Visualizzazione post con etichetta lingua norrena. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lingua norrena. Mostra tutti i post

domenica 28 agosto 2022


LA GIUSTIZIA PRIVATA
DI UN CITTADINO ONESTO 

Titolo originale: 
Sunday in the Country 
AKA: Blood for Blood; Vengeance is Mine
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Regno Unito
Anno: 1974
Durata: 93 min
Colore: Colore 
Rapporto: 2,35 : 1
Genere: Poliziesco, drammatico, thriller
Regia: John Trent
Soggetto: David Main
Sceneggiatura: Robert Maxwell, John Trent
Produttore: David Perlmutter
Produttore esecutivo: Peter James
Casa di produzione: Impact Films, Quadrant Films,
     Canadian Film Development Corporation
Fotografia: Marc Champion
Montaggio: Tony Lower
Effetti speciali: John "Bud" Cardos
Musiche: Paul Hoffert, William McCauley
Scenografia: Milt Parcher
Trucco: Ken Brooke
Interpreti e personaggi: 
    Ernest Borgnine: Adam Smith
    Michael J. Pollard: Leroy
    Hollis McLaren: Lucy
    Louis Zorich: Dinelli
    Cec Linder: Ackerman
    Vladimír Valenta: Luke
    Al Waxman: Sergente
    Tim Henry: Eddie
    Murray Westgate: Conway
    Ralph Endersby: Timmy Peterson
    Susan Petrie: Jennifer Logan
    Ratch Wallace: Poliziotto 
    Mark Walker: Pattugliatore stradale
    Gary Reineke: Pattugliatore stradale 
    Eric Clavering: Capostazione 
    David Hughes: Pastore 
    Franz Russell: Fedele 
    Ruth Springford: Fedele 
    Alan King: Fedele 
    Laddie Dennis: Fedele 
    Joan Hurley: Fedele 
    Winnifred Springett: Fedele 
    Jonathan White: Fedele 
    Carl Banas: Annunciatore radiofonico  
Doppiatori italiani: 
    Sergio Fiorentini: Adam Smith
    Vittorio Stagni: Leroy
    Luciano De Ambrosis: Dinelli
    Arturo Dominici: Ackerman
    Glauco Onorato: Luke
    Manlio De Angelis: Sergente 
Titoli in altre lingue: 
   Spagnolo: Domingo sangriento 
   Svedese: En stilla blodig söndag 
   Serbo: Nemirna nedelja  

Trama: 
Tre rapinatori di banche fuggono e si inoltrano nelle zone rurali dell'America dopo aver assaltato una banca locale. I feroci delinquenti uccidono una giovane coppia, poi cercano rifugio a casa di un contadino solitario, Adams Smith, che vive  con la nipote biondiccia Lucy. I malviventi contano sulla sorpresa, ma l'uomo ascolta la radio ed è preparato al loro arrivo. Ne abbatte subito uno con una fucilata, quindi incatena gli altri due, li colloca su un mucchio di letame fumante e li tiene sotto tiro. Non potendo lasciare semplicemente che la Legge dello Stato faccia il suo corso, con tutte le inefficienze del caso, decide di portare i due banditi nella sua cantina e di sottoporli a tortura. Il suo piano è semplice: farli soffrire atrocemente e poi impiccarli con le catene fino al soffocamento. Il problema è che Lucy continua a fare "gnè-gnè-gnè", così lui trascina i banditi fuori dalla cantina e ne ammazza uno con una fucilata. Purtroppo non gli riesce di eliminare anche l'altro, un idiota dal ghigno odioso come un pupazzetto di smegma. Infatti arrivano i poliziotti, che non sospettano nemmeno di striscio delle esecuzioni sommarie avvenute nella fattoria, così caricano il grassatore superstite sull'auto e se ne vanno. 

Citazioni: 

"Non capita tanto spesso di poter sparare a tre faine così da vicino!"
(Adam Smith) 

Tagline: 

- "Adam Smith thinks the law is too kind to killers."
- "Suddenly, on a peaceful Sunday in the country, one man was forced to defend his home and his family!"
- "Not since Peckinpah's STRAW DOGS has the screen exploded with such righteous vengeance."
- "A Quiet Title for An Explosive Movie." 


Recensione: 
Questo posso dire per certo: Sunday in the Country mi è talmente piaciuto che non vedevo l'ora di approfondire le opere del regista John Trent. Purtroppo mi sono dovuto rendere conto che questo cineasta, risultato di nazionalità canadese, non è stato molto prolifico. Per fortuna una gemma fulgida è riuscito a produrla!  
Il film evita con cura e in modo inatteso di procedere nelle direzioni più ovvie e stupide; questo non è la tipica storia di un'invasione domestica a cui siamo abituati da anni di martellamento televisivo. L'eroico protagonista, massiccio e incazzato, sembra sempre meno stabile mentalmente, con una progressione graduale verso la pura macelleria. Sublime! La pellicola, girata nelle zone rurali più impervie ed arretrate dell'Ontario, beneficia della sua ambientazione tagliata fuori dal mondo moderno e postmoderno. 
Borgnine è eroico e robustissimo! Hollis McLaren interpreta a meraviglia il ruolo della decerebrata frignona, che somma in sé le scorie del sistema scolastico, fucina di demenza e matrice infetta di ogni aberrazione ideologica. Michael J. Pollard è odiosissimo, la sua faccia è più disgustosa della diarrea sulfurea di un coleroso, desta i conati di vomito soltanto a vederla! Eppure ha riscosso tanto plauso tra i commentatori nel Web, proprio perché si è calato in modo ottimo nella parte. Una parte di merda, certo, ma un attore deve saper interpretare anche i ruoli più abominevoli.  
Trovo che sia necessario infine dare il giusto merito ad attori non umani: le mosche! Questi insetti sono presenti per tutta la durata del film. Talvolta si distingue la loro sagoma, ma sempre presente è il loro ronzio. Sommamente disturbante! Il chiaro riferimento è a Beelzebub, il Signore delle Mosche, su questo non ci sono dubbi. 
Negli anni '70 dello scorso secolo in America sono stati fatti molti film di vendetta: era un'epoca terribile e c’erano molti crimini di questo tipo. Hollywood in qualche modo stava cercando di mandare il messaggio di non arrendersi, di non accettare la situazione, ma di ribellarsi alla prepotenza e combattere a qualsiasi costo. Ernest Borgnine e anche il ripugnante Michael J. Pollard hanno dato ottime interpretazioni e non hanno mai ricevuto il riconoscimento che meritano come attori. 
Ecco, il Canada ha avuto John Trent e noi in Italia... noi abbiamo Feltroni! 

Demenza della politica 

C'è chi ha letto questa pellicola in modo politicizzato, come una squallida metafora dell'opposizione tra "destra" e "sinistra". Glossario politico dei luoghi comuni:
"destra" = tutto ciò che non è "sinistra"; 
"sinistra" = amore incondizionato per chiunque sia della stirpe di Caino ("de genere Chaym"), ossia malfattori, assassini, banditi, mostri, etc. 
Riassumerò in poche righe ciò che penso in proposito. Adam Smith è un uomo giusto e capace, di cui si sente la mancanza. La nipotina biondiccia è una scema di merda che si diverte a masturbare i cavalli. Si capisce lontano un miglio che è in fregola per i rapinatori!  


Un'interpretazione inconsueta

Qual è la sorpresa più grande del film? Il protagonista sembra un tipico membro di una comunità religiosa protestante, molto conservatrice e rimasta quasi del tutto isolata dalla società urbana. Invece salta fuori che è un adoratore di Odino, a cui intende offrire in sacrificio i due banditi (vargar) tramite impiccagione! Secondo la tradizione pagana scandinava, i malfattori violenti possono essere definiti in un solo modo: lupi nei luoghi sacri (vargar í véum). Essi violano la pace e la concordia (friðr) che devono regnare nella comunità. Così la condizione di friðr viene sostituita dall'ostilità, dallo scontro (ófriðr). I responsabili della violazione devono così essere immolati al Dio degli Impiccati! Il culto degli Dei di Asgard non è del tutto morto in America, nonostante il paese sia molto cristiano e puritano: è come se la sostanza delle impiccagioni odiniche si fosse innestata sul tessuto biblico veterotestamentario, dando esiti inaspettati e sorprendenti. Si noterà che non c'è proprio nulla di neotestamentario. Il cristianissimo Re Olaf il Grasso sarebbe molto stupito di leggere queste mie note che dopo tanti secoli dimostrano il sostanziale fallimento della sua opera! Sapete cosa distingueva l'Islanda medievale dall'attuale Occidente? Proprio il fatto che la giustizia era privata e tutelata in quanto tale da una consuetudine che ne sanciva l'esercizio come sinonimo di Libertà. L'isola, che raccoglieva le più antiche tradizioni della Norvegia, anteriori alla tirannia del Re Harald Bellachioma, era un faro di un'autentica democrazia in un'epoca in cui esistevano soltanto autocrazie. 


Critica 

Difficile pensare che Il Davinotti potesse trascurare questo capolavoro. Infatti gli dedica una pagina. 


Ecco un variegato cut-up davinottiano, che spero sia utile agli eventuali lettori: 

"Buono il cast, con un convincente Borgnine; peccato per alcuni momenti dove il film gira un po' a vuoto e per un finale non eclatante"
"Tra i cloni de Il giustiziere della notte, questo crudo e sottostimato film del canadese John Trent è sicuramente uno dei migliori" 
"Giustizialistico di ambientazione bucolica (con annessa OST country, pure di buon livello) che, al di là di un soggetto ridotto all'osso, offre un interessante approccio al tema" 
"Surreale perché troppo bello per essere vero" 
"il classico uomo timorato da Dio che ha l'occasione di portare a galla le sue latenti frustrazioni scatenandosi in una violenza senza fine (da citare i cattivi appesi per il collo con robuste catene)" 
"Misconosciuto revenge del canadese Trent, un po' Wes Craven e un po' Michael Winner; non brilla certo per originalità, ma è in grado di assicurare una buona dose della cara vecchia exploitation settantiana" 
"Film molto pessimista sui metodi della giustizia (e per questo tristemente attuale)" 
"Subodorata l'intenzionalità criminale non resta che metterla alla sbarra e alla forca pro domo propria"
"Surreale perché troppo bello per essere vero"
"si elimina perfino il pericolo più insidioso dato dal buonismo del solito, anzi "solita" pivella"
"la vittima diventa carnefice mostrando crudeltà anche superiore alle sue vittime (che però meritano decisamente il tutto)"
"E' proprio il ribaltamento di prospettiva a rendere il film meritevole"
"Il protagonista è una mosca bianca..."  
"da citare i cattivi appesi per il collo con robuste catene" 
"bella prova anche di Pollard, nei panni del killer psicotico e senza scrupoli" 

Segnalo un'aberrazione nella pagina. Un commentatore afferma quanto segue: "un uomo in bilico fra il cattolico di stretta osservanza e lo spietato vendicatore". Adam Smith non si può in alcun modo definire "cattolico". La sua comunità è sicuramente protestante. In altre parole, appartiene a un vasto universo di denominazioni religiose che nulla ha a che fare con la Chiesa Romana. Trovo insopportabile che in Italia così tante persone ignorino ogni rudimento di conoscenza storica, confondendo con crassa ignoranza il concetto di "cattolico" con quello di "cristiano"

giovedì 2 dicembre 2021

 
HO AMMAZZATO BERLUSCONI
(film grottesco)
 
Titolo originale: Ho ammazzato Berlusconi
AKA: Ops... Ho ammazzato Berlusconi
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 2008
Durata: 88 min
Genere: Grottesco, drammatico, commedia 
Sottogenere: Commedia nera, fantapolitica, antiberlusconismo 
Regia: Gian Luca Rossi, Daniele Giometto
Soggetto: dal romanzo L'omicidio Berlusconi, di Andrea Salieri
Sceneggiatura: Gian Luca Rossi, Daniele Giometto
Produttore: Caterina Rogàni
Segretario di produzione: Laura Petruccelli
Casa di produzione: Collepardo film
Distribuzione in italiano: Collepardo film
Fotografia: Silvio Fraschetti
Montaggio: Valentina Mariani
Musiche: Bruno Ventura
Trucco: Michela Maucione 
Dialoghi: Bruno Ventura
Riregistrazione: Alberto Bernardi
Rumorista: Marco Ciorba 
Effetti sonori: Saverio Lancia, Paolo Pucci
Direttore della fotografia: Daniel Arvizu 
Musicista: Dario Vero
Supervisore musicale: Giovanni Marolla 
Interpreti e personaggi:
    Alberto Bognanni: Matteo
    Andrea Roncato: Gaetano
    Sabrina Paravicini: Livia
    Lello Arena: Infermiere all'obitorio
    Paolo Baroni: Cesare
    Aurelio Levante: Commissario Guidini 
    Riccardo Cavallo: Giuliano
    Jean-Pierre Duriez: Gianni
    Enea Tomei: Carabiniere
    Dario Biancone
Censura: 101300 del 11-12-2007
Budget: 600.000 euro 
Box office: 63.000 euro - 77.794 dollari US
Titoli in altre lingue: 
     Inglese: I killed Berlusconi 
     Romagnolo: Cajùsi... A-j-ò masâ Berlusconi 
  N.B. Non sembra che il film sia stato distribuito in lingue diverse dall'italiano. 
 
Trama: 
Silvio Berlusconi riesce a vincere le elezioni politiche del 2001. In un suggestivo borgo della Toscana vivono l'amorfo Matteo e Livia, una coppia di estrema sinistra. La bionda Livia è una convulsionaria che pensa soltanto all'impegno politico e sociale. Il povero Matteo, con i capelli rossicci e crespi, è un umile professore di matematica che subisce passivamente le sfuriate della moglie e il suo isterismo, nella speranza di poter ottenere un pompino o una sega ogni tanto. Speranza che si dilegua senza rimedio non appena la pasionaria viene a sapere che il marito alle ultime elezioni ha subdolamente votato per Forza Italia. Si scatena un litigio furibondo al cui termine Livia si allontana da casa nel cuore della notte, sbattendo la porta. Accade l'impensabile: proprio in quel  momento un velivolo precipita addosso alla donna, schiantandosi e uccidendola sul colpo. Matteo, sconvolto dalla morte della moglie, prende la macchina e si avvia alla cieca nel temporale. A un certo punto ha un incidente e si accorge di aver investito un uomo. Sceso dalla vettura per prestare soccorso alla vittima e per vedere se ci sono stati danni, gli sfugge di mano il cric, che sfonda il cranio dell'uomo disteso a terra, provocandone la morte istantanea. A questo si aggiunge un piccolo problema: da un'occhiata ai documenti risulta che l'uomo rimasto ucciso è proprio Silvio Berlusconi! Non sapendo cosa fare, preso dal panico assoluto, Matteo decide di occultare il cadavere. Non gli viene in mente idea migliore di seppellirlo in giardino, stando bene attento a non farsi scoprire da occhi indiscreti. Sconvolto dai sensi di colpa, decide di recarsi al comando di Polizia, autodenunciandosi. Nessuno gli crede, anche perché Berlusconi appare regolarmente in televisione e non è giunta alcuna segnalazione sulla sua scomparsa. Pochi giorni dopo Matteo viene rapito e portato in un ambiente lussuoso, davanti a tre esponenti berlusconiani: un anziano di nome Gianni, un anziano di nome Cesare e un individuo untuoso di nome Giuliano, con i capelli corvini un po' lunghi, la barba brizzolata e una corporatura notevole a stento sorretta dalle bretelle. Cesare rivela a Matteo una scomoda verità: l'uomo che appare in televisione non è Silvio Berlusconi, bensì un suo sosia ben istruito. Il vero Cavaliere è effettivamente stato ucciso dall'insegnante, a cui viene promessa un'ingente somma di denaro pur di ottenere il recupero della salma. L'offerta comprende anche un biglietto aereo di sola andata per Cuba. Matteo, che nel frattempo ha traslato il corpo di Berlusconi nel congelatore, confida l'accaduto all'amico Gaetano, a cui offre la metà del compenso che dovrà essergli versato dai politici. Il problema è che si tratta di una trappola fatale: giunti all'appuntamento per la consegna del feretro, i due sventurati finiscono tra le grinfie di pericolosissimi trafficanti di droga. I gangster intimano a Matteo di consegnare loro la cocaina, minacciando di uccidere di Gaetano. Va tutto in merda, anche perché la cocaina non c'è, così Gaetano finisce ucciso, mentre Matteo riesce a fuggire e a fare ritorno alla sua ordinaria vita di docente. I giorni passano e presto l'uomo comprende che il "caso Berlusconi" è stato dimenticato: nessuno nota cambiamenti, "nemmeno Emilio Fede se n'è accorto". Lo scomodo cadavere, ancora una volta sepolto in giardino, vi resterà. Nell'insegnante cresce la paranoia, che prende forma nel terrore di essere pedinato. Non potendo più reggere la pressione delle sue paure, Matteo finisce col barricarsi in casa assieme al suo cane, unica compagnia. Poi anche l'animale muore. Questo lutto causa un nuovo crollo mentale al protagonista, che scava una buca profonda nel terriccio molle vicino a un albero di arance, cresciuto sulla tomba di Berlusconi, rigoglioso per via dell'augusto concime di cui si era nutrito. Dopo aver parlato a lungo al morto, con cui ormai si identifica, Matteo affetta un'arancia raccolta dall'albero funebre, ne mangia qualche frammento, quindi si cala nella fossa e si ricopre da sé di terriccio. Pone così fine ai suoi giorni soffocando, dopo aver riconosciuto di essere moralmente colpevole della morte di Livia. 
 
Citazioni: 
 
"Gianni era ingessato, robotico, inespressivo. Cesare cominciò lui a parlare, cosa che in tribunale faceva assai di rado."
(Matteo) 

"Il potere si regge sul potere, non sulle persone. Se lo ricordi."
(Cesare)
 

Recensione:  
Una pellicola davvero bizzarrissima, forse unica nel suo genere. Potremmo considerarla una distopia dickiana non fantascientifica. Proprio come in un romanzo di Philip K. Dick, gioca un ruolo fondamentale l'alterazione delle realtà ad opera dei media, che procede fino a diventare completa dissoluzione di ogni possibilità di conoscenza e di giudizio. Il progressivo allontanamento del protagonista dalla realtà, la sua deriva schizoide, non può che condurre alla disgregazione dell'Essere. Il potere politico è qualcosa che sfugge a ogni analisi, a conti fatti la sua natura non può essere dedotta dalle apparenze con cui si manifesta, in quanto le persone che lo rappresentano sono simulacri, gusci vuoti a cui non corrisponde un'essenza propria, bensì un puro e semplice ruolo. A questo punto, il ruolo è autoconsistente. Non serve che dietro l'involucro delle apparenze esista davvero un individuo. Chi muove questo teatrino? Resterà sempre oscuro, inconoscibile. Peccato che queste riflessioni siano sorte nelle menti di pochi commentatori. 
Sotto gli occhi di tutti è lo scarsissimo successo di quest'opera, presentata il 13 agosto 2008 al Drake International Film Festival Caserta. Giancarlo Zappoli definisce Ho ammazzato Berlusconi "un film irrisolto che manca gli obiettivi", specificando che "non basta una buona idea per realizzare un film".   
Gian Luca Rossi è un regista non molto prolifico, a cui si devono in tutto quattro film, compreso questo. Due sono documentari: Mare carbone (2015) e Se ho vinto, se ho perso (2020). C'è poi il film drammatico Lontano in fondo agli occhi (2000). Non si riescono a reperire molte informazioni su questo materiale. La sola notizia biografica sembra essere questa: Rossi è nato ad Aosta nel 1973 (ha sette anni meno di me). Qualche volta il suo nome è scritto Gianluca anziché Gian Luca.
Daniele Giometto ha al suo attivo unicamente il film diretto assieme a Gian Luca Rossi. Nemmeno un cortometraggio, nulla di noto. Si trova in Rete soltanto un larvato abbozzo di biografia: Giometto è nato ad Aosta nel 1977 (ha undici anni meno di me).  

Lirismo assoluto 

Matteo, ormai identificatosi con lo spirito dell'illustre morto che nutre l'albero di arance, declama questo testo poetico:

Questa notte mi sono deciso. 
Ho scardinato la porta e sono sceso in giardino. 
Silvio nello scorgermi fu quasi stupito e cacciò un gridolino di gioia vegetale. 
Lui cresceva, cresceva... io invece mi ero fatto più piccolo e smagrito. 
La prossima primavera sarebbe stato alto più di un metro. 
Le foglie lo prefiguravano un poderoso arancio. 
Divenuto grande, avrebbe riempito i canestri di delizie zuccherine. 
Mi accomodai accanto a lui. 
Ci soffermammo a contemplare la rotta, e parlammo a lungo, ed arrivammo ad una conclusione. 
Se ancora c'era, se ancora era possibile un mondo, ovunque fosse, lo avremmo trovato insieme. 

Senza dubbio il componimento merita un posticino nella storia della Settima Arte!

 
L'omicidio Berlusconi
 
Non ho ancora avuto occasione di leggere L'omicidio Berlusconi, il libro di Andrea Salieri del 2003, pubblicato da Edizioni Clandestine (128 pagine; codice EAN: 9788865961261), di cui il film di Rossi-Giometto costituisce un adattamento a quanto pare abbastanza fedele. Questa è la descrizione (da www.ibs.it): 
 
"E se Berlusconi non fosse lui? Se il vero Berlusconi fosse stato ucciso la notte del 28 maggio 2001? Andrea Salieri offre in questo libro un diario ironico e graffiante di un omicida per caso, una critica spietata che non risparmia niente e nessuno, il manifesto bizzarro di un nuovo ideale di libertà, perché non esiste un mondo perfetto, ma ce n'è uno possibile." 

L'utente Filippo N. - W2M.it ne è entusiasta:

"Scritto con stile che oserei definire neo-sheakespeariano, il romanzo di Salieri è una continua sorpresa, una prova difficile per il lettore, che è costretto dall'autore a pensare, ragionare ogni singola frase, dietro cui scopre di volta in volta - e quasi sempre con un sorriso - una mente viva, affilata, sapiente, critica e satirica, come poco spesso, anzi molto raramente, accade di incrociare tra le pagine di un libro oggigiorno."

Un altro romanzo dal titolo simile, Chi ha ucciso Silvio Berlusconi, è stato scritto da Giuseppe Caruso e pubblicato dalla casa editrice Ponte delle Grazie nel 2005, con una nuova edizione della casa editrice TEA nel 2008. Quest'opera è più controversa di quella di Salieri, in quanto parla di un attentato a Berlusconi. Sembra tuttavia esistere una connessione: il protagonista, Ettore Saleri, ha il cognome molto simile a quello di Andrea Salieri. Sarebbe molto interessante per un antropologo scavare nell'immaginario collettivo di quegli anni convulsi, in cui l'aria era più irrespirabile dell'atmosfera di Venere! 

Il serpente nell'occhio 

Mi pare ottima l'interpretazione di Alberto Bognanni, che ha una mirabile peculiarità fisica: è quella che i Vichinghi chiamavano ormr í auga ossia il "serpente nell'occhio". Sullo sfondo dell'iride azzurrissima si nota ogni minimo movimento della pupilla, un abisso di nero assoluto  che si dilata e si contrae con estrema facilità. In occasione della presentazione del film, all'attore è stato assegnato il Premio Massimo Troisi come migliore attore protagonista. 
 
Tentativi di censura  
 
In sintesì andò così: fracassarono gli zebedei per ottenere il ritiro di questa commedia nera. Ci furono piagnistei e geremiadi. Secondo la versione più accreditata, alcuni esponenti di Forza Italia si misero a frignare come poppanti tolti alla tetta e dissero che il film di Rossi-Giometto era un perverso accanimento contro la persona di Silvio Berlusconi. A parte etichettare a ciclo continuo il Magnate di Arcore come un benefattore del genere umano, sempre innocente e sempre santo, non ci sono state in realtà obiezioni seriamente politiche a quest'opera satirica. Anche se ignoro chi a chi si debba l'iniziativa, a un certo punto fu imposta un'interiezione ops..., che trasformò il rude titolo originale Ho ammazzato Berlusconi in un meno traumatico Ops... Ho ammazzato Berlusconi, in cui la natura accidentale dell'uccisione viene subito affermata senza mezzi termini, proprio per neutralizzare ogni potenziale emulativo, istigatorio e apologetico insito nella fatidica frase. Questi potenziali perigliosi non sono in alcun modo contenuti nella trama, che semmai presenta Berlusconi in modo estremamente umano, fino al punto di ispirare compassione, empatia. 
 
Una censura più insidiosa
 
Lo swibble, pericolosissimo meccanismo di indottrinamento politically correct, avverte in modo paternalistico lo spettatore delle seguenti cose:

- Non è un film violento.
- Si vedono cadaveri diverse volte.  
- Si vede un cadavere colpito da una pallottola.
- Si capisce a colpo d'occhio che i cadaveri sono finti.
- Qualche bacio.
- Qualche volgarità.
- Largo uso di medicine.
- Il film diventa più triste verso la fine.
- Un cane muore di malnutrizione.
- Il protagonista tenta di suicidarsi coi farmaci.
- Alla fine del film, il protagonista si seppellisce vivo.


In poche parole, questa sarebbe una storia di cadaveri (non di paura). Il prodotto dello swibble è la cosiddetta "Parents Guide", un'insopportabile compressione delle libertà individuali!
 

 
Altre recensioni e reazioni nel Web  
 
In generale le recensioni reperibili nel Web sono poco entusiastiche. I topoi principali sono questi: 

1) Il film è moscio
2) I mezzi sono scarsi
3) Le idee sono tutte concentrate nel titolo
4) Andrea Roncato non ci azzecca (è il copro-tagonista) 

Possiamo dire per certo che Andrea Roncato è ben lontano dai tempi in cui interpretava Loris Batacchi, il "capoufficio pacchi" dotato di uno smisurato e tesissimo Priapo, sempre rubizzo per l'eccitazione! Dicamo che la sua parte ha un che di stonato. Si nota anche un Lello Arena amorfo, abbastanza rudimentale. Lo preferivo nei panni del glorioso Re Alboino! 

Ecco alcuni estratti dal sito Filmtv.it


L'utente Fanny Sally ha scritto:
"Dopo la caustica premessa il film si affloscia perdendo mordente satirico e demenziale e diventando un qualcosa di indefinito: accusa alla falsità della politica e della televisione? denuncia dello scadimento dei valori morali? ritratto di un depresso? Potrebbe essere tutte queste cose o nessuna, sta di fatto che non convince nella sua forte vena grottesca e neppure nei risvolti melodrammatici. Occasione sprecata."

L'utente Mulligan71 ha scritto:
"I primi cinque minuti sono anche carini e promettenti, poi il tutto crolla sotto una mediocrità senza fine: attori annoiati e noiosi, trama esile e fotografia da peggiore televisione. Addirittura, a tratti, mi sembrava di vedere il Bagaglino. E poi Andrea Roncato, ma dai, come si fa."

L'utente gene55 ha scritto:
"Nonostante mezzi senza dubbio scarsi e tutte le difficoltà del caso,il film dimostra un coraggio ed un'intelligenza a cui,sembra,non siamo molto nè abituati nè preparati...La storia è semplice semplice,il protagonista ha lo sguardo giusto ed alcune frecciate,colpiscono in pieno il bersaglio...80 minuti divertenti e pensierosi,anche se inverosimili,che difficilmente vedremo in tv o se ne parlerà da Vespa..." 
 
Ecco giusto un estratto dal sito Davinotti.com:  
 
 
L'utente Ryo ha scritto:
"È un film difficile da inquadrare: talvolta sembra una commedia classica, in alcune scene si raggiungono vette di nonsense puro, come se lo sviluppo stesso fosse uno strano sogno. In alcuni momenti è il grottesco a farla da padrone, con accompagnamenti musicali che non riescono a valorizzare il prodotto dando l'impressione di essere inseriti a caso. MEMORABILE: Berlusconi con la maglia del'Inter; L'auto-seppellimento." 
 
Molto interessante, ricca di spunti e niente affatto banale la recensione di Alessio Bosco apparsa su INDIE eye:
 

giovedì 25 novembre 2021

 
LA MORTE DIETRO LA PORTA
 
Titolo originale: Deathdream
AKA: Dead of Night
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Regno Unito
Anno: 1974
Durata: 88 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Orrore, guerra
Sottogenere: Zombesco, vampiresco
Regia: Bob Clark
Sceneggiatura: Alan Ormsby
Produttore: Bob Clark, Peter James, John Trent
Produttore esecutivo: Gerald Flint-Shipman, Geoffrey
     Nethercott
Casa di produzione: Impact Films, Quadrant Films
Distribuzione in italiano: Rovers Cinema (1976)
Fotografia: Jack McGowan
Montaggio: Ronald Sinclair
Musiche: Carl Zittrer
Scenografia: Forest Carpenter
Costumi: Dyke Davis
Trucco: Tom Savini, Alan Ormsby
Effetti speciali: Tom Savini
Interpreti e personaggi:
  Richard Backus: Andy Brooks
  John Marley: Charles Brooks
  Lynn Carlin: Christine Brooks
  Anya Ormsby: Cathy Brooks
  Jane Daly: Joanne
  Mal Jones: Sceriffo
  Henderson Forsythe: Dott. Philip Allman
  Michael Mazes: Bob
  Arthur Anderson: Postino
  Edward Anderson: Vicesceriffo
  Arthur Bradley: Capitano dell'Esercito
  David Gawlilowski: Guidatore di camion 
  Virginia Cortez: Rosalie
  Bud Hoey: Ed
  Robert R. Cannon: Uomo ubriaco
  Raymond Michael: Poliziotto
  Jeff Gillen: Barista
  George De Vries: Primo annunciatore TV
  Bob Noble: Secondo annunciatore TV
  Alan Ormsby: Spettatore
  Jeff Becker: Giovane
  Scott Becker: Giovane
  Greg Wells: Giovane
  Kevin Schweizer: Giovane
  Non accreditati:
  Bob Clark: Agente Ted
  Hank Lowrey: Agente Hank
  John Bonney: Pilota di elicottero 
Titoli alternativi in inglese: 
  Night Walk;
  The Night Walker; 
  The Night Andy Came Home;
  It Came from the Grave;
  King from the Grave; 
  King of the Grave; 
  The Veteran;
  Whispers  
Titoli in altre lingue:
  Francese: Le mort-vivant
  Francese (Canada): Soif de sang
  Danese: Dødens nat  
  Finlandese: Painajainen
  Greco (moderno): Κυνηγητό θανάτου
  Ungherese: Halálos álom
  Russo: Смертельный сон
Budget: 300.000 dollari US

Trama: 
Anno del Signore 1972. Nel corso di uno scontro notturno in Vietnam, il soldato americano Andy Brooks viene colpito da un cecchino e stramazza al suolo. Mentre muore, sente la voce di sua madre che grida: "Andy, tornerai. Devi farlo. L'hai promesso." Qualche tempo dopo, la famiglia di Andy riceve da un militare la notizia della morte del ragazzo, caduto in combattimento. Suo padre, il canuto Charles, e sua sorella, Cathy, piangono e si disperano, mentre la madre, Christine, si arrabbia, rifiutandosi di credere che Andy sia davvero morto. Nel frattempo, un camionista si ferma in una tavola calda e dice di aver caricato un autostoppista, per l'esattezza un soldato. Qualche ora dopo, nel cuore della notte, Andy arriva alla porta di casa della sua famiglia in alta uniforme, apparentemente illeso; tutti lo accolgono con gioia, deducendo che la notizia della sua morte debba essere frutto di un errore materiale. Quando il padre di Andy dice che i militari lo hanno dichiarato morto, lui risponde in modo lapidario: "Lo ero." La famiglia ride, pensando che sia uno scherzo. Nei giorni successivi, Andy mostra un comportamento strano e appartato, insiste che nessuno sappia del suo ritorno, parla solo raramente, si veste di nascosto, non mangia e trascorre le sue giornate seduto in casa, svogliato e anemico, cullandosi su una sedia a dondolo. Di notte però si anima inspiegabilmente, vagando per la città e trascorrendo il suo tempo nel cimitero. Intanto la polizia locale indaga sull'omicidio del camionista, che è stato trovato dissanguato e con la gola tagliata. Charles tenta di affrontare Christine riguardo all'inquietante comportamento di Andy. La donna insiste sul fatto che Charles era troppo riservato e autoritario nei confronti di Andy; lui ribatte che Christine ha reso Andy troppo sensibile, soffocandolo. Le cose peggiorano: Andy attacca un bambino del vicinato che tenta di dimostrare le sue abilità nel karate, poi strangola a morte il cane di famiglia quando cerca di proteggere il giovane. Charles, testimone dell'uccisione del cane, dice a sua moglie che il figlio è pazzo, poi va in un bar per affogare il dispiacere nell'alcol e lì racconta l'accaduto al suo amico, il dottor Philip Allman. Il medico segue Charles a casa e offre ad Andy un controllo gratuito; poi fa al ragazzo domande relative al camionista, infatti sospetta che proprio lui lo abbia ucciso. Racconta a Charles del camionista e gli dice che deve informare la polizia della sospetta coincidenza del ritorno del figlio. Andy fa visita al dottor Allman nel suo ufficio nel cuore della notte, chiedendo con rabbia un controllo, ma il medico non riesce a rilevare il polso o il battito cardiaco. Andy gli dice: "Sono morto per te, dottore. Perché non dovresti ricambiare il favore?" Attacca e uccide l'uomo con una siringa, poi la usa per iniettargli il suo sangue nel braccio. È chiaro che Andy è una specie di vampiro che ha bisogno del sangue degli altri per rinvigorire il suo corpo in decomposizione. Il giorno successivo, Charles viene a sapere della morte dell'amico e si rende conto che suo figlio è responsabile. Quando Christine gli dice che Andy ha un doppio appuntamento con Cathy, la sua fidanzata del liceo Joanne e il suo migliore amico Bob, Charles prende la sua pistola e va a cercarli. In un cinema drive-in, Andy decade visibilmente a causa della mancanza di sangue. Dopo che Cathy e Bob scendono dall'auto per prendere altri popcorn, Joanne tenta di avviare una conversazione con Andy. Quando la putrefazione di Andy diventa più visibile, lui attacca e uccide Joanne, lacerandole la gola. Cathy e Bob tornano e lo trovano in preda alla frenesia. Il redivivo si scaglia contro i due, strangolando Bob e tentando di investire Cathy. Un uomo accorso in aiuto spinge Cathy di lato e viene colpito a morte. Andy fugge in macchina prima di potersi iniettare il sangue delle sue vittime, poi torna a casa, dove sua madre lo protegge da suo padre. Charles, prostrato dal dolore, si spara un colpo di fucile nel cranio. Mentre Christine sta portando via Andy, la polizia gli spara due volte e i loro colpi incendiano l'auto. L'inseguimento termina al cimitero, dove viene scoperto il cadavere decomposto di Andy che si contorce in una fossa poco profonda sotto una lapide su cui aveva graffiato il proprio nome e le date della sua nascita e morte, maledicendo la vita. Christine singhiozza mentre cerca di coprire il corpo sfatto col terriccio. La macchina esplode e lei viene lasciata al suo dolore dagli agenti esausti, mentre tutto sparisce nelle Tenebre. 
 
Citazioni: 
 
"Si sta bene dai Morti..." 
(Andy)
 

Recensione:
Angoscia mortale che pervade ogni atomo dell'Universo dannato. Tenebra assoluta. Non si scorge nemmeno il barlume di una remota speranza. Ogni particella di luce immersa nell'Abisso, è destinata a sfaldarsi e a perdersi per sempre. È quanto si avvicina di più al concetto di Inferno. I gironi descritti da Dante Alighieri al confronto sono ameni luoghi di socializzazione, dove non si è mai davvero soli. Quando una pellicola è in grado di trasmettere questi sentimenti, significa che è un capolavoro!
La carriera di Bob Clark ha seguito uno sviluppo piuttosto anomalo. Dopo aver diretto in tutto tre film horror, che costituiscono una sorta di trilogia, ha abbandonato il genere. E'  del 1972 L'assedio dei morti viventi (Children Shouldn't Play with Dead Things); dopo La morte dietro la porta, l'ultimo film horror del regista è Black Christmas (Un Natale rosso sangue) (Black Christmas, 1974). Si fa fatica a credere che la stessa persona abbia diretto la commedia sexy Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni! (Porky's, 1981) e i relativi sequel. 

Andy il Vurdalak
 
Più che uno zombie, Andy è un particolare tipo di vampiro: è un vurdalak a tutti gli effetti. Già nel 1836 Aleksandr Sergeevič Puškin (1799 - 1837) aveva scritto una breve poesia intitolata Vurdalak (вурдалак). A rendere noto al grande pubblico questo tipo di creature infernali, è stato lo scrittore russo Aleksej Konstantinovič Tolstoj (1817 - 1875), cugino di secondo grado del più noto Leo Nikolajevič Tolstoj (1828 - 1910).
Scrisse il racconto gotico-fantastico La famiglia del Vurdalak. Frammento inedito delle memorie di uno sconosciuto (La famille du vourdalak. Fragment inédit des mémoires d'un inconnu, 1839; titolo russo: Семья вурдалака, Sem'ja vurdalaka). Il vurdalak è un vampiro che ritorna alla sua famiglia d'origine, mordendo i propri cari e trasmettendo loro la propria condizione, poco invidiabile. La trama del racconto non somiglia a quella del film di Bob Clark, ma ci sono alcuni importanti elementi in comune. Facciamo ora un rapidissimo confronto tra le due storie. 

La famiglia del Vurdalak:
Il contagio vampirico inizia con l'anziano combattente Gorcha, un partigiano serbo che lottava contro i Turchi, tra gli impervi Balcani. Tornato a casa di notte, dà subito segni di stranezza, rifiutando una tazza di acquavite con uvette, di cui in precedenza (da vivo) era ghiottissimo. 

La morte dietro la porta: 
Il giovane Andy è un soldato impegnato nella guerra in Vietnam, che lotta contro i Vietcong. Tornato a casa di notte, dà subito segni di stranezza, rifiutando di mangiare ed essendo completamente privo di sonno. 

Esistono tuttavia differenze altrettanto importanti. 
 
La famiglia del Vurdalak: 
Nel racconto di Tolstoj, il redivivo Gorcha trasforma tutta la sua famiglia in esseri a lui simili. Chiunque viene morso da un vurdalak, è destinato a risorgere.
 
La morte dietro la porta: 
Nel film di Clark, il redivivo Andy non è contagioso: morde per uccidere, predando soltanto estranei, che muoiono dissanguati e non risorgono. Non attacca i suoi cari. In altre parole, è un vurdalak incapace di contagiare e di creare altri vurdalak
 
Il fondamento comune è questa conoscenza scomoda: la guerra genera morti viventi!  

Fisiologia vampiresca e simbologia

Si nota un'incoerenza soltanto apparente: Andy per nutrirsi del sangue delle vittime uccise, ha bisogno di una siringa con cui praticarsi l'iniezione in endovena. La cosa di per sé sarebbe assurda, dato che il ragazzo redivivo non ha il polso né il battito del cuore - come appurato da un'approfondita visita medica. Il regista voleva alludere alla devastante diffusione dell'eroina tra le truppe americane che combattevano in Vietnam. Il fenomeno raggiunse proporzioni tali da costituire una seria minacca alla coesione sociale, tanto che il Presidente Nixon fu costretto a farvi fronte introducendo larvati programmi di disintossicazione. Questo film e il suo tema principale possono, in molti modi, essere visti come un primo riflesso della consapevolezza popolare dell'effetto del trauma del combattimento sui soldati che la guerra del Vietnam ha contribuito a portare alla luce. Ad esempio, gran parte dei sintomi di Andy e dei suoi comportamenti violenti improvvisi scatenati dal rivivere esperienze traumatiche, sarebbero stati successivamente associati alla malattia mentale nota come disturbo da stress post-traumatico (PTSD), in precedenza noto come "shock da guscio" e definito dall'American Psychiatric Association nella terza edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (1980). In Italia queste brutte cose erano già note da tempo: la Grande Guerra (1915 - 1918) aveva causato la rovina di moltissime menti sensibili. I reduci che presentavano problemi mentali gravi furono maltollerati, accusati di simulazione e addirittura di codardia, finendo con l'essere ingiustamente chiamati "scemi di guerra"
 
Morte di un cagnolino 
 
Spesso gli animali riescono a comprendere a pelle cose che sfuggono anche alle menti più eccelse. Così il cane della famiglia ha subito riconosciuto nel ragazzo qualcosa di estraneo alla vita. La reazione alla presenza di un essere spettrale è stata quindi la sola possibile: mettersi ad abbaiare per avvisare del pericolo. Il vurdalak, che  conserva intatta la sua razionalità e parte delle facoltà superiori dell'essere umano (gli manca giusto l'empatia), reagisce all'ostilità del cane afferrandolo per il collo e soffocandolo. Perché questa reazione? Per un istinto di sopravvivenza, il vurdalak sa bene che deve nascondere la propria natura alla sua famiglia: nessuno deve sospettare la sua vera natura di predatore. Oggi questa scena del cane soffocato non potrebbe più essere girata, pur nella garanzia che nessun animale ha subìto maltrattamenti durante la produzione del film. C'è stata una sostanziale limitazione di ciò che può essere mostrato sugli schermi. Alle masse la cosa sembra non importare, non si colgono segni di ribellione alla tirannia del politically correct. Si parte da questo presupposto: fa schifo vedere un animale mantrattato e ucciso, così ben venga che sia vietato mostrarlo. Ok, siamo d'accordo sul fatto che faccia schifo, ma la tirannia non si ferma mai a una singola cosa censurabile, si estende sempre di più e presto non si potrà mostrare più nulla, nemmeno il sorriso di una donna. Lo spettatore non può essere coccolato, non può essere tenuto nella bambagia nel timore che si spappoli come un bruco al minimo contatto. Il cinema deve urtare la sensibilità dello spettatore. Se non lo fa, significa che ha fallito.

 
Il vurdalak e la madre angosciante  
 
Il regista riesce a rappresentare in modo magistrale il più incubico e raccapricciante di tutti i personaggi: la madre iperprotettiva, isterica, che genera angoscia assoluta! Un essere che non lascia respiro, convinta che il figlio sia una parte del proprio corpo e che non possa avere nemmeno un movimento di propria volontà. Questo è ciò che più mi ha raggelato vedendo il film. Non la guerra in Vietnam, non la vampirizzazione di Andy e nemmeno le sue opere predatorie. Alla fine, pur di sfuggire alla madre e agli orrori dell'esistenza da lei incarnati, il vurdalak trova rifugio proprio nel luogo da cui non avrebbe mai dovuto essere tratto! Urla tutto il dolore con le terribili parole: "Mamma, mamma! Perché hai voluto che vivessi?" Spira, il capo riverso nel terriccio molle. Nemmeno il vampirismo può nulla contro l'asfissia causata dalla famiglia! 

La spiegazione ultima 

Oltre ad essere insopportabile, la madre di Andy era una strega fatta e finita. Alla fine delle sequenze del film di Clark, si capisce che la donna ha utilizzato un incantesimo per far ritornare l'amatissimo figlio dalle Ombre dell'Ade.  
 
Etimologia di vurdalak  
 
La parola russa вурдалак vurdalak, traducibile con "vampiro" o "licantropo", è un'alterazione di un più comprensibile волколак volkolak, derivato a sua volta da волк volk "lupo" e da un elemento fossilizzato -лак -lak, il cui significato originario era "pelle" - corrispondente al serbo dlaka "pelliccia". L'alterazione da volkolak a vurdalak è dovuta a un complesso insieme di dissimilazioni e assimilazioni a partire dalla protoforma slava *vlŭkodlakŭ, con il gruppo consonantico -lk- mutato in -rk- e poi in -rd- a causa della presenza di -dl- e di -k- nella seconda parte della parola. Credo che queste irregolarità siano state favorite dal tabù linguistico, un meccanismo psicologico che rende difficile e disagevole menzionare realtà temute perché considerate demoniache. Trovo interessante notare che volkolak è la traduzione letterale del norreno ulfheðinn "tipo di berserk vestito di pelli di lupo".  

Etimologia del cognome Ormsby 

I tipici cognomi inglesi terminanti in -by sono di origine locativa e norrena. In norreno býr (varianti: bǿr, bœr) significa "fattoria", "stanziamento", "città". In particolare, il bizzarro cognome dello sceneggiatore, Ormsby (non Ornsby come alcuni erroneamente riportano), deriva dal norreno ormr "serpente". Alla lettera, significa "Fattoria del Serpente" o "Città del Serpente".

Il finale originale 

Il film originariamente terminava con Christine Brooks inginocchiata sulla tomba improvvisata nel cimitero di Brooksville dopo che Andy vi si era seppellito ed era morto, questa volta per sempre. Poi la donna guardava i poliziotti che erano arrivati ​​lì e diceva "Andy è a casa. Alcuni ragazzi non tornano mai a casa". Sebbene la scena sia stata girata, successivamente ha subito modifiche sostanziali in modo che il film potesse avere un finale più veloce. Cosa bizzarra, nella Wikipedia in inglese questo finale è ritenuto quello vero. L'errore si è propagato anche nella Wikipedia in italiano. Si spera che queste inconsistenze siano presto corrette.  
 

Curiosità 

Per la scena di apertura del film in Vietnam, è stato girato un filmato aggiuntivo di Andy traumatizzato che cammina nella giungla in mezzo alla sanguinosa carneficina. Il filmato è stato tagliato per dare alla storia un inizio più rapido. Avrebbe dovuto esserci anche una scena simile più avanti, in cui Andy cammina per le strade di notte e incontra un veterano cieco seduto sotto un portico. Anche questa sequenza è stata tagliata per ragioni di tempo. 

In un primo tempo, Christopher Walken fu considerato per il ruolo di Andy. Lo spettrale Richard Backus è stato scelto perché era in grado di creare uno sguardo silenzioso di intenso odio per l'agente del casting. L'espressione inquietante del viso di Backus è entrata spesso in gioco.

Nella scena finale del film nel cimitero di Brooksville, sopra la spalla di Andy si vede una lapide con il nome Daily. La stessa lapide appare in un altro film horror diretto da Bob Clark, L'assedio dei morti viventi (1972). Secondo la lapide graffita nel cimitero di Brooksville, Andy Brooks aveva 21 anni al momento della sua morte nel 1972. 

Il film elencato nella metà inferiore del doppio lungometraggio al drive-in,
The Spacenauts, è fittizio. In altre parole, è un pseudofilm. 
 
C'è stato un incidente durante la scena culminante dell'inseguimento in macchina. Mentre Richard Backus e uno stuntman sfrecciavano per le strade, l'incendio appiccato nella parte posteriore dell'auto è andato fuori controllo ed è stato risucchiato sul sedile posteriore dell'auto in corsa. Fortunatamente, c'era uno scudo di plexiglas che divideva il sedile posteriore dalla parte anteriore dell'auto dove erano seduti gli artisti. Ciò spaventò Backus, che dovette sporgere la testa fuori dalla finestra per evitare di inalare il fumo. Con grande sgomento dell'attore, il regista Bob Clark voleva che la scena fosse girata nuovamente con meno fuoco.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web
 
Molto meritoria è la recensione del film pubblicata su Nocturno.it, scritta da Simone Bisantino. Questo è il link: 


Qualche intervento interessante si trova sul sito Davinotti.com. Ne riporto giusto un paio, rimandando alla pagina d'origine per approfondimenti.   
 

L'utente Caesars ha scritto: 

"Il soldato zombi protagonista di questo film si discosta in modo considerevole dai morti viventi creati da Romero qualche anno prima, però le due pellicole sono accomunate dalla critica sociale, neanche molto velata dalla coltre horror. Clark realizza un'opera non eccezionale ma sicuramente ben strutturata e inquietante, con alcuni momenti di tensione realizzati senza "effettacci" ma con risultati più che validi. Il regista mostra di possedere buone qualità, che confermerà anche nel successivo Black Christmas." 
 
L'utente Nicolas81 ha scritto: 

"Clark utilizza il genere horror per denunciare l'assurdità del conflitto in Vietnam e il problematico reinserimento dei reduci (il soldato che ritorna trasformato in zombi è una metafora del disagio psichico e della dipendenza dalle droghe). L'idea è sicuramente buona, la sua realizzazione non sempre, a causa di una certa ripetitività accusata da una sceneggiatura che invece avrebbe dovuto azzardare qualche spiegazione in più. L'atmosfera macabra però è ben resa, e il finale, teso e struggente, colpisce decisamente nel segno. Ben dosati gli effetti speciali, buona la prova del cast."

mercoledì 15 settembre 2021

ETIMOLOGIA LONGOBARDA DI GUITTO E DELL'ANTROPONIMO GUITTONE

Negli anni della mia gioventù, ero convinto che la parola guitto fosse derivata dalla stessa radice germanica dell'inglese wit "detto sagace", "motto di spirito". Nonostante la sua grande bellezza, questa ipotesi si rivelò presto del tutto fallace. In estrema sintesi, i fatti sono questi:
 
1) Se ammettiamo l'etimo di cui sopra, la parola non può essere genuinamente longobarda, dato che manca della Seconda Rotazione Consonantica, che l'avrebbe resa *guizzo
2) Il termine "guitto" non aveva un tempo il suo significato attuale di "attorucolo": indicava piuttosto il vagabondo, inteso come "individuo inutile e sudicio". In toscano la parola è tuttora usata come aggettivo col significato di "meschino, misero, povero" e anche di "avaro, gretto", "squallido"
 
Vediamo ora di ingegnarci a chiarire l'origine della parola in esame, combattendo contro difficoltà di ogni genere pur di tirarla fuori dal pantano etimologico in cui sembra sprofondata. 
 
I guitti, cittadini di Guittalemme

Chi si ricorda di Erminio Macario? Certamente tra i Millennials, e ancor più tra la Z Generation, nessuno ha la benché minima idea dell'esistenza di questo personaggio, che iniziò la sua carriera come "comico grottesco". Ricordo che in un documentario, visto molti anni fa, si parlava della formazione giovanile di Macario a Guittalemme. Il toponimo Guittalemme stava a indicare una fantomatica città popolata dai guitti, forse addirittura il luogo d'origine di tutti i guitti. La formazione del toponimo immaginario è ben chiara: la radice è la parola guitto "attore vagabondo", mentre il suffissoide -lemme, interpretato popolarmente come "città", è stato estratto dai toponimi di origine ebraica Gerusalemme e Betlemme. Ovviamente si tratta di un procedimento abusivo e infondato, la cui causa è l'ignoranza della lingua ebraica. Infatti Gerusalemme è da יְרוּשָׁלַיִם Yerushalayim, tradizionalmente interpretato come "Fondazione di Pace", nonostante -ayim abbia l'aspetto di un suffisso duale fossilizzato; invece Betlemme è da בֵּית לֶחֶם Beth Lechem "Casa del Pane" (לֶחֶם lechem significa "pane"). Nel documentario su Macario si parlava delle "guittate", trovate da attorucoli privi di mezzi. Due esempi di guittate: salire sul palco con residui del trucco dello spettacolo precedente; simulare il passaggio dei soldati pestando ritmicamente dei manici di scopa sul pavimento dietro un tendone, da cui emergeva solo la paglia delle ramazze, che dovevano far venire in mente agli spettatori una fila di copricapi militari. Riporto a pubblica edificazione questi frammenti di memorie di un mondo perduto.
 
Alcune etimologie tradizionali 

Ipotesi catalana: 
Il Michaelis, citato nel Dizionario Etimologico Online, propone l'origine della parola guitto dall'aragonese e catalano guit, guito "cattivo, sfrenato, indocile", che a quanto pare sarebbe stato detto soprattutto dei muli - quegli equini caparbi, dotati di smisurato priapo e scorreggioni, che in preda a crisi convulsive tirano calci a destra e a manca. Così una mula guita significa "una mula recalcitrante". Il Diccionari de la llengua catalana glossa guit con "Que acostuma a tirar guitzes", ossia "che è solito tirare calci". In aragonese e in catanano, dalla stessa radice sarebbe derivato anche guiton "vagabondo, ozioso, mendico". Per quanto riguarda l'origine ultima, nel Dizionario Etimologico Online è indicato il basco gaitz "cattivo", cosa impossibile già soltanto per motivi di fonetica. Altre proposte etimologiche riportate in quella fonte sono ancora più stravaganti e implausibili (gallese gwid "vizio"; latino vietus "floscio, marcescente").   


Si nota che il catalano guit, guito, è pronunciato con un'occlusiva velare semplice e senza -u-, e tale era anche in epoca medievale, tanto che in italiano sarebbe stato adattato come *ghitto. In spagnolo esiste una variante güito "indocile" (detto di animale), pronunciato /'gwito/. Tuttavia proprio questa peculiarità fonetica della parola spagnola fa pensare che si tratti piuttosto di un prestito dall'italiano. Tutte le forme citate, aragonesi, spagnole e catalane, sono a parer mio prestiti dall'italiano guitto: il flusso è proprio l'inverso di quello descritto dai romanisti. 

Ipotesi olandese: 
Il Vocabolario Treccani sostiene l'origine della parola guitto dall'olandese guit "briccone, furfante". Com'è costume dei romanisti, nessuno sembra preoccuparsi minimamente di fornire una traccia etimologica in grado di spiegare la voce olandese.


Si deve ricorrere a fonti più aggiornate e decenti. Nel Wiktionary in inglese, si trova quanto segue: guit deriva dal medio olandese guyte, di origine incerta e probabilmente connesso con ghoiten "rimproverare" e con guiten, guten "prendere in giro, schernire". Possibili paralleli in altre lingue germaniche sono: norreno gauta "parlare molto" e antico alto tedesco gauzen "insultare con un nomignolo". Un problema di non poco conto è la pronuncia stessa della parola olandese, che ha un dittongo discendente /œy/, con l'accento sulla prima vocale: /γœyt/. Il dittongo era discendente anche in epoca medievale, per sua derivazione da un dittongo protogermanico. I romanisti hanno dato per scontato che la pronuncia fosse */gwit/, con un dittongo ascendente. In pratica, hanno ciccato! La parola del medio olandese non avrebbe mai potuto dare guitto in toscano. 


Per quanto riguarda la semantica, la somiglianza è abbastanza notevole, ma questo conta assai poco. Che una provenienza olandese della parola fosse abbastanza improbabile, è facile da capire.

L'antroponimo Guittone 
 
Nel XIII secolo esisteva in Toscana l'antroponimo Guittone, chiaramente derivato da guitto. Ci è ben noto Guittone d'Arezzo (Santa Firmina, 1230/1235 - Firenze, 1294). Aveva moglie e figli ed era libidinosissimo, poi ebbe una crisi religiosa e divenne un fratacchione... gaudente! Di lui si ricorderà certamente la poesia immortale "Stavasi un eremita in Poggibonsi"... 😀 Il nomen omen è una realtà!
 
La vera etimologia 
 
Si deve evitare il marasma, visto che in questo caso specifico esiste modo di farlo. Presento dunque la sorgente etimologica a cui bisogna fare riferimento. 
 
Proto-germanico:  *wiχtiz "essenza, essere; cosa, creatura" (genere: femminile). 

Singolare 

nominativo: *wiχtiz 
genitivo: *wiχtīz 
dativo: *wiχtī
accusativo: *wiχtin 
vocativo: *wiχti 
strumentale: *wiχtī
 
Plurale
 
nominativo: *wiχtīz
genitivo: *wiχtijōn
dativo: *wiχtimaz
accusativo: *wiχtinz 
vocativo: *wiχtīz
strumentale: *wiχtimiz

Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche): 

Gotico: waihts "cosa"
Norreno: véttr, vætr "creatura, specie di gnomo"
Antico inglese: wiht, uht "cosa" 
  Medio inglese: wight "creatura, cosa; persona; mostro; 
     piccola quantità" (pl. wightes
  Inglese moderno: wight "creatura, entità", whit "piccola 
    quantità" 
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"
  Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
      ragazza"  
   Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza"
Antico sassone: wiht (f.) "creatura, cosa; persona"
Antico alto tedesco: wiht "creatura; cosa"
  Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa" 
  Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano"
 
Esiste anche una variante i cui esiti non sono sempre facili da distinguere, specialmente nelle lingue moderne. Eccola: 
 
Proto-germanico *wiχtan "cosa; creatura" (genere: neutro).  

Singolare 

nominativo: *wiχtan
genitivo: *wiχtas, *wiχtis  
dativo: *wiχtai
accusativo: *wiχtan
vocativo: *wiχtan  
strumentale: *wiχtō
 
Plurale
 
nominativo: *wiχtō
genitivo: *wiχtōn
dativo: *wiχtamaz
accusativo: *wiχtō 
vocativo: *wiχtō
strumentale: *wiχtamiz
 
Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche): 
 
Gotico: ni waiht "nulla" 
Antico inglese: wiht "creatura, cosa";
     āwiht "qualcosa";
     nāwiht, nōwiht "niente"
  Medio inglese: wight "creatura, cosa, persona; mostro; 
     piccola quantità" (pl. wighten);  
     ought "qualcosa";
     naht, noht, noght, naght, naught "niente"
  Inglese moderno: wight "creatura, entità";
     nought
, naught "niente", not "non"
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"; 
      niewiht, nuwieht, niuweht "niente" 
  Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
      ragazza"; 
      niwet, nit, niet "niente"  
   Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza";
      niet "non", "no"
Antico sassone: wiht (n.) "creatura, cosa, persona"; 
     neowiht, niowiht, nieht "niente"  
   Medio basso tedesco: wicht, wucht (n.) "cosa"
Antico alto tedesco: wiht (m., n.) "creatura; cosa";
      niowiht "non"
  Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa"; 
     niuweht, nieweht, niht, nit "niente, nessuno; non"
  Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano";
      nicht "non"
 
A questo punto è chiarissima l'origine longobarda di guitto e di Guittone
 
Longobardo ricostruito: 
  GUICT "creatura, cosa"; "buono a nulla, vagabondo"; 
  NIGUECT, NEIGUECT, NAIGUECT "niente".
Il pronome indefinito ha lasciato importanti esiti in alcuni dialetti gallo-italici della Lombardia: milanese nigòtt "niente", brianzolo nigòtt, nagòtt "niente"; in bergamasco ho sentito vergòt, ergòt "qualcosa". 
 
Non ho dubbi sul fatto che il catalano guit provenga da una forma germanica, la stessa che troviamo nell'antico alto tedesco wiht. Si potrebbe pensare che l'origine sia nella lingua dei Franchi. Tuttavia si nota che non risulta un esito di questa radice passato al francese o al provenzale. Potrei sbagliarmi, ma se esistesse, i romanisti lo avrebbero già usato come fonte etimologica. Non credo che i Franchi avessero potere in Catalogna. Non può trattarsi di una parola del germanico orientale a causa del vocalismo. Resta un'unica soluzione: è provenuta dall'Italia. 
 
Conclusioni 
 
Con questo contributo ho fatto chiarezza su alcuni punti controversi. 
 
1) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dall'olandese guit
2) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dal catalano guit, essendo vero il contrario. 
3)  Ho enunciato l'origine longobarda dell'italiano guitto e dell'antroponimo Guittone.