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lunedì 3 aprile 2023

 
SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA 
 
Autore: Carlo Rovelli 
Anno: 2014 
1a pubblicazione: 22 ottobre 2014 
Lingua originale: Italiano 
Editore: Adelphi
Collana: Piccola Biblioteca Adelphi
   Numero: 666 
Genere: Saggio 
Sottogenere: Scientifico 
Temi: Fisica, relatività, quantistica, natura del tempo 
Pagine: 88 pagg., brossura 
Codice ISBN: 9788845929250 
Percentuale di utenti a cui è piaciuto il libro: 91% 

Risvolto: 
"Ci sono frontiere, dove stiamo imparando, e brucia il nostro desiderio di sapere. Sono nelle profondità più minute del tessuto dello spazio, nelle origini del cosmo, nella natura del tempo, nel fato dei buchi neri, e nel funzionamento del nostro stesso pensiero. Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l'oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato». Tale è il presupposto di queste «brevi lezioni», che ci guidano, con ammirevole trasparenza, attraverso alcune tappe inevitabili della rivoluzione che ha scosso la fisica nel secolo XX e la scuote tuttora: a partire dalla teoria della relatività generale di Einstein e della meccanica quantistica fino alle questioni aperte sulla architettura del cosmo, sulle particelle elementari, sulla gravità quantistica, sulla natura del tempo e della mente."

Indice: 

Premessa .......... 11 

Lezione prima: La più bella delle teorie .......... 13 
Lezione seconda: I quanti .......... 23 
Lezione terza: L'architettura del cosmo .......... 31
Lezione quarta: Particelle .......... 39 
Lezione quinta: Grani di spazio .......... 47 
Lezione sesta: La probabilità, il tempo e il calore 
       dei buchi neri .......... 57 
In chiusura: Noi .......... 71 
 
Indice analitico .......... 87 

L'autore:  

Laureato in Fisica all’Università di Bologna, ha poi svolto il dottorato all’Università di Padova. Ha lavorato nelle Università di Roma e di Pittsburgh, e per il Centro di Fisica teorica dell’Università del Mediterraneo di Marsiglia. Ha introdotto la Teoria della gravitazione quantistica a loop, attualmente considerata la più accreditata in ambito fisico.
Si è dedicato anche alla storia e alla filosofia della scienza con il libro Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro (Mondadori Università, 2011).
Tra gli altri suoi libri, Che cos'è il tempo? Che cos'è lo spazio? (Di Renzo Editore, 2010), La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose (Raffaello Cortina Editore, 2014), Sette brevi lezioni di Fisica (Adelphi, 2014), Helgoland (Adelphi, 2020), Relatività generale (Adelphi, 2021).
Nel 2023 è uscito, sempre per le edizioni Adelphi, Buchi bianchi. Dentro l'orizzonte, entrato immediatamente ai primi posti delle classifiche di vendita. Nello stesso anno esce per Solferino, Lo sapevo, qui, sopra il fiume Hao. Articoli per giornali.
Nel 2025 pubblica per Feltrinelli insieme a Massimo Tirelli, Giorgia Marzano e Francesca Zanini, Il volo di Francesca, un memoir politico sulla libertà, sul coraggio di affrontare l’ignoto e la diversità. 

Recensione:  
Testo agevole, tanto che sono riuscito a immergermi nella sua lettura di sera, dopo giornate di lunghissime camminate in montagna, senza provare alcun segno di affaticamento mentale. Avendo studiato questi argomenti all'Università, avendo quindi conseguito una laurea in Fisica, la cosa non dovrebbe stupire più di tanto. Va però detto che non servono studi specifici per apprezzare il libro di Rovelli. Tutto è presentato in estrema sintesi, in modo che sia comprensibile anche all'uomo della strada, posto che questi abbia il benché minimo interesse a seguire un discorso articolato sulle fondamenta della realtà. I detrattori, che pure non mancano, accusano l'autore di aver raccolto una serie di suoi articoli già pubblicati sul Sole 24 Ore, oppure di essersi ispirato troppo a due opere di Richard Feynman, Sei pezzi facili (Six Easy Pieces: Essentials of Physics Explained by Its Most Brilliant Teacher, 1994) e Sei pezzi meno facili (Six Not So Easy Pieces: Einstein's Relativity, Symmetry and Space-Time, 1997) - anch'esse pubblicati da Adelphi. Mi ha sorpreso l'insurrezione di un tale che affermava di aver scagliato contro una parete il libro di Rovelli, quando ha letto che l'autore aveva usato un volume di fisica per occludere una tana di topi, che ne avevano rosicchiato il bordo. Se bastasse un aneddoto studentesco per far crocifiggere qualcuno, chi potrebbe salvarsi dal supplizio? La realtà è questa: c'è in Italia un mondo scolastico greve e bilioso, incapace di sopportare tutto ciò che esce dai propri angusti schemi mentali. Se qualcuno parla di Scienza senza fare gnè gnè gnè gnè, si infuriano e lo vogliono linciare.  

Lezione prima:
La più bella delle teorie

Si parla della teoria della Relatività ristretta e generale di Albert Einstein. 
Tre articoli di importanza capitale furono pubblicati dal giovane di Ulm nel 1905 sulla rivista Annalen der Physic. Questi sono gli argomenti trattati:  
1) Dimostrazione della reale esistenza degli atomi. 
2) Teoria dei quanti (trattata nellezione seconda). 
3) Teoria della Relatività ristretta. Viene dimostrata una sorprendente verità: il tempo non passa allo stesso modo per tutti. Viene formulato il paradosso dei gemelli, che hanno età diverse se uno dei due viaggia a velocità superiore rispetto all'altro. 
Einstein divenne all'improvviso uno scienziato rinomato, ma qualcosa continuava a roderlo. Vedendo che la teoria della Relatività ristretta era in contrasto con quella della gravitazione universale formulata da Newton, si convinse che ad essere errata fosse quest'ultima. Dopo 10 anni di studi convulsi e spesso confusi, riuscì finalmente a venire a capo del problema: nel 1915 fece pubblicare un articolo sulla nuova teoria della Relatività generale. Questa potente costruzione fu definita "la più bella delle teorie scientifiche" dal fisico russo Lev Landau (no, non è l'attore di Spazio 1999). 
Newton aveva sempre considerato lo spazio come un mero contenitore dell'esistente, in ultima analisi inspiegabile. Gli studi di Michael Faraday e di James Clerk Maxwell, avevano portato a una nuova branca della fisica: l'elettromagnetismo. Era stato introdotto un nuovo concetto, quello di "campo elettromagnetico", un'entità diffusa ovunque, che diffonde l'interazione elettromagnetica. Einstein comprese che doveva esistere, in modo del tutto analogo analogo, un campo gravitazionale. Poi era giunta la grande intuizione: il campo gravitazionale è lo spazio
Abbondano le digressioni rovelliane sul concetto stesso di bellezza e di armonia, in cui vibrano i ricordi della gioventù "hippy" dell'autore. La lezione si inoltra nella trattazione del concetto di spazio curvo, accennando alla matematica di Riemann e citando infine un'equazione abbastanza criptica, che è come uno scrigno di tesori preziosi. Sembra quasi che ci venga detto qualcosa come: "Fidatevi, è così"

Lezione seconda:
I quanti

Si parla della teoria quantistica, che ha avuto inizio nel 1900 quando Max Planck è riuscito a riprodurre i dati sperimentali grazie a un trucchetto matematico che si rivela provvidenziale, ipotizzando che l'energia di un campo elettrico in particolari condizioni sia quantizzata, ossia composta da minuscoli pacchetti chiamate quanti. Planck era convinto che questo artificio non poggiasse su qualcosa di reale: non c'era motivo di credere che l'energia non fosse distribuita in modo continuo nello spazio. Cinque anni più tardi,  nel 1905, proprio Albert Einstein comprende che questi pacchetti sono reali e che compongono la radiazione luminosa. Sono quelli che conosciamo come "fotoni". In questo modo finalmente è stato possibile spiegare il mistero dell'effetto fotoelettrico - cosa che ha portato lo scienziato di Ulm a vincere il Nobel. 
Eppure, in seguito, Einstein ha avuto enormi problemi a portare avanti la teoria dei quanti e non l'ha più riconosciuta. È stato come se si fosse tirato indietro, timoroso delle conseguenze della rivoluzione concettuale da lui stesso innescata. Le nuove idee sono sviluppate dal danese Niels Bohr, che comprende qualcosa di sconvelgente: anche l'energia degli elettroni negli atomi può assumere soltanto certi valori, ossia che è quantizzata. Gli elettroni possono solo "saltare" da un'orbita permessa a un'altra, emettendo un fotone. 
Werner Karl Heisenberg nel 1925 arriva a formulare la meccanica matriciale, che permette di calcolare le energie degli stati stazionari. Egli comprende che gli elettroni non hanno un'esistenza in sé, "newtoniana", indipendente da tutto il resto: la loro sola realtà consiste nell'interazioneDi lì a poco, nel 1926, Erwin Schrödinger (non citato da Rovelli) enuncia la meccanica ondulatoria, dimostrando poi la formale equivalenza con la meccanica matriciale di Heisenberg: si tratta di due approcci diversi che descrivono la stessa realtà. Una volta note le equazioni, la teoria quantistica viene portata al trionfo. La meccanica di Newton viene rimpiazzata. Si comprendono persino le ragioni profonde della tavola periodica di Mendeleev: ogni elemento è una soluzione dell'equazione di base della meccanica quantistica. La chimica emerge così dalla fisica. 
Incapace di accettare tutto questo, Einstein cerca di evidenziarne la natura contraddittoria e incoerente. I suoi argomenti tuttavia non fanno altro che portare nuovi problemi senza risolvere alcunché. Il problema, gravissimo, è che meccanica quantistica e relatività sembrano essere tra loro  incompatibili
Rovelli non fa menzione di alcune cose molto interessanti. 
1) Heisenberg aderiva al Nazionalsocialismo tedesco, anche se aveva la mente aperta verso le teorie enunciate da eminenti studiosi ebrei, sostenendo la necessità di studiarle e di integrarle. Non seguiva il movimento della cosiddetta Deutsche Physik o "Fisica Ariana", che rigettava la quantistica.  
2) La meccanica quantistica dimostra l'impossibilità di un essere con le caratteristiche che la tradizione scritturale attribuisce a Dio. I concetti di onnipotenza e onniscienza sono contraddetti dal principio di indeterminazione di Heisenberg, che dimostra l'impossibilità intrinseca di determinare al contempo la posizione e la velocità delle particelle. 
3) Pascual Ernst Jordan, allievo di Heisenberg, ha dato una dimostrazione da cui consegue l'inesistenza di Dio, in un modo ancor più devastante. Avevo trovato questo lavoro su una dispensa di fisica teorica all'epoca degli studi universitari, comprendendo le implicazioni che erano sfuggite ai docenti. A Jordan non fu perdonata l'adesione alla NSDAP. Al contempo, i vertici della NSDAP lo avevano ritenuto "politicamente inaffidabile" per via della sua difesa di Einstein e dei suoi legami con gli scienziati ebrei. Per paradosso, dopo la guerra era in politica come democristiano. 

Lezione terza:
L'architettura del cosmo 

Si parla del Macrocosmo, ossia dell'Universo a livello macroscopico. Rovelli comincia a fare una carrellata di cosmologie antiche, con tanto di disegnini esplicativi, partendo dai Sumeri e dalla Bibbia per arrivare a Copernico. Poi, col crescere delle conoscenze scientifiche, giunge la comprensione che lo stesso sistema solare di cui fa parte la Terra, è soltanto uno tra moltissimi altri. Ognuna delle stelle è un sole che ci sembra microscopico soltanto perché è molto lontano da noi. Queste stelle compongono una vastissima nuvola chiamata Galassia. Il passo successivo, compiuto intorno agli anni '30 del XX secolo, consiste nella comprensione dell'esistenza di un numero immenso di altre galassie, centinaia di miliardi. Ed ecco che Rovelli giunge dalla cosmologia alla cosmogonia, ossia alla nascita dell'Universo. Con un linguaggio comprensibile a tutti, l'autore spiega che in origine l'Universo era una palla piccolissima, poi esplosa ed espansa fino a raggiungere le attuali dimensioni - espandendosi ulteriormente, senza sosta. Mi piace l'umiltà scientifica e l'estremo realismo della risposta rovelliana al cruciale interrogativo: "Cosa c'era prima dell'Inizio? Cosa c'era prima del Big Bang?" Egli dice questo: "Non lo sappiamo." 
Ricordo che non ha sempre regnato questa serenità di pensiero tra i fisici. Fino a poco tempo fa, se si poneva la domanda di cui sopra, la risposta del mondo scientifico era immancabilmente la seguente: "Non ha senso chiedersi cosa c'era prima gnè gnè gnè gnè gnè gnè!!" E questo è quanto.  

Lezione quarta:
Particelle
 

Si parla delle particelle elementari, scendendo a livello subatomico. I protoni e i neutroni costituiscono il nucleo dell'atomo, ma sono a loro volta formati da particelle ancor più minuscole, tra cui i quark. Questi quark sono tenuti insieme da altre particelle chiamate "gluoni" (dall'inglese glue "colla"). Ogni cosa esistente, ci dice Rovelli con pazienza, è costituita da  queste componenti, che sono le particelle elementari

1) elettroni,
2) fotoni,
3) quark,
4) gluoni.

Il loro nome, che tanto ha suggestionato Houellebecq, deriva dal fatto che al momento queste particelle non sono suscettibili di ulteriore analisi. Certo, Rovelli aggiunge subito che ci sono altre particelle ancora, come i neutrini e il bosone di Higgs, dicendo al lettore che tanto non contano nulla e di stare tranquillo. Poi prosegue affermando che l'Universo è un LEGO i cui mattoncini sono proprio le particelle elementari. Non esiste una sola regione che sia davvero vuota. Anche il vuoto intergalattico pullula di particelle. Dopo aver evocato per l'ennesima volta gli hippy a lui tanto cari e il loro mondo come "insieme di vibrazioni", Rovelli arriva al cosiddetto modello standard, una teoria intricata e complessa, basata sulla meccanica quantistica, messa a punto negli anni '70 del XX secolo. Il problema è che questo modello fa schifo. Anche se funziona, non si riesce a capire perché. Dopo aver fatto sbucare il problema della materia oscura come un tarlo dal legno fradicio, l'autore dice che ci conviene tenere il modello standard. Sfuma nel romanticume coi sorrisi dei ragazzi alle feste, il cielo stellato etc. 

Lezione quinta:
Grani di spazio 

Si parla della gravità quantistica e del suo tentativo di arrivare a una sintesi tra relatività e fisica quantistica. Il punto, già menzionato, è che queste due teorie, che funzionano benissimo (ciascuna nel loro ambito), fanno a pugni tra loro. Pur avendoci dato moltissimi frutti, pur avendo cambiato in concreto le nostre esistenze, si contraddicono a vicenda. Non ne esce una visione coerente del mondo: è come se ci fosse un'intrinseca schizofrenia. Un piccolo gruppo di scienziati, ci fa sapere Rovelli, si sta dedicando anima e corpo a superare questo dissidio. Immagino che conducano esistenze monastiche. Esistono diverse soluzioni possibili, cosa che genera dibattito. L'autore sostiene la teoria della gravità quantistica a loop

Premesse: 
- Lo spazio fisico è qualcosa di dinamico;   
- Ogni campo è fatto di quanti (ha una struttura fine granulare). 
Conseguenza: 
- Lo spazio fisico è fatto di quanti. 

Questi sono i capisaldi: 
- I quanti sono chiamati "atomi di spazio"
- Gli atomi di spazio sono "un miliardo di miliardi di volte più piccoli del più piccolo dei nuclei atomici"
- Gli atomi di spazio non sono da nessuna parte: essi sono lo spazio;
- La teoria descrive l'evolversi degli atomi di spazio in forma di equazioni matematiche; 
- Gli atomi di spazio interagiscono tra loro formando strutture chiamate "loop", ossia "anelli" (o meglio "circuiti"
- Nelle equazioni che descrivono gli atomi di spazio non è contenuta la variabile "tempo"

La scomparsa del tempo newtoniano, non deve portare a concludere che tutto sia immobile e che il cambiamento non esista, ci avverte Rovelli in modo esplicito. Significa che il cambiamento è onnipresente, ma non descrivibile come una dimensione indipendente, una linea lungo la quale avvengono gli eventi. Purtroppo la gente non lo capisce e dice così: "Rovelli, quello che il tempo non esiste". Lascio al lettore la trattazione del concetto di "stella di Planck" (immaginate se il sole collassasse fino a raggiungere le dimensioni di un atomo). Viene quindi ripreso il tema del Big Bang: cosa c'era prima? Ecco, la gravità quantistica a loop permette di abbozzare una soluzione. L'Inizio può essere stato causato dal rimbalzo di un altro Universo in contrazione, attraverso una fase intermedia "senza spazio e senza tempo"

Lezione sesta:
La probabilità, il tempo
e il calore dei buchi neri
 

Si parla del calore, della natura del tempo, per finire coi buchi neri e il loro ruolo nell'Universo. Rovelli descrive i misteri del calore. Fino a metà del XIX secolo, il mondo accademico era convinto che esistesse un fluido chiamato "calorico", oppure due fluidi diversi, uno caldo e uno freddo. James C. Maxwell e Ludwig Boltzmann fecero tramontare queste idee arcaiche, riuscendo a spiegare il fenomeno del calore come uno stato di agitazione degli atomi. Gli atomi vibrano, si agitano, si urtano, etc. A questo punto si pone una domanda cruciale. Perché il calore va dalle cose calde alle cose fredde? Perché non si verifica il contrario? Boltzmann trovò una risposta controintuitiva quanto geniale. Non esiste una legge fisica assoluta che impedisce a un corpo caldo di riscaldarsi quando è messo a contatto con un corpo meno caldo: è soltanto estremamente improbabile che ciò accada. Gli atomi di un corpo caldo hanno maggior energia, che possono trasmettere agli atomi di un corpo freddo nel corso dell'interazione, ad esempio urtandoli. Gli atomi di un corpo caldo si muovono di più, è improbabile che vibrino ancora di più a contatto con atomi più quieti. 
Rovelli enuncia alcune verità profonde e importantissime: 

1) La probabilità connessa al calore, descritta da Boltzmann, è connessa alla nostra ignoranza. Facendo osservazioni sullo stato degli oggetti fisici, sappiamo qualcosa ma non tutto, così abbiamo solo una possibilità: fare previsioni probabilistiche.
2) Esiste uno stretto legame tra il calore e il tempo. Possiamo distinguere il presente dal passato e dal futuro soltanto quando viene scambiato calore

In assenza di attrito, un pendolo oscillerebbe in eterno. Non si fermerebbe mai. Tuttavia, esistendo l'attrito, che è calore disperso, il pendolo scalda i suoi supporti, perde energia e rallenta fino a fermarsi.  Siamo quindi in grado di distinguere passato, presente e futuro. Se filmiamo il pendolo che si smorza e poi proiettiamo il filmato al contrario, otteniamo sequenze che non hanno senso fisico: nessun pendolo parte da fermo e si mette a muoversi in modo spontaneo. Rovelli, che è sempre molto pudico e timido, si è astenuto dal fare esempi ancora più eloquenti. Se un uomo defeca e si riprende la scena, quando si proietta il filmato al contrario si vedono gli escrementi animarsi e salire fino all'ano di chi li ha deposti! Una situazione antifisica. Nell'Universo, si noterà, tutto scambia calore. Un fisico formato su esercizi che presuppongono condizioni ideali (es. il moto rettilineo uniforme, senza attrito, di gravi puntiformi, etc.), farà fatica a rendersi conto del fatto che, nel mondo reale, non ci sono poi molte situazioni in cui il presente è indistinguibile dal passato e dal futuro. 
Rovelli introduce quindi i buchi neri, che sono sempre "caldi", come Stephen Hawking ha dimostrato servendosi della meccanica quantistica. I buchi neri costituiscono un indizio di campi gravitazionali caldi. Lo studio di questo fenomeno, che collega tra loro meccanica statistica, relatività generale e scienza del calore, è il punto di partenza per comprendere in modo profondo la natura del tempo. Una specie di Stele di Rosetta.

In chiusura: Noi 

Si parla del nostro posto nell'edificio della fisica moderna. Il concetto portante è questo: tutto ciò che vediamo (e che non vediamo) condivide la stessa natura. Forse l'autore vorrebbe trasmettere un senso di ottimismo e di speranza, tipicamente hippy, ma ciò che vi scorgo a me suona così: non c'è una vera differenza tra un essere umano e una squallida tarma alimentare. Tutt'altro che incoraggiante. 
Ci sono lettori che si sono stupiti di questa settima lezione, ritenendola impregnata di misticismo panteista spinoziano. Sono andato oltre. A me ha stupito constatare che Rovelli, in questo ultimo capitolo, all'improvviso si è messo a fare propaganda anticatara e antimanichea. Ha intonato il Cantico dell'Uno-Tutto. Perché? Se le idee catare e manichee sono morte e sepolte, per quale motivo parlarne ancora per cercare di confutarle? Perché la comunità scientifica continua a scomodarsi per affermare e ribadire a ogni piè sospinto che il nostro essere ha in fin dei conti la stessa sostanza della merda? 
Il dogmatismo materialista impone di negare l'esistenza di una qualsiasi natura acosmica della coscienza. Resta però il fatto che la coscienza è un fenomeno tutt'altro che spiegato. A questo si aggiunge ora una specie di dogmatismo panteista. Tutto ciò senza avere alcun vero dato a disposizione per poter ragionare in modo attendibile - perché si esce dal dominio misurabile dell'indagine scientifica per entrare in quello della metafisica. In ogni caso non si può impedire al lettore intelligente di trarre alcune deduzioni che certo sarebbero piaciute al Caporale di Braunau e al Biondo Dio della Morte: se l'essere umano ha la stessa dignità ontologica dei cagnotti e delle feci, allora è possibile porre fine alla superstizione cristiana della "sacralità della vita"

Il concetto di bellezza è soggettivo

Nella comunità scientifica esiste un'idea totalitaria e molto invasiva, che ha la pretesa di definire standard universali di bellezza. Se uno si discosta dalla tirannia di questi standard, viene considerato un reietto. La conclusione implicita e fallace di un simile atteggiamento è questa: se uno non apprezza ciò che la comunità scientifica considera "bellezza" e "armonia", ne consegue che non può nemmeno essere definito intelligente. Insorgo contro tutto ciò. Nessuno può impormi un apprendistato per apprezzare ciò che non amo o che mi lascia indifferente, o ritenermi un idiota per via dei miei gusti. Solo per fare un esempio, ciò che apprezzo in Mozart sono le sue inclinazioni perverse, come la coprofagia. Non il Requiem, bensì Leck mich im Arsch, inteso in senso letterale: "Leccami nel culo". Invece ascolto volentieri gruppi come gli Anal Blasphemy e i Behemoth. Inoltre sono un Bastian Contrario e un ribelle. Cercare di obbligarmi a fare qualcosa è il modo migliore per farmela detestare. 

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Si trovano alcune brevi opinioni sparse sul sito Ibs.it. Ne riporto alcune: 

Valy ha scritto: 

"Carino. se come me ne sapete poco di fisica e vi piacerebbe capire qualcosa in più senza annoiarvi, questo libro può dar al caso vostro. L'autore è piuttosto bravo a semplificare le spiegazioni sebbene rimanga un mondo complesso."

Silvia ha scritto: 

"Libricino semplice con spiegazioni fluenti. Purtroppo ormai un po' datato dato che alcune informazioni le si studiano di norma nei banchi di scuola."

Queste cose si studiano con scarso profitto, a quanto vedo, dato che la scuola è soprattutto una schifosa fabbrica di bulli, maranza e simili energumeni riscimmiati! Si suggerisce di introdurre nel sistema educativo alcuni strumenti innovativi: la culla di Giuda, il solletico spagnolo e il piffero del baccanaro.

MB ha scritto: 

"Banale e inutile. In giro ci sono libri molto migliori"

Un'opinione che non condivido, ma che trovo estremamente coraggiosa, quasi eroica!

M. ha scritto: 

"Incredibile come questo libro possa appassionare alla fisica anche chi come me l'ha sempre odiata. Uno sguardo interessante per indurre curiosità, perfettamente riuscito."  

Su Anobii.com si trovano recensioni decisamente più interessanti. Non mancano tuttavia le stroncature feroci. Riporto un paio di reazioni tutto sommato eulogistiche.

sigurd ha scritto:

Uno dei versi più belli di sempre si trova nelle "Contemplazioni" di Hugo e dice: "L'hydre Univers tordant son corps écaillé d'astres". Più tardi, Chesterton dirà, in "Seconda Infanzia", che la notte è un mostro fatto d'occhi.
L'idra è un mostro mitologico fatto di tante teste. più queste vengono tagliate, più ricrescono in una sorta di caos senza limiti della creazione. Così Hugo ha questa intuizione geniale: l'Universo è un'Idra. Un mostro che contorce il suo corpo squamoso, le cui squame sono scintillanti come stelle, che più viene mutilato più si espande. Terribile e sublime allo stesso tempo.
In qualche modo, sintetizza poeticamente la teoria della relatività di Einstein, le forze gravitazionali dell'universo hanno un corpo che si contorce, che crea buchi neri, che attira spaventosamente a sè: lo spazio. 

Procyon Lotor ha scritito: 

[...] Non capisco se è un caso o se all'Adelphi hanno un curioso senso dell'umorismo: quello di far uscire un libro nella corrente del migliore umanesimo degli ultimi tre millenni al numero "666" della collana "piccola biblioteca".
Non c'è nulla di satanico qui, bontà casomai e luciferina è l'ignoranza applicata.

domenica 21 luglio 2019


L'ORDINE DEL TEMPO 

Autore: Carlo Rovelli 
Anno: 2017
Genere: Saggio
Sottogenere: Divulgazione scientifica

Temi: Fisica
Editore: Adelphi Edizioni 
Collana:
Piccola Biblioteca Adelphi, 705
Edizione: 11ª ediz. 
Pagine: 207 pp.
Illustrazioni: 37
Codice ISBN: 978-88-459-3192-5
Traduzioni:
    Inglese: The Order of Time
    Francese: L'Ordre du temps
    Spagnolo: El orden del tiempo

Risvolto:

Come le Sette brevi lezioni di fisica, che ha raggiunto un pubblico immenso in ogni parte del mondo, questo libro tratta di qualcosa della fisica che parla a chiunque e lo coinvolge, semplicemente perché è un mistero di cui ciascuno ha esperienza in ogni istante: il tempo. E un mistero non solo per ogni profano, ma anche per i fisici, che hanno visto il tempo trasformarsi in modo radicale, da Newton a Einstein, alla meccanica quantistica, infine alle teorie sulla gravità a loop, di cui Rovelli stesso è uno dei principali teorici. Nelle equazioni di Newton era sempre presente, ma oggi nelle equazioni fondamentali della fisica il tempo sparisce. Passato e futuro non si oppongono più come a lungo si è pensato. E a dileguarsi per la fisica è proprio ciò che chiunque crede sia l'unico elemento sicuro: il presente. Sono tre esempi degli incontri straordinari su cui si concentra questo libro, che è uno sguardo su ciò che la fisica è stata e insieme ci introduce nell'officina dove oggi la fisica si sta facendo.  

«Pensiamo comunemente il tempo come qualcosa di semplice, fondamentale, che scorre uniforme, incurante di tutto, dal passato verso il futuro, misurato dagli orologi. Nel corso del tempo si succedono in ordine gli avvenimenti dell'universo: passati, presenti, futuri; il passato è fissato, il futuro aperto... Bene, tutto questo si è rivelato falso»

Indice: 

Forse il mistero più grande è il tempo   13

PARTE PRIMA. LO SFALDARSI DEL TEMPO   17

1. La perdita dell'unicità   19
    Il rallentare del tempo   19
    Diecimila Śiva danzanti   22

2. La perdita della direzione   26
    Da dove viene l'eterna corrente?   26 
    Calore   28
    Sfocare   32

3. La fine del presente   39
    Anche la velocità rallenta nel tempo   39
    Adesso non significa nulla   41
   La struttura temporale senza il presente   45

4. La perdita dell'indipendenza   55
    Cosa succede quando non succede niente?   55
    Cosa c'è dove non c'è niente?   64
    La danza di tre giganti   68

5. Quanti di tempo   73
    Granularità   74
    Sovrapposizioni quantistiche di tempo   78
    Relazioni   79

PARTE SECONDA: IL MONDO SENZA TEMPO   83

6. Il mondo è fatto di eventi, non di cose   85

7. L'inadeguatezza della grammatica   93

8. Dinamica come relazioni   102
    Eventi quantistici elementari e reti di spin   107

PARTE TERZA: LE SORGENTI DEL TEMPO   113

9. Il tempo è ignoranza   115
    Tempo termico   117
    Tempo quantistico   120

10. Prospettiva   125
     Siamo noi a girare!   125
     Indicalità   131

11. Cosa emerge da una peculiarità   137
     È l'entropia, non l'energia, a trascinare il mondo   137
     Tracce e cause   143

12. Il profumo della madeleine   147

13. Le sorgenti del tempo   163

La sorella del sonno   173

Note   179

Indice analitico 201

L'autore

Fisico teorico, membro dell'Institut universitaire de France e dell'Académie internationale de philosophie des sciences, Carlo Rovelli è responsabile dell'Équipe de gravité quantistique del Centre de Physique théorique dell'Università di Aix-Marseille. Ha pubblicato, fra l'altro, Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro (2011), La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose (2014) e, presso Adelphi, Sette brevi lezioni di fisica (2014), che è stato tradotto in 40 lingue. 

Recensione: 

Un mio collega, il buon G., mi parlò anni fa delle idee sulla natura del tempo sostenute da Rovelli. Ne descrisse l'impalcatura metafisica come una forma di eternismo non tensionale o B-eternismo. Secondo Rovelli, così mi disse G., il tempo non esiste, il succedersi degli attimi non è reale. Quindi presente, passato e futuro sono tutti definiti allo stesso identico modo, non esiste tra loro alcuna vera differenza ontologica - dato che il senso di scorrimento da noi sperimentato è illusorio. In altre parole, ciò che noi chiamiamo "presente", "passato" e "futuro" sono soltanto diverse configurazioni che coesistono nel medesimo spazio. A questa concezione si oppone il presentismo, che reputa reale soltanto il presente (il passato non esiste più, il futuro non esiste ancora). Provando una forte idiosincrasia verso le ontologie temporali eterniste - e in particolare verso il B-eternismo - devo confessare agli eventuali lettori che mi sono avvicinato all'opera di Rovelli non soltanto per puro caso, ma anche con un certo pregiudizio. Mi sono imbattuto nel volumetto dalla copertina di un piacevole color mattone in una libreria valdostana che sono solito frequentare d'estate, tra una giornata di camminate e l'altra. L'ho subito comprato e con mia grande sorpresa ne ho trovato la lettura entusiasmante. La sintesi rovelliana ha allargato senza dubbio i miei orizzonti, facendomi comprendere molte cose di capitale importanza sulla natura del tempo. Una cosa mi ha presto stupito: quanto affermava G. non era nemmeno vero, nasceva soltanto da un comune fraintendimento. Se Carlo Rovelli non è un presentista, non è neppure un eternista; in particolare non è affatto un B-eternista, sarebbe riduttivo e inesatto ritenerlo tale. Il problema è che ad occuparsi della natura del tempo sono soprattutto i filosofi, che non sono al contempo anche fisici. In pratica il microcosmo accademico dei fisici e quello dei filosofi neppure si parlano. Raccomando quindi la lettura dell'opera di Rovelli a chiunque sia interessato ad indagare il Mistero del Tempo, che è indissolubilmente legato al problema della nostra stessa esistenza - il cui significato ultimo permane sconosciuto. Il linguaggio è piacevole e mai ostico, la trattazione è spesso arricchita da pregevoli versi poetici di svariati autori. Ci sono anche schemini con immagini dei Puffi!!  

Il Tempo di Newton e la sua fine 

Ecco l'equivoco fondante, di natura squisitamente linguistica: quando si afferma che "il tempo non esiste", sia allude al Tempo di Newton - non al fatto innegabile che gli eventi si presentano in una successione ordinata. La locuzione Tempo di Newton si applica all'idea di tempo concepito come una dimensione assoluta, come il contenitore che contiene tutto ciò che esiste - potendo anche non contenere nulla, essendo la sua definizione indipendente dalla presenza o meno di enti nello spazio. Questo tempo-contenitore, immaginato come a priori rispetto all'esistenza, è considerato identico in tutto l'universo fisico, cosicché è possibile dire che in un dato istante misurato da un orologio, gli eventi che ricorrono sulla Terra sono simultanei a quelli che ricorrono su un pianeta di Alpha Centauri - e allo stesso identico modo sono sumultanei a quelli che ricorrono sul quasar più remoto, ben oltre qualsiasi capacità umana di osservazione. Questa idea sostenuta dal buonsenso comune, che in un certo qual senso ha fatto grande l'Occidente permettendone il progresso tecnologico, è crollata come un castello di carte. Non ha potuto reggere al lavorio del metodo scientifico. Albert Einstein ha dimostrato la natura illusoria del Tempo di Newton, riducendolo al rango di una costruzione mentale legata alla nostra percezione fallace dell'essenza delle cose. Il tempo non è indipendente dallo spazio. Il tempo è una dimensione di uno spazio quadridimensionale, lo spazio di Minkowski. Materia ed energia sono due facce della stessa moneta, legate tra loro dalla celeberrima equazione E = mc2. La massa influenza lo scorrere del tempo misurato dagli orologi. Più si procede velocemente, più il tempo misurato dagli orologi rallenta. Non esistono dimensioni assolute, scorrelate l'una dall'altra. L'Occidente non si è mai più ripreso da una simile crisi ontologica. Ancora oggi c'è chi stigmatizza Einstein e la sua opera, paragonando la Relatività generale al sesso infantile di Sigmund Freud e alla lotta di classe di Karl Marx. Costoro accusano lo scienziato di Ulm di aver fatto precipitare il genere umano nell'irrazionalità e nel Caos. Eppure è vano il loro sfuriare. Quando nel Cielo si è prodotta una crepa, la frattura non sarà mai ricomposta. Quando una torre crolla, le pietre che la compongono non torneranno mai più al loro posto.

Tempo e termodinamica

Eppure, nonostante la morte del Tempo di Newton la domanda continua a risuonare angosciante. "Da dove viene l'eterna corrente?", si chiede l'autore, citando alcuni versi di Rilke. Come spiegare la nostra esperienza presentacea? Come spiegare il nesso tra causa ed effetto, come spiegare quella realtà che possiamo chiamare Freccia del Tempo? La risposta, pur essendo concettualmente semplice, non è affatto banale. La radice di tutto è nel calore. Il meccanico classico maneggia soltanto equazioni che sono invarianti rispetto al tempo, non comparendo in esse alcuna differenza tra il presente e il passato: così un moto uniformemente accelerato diventa un moto uniformemente decelerato invertendo il presente e il passato, come se misurassimo il tempo con un orologio le cui lancette procedono in senso antiorario. Entrambi i movimenti sono fisicamente possibili, allo stesso identico modo. Quando però si parla di calore, le cose cambiano. Il calore passa spontaneamente dal corpo più caldo a quello più freddo. Invertendo il presente e il passato, misurando il tempo con un orologio le cui lancette si muovono in senso antiorario, si descrive qualcosa di antifisico. Come Rovelli fa notare, dovunque nell'universo compare il tempo come variabile non invertibile, vi appare per incanto anche il calore. Il secondo principio della termodinamica parla chiaro: 

  «È impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da un corpo più freddo a uno più caldo senza l'apporto di lavoro esterno.» (formulazione di Clausius).
  «È impossibile realizzare una trasformazione ciclica il cui unico risultato sia la trasformazione in lavoro di tutto il calore assorbito da una sorgente omogenea.» (formulazione di Kelvin-Planck).
 «È impossibile realizzare una macchina termica il cui rendimento sia pari al 100%.» 


In questa irreversibilità risiede la radice stessa della Freccia del Tempo, lo scoglio su cui si infrangono i sogni dei B-eternisti, quell'ingombrante presenza che permette di ordinare gli eventi che occorrono nell'universo fisico, di distinguere il prima e il poi, il passato, il presente e il futuro di ogni osservatore. La sua origine è termodinamica!

Mi si perdonerà, immagino, se non userò un linguaggio rigoroso - ma reputo che sia troppo importante esprimere la penetrante intuizione che mi è derivata dalla lettura del trattato di Rovelli. Si tratta di cose che ho dedotto, non mi limito a riportare in modo pedissequo quanto ho letto. Si tratta di un'elaborazione critica simile a un processo di ruminazione, o forse piuttosto di fermentazione, da cui infine è scaturito un diamante splendente come il sole.   

Si può esemplificare così il funzionamento della Freccia termodinamica del Tempo:  

1) Il futuro è in tutto e per tutto coincidente con l'entropia. Quando diciamo di ignorare il futuro, non proferiamo una banalità, ne definiamo la vera e più intima essenza. Le variabili che definiscono questo immenso reame sono sfocate, non le possiamo conoscere in alcun modo - non per mancanza di adeguati strumenti d'indagine, bensì per impossibilità definitoria.

2) Il presente somiglia in modo sorprendente a una misura quantistica, ossia al collasso della funzione d'onda di Schrödinger. Per questo lo sperimentiamo come qualcosa di netto, puntiforme, che ci sembra privo di estensione e di sostanza, pur essendo tutto ciò che definisce il nostro essere.  

3) Il passato  somiglia in modo sorprendente a un processo di filtraggio quantistico. Tutto ciò che nasce dal collasso della funzione d'onda, procede verso l'annientamento fino a diventare irriconoscibile. Alla fine raggiunge il suo estremo orizzonte, che è come un buco nero, un inghiottitore cosmico che tutto stritola e rende inconoscibile.

In buona sostanza, l'esistenza nel suo farsi è qualcosa che viene dall'Ignoranza e finisce nel Nulla.

Davvero splendida la parte in cui Rovelli esplora le fondamenta stesse della realtà, l'Universo senza Tempo. Lo descrive con alata fantasia come un tessuto cavernoso. Proprio come quello che compone il membro virile e che ne permette l'erezione. Questa è proprio la mia impressione. Le strutture subatomiche da cui emerge la Freccia termodinamica del Tempo sono paragonabili nella loro essenza a parti infinitesimali di uno spermodepositore gigantesco, immane!   

Eternismo e presentismo:
non esiste un vero conflitto

Il dibattito tra presentisti ed eternisti, che infuria tra i filosofi avvelendando gli animi, è ora della fine insostanziale. Questo perché non esiste e non può esistere un osservatore assoluto. L'ontologia temporale, questa è la conclusione a cui sono giunto dopo anni di meditazioni incessanti, dipende proprio dall'osservatore - anzi, lo definisce. Noi siamo figli della Freccia termodinamica del Tempo, che definisce la nostra esistenza. Non possiamo e non potremo mai osservare questo universo fisico stando all'esterno della Freccia del Tempo. Quindi per noi vale il presentismo. Il nostro essere è presentista. Per noi passato, presente e futuro hanno nature drammaticamente dissimili. Non sono equivalenti. Non hanno la stessa ontologia. Per noi, figli della Freccia termodinamica del Tempo, davvero esiste soltanto il presente. Per un'entità che stia al di fuori di questo spazio-tempo di Minkowski e che lo osservi, potrà benissimo valere invece una forma di eternismo, forse addirittura di B-eternismo: vedrà tutti gli esseri viventi, tutti i dettagli delle loro misere esistenze e dell'evoluzione del Cosmo come bizzarre geometrie spaziali. Per questo essere il nostro presente, il nostro passato e il nostro futuro non sono altro che pareti, cunicoli o pavimenti in un dedalo tortuoso multidimensionale! 

giovedì 18 aprile 2019


THE MOTHMAN PROPHECIES -
VOCI DALL'OMBRA

Titolo originale: The Mothman Prophecies 
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2002
Lingua originale: Inglese
Durata: 119 min
Rapporto: 2,35 : 1
Genere: Thriller, fantascienza, orrore
Regia: Mark Pellington
Soggetto: John Keel
Sceneggiatura: Richard Hatem
Distribuzione in italiano: Medusa
Fotografia: Fred Murphy
Montaggio: Brian Berdan
Musiche: Tomandandy
Colonna sonora:
  Disco 1
    1. Half Light (single)
      2. Wake Up #37
      3. Haunted
      4. One and Only
      5. Collage
      6. Great Spaces
      7. Rolling Under
      8. Half Life
      9. Soul Systems Burn
     10. Half Light (tail credit)

  Disco 2
    1. Movement 1:
        Composed of 12 Members/ Retrace/ A New Home/ MRI/ Welcome To Point
        Pleasant
     2. Movement 2:
        Point Pleasant/ Seeing Strange Things/ It's a Voice and It's Saying, Do Not Be
        Afraid/ He's Wrong/ Denver 9
     3. Movement 3:
         I Had a Dream Like That/ Not From Human Vocal Chords/ Zone Of Fear/ Ring
         Ring/ Leek/ Leek Wouldn't See Me
     4. Movement 4:
         All At Once, I Understand, Everything/ Do You Know That Woman?/ The Tape
         Reveals/ We Are Not Allowed To Know
     5. Movement 5:
         It's How I Ended Up Here/ Airport/ I Have To Go
     6. Movement 6:
         We Have Dinner At 6, And We Open Presents At 8/ 12:00 Call
     7.  Movement 7:
         The Bridge
     8.  Movement 8:
          Mirror Drone/ John's Theme/ Cellos

Scenografia: Richard Hoover, Diana Stoughton
Costumi: Tommy Boyer, Monte Cholmeley-Jones, Diane
    Collins, Christopher Peterson, Susan Lyall
Trucco: LuAnn Claps, Mindy Hall, Roderick R. Carter, Patty
    Bell
Artista concettuale: Smith Harper Hutchings
Interpreti e personaggi
   Richard Gere: John Klein
   Laura Linney: Connie Mills
   Debra Messing: Mary Klein
   Will Patton: Gordon Smallwood
   Lucinda Jenney: Denise Smallwood
   Alan Bates: Alexander Leek
   Bob Tracey: Cyrus Bills
   David Eigenberg: Ed Fleischman
   Bill Laing: Indrid Cold, l'Uomo-Falena
   Mark Pellington: Indrid Cold, l'Uomo-Falena (voce)
   Mark Pellington: Il barista
   Tim Hartman: Sonny
   Rohn Thomas: Dott. Williams
   Murphy Dunne: Il governatore Rob McCallum 
   Betsy Zajko: Tory Pherris
   Sam Nicotero: Uomo sul ponte
Doppiatori italiani
   Mario Cordova: John Klein
   Claudia Catani: Connie Mills
   Alessandra Korompay: Mary Klein
   Luca Biagini: Gordon Smallwood
   Ugo Maria Morosi: Alexander Leek
Budget: 32 milioni di dollari USA 

Box office: 55,1 milioni di dollari USA
     (fonte: Box Office Mojo)
Divieti:  

   Vietato ai minori di 11 anni:
      Finlandia, Svezia
   Vietato ai minori di 12 anni:
     Germania, Portogallo, Canton Ginevra, Canton Vaud,
     Regno Unito;
   Vietato ai minori di 13 anni:
     Argentina e Spagna 
   Vietato ai minori di 14 anni:
     Perù
   Vietato ai minori di 15 anni:
     Danimarca, Norvegia, Corea del Sud
   Vietato ai minori di 16 anni:
     Ungheria, Islanda, Paesi Bassi, Cantone dei Grigioni.
  "PG" (parents cautioned suggested) per bambini con più di
      10 anni: Singapore
  "PG-13" (parents strongly cautioned): Stati Uniti d'America,
     Filippine 



Trama: 

John Klein è un brillante articolista del Washington Post, felicemente sposato con Mary, una splendida donna dalle chiome di un color tiziano scuro intenso. La vita della coppia sembra perfetta, ma all'improvviso accade l'irreparabile. È inverno, c'è il gelo. Durante un viaggio notturno in auto l'uomo e la sua consorte hanno un grave incidente. La donna, che è alla guida, perde il controllo della vettura cercando di evitare quella che vede come una figura volante nera, fatta d'ombra densissima, con occhi di brace come il Caronte di dantesca memoria. John rimane illeso, mentre Mary batte la testa contro il vetro e viene ricoverata in ospedale. Anche se le conseguenze dell'incidente in sé non sembrano gravi, le viene riscontrato un aggressivo tumore cerebrale, un glioblastoma, che la uccide rapidamente. Viene subito esclusa ogni correlazione tra il globlastoma e l'incidente: secondo i medici si tratterebbe di due eventi del tutto indipendenti. L'uomo è sconvolto dall'accaduto e non riesce a darsi una spiegazione. Quando la sua amata muore, John fruga tra i suoi effetti e scopre un diario con i disegni dell'entità oscura da lei fatti durante la degenza. Dopo due anni da questi eventi traumatici, il protagonista si perde nella notte durante un difficile viaggio in auto in West Virginia, accorgendosi di essere giunto fino a Point Pleasant, un sito sperduto nel buco del culo del mondo, collocato su qualche emorroide ctonia alla confluenza tra i lutulenti fiumi Ohio e Kanawha. Il punto è che quella località desolata è lontana centinaia di chilometri dalla destinazione del giornalista, che voleva intervistare il governatore della Virginia a Richmond. Siccome la macchina si è rotta, John è costretto a proseguire a piedi nelle tenebre infernali fino a giungere a una vicina casa. Il proprietario della stamberga, un energumeno paccianesco e biondiccio di nome Gordon Smallwood, accoglie il forestiero con un fucile, urlandogli male parole. Arriva l'ufficiale di polizia, la bionda e robusta Connie Mills, che cerca di portare l'esagitato Smallwood a più miti consigli. Ecco che si viene a scoprire una verità piuttosto inquietante. Il pitecantropo furente afferma infatti che è la terza notte consecutiva che lo stesso individuo, proprio John Klein, bussa alla sua porta alle 2:30 precise chiedendogli di usare il telefono. Questo fatto è di per sé sconvolgente: fa pensare a un circuito temporale chiuso in cui il reporter è imprigionato in sua insaputa. L'ufficiale porta la calma e accompagna lo sconvolto giornalista a un motel, lasciandolo solo con i suoi pensieri - non prima di avergli menzionato un dettaglio di non poco conto: negli ultimi tempi gli abitanti di Point Pleasant sono ossessionati da strani accadimenti, di cui non è possibile fornire alcuna spiegazione razionale. John non si allontana dal borgo, nonostante le insistenze di un suo collega che continua a telefonargli: parlando con la gente del luogo scopre che il motivo dell'inquietudine generale consiste nelle apparizioni di una cratura notturna, che è proprio l'Uomo-Falena visto e disegnato dalla sua defunta moglie. La stessa Connie ha avuto una visione molto vivida di se stessa in procinto di affogare in acque profonde, mentre una voce la invitava a svegliarsi, chiamandola "numero 37". Il giorno dopo il frenetico Gordon Smallwood incontra John in paese e gli rivela di aver sentito una voce proveniente dal lavandino. "A Denver moriranno in 99", questo è il messaggio che gli è stato trasmesso. Mentre John e Gordon mangiano in una tavola calda, la televisione dà la notizia di un disastro aereo proprio a Denver. Anche il numero dei morti è esatto: sono proprio 99! La notte seguente si aggiunge un'altra inquietante informazione: tutti questi eventi sinistri sono emanazioni di un essere il cui nome è Indrid Cold. John Klein può soltanto procedere nella sua discesa agli Inferi, cercando di decifrare la volontà di quell'entità demoniaca. Non è un'impresa facile. Nel frattempo prende forma lo spettro di una catastrofe incombente su Point Pleasant. La tensione è massima, fino al colpo di scena finale.  

Recensione: 

Il film di Pellington si basa sull'omonimo libro dell'occultista, ufologo e complottista John Alva Keel, The Mothman Prophecies (1975), che conobbe un certo successo negli USA. In estrema sintesi si tratta del resoconto delle indagini che l'autore ha compiuto in West Virginia sul teatro delle supposte apparizioni di una creatura umanoide alata da lui denominata Uomo-Falena. Keel afferma di aver ricevuto proprio a Point Pleasant alcune telefonate inquietanti. Nel libro in questione, tutti questi portenti funesti sono connessi ad avvistamenti di oggetti volanti non identificati, al ritrovamento di bestiame mutilato, ma soprattutto al crollo di un importante ponte sul fiume Ohio, il Silver Bridge, nel dicembre del 1967. Lo stesso Keel ha plasmato il concetto di Man in Black (MIB) e lo ha grandemente diffuso. Il regista di Baltimora ha plasmato da questa sostanza informe una lega metallica immortale, che irradierà il suo fulgore fino al Giudizio! Ogni impurità presente nel materiale di origine è stata sottoposta alla Prova del Fuoco e si è dileguata. Consiglio a tutti la visione di questo capolavoro imperituro! 

Keel e il Cristianesimo

Le profezie dell'Uomo-Falena sono più gravi di una cappa di piombo e hanno tutte le caratteristiche dell'ineluttabilità. Non c'è alcuna possibilità di sfuggire. I contattati lo sanno per certo: il futuro è chiuso, fissato, predeterminato e vige la predestinazione. "È tutto vero", conferma la voce di Gordon Smallwood, parlando dall'Oltretomba. Ogni parola ricevuta è destinata ad avverarsi, in modo infallibile. L'entità di Tenebra, secondo l'occultista Alexander Leek, non sarebbe davvero superiore all'essere umano, ma vedrebbe più lontano, avendo così la visuale di un uomo che sta sul tetto di un grattacielo. Proprio questa sarebbe la radice delle sue capacità profetiche. Se l'Uomo-Falena afferma che 99 persone moriranno a Denver, è perché egli può vedere nitidamente il futuro prossimo, in cui l'incidente aereo avverrà, riportandone la descrizione come se si trattasse di un evento presente. Tutto parrebbe chiaro. Subito dopo, John Klein chiede a Leek perché il demone non parla in modo chiaro agli umani. La risposta contraddice quanto appena detto! L'Uomo-Falena, essendo superiore agli esseri umani, non è in grado di farsi intendere, proprio come un uomo non può comunicare con gli scarafaggi. La prima affermazione (egli non è superiore agli umani, ha solo una visuale più ampia) contraddice in modo stridente la seconda (egli sta agli umani come questi agli scarafaggi, quindi è a loro superiore). John Klein, duramente provato dagli eventi, non sembra rendersi conto di questa antinomia insanabile. Si può credere che Leek cerchi di far convivere nella propria mente due visioni del mondo incompatibili. Anche se egli nega in modo esplicito e reciso che l'Uomo-Falena sia Dio, la sua interpretazione risente della dottrina cattolica della prescienza divina (quella di Dio che sa in anticipo ma non predestina). Al contempo, all'emissario delle Ombre è attribuita una distanza dall'umanità maggiore di quella che la separa da Dio. Non si è forse Dio fatto uomo, stando ai dogmi di tutte le confessioni cristiane? Quindi Dio non è poi tanto lontano dall'uomo. Eppure l'uomo non può farsi scarafaggio. Quindi il Cristianesimo è iper-ottimista: ammette un Dio che dista  dagli umani meno di quanto questi distano dagli scarafaggi. Una religione il cui Dio fosse come Indrid Cold non sarebbe tanto ottimista: tale essere può solo simulare una comunicazione con le sue vittime, per farle perdere e annientare le loro vite. 

Keel vs. King & Cronenberg 

Alla fine del film si capisce che l'ontologia temporale è in tutto e per tutto simile a quella decritta nel film di David Cronenberg La Zona Morta e nel romanzo di Stephen King da cui è stato tratto. In altre parole, il futuro è aperto e non vige la predestinazione. Esiste cioè una possibilità, per quanto esigua, di modificare gli eventi rivelati dall'Uomo-Falena. Basta seguire attentamente le sequenze della pellicola di Pellington per capirlo al volo. La bionda e imperiosa sceriffa Connie Mills vede se stessa sprofondare nelle acque gelide, incapace di opporre resistenza all'annegamento, mentre una voce le dice: "Svegliati, numero 37". Il significato della visione e della voce rimane oscuro fino al finale. Crollato il ponte e tratta in salvo la donna, un uomo dei soccorsi menziona il numero delle vittime del disastro: sono 36. Connie avrebbe dovuto essere la trentasettesima. Il punto è che John Klein è accorso sul teatro della tragedia in tempo per eseguire il salvataggio, eludendo gli inganni di Indrid Cold. L'entità aliena aveva infatti progettato di intrattenere il giornalista in una lunga telefonata, imitando la voce di Mary. Orbene, è stata la stessa Connie con una telefonata, a convincere il protagonista della natura fallace di ogni manifestazione della defunta. Così, spinto da un impulso incoercibile, John ha deciso di non guardarsi alle spalle e di precipitarsi a Point Pleasant per passare il Natale assieme a Connie. Se non si fosse lasciato convincere, la bionda ufficiale di polizia sarebbe sicuramente affogata nelle profondità del fiume Ohio. Nel film di Cronenberg, La Zona Morta, viene evitata l'Apocalisse Nucleare. Qui viene tratta in salvo una singola donna e grazie a lei un uomo trova una via di uscita dalla disperazione che minacciava di stritolarlo. Conseguenze globali contro conseguenze individuali. Tuttavia il concetto di futuro e di propagazione degli eventi è il medesimo nelle due opere. Bizzarro che in entrambe le narrazioni il protagonista si chiami John. 


Un groviglio di contraddizioni insanabili 

In un'altra occasione il protagonista oppone una significativa resistenza al suo persecutore. Sapendo che ci sarà una tremenda disgrazia sul fiume Ohio, John interpreta la profezia in modo errato, pensando che si tratti di un incidente catastrofico in un grande impianto chimico. Venuto a sapere che il governatore della Virginia sarà a Point Pleasant a visitare proprio quello stabilimento, egli vede come in un lampo il proprio tentativo fallimentare di dissuadere il politicante dal recarsi alla sua destinazione. Nel film mentale che il giornalista si spara nel cervello, l'avvertimento passa per la prova della complicità in un attentato, nella collocazione di una bomba. I suoi tentativi di spiegare il pericolo, uniti a esagitazione, fanno sì che sia allontanato in malo modo dalle guardie del corpo e destinato a un trattamento psichiatrico. Non è difficile capire che nell'agenda di un uomo di potere non possa esserci il benché minimo posto per le visioni dei profeti. Il punto è che John Klein si rifiuta di recarsi al rendez-vous con il governatore, vanificando la previsione del futuro che era scattata nella sua mente. Anche questo episodio confuta l'ontologia temporale a futuro chiuso. Il problema che si pone è un altro: se una visione del futuro non si avvera, quale ne è l'origine? Dove si sono originate le seguenze di eventi che non si realizzeranno, ma che al profeta appaiono reali? L'ontologia temporale A-eternista a futuri ramificati parrebbe la più adatta a spiegare questo genere di cose. Anche così bisognerà capire come fanno ramificazioni diverse del futuro (o futuri possibili) a interferire col presente.   

Carlo Rovelli e la Natura del Tempo

Il problema della dignità ontologica del futuro resta insoluto e genera infinite contraddizioni. Forse bisogna pensare il concetto stesso di futuro in modo differente. Un aiuto viene senz'altro dagli studi di Carlo Rovelli. La lettura del suo saggio L'ordine del tempo (pubblicato da Adelphi nel 2017) mi è stata di un'estrema utilità. Il futuro è entropia. Il futuro consiste in tutto ciò che è sfocato. Non è altro che la collezione di tutte quelle variabili fisiche il cui valore noi non siamo in grado di determinare. Se io conoscessi tutto ciò che accade in questo momento nell'area di un chilometro quadrato, centrata proprio nel punto in cui mi trovo, saprei bene se una minaccia incombe su di me oppure no. Solo per fare un esempio, saprei per certo che non esistono malviventi pronti a colpirmi, così potrei andare in giro tranquillamente senza alcun pensiero. Se questa sicurezza non esiste nella nostra vita quotidiana, è soltanto perché la nostra visuale è estremamente limitata. Noi non sappiamo se qualche minaccia sta per caderci addosso, così procediamo pieni di paure. 

Alcune considerazioni linguistiche 

Si noti che il titolo è The Mothman Prophecies, non The Mothman's Prophecies: manca il famoso genitivo sassone, che in questo contesto sarebbe senz'altro appropriato.  Non ho una spiegazione chiara di questo fenomeno. Sembra che anche gli anglosassoni siano spesso in imbarazzo. Pur riportando correttamente il titolo sui siti web, spesso nelle recensioni si parla delle profezie di Indrid Cold usando la forma col genitivo sassone. Così ad esempio nella sua recensione sul sito Po(o)p Matters, Todd R. Ramlow scrive: "Against her human fatalism, the mothman's prophecies are confusing".Il toponimo Point Pleasant è un tipico esempio di aggettivo posposto (postpositive adjective o postnominal adjective). Quando ero un moccioso condannato alla realtà carceraria chiamata "scuola", la pedantissima insegnante di inglese, A., affermava in continuazione che nella lingua di Albione esisterebbe una sola circostanza in cui l'aggettivo segue il nome: poet laureate "poeta laureato". Ebbene, questo dogma del sistema scolastico italiano è falso. Ha molto meno valore delle feci di un cane. Vediamo di enumerare alcuni esempi significativi: God Almighty, Evil incarnate, Devil incarnate, Christ everlasting, love everlasting, life everlasting, battle royal, body corporate, body politic, heir presumptive, knight errant, time immemorial, attorney general, Astronomer Royal, minister plenipotentiary, prince regent, prince consort, sergeant major, Alcoholics Anonymous, Amnesty International, Generation Next, Church Universal and Triumphant, Code Amber, Code Black, Code Orange, Code Red, agent provocateur, language isolate, persons unknown, etc. Le occorrenze sono davvero tante! E che dire di Mission Impossible?       

Si capisce che il nominativo dell'occultista Alexander Leek è stato ottenuto in qualche modo invertendo il cognome di John Keel e modificando Alva in Alexander. Nel Back Slang, l'inglese  pronunciato al contrario, Keel diventa naturalmente Leek, proprio come God diventa Dog. Gli immortali Death in June lo hanno sempre saputo, per questo cantavano:

Strike at the Heart of Hope
Where Panic Stirs the Will
We Hear Dog's Blessing
This Sleepless Night Torture
We Pray for its Ending
We Push for the Slaughter
Of a Broken Faith Missing
Of a Passing Love Dying
We Start Afresh
For Love and For Death

La canzone si intitola Punishment initiation. È stata ispirata dai rituali di iniziazione dell'Ordine del Sole Nero. Spesso mi vengono in mente le sue note, con un inisistente abbaiare in sottofondo quando si menziona il Cane. Sì, noi sentiamo la Benedizione del Cane! 

Indrid Cold è un antroponimo alieno che rivela molte cose ben strane. Qual è la sua vera origine? Nessuno lo sa. Sembra evidente che Cold non è un cognome anglosassone e non ha la sua radice nella nota parola che indica il freddo. Altra domanda inquietante. Indrid Cold è reale? Esiste davvero? Vediamo di trovare una risposta a questo interrogativo. 


Il caso Indrid Cold 

Nel film è stato operato un bizzarro sincretismo. L'Uomo-Falena e Indrid Cold erano in origine due entità distinte, che Pellington ha fuso in un solo essere. Con geniale intuizione, egli ha deciso che il nome dell'Uomo-Falena dovesse essere proprio Indrid Cold. Per spiegare le incongruenze nell'aspetto e nelle caratteristiche salienti dei due esseri spettrali, ha fatto ricorso a un callido stratagemma, facendo affermare all'Uomo-Falena-Cold che ogni essere umano a cui appare gli dà una forma diversa, non avendone egli una propria. Le leggende su Indrid Cold sono alquanto diffuse negli States e in particolare nella West Virginia. Egli è descritto come un alieno umanoide proveniente dal pianeta Lanulos, situato nella galassia di Genemedes, a 14,6 anni luce dalla Terra. Sua caratteristica è un sorriso permanente, fuori contesto e quindi raggelante. Queste confuse informazioni sarebbero state trasmesse telepaticamente al primo "contattato", un certo Woodrow Derenberger di Mineral Wells (West Virginia). Il messaggio è impregnato di ignoranza popolare e di fantascienza spicciola. Genemedes è una chiara alterazione di Ganymede (nome di un satellite gioviano); il termine "galassia" non è appropriato, un alieno avrebbe dovuto parlare di "sistema stellare". Correva il giorno 2 del mese di novembre dell'anno 1966. Il luogo dell'apparizione di Indrid Cold a Derenberger non era poi così lontano da Point Pleasant, teatro degli avvistamenti dell'Uomo-Falena dal 12 novembre del 1966 al 15 dicembre del 1967 (proprio quando compivo il mio primo anno di vita). Una continguità spaziotemporale che deve aver ispirato il regista. Eppure John Keel non credette mai a quanto riportato da Derenberger, che anzi riteneva un impostore. Lo scrittore complottista non ha mai collegato Indrid Cold all'Uomo-Falena: questa identificazione è in tutto e per tutto farina del sacco di Pellington. Altro fatto degno di nota, il film non prende posizione sulla natura di Indrid Cold. Non ci dice se davvero si tratta di un alieno piovuto sulla Terra da una remota galassia o se sia piuttosto qualcosa di soprannaturale, un demone, uno spettro o un non-morto. Il genio della pellicola è proprio questa scelta di mantenere indeterminata l'essenza stessa di ciò che viene dall'Ombra. Se sapessimo tutto sull'Uomo-Falena-Cold, di certo l'intera vicenda scadrebbe nel banale, nello scontato. Così invece il brivido terrorizzante invade lo spettatore, proprio perché ogni strumento d'indagine e di analisi può soltanto essere inefficace. L'universo a cui l'entità appartiene è sfocato, inconoscibile, in altre parole è entropia. Todd R. Ramlow scrive a questo proposito: "Alien? Supernatural entity? Who knows? It makes the scary stuff even scarier not to have "the answer" and makes for an affecting film that leaves you wondering long after the credits roll." Il punto è che la risposta non è soltanto sconosciuta per difficoltà di osservazione, per mancanza di una buona visuale: è proprio inconoscibile per intrinseca oscurità ontologica, perché non ne esiste la definizione.   

La Morte è una Cesura 

Ineluttabile. Eterna. Assoluta. Irreversibile. Questa è la Morte. Questo è il Pungiglione di Thanatos, l'Artiglio di Azrael, checché ne possano dire gli spiritisti e altri malfattori similari. Questo vale qualsiasi cosa possa essere (o non essere) delle persone defunte. Checché ne possano dire i religiosi, che ritengono i Morti capaci di spiarci in ogni nostra azione, anche in quella più piccola e insignificante. Per loro i Morti conservano ogni caratteristica biologica dei viventi, mantenendo intatta la complessa architettura umana delle parentele, delle ramificazioni familiari - con tutte le schifose meschinità che ne conseguono. Così ecco che la madre di un uomo vivente resterebbe sua madre anche nell'Oltretomba, con tanto di pretese di possesso. Una madre-padrona eterna. Perché, si capisce, quell'uomo per lei è ancora un bambino. Allo stesso modo, una donna sopravvissuta al marito sarebbe perseguitata dallo spirito del morto, che continuerebbe ad aleggiare intorno a lei, spiandola quando va al gabinetto, indagando i dettagli di ogni sua singola defecazione, sondando la sua mente mentre lei si masturba, riuscendo a cogliere tutto sul cazzone a cui sta pensando. Ecco, il marito defunto e geloso riuscirebbe a entrare nel cervello dell'ex moglie, della vedova, sentendo che lei farebbe un pompino a un amante, cosa che non ha mai fatto a lui, il legittimo consorte! Ecco, sentirebbe ciò che lei desidera: quel fallo estraneo, rubizzo e tumefatto, ben più grande di quello che lui - il marito - aveva in vita! E tutto questo macabro spionaggio non dovrebbe fare un po' schifo? Ecco, questo è il cattolicume. Queste sono, più in generale, le scorie del Cristianesimo - derivanti dal suo adattamento al pensiero magico-superstizioso delle masse. Gli esempi che ho potuto raccogliere nel corso della mia esistenza sono numerosi. Una volta F., un bergamascone ottuso, mi disse: "Guarda che da lassù il tuo babbo ti guarda, pòta!". Detto tra noi, non vorrei mai che una cosa simile accadesse. L'idea che sta dietro a una simile visione dell'universo non è nemmeno cristiana: è neolitica, arcaica, livida, opprimente, desolante. Non sarebbe meglio pensare all'annientamento dell'essere di una persona quando muore? A me la dissoluzione di chi trapassa darebbe più sollievo. 

Qualche considerazione sull'Amore 

Guardando il film di Pellington, sento vibrare in me la disperazione del protagonista e non la distinguo dall'Amore che prova per la moglie defunta. Il concetto portante è a mio avviso questo: l'Amore si identifica con ciò che non è raggiungibile. Così quando due sono felici in vita, la loro condizione mi sembra qualcosa di banale. Quando la Grande Cesura giunge a separarli e subentra l'impossibilità di qualsiasi contatto, ne nasce qualcosa d'interessante. In fondo il sentimento per una persona che riamava ma che è morta tragicamente non è così dissimile dall'amore per una persona viva che non riama - e che è allo stesso identico modo eternamente distante. Alle genti queste cose in genere non piacciono affatto. In particolar modo dispiacciono al gentil sesso, che odia chi si consuma nell'impossibilità. L'etichetta che viene affissa all'uomo disperato è sempre la stessa: "SFIGATO". Ecco che Connie nel finale rappresenta tutta questa avversione. Dovere dell'uomo disperato è, a suo dire, gettare alle ortiche ogni suo stato d'animo "negativo" per congiungersi al "Grande Flusso della Vita". A questo scopo non è necessario che una donna susciti grandi sentimenti: basta che il fallo eretto le entri nel vaso procreativo e lo riempia di sperma.