LA BOMBA INFORMATICA
Titolo originale: Le bombe informatique
Autore: Paul Virilio
Paese: Francia
Anno: 1999
Paese: Francia
Anno: 1999
Lingua originale: Francese
Tipologia: Saggio
Argomenti: Filosofia, bioetica, media, nuove tecnologie,
scienza, divulgazione scientifica, informatica, cambiamento
sociale, antiamericanismo, americanofobia
scienza, divulgazione scientifica, informatica, cambiamento
sociale, antiamericanismo, americanofobia
Stile: Febbrile, convulsionario
1a ed. italiana: Gennaio 2000
Editore: Raffaello Cortina Editore
Collana: Scienza e idee, n. 59
Direttore della collana: Giulio Giorello
Formato: Libro, copertina flessibile
Pagine: 160 pagg.
Traduttore: Gabriele Piana*
Codice ISBN (10 cifre): 88-7078-611-0
Codice ISBN (13 cifre): 9788870786118
*Alcune fonti riportano erroneamente Giovanni Piana, il filosofo teoretico.
L'autore:
Paul Virilio (Parigi, 1932 - Rueil-Malmaison, 2018) è considerato uno tra i più originali filosofi nel panorama internazionale del secondo '900. Scrittore, urbanista, teorico culturale, esperto di nuove tecnologie, ha insegnato al Collège International de Philosophie di Parigi. Le sue principali idee fisse erano l'architettura obliqua e la combinazione della tecnologia con la velocità in una dromosfera. Poco importa se tutto ciò è fumoso e vago. In Francia le cose funzionano così. Altre opere pubblicate da Raffaello Cortina Editore: L'incidente del futuro (2002), Città Panico (2004), L'Arte dell'accecamento (2007), L'Università del disastro (2008).
Paul Virilio (Parigi, 1932 - Rueil-Malmaison, 2018) è considerato uno tra i più originali filosofi nel panorama internazionale del secondo '900. Scrittore, urbanista, teorico culturale, esperto di nuove tecnologie, ha insegnato al Collège International de Philosophie di Parigi. Le sue principali idee fisse erano l'architettura obliqua e la combinazione della tecnologia con la velocità in una dromosfera. Poco importa se tutto ciò è fumoso e vago. In Francia le cose funzionano così. Altre opere pubblicate da Raffaello Cortina Editore: L'incidente del futuro (2002), Città Panico (2004), L'Arte dell'accecamento (2007), L'Università del disastro (2008).
Ascendenza dell'autore:
Il padre di Paul Virilio era un comunista italiano. La madre era una cattolica conservatrice bretone, vandeana nello spirito.
Sinossi (da Ibs.it):
"L'autore svolge una spietata critica degli eccessi della scienza contemporanea. Quest'ultima non tenderebbe più alla scoperta di una verità utile all'umanità, ma si evolverebbe unicamente alla ricerca di performance limite estremamente pericolose (clonazione, eutanasia tramite computer, alimenti transgenici, mucca pazza, ecc.). Ciò che stupisce nel testo di Virilio è soprattutto la straordinaria ricchezza di riferimenti all'attualità: politica, economia, cinema, arte, moda, pubblicità, non vi è argomento su cui non si eserciti l'ironia feroce del filosofo francese."
Risvolto:
"Basta sfiorare una tastiera per avere la morte al proprio servizio. Nel mondo plasmato dalle tecno-scienze - tra mucche pazze e pecore clonate, cibi transgenici ed eutanasia ordinata al computer, piogge tossiche e funghetti alla Cernobyl - il pericolo maggiore, stando a Virilio, viene dalla bomba informatica, ben peggiore di quella al neutrone, poiché, prima della carne, essa devasta l'anima. In una società che si compiace di non riconoscere più alcuna frontiera (dunque nemmeno alcun limite) e che produce la fusione/confusione dell'arte con la pornografia, del misticismo con la moda, della pubblicità con la ricerca, gli adulti "restano sempre fanciulli" (come diceva l'egiziano a Socrate, nel Timeo), ma senza l'innocenza di Peter Pan. Il tragico è tutto qui: man mano che calcolatore, rete, realtà virtuale, ecc., si impadroniscono di quella che un tempo era detta "l'invisibile verità dei corpi" rendendola trasparente, scopriamo che non c'è più verità né corpo."
Citazione iniziale:
Nessuno saprà cosa sarà "reale" per gli uomini
al termine delle guerre che cominciano ora.
WERNER HEISENBERG
Recensione:
Ho letto La bomba informatica nel lontano 2006. La persona da cui sentii nominare Virilio per la prima volta, lo definiva "catastrofico". Dando un'occhiata al risvolto, mi era sembrato un testo interessante. Come mi sono immerso nella lettura, ho subito pensato che fosse difficile, pastoso, convulso, contraddittorio, con frammenti ispirati che affiorano da un mare di insensatezza. Teorico delle nuove tecnologie, Virilio non era certo immune da disonestà intellettuale. Ha anche ricevuto diverse accuse di uso abusivo di termini tecnici e tecnologici (Sokal, Bricmont, 1997). Inoltre apparteneva alla variegata, bizzarra e talvolta livida categoria dei cattolici francesi, molto diversi da quelli che vediamo nel Bel Paese, ma pur sempre servi attivi e operanti della più pericolosa tra le micronazioni: il Papato. Bisogna scorporare la religione dalla resistenza al postmodernismo per ottenere dal testo frammenti degni di nota e addirittura profetici - anche se si percepisce sempre qualcosa di storto.
Callido come il protagonista
del Roman de Renart
del Roman de Renart
Con un'astuzia da volpe, l'autore ha fatto leva sulla tecnofobia degli anziani: si tenga conto che quando il libro uscì non esisteva ancora la massa dei nativi digitali. Più in generale, ha cercato di diffondere una neofobia di origine religiosa e moralistica, utilizzando il ben collaudato sistema dello spauracchio, che per secoli i preti hanno usato come un randello. Volete che vi parli di un paio di vetusti neofobi che ho avuto la (s)ventura di conoscere negli anni '80 e '90 dello scorso secolo? Eccovi serviti.
1) Ricordo l'attempato R., che conobbi nell'infelice comune di Valmadrera e che ormai sarà senza dubbio tra le ombre dell'Ade, dato l'inesorabile scorrere del tempo. Era un individuo calvo, poco istruito, che si esprimeva rozzamente, esponendo idee alquanto bislacche. Secondo la sua argomentazione strampalata, la tecnologia moderna sarebbe un pericolo gravissimo per il genere umano, perché (udite, udite) a forza di comprimere l'informazione, prima o poi questa finirebbe con l'esplodere! Secondo R., ogni computer conterrebbe dei chip miniaturizzati tramite pompe ad aria in grado di comprimerli sempre di più, fisicamente, istante dopo istante, fino ad arrivare all'ineluttabile scoppio del terminale. R. aveva un timore folle dello stesso computer che si trovava sulla sua scrivania. Biascicava rosari come antidoto alla sua paura superstiziosa, pregava a ciclo continuo perché la macchina non esplodesse proprio mentre lui si trovava in ufficio al lavoro.
2) Una vecchiarda di Albiate, nella profonda Brianza, aveva il folle terrore dell'energia atomica. Quando ci fu l'improvvido referendum sul nucleare (le cui conseguenze ancora stiamo pagando), questa invereconda megera strepitava come se avesse le convulsioni. Cercava di convincere tutti a votare contro il nucleare. Quando un amico le chiese il perché di una tale paura irrazionale, lei rispose con questa scomposta esclamazione di sgomento, formulata nel locale dialetto galloitalico: "Se s'ciopa ul nücleu!!!" La traduzione è "Se scoppia il nucleo!!!" Secondo lei sarebbe esistita un'entità maligna chiamata "nücleu", simile a una palla gigantesca penzolante dal cielo e invisibile, che avrebbe corso il concreto pericolo di esplodere da un momento all'altro, annientando l'intero genere umano. Al solo pensiero si smerdava nelle mutande. Come nel caso del valmadrerasco R., questa figura grottesca sgranava rosari senza sosta. Le preghiere e le formule ecclesiastiche, storpiate dalla sua ignoranza assoluta del latino, si riducevano a mantra ridicoli, come "titìbi titàbi" (contrazione del Prologo di Giovanni: "Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis").
Oggi nessuno crederebbe che personaggi simili possano esistere. Sono finiti nella tomba. Se c'è ancora qualche superstite, raggiungerà presto i suoi simili. Le trasformazioni sociali sono irreversibili e la paura non inverte la freccia temporale.
Virilio, Berlusconi e il Berlusconismo
A quanto ci dice Carlo Formenti nella postfazione al saggio, Virilio fu addirittura traumatizzato da Berlusconi e dal suo successo elettorale (pagg. 145-146). Nel corso della sua opera, il filosofo francese cita il magnate di Arcore una sola volta, pur riportandone alcune parole rivelatrici, che confermano l'idea portante secondo cui l'Italia è in qualche modo un laboratorio politico americano, uno strumento di colonizzazione, di americanizzazione capillare della società. Ecco il brano in questione (pag. 25):
""Quelli che non amano la televisione non amano l'America!", pretendeva Berlusconi, nel corso di una memorabile campagna elettorale all'italiana. In passato, si sarebbe già potuto dire altrettanto di quelli che non amavano il cinema, e oggi lo si potrebbe dire di quelli che non amano Internet o le future autostrade dell'informazione, quelli che non ritengono opportuno aderire ciecamente ai deliri dei metafisici della tecnocultura."
Non dobbiamo dimenticarci che Berlusconi è stato l'Alfiere dell'Americanismo, colui che ha disinnescato gli anni di piombo diffondendo in Italia il Paninarismo, ottenendo il potere tramite l'astuta manipolazione della stupidità del 90% della popolazione, sfruttando la leva della religione calcistica. Nessun inquirente fu mai capace di accertare la natura della sua prodigiosa capacità di moltiplicare il denaro. Se dicessi che lo faceva grazie a una macchinetta datagli in comodato da Mefistofele, sarei considerato un pazzo complottista! Fatto sta che è riuscito in quasi tutti i suoi intenti. Virilio nel lontano 1999 ha capito che qualcosa di inquietante e pericoloso si stava sviluppando nel Bel Paese.
Virilio e Dick
Sempre nella postafazione, Formenti afferma di non ricordare se l'autore avesse o meno menzionato il grande Philip K. Dick. Fa quindi un lungo e interessante commento (pag. 142):
"Ebbene, il mito che la controcultura americana degli anni Sessanta ha costruito attorno alla figura di Dick deve non poco a un romanzo, La svastica sul sole nel quale lo scrittore immagina un mondo parallelo in cui gli Stati Uniti hanno perso la guerra e sono divenuti una colonia del Terzo Reich. Uno studioso italiano di letteratura angloamericana ha brillantemente decostruito la metafora del romanzo, mettendo a nudo l'ossessione ideologica della generazione che ha vissuto la tragedia della "sporca guerra" del Vietnam, e il modo in cui l'immaginario dello scrittore ha saputo darle voce. La "tesi" di Dick era che la Seconda guerra mondiale non fosse mai finita: apparentemente gli Stati Uniti l'avevano vinta, ma al prezzo di consegnare il paese nelle mani del sistema militare-industriale, il che aveva finito per uccidere la democrazia americana, cancellandone le differenze rispetto alla cultura totalitaria degli sconfitti."
Noto che il linguaggio usato da Formenti è virtualmente indistinguibile da quello di Virilio - che in realtà non ha menzionato in modo esplicito Dick nell'opera in analisi. Si tratta in ogni caso di un'analisi oltremodo interessante.
Virilio e il Transumanismo
Terrorizzato dalla clonazione, il filosofo francese si smerdava addosso alla sola idea che questa tecnica dell'ingegneria genetica potesse dimostrare l'inesistenza del suo Dio. Eccolo animato dal furore, agitare la mannaia del "secondo Natura", astenendosi forse per buon gusto dal menzionare la distruzione di Sodoma e Gomorra (pag. 32):
"Con questo nuovo superconservatorismo della materia vivente, al di fuori delle "vie naturali", che si è insidiosamente sviluppato nelle culture, nelle mentalità durante questo periodo inaudito, questo mezzo secolo di dissuasione nucleare in cui siamo effettivamente diventati degli ostaggi, temporaneamente risparmiati, dei popoli di morti-viventi."
E ancora, subito dopo (pagg. 32-33):
"Sopravvivenza virtuale del criogenismo, voga del cocooning, movimento NDE (Near Death Experience) del dottor Moody, moltiplicazione delle sette escatologiche o pseudoscientifiche e tecnologiche... Prodezze degli innesti virtuali e delle nanomacchine, bioculture in vitro e in vivo, che già applicano all'organismo umano lo scambio standard dei pezzi di ricambio della meccanica; intercambiabilità di nuovi esseri transumani, e infine repressione definitiva del mal di vivere, poiché tramite una possibile sostituzione dei corpi donati gli uomini potrebbero ancora nutrire la speranza di sopravvivere a se stessi pur avendo cessato di esistere..."
Quando ha scritto queste parole, Virilio era in preda a un fortissimo senso di contaminazione e a un'angoscia totalizzante. Cercava di tenere fuori l'Orrore dal perimetro della sua stanza.
Ancora il Fantasma di Braunau,
usato come un randello
usato come un randello
Virilio lo dice esplicitamente: tutto ciò che non gli piace, porta direttamente ad Adolf Hitler e alla sua opera di annientamento del genere umano. Ecco un significativo sunto delle sue idee (pagg. 47-48):
"Già nel corso degli anni Venti del Novecento, quando aveva avuto occasione di vedere, a Berlino, le opere degli espressionisti tedeschi, il grande mercante di quadri René Gimpel aveva provato paura, ritenendo che esse non facessero presagire niente di buono. Egli non avrebbe tardato a verificare, nel campo di concentramento di Neuengamme (dove doveva morire il primo gennaio 1945), ciò "che, a partire da un'idea quasi ingenua chiamata amore, l'immaginazione umana poteva concepire d'orribile, fino alla macabra danza dipinta sul muro dei carnai". Come si sarà dunque notato, fino a quel momento i nuovi artisti si accontentavano di utilizzare cadaveri di animali conservati nella formalina, limitandosi per l'uomo a semplici calchi anatomici."
Si giunge così alla pretesa di affermare un'assurda catena di causazione che non si limita a collegare tra loro l'Espressionismo ad Auschwitz: il movimento artistico è ritenuto il portento funesto che ha annunciato i campi di sterminio e che ha reso possibile la loro esistenza.
Le opinioni di Virilio sull'eutanasia
Ha avuto la sua influenza sull'autore il fatto di essere stato educato da una madre sostenitrice dei Re Taumaturghi, una nuova Giovanna d'Arco sempre pronta a sguainare la spada per difendere la Fede. Non stupisce che le idee in campo etico da lui propugnate siano piuttosto rancide, un po' come quelle di Houellebecq. Riporto un estratto particolarmente significativo (pag. 4):
"Esaminiamo, per esempio, il caso Bob Dent-Philip Nitschke. TI giovedì 26 settembre 1996 Bob Dent, un sessantenne colpito da un cancro, fu il primo al mondo a mettere in prat ica una legge australiana in vi gore a partire dal primo luglio dello stesso anno: il TERMINAL ACT.
Collegato a un computer che gestiva il suo sistema di perfusione sanguigna, Dent ha detto sì una prima volta alla macchina messa a punto dal suo medico curante, il dottor Nitschke.
Al termine di una proroga legale di nove giorni, ha cliccato sì una seconda volta. La domanda era allora: "Se battete SÌ, vi sarà somministrata un'iniezione mortale tra trenta secondi e morirete".
A partire dall'insieme di questi fatti - nove mesi per nascere senza scegliere, nove giorni per morire volontariamente e trenta secondi per cambiare parere - si pone la questione del limite della scienza, di una scienza che si apparenta con la sparizione terapeutica. Scienza del la sparizione programmata o suicidio assistito tramite computer?"
Quello che Virilio si rifiuta di considerare è il pericolo estremo di una dittatura della "sacralità della vita", che impedisce ai viventi di liberarsi da una condizione divenuta insostenibile, li espropria del loro corpo e della loro capacità decisionale, li costringe ad agonizzare come larve su una lettiera di escrementi e di vomito! Contro tutto ciò insorgo ed insorgerò finché mi resterà anche una sola fibra di volontà, anche un debolissimo anelito! Sia sempre lode al Dottor Jacob "Jack" Kevorkian!
Profezie e peduncoli rosa
L'autore nel frattempo è uscito dal Mondo dei Vivi e non può vedere gli ulteriori sviluppi di un'umanità ben più deprimente e allucinata di quella che aveva previsto. Non può vedere i giovani su Chaturbate, che si guadagnano da vivere masturbandosi per ore davanti a una telecamera. Ragazzi e ragazze hanno un peduncolo rosa infilato nell'ano e continuano fino allo sfinimento a manipolarsi i genitali. Non hanno più una seppur vaga parvenza di vita: sono murati vivi nei loro loculi. Non escono nemmeno per fare la spesa. Ordinano tramite computer tutto ciò di cui hanno bisogno, pagando con la carta di credito. Poco dopo il loro ordine, le merci richieste vengono loro recapitate da un fattorino. Aprono la porta soltanto quanto basta per introdurre in casa il cibo, le bevande e quant'altro, poi tornano all'ossessiva manustuprazione. Ecco, se potesse assistere a tutti questi sviluppi, forse il francese direbbe che sono nati dalla Rivoluzione Informatica, a sua volta resa possibile dall'abbandono della morale cattolica. Oppure direbbe centomila altre cose, afferrando un numero infinito di citazioni, frammenti di memoria sparsi come schegge in una città esplosa.
Un finale farneticante
A un certo punto Virilio parte per la tangente. Si mette a delirare, a sciorinare proposizioni folli, manicomiali, incredibilmente molteplici e raffazzonate, accavallate l'una sull'altra. Farfuglia in preda a spaventose febbri ideologiche, le sue parole accelerano, diventano quasi indistinguibili, si compenetrano a vicenda, si ibridizzano. Unico filo conduttore: la pazzia furiosa!
Soluzioni viriliane?
Appurato che il Web è un immane mostro che ci vuole assimilare e annientare, cosa possiamo fare? Che soluzione indica in concreto Virilio? Tornare all'Ancien Régime? Consacrare come Re nella cattedrale di Reims un improbabile erede dei Merovingi? In concreto, non mi sembra che nel testo sia fatta anche soltanto una vaga menzione di un plausibile rimedio al virus che ha fatto irruzione nelle nostre vite, trasformando la realtà col suo contagio. Bisogna restare nel Web e presidiare la trincea. Che altro si può fare?