕsu, ARRANES 

12) aŕki /'argi/ "splendore; splendente"
       < IE pre-celt.
    basco argi 'luce'
Nelle iscrizioni duali è scritto aŕgi.  
Attestazioni: aŕkaibe[, aŕkisosin, aŕkisosin-ka (ergativo), aŕkiteibas-e (genitivo), aŕkitibaś-ar (genitivo),  aŕkitiker

13) aŕs /arts/ "orso" < IE precelt.
   basco hartz 'orso'
Da non confondersi con l'omofono aŕs "fortezza, castello".
Attestazioni: aŕsbin, aŕsbikis-ku (agentivo), aŕskon-ḿi (ḿi = io sono)

14) asai /'atsai/ "fusto; fallo eretto" 
  basco
aza 'cavolo' < *fusto
Falsi parenti: basco
azai 'beccaccia'. Il termine azai deriva da un esito protoromanzo del latino acceia(m), di origine preindoeuropea. Esiste anche la forma akai, presa a prestito dal latino in epoca antica, prima che la velare si palatalizzasse.
Attestazioni:
OASAI, SOSINASAE 

15) ata /'atta/ "padre"
  
atan /'attan/ "parente paterno"
  
basco
aita 'padre' < *atta
Attestazioni: atabels, atabeŕ-ai (dativo), 
ATANSCER   

16) atin /'adin/ "coetaneo, compagno"
   
basco adin 'età'
Nelle iscrizioni duali è scritto adin.   
Attestazioni: atinbelauŕ, atinbin,  atin-e (dativo), atinkeŕe, BAESADIN, BALCIADIN, ikeatin

17) aunin, iaunin /'aunin, 'jaunin/ "signora" 
  basco jaun 'signore' 
Attestazioni:
BASTOGAUNIN, GALDURIAUNIN, SOCEDEIAUNIN, UNIAUNIN 

18) auŕ /aur/ "bambino" 
   basco
haur 'bambino'
Compare sempre come primo membro di composti. La parola basca potrebbe essere un prestito dall'iberico.
Attestazioni: auŕbimbatir, auŕbiuŕ

19) baiser /'baitseṛ/ "bosco"; "selvaggio" 
   basco: baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio'
Attestazioni: baisebilos, baiseltun-e (dativo), baisenios, beleśbaiser

20) balaŕ /'balar/ "ladro; avido" 
Ci è noto tramite una glossa che Balari significa "predoni". Attestazioni: balakertaŕ, tortonbalaŕ 

21) balke /'balke/ "forte; strenuo" < celt.
Attestazioni:
balkeatin-e (dativo), balkesbaiser, balkelakoś-ka (ergativo), BALCIBIL, bilosbalkar

22) bantoŕ /'mandor/ "cavallo, equino"
       < IE pre-celt.
   basco: mando 'mulo'
Attestazioni: bantoŕ-en (genitivo), MANDONIUS

23) bartaś /'badas/ "selvaggio" 
   basco: baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio'
Ha la stessa radice di baiser, ma con un diverso suffisso: < *bas-d-. Forme come barda "boscaglia" sopravvivono in vari idiomi romanzi.
Attestazioni: bartaśko, bartaśtolor, suisebartaś

24) baś /bas/ "possessore, signore" 
  basco ebazi 'possedere' 

Attestazioni: aiubas, baśbin, baśtaŕtin-e (dativo), beleśbaś, iltiŕbaś, sakaŕbaś-ka (ergativo) 

25) belauŕ /'belaur/ "prominente, sommo" 
  basco belar 'fronte'
Attestazioni:
atinbelauŕ, kuleśbelauŕ-te (ablativo), lakeŕbelauŕ

26) beleś, bels /'beles, belts/ "nero"; "il Nero"
   basco beltz 'nero' < *beletz
Attestazioni: ADIMELS (< *adinbels), anbels,
beleśbaś, beleśtar, bikibels-eś (comitativo), ikoŕbeleś, iltubeleś, LAURBELES, NEITINBELES, ORDUMELES (< *oŕtinbeleś), ultibeleś 

27) bene /'bene/ "piccolo" 
   basco mehe 'stretto'
Attestazioni: BENABELS, benebetan-er (genitivo) 

28) beŕ, beŕi /berr, 'berri/ "giovane; nuovo" 
   basco berri 'nuovo'
La forma iberica può comparire sia come aggettivo che come sostantivo.
Attestazioni: aloŕbeŕi, beŕiseti, beŕśir-ka (ergativo),
taśkabeŕ

29) beŕon /'berron/ "ragazzo" 
  basco berri 'nuovo'
Chiaramente un derivato della precedente radice.
Attestazioni: aibeŕon, kanibeŕon-ka (ergativo), kobeŕon-ka (ergativo), taŕbeŕon-iu (con congiunzione)

30) betan /'betan/ "pieno; obeso"
   basco bete 'pieno' 

Attestazioni: benebetan-er (genitivo), nḿlbetan, tuŕkosbetan

31) betin /'bedin/ "alto, sommo"
  basco mendi 'monte' 

Nella toponomastica è evidente la forma -beda negli oronimi Idubeda, Orespeda.
Attestazioni: biuŕbetin, sinebetin, unibetin

32) bikir /'bigiṛ/ "occhio; guardiano" 
   basco begi 'occhio' 
Nelle iscrizioni duali è scritto bigi, il che pone fine al dubbio di una parentela con basco behi 'vacca'
Attestazioni:
akerbikir, arsbikis-ku (agentivo), bikibels-eś (comitativo), bikilako  

33) bilos /'bilots/ "aquila"  
   basco mirotz 'aquilotto'
La parola basca è stata dai vasconisti ricondotta a miru 'nibbio', che è un prestito dal latino mi:lvu(m), ma la terminazione -otz non si spiega. A parer mio la parola non è affatto correlata con quella latina, la somiglianza è fortuita e si tratta di un
prestito dall'iberico, la cui etimologia è la stessa del basco belatz 'falco'.
Attestazioni: bilosban, bilosbin, bilosiun-te (ablativo), biloskeŕe, bilostibaś, bilostikis

34) bin /min, -bin, -pin/ "testa; cima"
   basco -pin 'punta' 
Questa radice non va confusa con il numerale bin, bi 'due'.
Attestazioni: aŕsbin, atinbin, bilosbin, tikirsbin

35) bios /'biots/ "cuore"
   basco bihotz 'cuore'
Attestazioni: biosiltun

36) bitu /'bitu/ "mondo; eterno" < celt.
Attestazioni: bitukibaś, iltuŕbitu-

37) biuŕ /biur/ "fiero; fierezza"
   basco bihur 'ritorto; perverso'
Attestazioni: biulako, biuŕiltiŕ-ka (ergativo), biuŕkeŕ-en (genitivo), biuŕtikis-en (genitivo), sosinbiuŕ-u

38) bolai /'bolai/ "capo"  
   basco buru 'testa' < *bulu
Attestazioni: śitubolai, tuitibolai, uŕkaboloi

39) ene /'enne/ "di me, mio" 
   basco ene 'mio' (arc.)
Attestazioni: ENASAGIN, tikirseni

40) ian, iar /jan, ja/ "gigante, orco" (lett.
      "divoratore")
   basco jan 'mangiare' 
Una simile semantica è attestata anche nel protogermanico, dove *itunaz "gigante" alla lettera significa "mangiatore".  
Attestazioni: ianbin, iaribeŕ, BELESIAR, lakeŕeiar

41) iltiŕ /'illir/ "città; popolo"
   basco (h)iri 'città'
Usato come aggettivo, significa "del popolo". La semantica non è dissimile da quella dei nomi greci formati a partire da δῆμος "popolo".
Attestazioni: baiseiltiŕ, iltiŕatin, iltiŕbaś, iltiŕtekeŕ-ai (dativo)
, oŕtiniltiŕ

42) iltun /'illun/ "cittadino, abitante" 
   basco irun 'città' (arc.)  

Attestazioni: baiseltun-e (dativo), iltuneskeŕ, UMARILLUN   

43) iltun /'illun/ "scuro" 
  basco
ilun 'scuro' 
Da non confondersi con l'omofono lemma precedente, da cui non è sempre facile a distinguersi. A decidere il significato sarà il contesto.
Attestazioni: aloŕiltun, biosiltun, iskeŕiltun 

44) iltur /'illuṛ/ "città; popolo" 
   basco irun 'città' (arc.)  
Attestazioni:
ilturatin, ilturbiltis, ILLURTIBAS 

45) inti /'indi/ "forza" 
   basco
indar 'forza'
Attestazioni:
eterint-u (con congiunzione), INDIBILIS, intebele<ś>

46) iskeŕ /'itskerr/ "sinistro; funesto"
   basco ezker 'sinistro'
Attestazioni: ikoŕiskeŕ, iskeŕatin, iskeŕbeleś, kaŕkoskaŕ, niosiskeŕ

47) iun, iuŕ /jun, jur/ "che colpisce"
 
basco jo 'colpire'
Attestazioni: bilosiuŕ, bilosiun-te (ablativo), ESCERIOR, iltiŕeuŕ 

48) iunstir /'juntsti/ "colui che concede in dono"
   basco eutzi, utzi 'lasciare, concedere'
Con ogni probabilità un termine connesso con il sacrificio.
Attestazioni: iunstibas, iuntibilos-e (dativo), iunstirlaku

49) kaisur /'kaitsu/ "grande, immenso" 
  basco gaitz 'cattivo' < *'grande'
Attestazioni: kaisuŕanaŕ-ika (ergativo), kaisuraŕbitan, kaisurtautin-en (genitivo)

50) kaltuŕ /'galdur/ "sommo; capo" 
   basco galdur 'sommità'
Attestazioni:
aiunikaltuŕ, balkakaltuŕ, balkaltuŕ, GALDURIAUNIN

51) kaŕes /'karrets/ "quercia" 
   basco haritz 'quercia'
Attestazioni: kaŕestabikiŕ, kaŕesir-te (ablativo), kaŕestar-eai (dativo)

52) katu /'katu/ "battaglia" < celt.
Attestazioni: karkankato, kato, katon, katuekaś, katuiśar 

53) keŕe /'ger(r)e/ "pietra"; "duro" 
In basco ho trovato attestazione della parola locale gerenda 'roccia', che è un prestito dall'iberico. Non sono convinto che l'equivalente basco sia harri 'pietra'.
Attestazioni: aŕskeŕe, βασιγερρος, beleskeŕe, biloskeŕe, niskeŕe 

54) kibaś /'gibas/ "che ci possiede" 
  basco ebazi 'possedere'
Appare evidente la comunanza della radice con tibaś (vedi sotto), ma con un diverso prefisso pronominale.
Attestazioni: ADINGIBAS, bitukibaś, kibaskitar, UMARGIBAS 

55) kitar /'kidar/ "compagno, amico" 
  basco -ide, -kide 'compagno'
Attestazioni: arskitar, bastokitaŕ

56) kon /ko(n)/ "figlio; piccolo"
   basco ume, -kume 'bambino; giovane animale' 
Attestazioni: koniltiŕ-ar (genitivo)
, lauŕko, saltuko, tautinkon-ḿ<i> (ḿi = io sono)  

57) kuleś /'kules/ "grande; anziano" 
   basco
gur(h)aso 'antenato'
Attestazioni: kuleśba, kuleśbelauŕ-te (ablativo)
, kuleśir, kuleśtileis

58) laku /'laku/ "simile" 
  basco lako 'simile a, come' 

Le iscrizioni duali provano che la velare è sorda. Non può andare con basco lagun 'compagno', che è da *largun.
Attestazioni: balkelakoś-ka (ergativo), bikilako, biulako, saltulako-ku (agentivo)

59) lauŕ /laur/ "corto" 
   basco labur 'corto'
Non deve essere confuso con laur /lau
ṛ/ "quattro"
Attestazioni: lauŕberton-ar (genitivo), lauŕberton-te (ablativo)
, lauŕiskeŕkate

60) luśban /'luspan/ "gigante" 
  basco luze "lungo" + bat "uno" 

Attestazioni: aŕbeiluś<ban>, LUSPANAR, LUSPANGIBAS 

61) nabaŕ /'nabar/ "grigio; screziato" 
   basco nabar 'grigio; screziato'
Attestazioni: nabaŕsosin, ustainabaŕ-ar (genitivo)  

62) nalbe /'nalbe, 'ãlbe/ "potente" 
  basco ahal 'potenza, forza' < *anaL < *na-naL- 
Attestazioni: NALBEADEN, nalbesosin, ḿlbebiuŕ

63) neitin /'neitin/ "eroe" < celt.
Un notevole prestito dal celtiberico, come prova la conservazione del dittongo.
Attestazioni: neitin-ke (dativo), NEITINBELES

64) neŕse /'nertse/ "forza, eroismo" < celt.
Alla radice celtica è stato aggiunto un suffisso iberico, noto anche al basco e all'aquitano.   
Attestazioni: neŕseatin, neŕseoŕtin-ka (ergativo), neŕsetikan-te (ablativo)

65) nios /'niots/ "signore"
   basco nagusi, nausi 'signore' 
Attestazioni:
biunius-en (genitivo), MANDONIUS, niosiskeŕ 

66) nḿkei /'nãkei/ "desiderio" 
  basco
nahi 'desiderio'
Attestazioni:
nḿkeiltiŕ-ar (genitivo), ikonḿkei

67) oŕtin /'ordin/ "valle"
   paleosardo
ORTU "valle"
Blasco Ferrer segnala l'identità formale tra iberico ORDUMELES e paleosardo ORTUMELE.   
Attestazioni: alosoŕtin-ar (genitivo)
, ORDUMELES, olośoŕtin, oŕtiniltiŕ

68) sakaŕ /'tsakar/ "violento; uomo violento" 
   basco
zakar 'rude, violento' 
Attestazioni: sakaŕatin-te (ablativo), sakaŕbaś-ka (ergativo), sakaŕbetan, sakaŕiskeŕ 

69) saltu /'tsaldu/ "cavallo" < IE pre-celt.
   basco zaldi 'cavallo'
Abbiamo la glossa thieldones "stalloni", attribuita ai Cantabri. 
Attestazioni: saltuko, saltulako-ku (agentivo), saltutiba-ite (ablativo)

70) silir /'tsilli/ "legittimo; pulito" 
   basco zil(h)egi 'lecito, legittimo'
   aquitano SILEX(S)-
Attestazioni:
etesilir, SILLIBORI

71) sosin /'tsotsin/ 'toro'
  basco zezen 'toro'
Ridicoli i tentativi di ricondurre la parola iberica al pronome dimostrativo gallico sosin, di chiara etimologia indoeuropea.
Attestazioni: aŕkisosin, belsosin, SOSIMILUS (< *sosinbilos), SOSINADEN. sosinbiuŕ-u (con congiunzione), sosintakeŕ.

72) suise /'tsuitse/ "fuoco, ardore" 
   basco
su 'fuoco'
Attestazioni: suisebartaś, SUISETARTEN

73) śalai /'salai/ "ricco" 
  basco
sari, sal- 'prezzo'
Attestazioni:
śalaiaŕkis-te (ablativo), śalaiatin

74) śani /'sani/ "bambino"
  
basco sehi, sein 'bambino'
Attestazioni: SANIBELSER, śanibeiŕ-ai (dativo), śaniśar-

75) śar, śaŕ /sa, sar/ "prezioso" 
  basco
sari, sal- 'prezzo'
Ipotizzo la sua derivazione da un precedente
*sal-r.
Attestazioni: katuiśar, iltiŕśar, śaniśar-, tolośaŕ

76) takeŕ, tekeŕ, tikeŕ /'tagerr, 'tegerr, 'tigerr/ "egli
        lo porta; che porta"

   basco dakar 'egli lo porta' 
Attestazioni: biuŕtakeŕ-ka (ergativo), sosintakeŕ, bakontekeŕ, bilostekeŕ, iltiŕtekeŕ-ai (dativo), abaŕtikeŕ, leistikeŕ-ar (genitivo), sosintikeŕ-ka (ergativo)

77) talsku /'taltsku/ "quello dell'ontano" 
  basco haltz 'ontano'
Attestazioni: antalskar, talsko[, talskubilos, TAUTINDALS 

78) taneke /'tanneg(e)/ "guardiano" 
  basco zain 'guardiano'
Attestazioni: biuŕtaneke, TANNEGADINIA, TANNEPAESERI (dat.)

79) taŕ /tarr/ "maschio" 
   basco
ar 'maschio'
Attestazioni:
abaŕtaŕ-ike (dativo), bintaŕ-e (dativo), ikoŕtaŕ, URGIDAR 

80) taŕban /'tarban, 'taban/ "uomo virile" 
  basco
ar 'maschio' + bat 'uno'
Attestazioni: ośortaŕban, tautintarban 

81) taŕtin /'tartin/ "forte come una quercia"
  basco
arte 'leccio'
Attestazioni: taŕtinskeŕ, SUISETARTEN

82) taśka /'taska/ "bianco" 
  basco
toska "caolino bianco"
Plinio riporta la glossa iberica tasconium "terra bianca", ossia *taśkoni. La parola basca non è genuina, per motivi fonetici: deve essere un prestito tardo da una lingua pirenaica simile all'iberico.
Attestazioni: taśkabeŕ

83) tautin /'tautin/ "principe, nobile" < celt.
In un caso si trova la variante teutin.
Attestazioni: tautinko, kuleśtauntin-ka (ergativo), tautintibaś 

84) teḿbaŕ /'dumar/ "possessore" 
   basco -dun, marca del possessore
Attestazioni: ASTEDUMAE (dativo), auŕteḿbaŕ-e (dativo), baniteḿbaŕ, oŕtintuḿbaŕs-ar (genitivo)

85) tibaś /'tibas/ "egli lo possiede; che possiede" 
  basco
ebazi 'possedere' 
Attestazioni: akirtibaś, alostibaś, bilostibaś, ikoŕtibaś 

86) tikan, tiken /'tigan, 'tigen/ "egli lo innalza;
        che innalza"

   basco igan 'alzarsi'
Attestazioni: bilostigen-ar (genitivo), neŕsetikan  

87) tikirs, tikis /'tigi()ts/ "egli gli porta;
        che gli porta"
 
   basco dakar 'lo porta'
Forma obliqua del lemma takeŕ, può comparire come primo o come secondo membro di un composto.
Attestazioni: aloŕtikis, tikirseni, tikirsikoŕ, tikirsur 
Notevole il nome tikirseni "egli mi porta", di significato augurale. 

88) torton, tortin /'totin/ "ruscello; impeto" 
  paleosardo TORTI "scaturigine" 
Attestazioni:
tortinai<be>, tortonbalaŕ, TURTUMELIS  

89) tuŕś /durs, turs/ "figlio, bambino"
  basco zurtz 'orfano'
Attestazioni: tuŕśbiuŕ-ar (genitivo), tuŕśiltiŕ 

90) unin "nutrice; che nutre" 
  basco unide, unhide 'balia'
Attestazioni: UNIAUNIN, unibetin, uniltun, sikeunin 

91) uŕke /'urke/ "oro" 
   basco urre, urrhe 'oro'
Attestazioni: URCHAIL, URCESTAR, uŕkaboloi

92) ḿbaŕ /'umar/ "appariscente"
    basco nabari 'evidente'
Falsi parenti: basco ume, -kume 'giovane animale' < *onbe, *-kon-be. La parola basca non spiega la voce iberica, dato che in iberico l'originaria /k/ iniziale si è conservata. Per il corrispondente iberico di ume, vedi invece kon.
Attestazioni: ḿbaŕatin, ḿbaŕseti, UMARBELES, UMARGIBAS, UMARILLUN

giovedì 12 novembre 2015

PRESTITI LATINI, TARDO-LATINI, PROTOROMANZI E ROMANZI IN BASCO (EUSKARA)

I contatti tra la lingua basca, il latino e i suoi discendenti romanzi sono stati molto intensi nel corso di due millenni, lasciando un'impronta profonda nel vocabolario. Questo mutamento è iniziato in epoca antica, nonostante la scarsa romanizzazione del territorio in cui gli antenati dei Baschi vivevano. Centinaia di parole latine sono passate nella lingua quando il sistema vocalico latino con cinque vocali brevi e cinque vocali lunghe non si era ancora organizzato nel sistema romanzo con sette vocali, e prima che iniziasse la palatalizzazione delle consonanti occlusive velari davanti a vocali anteriori.

Riporto un elenco di prestiti latini antichi, che comprendono numerosi termini culturali e anche alcune parole relative al Cristianesimo, anche se i Baschi rimasero pagani per molto tempo.

aditu "udire; comprendere" < lat. audi:tu(m)
adore "calore"
 < lat. ardo:re(m)
ahate "anatra" < lat. anate(m)
aldare "altare" < lat. alta:re
amore, amol- "amore" < lat. amo:re(m)
amu "uncino" < lat. ha:mu(m)
anoa "provvista di cibo" < lat. anno:na(m)
antzara "oca" < lat. ansere(m) 
asturu "fortuna" < lat. astru(m)
baba, aba "fava" < lat. faba(m)
bago, p(h)ago "faggio" < lat. fa:gu(m) 

bainu, mainu "bagno"
 < lat. balneu(m)
bake "pace" < lat. pa:ce(m)
balea, balen- "balena" < lat. ballaena(m)
baranthail "febbraio" < lat. Parenta:lia
barkatu "perdonare" < lat. parcere
bekatu "peccato" < lat. pecca:tu(m)
berna "coscia, gamba" < lat. perna(m) 
bike "pece" < lat. pice(m)
biko, iku "fico" < lat. fi:cu(m)
biper, piper "pepe" < lat. piper
biru, firu, iru, irun "filo"
 < lat. fi:lu(m)
borma, horma "ghiaccio"; "parete" < lat. fo:rma(m)
borondate "volontà"
 < lat. volunta:te(m) 
boronde "fronte" < lat. fronte(m)
bortitz "violento" < lat. fortis
damu "rimorso" < lat. damnu(m)
dekuma "decima"
< lat. decuma(m)
denbora "tempo" < lat. tempora (pl.)
diru "denaro" < lat. di:na:riu(m),
      variante di de:na:riu(m)
erika "erica" < lat. eri:ca(m)
errege "re" < lat. re:ge(m)
erregi(n)a "regina" < lat. re:gi:na(m) 
erreinu "regno" < lat. re:gnu(m) 
erripa "pendio" < lat. ri:pa(m)
Erroma "Roma" < lat. Ro:ma(m)
eztainu "stagno" (metallo) < lat. stamnu(m)
garaun, garau "grano" < lat. gra:nu(m)
garden "limpido"
< lat. cardinu(m)
gatu, katu "gatto"
 < lat. cattu(m)
gauza "cosa" < lat. causa(m)
gaztaina "castagna" < lat. castanea(m)
gaztelu "castello" < lat. castellu(m)
gela "stanza" < lat. cella(m)
gerezi "ciliegia" < lat. *ceresea(m),
    variante di cerasea(m)
gertu "sicuro" < lat. certu(m)
gisu "gesso" < lat. gypsu(m)
gorputz "corpo"
< lat. corpus
goru "conocchia" < lat. colu(m)
gura "desiderio" < lat. gula(m)
haizkora "ascia" < lat. asciola(m) (dimin.)
harea, haren- "sabbia" < lat. (h)are:na(m)
harma, arma "arma" < lat. arma (pl.)
hauzu "permesso" < lat. ausu(m)
hezkabia "tigna" < lat. scabie(m)
hira "ira" < lat. i:ra(m)
ingude "incudine" < lat. *incu:de(m),
     variante di incu:dine(m)
inguma "incubo; farfalla"
< lat. incubu(m)
ipizpiku "vescovo" < lat. episcopu(m)
ipuru "ginepro" < lat. iu:niperu(m)
izkutu "segreto" < lat. scu:tu(m)
ja, ia "già" < lat. iam
joku "gioco"
 < lat. iocu(m)
judu "ebreo" < lat. iu:daeu(m)
kabia, habia, abia "nido"
 < lat. cavea(m)
kaiku "tazza di legno" < lat. caucu(m) 
katea, katen- "catena" < lat. cate:na(m)
laket "essere piacevole" < lat. placet
lama "fiamma" < lat. flamma(m)
lapitz "lastra di pietra" < lat. lapis
laritz "larice" < lat. larix
laun, lau "piatto, piano" < lat. pla:nu(m)
lege "legge"
 < lat. le:ge(m)
lehoin, lehoi "leone" < lat. leo:ne(m) 
liburu "libro" < lat. libru(m)
liho "lino" < lat. li:nu(m)
lirio "giglio" < lat. li:riu(m)
lore "fiore" < lat. flo:re(m)
lukainka "salsiccia lunga" < lat. lu:ca:nica(m)
lukuru "avarizia, usura"
< lat. lucru(m)

luma "piuma"
< lat. plu:ma(m)
magia "baccello"
< lat. vagi:na(m)
makila "bastone" < lat. bacillu(m)
marti "marzo"
 < lat. <mense(m)> Ma:rtiu(m)
martitz "soldato"
 < lat. <vir> Ma:rtis
merkatari "mercante" < lat. merca:ta:riu(m)
merke "a buon mercato" < lat. merce(m)
mezpera "vigilia" < lat. vesper
midiku, miriku "medico" < lat. medicu(m)
mihimen "vimini" < lat. vi:men
mika "gazza" < lat. pi:ca(m)
miru "nibbio"
< lat. mi:luu(m)
moeta, mota "tipo; razza"
 < lat. mone:ta(m)
mutil "ragazzo"
 < lat. putillu(m)
mutu "muto" < lat. mu:tu(m)
neke "stanchezza"
 < lat. nece(m)
ohore "onore" < lat. hono:re(m)
oputz "sforzo" < lat. opus
orast "ora" < lat. ho:ra est
otu "richiesta, supplica" < lat. vo:tu(m)
ozte "armata, truppa" < lat. hoste(m)
urka "forca" < lat. furca(m)
xahu "puro"
 < lat. sa:nu(m)
zagita "freccia" < lat. sagitta(m)
zama "carico" < lat. sagma
zamari, zamal- "cavallo" < lat. sagma:riu(m) 
zamau, zabau "tovaglia" < lat. sabanu(m)
zartagin, zartagia "padella" < lat. sarta:gine(m)

zela "sella"
 < lat. sella(m)
zeta "seta"
< lat. se:ta(m)
ziape "senape" < lat. sena:pe
zigilu, zigulu "sigillo" < lat. sigillu(m)
ziku "secco"
 < lat. siccu(m)
zinu "segno" < lat. signu(m)
zorte "sorte"
< lat. sorte(m)
zoru "suolo"
 < lat. solu(m)
zuku "succo" < lat. succu(m) 

Alcune parole di origine latina antica sono cadute in disuso e sopravvivono soltanto nella toponomastica:

muru "muro" < lat. mu:ru(m)
zaldu "bosco, selva" < lat. saltu(m)*  


*Unico residuo è il roncalese zaltu "boschetto dove il bestiame pascola". Il roncalese, che secondo alcuni è da considerare una lingua anziché un dialetto, si è estinto nel XX secolo.

I prestiti dal tardo latino e dal protoromanzo mostrano alcune caratteristiche peculiari, che riflettono i cambiamenti subiti dalla lingua.
1) Le occlusive velari latine davanti a vocale anteriore (e, i) sono alterate: c /k/ diventa z o il suono palatale tx /tʃ/ (la c di cena), mentre g /g/ intervocalica sparisce o comunque mostra segni di palatalizzazione. Sussiste in ogni caso qualche esempio di pronuncia velare. 
2) Si ha assibilazione di t seguita da i semiconsonante.
3) Spesso le vocali brevi i, u si mostrano evolute in e, o.
4) Si ha minor tendenza ad adattare le occlusive sorde p, t, k come avviene invece nei prestiti più antichi, così ad es. p- iniziale diventa frequente.
5) La sibilante /s/ è resa spesso con un suono apicale (basco s), anche se non mancano esempi di passaggio a laminale (basco z).

abendu "dicembre" < lat. adventu(m) 
abere, abel- "grande animale domestico"

    < lat.
habe:re aingeru "angelo" < lat. angelu(m)
apal "umile" < protorom. < lat. ad valle(m)
apaiz, apez "prete" < lat. abba:s / abba:te(m)
arima "anima" < lat. anima(m)
autono "settembre" < lat. autumnu(m)
asentsio "assenzio" < lat. absinthiu(m)
atxeter "medico" (arc.) < lat. archiater
balezta, balesta "balestra" < lat. ballista(m)
bereter "prete" < protorom. *pretre < lat. presbyter
bilaun "contadino" < lat. vi:lla:nu(m) 
botere "potere" (n.) < lat. *pote:re,
     variante di posse
deitu "chiamare"
< protorom. *deitu < lat. dictu(m)
detxema "decima" < lat. decima(m)  

   Si contrappone al più antico dekuma, senza
   palatalizzazione.
deus "qualcosa" < lat. genus
doha, doa, doe "dono; grazia"
 < lat. do:nu(m)
domeka "domenica" < lat. <diem> dominica(m)
done "santo" < lat. dom(i)ne (voc.)
eleiza, eliza "chiesa" < lat. eccle:sia(m) 

errosa "rosa" < lat. rosa(m)
errota, errot "mulino" < lat. rota(m)
ezpata "spada"
 < lat. spatha(m)
fede "fede" < protorom. *fede < lat. fide(m) 
gurutze "croce" < lat. cruce(m)
imutu "imbuto" < lat. imbu:tu(m)
kampae "campana" < lat. campa:na (pl.)

koroa "corona"
 < lat. coro:na(m)
kuma "culla"
< lat. cu:na(m)
lizifrina "disciplina"
 < lat. discipli:na(m)

maiz "spesso"
 < lat. magis

maizter, maister "locatario"
 < lat. magister 
mazela "mascella" < lat. maxilla(m)

mendekatu "vendicarsi" < lat. vindica:tu(m)
Mendekoste "Pentecoste"
< lat. Pentecoste:
mendema "vendemmia" < lat. vinde:mia(m)
mesta "festa" < lat. fe:sta(m) <die(m)>
millu "finocchio" < lat. fe:niculu(m)
oilo "gallina" < protorom. *pollo < lat. pullu(m)
okela "bocone; carne" < lat. buccella(m)
okelu "angolo" < lat. locellu(m) "piccolo luogo"
okendu "unguento" < lat. unguentu(m)
onddo, onto "fungo" < protorom. *fongo
      < lat. fungu(m)
ondo, hondo "fondo" < protorom. *fondo
     < lat. fundu(m)
ordea "ordine religioso" < lat. ordine(m)
orio "olio"
< lat. oleu(m)
oste "parte posteriore"
 < lat. post
ostiko "calcio" < lat. posti:cu(m)
padura "palude" < lat. palu:de(m)
para "pala" < lat. pa:la(m)
paru, maru "palo"
 < lat. pa:lu(m)
pauma "pavone"
< lat. pavo:ne(m)
pinu "pino"
 < lat. pi:nu(m)
piztia "bestia" < lat. be:stia(m)

porru "porro" < lat. porru(m)
pundu "punto" < lat. punctu(m)
putzu "pozzo" < lat. puteu(m)
sagaramendu "sacramento" < lat. sacramentu(m)
saina, sain "grasso di pesce" < lat. sagi:na(m)
saindu "santo" < lat. sanctu(m)
tipula "cipolla" < lat. ce:pulla(m)
titare "ditale" < lat. digita:le(m)
tximitxa "cimice"
 < lat. ci:mice(m)

txitxirio "cece"
 < lat. cicer
zango, zanko "piede; gamba" < protorom. *zanco
zapatu "sabato"
< lat. sabbatu(m)
zekale "segale"
 < lat. secale
zeru "cielo"
< lat. caelu(m) 
zitu "raccolto" < protorom. *seitu < lat. sectu(m)
zuzulu "banco di cucina" < lat. subselliu(m)

Molto numerosi sono anche i prestiti introdotti a partire dal medioevo dalle lingue romanze finitime, in particolare dall'antico provenzale e dal guascone, ma anche dal castigliano. Mi limito a citarne alcuni, dato che non è possibile esaurire in così poco spazio un argomento tanto vasto.

adreilu "mattone" < cast. ladrillo
amatu "amare"
 < cast. amar
apaindu "adornare"
< cast. apañar 
arnegatu "maledire"
 < guasc. arnegà
arroda, adorra "ruota"
 < prov. roda
asmo "idea"
 < ant. cast. asmo
ausart "coraggioso"
 < prov. ausard
auztore "astore"
 < prov. austor
beinke "sebbene"
< cast. bien que
beira "vetro"
< prov. veire
berde, perde, ferde "verde"
< cast. verde
bort "bastardo"
 < prov. bord
burgoi "orgoglio" < prov. orgolh

busti "umido"
 < prov. musti
dolore "dolore"
 < cast. dolor
erresiñol "usignolo"
< prov. rossinhol
erroka "conocchia"
 < guasc. roca
galant "elegante"
< prov., fr. galant
ganbara, khanbera "stanza; attico"
 < prov. cambra

ganibet "coltello"
 < prov. ganivet
godalet, godale "bicchiere da vino"
< fr. gobelet
hanka "anca; gamba" < prov. anca
haro "faro"
< cast. faro
harrapatu "afferrare"
 < arag. arrapar
harroka, arroka "roccia"
 < prov. roca
hornitu "provvedere" < guasc. hornir
kabale "animale domestico"
 < arag. cabdal
kobre "rame"
 < cast. cobre
koloka, kolka "chioccia"
 < prov. cloca
lili "fiore" < prov. lilh 
Mendebal "Occidente"
 < cast. vendaval
   
< fr. vent d'aval 
morroin "borragine" < arag. borraina
onil, honil, unhil "imbuto"
< prov. fonilh
pintz, mintz "membrana"
< arag. binça
taberna, taferna "taverna"
 < prov. taverna
taula "tavola" < guasc., prov. taula
teila, tella "tegola"
 < arag. tella
tximino "scimmia"
 < cast. simio


Come si può vedere dagli esempi riportati, i prestiti sono fossili che conservano nella lingua ospite tracce ben precise delle caratteristiche della lingua che li ha forniti. Ha dell'incredibile il fatto che ci sia ancora gente che ignora la loro testimonianza. Le prove dell'antica pronuncia latina e del fatto che è mutata col tempo sono sotto gli occhi di tutti. Quando nell'idioma di Roma c e g suonavano velari davanti a vocali anteriori, il basco ha adottato parole che mantenevano questi suoni velari; quando hanno cominciato ad alterarsi, il basco ha mantenuto fedelmente i loro suoni alterati.