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domenica 14 agosto 2022


OPERAZIONE PAURA

Titolo originale: Operazione paura 
Titolo in inglese: Kill, Baby, Kill! 
Paese di produzione: Italia 
Lingua: Italiano 
Anno: 1966
Durata: 85 min
Genere: Orrore, gotico 
Regia: Mario Bava
Soggetto: Roberto Natale, Romano Migliorini
Sceneggiatura: Mario Bava, Roberto Natale,
     Romano Migliorini
Produttore: Nando Pisani e Luciano Catenacci per la
     F.U.L. Film 
Casa di distribuzione: Internazionale Nembo Distribuzione
     Importazione Esportazione Film
Fotografia: Mario Bava, Antonio Rinaldi
Montaggio: Romana Fortini
Musiche: Carlo Rustichelli
Scenografia: Alessandro Dell'Orco
Costumi: Tina Grani
Trucco: Maurizio Giustini 
Effetti speciali: Ettore Catalucci, Mario Bava 
Reparto sonoro: Romano Pampaloni, Armando Tarzia, 
    Giulio Tagliacozzo 
Continuità: Rosalba Scavia 
Assistente alla regia: Lamberto Bava 
Interpreti e personaggi:
    Giacomo Rossi Stuart: Dott. Paul Eswai
    Erika Blanc: Monica Schuftan
    Fabienne Dali: Maga Ruth
    Piero Lulli: Ispettore Kruger
    Max Lawrence: Borgomastro Karl
    Micaela Esdra: Nadienne
    Franca Dominici: Martha
    Giuseppe Addobbati: Taverniere
          (come John McDouglas)
    Mirella Pamphili: Irina Hollander
          (come Mirella Panfili)
    Valerio Valeri: Fantasma di Melissa Graps
    Giovanna Galletti: Baronessa Graps
          (come Giana Vivaldi)
    Aldo Barozzi: Paesano interrogato 
    Salvatore Campochiaro: Cocchiere 
    Quinto Marziale: Cliente della locanda 
    Mario Passante: Padre di Monica 
    Carla Cassola: Domestica dei Graps 
    Alfredo Rizzo: Maggiordomo dei Graps 
Doppiatori originali: 
    Renato Izzo: Dott. Paul Eswai
    Luisella Visconti: Monica Schuftan
    Benita Martini: Maga Ruth
    Antonio Guidi: Ispettore Kruger
    Giorgio Piazza: Borgomastro Karl
    Laura Carli: Baronessa Graps 
Titoli alternativi (inglese): Kill, Baby... Kill!;
    Dont' Walk in the Park; Operation Fear;
    Curse of the Dead; Curse of the Living Dead 
Titoli in altre lingue: 
    Tedesco: Die toten Augen des Dr. Dracula 
    Francese: Opération peur 
    Spagnolo (Spagna): Operación miedo 
    Spagnolo (Messico, Argentina): Mata, bebé, mata 
    Portoghese (Portogallo): Operação Medo 
    Portoghese (Brasile): O Ciclo do Pavor 
    Polacco: Operacja strach 
    Sloveno: Smrt iz onostranstva 
    Ungherese: 
    Greco (moderno): I katara ton zontanon nekron 
    Giapponese: 呪いの館 (Noroi no yakata) 
Location: Studi Titanus (Roma); Villa Grazioli (Roma); Faleria (Viterbo); Calcata (Viterbo)  
Box office: 201 milioni di lire italiane 

Trama: 
Anno del Signore 1907, Impero Austro-Ungarico terminale. Il Dottor Paul Eswai viene inviato nel villaggio germanofono di Kermingen, in un impervio distretto dei Carpazi, che vive immerso in un orrido clima di superstizione e terrore del Diavolo. Il medico ha il compito di eseguire un'autopsia su Irina Hollander, una donna morta in circostanze misteriose, gettandosi dal campanile di una chiesa abbandonata. La fulva Monica Schufftan, una studentessa di medicina nativa di Kermingen che è recentemente tornata a visitare le tombe dei suoi genitori, viene assegnata al medico come testimone. Durante l'autopsia, i due constatano che una moneta d'argento è stata conficcata nel cuore della defunta Hollander. I nativi ricorrono a pratiche magiche e a credenze superstiziose che il Dottor Eswai trova assurde: essi affermano che il borgo di Kermingen è perseguitato dal fantasma di una bambina biondiccia che maledice tutti coloro che hanno la sventura di vederlo, condannandoli all'Inferno. Dopo che Nadienne, la figlia del locandiere del paese, riceve la visita della bambina spettrale, giunge la strega Ruth, che esegue un macabro e sadico rituale per impedire alla maledizione di fare il suo corso. Quella sera, il Dottor Eswai incontra l'Ispettore Kruger, che intende visitare la villa della Baronessa Graps. Quando l'Ispettore Kruger sembra scomparso nel nulla, il medico va a cercarlo alla grande casa nobiliare decrepita. Qui l'anziana nobildonna lo informa però che non conosce nessun Kruger. Mentre l'uomo si avvia verso l'uscita, ecco che scorge il fantasma della bambina che gioca con la palla; lui le domanda quale sia il suo nome e lei gli risponde "Melissa"
Nel frattempo, Monica ha un incubo in cui le appare la bambina spettrale e al risveglio trova una bambola grottesca ai piedi del suo letto. Fugge dalla sua stanza e per strada incontra il Dottor Eswai, che si offre di portarla alla locanda perché possa dormire. Qui il medico scopre che la giovane Nadienne indossa un cilicio di filo spinato attorno al suo corpo, come parte del trattamento di Ruth. Vedendo che questa insana pratica le sta causando atroci sofferenze e ritenendo che possa mettere in pericolo la sua vita, le rimuove il cilicio nonostante le accorate preoccupazioni della sua  famiglia. Nel cimitero locale, il dottore trova due becchini che seppelliscono il cadavere di Kruger e constata che il funzionario asburgico è stato colpito alla testa. Contemporaneamente, Nadienne viene svegliata dalla bambina spettrale che le si mostra alla finestra e la costringe a trafiggersi a morte con un candelabro acuminato. 
Il Dottor Eswai e Monica vengono informati dal calvo Borgomastro Karl che la bambina spettrale è Melissa Graps, la figlia defunta della Baronessa, e che proprio la nobildonna è la responsabile della morte di Hollander e Kruger. A Monica viene rivelato che gli Schufftan non erano i suoi veri genitori. Quando il notabile va a recuperare le prove che dimostrano tutte queste cose, viene costretto da Melissa a distruggere i documenti e ad uccidersi sgozzandosi. Allontanati dal taverniere a causa della sua morte di sua figlia Nadienne, il medico e Monica tentano disperatamente di attirare l'attenzione dei riluttanti abitanti del villaggio suonando la campana maledetta della chiesa diroccata. 
All'interno della chiesa i due trovano un passaggio segreto, dove Monica sperimenta il déjà vu. Scoprono così la tomba della famiglia Graps, che include quella della biondiccia Melissa, morta nel 1887, all'età di sette anni. Tramite una scala che conduce fuori dalla tomba, giungono all'interno di Villa Graps, dove la Baronessa li affronta nel corridoio. La nobildonna rivela che Melissa è stata investita da una carrozza mentre cercava di recuperare una palla durante una grande festa pubblica in cui tutti erano ubriachi: nessuno l'ha soccorsa ed è morta dissanguata. Melissa appare nella stanza e Monica scompare improvvisamente attraverso una porta. Il dottore la insegue attraverso una serie ripetuta di porte che sono come il riflesso di uno specchio in uno specchio, girando a vuoto; nella sua affannosa e onirica ricerca, affronta un Doppelgänger di se stesso, quindi viene lasciato in una stanza chiusa e successivamente portato fuori dalla villa. Perde conoscenza e si risveglia a casa della strega Ruth. La fattucchiera gli spiega che le monete trovate nei cuori delle vittime sono state collocate da lei come talismani per allontanare i poteri soprannaturali della Baronessa, che ha usato poteri medianici per evocare il fantasma di sua figlia e punire gli abitanti di Kermingen. Quindi dichiara che intende uccidere la Baronessa per vendicare il Borgomastro pelato Karl, che era il suo amante. 
A questo punto la Baronessa rivela a Monica di essere sua madre e che Melissa è quindi sua sorella maggiore. Dopo la morte di Melissa, i servi della Baronessa, gli Schufftan, hanno preso Monica sotto la loro protezione, facendo sì che fosse cresciuta ed educata a Gräfenberg. Appare la bambina fantasma, che insegue Monica giù per le scale fino alla tomba e la spinge a gettarsi da un balcone vicino. Ruth arriva e affronta la Baronessa, che reagisce pugnalandola al petto con un attizzatoio. Prima di spirare, la strega riesce a strangolarla a morte, dando così riposo all'anima di Melissa; il Dottor Eswai arriva giusto in tempo per salvare Monica. I due, che ormai fanno coppia, lasciano Villa Graps mentre il sole sorge in lontananza. Vanno a ficcare! 


Recensione: 
Il punto di partenza è stata la mia ossessione per l'inconsueta rappresentazione del Diavolo nella forma di una bambina bionda. Tutto è cominciato con Toby Dammit, terzo episodio del film collettivo Tre passi nel delirio (1968), diretto da Federico Fellini. Il potere traumatizzante della bambina satanica è superiore a quello di qualsiasi mostro di gomma, proprio per la sua natura incongrua, fuori posto, che proietta nel mondo dei viventi l'ombra di un universo di annientamento della vita. È la manifestazione stessa dell'Inferno nella sua atroce vastità. Quando ho indagato l'origine di questa iconografia demoniaca, mi sono imbattuto nell'opera di Mario Bava. Finalmente ho potuto visionare questa ottima e potente pellicola, capolavoro del gothic horror, e ne sono subito rimasto entusiasta! 
Quando uscì nelle sale cinematografiche, Operazione paura non ebbe un grande successo, tuttavia in seguito riuscì ad ottenere una meritata immortalità.  

Alcune note sul titolo

Il titolo originale in italiano è stato scelto davvero male. Dare un titolo così a un film è insensato e controproducente, un po' come se uno decidesse di sua volontà di spararsi una fucilata in un piede. Eppure quando i produttori della F.U.L. Film, che a colazione mangiavano pane e volpe, imposero di chiamare la pellicola baviana Operazione paura, erano convinti di sfruttare il successo di opere che c'entravano come i cavoli a merenda, ad esempio Operazione Crossbow (Michael Anderson, 1965), Agente S 03: Operazione Atlantide (Domenico Paolella, 1965) e il pessimo Operazione San Gennaro (Dino Risi, 1966). Di grazia, quale sarebbe l'operazione? Non vedo nulla nella trama che possa essere descritto come "operazione", a parte forse l'autopsia. Non è il massimo nemmeno il titolo in inglese, Kill, Baby, Kill!, anche se è già più accettabile. Nella maggior parte delle altre lingue, si ha la traduzione letterale del titolo in italiano (ad esempio Operacion miedo) o di quello in inglese (ad esempio Mata, bebé, mata!). Come spesso accade, il tedesco si distingue per originalità, con il suo Die toten Augen des Dr. Dracula, ossia "Gli occhi morti del Dottor Dracula".

Alcune note sul soggetto 

Il soggetto è accreditato a Romano Migliorini e Roberto Natale, gli stessi che hanno concepito l'idea alla base di un'altra pellicola geniale, Il Boia Scarlatto (Massimo Pupillo, 1965) - che ovviamente non ha nulla a che vedere con gli scritti dell'ottimo Marchese de Sade, a dispetto di quanto sostenuto nella promozione. Alla coppia Migliorini-Natale si deve anche il soggetto di 5 tombe per un medium, anche questo diretto da Massimo Pupillo (1965). Quelli erano tempi, in cui la creatività poteva ancora esprimersi! Non come nella nostra luttuosa epoca di remake e di profitto a qualsiasi costo! Parafrasando Ezra Pound, si può dire che ormai non si dipinge più perché l'usura ha fatto arrugginire il pennello


Geometrie non euclidee

Una delle caratteristiche più inquietanti del film è la distorsione percettiva che ricorre nelle sequenze cruciali, manifestandosi nell'alterazione dello spaziotempo e nel cromatismo aberrante, esasperato, ai confini della psichedelia. Alcuni effetti furono realizzati tramite una speciale lastra in grado di alterare la luce. Questo dispositivo è stato utilizzato dal padre di Mario Bava, Eugenio, che fu scenografo, scultore e direttore della fotografia. Due sequenze geniali colpiscono in modo particolare:  

1) Il loop infinito 
Il Dottor Eswai sembra essere stato catturato in un circuito temporale chiuso in cui vede la sua stessa figura da dietro, inseguendola e cercando di raggiungerla. Nella stanza ci sono due porte una di fronte all'altra e ognuna di essa è sia l'ingresso che l'uscita. Sembra che la scena debba durare in eterno, come un incantesimo, quando si produce un lievissimo sfasamento tra l'inseguitore e l'inseguito, che porta al contatto. Quando si rompe la magia, il Dottor Eswai raggiunge e tocca quell'inspiegabile se stesso, che si volta verso di lui, rivelandosi come il suo Doppelgänger. Terrificante!  

2) Una scala a chiocciola per l'Inferno 
Mi ha sorpreso molto vedere materializzata una delle mie paure più profonde: la scala a chiocciola che rappresenta la Catabasi infinita. Nei miei incubi mi sono trovato spesso a dover scendere per una scala senza fondo, del tutto simile a quella del film, che portava a pianerottoli sempre più bui, fino ad arrivare a un punto in cui la tenebra era assoluta e potevo soltanto procedere alla cieca, finendo per svegliarmi in preda al terrore. Ero certo che la scala procedesse all'infinito in quell'Abisso, nella Morte Eterna! 

Se che molti non approveranno le mie parole, ma sono convinto che questo film incubico avrebbe decuplicato la sua carica di orrore se fosse stato girato in bianco e nero.  


Operazione paura e Toby Dammit
un rapido confronto 

In realtà c'è una grande differenza ontologica tra la bambina spettrale del film di Bava e quella del Toby Dammit di Fellini. La prima è l'anima inquieta di una bambina che ha vissuto su questo mondo, in carne ed ossa, trapassando a causa dell'iniquità delle genti di Kermingen. La seconda è Satana. 
Le implicazioni teologiche sono profonde. Melissa Graps e il fato di Kermingen almeno in parte rientrano nell'economia cristiana della Salvezza: la colpa degli abitanti del borgo nasce da un grave peccato (la negligenza che porta alla morte della bambina) e viene espiata tramite una punizione (la maledizione spiritica della Baronessa). Il fato del Toby Dammit felliniano invece è diverso, in quanto la colpa è in questo caso connaturata all'essere della vittima e non riconducibile a quella proprietà che i cattolici chiamano "libero arbitrio". Ricorda invece quanto scrisse Lutero nel De servo arbitrio, con il Diavolo che cavalca la giumenta che sarà dannata e Dio che cavalca quella che sarà salvata, senza possibilità di sottrarsi al proprio destino: 

"Così la volontà umana è posta tra i due come un giumento; il quale, se sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dove vuole Dio, come dice il Salmo: «Io sono divenuto come un giumento e sono sempre con te»; se invece sul suo dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare e va dove Satana vuole, e non è sua facoltà di correre e cercare l’uno o l’altro cavalcatore, ma i due cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo."

Così le genti di Kermingen alla fine sono liberate dalla maledizione, mentre Toby Dammit è dannato, senza aver commesso altra colpa all'infuori della propria nascita. 


Il toponimo Kermingen 

Sembra che un centro abitato chiamato Kermingen si trovi in Germania. In ogni caso non nei Carpazi. Non esistono notizie nel Web riguardo a questo paesino (il che sarebbe assai strano se esistesse davvero) ma ho potuto comunque reperire un'unica interessante menzione. A quanto pare, una certa Suzanne Hessendens nacque proprio a Kermingen nel 1834, si trasferì in Algeria e lì si sposò con un francese, certo Jean-Baptiste Guillaume Badaroux. La data della morte della donna, avvenuta in Algeria, non risulta conosciuta. Riporto il link, sperando che resti attivo a lungo e non diventi "rotto": 


Non posso assicurare che quanto scritto in questa pagina sia fidedigno. Il dubbio è d'obbligo, visto che le fonti sono di una particolare tenuità. Va segnalato che il toponimo è scritto Karmingam nella versione inglese. La spiegazione è semplice: Karmingam è la trascrizione fatta da un responsabile del doppiaggio che non aveva alcuna familiarità con la lingua tedesca. Questa terminazione -ingam ricorda toponimi anglosassoni come Nottingham, Birmingham, anche se manca ogni traccia di -h-. L'inglese -ham corrisponde etimologicamente al tedesco -heim che si trova ad esempio in Mannheim, Pförzheim e via discorrendo. Dall'inglese, Karmingam è poi ritornato in italiano e si trova tuttora in svariati siti di critica cinematografica come trascrizione difettosa di Kermingen. Esempi di toponimi tedeschi formati col suffisso -ingen: Göttingen (italiano Gottinga), Esslingen, Oettingen, Gerolfingen, Bad Kissingen, etc. In genere -ingen marca la discendenza di una comunità da un antenato illustre. Ad esempio Gerolfingen indicava in origine i discendenti di un certo Gerolf. Invece è oscurissima la radice da cui Kermingen è stato tratto.   

Il cognome Graps 

Il cognome nobiliare Graps deriva dall'antico alto tedesco graban "scavare" (tedesco moderno graben). Il capostipite della stirpe doveva essere un fossore, ossia uno scavatore di fosse sepolcrali o di tombe. In pratica un becchino. Mi domando se Bava, Migliorini e Natale ne fossero consapevoli. Trovo difficile pensare a una pura e semplice coincidenza! 
Nonostante l'origine indiscutibilmente tedesca del cognome, è molto raro in Germania (1 persona), mentre è più frequente in Italia (95 persone), in Australia (10 persone), in Estonia (8 persone), negli Stati Uniti (8 persone) e in Brasile (7 persone). 


Il cognome Eswai 

Quando ho visionato il film di Bava, essendo sordastro ho interpretato il cognome del medico asburgico, Eswai, come Epswein. Non ho trovato riscontro per Epswein, tuttavia esiste Esswein (Eßwein), da alcuni ritenuto una variante di Ösenwein e interpretato come "forte bevitore di vino", dal medio alto tedesco ösen "ingurgitare, tracannare", wîn "vino". L'etimologia mi convince poco, soprattutto per ragioni grammaticali (ci aspetteremmo "vino-bevitore" e non "bevi-vino") e fonetiche (non ci aspetteremmo la sibilante -ss-, -ß-). Le etimologie popolari devono aver giocato un ruolo importante nella formazione di questi cognomi, ormai oscuri.  Secondo il sito Forebears.io, in Germania ci sono 706 persone che portano il cognome Eßwein, mentre in Svizzera ce n'è una sola. Non si può escludere che Esswein sia la forma originale nell'opera baviana, che sia stata male interpretata da un doppiatore con problemi di udito o trascritta male già in fase di sceneggiatura. 
A un certo punto mi è venuto in mente che Eswai potrebbe essere di origine ungherese, con una trascrizione secondo l'ortografia tedesca, con -w- che sta per l'ungherese -v-: non dimentichiamoci che, ai tempi dell'Austria-Ungheria, De  Gasperi per l'anagrafe era Degasperi e firmava i suoi articoli come De Gaßperi (l'ho visto coi miei occhi in un documentario). Detto questo, non ho trovato riscontro alcuno di un'origine ungherese di Eswai.
Il rarissimo cognome Eswai si trova in Libia (4 persone), in India (1 persona), in Malesia (1 persona) e in Svezia (1 persona); in quest'ultima nazione sarà stato importato. Un cognome assonante, Eshwai, si trova invece in Iran (8 persone). Mi piacerebbe proprio sapere cos'è passato per la mente a Bava e a Migliorini-Natale! 




Il cognome Schufftan 

In questo caso sono in grado di determinare ciò che ha dato origine all'ispirazione del regista e degli sceneggiatori. Il cognome utilizzato è quello dell'operatore tecnico e cinematografico Eugen Schüfftan (Breslavia, 1893 - New York, 1977). Da lui ha preso il nome il processo Schüfftan, una tecnica di effetti speciali che utilizzava specchi per inserire attori in set in miniatura. Uno dei primi utilizzi del processo fu per Metropolis (1927), diretto da Fritz Lang. La tecnica è stata ampiamente utilizzata per tutta la prima metà del XX secolo fino a quando non è stata soppiantata dal nuove tecniche, come il travelling matte e il bluescreen. Il riferimento è proprio alle tecniche mirabolanti usate da Bava! L'uso della vocale -u- al posto di -ü- (con l'Umlaut) è dovuta alla solita mancanza di dimestichezza con la lingua tedesca. Il cognome Schüfftan, chiaramente ashkenazita, è attualmente portato da 7 persone in Germania. Presenta le varianti Schüftan (15 persone in Germania), Schuftan (20 persone negli Stati Uniti, 4 in Australia, 3 in Cile, 3 in Israele, 1 in Brasile, 1 in Repubblica Dominicana, 1 in Sudafrica) e Schueftan (20 persone negli Stati Uniti, 8 in Cile e 5 in Brasile). Parrebbe che la variante Schuftan, diffusa in paesi non germanofoni, sia dovuta a una cattiva trascrizione di Schüftan: la stessa difficoltà incontrata da Bava e da Migliorini-Natale. L'origine ultima è dall'ebraico שפטן shiftán "giudice", "giudiziale", a sua volta dal verbo שפט shafát "giudicare". 


Il cognome Kruger, che ha le varianti Krüger e Krueger, è diffuso sia nell'area del basso tedesco che in quella dell'alto tedesco. Nella prima significa "Taverniere", mentre nella seconda significa "Vasaio". Deriva dalla parola Krug "brocca" (antico alto tedesco kruog "brocca"), che in alcuni composti significa "taverna" (Dorfkrug "taverna principale del paese"); in medio basso tedesco krôch, krûch significa "taverna". Kruger è un tipico cognome ashkenazita, derivato dalla professione esercitata dal capostipite. L'alternanza tra le vocali -u- e -ü- in questo caso non è dovuta a errori di trascrizione, si tratta di diversi esiti locali di una stessa antica protoforma. La distribuzione di questi cognomi nelle nazioni della Terra richiederebbe una trattazione a parte, cosa che esula dallo scopo di questo contributo: mi limiterò a riportare alcuni link utili. 





Curiosità 

La bambina fantasma Melissa Graps fu in realtà interpretata da un bambino, accreditato come "Valerio Valeri". Con ogni probabilità questo non era il vero nome dell'attore, la cui vera identità permane sconosciuta. Ho trovato soltanto una menzione sul fatto che fosse il figlio del portiere di Bava. Non mi risultano suoi ruoli in altri film. 

Parti della colonna sonora di Operazione paura erano stati precedentemente utilizzati nel film giallo-thriller Sei donne per l'assassino (1964), diretto dallo stesso Bava. Il compositore è Carlo Rustichelli, a cui si devono molte colonne sonore di film spaghetti-western.

A due settimane dall'inizio delle riprese, i produttori rimasero senza soldi. Il regista e il cast decisero di finire ugualmente il film senza pretendere il compenso. Questo è eroismo! Chi farebbe una cosa tanto coraggiosa ai nostri giorni?  

Secondo una retrospettiva di Bava del 1985 scritta da Tim Lucas per la rivista Fangoria (numero 43), il film è stato concepito in parte come una scommessa con i distributori americani sul fatto che il regista avrebbe potuto completare un film in 12 giorni. La sceneggiatura di 30 pagine è stata quindi scritta direttamente sul posto. Sembra tuttavia più probabile che le riprese siano state così rapide a causa della mancanza di budget. 

Il calvo Borgomastro Karl rimane ucciso quando la bambina fantasma lo costringe a tagliarsi la gola con uno strumento che è stata descritta come "un grande machete ricurvo". In realtà è una roncola, detta anche falcastro, proprio come quella con cui Carino da Balsamo ha spaccato il cranio dell'inquisitore Pietro da Verona. Una morte simile a quella del notabile pelato è mostrata nel successivo film giallo-thriller Reazione a catena (1971), diretto dallo stesso Bava. 

Diverse inquadrature di Melissa sono state girate con Valeri che esegue le azioni al contrario, conferendo un'atmosfera inquietante ai movimenti del personaggio. La scomparsa del suo fantasma alla fine del film è stata ottenuta attenuando la luce che proiettava il riflesso dell'attore bambino su una lastra di vetro angolata. 

Bava è rimasto impressionato dal borgo medievale di Calcata (da non confondersi con Calcutta!), descrivendolo come semideserto e arroccato su una grande altura di tufo. A quanto pare, all'epoca delle riprese il luogo era abitato quasi soltanto da una specie di comune di Figli dei Fiori. 

Il film baviano fu molto stimato da Luchino Visconti, Martin Scorsese, Joe Dante, Tim Burton e persino dall'antipaticissimo Quentin Tarantino.   

Secondo il giudizio del francese Jean-Louis Leutrat (Vichy, 1941 - Parigi, 1911), insegnante di storia del cinema, la palla bianca e lucidissima con la quale gioca ossessivamente la piccola Melissa Graps deriverebbe in ultima analisi da M - Il mostro di Düsseldorf (M), diretto da Fritz Lang (1931). 


Altre recensioni e reazioni nel Web 

Chuck Bowen ha scritto su Slant Magazine nel 2019:

"Il villaggio dei Carpazi di Operazione paura è uno dei successi più indelebili di Mario Bava: un regno di paura materializzato. [...] Bava usa la location come fonte del ritrovato espressionismo tedesco, fondendo le finestre inclinate e gli angoli apparentemente irrazionali delle strade e degli edifici accatastati con una cinematografia color caramello e set decisamente artificiali. Questo contrasto tra scoperto e creato suggerisce un confine poroso tra realtà e soggettività, passato e presente, antiquato e modernizzato. In Operazione paura, come in molti altri film di Bava, un personaggio può passeggiare per strade riconoscibili in dimensioni radicate nella sua stessa psiche, intrappolandosi in cicli temporali che possono incarnare una follia invadente. Bava interpreta la follia sia come luogo che come contagio." 

Pablo Kjolseth (Turner Classic Movies) ha scritto nel 2017:

"Se apprezzi l'umore e l'atmosfera rispetto ai moderni brividi viscerali, ci sono buone probabilità che finirai in quest'ultimo campo. Ricchi schemi di colori, edifici eleganti e fatiscenti, strade acciottolate coperte di nebbia, taverne polverose, vorticose scale a chiocciola e corridoi infiniti con decorazioni e disegni inquietanti, tutto aiuta a creare una manciata di esterni e interni che rendono magico il film."

Giuseppe Salza ha scritto sulla rivista Segnocinema nel 1984: 

"Una favola di Grimm al rovescio, dove la tragica e ignorata morte di una bambina apre un cerchio di sangue, destinato a concludersi soltanto nel sangue. Horror surrealista e supermanierato (...) l'apice del virtuosismo di Bava." 

Norbert Moutier ha scritto nel 1990: 

"Abbondano le scene oniriche ammirevolmente servite da effetti ottici che dilatano l'immagine, un po' alla Roger Corman."

Questo è un cut-up di opinioni tratte dal Web e in particolar modo dai siti Il Davinotti e Filmtv

"Ghost story di ambientazione ottocentesca in cui il clima cupo è accompagnato da colori vividi e caldi, spesso con effetti antinaturalistici." 
"la bimba con la palla "copiata" da Fellini" 
"uno dei migliori gotici italiani" 
"La solida sceneggiatura, che mescola con grande maestria il registro onirico con quello realistico, avvince lo spettatore tenendolo incollato alla sedia fino alla fine." 
"Non ai livelli de La maschera del demonio, ma poco ci manca; influenzerà tanti horror a venire." 
"Non sono un baviano: mi pare che il film in questione sia però fra i suoi migliori." 
"La scala tortile richiama una nota opera di Bosch." 
"La sceneggiatura parla della solita maledizione, ma sa farlo in modo inquietante, svelandosi poco a poco come fosse un giallo." 
"villaggio infestato, sinistre presenze, incubi, vento perenne e una mortifera bambina-fantasma che subirà svariati tentativi di imitazione" 
"Colonna sonora e lugubre ambientazione creano la giusta atmosfera" 
"Tutto è studiato ad arte per creare un clima di paura, anche se, qua e là, può risultare ingenuo." 
"cupissima storia di fantasmi e di vendetta con un tema musicale che non si dimentica" 
"Discreti gli attori anche se passano spesso in secondo piano." 
"Un Mario Bava praticamente in stato di grazia ci propone un vero e proprio capolavoro onirico, nel quale la coerenza della trama non ha nessun valore" 
"Splendido horror che farà scuola: lo ritroveremo non solo in Fellini (la bambina in Tre passi nel delirio) ma anche in Lynch (l'agente Cooper che insegue se stesso)." 
"La magia di Bava è la sua capacità di creare dal nulla (a volte CON nulla) un mondo fantastico completamente autonomo e sensato" 
"Molti registi successivi hanno saccheggiato questo film per prendere diverse idee." 
"Maestria pura." 
"Il film chiude il genere gotico e, probabilmente, ne costituisce l'esempio più alto." 
"Un archetipo cinematografico"   

sabato 8 gennaio 2022

L'OFISMO: UN'ANTICA FORMA
DI SINCRETISMO GNOSTICO

I sistemi gnostici dei Naasseni, detti anche Ofiti, hanno la peculiarità di ritenere il Serpente che tentò Eva come il Portatore di Conoscenza, ossia della capacità di distinguere tra Bene e Male preclusa al Demiurgo. Il Demiurgo Jaldabaoth, considerato inferiore al Vero Dio, è identificato con il Geova dell'Antico Testamento. Gli stessi nomi di questi gnostici sono molto interessanti. Ofiti viene dal greco ophis 'serpente', ed è a sua volta una traduzione letterale di Naasseni, dall'ebraico nahash, che pure indica il rettile strisciante.

Se vogliamo fare un confronto con le dottrine dualiste del Medioevo, risulta chiaro che il Catarismo non appartiene alla classe di sistemi gnostici ofiti, in quanto non ammette un ruolo positivo per il Serpente. Per l'Insegnamento dei Buoni Uomini, il Serpente è infatti il prodotto dalla bava di Satana-Geova, che ha insegnato ad Eva l'accoppiamento penetrandola con la coda. In ogni caso, comune al Catarismo e allo Gnosticismo dei Naasseni è la visione dello spirito gettato in un abisso di tenebra da cui non riesce più ad uscire. Questo è evidente ad esempio dalla lettura dell'inno tramandatoci da Ippolito nei Philosophoumena (V, 10, 2):

Gesù ha detto: Guarda, Padre.
Perseguitata dai mali, sulla terra,
Lontano dal tuo afflato essa vaga:
Cerca di fuggire il crudele caos,
E non sa come attraversarlo.

Per molti versi, i Naasseni si allontanavano dallo Gnosticismo di matrice cristiana, al punto che alcuni propongono di considerare la loro religione una forma di Gnosticismo pagano influenzato da elementi giudaizzanti. Ad esempio, il loro culto per il Serpente arrivava al punto che essi lo indentificavano addirittura con Cristo e lo credevano inviato dalla Sophia. Qualche studioso ha ravvisato nella mitologia anche influenze persiane ed egiziane. Oltre che in antiche forme di culto misterico pagano, le basi dottrinali dell'Ofismo sono da ravvisarsi in due brani biblici, uno dell'Antico Testamento e uno del Nuovo. Infatti in Numeri 21 si legge:

Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero". Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti". Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita". Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.

In Giovanni 3, 14 si ha invece:

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'Uomo.

Sembra evidente che la stravagante identificazione del Serpente con Cristo poggia su un'interpretazione letterale di Giovanni 3, 14.

I Naasseni sopravvissero più a lungo di altri gruppi gnostici: Agostino di Ippona li descrive, affermando che praticavano l'allevamento dei serpenti, facendo poi sfiorare ai rettili il pane che usavano per un sacramento eucaristico. Dall'inizio del V secolo d.C. le tracce dell'Ofismo si perdono, a seguito della repressione sempre più aspra da parte dell'Impero ormai convertito al Cristianesimo niceno.
Non si conosce il nome del fondatore del movimento degli Ofiti. Tuttavia è certo che avevano una letteratura che comprendeva la Predica dei Naasseni e il Diagramma degli Ofiti. Questi due complessi testi teologici sono andati perduti, ma ne esistono descrizioni molto dettagliate nei lavori di due autori ostili: il pagano Celso e il cristiano Origene. Tra l'altro, il Catarismo ha numerosi elementi in comune con la teologia di Origene, tanto che secondo alcuni autori (Duvernoy et al.) sarebbe derivato storicamente dal monachesimo origenista e privo di connessioni dirette con lo Gnosticismo. In altre parole, gli elementi gnostici del Catarismo sarebbero frutto di una convergenza evolutiva. Le ipotesi di Duvernoy non sembrano in ogni caso del tutto convincenti. Credo che ci vorranno ancora molti anni di discussioni e di studio per fare un po' di chiarezza.

Nonostante la Chiesa di Roma avesse ordinato la distruzione di tutti gli scritti ofiti, qualcosa è stato possibile recuperare: tra i testi gnostici scoperti a Nag Hammadi nel 1945 qualcuno è da ascriversi ai Naasseni. Riporto infine un aneddoto. Un'amica che non sento da tempo mi ha raccontato una volta di un prete delle sue parti che in un'occasione avrebbe fatto una predica bizzarra attribuendo un ruolo positivo al Serpente. Anche se la notizia è quasi di certo inattendibile, la cosa mi suscita una qualche curiosità. 

venerdì 24 dicembre 2021


LA GRANDE ABBUFFATA 

Titolo originale (in francese): La Grande Bouffe 
Paese di produzione: Francia, Italia
Lingua: Italiano, francese
Anno: 1973
Durata: 132 min (versione originale)
     123 min (versione distribuita in commercio italiano)
     112 min (versione censurata)
Rapporto: 1,66:1
Genere: Grottesco, drammatico, erotico
Regia: Marco Ferreri
Soggetto: Marco Ferreri
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Rafael Azcona, Francis
     Blanche (dialoghi)
Produttore: Edmondo Amati
Casa di produzione: Mara Films S.a.r.l. (Parigi),
     Capitolina Produzioni Cinematografiche S.r.l. (Roma)
Distribuzione in italiano: Fida Cinematografica
Fotografia: Mario Vulpiani
Montaggio: Amedeo Salfa, Claudine Merlin, Gina Pignier
Effetti speciali: Paul Trielli
Musiche: Philippe Sarde
Scenografia: Roger Jumeau, Michel Suné
Costumi: Gitt Magrini
Trucco: Alfonso Gola, Jacky Bouban
Interpreti e personaggi:
    Ugo Tognazzi: Ugo
    Marcello Mastroianni: Marcello
    Philippe Noiret: Philippe
    Michel Piccoli: Michel
    Andréa Ferréol: Andréa, la maestra
    Solange Blondeau: Danielle, prostituta
    Florence Giorgetti: Anne, prostituta lesbica
    Alexandre Michèle: Nicole, prostituta lesbica
    Monique Chaumette: Monique, moglie di Ugo
    Rita Scherrer: Anulka
    Henri Piccoli: Hector
    Bernard Menez: Pierre
    Louis Navarre: Braguti
    Cordelia Piccoli: Barbara
    Giuseppe Maffioli: Lo chef
    James Campbell: Zac
    Patricia Milochevich: Mini
    Mario Vulpiani: Il copilota
    Gérard Boucarou: L'autista
    Margaret Heneywell: Una hostess
    Annette Carducci: Una hostess
    Eva Simonnet: La segretaria
Doppiatori italiani:
    Pino Locchi: Michel
    Sergio Graziani: Philippe 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: The Great Feast 
   Tedesco: Das große Fressen
   Spagnolo: La gran comilona
   Russo: Большая жратва
   Finlandese: Suuri pamaus 
   Ungherese: A nagy zabálás 
   Greco (moderno): Το μεγάλο φαγοπότι 
   Giapponese: 最後の晩餐 (Saigo no bansan) 
Riconoscimenti: 
- Festival di Cannes 1973
- Premio FIPRESCI 


Trama: 
Quattro uomini stanchi di una vita sommamente noiosa e priva di appagamento, decidono di farla finita in un modo abbastanza inconsueto: intendono chiudersi in una villa fuori Parigi nel corso di un weekend, andando avanti a mangiare e a bere fino alla morte. Eccoli:   
   Ugo: è proprietario di un ristorante, "Le Biscuit à Soupe", oltre che un rinomato chef; la sua famiglia paterna è originaria di Carpugnino.
   Philippe: è un importante magistrato, un giudice scapolo, diabetico e pieno di complessi, che ancora vive con la balia, una donna massiccia come un armadio; la balia si occupa di soddisfare i suoi bisogni masturbandolo, per impedirgli di frequentare altre donne.
   Michel: è un produttore televisivo effeminatissimo, passivo, petomane e con gravi problemi intestinali, riconducibili a una grave sindrome del colon irritabile.
   Marcello: è un pilota Alitalia e un donnaiolo esuberante, che non può stare un solo giorno della sua vita senza penetrare qualcuna. 
Arrivati nella villa, i quattro trovano il vecchio custode, Hector, che ha preparato tutto per la grande festa, senza sapere che si tratta di un banchetto funebre. Trovano anche un visitatore cinese che vuole offrire un lavoro a Philippe nella lontana Cina; il magistrato rifiuta cortesemente pronunciando la frase "Timeo Danaos et dona ferentes", citando Virgilio. Arriva la consegna di una grandissima quantità di carne, soprattutto selvaggina, porci e manzi macellati. 
Rimasti soli, i quattro iniziano ad ingurgitare selvaggiamente. In una scena, Marcello e Ugo gareggiano per vedere chi riesce a inghiottire più ostriche. A un certo punto discutono di organizzare una piccola "presenza femminile" e decidono di invitare a casa tre prostitute la sera successiva (non quattro, perché Philippe non vuole partecipare). La colazione del giorno dopo viene interrotta dall'arrivo di una classe scolastica che vorrebbe visitare il giardino della villa per vedere il famoso Tiglio di Boileau, un albero monumentale chiamato così perché il poeta francese Nicolas Boileau (1636 - 1711) era solito sedersi alla sua ombra, in cerca di ispirazione. I quattro invitano volentieri i bambini non solo in giardino, ma anche a vedere la vecchia Bugatti blu nel garage, per poi offrire un magnifico pranzo in cucina. Cosa più importante, fanno la conoscenza della fulva Andréa, la giovane e prosperosa maestra, che invitano spontaneamente a cena quella sera. Philippe è sgomento all'idea che l'insegnante di scuola sia nella stessa compagnia di tre prostitute; lui la avverte, ma lei sembra non essere turbata. Le prostitute arrivano a tempo debito e l'atmosfera diventa frivola e sessualmente carica. Andréa è attratta da Philippe e trova il modo di sedurlo: con la scusa di attaccargli un bottone della patta, gli bacia il fallo e inizia a fellarlo. Lui rimane sconvolto da quelle attenzioni (la balia si limitava a segarlo), che le fa una proposta di matrimonio. 
Le crapule continuano senza sosta. Ugo è il responsabile della preparazione dell'incessante rifornimento per i bagordi sfrenati. Il femmineo Michel, allevato rigorosamente per non avere fiato, ha una grave indigestione e gli si occlude l'intestino. Per fortuna riesce a riprendersi e dal suo ventre scaturisce in un'emissione impetuosa di miasmi fecali. Terrorizzate e sconvolte dall'andamento degli eventi, le prostitute fuggono all'alba, in preda a nausea profonda e vomito. L'unica donna che rimane è Andréa. L'insegnante sembra intuire lo scopo ultimo dei protagonisti, così decide di aiutarli nei loro sforzi, stabilendo un tacito accordo e rimanendo con loro fino alla morte di tutti e quattro. Dopo la partenza delle meretrici, si abbandona al sesso con tutti gli uomini, anche col non troppo virile Michel, partecipando attivamente alla loro abbuffata. 
Il primo a essere ghermito dalla Morte è Marcello: infuriato per la propria improvvisa impotenza, va in bagno e fa esplodere le tubature, provocando un'inondazione di liquami. La materia escrementizia, che percola dal soffitto sottostante, lascia un fetore nauseabondo anche dopo aver ripulito. Rendendosi conto dell'inutilità della farsa, decide di uscire di casa nella notte, durante una tempesta di neve, a bordo della vecchia Bugatti blu che aveva riparato all'inizio della giornata con grande gioia. I suoi amici lo trovano la mattina dopo, morto assiderato sul sedile di guida. Philippe, essendo un giudice, fa desistere i compagni dall'idea di seppellire Marcello in giardino - avvertendo che è prevista una pena severa per la sepoltura illegale di un cadavere. Così il cadavere viene riposto nella cella frigorifera della villa, dove rimane seduto e ben visibile dalla cucina. Dopo Marcello muore Michel, che trova nel cortile un nuovo cane seduto nella Bugatti. Già sofferente di indigestione e stracolmo di cibo (non riesce nemmeno a sollevare le gambe praticando la danza, il suo passatempo preferito), è colpito da un violentissimo attacco di diarrea mentre suona il pianoforte. Scaricando flatulenze e un fiume di merda liquida giallastra, crolla sul terrazzo. I suoi amici lo mettono nella cella frigorifera accanto a Marcello. Sotto lo sguardo dei morti nella cella frigorifera, Ugo prepara un enorme ed elaboratissimo piatto composto da un'ingente massa di tre diversi tipi di fegato (oca, anatra e pollo), a cui dà la forma della cupola dell'Hotel des Invalides. Tuttavia, Philippe e Andréa non riescono a ingerirne nemmeno un boccone. Ugo è deciso a ingerire l'intera preparazione. Dopo alcuni tentativi di dissuaderlo dall'insano proposito, il magistrato e l'insegnante si occupano di lui. Philippe lo imbocca, mentre Andréa lo masturba. Di colpo l'anima di Ugo vola al cospetto di Anubi, proprio nel momento in cui esce il materiale genetico. L'ultimo a trapassare è il diabetico Philippe, sulla panchina sotto il Tiglio di Boileau e tra le braccia di Andréa, dopo aver mangiato un gigantesco e dolcissimo budino a forma di una coppia di seni, da lei preparato. Va in coma iperglicemico e muore proprio mentre arriva un'altra consegna di carne. I fattorini restano sbalorditi quando Andréa ordina loro di lasciare nel giardino la carne - animali interi e parti di maiale e manzo. Le sequenze si concludono in modo bizzarro con una scena del giardino pieno di cani che iniziano a inseguire il pollame e a ingozzarsi della carne delle carcasse.
 
Citazione del regista:
"Basta con i sentimenti, voglio fare un film fisiologico!"  


Recensione: 
Questo film di Ferreri è viscerale! VI-SCE-RA-LE! Tognazzi è pantagruelico, gargantuesco! Proprio per questo ci piace. Gli elementi sadiani sono evidenti: il tema degli uomini altolocati che si appartano in una dimora nobiliare, lontano da occhi indiscreti, compiendo atti dissoluti, è preso direttamente dal romanzo incompiuto del Divin Marchese, Le 120 giornate di Sodoma (Les Cent Vingt Journées de Sodome ou l'École du libertinage). Sono convinto che lo stesso Pasolini abbia almeno in parte tratto ispirazione dalla pellicola di Ferreri per il suo adattamento Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Nella gerarchia delle passioni descritte da Sade, Ferreri si limita alle cosiddette passioni semplici, anzi, al loro livello più elementare: ingurgitare smodatamente cibi e bevande, compiere atti sessuali tra uomo e donna. Nel film mancano del tutto, com'è ovvio, già le passioni semplici più estreme, come l'ingestione di escrementi e di urina, oltre agli atti di pedofilia che Sade non risparmia certo nelle sue pagine. Ferreri non va oltre, non giunge ai successivi livelli delle passioni complesse (stupri, incesti, flagellazioni), delle passioni criminali (pratiche al limite dell'assassinio, necrofilia, zoofilia) e delle passioni assassine (torture efferate e altre aberrazioni). In ogni caso, è indubitabile l'impianto sadiano dell'opera. Su questa architettura fondata dal Divin Marchese, Ferreri ha innestato una corrosiva critica alla società dei consumi. Il concetto di base è questo: l'abbondanza, che dovrebbe rappresentare l'apoteosi di ogni civiltà umana, è in realtà la causa prima della decadenza e dell'autodistruzione. Una volta raggiunto il pieno soddisfacimento dei sensi, subentra una noia mortale che porta al cupio dissolvi. Un'idea senza dubbio molto interessante, anche se la vedo sempre professata da gente che la fame non l'ha mai dovuta soffrire.
 
Etimologia di Carpugnino 
 
Ugo afferma di essere partito da Carpugnino all'età di 14 anni assieme a suo padre, che portava con sé un'eccellente collezione di coltelli, comprati col ricavato della vendita di due vacche. Il borgo di Carpugnino si trova nel Verbano e mi è ben noto, perché passavo sempre nelle sue vicinanze in compagnia di amici quando eravamo diretti all'Ossola. Vedevamo il cartello con scritto "CARPUGNINO" e facevamo battute grottesche, perché quel nome ci sembrava bizzarro. Il paese attualmente si chiama Brovello-Carpugnino
Brovello deriva dal celtico: è senza dubbio da *brogellos, una variante di *brogilos "frutteto", ben attestato nell'area romanza (da cui anche il toponimo Breuil) - a sua volta formato da *brogā, *brogis "campo", "paese", "confine". Gli Allobrogi (celtico Allobroges, adattato in latino come Allobrogēs) sono stati chiamati così perché "traslati da un altro paese", come riportato da Polibio. In gallese sopravvive tuttora la forma allfro "esiliato", che è di identica etimologia. 
Carpugnino (attestato anche come Carpignino; piemontese Carpugnì), è un derivato del leponzio *karpinos "carpino" (Carpinus betulus), di origine ligure (pre-celtica), passato al latino come carpĭnus come elemento di sostrato. Dal fitonimo deve essere derivata la forma *karpiniom "bosco di carpini", da cui l'aggettivo *karpiniīnom "(villaggio) del bosco di carpini". Sorprende che nessuno si sia occupato, a quanto ne so, di studiare questo singolare toponimo. 
 
Meringhe al cioccolato!
 
Nel vocabolario tognazzesco, la locuzione "meringhe al cioccolato" indica l'atto di leccare l'ano del partner (in genere una puttana) allo scopo di dare e provare piacere. Per il resto, l'atto viene soltanto accennato, con Ugo che si china davanti alle chiappe di una prostituta con la parrucca rossiccia e crespa, dando un leggero bacio sul coccige. La donna sarà poi posseduta carnalmente da Marcello, la cui sessualità è puramente penetrativa e poco incline a fantasie morbose.  
 
 
L'insegnante libertina

Per il ruolo di Andréa, il regista aveva idee molto precise: voleva un'attrice procace, sensuale e morbidissima, con due poppe prorompenti, capaci di mandare un uomo in criticità al minimo contatto. Uno dei suoi assistenti vide a teatro Andréa Ferréol, allora sconosciuta al grande pubblico. "Mi hanno chiamato una mattina alle 9, non conoscevo affatto Ferreri, ma conoscevo gli altri attori", ha detti la Ferréol. Al primo incontro fu subito entusiasta del ruolo, solo che per assumerlo doveva crescere molto di peso. Questo ebbe a dire: "Rappresento la donna, la sorella, l'amante, l'angelo della morte. Questa donna capì che volevano morire e decise di accompagnarli. Così mi sono detta: 'Questo ruolo lo avrò', e mi sono messa a mangiare". Quando la giovane incontrò finalmente il regista, utilizzò un furbo escamotage: "A questo incontro, da cattiva che ero, avevo messo tre maglioni per ingrandirmi e degli stivali. Dovevo ancora prendere 25 chili in due mesi. Con il suo meraviglioso accento italiano, lui mi ha semplicemente chiesto se potevo ingrassare di più". Alla fine è stata assunta. Alain Coiffier si è incaricato di negoziare il contratto un po' insolito dell'attrice: "Lei veniva pagata per ogni chilo in più che prendeva, sotto controllo medico, e poi dovevamo farci carico di un programma di dimagrimento. Ferreri la invita regolarmente al ristorante per controllare la sua dieta e le chiede di cambiare colore di capelli". Detto fatto, diventata fulva e pesante 85 chili, era pronta! 

Un'erezione improvvisa 

La Ferréol ha detto che Mastroianni aveva avuto un'erezione turgidissima durante le riprese: avrebbe potuto schiacciare le noci col glande! "Era nella scena in cui mi prende da dietro", ricorda l'attrice. In parole povere, Mastroianni pressava da tergo e cercava di penetrarla con l'immenso favone. In seguito lei ha ricordato l'accaduto con un linguaggio molto sobrio: "Niente di cui vergognarsi e questo posso dirlo anche adesso. Quando ho capito che a Marcello stava succedendo qualcosa, ho fatto finta di non preoccuparmi per non metterlo in imbarazzo"
 

La farfalla e il ramo secco 
 
Il giudice Philippe appartiene a una specie di setta lucifuga, un gruppo di esclusi e reietti di cui la società sana non vuole nemmeno sentir parlare. In un mondo in cui vengono esaltati modelli di performance, abilismo, successo e iperattività sessuale, non c'è posto per i vinti. Vengono macinati. Così il magistrato è cresciuto in quasi completo isolamento, in un rapporto morboso e innaturale con la nutrice che lo aveva allattato da piccolo. Questa vecchia libidinosa lo ha plagiato nel corso degli anni, facendo di tutto perché non potesse avere il benché minimo contatto con altre donne. Gli ha indotto il terrore delle prostitute e delle malattie veneree. Per impedire ogni tentativo di fuga da questa prigionia domestica, ha provveduto a drenargli manualmente lo sperma. Quando si trova per la prima volta a contatto con una libertina, Philippe crolla. L'insegnante prosperosa gli pratica la fellatio e gli distrugge ogni traccia di volontà, rendendolo una specie di succubo. Quest'uomo, travolto da una mole ingestibile di sensazioni intensissime, si ritrova di colpo in condizioni larvali. Vuole legarsi alla donna nel matrimonio ed ecco che subito gli tocca sopportare le corna! Alla fine accetta docile di uscire dal mondo, il coma è per lui una liberazione. Qualcuno ha detto che Ferreri nel suo film dipinge la donna come elemento salvifico. Guardando l'epilogo, direi che si tratta di un'opinione valida soltanto a patto di identificare la Salvezza con la Morte. Cosa che difficilmente le genti fanno, perché non rientra nel loro modo di concepire il mondo.   


Un difficile ruolo da fallofora 
 
Tra Florence Giorgetti, che interpreta una delle prostitute, e Ferreri, i rapporti diventarono presto molto tesi. "All'inizio andavamo d'accordo con Marco...", ha detto l'attrice, "poi all'improvviso ho compreso la sua perversione". All'epoca lei era ancora alle prime armi nel suo cammino nella Settima Arte. Era sposata con Pierre Arditi ed aveva da poco partorito. Ha provato un immenso disagio per via di una scena di pasto improvvisato in cui si strozza con un osso di pollo, afflitta dalle risate del resto della squadra. "Guardo Ferreri e non taglia. Martella: 'dai, dai, dai!'", dice. Poi il suo vicino di tavolo, il libidinoso e priapico Mastroianni, le ha dato una pacca sulla spalla, facendole sputare finalmente il bolo. "Sentivo di avere davanti a me un pervertito, qualcuno che amava tutti i pericoli che possono esistere su un set cinematografico", ha ricordato, ancora indignata. La scena dello strozzamento venne finalmente tagliata in fase di montaggio, ma di fronte alla reazione rabbiosa della Giorgetti, il regista ha cercato di spingerla negli ultimi passi e di metterla in situazioni sempre più sgradevoli. A un certo punto le ha chiesto di pisciare davanti a tutti. Lei pensava ai suoi genitori iperprotettivi e tradizionalisti, quasi vandeani, sentendosi annientata. Aveva il terrore di tradire le loro aspettative: immaginavano che lei dovesse fare un film straordinario con Tognazzi, ignorando la sua provenienza dalle 120 giornate di Sodoma! Alla fine la scena della pisciata è stata interpretata da Michel Piccoli. Questi sono i terribili ricordi che la Giorgetti ha avuto delle riprese: gesti distorti, scene di sesso dolorose. Una delle cose che più mi ha colpito nell'interpretazione di quest'attrice biondiccia è stata la sua reazione di fronte a una colossale torta al cioccolato preparata da Tognazzi: prima ci ha sputato sopra, lasciando sconvolti gli astanti, poi ha afferrato la zolla su cui ha deposto la sua saliva, ne ha fatto una grossa pallottola e l'ha tira al cuoco. 
 

La medicina tognazzesca 

Ugo utilizza un metodo di cura più arcaico dei Merovingi! Secondo il suo principio fondante, ogni malattia del corpo deve essere curata tramite uno specifico cibo. La scelta del cibo-farmaco, definito pomposamente "medicamentoso", segue in un certo qual modo il principio dell'omeopatia: simile cura simile. La parola "omeopatia" non deve però essere intesa in senso quantitativo, come di solito oggi avviene, bensì qualitativo. Quando Michel cade malato con sintomi abbastanza chiari di occlusione intestinale, ecco che Ugo gli porta un immenso vassoio di "puré medicamentoso". Si tratta di puré di patate fatto senza alcuna aggiunta di burro. Perché questa scelta? Semplice: l'occlusione intestinale provoca un particolare tipo di vomito, detto fecaloide, che ha l'aspetto del puré di patate ma puzza di merda. Per curare questo pericoloso inconveniente, al malato viene somministrata una sostanza alimentare che ricorda nell'aspetto quella espulsa. Michel non vuol mangiare? Poco importa. Ugo lo imbocca. L'atto di imboccare è ritenuta una pratica taumaturgica! Infatti l'occlusione intestinale di Michel si risolve e dall'ano scaturisce una raffica di spaventosi peti! I gas intestinali, liberi di uscire, saturano la stanza asfissiando i presenti! 
 

L'esplosione delle tubature merdarie! 

Una delle sequenze più significative dell'intera pellicola è senza il minimo dubbio quella dell'esplosione delle condotte del cesso, incidente che causa la fuoriuscita di un'immensa quantità di merda. A quanto ho potuto apprendere da un veneto che ha sposato un'esuberante parigina, nella capitale francese simili incidenti non sono affatto rari. Non essendo stata rasa al suolo dai bombardamenti, Parigi conserva tuttora moltissimi edifici vetusti, spesso risalenti addirittura alla fine del XIX secolo. Come ben sappiamo, George A. Romero nei suoi film ci mostra il consumatore compulsivo trasformato in zombie, che è un morto vivente completamente privo di facoltà di pensiero e di senso critico. Marco Ferreri invece insiste sull'incessante produzione di escrementi. Il consumatore compulsivo viene a trasformarsi in una macchina il cui output consiste in montagne di merda. La domanda è questa: come smaltire tutte queste feci? Non è possibile farlo, il processo di smaltimento richiede infatti risorse ed energie che non sono disponibili. L'unica possibilità è occultare la merda in qualche recesso oscuro, in modo che non possa turbare la coscienza dello spettatore. Il problema è che da queste spelonche, da queste latebre, da questi canali, il materiale digerito ed espulso da milioni di buchi del culo compie un'opera di corrosione delle strutture, ritornando poi alla luce del sole tramite una possente eruzione. Non ci si libera di queste scorie!   


Le uova come simbolo di morte
 
A un certo punto Philippe chiede a Ugo: "Perché metti le fettine di uovo?" Ugo risponde in modo singolare e notevole: "Perché le uova, secondo i Giudei, sono il simbolo della morte". La cosa è di per sé abbastanza sorprendente. In realtà non è così semplice e potrebbe essere avvenuto qualche fraintendimento. 
Nella cultura ebraica la pietra è simbolo di lutto, perché la parola per dire "pietra", èven, somiglia nel suono alla parola per dire "lutto", èvel. L'uovo somiglia a una pietra. Un uovo è il primo alimento con cui viene rotto il digiuno praticato durante il lutto. Questo ha portato ad associare l'uovo alla morte. Tuttavia l'uovo è al contempo anche simbolo nella nascita e della vita. Una profonda ambivalenza. Nel sulfureo film Angel Heart - Ascensore per l'Inferno (Alan Parker, 1987), Louis Cyphre, ossia Lucifero, ha l'abitudine di mangiare uova sode. Spiega che l'uovo per le antiche religioni è il simbolo dell'anima. Così Lucifero divora le anime e a causa del suo atto, l'uovo viene a rappresentare la dannazione eterna, ossia la Morte dell'Essere. 
Vale la pena di vedere il film di Ferreri già soltanto per le parole pronunciate da Ugo sulle uova e sulla morte! 
 
Alcuni problemi pratici 
 
Nella realtà sarebbe molto difficile realizzare qualcosa di simile alla vicenda narrata nel film di Ferreri. Già notiamo che Philippe si oppone per motivi legali alla sepoltura clandestina di Marcello nel nudo terriccio del giardino. La morte per bagordi non è per forza un improvviso, fulmineo passaggio dalla pienezza delle viscere alla Pace. In genere non è indolore e rapida. Si agonizza come cani. Immaginamo, tanto per fare un esempio che l'occlusione intestinale occorsa a Michel non si fosse risolta, peggiorando fino ad evolvere in una peritonite fulminante. Cosa fare di fronte a tanta sofferenza atroce, se non chiamare all'istante i soccorsi? Lo stesso dicasi per gli ictus emorragici o ischemici, per gli attacchi ischemici transitori, per gli infarti cardiaci o intestinali, insomma, per ogni incidente che dovesse presentarsi. Va inoltre notato che sistono sistemi di difesa del corpo, come la nausea e il vomito, che renderebbero molto difficile masticare e ingollare fino all'exitus. Secondo Ferreri, nausea e vomito colpiscono soltanto le puttane. Insomma, l'impianto narrativo non sembra reggere. Andréa, avendo somministrato i budini a Philippe proprio per farlo morire (secondo il principio della goccia che fa traboccare il vaso), rischierebbe un'imputazione di omicidio intenzionale. Non uno scherzo, dunque. In sostanza, volendo proprio farla finita, si potrebbe ricorrere a sistemi molto più semplici ed efficaci.

L'opinione di Pasolini
 
Pier Paolo Pasolini scrisse queste parole sul film di Ferreri, apparse sulla rivista Cinema Nuovo (n. 231, settembre-ottobre 1974):
 
"Corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell'esistenza corporea."  
 
L'idea più ricorrente è che Pasolini abbia identificato Philippe, Ugo, Marcello e Michel con i pilastri dell'ideologia borghese, che ridurrebbe la vita alle sue funzioni biologiche elementari, da cui si originerebbe proprio la merda. Poi bisognerà vedere se in una società socialista la gente non mangerebbe, non berrebbe, non copulerebbe e non cagherebbe. O forse le interiora vuote hanno il potere miracoloso di trasformare le persone affamate in intellettuali?  
 
Altri giudizi critici 
 
Morando Morandini assegna 5 stelle su 5 nel suo Dizionario, riportando il seguente giudizio: 
 
"Scritto con Rafael Azcona, è probabilmente il più grande successo internazionale (di scandalo) nell'itinerario di M. Ferreri. Questo apologo iperrealista ha gli scatti di una buffoneria salace e irriverente, i toni furibondi di una predica quaresimalista e, insieme, l'empietà provocatrice di un pamphlet satirico; e chi lo prende per un film rabelaisiano, non ne ha inteso la sacrale tristezza. C'è piuttosto l'umor nero, la salute, la disperazione di uno Swift. Con qualcosa in più: la pena. La sua forza traumatica risiede nella calma lucidità dello sguardo, e nell'onestà di un linguaggio che Ferreri conserva anche e soprattutto quando non arretra davanti a nulla. Se si esclude parzialmente Mastroianni, forse il meno riuscito del quartetto, i personaggi non sono mai volgari. Nonostante le apparenze realistiche (di un neorealismo fenomenico e irrazionalistico), sfocia nel clima allucinato di un apologo fantastico come certi segni e invenzioni suggeriscono." 

Alcune opinioni interessanti sono riportate nel sito del Davinotti: 


Daniela ha scritto nel lontano 2016:

Lo chef, il produttore televisivo, il pilota e il giudice: quattro amici di varia estrazione sociale e caratteri diversi decidono di rinchiudersi in una villa e mangiare fino alla morte... Svaporata l'aura di scandalo col passare dei decenni, il capolavoro di Ferreri mantiene però intatta la sua forza di limpida metafora: quel che divoriamo, ci divora ed il cibo, nella società opulenta veicolo di piacere fine a se stesso, è l'arma utilizzata per un paradossale suicidio causato da un'abbondanza che provoca assuefazione, noia, infine vuoto esistenziale. Banchetto sadiano con un cast memorabile.
MEMORABILE: All'arrivo alla villa, nello scaricare le merci dal furgone, vengono minuziosamente elencate tutte le vivande e le carni; il budino mammelloso
 
Homesick ha scritto nel remoto 2011:

Apologo culinario e freudiano sulla società capitalistica destinata a collassare sotto il peso della propria opulenza e a restituirsi all’Es. Commensali dell’apocalittica crapula quattro individui - variamente frustrati - che si autoannientano negli spasmi di un edonismo tragicomico, ove leccornie da gourmet si mischiano a vomito, liquami, coiti promiscui e peti, e i profumi dei cibi svaniscono in una cupa atmosfera di malinconia, dolore e morte. L’erudizione della messa in scena e la somma bravura e signorilità degli attori edulcorano il disgusto, stimolando sane risate e amare riflessioni.
MEMORABILE: Ugo e i suoi coltelli legati al ricordo del padre; l’esplosione del wc; le morti, ciascuna delle quali corrispondente a passioni o vizi dei quattro.
 
Se tanti odiano il piacere fine a se stesso e vogliono restituire il proprio essere all'Es freudiano, perché non sperimentano il contrario dell'opulenza, ovvero la carestia dura e severa? In fondo si fa presto a sentenziare davanti a uno schermo del pc, avendo la pancia ben satolla. 

 
Censura  
 
La versione originale del film, la cui durata è 132 minuti (secondo altri 135 minuti), è stata sottoposta a tagli in alcune scene di natura sessuale. Tra le sequenze rimosse, ci sono quelle in cui Andréa si mette a dare baci alla francese con vistosi slinguazzamenti. In Italia il film ha subìto una pesante censura. La versione francese dura 129 minuti, mentre quella italiana ne durava soltanto 123. Il film è stato ridotto ulteriormente ad appena 112 minuti per il commercio home video italiano. Quest'ultima versione è quella che si trova in VHS e nei DVD, dove evidenti le discontinuità causate dai tagli. Soltanto nel 2019 la CG Entertainment ha fatto uscire il DVD e il Blu-Ray del film nella sua versione integrale e restaurata. All'epoca in cui la pellicola fu fatta, il problema principale era il sesso, che oggi non sembra più destare alcuna reazione di traumatismo. Invece ci sono scene in cui vengono mostrati animali macellati, che oggi desterebbero la furia di elementi animalisti e vegani sempre più integralisti, aggressivi, violenti.