Negli anni della mia gioventù, ero convinto che la parola guitto fosse derivata dalla stessa radice germanica dell'inglese wit "detto sagace", "motto di spirito". Nonostante la sua grande bellezza, questa ipotesi si rivelò presto del tutto fallace. In estrema sintesi, i fatti sono questi:
1) Se ammettiamo l'etimo di cui sopra, la parola non può essere genuinamente longobarda, dato che manca della Seconda Rotazione Consonantica, che l'avrebbe resa *guizzo.
2) Il
termine "guitto" non aveva un tempo il suo significato attuale di
"attorucolo": indicava piuttosto il vagabondo, inteso come "individuo
inutile e sudicio". In toscano la parola è tuttora usata come aggettivo col significato di "meschino, misero, povero" e anche di "avaro, gretto", "squallido".
Vediamo ora di ingegnarci a chiarire l'origine della parola in esame, combattendo contro difficoltà di ogni genere pur di tirarla fuori dal pantano etimologico in cui sembra sprofondata.
I guitti, cittadini di Guittalemme
Chi si ricorda di Erminio Macario? Certamente tra i Millennials, e ancor più tra la Z Generation, nessuno ha la benché minima idea dell'esistenza di questo personaggio, che iniziò la sua carriera come "comico grottesco". Ricordo che in un documentario, visto molti anni fa, si parlava della formazione giovanile di Macario a Guittalemme. Il toponimo Guittalemme stava a indicare una fantomatica città popolata dai guitti, forse addirittura il luogo d'origine di tutti i guitti. La formazione del toponimo immaginario è ben chiara: la radice è la parola guitto "attore vagabondo", mentre il suffissoide -lemme, interpretato popolarmente come "città", è stato estratto dai toponimi di origine ebraica Gerusalemme e Betlemme. Ovviamente si tratta di un procedimento abusivo e infondato, la cui causa è l'ignoranza della lingua ebraica. Infatti Gerusalemme è da יְרוּשָׁלַיִם Yerushalayim, tradizionalmente interpretato come "Fondazione di Pace", nonostante -ayim abbia l'aspetto di un suffisso duale fossilizzato; invece Betlemme è da בֵּית לֶחֶם Beth Lechem "Casa del Pane" (לֶחֶם lechem significa "pane"). Nel documentario su Macario si parlava delle "guittate", trovate da attorucoli privi di mezzi. Due esempi di guittate: salire sul palco con residui del trucco dello spettacolo precedente; simulare il passaggio dei soldati pestando ritmicamente dei manici di scopa sul pavimento dietro un tendone, da cui emergeva solo la paglia delle ramazze, che dovevano far venire in mente agli spettatori una fila di copricapi militari. Riporto a pubblica edificazione questi frammenti di memorie di un mondo perduto.
Alcune etimologie tradizionali
Ipotesi catalana:
Il Michaelis, citato nel Dizionario Etimologico Online, propone l'origine della parola guitto dall'aragonese e catalano guit, guito "cattivo, sfrenato, indocile", che a quanto pare sarebbe stato detto soprattutto dei muli - quegli equini caparbi, dotati di smisurato priapo e scorreggioni, che in preda a crisi convulsive tirano calci a destra e a manca. Così una mula guita significa "una mula recalcitrante". Il Diccionari de la llengua catalana glossa guit con "Que acostuma a tirar guitzes", ossia "che è solito tirare calci". In aragonese e in catanano, dalla stessa radice sarebbe derivato anche guiton "vagabondo, ozioso, mendico". Per quanto riguarda l'origine ultima, nel Dizionario Etimologico Online è indicato il basco gaitz "cattivo", cosa impossibile già soltanto per motivi di fonetica. Altre proposte etimologiche riportate in quella fonte sono ancora più stravaganti e implausibili (gallese gwid "vizio"; latino vietus "floscio, marcescente").
Si nota che il catalano guit, guito, è pronunciato con un'occlusiva velare semplice e senza -u-, e tale era anche in epoca medievale, tanto che in italiano sarebbe stato adattato come *ghitto. In spagnolo esiste una variante güito "indocile" (detto di animale), pronunciato /'gwito/. Tuttavia proprio questa peculiarità fonetica della parola spagnola fa pensare che si tratti piuttosto di un prestito dall'italiano. Tutte le forme citate, aragonesi, spagnole e catalane, sono a parer mio prestiti dall'italiano guitto: il flusso è proprio l'inverso di quello descritto dai romanisti.
Ipotesi olandese:
Il Vocabolario Treccani sostiene l'origine della parola guitto dall'olandese guit "briccone, furfante". Com'è costume dei romanisti, nessuno sembra preoccuparsi minimamente di fornire una traccia etimologica in grado di spiegare la voce olandese.
Si deve ricorrere a fonti più aggiornate e decenti. Nel Wiktionary in inglese, si trova quanto segue: guit deriva dal medio olandese guyte, di origine incerta e probabilmente connesso con ghoiten "rimproverare" e con guiten, guten "prendere in giro, schernire". Possibili paralleli in altre lingue germaniche sono: norreno gauta "parlare molto" e antico alto tedesco gauzen "insultare con un nomignolo". Un problema di non poco conto è la pronuncia stessa della parola olandese, che ha un dittongo discendente /œy/, con l'accento sulla prima vocale: /γœyt/. Il dittongo era discendente anche in epoca medievale, per sua derivazione da un dittongo protogermanico. I romanisti hanno dato per scontato che la pronuncia fosse */gwit/, con un dittongo ascendente. In pratica, hanno ciccato! La parola del medio olandese non avrebbe mai potuto dare guitto in toscano.
Per quanto riguarda la semantica, la somiglianza è abbastanza notevole, ma questo conta assai poco. Che una provenienza olandese della parola fosse abbastanza improbabile, è facile da capire.
L'antroponimo Guittone
Nel XIII secolo esisteva in Toscana l'antroponimo Guittone, chiaramente derivato da guitto. Ci è ben noto Guittone d'Arezzo (Santa Firmina, 1230/1235 - Firenze, 1294). Aveva moglie e figli ed era libidinosissimo, poi ebbe una crisi religiosa e divenne un fratacchione... gaudente! Di lui si ricorderà certamente la poesia immortale "Stavasi un eremita in Poggibonsi"... 😀 Il nomen omen è una realtà!
La vera etimologia
Si deve evitare il marasma, visto che in questo caso specifico esiste modo di farlo. Presento dunque la sorgente etimologica a cui bisogna fare riferimento.
Proto-germanico: *wiχtiz "essenza, essere; cosa, creatura" (genere: femminile).
Singolare
nominativo: *wiχtiz
genitivo: *wiχtīz
dativo: *wiχtī
accusativo: *wiχtin
vocativo: *wiχti
strumentale: *wiχtī
Plurale
nominativo: *wiχtīz
genitivo: *wiχtijōn
dativo: *wiχtimaz
accusativo: *wiχtinz
vocativo: *wiχtīz
strumentale: *wiχtimiz
Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche):
Gotico: waihts "cosa"
Norreno: véttr, vætr "creatura, specie di gnomo"
Antico inglese: wiht, uht "cosa"
Medio inglese: wight "creatura, cosa; persona; mostro;
piccola quantità" (pl. wightes)
Inglese moderno: wight "creatura, entità", whit "piccola
quantità"
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"
Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
ragazza"
ragazza"
Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza"
Antico sassone: wiht (f.) "creatura, cosa; persona" Antico alto tedesco: wiht "creatura; cosa"
Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa"
Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano"Esiste anche una variante i cui esiti non sono sempre facili da distinguere, specialmente nelle lingue moderne. Eccola:
Proto-germanico *wiχtan "cosa; creatura" (genere: neutro).
Singolare
nominativo: *wiχtan
genitivo: *wiχtas, *wiχtis
dativo: *wiχtai
accusativo: *wiχtan
vocativo: *wiχtan
strumentale: *wiχtō
Plurale
nominativo: *wiχtō
genitivo: *wiχtōn
dativo: *wiχtamaz
accusativo: *wiχtō
vocativo: *wiχtō
strumentale: *wiχtamiz
Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche):
Gotico: ni waiht "nulla"
Antico inglese: wiht "creatura, cosa"; āwiht "qualcosa";
nāwiht, nōwiht "niente"
Medio inglese: wight "creatura, cosa, persona; mostro;
piccola quantità" (pl. wighten);
ought "qualcosa";
naht, noht, noght, naght, naught "niente"
Inglese moderno: wight "creatura, entità"; naht, noht, noght, naght, naught "niente"
nought, naught "niente", not "non"
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza";
niewiht, nuwieht, niuweht "niente"
Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
ragazza";
ragazza";
niwet, nit, niet "niente"
Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza";
niet "non", "no"
Antico sassone: wiht (n.) "creatura, cosa, persona";
neowiht, niowiht, nieht "niente"
Medio basso tedesco: wicht, wucht (n.) "cosa"
Antico alto tedesco: wiht (m., n.) "creatura; cosa";
niowiht "non"
niowiht "non"
Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa";
niuweht, nieweht, niht, nit "niente, nessuno; non"
Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano";
nicht "non"
nicht "non"
A questo punto è chiarissima l'origine longobarda di guitto e di Guittone.
Longobardo ricostruito:
GUICT "creatura, cosa"; "buono a nulla, vagabondo";
NIGUECT, NEIGUECT, NAIGUECT "niente".
Il pronome indefinito ha lasciato importanti esiti in alcuni dialetti gallo-italici della Lombardia: milanese nigòtt "niente", brianzolo nigòtt, nagòtt "niente"; in bergamasco ho sentito vergòt, ergòt "qualcosa".
Non ho dubbi sul fatto che il catalano guit provenga da una forma germanica, la stessa che troviamo nell'antico alto tedesco wiht. Si potrebbe pensare che l'origine sia nella lingua dei Franchi. Tuttavia si nota che non risulta un esito di questa radice passato al francese o al provenzale. Potrei sbagliarmi, ma se esistesse, i romanisti lo avrebbero già usato come fonte etimologica. Non credo che i Franchi avessero potere in Catalogna. Non può trattarsi di una parola del germanico orientale a causa del vocalismo. Resta un'unica soluzione: è provenuta dall'Italia.
Conclusioni
Con questo contributo ho fatto chiarezza su alcuni punti controversi.
1) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dall'olandese guit.
2) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dal catalano guit, essendo vero il contrario.
3) Ho enunciato l'origine longobarda dell'italiano guitto e dell'antroponimo Guittone.