SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA
Autore: Carlo Rovelli
Anno: 2014
1a pubblicazione: 22 ottobre 2014
Lingua originale: Italiano
Editore: Adelphi
Collana: Piccola Biblioteca Adelphi
Numero: 666
Genere: Saggio
Sottogenere: Scientifico
Temi: Fisica, relatività, quantistica, natura del tempo
Pagine: 88 pagg., brossura
Codice ISBN: 9788845929250
Percentuale di utenti a cui è piaciuto il libro: 91%
Risvolto:
"Ci sono frontiere, dove stiamo imparando, e brucia il nostro desiderio di sapere. Sono nelle profondità più minute del tessuto dello spazio, nelle origini del cosmo, nella natura del tempo, nel fato dei buchi neri, e nel funzionamento del nostro stesso pensiero. Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l'oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato». Tale è il presupposto di queste «brevi lezioni», che ci guidano, con ammirevole trasparenza, attraverso alcune tappe inevitabili della rivoluzione che ha scosso la fisica nel secolo XX e la scuote tuttora: a partire dalla teoria della relatività generale di Einstein e della meccanica quantistica fino alle questioni aperte sulla architettura del cosmo, sulle particelle elementari, sulla gravità quantistica, sulla natura del tempo e della mente."
Indice:
Premessa .......... 11
Lezione prima: La più bella delle teorie .......... 13
Lezione seconda: I quanti .......... 23
Lezione terza: L'architettura del cosmo .......... 31
Lezione quarta: Particelle .......... 39
Lezione quinta: Grani di spazio .......... 47
Lezione sesta: La probabilità, il tempo e il calore
dei buchi neri .......... 57
In chiusura: Noi .......... 71
Indice analitico .......... 87
L'autore:
Laureato in Fisica all’Università di Bologna, ha poi svolto il dottorato all’Università di Padova. Ha lavorato nelle Università di Roma e di Pittsburgh, e per il Centro di Fisica teorica dell’Università del Mediterraneo di Marsiglia. Ha introdotto la Teoria della gravitazione quantistica a loop, attualmente considerata la più accreditata in ambito fisico.
Si è dedicato anche alla storia e alla filosofia della scienza con il libro Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro (Mondadori Università, 2011).
Tra gli altri suoi libri, Che cos'è il tempo? Che cos'è lo spazio? (Di Renzo Editore, 2010), La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose (Raffaello Cortina Editore, 2014), Sette brevi lezioni di Fisica (Adelphi, 2014), Helgoland (Adelphi, 2020), Relatività generale (Adelphi, 2021).
Nel 2023 è uscito, sempre per le edizioni Adelphi, Buchi bianchi. Dentro l'orizzonte, entrato immediatamente ai primi posti delle classifiche di vendita. Nello stesso anno esce per Solferino, Lo sapevo, qui, sopra il fiume Hao. Articoli per giornali.
Nel 2025 pubblica per Feltrinelli insieme a Massimo Tirelli, Giorgia Marzano e Francesca Zanini, Il volo di Francesca, un memoir politico sulla libertà, sul coraggio di affrontare l’ignoto e la diversità.
Recensione:
Testo agevole, tanto che sono riuscito a immergermi nella sua lettura di sera, dopo giornate di lunghissime camminate in montagna, senza provare alcun segno di affaticamento mentale. Avendo studiato questi argomenti all'Università, avendo quindi conseguito una laurea in Fisica, la cosa non dovrebbe stupire più di tanto. Va però detto che non servono studi specifici per apprezzare il libro di Rovelli. Tutto è presentato in estrema sintesi, in modo che sia comprensibile anche all'uomo della strada, posto che questi abbia il benché minimo interesse a seguire un discorso articolato sulle fondamenta della realtà. I detrattori, che pure non mancano, accusano l'autore di aver raccolto una serie di suoi articoli già pubblicati sul Sole 24 Ore, oppure di essersi ispirato troppo a due opere di Richard Feynman, Sei pezzi facili (Six Easy Pieces: Essentials of Physics Explained by Its Most Brilliant Teacher, 1994) e Sei pezzi meno facili (Six Not So Easy Pieces: Einstein's Relativity, Symmetry and Space-Time, 1997) - anch'esse pubblicati da Adelphi. Mi ha sorpreso l'insurrezione di un tale che affermava di aver scagliato contro una parete il libro di Rovelli, quando ha letto che l'autore aveva usato un volume di fisica per occludere una tana di topi, che ne avevano rosicchiato il bordo. Se bastasse un aneddoto studentesco per far crocifiggere qualcuno, chi potrebbe salvarsi dal supplizio? La realtà è questa: c'è in Italia un mondo scolastico greve e bilioso, incapace di sopportare tutto ciò che esce dai propri angusti schemi mentali. Se qualcuno parla di Scienza senza fare gnè gnè gnè gnè, si infuriano e lo vogliono linciare.
Lezione prima:
La più bella delle teorie
La più bella delle teorie
Si parla della teoria della Relatività ristretta e generale di Albert Einstein. Tre articoli di importanza capitale furono pubblicati dal giovane di Ulm nel 1905 sulla rivista Annalen der Physic. Questi sono gli argomenti trattati:
1) Dimostrazione della reale esistenza degli atomi.
2) Teoria dei quanti (trattata nellezione seconda).
3) Teoria della Relatività ristretta. Viene dimostrata una sorprendente verità: il tempo non passa allo stesso modo per tutti. Viene formulato il paradosso dei gemelli, che hanno età diverse se uno dei due viaggia a velocità superiore rispetto all'altro.
Einstein divenne all'improvviso uno scienziato rinomato, ma qualcosa continuava a roderlo. Vedendo che la teoria della Relatività ristretta era in contrasto con quella della gravitazione universale formulata da Newton, si convinse che ad essere errata fosse quest'ultima. Dopo 10 anni di studi convulsi e spesso confusi, riuscì finalmente a venire a capo del problema: nel 1915 fece pubblicare un articolo sulla nuova teoria della Relatività generale. Questa potente costruzione fu definita "la più bella delle teorie scientifiche" dal fisico russo Lev Landau (no, non è l'attore di Spazio 1999).
Newton aveva sempre considerato lo spazio come un mero contenitore dell'esistente, in ultima analisi inspiegabile. Gli studi di Michael Faraday e di James Clerk Maxwell, avevano portato a una nuova branca della fisica: l'elettromagnetismo. Era stato introdotto un nuovo concetto, quello di "campo elettromagnetico", un'entità diffusa ovunque, che diffonde l'interazione elettromagnetica. Einstein comprese che doveva esistere, in modo del tutto analogo analogo, un campo gravitazionale. Poi era giunta la grande intuizione: il campo gravitazionale è lo spazio.
Abbondano le digressioni rovelliane sul concetto stesso di bellezza e di armonia, in cui vibrano i ricordi della gioventù "hippy" dell'autore. La lezione si inoltra nella trattazione del concetto di spazio curvo, accennando alla matematica di Riemann e citando infine un'equazione abbastanza criptica, che è come uno scrigno di tesori preziosi. Sembra quasi che ci venga detto qualcosa come: "Fidatevi, è così".
Lezione seconda:
I quanti
I quanti
Si parla della teoria quantistica, che ha avuto inizio nel 1900 quando Max Planck è riuscito a riprodurre i dati sperimentali grazie a un trucchetto matematico che si rivela provvidenziale, ipotizzando che l'energia di un campo elettrico in particolari condizioni sia quantizzata, ossia composta da minuscoli pacchetti chiamate quanti. Planck era convinto che questo artificio non poggiasse su qualcosa di reale: non c'era motivo di credere che l'energia non fosse distribuita in modo continuo nello spazio. Cinque anni più tardi, nel 1905, proprio Albert Einstein comprende che questi pacchetti sono reali e che compongono la radiazione luminosa. Sono quelli che conosciamo come "fotoni". In questo modo finalmente è stato possibile spiegare il mistero dell'effetto fotoelettrico - cosa che ha portato lo scienziato di Ulm a vincere il Nobel.
Eppure, in seguito, Einstein ha avuto enormi problemi a portare avanti la teoria dei quanti e non l'ha più riconosciuta. È stato come se si fosse tirato indietro, timoroso delle conseguenze della rivoluzione concettuale da lui stesso innescata. Le nuove idee sono sviluppate dal danese Niels Bohr, che comprende qualcosa di sconvelgente: anche l'energia degli elettroni negli atomi può assumere soltanto certi valori, ossia che è quantizzata. Gli elettroni possono solo "saltare" da un'orbita permessa a un'altra, emettendo un fotone.
Werner Karl Heisenberg nel 1925 arriva a formulare la meccanica matriciale, che permette di calcolare le energie degli stati stazionari. Egli comprende che gli elettroni non hanno un'esistenza in sé, "newtoniana", indipendente da tutto il resto: la loro sola realtà consiste nell'interazione. Di lì a poco, nel 1926, Erwin Schrödinger (non citato da Rovelli) enuncia la meccanica ondulatoria, dimostrando poi la formale equivalenza con la meccanica matriciale di Heisenberg: si tratta di due approcci diversi che descrivono la stessa realtà. Una volta note le equazioni, la teoria quantistica viene portata al trionfo. La meccanica di Newton viene rimpiazzata. Si comprendono persino le ragioni profonde della tavola periodica di Mendeleev: ogni elemento è una soluzione dell'equazione di base della meccanica quantistica. La chimica emerge così dalla fisica.
Incapace di accettare tutto questo, Einstein cerca di evidenziarne la natura contraddittoria e incoerente. I suoi argomenti tuttavia non fanno altro che portare nuovi problemi senza risolvere alcunché. Il problema, gravissimo, è che meccanica quantistica e relatività sembrano essere tra loro incompatibili.
Rovelli non fa menzione di alcune cose molto interessanti.
1) Heisenberg aderiva al Nazionalsocialismo tedesco, anche se aveva la mente aperta verso le teorie enunciate da eminenti studiosi ebrei, sostenendo la necessità di studiarle e di integrarle. Non seguiva il movimento della cosiddetta Deutsche Physik o "Fisica Ariana", che rigettava la quantistica.
2) La meccanica quantistica dimostra l'impossibilità di un essere con le caratteristiche che la tradizione scritturale attribuisce a Dio. I concetti di onnipotenza e onniscienza sono contraddetti dal principio di indeterminazione di Heisenberg, che dimostra l'impossibilità intrinseca di determinare al contempo la posizione e la velocità delle particelle.
3) Pascual Ernst Jordan, allievo di Heisenberg, ha dato una dimostrazione da cui consegue l'inesistenza di Dio, in un modo ancor più devastante. Avevo trovato questo lavoro su una dispensa di fisica teorica all'epoca degli studi universitari, comprendendo le implicazioni che erano sfuggite ai docenti. A Jordan non fu perdonata l'adesione alla NSDAP. Al contempo, i vertici della NSDAP lo avevano ritenuto "politicamente inaffidabile" per via della sua difesa di Einstein e dei suoi legami con gli scienziati ebrei. Per paradosso, dopo la guerra era in politica come democristiano.
Lezione terza:
L'architettura del cosmo
L'architettura del cosmo
Si parla del Macrocosmo, ossia dell'Universo a livello macroscopico. Rovelli comincia a fare una carrellata di cosmologie antiche, con tanto di disegnini esplicativi, partendo dai Sumeri e dalla Bibbia per arrivare a Copernico. Poi, col crescere delle conoscenze scientifiche, giunge la comprensione che lo stesso sistema solare di cui fa parte la Terra, è soltanto uno tra moltissimi altri. Ognuna delle stelle è un sole che ci sembra microscopico soltanto perché è molto lontano da noi. Queste stelle compongono una vastissima nuvola chiamata Galassia. Il passo successivo, compiuto intorno agli anni '30 del XX secolo, consiste nella comprensione dell'esistenza di un numero immenso di altre galassie, centinaia di miliardi. Ed ecco che Rovelli giunge dalla cosmologia alla cosmogonia, ossia alla nascita dell'Universo. Con un linguaggio comprensibile a tutti, l'autore spiega che in origine l'Universo era una palla piccolissima, poi esplosa ed espansa fino a raggiungere le attuali dimensioni - espandendosi ulteriormente, senza sosta. Mi piace l'umiltà scientifica e l'estremo realismo della risposta rovelliana al cruciale interrogativo: "Cosa c'era prima dell'Inizio? Cosa c'era prima del Big Bang?" Egli dice questo: "Non lo sappiamo."
Ricordo che non ha sempre regnato questa serenità di pensiero tra i fisici. Fino a poco tempo fa, se si poneva la domanda di cui sopra, la risposta del mondo scientifico era immancabilmente la seguente: "Non ha senso chiedersi cosa c'era prima gnè gnè gnè gnè gnè gnè!!" E questo è quanto.
Lezione quarta:
Particelle
Particelle
Si parla delle particelle elementari, scendendo a livello subatomico. I protoni e i neutroni costituiscono il nucleo dell'atomo, ma sono a loro volta formati da particelle ancor più minuscole, tra cui i quark. Questi quark sono tenuti insieme da altre particelle chiamate "gluoni" (dall'inglese glue "colla"). Ogni cosa esistente, ci dice Rovelli con pazienza, è costituita da queste componenti, che sono le particelle elementari:
1) elettroni,
2) fotoni,
3) quark,
4) gluoni.
Il loro nome, che tanto ha suggestionato Houellebecq, deriva dal fatto che al momento queste particelle non sono suscettibili di ulteriore analisi. Certo, Rovelli aggiunge subito che ci sono altre particelle ancora, come i neutrini e il bosone di Higgs, dicendo al lettore che tanto non contano nulla e di stare tranquillo. Poi prosegue affermando che l'Universo è un LEGO i cui mattoncini sono proprio le particelle elementari. Non esiste una sola regione che sia davvero vuota. Anche il vuoto intergalattico pullula di particelle. Dopo aver evocato per l'ennesima volta gli hippy a lui tanto cari e il loro mondo come "insieme di vibrazioni", Rovelli arriva al cosiddetto modello standard, una teoria intricata e complessa, basata sulla meccanica quantistica, messa a punto negli anni '70 del XX secolo. Il problema è che questo modello fa schifo. Anche se funziona, non si riesce a capire perché. Dopo aver fatto sbucare il problema della materia oscura come un tarlo dal legno fradicio, l'autore dice che ci conviene tenere il modello standard. Sfuma nel romanticume coi sorrisi dei ragazzi alle feste, il cielo stellato etc.
Lezione quinta:
Grani di spazio
Grani di spazio
Si parla della gravità quantistica e del suo tentativo di arrivare a una sintesi tra relatività e fisica quantistica. Il punto, già menzionato, è che queste due teorie, che funzionano benissimo (ciascuna nel loro ambito), fanno a pugni tra loro. Pur avendoci dato moltissimi frutti, pur avendo cambiato in concreto le nostre esistenze, si contraddicono a vicenda. Non ne esce una visione coerente del mondo: è come se ci fosse un'intrinseca schizofrenia. Un piccolo gruppo di scienziati, ci fa sapere Rovelli, si sta dedicando anima e corpo a superare questo dissidio. Immagino che conducano esistenze monastiche. Esistono diverse soluzioni possibili, cosa che genera dibattito. L'autore sostiene la teoria della gravità quantistica a loop.
Premesse:
- Lo spazio fisico è qualcosa di dinamico;
- Ogni campo è fatto di quanti (ha una struttura fine granulare).
Conseguenza:
- Lo spazio fisico è fatto di quanti.
Questi sono i capisaldi:
- I quanti sono chiamati "atomi di spazio";
- Gli atomi di spazio sono "un miliardo di miliardi di volte più piccoli del più piccolo dei nuclei atomici";
- Gli atomi di spazio non sono da nessuna parte: essi sono lo spazio;
- La teoria descrive l'evolversi degli atomi di spazio in forma di equazioni matematiche;
- Gli atomi di spazio interagiscono tra loro formando strutture chiamate "loop", ossia "anelli" (o meglio "circuiti")
- Nelle equazioni che descrivono gli atomi di spazio non è contenuta la variabile "tempo".
La scomparsa del tempo newtoniano, non deve portare a concludere che tutto sia immobile e che il cambiamento non esista, ci avverte Rovelli in modo esplicito. Significa che il cambiamento è onnipresente, ma non descrivibile come una dimensione indipendente, una linea lungo la quale avvengono gli eventi. Purtroppo la gente non lo capisce e dice così: "Rovelli, quello che il tempo non esiste". Lascio al lettore la trattazione del concetto di "stella di Planck" (immaginate se il sole collassasse fino a raggiungere le dimensioni di un atomo). Viene quindi ripreso il tema del Big Bang: cosa c'era prima? Ecco, la gravità quantistica a loop permette di abbozzare una soluzione. L'Inizio può essere stato causato dal rimbalzo di un altro Universo in contrazione, attraverso una fase intermedia "senza spazio e senza tempo".
Lezione sesta:
La probabilità, il tempo
e il calore dei buchi neri
La probabilità, il tempo
e il calore dei buchi neri
Si parla del calore, della natura del tempo, per finire coi buchi neri e il loro ruolo nell'Universo. Rovelli descrive i misteri del calore. Fino a metà del XIX secolo, il mondo accademico era convinto che esistesse un fluido chiamato "calorico", oppure due fluidi diversi, uno caldo e uno freddo. James C. Maxwell e Ludwig Boltzmann fecero tramontare queste idee arcaiche, riuscendo a spiegare il fenomeno del calore come uno stato di agitazione degli atomi. Gli atomi vibrano, si agitano, si urtano, etc. A questo punto si pone una domanda cruciale. Perché il calore va dalle cose calde alle cose fredde? Perché non si verifica il contrario? Boltzmann trovò una risposta controintuitiva quanto geniale. Non esiste una legge fisica assoluta che impedisce a un corpo caldo di riscaldarsi quando è messo a contatto con un corpo meno caldo: è soltanto estremamente improbabile che ciò accada. Gli atomi di un corpo caldo hanno maggior energia, che possono trasmettere agli atomi di un corpo freddo nel corso dell'interazione, ad esempio urtandoli. Gli atomi di un corpo caldo si muovono di più, è improbabile che vibrino ancora di più a contatto con atomi più quieti.
Rovelli enuncia alcune verità profonde e importantissime:
1) La probabilità connessa al calore, descritta da Boltzmann, è connessa alla nostra ignoranza. Facendo osservazioni sullo stato degli oggetti fisici, sappiamo qualcosa ma non tutto, così abbiamo solo una possibilità: fare previsioni probabilistiche.
2) Esiste uno stretto legame tra il calore e il tempo. Possiamo distinguere il presente dal passato e dal futuro soltanto quando viene scambiato calore.
In assenza di attrito, un pendolo oscillerebbe in eterno. Non si fermerebbe mai. Tuttavia, esistendo l'attrito, che è calore disperso, il pendolo scalda i suoi supporti, perde energia e rallenta fino a fermarsi. Siamo quindi in grado di distinguere passato, presente e futuro. Se filmiamo il pendolo che si smorza e poi proiettiamo il filmato al contrario, otteniamo sequenze che non hanno senso fisico: nessun pendolo parte da fermo e si mette a muoversi in modo spontaneo. Rovelli, che è sempre molto pudico e timido, si è astenuto dal fare esempi ancora più eloquenti. Se un uomo defeca e si riprende la scena, quando si proietta il filmato al contrario si vedono gli escrementi animarsi e salire fino all'ano di chi li ha deposti! Una situazione antifisica. Nell'Universo, si noterà, tutto scambia calore. Un fisico formato su esercizi che presuppongono condizioni ideali (es. il moto rettilineo uniforme, senza attrito, di gravi puntiformi, etc.), farà fatica a rendersi conto del fatto che, nel mondo reale, non ci sono poi molte situazioni in cui il presente è indistinguibile dal passato e dal futuro.
Rovelli introduce quindi i buchi neri, che sono sempre "caldi", come Stephen Hawking ha dimostrato servendosi della meccanica quantistica. I buchi neri costituiscono un indizio di campi gravitazionali caldi. Lo studio di questo fenomeno, che collega tra loro meccanica statistica, relatività generale e scienza del calore, è il punto di partenza per comprendere in modo profondo la natura del tempo. Una specie di Stele di Rosetta.
In chiusura: Noi
Si parla del nostro posto nell'edificio della fisica moderna. Il concetto portante è questo: tutto ciò che vediamo (e che non vediamo) condivide la stessa natura. Forse l'autore vorrebbe trasmettere un senso di ottimismo e di speranza, tipicamente hippy, ma ciò che vi scorgo a me suona così: non c'è una vera differenza tra un essere umano e una squallida tarma alimentare. Tutt'altro che incoraggiante.
Ci sono lettori che si sono stupiti di questa settima lezione, ritenendola impregnata di misticismo panteista spinoziano. Sono andato oltre. A me ha stupito constatare che Rovelli, in questo ultimo capitolo, all'improvviso si è messo a fare propaganda anticatara e antimanichea. Ha intonato il Cantico dell'Uno-Tutto. Perché? Se le idee catare e manichee sono morte e sepolte, per quale motivo parlarne ancora per cercare di confutarle? Perché la comunità scientifica continua a scomodarsi per affermare e ribadire a ogni piè sospinto che il nostro essere ha in fin dei conti la stessa sostanza della merda?
Il dogmatismo materialista impone di negare l'esistenza di una qualsiasi natura acosmica della coscienza. Resta però il fatto che la coscienza è un fenomeno tutt'altro che spiegato. A questo si aggiunge ora una specie di dogmatismo panteista. Tutto ciò senza avere alcun vero dato a disposizione per poter ragionare in modo attendibile - perché si esce dal dominio misurabile dell'indagine scientifica per entrare in quello della metafisica. In ogni caso non si può impedire al lettore intelligente di trarre alcune deduzioni che certo sarebbero piaciute al Caporale di Braunau e al Biondo Dio della Morte: se l'essere umano ha la stessa dignità ontologica dei cagnotti e delle feci, allora è possibile porre fine alla superstizione cristiana della "sacralità della vita".
Il concetto di bellezza è soggettivo
Nella comunità scientifica esiste un'idea totalitaria e molto invasiva, che ha la pretesa di definire standard universali di bellezza. Se uno si discosta dalla tirannia di questi standard, viene considerato un reietto. La conclusione implicita e fallace di un simile atteggiamento è questa: se uno non apprezza ciò che la comunità scientifica considera "bellezza" e "armonia", ne consegue che non può nemmeno essere definito intelligente. Insorgo contro tutto ciò. Nessuno può impormi un apprendistato per apprezzare ciò che non amo o che mi lascia indifferente, o ritenermi un idiota per via dei miei gusti. Solo per fare un esempio, ciò che apprezzo in Mozart sono le sue inclinazioni perverse, come la coprofagia. Non il Requiem, bensì Leck mich im Arsch, inteso in senso letterale: "Leccami nel culo". Invece ascolto volentieri gruppi come gli Anal Blasphemy e i Behemoth. Inoltre sono un Bastian Contrario e un ribelle. Cercare di obbligarmi a fare qualcosa è il modo migliore per farmela detestare.
Altre recensioni e reazioni nel Web
Si trovano alcune brevi opinioni sparse sul sito Ibs.it. Ne riporto alcune:
Valy ha scritto:
"Carino. se come me ne sapete poco di fisica e vi piacerebbe capire qualcosa in più senza annoiarvi, questo libro può dar al caso vostro. L'autore è piuttosto bravo a semplificare le spiegazioni sebbene rimanga un mondo complesso."
Silvia ha scritto:
"Libricino semplice con spiegazioni fluenti. Purtroppo ormai un po' datato dato che alcune informazioni le si studiano di norma nei banchi di scuola."
Queste cose si studiano con scarso profitto, a quanto vedo, dato che la scuola è soprattutto una schifosa fabbrica di bulli, maranza e simili energumeni riscimmiati! Si suggerisce di introdurre nel sistema educativo alcuni strumenti innovativi: la culla di Giuda, il solletico spagnolo e il piffero del baccanaro.
MB ha scritto:
"Banale e inutile. In giro ci sono libri molto migliori"
Un'opinione che non condivido, ma che trovo estremamente coraggiosa, quasi eroica!
M. ha scritto:
"Incredibile come questo libro possa appassionare alla fisica anche chi come me l'ha sempre odiata. Uno sguardo interessante per indurre curiosità, perfettamente riuscito."
Su Anobii.com si trovano recensioni decisamente più interessanti. Non mancano tuttavia le stroncature feroci. Riporto un paio di reazioni tutto sommato eulogistiche.
sigurd ha scritto:
Uno dei versi più belli di sempre si trova nelle "Contemplazioni" di Hugo e dice: "L'hydre Univers tordant son corps écaillé d'astres". Più tardi, Chesterton dirà, in "Seconda Infanzia", che la notte è un mostro fatto d'occhi.
L'idra è un mostro mitologico fatto di tante teste. più queste vengono tagliate, più ricrescono in una sorta di caos senza limiti della creazione. Così Hugo ha questa intuizione geniale: l'Universo è un'Idra. Un mostro che contorce il suo corpo squamoso, le cui squame sono scintillanti come stelle, che più viene mutilato più si espande. Terribile e sublime allo stesso tempo.
In qualche modo, sintetizza poeticamente la teoria della relatività di Einstein, le forze gravitazionali dell'universo hanno un corpo che si contorce, che crea buchi neri, che attira spaventosamente a sè: lo spazio.
Procyon Lotor ha scritito:
[...] Non capisco se è un caso o se all'Adelphi hanno un curioso senso dell'umorismo: quello di far uscire un libro nella corrente del migliore umanesimo degli ultimi tre millenni al numero "666" della collana "piccola biblioteca".
Non c'è nulla di satanico qui, bontà casomai e luciferina è l'ignoranza applicata.