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sabato 4 febbraio 2023


Á SPRENGISANDI

Gruppo: Islandica
Paese: Islanda 
Lingua: Islandese 
Album: Íslandsklukkur - Icelandic Folk Music -
       Rhythms Of The North 
Anno: 1994 
Produttori: Magnús Þór Sigmundsson,
       Rafn Ragnar Jónsson 
Cantante: Bergþór Pálsson 
Autore del testo: Grimur Thomsen (1820 - 1896) 
Genere: Folk 
Stile: Nordic 
Link: 


Testo:

Á sprengisandi  

Ríðum, ríðum og rekum yfir sandinn,
rennur sól á bak við Arnarfell,
hér á reiki er margur óhreinn andinn,
úr því fer að skyggja á jökulsvell;
Drottinn leiði drösulinn minn,
drjúgur verður síðasti áfanginn.
Drottinn leiði drösulinn minn,
drjúgur verður síðasti áfanginn.
 
Þey þey! þey þey! þaut í holti tófa,
þurran vill hún blóði væta góm,
eða líka einhver var að hóa
undarlega digrum karlaróm;
útilegumenn í Ódáðahraun
eru kannske að smala fé á laun.
útilegumenn í Ódáðahraun
eru kannske að smala fé á laun.
 
Ríðum, ríðum, rekum yfir sandinn,
rökkrið er að síða á Herðubreið,
álfadrottning er að beisla gandinn,
ekki er gott að verða á hennar leið;
vænsta klárinn vildi ég gefa til
að vera kominn ofan í Kiðagil
vænsta klárinn vildi ég gefa til
að vera kominn ofan í Kiðagil

Traduzione in italiano:

Sullo Sprengisandur 

Cavalchiamo, cavalchiamo e arranchiamo sulla strada 
Il sole tramonta dietro Arnarfell 
Qui vagherà lo spirito molto impuro 
Dopo che avranno iniziato a calare le ombre sul ghiacciaio
Il Signore guida il mio cavallo
Si fa dura l'ultima tappa
Il Signore guida il mio cavallo
Si fa dura l'ultima tappa
 
Ssh, zitto! Ssh, zitto! Una volpe è corsa sulla collina
Il palato secco vuole inzuppare di sangue
Oppure era qualcuno che urlava
Con una voce maschile stranamente profonda
Fuorilegge nell'Ódáðahraun 
Stanno forse radunando le pecore in segreto
Fuorilegge nell'Ódáðahraun
Stanno forse radunando le pecore in segreto
 
Cavalchiamo, cavalchiamo, arranchiamo sulla strada
Il crepuscolo cala accanto al Herðubreið 
La regina degli elfi sta bardando il cavallo
Non è buona cosa trovarsi sulla sua strada
Il mio fedele destriero donerei volentieri
Per giungere fin dentro il Kiðagil 

Note:
1. Strada che fin dal medioevo attraversa lo Sprengisandur
2. Arnarfell: città nella pianura Þingvellir
3. Ódáðahraun: grande deserto freddo vulcanico ai confini dello Sprengisandur
4. Herðubreið: vulcano situato nell'Ódáðahraun
5. Kiðagil: gola che segnava l'arrivo nella zona sicura della via dello Sprengisandur e la prossima fine del viaggio 


Glossario islandese-italiano:  

að vera kominn "per giungere" 
   koma "venire", "giungere" 
andinn "lo spirito" (forna articolata di andi "spirito") 
Arnafell, lett. "Montagna delle Aquile" 
    arna "delle aquile" + fell "montagna";
    arna è il genitivo plurale di örn "aquila". 
á "su" (preposizione + dativo) 
á bak "dietro" 
á hennar leið "sulla sua strada" 
   hennar "di lei"; leið "strada"  
á jökulsvell "sulla superficie del ghiacciaio" 
   jökull "ghiacciaio" + svell "superficie ghiacciata" 
á laun "in segreto", "segretamente" 
á reiki "sta vagando" 
    reika "vagare" 
á Sprengisandi "sullo Sprengisandur" 
áfanginn "la tappa" (forma articolata di áfangi "fase",  
    cfr. áfang, alla lettera "tocco rozzo o violento", ma
    anche "multa") 
álfadrottning "regina degli elfi" 
    álfur "elfo" + drottning "regina" 
beisla "bardare" (lett. "fornire di briglia")
Drottinn "Il Signore" 
drösulinn minn "il mio cavallo" (accusativo, 
    da drösull, cfr. norreno drasill "cavallo, stallone") 
drjúgur "sostanziale, considerevole" 
Herðubreið, lett. "Ampio di spalle", 
    da herðar "spalle" + breið "ampia, larga" (femminile
    di breiður "ampio, largo") 
hér "qui" 
eða "o", "oppure" 
einhver var "era qualcuno" 
   einhver "qualcuno", var "fu, era"
ekki "non", "niente" 
ekki er gott "non è cosa buona" 
er "è" 
er að síða "sta calando" 
gandinn "cavallo, cavalcatura" (accusativo,
     da gandur, che significa anche "bacchetta magica";
     cfr. norreno gandr "lupo, bestia pericolosa",
     "spirito immondo") 
hóa "chiamare ad alta voce" 
í holti "sulla collina" (lett. "nella collina") 
kannske "forse" (prestito dal danese, lingua coloniale;
     già dall'aspetto si capisce che non è un termine nativo) 
karlaróm "voce di uomo", "voce maschile" 
    digrum karlaróm "con grossa voce maschile", 
    digur "grosso" (detto ad es. di voce) 
Kiðagil, lett. "Burrone dei Capretti" 
    kiða "dei capretti" + gil "burrone"; 
    kiða è il genitivo plurale di kið "capretto" 
klárinn "il destriero" (forma articolata di klár "destriero",
    da non confondersi con l'omofono aggettivo klár
    "intelligente") 
leiði "che guidi" (tradotto con "guida") 
líka "anche", "allo stesso modo" 
margur óhreinn "molto impuro" 
    ó-, prefisso negativo; hreinn "puro" 
ofan í "fin dentro" 
og "e" (dal norreno ok
Ódáðahraun, lett. "Campo di lava delle atrocità" 
    ódáða "delle atrocità" + hraun "campo di lava"; 
    ódáða è il genitivo plurale di ódáð "atrocità, delitto"; 
    il toponimo spesso è tradotto con "Campo di lava 
    dei fuorilegge". 
rekum "arranchiamo" 
    reka "costringere", "condurre"; "far andare alla deriva",
    etc. 
rennur "corre" (il sole corre dietro ad Arnafell =
     il sole tramonta dietro ad Arnafell)
ríðum "cavalchiamo" 
    ríða "cavalcare" 
rökkrið "crepuscolo" 
síðasti "l'ultimo" 
skyggja "fare buio", "calare" (detto dell'oscurità)
smala fé "radunare le pecore" 
   eru kannske að smala fé "stanno forse radunando
   le pecore" 
Sprengisandur, lett. "Sabbia su cui si balza in fretta" 
sól "sole" 
til "a", "verso" (preposizione + genitivo)
tófa "volpe" (plurale tófur
undarlega "stranamente" 
úr því fer "da quando va", "da quando inizia"   
    fara "andare" 
útilegumenn "banditi", "fuorilegge" 
verður "diventa" 
    verða "divenire" 
við "vicino, presso"; con" (preposizione + accusativo) 
vildi ég gefa "donerei", "dare" 
vill hún "lei vuole" 
    vilja "volere", hún "lei, essa" 
vænsta "volentieri" 
væta "inumidire", "inzuppare" 
   væta blóði "inzuppare col sangue" 
yfir sandinn "sulla sabbia" (tradotto con "sulla strada") 
þaut "saltò su" 
   þjóta "saltar su", "affrettarsi" 
þey! "zitto!" 
þurran góm "il palato secco" (accusativo maschile,
   da þurr "secco", gómur "palato")

Recensione: 

Per apprezzare appieno questo bellissimo brano, è necessario conoscere qualcosa della storia su cui si fonda il testo. Quando l'Islanda fu popolata da coloni giunti dalla Norvegia, col significativo contributo di schiavi importati dall'Irlanda e dalla Scozia, i centri abitati più popolosi si svilupparono nella parte sudoccidentale dell'isola. In particolare, a Þingvellir (lett. "Prati dell'Assemblea", ortografia anglicizzata Thingvellir) si riuniva ogni anno il Parlamento (Alþingi), cuore palpitante delle istituzioni democratiche islandesi. Nonostante la parte settentrionale dell'isola fosse poco favorevole dal punto di vista del clima e delle risorse, vi si trovavano diverse comunità. I loro notabili avevano necessità di raggiungere la sede del Parlamento per discutere le cause: l'isolamento era un lusso che nessuno poteva permettersi. La via più sicura per giungere a destinazione prevedeva un lungo viaggio tramite nave, costeggiando i fiordi. C'era il rischio concreto che ad essere avvantaggiato fosse chi arrivava prima, perché poteva contare su più tempo per trovare sostenitori. Per questo motivo qualcuno ebbe l'ardire di compiere un viaggio molto più breve ma denso di pericoli mortali, che prevedeva di attraversare la parte interna dell'isola servendosi della strada detta Sprengisandur (nei testi delle saghe era conosciuta semplicemente come Sandr "Sabbia" o Sandleið "Strada sabbiosa"). La desolazione era spaventosa: non si trovavano sorgenti e non cresceva nemmeno un filo d'erba, per circa 200 chilometri! Erano terre senza vita, inospitali come Marte. Per questo, si doveva percorrere la via nel più breve tempo possibile. Si procedeva su un carro trainato da un cavallo. Si doveva portare acqua e cibo. Se il cavallo moriva era la fine: si restava abbandonati nel deserto. Fiorivano leggende funeste. Si narrava che nell'area impervia chiamata Ódáðahraun trovassero rifugio numerosi fuorilegge, che avrebbero trovato modo di nascondervi quanto necessario a sopravvivere. Poi c'erano i fantasmi di coloro che avevano fallito la traversata, condannati a rimanere tra le gelide sabbie per l'Eternità. Tale era il terrore che a un certo punto nessuno ebbe più il coraggio di mettersi in viaggio lungo lo Sprengisandur, di cui si finirono col perdere le tracce, anche se non fu mai dimenticato. Oggi è una strada sterrata F26, utilizzata dagli amanti dell'avventura.

In questi tempi degenerati, il Folk è una necessità. Musica di questo tipo è sommamente utile e meritoria, in qualche modo aiuta a contrastare l'Oblio, almeno finché dura in noi un barlume di vita. Se ne può trarre un grande diletto.   

lunedì 19 dicembre 2022

ALCUNE NOTE SU UN TARDO ESITO DEL LONGOBARDO MORGINCAP 'DONO NUZIALE'

Nell'opera di Romano Colizzi, Le Pergamene di Conversano Tracce longobarde, a pag. 90 si trova la testimonianza di un'interessante sopravvivenza di una parola giuridica longobarda nella toponomastica della Puglia. 

"Nella toponomastica salentina si trova un toponimo che secondo alcuni studiosi potrebbe derivare da morgincap: la Masseria Malciccappa (F.203, III, NO) tra Sava e Francavilla Fontana. Il Besta interpreta questo termine con l’espressione scherzosa ma minacciosa ‘morte a chi incappa’32. Però avvicinare Malciccappa a morgincap sembra molto problematico. In dialetto brindisino il toponimo appare come maru c’incappa ‘povero a chi ci capita’33. Dal termine dialettale - di cui Malciccappa sembra una ‘traduzione’ in italiano, forse 
per poterlo riportare nelle carte dell’I.G.M. - si potrebbe ipotizzare, una derivazione deformata - come suppone il Rohlfs - da morgincap. È da notare nel termine dialettale la presenza di c e p come morgincap, nelle leggi posteriori all’E.R. Ma, come sostiene il Sabatini, "è difficile pronunciarsi su tale toponimo".34" 

32 BESTA 1933, p. 154. 
33 VDS, I, p. 323.
34 SABATINI 1964, p. 198 

L'opera di Enrico Besta a cui l'autore allude è La famiglia nella storia del diritto italiano, Padova, Cedam, 1933.

Lo stesso testo sul toponimo Malciccappa, quasi identico, con soltanto lievi refusi relativi ad alcuni spazi tra parole, oltre a una diversa numerazione delle note, ricorre in un'altra opera di Colizzi, consultabile su Academia.edu: 


Inoltre si trova questo testo aggiuntivo, che riporto tal quale: 

"Il morgincap ,(in ted Morgengabe) è il ‘dono del mattino’ –se ne parla nell’Editto di Rotari e nelle leggi di Liutprando - che il marito consegnava alla donna con carta scritta, notificata da testimoni e davanti ad amici e parenti, Consisteva in una donazione di un quarto del patrimonio del marito.Poiché veniva consegnato, di solito, il giorno dopo gli sponsali25, si è creduto che fosse un praemium pudicitiae , ma non lo era. Era ,invece, “una elargizione [….] che l’uomo compiva per significare pubblicamente la sua intenzione di conferire piena e legale validità al vincolo matrimoniale”26. Il morgincap è presente in tanti documenti pugliesi dell’epoca longobarda e in quelle posteriori." 

25 In alcuni documenti veniva consegnato in die nuptiarum :CDB, VIII, a. 1167;CDB, XX, a. 901… 
26 M.SCOVAZZI,Scritti di storia del diritto germanico, II vol.,Milano 1975, p.45. 

Sono perfettamente d'accordo con Gerhard Rohlfs sulla derivazione del toponimo salentino in questione dal termine giuridico longobardo morgincap "dono del mattino". La prudenza di Colizzi e di Sabatini mi pare eccessiva e non porta da nessuna parte. 

Alcune note etimologiche:

Protogermanico: *morginageβō, *morginagǣβōn 
   (< *morginaz "mattino" + *geβō, *gǣβōn "dono")
Significato: "dono del mattino" 
Genere grammaticale: femminile 
 Esito longobardo: morgincap 
   Varianti documentate: morgingapmorgincaph,  
      morginkab, morginigab, morginicaph  
   Forme corrotte: morgincaput, morgit capud,
      morginicapud, mornicapud  
 Esito antico alto tedesco: morgangëba, morgangâba 
 Esito antico inglese: morgengyfe, morgengifu  
 Esito norreno: morgingjǫf 
Nota: 
La forma longobarda mostra il totale dileguo della terminazione femminile del secondo membro del composto. Si noti l'occasionale conservazione di una vocale finale nel primo membro del composto. 
Le varianti morgincaphmorginicaph mostrano una rotazione consonantica estrema (-b > -p-ph).
Le forme "corrotte" in -ut, -ud non sono chiare. Potrebbero presentare l'influenza fonetica del mediolatino caput "capo, testa", anche se la semantica sarebbe insensata. Non può tuttavia essere escluso che -ut / -ud sia un tentativo difettoso di trascrivere una forma obliqua della declinazione protogermanica femminile debole in *-ōn, nel qual caso sarebbe da restituire la lettura *morgin(i)capun. Del resto, in morgit capud è denasalizzata anche la consonante finale di morgin-. L'oscurità permane, in attesa di nuovi dati.

Forma tedesca moderna: Morgengabe 
   Genere grammaticale: femminile 
      (die Morgengabe)
Forma italiana (dal tedesco moderno): morgengabio 
Nota: 
La pronuncia del lemma è problematica, è verosimile che sia morghengàbio /morgen'gabjo/, non ortografica; va detto che non ne ho trovato indicazione da nessuna parte. Non posso escludere che qualcuno pronunci la parola, che è un tecnicismo, in modo ortografico come /mordʒen'gabjo/.
    Derivazione aggettivale: morganatico 
    Glossa mediolatina: donum matutinale 
    Glossa inglese: morning gift
    Glossa francese: douaire 




Questa è la trafila fonetica ricostruibile: 

/'mɔrginkap/ => /'mɔrkinkap/ => /'mɔrkjinkap/ => /maltʃik'kappa/ 

Causa della mutazione: palatalizzazione secondaria dell'occlusiva velare /g/ davanti a vocale anteriore; lo sviluppo deve essere stato tardo e influenzato dalla parlata romanza, ma presenta comunque alcune peculiarità. I problemi sono  a mio avviso minori di quanto ritenuto dal Colizzi. 

Falsa etimologia:
Sembra di cogliere una violenta satira contro il matrimonio, dato che il dono fatto dal marito alla moglie è venuto ad essere interpretato come "male ci incappa"

Conclusioni: 

La lingua dei Longobardi è un patrimonio di cui mi auspico il recupero. Il mio sogno è renderla nuovamente viva. Non mancano i mezzi. Manca la volontà! 

mercoledì 7 dicembre 2022

ETIMOLOGIA LONGOBARDA DEL TOPONIMO AFFORI

Tra i molti quartieri di Milano, uno ha un nome particolarmente bizzarro e degno di nota: Affori. Si trova nella periferia settentrionale della città. "Vi si trovano cascine, palazzi d'epoca dei primi novecento, ville e case borghesi, edilizia popolare del boom anni sessanta e bei condomini recenti" (Fonte: Tripadvisor). Un tempo il toponimo in questione era famoso e dava nome a una locuzione di uso corrente: la Banda d'Affori. Esisteva anche una canzone popolare milanese intitolata Il tamburo della Banda d'Affori (1942), testo di Mario Panzeri e Nino Rastelli, interpretata da Aldo Donà e in seguito dal mitico Nanni Svampa. Faceva così: "L'è 'l tamburo principal della Banda d'Affori, ch'el comanda cinquecentocinquanta pifferi". Tale banda musicale è stata fondata nel 1853 da un piccolo gruppo di appassionati di musica, divenendo poi un corpo bandistico importante. Risulta attiva ancora oggi. 

Toponimo: Affori 
Forme milanesi: Affor, Affer
Pronuncia: /'afur/, /'afer/ 
(accento sulla prima sillaba)

Attestazione antica: 
Affoni 
Pronuncia: /'affoni/ 
(accento sulla prima sillaba) 
Varianti: Afoni, Afori, Avori 
Epoca della prima attesazione nota: Anno 915. 
Documento: Codice Diplomatico Longobardo. 
Riferimento: Colonna 796/d 
Testo: Signum manus Ambrosii de loco Affoni. 
Altre datazioni: Afoni (anno 1006), Afori (anno 1009; anno 1214), Avori (anno 1019).
Nota: 
Le circostanze in cui si è prodotto il rotacismo della nasale -n- sono oscure. Secondo i romanisti, l'alternanza -r / -n rilevata nelle trascrizioni Afori / Afoni sarebbe analoga a quella riscontra negli antroponimi Cristoffer / Cristoffen "Cristoforo" o Melchiorre / Marchionn. Tuttavia, in questi casi la forma con -r- è quella originale, mentre risulta chiaro che nel caso di Affori la forma più antica è quella in -n-.  

False etimologie latine 
 
1) Latino Ad fontem "Alla fonte"; 
2) Latino Ad forum "Al mercato";  
3) Latino A foris "Da fuori", "Fuori (Milano)", da Sancta Iustina a foris, supposto nome della chiesa del paese, per distinguerla da un'altra chiesa di Santa Giustina, collocata in Milano presso Porta Romana. 
4) Latino Ad forem "Alla porta", "All'entrata", riferito al borgo intorno alla chiesa di cui sopra, intesa come "chiesa foranea". 
Note: 
Questi rozzissimi tentativi di spiegazione, frutto di latinisti rudimentali di qualche parrocchia sprofondata nel coma storico, sono a dir poco insensati. Non è possibile che l'accento sia passato sulla preposizione, che è per sua natura atona.  Parole come fontem, forum e simili non possono essere tagliuzzate o ridotte a mere terminazioni atone seguendo le bizze dell'arbitrio. Anche ammettendo tali stupide pseudoetimologie, gli esiti in milanese sarebbero stati questi, tutti con l'accento sull'ultima sillaba: 
1) *Affont /*a'funt/ 
2) *Affœur /*a'för/
3) *Affœur /*a'för/ 
4) *Affœur /*a'för/ 
Tutto ciò è in contrasto con la realtà dei fatti. Contra factum non fit argumentum

Ulteriori false etimologie 

i) Il toponimo Affori deriverebbe dall'antroponimo latino Afer alla lettera "Africano", attestato in un'iscrizione su lapide (CIL V, 5864). Se così fosse, troveremmo nei documenti il genitivo Afri, cosa che non avviene. Questo tentativo etimologico contraddice le attestazioni.
ii) Secondo un'ipotesi trovata nel magma informe del Web, il toponimo Affori sarebbe da accostarsi al seguente antroponimo:  
 
Antico inglese: Offa, nome di un Re degli Angli 
Varianti: Wuffa, Uffa 
Etimologia: 
L'antroponimo si spiega come un ipocoristico dell'antico inglese wulf "lupo". 
Un simile antroponimo longobardo attestato: Hoffo
(la consonante h- non è etimologica ed era muta; vedi Colizzi, 2022). 
Nota: 
Come si può ben vedere, questo tentativo etimologico non può spiegare le attestazioni storiche. Il vocalismo è incompatibile con quello di Affoni, etc.

L'etimologia più plausibile 

Protogermanico: *apǣn 
Ricostruzioni alternative: *apô 
Genere: maschile 
Significato: "scimmia"; "persona stupida" 
    Esito antico alto tedesco: affo "scimmia" 
         Esito medio alto tedesco: affe "scimmia"
         Esito tedesco moderno: Affe "scimmia"
    Esito longobardo: *apho, *affo "scimmia" 
    Esito antico sassone: apo "scimmia"
    Esito antico inglese: apa "scimmia"
        Esito medio inglese: ape, aape, eape "scimmia"
        Esito inglese moderno: ape "scimmia"
    Esito norreno: api "scimmia"; "persona stupida" 
    Esito gotico: *apa "scimmia" 

Questa è la declinazione protogermanica ricostruibile: 

Singolare:
nominativo: *apǣn
vocativo: *apǣn
accusativo: *apanun
genitivo: *apiniz 
dativo: *apini  
strumentale: *apinǣ 

Plurale: 
nominativo: *apaniz
vocativo: *apaniz
accusativo: *apaniz
genitivo: *apanôn
dativo: *apammaz
strumentale: *apammiz 


Questa è la declinazione dell'esito antico alto tedesco:

Singolare: 
nominativo: affo 
accusativo: affon, affun 
genitivo: affen, affin 
dativo: affen, affin 

Plurale: 
nominativo: affon, affun
accusativo: affon, affun 
genitivo: affôno 
dativo: affôm, affôn 

Questa è la declinazione dell'esito longobardo ricostruibile: 

Singolare: 
nominativo: *apho, *affo 
accusativo: *aphon, *affon 
genitivo: *aphon, *affon 
dativo: *aphon, *affon 

Plurale: 
nominativo: *aphon, *affon 
accusativo: *aphon, *affon 
genitivo: *aphono, *affono 
dativo: *aphon, *affon 

Forme latinizzate alla base del toponimo: 
genitivo singolare: Affoni 
nominativo plurale: Affoni 

Semantica 

La possibilità sono due: 

a) L'abitato ha tratto il nome dal suo fondatore, che si sarebbe chiamato Affo "Scimmia"; 
b) L'abitato ha tratto il nome dalla sua popolazione, che avrebbe avuto una fama di scarsa intelligenza e di stupidità. Il senso di "persona stupida" è ben attestato in norreno e dovette essere comune. Esempio: norreno margr verðr af aurum api "i soldi rendono la gente (come) una scimmia". 

Dal momento che le attestazioni di Affoni e varianti sembrano essere genitivi singolari (es. de loco Affonivico Afori, locus Afori, loco et fundus Avoni, etc.), l'interpretazione favorita è la prima: Affoni = di Affo. Se valesse la seconda, dovremmo assumere che Affoni è una forma indeclinabile, il che porrebbe qualche problema morfologico.  

Conclusioni 

Colgo l'ennesima occasione per stigmatizzare Google, che smuove la polvere e diffonde i deliri di dilettanti ormai ricomposti negli ossari, dando loro un'immeritata autorevolezza - complici le perversioni immonde del sistema scolastico. 

mercoledì 16 novembre 2022

ETIMOLOGIA DELL'INGLESE AUSTRALIANO DINKUM 'VERO', 'GENUINO'

Molti anni fa mi è capitato di imbattermi in una strana parola gergale dell'inglese australiano, il cui suono mi ha subito colpito per il suo aspetto fonetico a dir poco inconsueto: dinkum, che significa "vero", "genuino". Mi sono domandato quale ne potesse essere l'origine, poi ho dovuto occuparmi d'altro e la questione per un po' è sprofondata nei mie banchi di memoria stagnante. Ora ne è riemersa. 

Partiamo dai dati disponibili: 

dinkum
Pronuncia: /'dɪŋk
əm/
Uso: aggettivo 
Comparativo: more dinkum 
Superlativo: most dinkum 
Significato: 
1) vero 
2) genuino  
3) onesto 
Prima attestazione nota: 1879 
Nazione: Australia  
Attestazioni in dialetti inglesi: Derbyshire, Lincolnshire (fine XIX secolo) 
Area di uso attuale: Australia, Nuova Zelanda 
Condizioni: slang in fase di obsolescenza 

dinkum
Pronuncia: /'dɪŋk
əm/
Uso: sostantivo 
Origine: derivazione aggettivale
Significato: 
1) duro lavoro 
2) verità 
Prima attestazione nota: 1882, nel significato 1) 
Area di uso attuale: Australia, Nuova Zelanda 
Condizioni: slang in fase di obsolescenza 

Derivati: 

dinkum oil "la verità" 
fair dinkum "genuino", "onesto" 
straight dinkum "genuino", "onesto" 
dinky-die "genuino", "vero", "onesto" 



Esempi: 

1) aggettivo  

Hon. Sir Ross McLarty: We were always dinkum.
Mr. MAY: The ultimate result showed how dinkum the hon. member was.
(Parlamento dell'Australia Occidentale, dibattiti parlamentari, 1956)

The dinkum Aussie everyone talks about, almost always with a certain unreal sentimentality, is clearly a worker.
(Craig McGregor, Profile of Australia‎, 1966)

Larry's jeep was behind mine, and as I went past an intersection, I saw a lot of their chaps around a dinkum super Mark VI tank — p'raps a Mark VII or VIII. I didn't have a chance for a proper dinkum look-see, what?
(A. J. Liebling, Direction: Paris: Mollie and Other War Pieces, 2004) 

He explained that he was due to have a game of hazards that night with a couple of Italian prospectors and that he was doctoring the dice so that they would do just what he wanted them to do.
‘Tim, is this game dinkum?’ asked Ted.
Highly indignant that such a suspicion should arise, he replied angrily:
‘Of course it's dinkum. They'll have loaded dice too!’
(Ron Fitch, Australian Railwayman: From Cadet Engineer to Railways Commissioner, 2006) 

2) sostantivo 

You look real jockey — thats' the dinkum.
(Ralph Albert Parlette, The Lyceum magazine, 1917)

Etimologia: 

L'etimologia di dinkum è considerata sconosciuta. L'unico raffronto che ha una parvenza di verosimiglianza è con il verbo to ding "colpire", "infliggere un piccolo danno", che nel dialetto del Gloucestershire significa "lavorare duramente". 

to ding
Pronuncia: /tə 'dɪŋ/
Uso: verbo
III persona sing. indicativo presente: dings 
Participio presente: dinging
Passato semplice: dinged, dang *
Participio passato: dinged, dung *
Significato: 
1) colpire (glossa: hit or strike)
2) gettare violentemente 
3) infliggere un danno minore, specialmente colpendo 
4) licenziare 
5) penalizzare, sottrarre punti (alla patente, etc.) 
6) fallire un colpo (di palla da golf) 

*Le forme della coniugazione forte (irregolare) sono ormai obsolete. 

(Etimologia 1)

Questa sarebbe la catena di slittamenti semantici: 

Inglese to ding "colpire" => 
Inglese del Gloucestershire to ding "lavorare duramente" => 
Inglese australiano *ding-come "duro, indefesso" (detto di lavoro)  => "onesto" => "vero", "genuino"; 
=> dinkum "duro lavoro" => "cosa onesta" => "cosa genuina, vera" 

La ricostruzione *ding-come, che cerca di spiegare la strana terminazione della parola, svela un antico composto, il cui secondo elemento ci appare connesso al norreno kvǽmr "utile", a sua volta dal protogermanico *kwǣmiz (*kwēmiz) "utile", "adatto". 

La radice verbale che forma la prima parte del composto, è parimenti di origine protogermanica. Ecco alcuni dati utili:  

Protogermanico: *dingwanan 
Significato: battere 
Discendenti: 
    Antico inglese: dingan "colpire violentemente", 
         "attaccare"; "ottenere vittoria" 
      Medio inglese: dingen "colpire violentemente",
         "attaccare"; "ottenere vittoria" 
      Inglese: to ding "colpire"; "infliggere un piccolo danno"
    Antico svedese: diunga "battere"

Questa è la forma causativa: 

Protogermanico: *dang(w)ijanan 
Significato: battere, colpire, martellare 
Discendenti: 
   Antico inglese: denċgan, denġan "battere", "colpire"
      Inglese: to dinge "battere", "colpire" 
   Norreno: dengja "battere", "martellare" 
      Antico svedese: dængia "battere", "colpire"
   Medio alto tedesco: tengen "martellare"
      
Tedesco: tengeln, dengeln "martellare" 
Derivato nominale: 
Protogermanico: *dang(w)alaz 
Significato: martello 
Discendenti: 
    Antico alto tedesco: tangal "martello" 


Conclusioni: 

Giungo a ricostruire una parola gergale norrena *ding-kvǽmr "che batte in modo utile", "utile nel battere", in origine epiteto poetico del fabbro. Era una tipica kenning. Questo termine deve essere giunto in Inghilterra all'epoca dei Vichinghi, vivendo sotterraneamente per secoli come un fiume carsico in contesti marginali, per poi emergere in Australia e in alcune aree dell'Inghilterra sul finire del XIX secolo. 

sabato 12 novembre 2022

ETIMOLOGIA DELL'INGLESE AFROAMERICANO TO JIVE 'INGANNARE'; 'BALLARE'

Il jive o jive jazz è una danza in ritmo di 4/4, che ha avuto origine negli Stati Uniti d'America nei primi anni '30. Si è formata tra gli afroamericani; anche la musica che accompagnava il ballo è chiamata musica JiveNel ballo da sala da competizione, il jive è spesso raggruppato con i balli da sala di ispirazione latina, anche se le sue radici sono molto diverse e basate sullo swing. Questo è ciò che si puà apprendere esplorando il vasto Web. Ora rimane la solita domanda etimologica: qual è l'origine della parola jive?

Partiamo dai dati disponibili: 

to jive 
Pronuncia: /tə 'dʒaɪv/
Uso: verbo 
III persona sing. indicativo presente: jives
Participio presente: jiving 
Passato semplice/participio passato:
jived
Significato: 
1) ingannare, prendere in giro 
4) ballare 
Prima attestazione nota: 1928

jive 
Pronuncia: /dʒaɪv/
Uso: sostantivo 
Forma plurale: jives 
Origine: derivazione verbale 
significato: 
1) palese sciocchezza, stronzata, discorso palesemente ingannevole, presa in giro, esagerazione  
2) ballo popolare negli anni '40 e '50
3) swing (stile di musica jazz) 
4) gergo associato ai musicisti jazz (patois hepcat, gergo hipster) 
5) inglese volgare afroamericano (dispregiativo

jive 
Uso: aggettivo 
Significato: 
1) ingannevole 
2) insincero, pretenzioso 
Prima attestazione nota: 1968
     Glossa: not acting right  

Questi sono alcuni derivati: 

hand jive "tipo di danza degli anni '50"
      (variante: hand-jive)
jive around "ballare, danzare"
jive turkey "falso scemo"
jive-ass "falso scemo"
jiver "colui che inganna"; "falso scemo"  



Questi sono alcuni esempi di uso del verbo to jive

1) "ingannare", etc.

Don’t try to jive me! I know where you were last night! 

Lara was pretty certain Charlie was jiving her and she demanded a straight answer.

It's the year when all of the white politicians will be back in the so-called Negro community jiving you and me for some votes.
(Malcolm X, The Ballot or the Bullet, 1969) 

2) "ballare" 

There were a lot of people jiving on the dance floor.

You can dance, you can jive, having the time of your life; ooh, see that girl, watch that scene, diggin' the dancing queen!
(ABBA, Dancing Queen, 1976) 

"Can you flamenco?" "If I have to. How about you?" "Love, I can barely waltz. Jive a bit if I'm pissed enough."
(Peter Corris, Torn Apart, 2010) 

When it was time for stage games, I found myself jiving to Chinese orchestra and *Nsync tunes with my colleague’s sister — one of my “supporters”
(Yeo Sam Jo, The Straits Times, 2015) 

Questi sono alcuni esempi di uso del sostantivo jive

1) "stronzata", etc.

Don’t give me that jive. I know where you were last night. 

Pete asked for the facts without any jive

2) "ballo popolare negli anni '40 e '50" 

Jive, a lively and energetic dance style, has a colorful history that spans several decades and cultures.

3) "swing" 

Harry listens to a lot of jive.

4) "gergo hipster" 

Then the loud sound did seem to fade / Came back like a slow voice on a wave of phase / That weren't no DJ, that was hazy cosmic jive
(David Bowie, "Starman", 1972) 

5) "inglese volgare afroamericano"

Although speaking Western Japanese to your friends in Ōsaka, Kyōto, or Kōbe will allow you to get closer to them, speaking Western Japanese in Tōkyō might seem as outlandish as hearing a Japanese exchange student back home speaking jive or cockney. 
(Peter Tse, Kansai Japanese: The Language of Osaka, Kyoto, and Western Japan: This Japanese Phrasebook and Language Guide Teaches the Kansai Dialect, 1993)

"Oh come on," she said. "I heard you talking jive the other day when you were playing with your dolls. And back in February, when you recited that poem by, by—what was the poet's name?
"Langston Hughes?"
"Right, Langston Hughes," Kanta said. "You spoke jive when you read that poem, remember?"
(Mathea Morais, There You Are, 2019) 

Questi sono alcuni esempi di uso dell'aggettivo jive:

I've had enough of your jive talk; just tell me what I want to know.

Etimologia: 

Nella lingua degli Wolof si riesce a trovare facilmente una parola adatta a spiegare l'origine della parola afroamericana. Eccola:

Wolof: jev, jeu "parlare di una persona assente (in modo denigratorio)"  

Questa è la trafila fonetica ricostruibile: 

Wolof jev => *jēv => 
neo-Wolof afroamericano *jave /dʒeɪv/ => 
neo-Wolof afroamericano *jave /dʒεɪv/ => 
inglese afroamericano jive /dʒaɪv/ 

Questa è la trafila semantica ricostruibile: 

Wolof: "parlare di una persona assente (in modo denigratorio)" => 
neo-Wolof afroamericano: "denigrare" => "dire stronzate", "mentire", "ingannare" 
inglese afroamericano: "eseguire movenze di danza per schernire qualcuno" => 
inglese afroamericano: "ballare" 

Altre proposte etimologiche: 

Un'opinione diffusa, anche se problematica, è quella di chi vorrebbe considerare to jive uno sliluppo di to gyve "incatenare, mettere i ceppi". 

to gyve 
Pronuncia: /dʒaɪv/, /gaɪv/
Uso: verbo 
III persona sing. indicativo presente: gyves
Participio presente: gyving
Passato semplice/participio passato: gyved
Origine: derivazione dal sostantivo (vedi sotto)
Significato: 
1) Incatenare  
2) Mettere i ceppi 

gyve 
Pronuncia: /dʒaɪv/, /gaɪv/ 
Uso: sostantivo
Significato: 
1) catena 
2) ceppi  


Etimologia: 
Il sostantivo gyve deriva dal medio inglese gives, gyves "catene", "ceppi" (plurale tantum). L'origine ultima è considerata incerta, spesso però è ricondotta alle lingue celtiche: gallese gefyn "catena", "ceppi", irlandese geimheal "catena", "ceppi". Trovo l'ipotesi assai plausibile e la sostengo a spada tratta. Escludo invece ogni rapporto con to jive.
Il verbo to gyve, derivato dal sostantivo, è presente già nel medio inglese given "incatenare".  
N.B.
La pronuncia originale aveva un'occlusiva velare (come g- in gatto); il suono affricato postalveolare (come g- in getto) si è sviluppato a causa di un errore da parte di persone che, ignorando il vocabolo, lo hanno appreso dalla scrittura senza averlo mai udito prima, pronunciandolo male per analogia con altre parole a loro ben note. Si tratterebbe quindi di una pronuncia ortografica.

Uno strano caso di lenizione 

Esiste un verbo quasi omofono di to jive, pur avendo diversa origine:  

to jibe 
Pronuncia: /dʒaɪb/ 
Uso: verbo 
III persona sing. indicativo presente: jibes
Participio presente: jibing
Passato semplice/participio passato: jibed
Significato: 
1) rimproverare con parole sdegnose 
2) deridere, provocare, schernire  
3) dire qualcosa in modo scherzoso 
4) essere d'accordo (*) 

(*) In questa accezione, to jibe è un sinonimo di to agree. Esiste la variante to jive "essere d'accordo", che è considerata un errore dall'Oxford English Dictionary (OED). A parer mio non si tratta di un errore: il mutamento è dovuto a una lenizione. Simili evoluzioni sono documentate in un vasto numero di lingue.  

jibe 
Pronuncia: /dʒaɪb/ 
Uso: sostantivo
Forma plurale: jibes 
Origine: derivazione verbale
Significato: 
1) frecciata, stoccata 
2) beffa 


Etimologia: 
Nel senso di "deridere" e simili, deriva dall'antico francese giber "impegnarsi in scherzi; praticare un'attività sportiva in modo rozzo". In ultima istanza deriva dal norreno geipa "dire sciocchezze".  
Nel senso di "essere d'accordo" deriva invece da una parola del gergo marinaresco, to jib, to gybe, con il senso originale di "spostare una vela o un boma sull'altro lato", forse dall'olandese gijpen, gijben "girare all'improvviso", a sua volta di etimologia incerta. 

Conclusioni: 

Sono convinto che to jive derivi dallo Wolof e che la sua trafila evolutiva sia separata da quelle di to jibe e di to gyve. Resta in ogni caso la difficoltà di orientarsi nel mare magnum di infinite voci di un passato oscurissimo, che si sovrappongono in modo sfocato a causa del rumore di fondo!  

venerdì 21 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI COCKNEY 'NATIVO DI LONDRA', 'DIALETTO DI LONDRA'

La prima volta che mi capitò di udire la parola "Cockney" mi trovavo a Londra durante una vacanza estiva con la scuola. Mi giunse voce che nella capitale fosse parlato un dialetto incomprensibile a chi conoscesse soltanto l'inglese standard. La cosa destò subito il mio interesse, ma non potei accedere a informazioni utili. All'inizio riuscii soltanto a sapere che i tassisti londinesi si esprimevano correntemente in questo idioma, cosa che metteva in qualche difficoltà gli stranieri.  Poi, un anno fui ospitato da una famiglia che abitava a Saltdean, nell'East Sussex, ma che era originaria di Londra. L'uomo, un robusto macellaio, era di madrelingua Cockney. Mi disse alcune parole, che trovai stravaganti e impenetrabili. 
A questo punto bisogna porsi una domanda: qual è l'origine della parola Cockney? Passiamo in rassegna i dati disponibili.  

Cockney 
uso: sostantivo 
forma plurale: Cockneys 
significato: 
1) londinese nato a portata d'orecchio delle campane di St Mary-le-Bow 
2) abitante o nativo di parti dell'East End di London 
3) londinese di classe operaia (slang) 
4) dialetto londinese

cockney 
uso: sostantivo 
forma plurale: cockneys 
significato: 
1) variante di Cockney (vedi sopra)
2) persona effeminata; bambino viziato (obsoleto) 
   - sinonimi: sissy, pansy, nancy 

Cockney 
uso: aggettivo 
significato: 
1) dell'East End di Londra
2) di Londra in generale 
3) di o relativo a persone dell'East End o al loro stile di linguaggio. 


Il sostantivo e aggettivo Cockney deriva dal medio inglese cokeney, cokenay "uovo malformato", alla lettera "uovo di gallo". In origine era detto di uomini malaticci, fragili o poco virili. La glossa inglese è infatti “a spoiled child; a milksop, an effeminate man”, ossia "bambino viziato; persona debole, uomo effeminato". Il mistero, soltanto apparente, è presto svelato. Quando si sventra un gallo o un pollo, al suo interno si trovano facilmente i suoi testicoli, che sono un'autentica prelibatezza. Nei secoli passati non era facile avere nozioni sensate di anatomia degli uccelli, così i testicoli del gallo potevano essere facilmente ritenuti uova non pienamente sviluppate - anche perché confondibili nell'aspetto con le ovaie delle galline. Ricordo che da bambino chiamavano quei testicoli "le uova del gallo" o "le uova del pollo". È del tutto naturale passare dalla designazione di un "uovo non ben sviluppato" a un "bambino non ben sviluppato" e simili, e lo era a maggior ragione in un'epoca in cui non esisteva il politically correct a bloccare ogni pensiero.  
La prima attestazione della parola Cockney come etnonimo risale al 1600 e si trova nell'opera di Samuel Rowland The Letting of Humours Blood in the Head-Vaine, dove compare nella locuzione "a Bowe-bell Cockney". Questo è un riferimento al tradizionale quanto stravagante criterio per l'identificazione di un vero Cockney: nel suo luogo di nascita si dovevano sentire le campane della chiesa di St Mary-le-Bow.  

Veniamo ora al medio inglese cokeney, cokenay, vocabolo oltremodo interessante. In medio inglese esisteva la declinazione, anche se le terminazioni si erano molto usurate rispetto a quelle dell'antico inglese (anglosassone). 
Questa è la declinazione delle parole coke "gallo", ey "uovo", che corrispondono rispettivamente all'inglese moderno cock e egg

coke "gallo" 
genitivo: coken 
dativo/accusativo: coken 

plurale: 
coken "galli" 
genitivo: coken
dativo/accusativo: 
coken 

ey "uovo" 
genitivo: eyes 
dativo: eye 
acusativo: ey 

plurale: 
eyren "uova" 
genitivo: eyren
dativo/accusativo: eyren 

Come si può ben vedere, il cosiddetto "genitivo sassone" non era ancora un universale marchio agglutinante come nella lingua moderna. 

Note etimologiche: 

Per quanto riguarda l'etimologia di coke "gallo", risale all'antico inglese cocc, a sua volta prestito dal francese antico coc "gallo", con ogni probabilità di origine onomatopeica, cfr. francese moderno coq. Il norreno deve aver preso kokkr "gallo; uccello maschio" dall'antico inglese o direttamente dall'antico francese.
È stata ricostruita una protoforma germanica *kukkaz "gallo; uccello maschio", che però mi sembra aver poco fondamento. Non è certo tra le più solide. Rimando ad altra sede per una trattazione più approfondita delle origini del nome francese del gallo.  

In inglese moderno, l'uovo è chiamato egg, come tutti ben sanno. Ebbene, è un prestito dal norreno egg "uovo" (plurale egg "uova"), entrato in inglese a partire dai dialetti del Nord, quelli parlati in territori che avevano avuto la maggior influenza da parte dei Vichinghi (Danesi, Norvegesi). Questo scandinavismo, occorso ben oltre la fine dell'Epoca Vichinga, si è molto diffuso nell'Inghilterra meridionale, favorito dal fatto che ey "uovo" era diventato quasi omofono di eye "occhio" (anche se la declinazione era diversa: plurale eyen "occhi", etc.). 
La protoforma germanica ricostruibile è *ajjan "uovo". 

Altri tentativi etimologici:  

1) Medio inglese Cockaigne "Paese della Cuccagna", celeberrimo nome di una terra immaginaria di abbondanza estrema, popolarissima nei racconti di epoca medievale. Il Paese della Cuccagna è descritto tra gli altri da Boccaccio nel Decamerone: ricordo nitidamente la sua narrazione, dominata da enormi montagne di lasagne calde e di formaggio parmigiano grattugiato. Nell'immaginario dei contadini, Londra sarebbe stata la terra dell'abbondanza, una specie di Paese della Cuccagna, da cui sarebbe derivato il nome dei suoi abitanti. Resta il fatto che, in tal caso, l'aspetto morfologico di Cockney non si spiegherebbe facilmente. Forse da una metatesi gergale in cui il dittongo è migrato nella sillaba finale? Non si tiene poi conto dal fatto che in origine l'epiteto Cockney era riferito a un'area ristrettissima. 
Sia l'inglese Cockaigne (varianti: Cocagne, Cocaigne, Cockayne) che l'italiano cuccagna derivano dall'antico francese cocagne, in ultima analisi dal protogermanico *kōkōn "torta". Un'omofonia bizzarra: in inglese moderno Cockaigne suona in modo identico a cocaine "cocaina".  

2) Medio inglese cokeren "coccolare" (glossa inglese: to pamper, coddle; inglese moderno to cocker). Possibili paralleli di questo verbo sono il gallese cocru "indulgere; accarezzare" e il francese coqueliner "vezzeggiare"; "imitare il canto del gallo"; "correre dietro alle ragazze", "fare la corte". In ultima istanza, credo plausibile che dal francese antico sia derivata la forma del medio inglese, e da questa sia a sua volta derivata quella del gallese. Si deve trattare di una derivazione dell'antico francese coc "gallo" (moderno coq), ma l'aspetto morfologico di Cockney non si spiegherebbe in alcun modo.  

Conclusioni: 

Sono dell'idea che l'etimologia corretta di Cockney sia proprio quella che lo fa derivare dal medio inglese cokeney "uovo di gallo". Rende conto meglio di ogni altra dell'aspetto della parola; la trovo soddisfacente anche per quanto riguarda la semantica. Le cose dovettero andare così: in un'area ristrettissima di Londra a un certo punto ci fu grande abbondanza e ricchezza, così le famiglie viziarono i figli, volendo risparmiare loro le durezze della vita. Questi bambini coccolati, crescendo persone deboli e malaticce. I ragazzi divennero effeminati e sodomiti passivi, che andavano in giro a cercare gli stalloni. Le ragazze divennero spitinfie schifiltose e  tirosissime, crudeli puttanelle. Per il resto, non si può dire molto sul preciso contesto storico in cui prese piede questo processo di trasformazione antropologica.