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domenica 22 novembre 2020

 
ARRIVAL 
 
Titolo originale: Arrival
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2016
Durata: 116 min
Genere: Fantascienza, drammatico
Regia: Denis Villeneuve
Soggetto: Ted Chiang (libro)
Sceneggiatura: Eric Heisserer
Produttore: Dan Levine, Shawn Levy, David Linde,
      Karen Lunder, Aaron Ryder
Produttore esecutivo: Glen Basner, Dan Cohen,
      Eric Heisserer, Tory Metzger, Milan Popelka, Stan
      Wlodkowski
Casa di produzione: Lava Bear Films, 21 Laps
     Entertainment, FilmNation Entertainment
Distribuzione in italiano: Warner Bros.
Fotografia: Bradford Young
Montaggio: Joe Walker
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Scenografia: Patrice Vermette
Interpreti e personaggi:
    Amy Adams: Louise Banks
    Jeremy Renner: Ian Donnelly
    Forest Whitaker: colonnello Weber
    Michael Stuhlbarg: agente David Halpern
    Tzi Ma: generale Shang
    Mark O'Brien: capitano Marks
    Frank Schorpion: Dr. Kettler
Doppiatori italiani:
    Ilaria Latini: Louise Banks
    Roberto Gammino: Ian Donnelly
    Massimo Corvo: colonnello Weber
    Massimo De Ambrosis: agente David Halpern
    Haruhiko Yamanouchi: generale Shang
    Davide Perino: capitano Marks
    Sergio Lucchetti: Dr. Kettler 
Budget: 47 milioni di dollari US 
Box office: 203,4 milioni di dollari US 

Trama: 
La linguista Louise Bank racconta la tediosa storia della figlia, morta a dodici anni per una forma di leucemia incurabile. Mentre sta tenendo una lezione all'università, accade un fatto epocale: dodici astronavi aliene compaiono all'improvviso, librandosi su vari punti della Terra. Sembrano immensi sigari di metallo. Date le sue competenze, la studiosa viene invitata dai militari statunitensi a far parte di una squadra speciale il cui scopo è quello di cercare un modo per comunicare con gli sconosciuti esseri giunti dallo Spazio Esterno. È un'occasione estemporanea che non si ripeterà: Louise lo sa bene e decide di coglierla al volo. Da quel momento passa il suo tempo a cercare di comunicare con gli alieni, che si rivelano essere enormi polpi scorreggianti! Sono chiamati "Eptapodi" (Heptapods in inglese) perché hanno sette tentacoli. Durante l'opera di apprendimento di una forma di scrittura geroglifica che gli alieni disegnano nell'aria per mezzo delle flatulenze, la studiosa si rende conto di avere delle angoscianti visioni del proprio futuro. Infatti l'apprendimento della lingua scritta degli Eptapodi, la comprensione della sua intima natura, si rivela in grado di indurre una percezione non lineare del tempo. I nodi giungono al pettine: il suo uomo la lascia quando si rende conto che lei ha deciso di dare alla luce una bambina pur essendo consapevole di votarla a un atroce destino di malattia. Quando lui capisce che nella sua compagna l'impulso a dare la vita è talmente forte da vincere ogni considerazione razionale, ne ha un orrore insondabile. Non è difficile immaginare il seguito della sua vita: orribilmente disilluso, decide di rompere ogni rapporto col gentil sesso, andando alla ricerca di uomini irsuti con cui darsi a pratiche sodomitiche.  
 

Recensione: 
Questo film è stato tratto dal racconto di Ted Chiang Storia della tua vita (Story of Your Life), facente parte dell'antologia Storie della tua vita (Stories of Your Life and Others) e pubblicato per la prima volta nel 1998. Il libro in questione mi era stato vivamente raccomandato dall'amico Andrea "Jarok" Vaccaro, che me lo aveva anche prestato. Lo avevo letto, anche se ero talmente pieno di whisky che ben poco di Storia della tua vita è rimasto fissato nei miei banchi di memoria stagnante. Ricordo però che avevo trovato abbastanza originali e interessanti le mirabolanti teorie su una lingua aliena esposte in quel racconto. Bizzarramente, mi è invece rimasto impresso un altro racconto che mi parve orribile, quello dell'uomo che amava Dio a tal punto da non mutare i propri sentimenti nemmeno quando si ritrova condannato all'Inferno per l'eternità - e per giunta senza alcun motivo logico. Ho poi qualche vaga reminiscenza di uno scritto grottesco in cui alcuni studenti si masturbavano fino allo sfinimento, raccogliendo un bacile pieno zeppo di spermatozzi e riuscendo a usare quel liquame per plasmare un homunculus. In ogni caso dissi ad Andrea che l'antologia di Chiang mi era piaciuta, più per cortesia che per altro. Qualche anno dopo, ritrovarmi alle prese con Arrival mi ha provocato un rigurgito acido. Tra tutti i registi, Villeneuve era proprio il meno adatto per cimentarsi in un'impresa del genere. Quello che non riesco a capire è perché sia così adorato dalla critica, che mostra addirittura scomposte reazioni di fanatismo quando non si accettano le sue opinioni dittatoriali. Sarò forse il solo nel Web a combattere contro questa funesta idolatria villeneuviana! 
 
 

Polpi che scorreggiano con le estremità! 

Gli alieni mostrati da Villeneuve sono incredibilmente grotteschi. Appena abbozzati e realizzati in maniera quasi artigianale, i molluschi tentacolati sono poco più che sagome immerse in una densa nebbia, studiata ad arte per celare al pubblico le loro fattezze. La forma di comunicazione da loro usata ha dell'incredibile. Producono cospicui peti dalla punta dei loro tentacoli, emettendo una specie di denso gas nero che va aggregandosi fino a disegnare forme complesse. Geroglifici flatulenti! Mentre nel racconto di Chiang, Storia della tua vita, si dava una dettagliata spiegazione logica dei princìpi fondanti della scrittura degli Eptapodi e del confronto con la loro lingua parlata, nel film si trova soltanto qualche traccia rudimentale di tutto questo. Il regista si limita a giocare su un equivoco comunicativo (la storia della scrittura aliena come "arma", fraintesa dai militari ottusi e ritenuta una dichiarazione di guerra da parte degli extraterrestri). Mostra poi gli ideogrammi che si formano nell'aria e una serie di fotografie, ma non ricordo nemmeno un abbozzo di indicazione sul rapporto tra il valore semantico dei segni e la loro forma. Diciamo che un trattatello di fantalinguistica, certamente originale e con notevoli possibilità di sviluppo, è stato banalizzato in modo irrimediabile. 
 
 
Una scrittura semasiografica 
 
Riporto in questa sede quanto viene detto nella pellicola villeneuviana sul peculiare sistema di scrittura usato dagli Eptapodi, trascritto verbatim ab origine
 
«Come comunicano? Qui Louise ci sta facendo vergognare. La prima svolta è stata scoprire che non c'è correlazione tra quello che un eptapodo dice e quello che un eptapodo scrive. A differenza di tutte le lingue umane scritte, la loro scrittura è semasiografica: veicola un significato, non rappresenta un suono. Forse per loro la nostra forma di scrittura è un'occasione sprecata, perché tarata a un secondo canale di comunicazione. Dobbiamo ringraziare gli amici pakistani per lo studio su come scrivono gli Eptapodi. A differenza del linguaggio, un logogramma è svincolato dal tempo. Come la loro astronave e i loro corpi, la loro lingua scritta non ha una direzione in avanti o indietro. I linguisti la chiamano "ortografia non lineare", il che solleva il quesito: "È così che pensano?" Immaginate di voler scrivere una frase usando due mani a partire da entrambi i lati. Dovreste già sapere ogni parola che vorreste usare, oltre a quanto spazio andrebbe ad occupare. Un eptapodo sa scrivere una frase complessa in due secondi, senza sforzo. Noi ci abbiamo messo un mese per una semplice risposta. Prossimo passo: ampliare il vocabolario. Secondo Louise potremmo metterci un altro mese per essere pronti.»
 
Vengono mostrati in rapida sequenza i segni che esprimono i seguenti concetti, nell'ordine: 
 
mother
planet
life
man
star
heptapod
child
woman
earth
human
walk
time
death
system
technology
solar system
home
number
write 
 
I semagrammi fotografati e riprodotti tramite computer sembrano il risultato delle eiaculazioni del Seme Nero del Caprone Primigenio. Le figure sono troppo sfuggenti per impressionarsi sulla retina dello spettatore, ma anche fermando l'immagine non si ottiene alcuna informazione utile. Non c'è la possibilità di analizzare queste forme, di scomporle in unità significative comprensibili e maneggevoli, anche se in alcuni fotogrammi si notano intricate serie di linee tracciate allo scopo di dare un ordine razionale a ciò che sembra figlio del Caos.

Nella biblioteca realizzata dalla studiosa e dalla sua équipe, visualizzata sullo schermo di un computer, sono visualizzate le seguenti parole in inglese, senza però che sia mostrato il corrispondente geroglifico degli Eptapodi:

see
find
understand
think
query
ask
truth
land
perch
ground
hold
choose
pick
take
accept
search 
 
Si evidenziano subito alcune difficoltà concettuali. Come può il linguaggio eptapodico scritto essere davvero universale? Come può accomunare tutti gli esseri senzienti, indipendentemente dalle peculiarità della loro biologia e del loro ambiente? Faccio pochi esempi per esporre le mie perplessità. Immaginiamo una civiltà aliena di esseri simili a balene che vivono in un oceano planetario. Che significato avrebbero per loro segni per esprimere cometti come "terra", "terreno", "suolo", "aria"? Come hanno fatto gli Eptapodi ad elaborare segni per concetti come "madre", "donna", "bambino"? Un gigantesco polpo senziente potrebbe avere una biologia riproduttiva del tutto diversa da quella di un mammifero. Per fissare le idee, le cose potrebbero andare in questo modo: 
1) la femmina depone le uova in una vasca;
2) il maschio al ritorno dal lavoro scarica lo sperma sulle uova e le fertilizza; 
3) se il maschio manca all'appuntamento e rincasa il giorno dopo, la femmina cucina le uova in insalata e se le mangia. 
Adesso ditemi che senso avrebbe per una simile specie parlare di "madre", o anche soltanto comprendere il significato dell'idea di "madre" per un popolo umano. 
 
 
Scrittura eptapodica e natura del tempo 
 
Non si capisce come i segni possono essere indipendenti dallo scorrere del tempo, se devono rendere possibile la trascrizione di qualsiasi concetto. Come si potrebbe scrivere in semagrammi eptapodici atemporali un trattato sulla storia della Germania? Non si potrebbe nemmeno specificare che Hitler è venuto dopo Rindfleisch, o che la banda Baader-Meinhof è venuta dopo Hitler? Se non si può trovare il modo di esprimere la relazione d'ordine che definisce l'esistenza dei viventi nella freccia temporale termodinamica, allora tutto è vano: non è nemmeno possibile utilizzare concetti implicanti la nozione di irreversibilità, come "nascita", "morte", etc. Tutto ciò accade perché Villeneuve non ha ben compreso i contenuti dell'opera di Chiang, come spiegato nel seguito.  

Ideogrammi e semagrammi 
 
Le scritture ideografiche a noi più familiari sono due: quella degli antichi Egizi e quella cinese. Il problema è che non si tratta di vere e proprie scritture ideografiche. I segni non esprimono idee. La scrittura geroglifica egiziana è un complesso sistema di rebus fonetici: un gran numero di segni rappresenta una o più consonanti e vengono utilizzati per trascrivere parole che contengono gli stessi suoni, indipendentemente dal significato; molti altri segni sono determinanti che non corrispondono ad alcun suono e servono soltanto a specificare il contesto semantico delle parole, evitando ambiguità ed errori. La scrittura cinese è fondata sulla trascrizione di sillabe, unità semantiche minime della lingua, a cui corrispondono diversi significati a seconda del contesto e dell'intonazione. Queste sillabe vengono poi utilizzate per il loro valore fonetico, indipendentemente dal significato, anche per trascrivere nomi e parole provenienti da altre lingue. Così ad esempio Marx in cinese viene adattato come 马克思 (trascrizione: MǍ-KÈ-SĪ), il cui significato letterale sarebbe qualcosa come "cavallo-vincere-pensare". Altre scritture comunemente etichettate come ideografiche, come quella dei Maya, hanno anch'esse natura fonetica. I complessi geroglifici Maya si sono rivelati composti da segni che rappresentano il valore fonetico delle sillabe e non il significato. Non c'è nulla di realmente ideografico. Come conseguenza di tutto questo, non si può scrivere in geroglifici egiziani senza conoscere la lingua degli antichi Egizi, né si può scrivere in ideogrammi cinesi senza conoscere la lingua cinese su cui si fondano, etc.
 
Glottopoiesi villeneuviana e altre futilità 
 
A quanto ho letto nel vasto Web, Villeneuve si sarebbe impegnato assieme allo sceneggiatore Eric Heisserer nella creazione di un vero e proprio vocabolario di semagrammi eptapodici, circa un centinaio in tutto. Solo alcune decine di questi segni sono visibili nel film, seppur per pochi istanti. Come già accennato, non viene data alcuna vera spiegazione delle unità significative che li formano, né viene fatto cenno della logica con cui queste sono state aggregate. Se quanto riportato fosse vero, saremmo di fronte all'ennesimo spreco del grande e munifico Re Adim, che col suo tocco magico trasforma in merda ogni cosa toccata, anche l'oro! Santo Cielo, mi dico, a cosa può servire fare un complesso "lavoro glottoteta" su un centinaio di semagrammi se poi tutto ciò viene messo in un cassetto e dimenticato? Comunque sia, nessuno può provare, al di là dei gossip mediatici, che i semagrammi mostrati non siano altro che chiazze d'inchiostro generate casualmente, come quelle usate nel test di Rorschach. Mi immagino la reazione dei fan se un giorno si dovesse scoprire che l'artista in realtà era uno scimpanzé che si è divertito a pasticciare!
 
La critica e le sue idiozie  

Secondo la maggior parte dei commentatori nel Web, il film villeneuviano avrebbe come idea centrale la stronzata suprema della "mistica della diversità", tanto cara ai radical shit e ai fautori del politically correct. Mentre i migliori capolavori della Fantascienza sono fondati sull'idea di uno scontro tra civiltà, qui viene affermato un isterico appello alla cosiddetta "inclusività", volta ad abbracciare anche i molluschi all'interno del campo smisurato dell'empatia umana. Ecco l'ossessione che ne nasce: l'idea di trovare un'utopica lingua universale che possa accomunare tutti gli esseri senzienti dell'Universo. Questa lingua comune, "inclusiva", non può essere una lingua parlata. Le lingue parlate si fondano su modi di vedere l'esistenza che sono diversissimi tra loro e spesso incompatibili. Una lingua scritta che si fondi sui princìpi della logica e della matematica, che sono oggettivi, dovrebbe invece poter essere appresa e utilizzata da tutti, indipendentemete dalla lingua parlata. È ancora l'idea della matematica come linguaggio cabalistico di Dio, sulle cui lettere sarebbe fondata la struttura stessa della sua Creazione. Eppure, stando al racconto di Chiang, emerge che una simile interpretazione è completamente errata, come posso dimostrare con argomenti solidissimi. Si tratta dell'ennesimo abuso villeneuviano.  
 

Storie della tua vita: una rilettura dopo anni 

Per poter fare un confronto più efficace col film di Villeneuve, ho recuperato l'antologia di Chiang e ho riletto il racconto Storia della tua vita. Ho subito notato non poche differenze significative. 
1) La figlia di Louise Banks nel film muore a dodici anni a causa della leucemia. Nel racconto la figlia di Louise Banks muore a venticinque anni a causa di una caduta durante la scalata di una montagna.
2) Nel racconto gli Eptapodi non sono molto simili a polpi, avendo un corpo dalla forma di un barile con sette occhi disposti in modo radiale. Hanno due orifizi: quello superiore che serve loro per respirare e per parlare, mentre quello inferiore, dotato di denti, serve loro per mangiare e per defecare. Una vera e propria bocca-ano! Inoltre gli arti sono rigidi e non hanno l'aspetto di tentacoli.
3) Nel racconto la comunicazione tra gli studiosi e gli Eptapodi avviene tramite meccanismi simili a specchi che sono stati lasciati dalle astronavi in diversi punti della Terra. Nessuno sale mai su un veicolo alieno. Villeneuve ha stravolto tutto, per rendere le sequenze più sensazionali, portando la squadra scientifica all'interno di un'astronave. Si è anche inventato di sana pianta la trovata del passeraceo chiuso in una gabbia per saggiare la respirabilità dell'aria.  
4) Nel racconto gli Eptapodi non scrivono scorreggiando con le estremità: infilano un arto nel piedistallo di un congegno simile a uno schermo, facendo comparire i semagrammi. 
5) La lingua parlata, l'eptapode A, nel film è ritenuta del tutto priva di interesse e non ne viene fornita alcuna descrizione, mentre nel racconto viene studiata in modo approfondito e con un certo successo. Viene menzionato l'uso di suffissi per marcare il soggetto e l'oggetto di un'azione, nonché l'uso di prefissi per modificare il significato delle radici verbali.
6) Non sta scritto da nessuna parte nel racconto che i semagrammi eptapodici siano stati donati al genere umano come un sistema di scrittura universale. Non si fa nessun riferimento alla cosiddetta "arma" e agli equivoci scaturiti da un'errata interpretazione. Il motivo della venuta degli alieni rimane inspiegato, avvolto nel più fitto mistero.  
7) Nel racconto si descrive in dettaglio la fisica degli Eptapodi, che si fonda su concetti quasi agli antipodi di quelli della fisica del genere umano. Le grandezze che noi esprimiamo come integrali sono considerate fondamentali dagli Eptapodi, che basano tutta la teoria sul concetto inanalizzabile di "azione" anziché sul nesso causa-effetto a noi familiare. Le grandezze che per noi sono fondamentali sono invece considerate derivate dagli Eptapodi. Villeneuve non parla di tutto ciò. 

Un corollario che fa capolino nel racconto di Chiang è la negazione della grammatica generativa di Noam Chomsky. Purtroppo ci è difficile trattare in questa sede tutte queste affascinanti tematiche, così rimandiamo a successivi approfondimenti. 

L'origine della baggianata dei polpi alieni 

Periodicamente viene rilanciata dai media la notizia dell'origine aliena dei polpi (ordine Octopoda, genere Octopus), che sarebbero giunti sulla Terra congelati in una cometa, schiantatasi nell'oceano in epoca remotissima. In fondo i polpi sono abbastanza strani: hanno tre cuori, hanno il sangue blu a causa dell'enocianina (una proteina basata sul rame, che ha le stesse funzioni della nostra emoglobina), emettono inchiostro, sono intelligentissimi, etc. Anche se i molluschi del racconto di Chiang e del film di Villeneuve hanno 7  tentacoli, mentre i polpi ne hanno 8, si comprende bene che questa persistente fake news ha il suo fondamento proprio in Arrival. Le prime testimonianze della stronzata dei polpi venuti dallo spazio esterno risalgono al 2017, l'anno successivo all'uscita della pellicola di cui stiamo trattando. La falsa notizia si è diffusa in modo pervasivo nel 2018, anno in cui hanno cominciato a circolare anche le prime smentite da parte della comunità scientifica. Nel Web questa storiella memetica è stata fin dall'inizio ridicolizzata da moltissimi navigatori. La reazione più comune all'idea dei polpi originari di un altro pianeta era un commento lapidario, ripetuto infinite volte come per istinto: "Si mangiano con le patate!"  

giovedì 5 novembre 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI SHUB-NIGGURATH

Shub-Niggurath è una divinità aliena il cui epiteto principale è Capro Nero dei Boschi dai Mille Cuccioli (nell'originale: The Black Goat of the Woods with a Thousand Young). L'unica altra denominazione nota nell'opera di Lovecraft è Signore dei Boschi (nell'originale: Lord of the Woods). Eppure, nonostante la denominazione sia chiaramente maschile, nel romanzo breve Il tumulo (The Mound, scritto nel 1929-30) questo essere è descritto in modo esplicito come una Dea e paragonato ad Astarte. Questa entità viene menzionata per la prima volta nel racconto L'ultimo esperimento (The Last Test), scritto nel 1927 e pubblicato per la prima volta l'anno successivo. Nel racconto L'orrore di Dunwich (The Dunwich Horror), scritto nel 1928 e pubblicato nel 1929, compare un'esclamazione tratta dal Necronomicon: "Iä! Shub-Niggurath!" La stessa esclamazione compare in altre opere dell'Autore, a partire dal racconto Colui che sussurrava nelle tenebre (The Whisperer in Darkness, 1930). Caso niente affatto unico, il teonimo è stato ripreso da altri autori, come August Derleth, Robert Bloch e Ramsey Campbell.
 
Navigando nell'Oceano della Rete mi sono imbattuto in qualcosa che ha dell'incredibile. Un utente è rimasto traumatizzato dal nome di Shub-Niggurath, travolto dal furore ideologico politically correct che imperversa negli States - essendo creduto un derivato di nigger "negro". Un vocabolo maledetto, su cui grava una terribile interdizione. Il suo suono è tabù. Persino la mera successione dei fonemi /n/ /g/ /r/ in qualsiasi parola di quasiasi lingua dell'Universo è tabù. Fa impazzire, provoca crisi isteriche. Alcuni dementi fottuti hanno addirittura lanciato una petizione per cercare di far cancellare il vocabolo negro "nero" dalla lingua spagnola, perché ritenuto offensivo, anche se è la semplice traduzione dell'inglese black! Ecco il futile testo sul Capro Nero, pubblicato dall'utente Deranged Cultist su Reddit:  


Hello all. Not sure if this topic has been brought up before, but I had this conversation with some friends and wanted some more input.

Shub-Niggurath. The Black Goat of the Wood with a Thousand Young. It's an unfortunate name. And it comes off as kind of racist. Any time I play a game of Eldritch/Arkham Horror with a new player and Shub comes up I always get some looks. And the fact that it's the the Black goat of the wood doesn't help matters.

I argued that the name isn't intended to be racist. If you look at other gods such as Azathoth, Yog-Sothoth, Cthulhu, etc. there is nothing racist or implied by those names. In fact no race created by Lovecraft seems to have a racist inspired name. Deep Ones, Elder Things, Mi-go, Yith, Shoggoth, nothing there. Some of the mystical places he's created; Ulthar, Kadath, Innsmouth (maybe not mystical, but still an original creation), Ib, Sarnath, nothing racist there. Even though Lovecraft is an unabashed racist, besides a couple of cats (one named after his own cat) his racism never really crossed into his naming convention. Which is why I argued that Shub-Niggurath is just an unfortunate made up name.

My friend argued "where there's smoke there's fire" 
 
Pazientemente traduco, trattenendo lo sdegno pur di giovare alla pubblica edificazione: 

Cia a tutti. Non sono sicuro se questo argomento è stato presentato prima, ma ho avuto questa conversazione con alcuni amici e vorrei qualche spunto in più.

Shub-Niggurath. Il Capro Nero dei Boschi con Mille Cuccioli. È un nome sfortunato. E viene fuori come una specie di razzismo. Ogni volta che gioco a Eldritch/Arkham Horror con un nuovo giocatore e compare Shub, ricevo sempre degli sguardi. E il fatto che sia il Capro Nero del Bosco non aiuta le cose.

Ho sostenuto che il nome non vuole essere razzista. Se guardi altri dei come Azathoth, Yog-Sothoth, Cthulhu, ecc., non c'è nulla di razzista o implicito in quei nomi. In effetti nessuna razza creata da Lovecraft sembra avere un nome di ispirazione razzista. Deep Ones, Elder Things, Mi-go, Yith, Shoggoth, niente lì. Alcuni dei luoghi mistici che ha creato; Ulthar, Kadath, Innsmouth (forse non mistico, ma pur sempre una creazione originale), Ib, Sarnath, niente di razzista lì. Anche se Lovecraft è un razzista sfacciato, a parte un paio di gatti (uno dei quali prende il nome dal suo gatto) il suo razzismo non è mai entrato nella sua convenzione di denominazione. Ecco perché ho sostenuto che Shub-Niggurath è solo uno sfortunato nome inventato.

Il mio amico ha affermato che "dove c'è fumo c'è fuoco"

Etimologia interna 

In alcuni glossari della lingua R'lyehian trovati nel Web è riportata una voce spuria, erroneamente ricavata proprio dal nome di Shub-Niggurath: NIGGUR "nero". Questa è stata fabbricata servendosi di due premesse:
1) La solita invereconda ossessione per il razzismo lovecraftiano;
2) La convinzione che, siccome in inglese di solito l'aggettivo preceda il sostantivo a cui si riferisce, debba essere lo stesso in tutte le lingue dell'Universo, senza possibili eccezioni. 
In realtà è NIGGUR "corno; animale cornuto", ossia "capro", mentre il suffissoide -ATH significa "nero". Notiamo che esiste il verbo ATHG "siglare un patto", che doveva in origine significare "siglare con inchiostro nero". Questo suffissoide -ATH "nero" non è da confondersi col ben noto suffisso -OTH  "nativo di, abitante".
La prima parte del teonimo, ossia SHUB, significa "fertilità; luogo fertile" e deriva dalla radice primordiale UB "fertile". Un prefisso SH- si trova anche in altri casi e forma sostantivi. Anzi, quasi tutte le parole inizianti con SH- sembrano derivate in modo simile. L'unica eccezione è un verbo. Abbiamo così SHAGG "Regno dei Sogni" (locativo SHAAG "nel Regno dei Sogni"; forma derivata SHAGGOTH "abitante del Regno dei Sogni"), SHOGG "Regno delle Tenebre, Abisso" (forma derivata SHOGGOTH "abitante del Regno delle Tenebre"), SHUGG "Regno della Terra" (forma derivata SHUGGOTH "essere umano"). Le radici primordiali corrispondenti sono rispettivamente AAG "essenza senza corpo", OGG "consapevolezza", UGG "essenza terrena". Non ho finora trovato attestazioni indipendenti di queste radici, che andranno quindi validate con cura. 

Riporto il link a un sito in portoghese in cui è riportato molto materiale lessicale R'lyehian, anche se la lingua è chiamata impropriamente Aklo; si trovano sia il vocabolo NIGGUR con la falsa traduzione "nero" che le radici primordiali alla base di SHUB, SHAGG, SHOGG e SHUGG


Etimologie esterne e possibili ispirazioni
 
Già abbiamo stigmatizzato e irriso la vergognosa tesi di coloro che ritengono il teonimo Shub-Niggurath un derivato di nigger. In realtà esiste una spiegazione più logica, che esponiamo per sommi capi.  
 
Il teologo e critico lovecraftiano Robert M. Price è della convinzione che Shub-Niggurath sia stato ispirato dalla figura di Sheol Nugganoth che compare nell'opera di Lord Dunsany. Nel racconto breve Idle Days of the Yann, pubblicato nel 1910, si trova questa menzione: 
 
"E anch'io sentivo che avrei pregato. Eppure non mi piaceva pregare un Dio geloso là dove si invocavano umilmente i fragili dèi affettuosi che i pagani amano; così pensai invece a Sheol Nugganoth, che gli uomini della giungla hanno abbandonato da tempo, che ora è solo e disadorato; e a lui ho pregato."   
(originale: "And I too felt that I would pray. Yet I liked not to pray to a jealous God there where the frail affectionate gods whom the heathen love were being humbly invoked; so I bethought me, instead, of Sheol Nugganoth, whom the men of the jungle have long since deserted, who is now unworshipped and alone; and to him I prayed.")
 
Price ha quindi ha scritto queste parole sul teonimo Sheol Nugganoth: 
 
"Già il nome portava una zaffata di zolfo: Sheol era il nome dell'Oltretomba menzionato nella Bibbia e nell'epopea di Gilgamesh."
(originale: "The name already carried a whiff of sulfur: Sheol was the name for the Netherworld mentioned in the Bible and the Gilgamesh Epic.")  
 
Questa è la mia idea: il Solitario di Providence era affetto, proprio come me, da continue distorsioni percettive e da terribili acufeni. Accadde che sentendo nominare la divinità dunsaniana Sheol Nugganoth, intese invece Shub-Niggurath, perché questo fu il modo in cui il suo cervello decodificò il segnale difettoso inviatogli dai nervi acustici. Non dobbiamo credere che gli Anglosassoni sappiano pronunciare in modo certo nomi provenienti da lingue sconosciute. Vedendoli scritti, risalgono a pronunce ortografiche spesso indecenti. Sheol venne probabilmente pronunciato in modo indistinto come /ʃəł/, mentre Nugganoth divenne qualcosa come /'nəgənəθ/. Accadde che Lovecraft intese la laterale velarizzata /ł/ (pronunciata quasi come /w/) come se fosse /b/, mentre la nasale /n/ intervocalica gli giunse rotacizzata. Ecco così formarsi un improbabile ma suggestivo /ʃəb 'nɪgəɹəθ/. Ho avuto io stesso un'infinità di simili distorsioni percettive ascoltando le orripilanti forme di pseudoinglese usate dai relatori nei convegni scientifici!   
 
L'ermafroditismo del Capro  

Lo stesso Price riporta quanto segue: 
 
"Possiamo credere che qui Lovecraft sia stato ispirato dalla tradizionale raffigurazione cristiana del Capro di Baphomet, un'immagine di Satana che si rifà alla divinità precristiana dei boschi, Pan, quello delle corna e degli stinchi caprini. Il Capro Satanico è un artificio di molta narrativa spettrale, come quando in The Devil Rides Out di Dennis Whetley l'epifania dell'Arcidiavolo assume la forma di una testa di capra."
(originale: "We may believe that here Lovecraft was inspired by the traditional Christian depiction of the Baphomet Goat, an image of Satan harking back to the pre-Christian woodland deity Pan, he of the goatish horns and shanks. The Satanic goat is a device of much spectral fiction, as when in Dennis Wheatley's The Devil Rides Out the Archfiend's epiphany takes goat-headed form."

Gioverà ricordare una peculiarità notevole di Baphomet: la sua natura androgina. Raffigurato in varie forme, ma sopprattutto come un essere umano alato dalla testa e dagli zoccoli di capro, è dotato di evidenti caratteri femminili come il seno. Figlio di Lucifero e di Lilith, secondo l'esoterista Éliphas Lévi simboleggia l'equilibrio degli opposti: maschio e femmina, mezzo umano e mezzo animale, Bene e Male. L'adorazione di un idolo di Baphomet fu attribuita ai Cavalieri Templari dall'Inquisizione che li distrusse su istigazione del Re di Francia, Filippo IV il Bello; il misterioso nome è attestato a partire dal 1307 nei verbali del processo (Michelet, 1860). In seguito la sua figura è stata incorporata in diverse tradizioni esoteriche del XIX secolo. Proprio l'ermafroditismo di Shub-Niggurath fa pensare che Lovecraft abbia tratto ispirazione proprio dal Capro di Baphomet. I caratteri sono tanto simili che è impossibile pensare a un caso!   
 
Il Pascolo del Capro  
 
Nell'antichità è riportato da Strabone che i Vasconi compivano riti in cui erano sacrificati capri ed esseri umani. In epoca medievale persisteva nei Paesi Baschi la figura mitologica di Akerbeltz, il cui nome significa "Capro Nero" (dall'Euskara aker "capro", beltz "nero"). Il rituale di adorazione, che aveva tutte le caratteristiche del Sabba delle Streghe, era detto Akelarre (dall'Euskara aker "capro", larre "pascolo"). È stato ipotizzato dai decostruzionisti che si trattasse di un'invenzione dell'Inquisizione per avere la scusa per bruciare donne, in pieno XVII secolo. In realtà non si può non pensare a Strabone. Il termine akelarre è presente nella toponomastica (Akelarre è un campo in Biscaglia; Akelarrenlezea è una grotta in Navarra; c'è poi Akerlanda, il Campo del Capro, sempre in Biscaglia, etc.). Il Cristianesimo giunse tardi tra i Baschi, non prima del X secolo. Ancora gli Arabi li definivano majūs "adoratori pagani, stregoni", accomunandoli ai Vichinghi. La necropoli di Argiñeta nel comune di Elorrio in Biscaglia (fine IX sec.) non mostra la benché minima traccia di simboli cristiani. Ancora in epoca sorprendentemente tarda troviamo steli funerarie discoidali con simboli pre-cristiani, come la svastica basca (Lauburu, alla lettera "Quattro Teste") o il sole stilizzato, spesso senza alcuna presenza della croce. Senza dubbio Lovecraft avrebbe detto che la religione ancestrale di quel glorioso popolo era il culto di Shub-Niggurath! Mi meraviglia che tutto ciò sia sfuggito ai Cultisti!

martedì 3 novembre 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI NYARLATHOTEP

Nyarlathotep appartiene al pantheon alieno degli Dei Esterni, descritto da H. P. Lovecraft e ripreso da altri autori che ne hanno emulato e proseguito l'opera, come August Derleth. I più noti epiteti di questa demoniaca entità cosmica sono questi: Caos Strisciante, Faraone Nero. È figlio di Azathoth, posto che i termini umani indicanti la parentela abbiano il benché minimo senso per entità di questo genere. Mentre gli altri Dei Esterni sono sostanzialmente indifferenti alla vita biologica presente nel Cosmo, Nyarlathotep interagisce con essa, contribuendo attivamente a seminare la pazzia, la distruzione e la morte. Si manifesta sulla Terra nella figura di un uomo alto e magro, in grado di parlare alla perfezione qualsiasi lingua. Le sue opere sono portentose e terribili.            
 
Così ha scritto il Solitario di Providence:  

"I had never heard the name NYARLATHOTEP before, but seemed to understand the allusion. Nyarlathotep was a kind of itinerant showman or lecturer who held forth in public halls and aroused widespread fear and discussion with his exhibitions. These exhibitions consisted of two parts—first, a horrible—possibly prophetic—cinema reel; and later some extraordinary experiments with scientific and electrical apparatus. As I received the letter, I seemed to recall that Nyarlathotep was already in Providence.... I seemed to remember that persons had whispered to me in awe of his horrors, and warned me not to go near him. But Loveman's dream letter decided me.... As I left the house I saw throngs of men plodding through the night, all whispering affrightedly and bound in one direction. I fell in with them, afraid yet eager to see and hear the great, the obscure, the unutterable Nyarlathotep." 
(Lettera a Reinhardt Kleiner, 21 dicembre 1921) 

Traduzione per gli anglofobi non anglofoni: 
 
"Non avevo mai sentito prima il nome NYARLATHOTEP, ma mi sembrò di capire l'allusione. Nyarlathotep era una specie di uomo di spettacolo o di conferenziere itinerante che si esibiva nelle sale pubbliche e suscitava paura diffusa e discussione con le sue esibizioni. Questi spettacoli consistevano di due parti: la prima, un'orribile, forse profetica, bobina cinematografica; e in seguito alcuni straordinari esperimenti con apparati scientifici ed elettrici. Quando ho ricevuto la lettera, mi è sembrato di ricordare che Nyarlathotep era già a Providence... Mi è sembrato di ricordare che le persone mi avevano sussurrato in soggezione dei suoi orrori, e mi avevano avvertito di non avvicinarmi a lui. Ma la lettera del sogno di Loveman mi ha fatto decidere... Quando ho lasciato la casa ho visto una moltitudine di uomini arrancare nella notte, tutti sussurrando spaventati e legati in una direzione. Mi sono imbattuto in loro, impaurito ma desideroso di vedere e ascoltare il grande, l'oscuro, l'indicibile Nyarlathotep." 
 
La prima comparsa di Nyarlathotep nell'opera lovecraftiana si ha con l'omonimo racconto breve: Nyarlathotep, scritto nel 1920 e pubblicato per la prima volta nello stesso anno su The United Amateur. Il figlio di Azathoth compare in Egitto nella sua forma di Faraone Nero. Viaggia per il mondo mostrando al pubblico meravigliose macchine elettriche che fanno irrompere nel mondo un'epidemia di incubi atroci. Il genere umano finisce col perdere la propria definizione, sprofondando nell'Abisso e disperdendosi. Questa è la sintetica descrizione della trama su Wikipedia in italiano: "In un mondo oppresso "da un mostruoso senso di colpa" l'avvento di Nyarlathotep, oscuro profeta venuto dal passato, sparge visioni d'incubo alle quali neppure i più scettici possono rimanere indifferenti."
 
Pochi fanno riferimento alla menzione di Nyarlathotep nel racconto I ratti nei muri (The Rats in the Walls), scritto nel 1923. Nel romanzo La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath (The Dream-Quest of Unknown Kadath), scritto tra il 1926 e il 1927, Nyarlathotep compare con l'aspetto di un Faraone dell'Egitto ed è un implacabile avversario del protagonista Randolph Carter, cercando con ogni mezzo di intralciare il suo cammino. Nel racconto horror La casa delle streghe (The Dreams in the Witch House, 1932), Nyarlathotep appare a Walter Gilman e alla strega Keziah Mason nella forma dell'Uomo Nero, un avatar del Diavolo ben noto ai cacciatori di streghe. Viene scambiato per un colossale Mandingo, pur avendo tratti somatici descritti come caucasici. Nel racconto horror L'abitatore del buio (The Haunter of the Dark, 1935) Nyarlathotep assume un aspetto inconsueto, manifestandosi come un mostro tentacolato dotato di ali di pipistrello, che abita nel campanile di una chiesa di proprietà di una singolare setta, detta della "Saggezza Stellare" (Starry Wisdom). In questa forma, il Caos Strisciante è incapace di tollerare la luce del sole. Nyarlathotep compare anche in altre opere dell'Autore, anche come semplice citazione. Nel racconto horror Colui che sussurrava nelle tenebre (The Whisperer in Darkness, 1930), il nome della maligna entità cosmica ricorre in rituali di adorazione celebrati dai Funghi di Yuggoth. 
 
Secondo Fritz Leiber, che apparteneva alla Chiesa di Satana di LaVey, Nyarlathotep rappresenterebbe tre cose: 
1) Lo scherno che l'Universo oppone a ogni tentativo umano di comprenderlo;
2) Una visione negativa del mondo commerciale e dell'autopromozione su cui si fonda;
3) La razionalità autodistruttiva del genere umano, una sorta di intelligenza maligna opposta all'incoscienza di Azathoth.      

Etimologia interna 
 
Il teonimo è chiaramente formato a partire da NYARLATH, il cui significato nella lingua di R'lyeh è chiaramente ricostruibile: "Entropia". Indica il Caos Dilagante, ben diverso dal Caos Primordiale rappresentato da Azathoth. Le conseguenze ontologiche sono chiare e profonde. L'Entropia è figlia della Creazione, che a sua volta procede dal Tohu va-Bohu: così Nyarlathotep procede da Azathoth, ne è un'ineluttabile conseguenza. L'etimologia R'lyehian potrebbe riflettere queste basi filosofiche. La terminazione -OTEP si traduce con "Futuro" ed è formata a partire da OT "di" e da EP "poi, dopo". Quindi Nyarlathotep rappresenta l'Entropia che è il Futuro. La Frecchia del Tempo è l'amaro frutto della Creazione. Mi rendo conto che è un'interpretazione un po' ardita, ma in fondo non vi trovo grandi difetti. L'elemento OT "di" deve essere validato e non dispongo di una casistica sul suo uso. Certamente è difficile pensare che Lovecraft abbia fatto ragionamenti simili per costruire il nome di Nyarlathotep. Chiara è invece la connessione con l'Antico Egitto e con la sua lingua venerabile, che ora esporremo nel dettaglio. 

Etimologie esterne 

La radice verbale egiziana ḥtp /'ħa:tap/ significa "essere soddisfatto; essere quieto". Da questo verbo deriva il sostantivo ḥtp /'ħa:tip/ "pace". A causa della debolezza delle vocali atone, le due forme si sono presto confuse nella pronuncia.  I derivati di questa radice nella lingua copta sono il verbo ϩⲱⲧⲡ /ho:təp/ "essere riconciliato; essere contento" e il sostantivo ϩⲱⲧⲡ /ho:təp/ (m.) "pace, riconciliazione". La forma verbale maschile ḥtp.w /'ħatpu/ significa "egli è soddisfatto". Come sostantivo significa "pace". La sua pronuncia si è evoluta nel Medio Regno in /'ħatpə/ per diventare poi /'ħɔtpə/ nel Nuovo Regno. In copto il risultato è ϩⲟⲧⲡ /hɔtəp/, forma qualitativa del verbo ϩⲱⲧⲡ e aggettivo col significato di "calmo, soddisfatto". In greco l'adattamento di questa forma verbale egiziana /'hɔtpə/ nei nomi propri maschili è -ῶϕις (-ôphis). La consonante aspirata /ph/ (poi diventata una fricativa bilabiale /φ/) rende in qualche modo il gruppo consonantico /tp/, ma si hanno anche altri esiti. Prendiamo come esempio l'evoluzione dell'antroponimo Jmn.w-htp.w /ʼa'ma:nu 'ħatpu/ "Ammone è soddisfatto", divenuto /ʼa'ma:nə 'ħatpə/, quindi /ʼa'mo:nə 'ħɔtpə/ e /ʼamən'ħɔtpə/, trascritto in greco come 'Αμενῶϕις (Amenôphis), con le varianti 'Αμενῶϕϑις (Amenôphthis) e 'Αμενῶϑης (Amenôthēs). I nomi maschili di questo genere, che sono numerosissimi, sono resi nella pronuncia egittologica con -hetep o con -hotep. Questa seconda variante doveva essere molto popolare. Probabilmente incuriosì Lovecraft, che la utilizzò per dar vita a Nyarlathotep. Se questo fosse vero, si potrebbe pensare che il nome originale del demone cosmico fosse *NYARLATHOTH "Abitante dell'Entropia", diventato poi NYARLATHOTEP in una sorta di ibrido R'lyehian-egiziano antico. Gioverà far notare che la prima parte del nome è incompatibile con la fonologia della Lingua dei Faraoni. Secondo alcuni buontemponi, Nyarlathotep sarebbe derivato dall'alterazione di un fantomatico Near-Hotep, un insulso ibrido inglese-egiziano antico, il cui significato sarebbe qualcosa come "Vicino alla Pace", "Quasi-Pace". Ciò non ha il benché minimo senso, visto che il Faraone Nero è un portatore di marasma, non certo di pace. A quanto posso saperne con le mie pur limitate conoscenze, non è dimostrabile che Lovecraft avesse la conoscenza necessaria per comprendere il significato dell'elemento hotep
 
Con mio grande stupore, ho scoperto che ci sono stati molteplici tentativi cervellotici di interpretare Nyarlathotep come un nome puramente egizio, arrivando a *n(y)-'rrwt-ḥtp "Colui che appartiene alla porta è soddisfatto" e facendo notare che Yog-Sothoth è la Porta. Tuttavia Nyarlathotep è figlio di Azathoth, non di Yog-Sothoth. Bisognerà poi stabilire il vocalismo di questo nome ricostruito e controllare la sua correttezza grammaticale. Sono piuttosto scettico. Per chi avesse il tempo e la pazienza di leggere, riporto il link al bizzarro documento, presente sulla piattaforma Blogspot: 
 
 
La possibile origine dunsaniana 
 
Nell'opera di Lord Dunsany si trovano due teonimi dall'aspetto egiziano, che potrebbero aver fornito ispirazione a Lovecraft. Non dobbiamo dimenticare che il Solitario di Providence era un appassionato lettore dello scrittore irlandese. Nell'antologia di racconti Gli Dèi di Pegana (The Gods of Pegāna) compare un falso profeta chiamato Alhireth-Hotep. In un'altra antologia, Degli dèi di Averon (The Sorrow of Search) compare una divinità maligna chiamata Mynarthitep. Il teologo Robert M. Price ha notato queste somiglianze e pensa a una connessione diretta. Anche Will Murray e Sunand T. Joshi sono di questa idea. A parer mio, in qualche modo si sarebbe avuta questa sintesi: Mynarthitep + Alhireth-Hotep = Nyarlathotep. L'elemento Mynar- si sarebbe agglutinato con l'elemento Alhireth- dando Mynarlhath-, abbreviandosi e divenendo infine l'enigmatico Nyarlath-. Sarebbe prevalso il suffisso -Hotep, forte di assonanze egiziane, sul meno consueto suffisso -hitep, che pure ne deve essere un'alterazione. Forse all'origine di questo fenomeno sta una distorsione percettiva. Il Maestro dell'Orrore Cosmico dovette sentire qualcuno parlare di Lord Dunsany, pronunciando Nynarthitep e Alhireth-Hotep in rapida successione, in un discorso sincopato. I suoi nervi acustici gravati dal sovraccarico cognitivo devono aver trasmesso al cervello un nome contratto! In fondo lo sanno tutti: gli anglosassoni mangiano le parole!   
 
Un'inattesa fonte di ispirazione 
 
Secondo Will Murray (1991) ad ispirare la figura di Nyarlathotep è stato con ogni probabilità l'inventore Nikola Tesla, personaggio spettrale e inquietante che durante le sue conferenze utilizzava spesso misteriose apparecchiature elettriche. Nonostante non avesse la carnagione scura attribuita da Lovecraft al Caos Strisciante, le somiglianze sono in effetti notevoli! In pratica, Nyarlathotep sarebbe... un Nikola Tesla abbronzato!   

domenica 1 novembre 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI AZATHOTH

Azathoth è il più potente degli Dei Esterni. I suoi epiteti sono questi: Caos Primigenio, Caos Nucleare, Demone Sultano, Signore di Tutte le Cose, Tenebra Profonda, Dio Cieco e Idiota. Si dice che bestemmia e gorgoglia senza sosta nel centro dell'Universo. Il suo intelletto un tempo doveva essere smisurato come il suo potere, ma qualche ignoto evento perturbatore lo ha lesionato. Così l'entità abissale si è trasformata in un demente. In luogo in cui brancica è conosciuto come Corte di Azathoth. Si dice che gli altri Dei Esterni lo intrattengano danzando e suonando il flauto, con ogni probabilità per impedirne il risveglio - fatto che distruggerebbe l'intero Cosmo. Per alcuni Azathoth è il Creatore dell'Universo, per altri l'Universo stesso altro non è che un suo sogno. 
 
Il Solitario di Providence ha menzionato Azathoth per la prima volta in un suo promemoria risalente al 1919. Si tratta di una brevissima nota che riporta il teonimo con due parole di spiegazione: "AZATHOTH - hideous name" (ossia "nome orribile"). La prima menzione del Demone Sultano in un'opera compiuta di Lovecraft è nel romanzo La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath (The Dream-Quest of Unknown Kadath), scritto tra il 1926 e il 1927, e pubblicato postumo soltanto nel 1943. Questo è un estratto particolarmente significativo: 
 
"There were, in such voyages, incalculable local dangers; as well as that shocking final peril which gibbers unmentionably outside the ordered universe, where no dreams reach; that last amorphous blight of nethermost confusion which blasphemes and bubbles at the centre of all infinity—the boundless daemon-sultan Azathoth, whose name no lips dare speak aloud, and who gnaws hungrily in inconceivable, unlighted chambers beyond time amidst the muffled, maddening beating of vile drums and the thin, monotonous whine of accursed flutes; to which detestable pounding and piping dance slowly, awkwardly, and absurdly the gigantic ultimate gods, the blind, voiceless, tenebrous, mindless Other Gods whose soul and messenger is the crawling chaos Nyarlathotep."
 
Questa è la traduzione di Gianni Pilo: 
 
"In viaggi simili, c’erano dei pericoli incalcolabili, per non parlare poi dell’ultimo, sconvolgente pericolo, che sussurrava cose indicibili, una volta usciti dal normale universo, e che nessun sogno poteva raggiungere: l’ultima nebbia incorporea del Caos totale che bestemmia e gorgoglia al centro di tutto l’infinito, l’incontenibile demonio, il sultano Azathoth, il cui nome nessuna bocca osa proferire, che digrigna affamato i denti in spazi bui e inconcepibili che si trovano al di là del tempo, tra i colpi soffocati di tamburi che levano la ragione, e la monotona nenia di flauti maledetti. Al ritmo di quegli odiosi suoni lancinanti e rullanti ballano lentamente, mostruosamente e assurdamente i ciclopici Ultimi Dèi, ciechi, atoni, tenebrosi, irrazionali. Gli Altri Dei il cui messaggero è Nyarlathotep, il Caos Strisciante. " 
 
Azathoth avrebbe dovuto essere il titolo di un romanzo iniziato nel 1922 e mai compiuto: ne resta soltanto un frammento, pubblicato postumo nel 1938. Il testo originale può essere letto seguendo questo link: 
 
 
L'ultimo riferimento si ha nel racconto L'abitatore del buio (The Haunter of the Dark), scritto nel 1935 e pubblicato l'anno successivo su Weird Tales (vol. 28, n° 5, pagg. 538-553), nel dicembre del 1936 - pochi mesi prima della morte dell'Autore. Questo è un estratto particolarmente significativo: 

"He thought of the ancient legends of Ultimate Chaos, at whose centre sprawls the blind idiot god Azathoth, Lord of All Things, encircled by his flopping horde of mindless and amorphous dancers, and lulled by the thin monotonous piping of a daemoniac flute held in nameless paws."
 
Questa è la traduzione di Giuseppe Lippi (RIP): 
 
"Pensò alle antiche leggende del Caos Primigenio, al cui centro brancica goffamente, cieco e idiota, il dio Azathoth, Signore di Tutte le Cose, circondato dalla sua inetta schiera di danzatori ottusi e amorfi e cullato dal sottile, monotono lamento d'un flauto demoniaco stretto da mani mostruose."  
 
Etimologia interna 
 
Nella lingua di R'lyeh AZATH significa "Caos", o meglio "Regno del Caos". Indica il Caos Primordiale, la condizione che in ebraico è conosciuta come תֹהוּ וָבֹהוּ Tōhū wā-Bōhū. Secondo la narrazione di Genesi, prima della creazione della Luce, la Terra era desolata, vuota, non formata. Il suffisso R'lyehian -OTH è molto comune e significa "nativo di; abitante". Così AZATHOTH significa "Abitante del Regno del Caos". Un Cultista pensa ovviamente che Lovecraft abbia evocato la lingua di R'lyeh, che non l'abbia semplicemente inventata. Se l'etimologia R'lyehian del nome del Caos Primigenio non pone particolari problemi ai Cultisti, diverso è il discorso per gli scettici che ricercano nel nostro mondo le fonti di ispirazione dell'opera del Solitario di Providence. Passiamo quindi in rassegna le principali ipotesi che sono state enunciate.     
 
Etimologie esterne 
 
Queste sono le possibili fonti di ispirazione: 
 
1) Il demone Azazel 
In ebraico il misterioso nome עֲזָאזֵלʻAzāzēl è connesso al capro espiatorio. In origine indicava il luogo desolato dove era mandato a morire il capro che portava su di sé i peccati del Popolo di Israele, durante il giorno dello Yom Kippur. In seguito, sul finire del Periodo del Secondo Tempio, il nome ʻAzāzēl venne ad essere associato con l'Angelo Caduto. Da toponimo è passato ad essere il nome di un demone. Quasi inutile a dirsi, l'etimologia è sconosciuta. Come spesso accade, sono state fabbricate numerose etimologie popolari, tutte da rigettarsi (es. "la capra è consumata"; "Contro Dio"; "Più forte di Dio", etc).
Si trova anche in arabo come عزازيل ʻAzāzīl (sicuramente un prestito dall'ebraico). 
Il Solitario di Providence, secondo Robert M. Price, avrebbe preso da ʻAzāzēl la prima parte del nome di Azathoth

2) La città biblica di Anathoth
Nelle Scritture עֲנָתוֹת ‘Anāthōth è il nome di una città levitica data ai Figli di Aronne nella tribù di Beniamino (Giosuè, 21:13-18; 1 Cronache, 6:54-60). È riportato che vi nacque Geremia. Il toponimo deriva dal nome della divinità femminile cananea ‘Anat (ebraico עֲנָת ‘Anāth, cananeo
‘nt /‘a'no:t/, ugaritico ‘nt /‘a'na:tu/; trascrizione greca Ἀνάθ). La sua trascrizione greca è Ἀναθώθ. La forma derivata è scritta in ebraico עַנְּתֹתִי ‘annethōthī o עַנתֹתִי ‘anthōthī "abitante di Anathoth"; l'adattamento greco è Ἀνθωθίτης o Ἀναθωθίτης.
Troviamo anche due menzioni di ‘Anāthōth come nome di persona maschile (1 Cronache, 7:8 e Neemia 10:19). 
Le etimologie popolari fabbricate per questo nome (es. dal verbo ענה "corrispondere; essere occupato") sono da rigettarsi.   
Il Solitario di Providence, secondo Robert M. Price, avrebbe preso da ‘Anāthōth la seconda parte del nome di Azathoth. Secondo questa ipotesi, il nome del Demone Sultano sarebbe una parola macedonia: Azazel + Anathoth = Azathoth
 
3) Il termine alchemico Azoth 
Nel latino medievale degli Alchimisti era usata la parola azoth (varianti: azoc, azoch), che indicava il principio primo dei metalli, ossia il mercurio. Questo era creduto presente in tutti i metalli e all'origine delle loro peculiari proprietà, quindi da loro estraibile. Era anche definito come un solvente universale simile all'etere e all'alchaest. Si credeva che fosse possibile ottenerlo sciogliendo spirito vitale nella materia grossolana e ottenendo per successiva cristallizzazione la pietra filosofale. Nell'opera di Paracelso il termine azoth, spiegato come "mercurio corporeo", indica la Panacea, la Medicina Universale o Elisir di Vita, cura di tutti i mali. Il suo simbolo era il Caduceo. L'etimologia non è difficile come potrebbe sembrare a prima vista: azoth deriva dall'arabo الزَاؤُوق az-zā'ūq (al-zā'ūq, al-zā'būq) "mercurio". Esistono anche altre proposte etimologiche, non altrettanto convincenti. Nel gergo dei Sufi, el-dhat è riportato col significato di "essenza, quiddità" (variante ezzat), e sarebbe derivato dal persiano az-zauth. Tuttavia non sono stato in grado di trovare ulteriori spiegazioni: a quanto pare queste parole si trovano citate soltanto in libri sull'Alchimia. È stato persino pensato che azoth fosse la trasposizione di Ain Soph nella lingua degli uccelli! Aleister Crowley cercò assurdamente di spiegare l'enigmatico vocabolo con un acronimo cabalistico. In lingua italiana azoth è stato assimilato come azoto (da non confondersi col nome dell'omonimo elemento chimico, che deriva invece dal greco e significa "privo di vita": ἀ- "non" + ζωή "vita"). In spagnolo il mercurio è chiamato azogue, prestito dall'arabo andaluso. 
L'origine ultima della parola araba al-zā'ūq è ricostruibile: deriva dal siriano zīwag, a sua volta è un prestito da una lingua iranica (medio persiano *zhīwak, antico persiano *jīvaka-, estensione di jīva- "vivo"). La radice protoindoeuropea è gwei- "vivo", ben nota a tutti. Così si può dimostrare che questa parola è parente della prima parte del composto inglese quicksilver "mercurio", alla lettera "argento vivo". 
I Solitario di Providence, sempre secondo Robert M. Price, potrebbe aver alterato Azoth aggiungendovi un tipico suffisso -oth: Azoth + -oth = Azathoth.
 
4) Thoth, il dio egiziano della saggezza e delle arti 
Il teonimo Thoth deriva dall'antico egiziano ḏḥwtj, pronunciato /tˀə'ħawtə/ nel Medio Regno. Non perdo tempo a deprecare la fallace pronuncia egittologica convenzionale. Il significato di ḏḥwtj è "(Egli) è come un Ibis". Infatti la divinità è comunemente raffigurata come un uomo con la testa di ibis. Gli esiti della forma egiziana in copto sono i seguenti: 

ⲑⲱⲟⲩⲧ (Thōout) in bohairico
ⲑⲱⲧⲑ (Thōtth) in bohairico e in sahidico
ⲑⲟⲟⲩⲧ (Thoout) in sahidico
ⲑⲱⲑ (Thōth) in bohairico e in sahidico 

Questo nome divino è passato in greco come Θώθ (Thoth), con la variante Θεύθ (Theuth). 
Il solitario di Providence, secondo Phileus P. Sadowsky, avrebbe preso da Thoth la seconda parte del nome di Azathoth. La ricostruzione tentata dallo stesso Sadowsky è Izzu Tahuti, che significherebbe "Forza di Thoth". Questo nonostante Azathoth sia descritto come "divinità cieca e idiota", in totale opposizione a Thoth, a cui le genti dell'Egitto attribuivano tra le altre cose l'invenzione della scrittura. 

mercoledì 28 ottobre 2020

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT CELTISTA: LA MALEDIZIONE GAELICA NE 'I RATTI NEI MURI'

Il racconto I ratti nei muri (The Rats in the Walls) è un capolavoro di H. P. Lovecraft. Fu scritto nel 1923, fra agosto e settembre, e pubblicato per la prima volta nel marzo del 1924 sulla rivista Weird Tales. Horror puro e weird robusto. La trama ruota attorno a un tema che non sarà mai abbastanza sfruttato finché il Tempo avrà corso: la storia di una famiglia nobiliare gravata da una terribile maledizione. La voce narrante è quella dell'ultimo superstite della stirpe dei Delapore, giunto in Inghilterra dal Massachusetts dopo che il suo unico figlio era stato reso invalido durante la Grande Guerra. Il suo scopo era ristrutturare Exham Priory ad Anchester, la proprietà dei suoi Antenati, i nobili De la Poer, avendola acquistata dalla famiglia del capitano Edward Norrys. Finiti i lavori dopo la morte dell'infelice figlio e resa abitabile la vetusta dimora, il protagonista si accorge ben presto che qualcosa non va: si palesano con rumori spettrali gli eserciti dei ratti. Per cercare di capire l'origine di queste presenze infestanti e funeste, Delapore assume una squadra di esperti, tra i quali l'archeologo Sir William Brinton, l'occultista Thornton e l'antropologo Trask. Le ricerche culminano con la scoperta di un vero e proprio mondo sotterraneo, un labirinto di gallerie e di cripte piene zeppe di scheletri deformi. Emerge così la terribile verità. I De la Poer, baroni normanni, erano una famiglia demoniaca e degenerata che allevava relitti umani allo scopo di macellarli e di nutrirsi delle loro carni!
 
Al culmine dell'orrore, Delapore viene trovato in stato di spaventosa alterazione, proprio sul cadavere semidivorato del capitano Norrys. Il delirio si esprime con una vera e propria catabasi linguistica:
 
"Curse you, Thornton, I’ll teach you to faint at what my family do! ... ’Sblood, thou stinkard, I’ll learn ye how to gust ... wolde ye swynke me thilke wys? ... Magna Mater! Magna Mater! ... Atys ... Dia ad aghaidh ’s ad aodaun ... agus bas dunach ort! Dhonas ’s dholas ort, agus leat-sa! ... Ungl ... ungl ... rrrlh ... chchch …." 
 
1) Il protagonista parte dall'inglese contemporaneo: "Curse you, Thornton, Ill teach you to faint at what my family do!"
2) Prosegue quindi con l'inglese dell'epoca elisabettiana: "Sblood, thou stinkard, Ill learn ye how to gust"
3) Giunge poi al medio inglese dell'epoca di Chaucer: "wolde ye swynke me thilke wys?" 
4) Non riesce a procedere con l'anglosassone e continua con il latino: "Magna Mater! Magna Mater! ... Atys ..." 
5) A questo punto dovrebbe arrivare al britannico parlato ai tempi di Cesare. Invece troviamo una maledizione anacronistica in gaelico scozzese: "Dia ad aghaidh ’s ad aodaun ... agus bas dunach ort! Dhonas ’s dholas ort, agus leat-sa!" 
6) Infine, sprofondando negli Abissi del Tempo, ecco comparire dei grugniti inarticolati, quasi fossimo di fronte a versi di pitecantropi: "Ungl ... ungl ... rrrlh ... chchch ….
 
Nelle traduzioni in italiano, si segnalano alterazioni dei testi in gaelico e non solo (vedi nel seguito). Non è facile orientarsi nell'ocano di tutte le traduzioni che sono state fatte. Mi limiterò a riportarne alcune. 
 
Questa è la traduzione di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco: 
 
"Maledetto Thornton, ti insegno io a svenire di fronte a quello che ha fatto la mia famiglia! Maledette bestie schifose, vi insegno io come si fa a... Mi resistete, maledetti... 
Magna Mater! Magna Mater!... Atys... Dia ad aghaidh’s ad aodann ... agus bas dunach ort! Dhonas’s dholas ort, agus leatsa! ... Ungl ... ungl ... rrrlh ... chchch …." 
 
Questa è la traduzione di Giuseppe Lippi: 
 
"Maledetto Thornton, ti insegno io a svenire davanti agli atti della mia famiglia! Io t'ammazzo, vilissimo, ti fo vedere come si fa... oseresti resistermi? Magna Mater! Magna Mater!... Atys... Dia ad aghaidh’s ad aodanr... agus bas dunach ort! Dhonas’s dholas ort, agus leat-sa!... Ungl... ungl... rrrlh... chchch…."  
 
Questa è la traduzione di Carlo Pagetti: 
 
"Che tu sia maledetto, Thornton, ti insegno io a svenire davanti agli atti della mia famiglia! Per dio, carogna, te la faccio vedere io... oseresti opporti? Magna Mater! Magna Mater!... Attis... Dia ad aghaidh ʻs ad aodann... agus bas dunach ort! Dhonas ʻs dholas ort, agus leat-sa!... Ungl... ungl... rrrlh... chchch…."   
 
Notiamo subito che la traduzione di Pagetti è senza dubbio la migliore. Tra le altre cose, emenda Atys in Attis, il nome più corretto del Paredro di Cibele. Con tutto il bene che voglio a Giuseppe (RIP), ʼsblood non significa affatto "io t'ammazzo". È una contrazione della violenta bestemmia God's Blood "Sangue di Dio" (variante: Christ's Blood). Capisco che non fosse possibile far comparire l'imprecazione "Sangue di Dio" in una traduzione nell'Italietta bigotta, ma i fatti sono questi. Pagetti si avvicina di più al vero, con un "Per dio" che di certo ha richiesto un grande coraggio. Assurda la traduzione di Pilo-Fusco, se pure traduzione possiamo chiamarla: non si capisce come un semplice ʼsblood sia potuto divenire "Maledette bestie schifose". Forse per onomatopea?  

Come accennato, l'Autore non è stato in grado di utilizzare la lingua di Beowulf. Il suo medio inglese consiste di queste forme: 
 
wolde = would
ye = you 
swynke = to swink "sforzarsi, faticare" 
me = me
thilke = the like 
wys = wise (cfr. italiano guisa, di chiara origine germanica) 
 
Parleremo in altra sede del pronome ye, come anche del pronome Thou citato nel testo elisabettiano. 
 
Dal canto suo, in una lettera Lovecraft ha dato un abbozzo di spiegazione alle sue scelte a proposito della parte in gaelico. Riporto qui il testo: 

"What the intermediate jargon is, is perfectly good Celtic—a bit of venomously vituperative phraseology which a certain small boy out to know; because his grandpa, instead of consulting a professor to get a Celtic phrase, found a ready-made one so apt that he lifted it bodily from The Sin-Eater, by Fiona MacLeod, in the volume of Best Psychic Stories which Sonny himself generously sent! I thought you’d note that at once—but youth hath a crowded memory. Anyhow, the only objection to the phrase is that it’s Gaelic instead of Cymric as the south-of-England locale demands. But as—with anthropology—details don’t count. Nobody will ever stop to note the difference."
(SL1.258) 

Traduzione per gli anglofobi non anglofoni:

"Quale che sia il gergo intermedio, è Celtico perfettamente buono - un po' di fraseologia vituperante che un certo ragazzino vuole conoscere; poiché suo nonno, invece di consultare un professore per ottenere una frase celtica, ne trovò una già pronta, così adatta che la prese di peso da The Sin-Eater, di Fiona MacLeod, nel volume di Best Psychic Stories che lo stesso Sonny ha generosamente inviato! Pensavo che l'avresti notato subito - ma la gioventù ha una memoria affollata. Ad ogni modo, la sola obiezione alla frase è che è in Gaelico anziché in Gallese come richiesto dalla località del Sud dell'Inghilterra. Ma siccome - con l'antropologia - i dettagli non contano, nessuno si soffermerà mai a notare la differenza." 

Invece la differenza l'ho notata all'istante, essendo un appassionato celtista e indoeuropeista. Mi sono reso conto dell'assurda incoerenza a colpo d'occhio. Quanti recensori tecnici si sono soffermati sulla questione? Scommetto nessuno. Il punto è che le lingue celtiche non sono "gerghi" né tantomeno "slang criminali", come l'Autore sembra voler insinuare. Sono lingue degne come quelle derivate dal latino e dal protogermanico. Spero che gli eventuali lettori avranno la pazienza di leggere con attenzione quanto ho da dire.    
 
Un anacronismo marchiano 
 
Questo è il testo in gaelico nella sua forma corretta: 
"Dia ad aghaidh ’s ad aodann ... agus bas dunach ort! Dhonas ’s dholas ort, agus leat-sa!"
 
Questa è la traduzione in inglese moderno:
"God against thee and in thy face ... and may a death of woe be yours ... Evil and sorrow to thee and thine." 
 
Questa è la traduzione in italiano:  
"Dio contro di te e in faccia a te... e possa una morte di dolore essere tua... Male e dolore a te e per te."  
 
Riporto senz'altro l'originale di William Sharp (Paisley 1855 - Bronte 1905), importante autore del Revival Celtico che scrisse sotto lo pseudonimo femminile di Fiona MacLeod. Le parti in gaelico le ho evidenziate in neretto: 
 
"But, Andrew Blair, I will say this: when you fair abroad, Droch caoidh ort! and when you go upon the water, Gaoth gun direadh ort! Ay, ay, Anndra-mhic-Adam, Dia ad aghaidh 's ad aodann ... agus bas dunach ort! Dhonas 's dholas ort, agus leat-sa!"   

Questa è la traduzione parola per parola: 
 
droch "cattivo" 
caoidh "lamento"
ort "su di te" 
 
gaoth "vento" 
gun "senza"
deireadh "fine"(1)  
ort "su di te" 
 
(1)Nell'originale è scritto erroneamente direadh; lo si trova tradotto erroneamente con "direction". La traduzione corretta è invece "end".

Dia "Dio" 
ad "al tuo; nel tuo" 
aghaidh "volto, faccia" 
's "e" (abbreviazione di agus, vedi sotto)
ad "al tuo; nel tuo" 
aodann "faccia, fronte"
agus "e" 
bàs "morte"
dunach "di disastro" 
ort "su di te"  
dhonas "cattiva fortuna" (forma "aspirata" di donas)
's "e" 
dhòlas "dolore" (forma "aspirata" di dòlas)
leat-sa "con te"
 
Notiamo che Lovecraft ha commesso un notevole errore di trascrizione, riportando la parola aodann come aodaun, per via di una banale inversione del carattere -n- corsivo, interpretato come -u-. Non è difficile incorrere in refusi di questo genere. Ricordo quando al liceo un'antipatica foruncolosa copiò un compito di inglese dalla vicina di banco, trascrivendo "glance" come "glauce" e facendo acrobazie perigliose nel tentativo di pronunciare tale vocabolo a lei sconosciuto (prima tentò di articolarlo come "gloss", poi lo pronunciò in maniera ortografica, come se fosse scritto in italiano, destando le ire funeste della professoressa). Simili insidiosi errori possono ricorrere spesso e inficiare il lavoro di linguisti e di antropologi. Il corsivo è un uso pessimo che andrebbe abolito una volta per tutte, date le ambiguità a cui si presta. 
 
Nella traduzione di Pilo-Fusco l'originale aodaun è restaurato con il corretto aodann. Così anche nella traduzione di Pagetti.
Nella traduzione di Lippi aodaun diventa invece aodanr, con un'impervia fonotattica degna delle iscrizioni oghamiche pictiche! 
 
Perché tutto questo non va bene? Perché parlo di anacronismo marchiano? Semplice. Le lingue cambiano nel tempo. Cambiano in modo sistematico, tramite mutamenti fonetici che non sono avvertite dai parlanti. Queste mutazioni sono quasi sempre regolari; quando non lo sono, è perché agiscono interferenze che soggiaciono in ogni caso a una logica. I mutamenti si accumulano nel corso dei secoli fino a produrre risultati sorprendenti. Le lingue diventano così irriconoscibili. Non si può prendere il gaelico scozzese del XIX secolo e proiettarlo nell'epoca dell'Impero Romano. Sarebbe come prendere il milanese di Carlo Porta e proiettarlo nell'epoca dell'Impero Romano. Anzi, peggio, perché i mutamenti che le lingue celtiche insulari hanno subìto nel corso dei secoli sono particolarmente corrosivi. In media è stata persa una sillaba su due.   
 
Queste sono alcune ricostruzioni di forme proto-iberniche: 
 
droch /t̪ɾox/ "cattivo" < *drukos (maschile); 
      < *drukā (femminile); < *drukon (neutro)
caoidh /khɯi/ "lamento" < *kējā    
ort /ɔrˠs̪t/ "su di te" < *wer-ted 
gaoth /kɯː/ "vento" < *gaitā  
gun /kun/ "senza" < *kina   
deireadh /'tʲeɾʲə/ "fine" < *diarewedon
Dia /tʲia/ "Dio" < *dēwos 
ad /at̪/ "al tuo, nel tuo" < *eni *tō   
aghaidh /ɤː.ɪ/ "faccia" < *agedā(2) 
aodann /ˈɯːt̪ən̪ˠ/ "faccia, fronte" < *antanos 
agus /'akəs̪/ "e" < *onkuθθus "vicinanza" 
bàs /pa:s̪/ "morte" < *bāθθon "morte"     
dunach /'t̪unəx/ "di disastro" < *dugnawatōs 
donas /'t̪onəs̪/ "cattiva fortuna" < *dugnawaθθus 
leat-sa /ˈlʲat̪sə/ "con te" < *letos-ted-son  
 
(2)Confronta la radice gallica agedo-, che forma antroponimi come Agedouiros. Il significato di questa parola era "faccia, superficie; onore". Così Agedouiros significa "Uomo d'Onore".  
 
Il gaelico dhòlas (forma "aspirata" di dòlas) deriva dal prefisso negativo/peggiorativo do- (< *du-) e dal medio irlandese sólas "gioia", prestito dall'antico francese solas, in ultima analisi dal latino sōlācium. Una ricostruzione su queste basi sarebbe quindi con ogni probabilità fallace. Pertanto sostituiamo il vocabolo: 
 
bròn /prɔ:n/ "dolore" < *brugnā  

Si nota che il processo di ricostruzione fa venire meno molte allitterazioni. La congiunzione agus (antico irlandese ocus) ha sostituito mezzi di espressione più antichi, che sono testimoniati nei documenti provenienti dalle Gallie: il suffisso -C (corrispondente al latino -que) e la congiunzione ETIC (corrispondente al latino et). Dobbiamo ovviamente tener conto di tutto questo.     

Possiamo tentare di ricostruire la maledizione, trascrivendola in ortografia latina integrata col carattere speciale detto "tau gallicum" e fornendone la pronuncia: 
 
DRVCA CEIA VERTED 
/'druka: 'ke:ja: 'werted/

 
GAITA CINA DIAREVEDON VERTED 
/'gaita: kina di'arewedon 'werted/
 
DEVOS ENI TO AGEDIN ANTANONC  
/'de:wos 'eni to: 'agedin 'antanonk/ 
 
ETIC BAÐÐON DVGNAVATOS VERTED 
/'etik 'ba:θθon 'dugnawato:s 'werted/

DVGNAVAÐÐVS BRVGNAC LETOSTEĐSON 
/'dugnawaθθus 'brugna:k 'letosteθˌson/

Tutto questo senza contare che DEVOS si riferisce a una divinità pagana (ad esempio Nodens), mentre il suo discendente gaelico Dia si riferisce alla divinità cristiana.  

La raccolta menzionata da Lovecraft, Best Psychic Stories, può essere letta gratuitamente su Archive.org:
 

La solita baggianata del razzismo lovecraftiano 
 
Gli stramaledetti buonisti politically correct insistono sul razzismo del Solitario di Providence: nel caso di questo racconto evidenziano il nome che il protagonista ha dato al proprio gatto, Nigger-Man. Nessuno ha però fatto la benché minima menzione all'innata avversione provata dall'Autore nei confronti degli Irlandesi - il cui colore della pelle non è certo quello della carta carbone, essendo praticamente indistinguibili dagli Anglosassoni! Non mi stancherò mai di ripeterlo: tutto ciò non toglie nemmeno un iota alla sua immensa gloria, che mai declinerà finché il Tempo avrà corso!