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martedì 12 novembre 2019

NOTE SUL LAVORO DI BOUTKAN-KOSSMANN

Dirk F. H. Boutkan e Maarten G. Kossmann (entrambi dell'Università di Leida) sono gli autori del lavoro Some Berber parallels of European Substratum Words, ossia Alcuni paralleli berberi delle parole di sostreato europee.

Il file in passato era consultabile sul sito dell'Università di Leida al seguente indirizzo: 


Attualmente compare un'inquietante dicitura, under embargo. Il file pdf è sclerotizzato: non è possibile aprirlo né tantomeno scaricarlo. Le mie ricerche nel Web sono state vane, non sono riuscito a trovare l'articolo in questione in altri siti. La speranza è che l'embargo finisca e che il pdf dell'Università di Leida ritorni accessibile. In ogni caso questi fastidiosi inconvenienti, dovuti alle leviataniche pretese di chi vuole monetizzare ciò che non è fatto di materia, non mi dissuadono dal pubblicare la mia recensione dell'opera di Boutkan-Kossmann. 

Questa è l'introduzione, da me tradotta:

"Negli anni recenti, le lingue di sostrato soggiacenti alle lingue indoeuropee dell'Europa hanno ricevuto nuova attenzione da parte di numerosi accademici. Molte parole di sostrato sono state identificate e numerose caratteristiche morfologiche delle parole di sostrato sono state definite (es. Polomé 1989, 1990, Kuiper 1995, Vennemann 1995, Beekes 1996, Boutkan 1998, Boutkan e Kossmann, 1998). Anche l'identificazione delle lingue di sostrato ha ricevuto attenzione. Specialmente il basco e il semitico sono i candidati favoriti (cfr. Vennemann 1995, Kortlandt 1997)."

La ricostruzione del protoberbero si trova ancora a uno stadio molto preliminare. Quindi le proposte per ogni ricostruzione devono essere allo stesso modo considerate preliminari. Valutando la versione proposta del proto-berbero, bisognerà notare i seguenti punti di partenza: 

1) Berbero /f/ e /γ/ sono ricostruiti come *p e *q (occlusiva uvulare sorda) rispettivamente. 
2) Tuareg /h/ (= Ghadames β) è ricostruita come . Siccome il proto-berbero *b è raro in molti contesti, si deve assumere che risalga a **b in uno stadio antecedente della protolingua. 
3) Le vocali brevi sono ricostruite sulla base delle forme del Tuareg meridionale e del Ghadames. Assumiamo che [ă] risalga ad *a breve e che e (ossia lo schwa ə) risalga a *i e *u brevi. 
4) Siccome le vocali lunghe del Tuareg-Ghadames, é e o, sono spesso, anche se non sempre, il risultato di sviluppi secondari, saranno ricostruite come e rispettivamente. 
5) Le vocali che non possono essere ricostruite, ossia la cui qualità è indeterminabile, o che variano secondo schemi di alternanza regolari, sono scritte come [V]

Elenco in questa sede i lemmi trattati dagli autori, riassumendo i dati e fornendo qualche commento a caldo.
Note: 
  i) Nel seguito ho sostituito le forme protogermaniche usate nell'articolo con ricostruzioni a parer mio più affidabili, usando una trascrizione diversa di alcuni fonemi ed esplicitando la desinenza del nominativo singolare.
  ii) Le parole delle lingue dei Guanche delle Canarie sono state aggiunte e commentate dal sottoscritto.
  iii) I confronti con parole etrusche, iberiche e liguri sono stati aggiunti e commentati dal sottoscritto.


1) Latino bāca (italiano bacca)
    Celtico: gallese bagad "grappolo" < *bakatu-  
Protoberbero ricostruito:
     *bqā "mirtillo; mora"
Forme attestate:
Berber del Sous (premoderno) ta-bγa, ta-fγa "mora", Medio Atlante ta-bγa "more di rovo", Rif ta-bγa "tipo d'erba", Chenoua ha-bγa "mora".
Commenti:
Si tratta di forme derivate senza dubbio da un'unica fonte, ma questa non è individuabile. Le forme berbere non sembrano prestiti dal latino, che aveva una vocale tonica lunga /a:/. Anche la la parola gallese presenta problemi simili: gli autori citano l'opinione di Schrijver, che considera dubbia la sua connessione con la parola latina.   


2) Protogermanico (occidentale) *ǣβandaz "sera": 
       antico alto tedesco âband, etc. 
   Protogermanico (nordico) *aftanaz "sera":   
        norreno aptann,
Protoberbero ricostruito:
      *βad "notte"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) éhoḍ, Tuareg (Iwellemmeden) éhăḍ, Ghadames ĕβăḍ, Cabilo, Sous, Medio Atlante, Mzab, Ouargla, Figuig iḍ.
Commenti:
Nelle lingue dei Guanche si trova un'altra radice: enac "notte; sera" (Lanzarote), enaguapa acha abezan "per illuminare la notte" (Tenerife, Tradizione di Güimar).
Potrebbe essere un prestito da una lingua indoeuropea sconosciuta, vista la somiglianza con la protoforma *nekw(t)- / *nokwt-. Prende sempre più corpo la mia ipotesi, a prima vista fantastica, di una spedizione marittima compiuta da Celtiberi e da Germani di Oretania in epoca imperiale, giunta fino a Tenerife.  

3) Latino haedus, sabino faedus < *ghaid- "capretto" 
    Protogermanico *gaitiz "capra":
       gotico gaits "capra", norreno geit, antico alto tedesco geiz, etc.
Protoberbero
ricostruito:
       *āqāḍ "capra femmina";
       *qayd "capretto"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) iγeyd "capretto", Tuareg (Iwellemmeden) éγăyd "capretto", Ghadames têʿaṭ "capra", aʿîḍ "capretto", Cabilo taγaṭ "capra", etc.
Commenti:
Le due radici protoberbere, per quanto foneticamente e semanticamente simili, sono da considerarsi formalmente distinte. Concordo senz'altro con questa opinione degli autori.


4) Protogermanico (occidentale) *krumbaz "curvo, piegato"
    Celtico: antico irlandese cromb, cromm; gallese crwm
       < *krumbos 

Protoberbero
ricostruito:
      *kurVnb- / *kirVnb- "essere curvo, piegato" 

Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) kerembi "essere curvo"; Tuareg (Iwellemmeden) kerenbew "essere curvo"; Rif krumbeš "essere ingarbugliato". 

Commenti:
Boutkan ipotizza che la forma protoceltica sia un prestito dal germanico; a me pare che sia piuttosto il contrario. Sono dell'avviso che la forma Rif krumbeš sia un prestito dal gallico *crumbos, con conservazione della sibilante finale del nominativo singolare. È dimostrato dall'onomastica di epoca imperiale che esisteva una folta comunità di lingua gallica in Africa - come avremo modo di mostrare in altra sede. 


5) Greco púrgos "fortificazione" (var. phúrkos)
    Protogermanico *burgz "città; castello":
        gotico baurgs, norreno borg, etc. 
    Urartaico: burgana "torre"
Protoberbero
ricostruito:
      *farāg "recinto"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) ăfarag' "barriera, recinzione", Tuareg (Iwellemmeden) afărag "barriera, recinzione; giardino", Cabilo afrag "barriera, recinzione", Rif afray "barriera, recinzione" (< *afrag), etc.
Commenti:
A complicare le cose sta l'interazione con la radice innegabilmente indoeuropea *bhṛg'h- "montagna". La parola urartaica è passata come prestito in aramaico (burgôn "torre") e in arabo (burj "torre"). Tutto molto complicato, difficile riuscire a districare la matassa. 

6) Protogermanico (occidentale) *krukjō "stampella": 
       antico inglese cryce "stampella", antico sassone krukka, antico
          alto tedesco krucka, etc.
    Protogermanico (settentrionale) *krōkaz "gancio", *krakǣn
           "bastone uncinato", *krǣkilaz "uncino": 
       norreno krókr "gancio", kraki "bastone uncinato", krækill
           "uncino" 
Protoberbero ricostruito:
      *qaru / *qariy "bastone"
Forme attestate:
Ghadames taγărit "bastone", Cabilo iγṛi "bastone" (arcaico), Medio Atlante taγriyt "bastone", etc.
Commenti: Le alternanze vocaliche decisamente anomale nelle forme germaniche sono un forte indizio di origine non indoeuropea. 

7) Protogermanico *χauβiðan, *χa(u)βuðan "testa, capo" : 
        gotico haubiþ "testa", norreno hǫfuð, antico inglese hēafod,
            antico alto tedesco haubit, etc. 
    Latino caput "testa" 
Protoberbero
ricostruito:
      *qap "testa, sommità"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) éγef "testa", Tuareg (Iwellemmeden) éγăf "testa, sommità", Ghadames éγăf "testa, estremità, sommità", Cabilo ixef "testa, sommità", Medio Atlante ixf "testa", Ouargla, Mzab ixf, iγef "testa", etc.
Guanche: -ife "picco, punta rocciosa"
Commenti:
Si noti che la forma canaria, presente ad esempio nel toponimo Arrecife, è senza dubbio simile alle forme Ouargla e Mzab, ma presenta una maggior evoluzione fonetica e una semantica peculiare.
Nota
:
Segnalo un'imprecisione nell'articolo di Boutkan-Kossmann, relativamente al norreno: è riportata la forma haufuþ, che è soltanto un'antica variante ortografica del corretto hǫfuð (non c'è dittongo).

8) Latino plumbum "piombo"
    Miceneo MO-RI-WO-DO (moliwdos) "piombo" 
    Greco molubdos, molibos, bolimos "piombo" (e varianti)
    Celtico: antico irlandese lúaiḋe "piombo" < *loudijon <
        *plobdjom
 
    Basco: berun "piombo" < pre-basco *belun (-uN)
    Iberico (ricostruito): *beltun "piombo"
    Ligure (ricostruito): *peltrom "lega di piombo e stagno"
Protoberbero
ricostruito:
      *βaldūn / *βāldūn / *būldūn / *βaldūm "piombo"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) ăhâllun "piombo; stagno", Tuareg (Iwellemmeden) aldom "stagno", Tuareg (Ghat) ahellum "piombo", Cabilo, Sous, Medio Atlante aldun "piombo", Mzab, Ouargla buldun "piombo".
Commenti:
Ritengo che la parola berbera sia un prestito diretto dall'iberico. I dati berberi permettono di ricostruire un gruppo consonantico mediano -lt-, che in iberico veniva scritto per ragioni storiche, finendo però per pronunciarsi come semplice -l- prima del passaggio della parola al pre-basco. Proprio come è accaduto all'iberico iltiŕ "città", passato in pre-basco come *(h)ili, da cui il basco attuale hiri, uri "città". Sulle legende monterarie in caratteri iberici si legge iltiŕta, nome della città in cui è avvenuto il conio, che corrisponde alla trascrizione latina ILERDA
Nota:
Ho provveduto a ricostruire la protoforma ligure *peltrom "lega di piombo e stagno" a partire da dati romanzi come l'italiano peltro, lo spagnolo peltre e il francese antico peautre, espeautre. Si comprende abbastanza facilmente che si tratta di un antico prestito dall'iberico, con ogni probabilità con mediazione etrusca.

9) Protogermanico (occidentale) *kraβitaz "granchio; aragosta":
      antico sassone krevit, antico alto tedesco krebiz, etc. 
   Protogermanico (nordico) *krabbǣn "granchio"
      norreno krabbi "granchio" (da cui l'inglese crab, che è un
         prestito) 
   Greco karābos "granchio" (con diverse varianti, tra cui
         grapsaîos)
   Latino cārabus "granchio" (prestito dal greco)
   Latino scarabaeus "scarabeo"
   Italico: osco *skarafaiis, da cui italiano scarafaggio, napoletano
        scarrafone
.  
Protoberbero ricostruito:
       *qirb / *qurb / *qirbī / *qurbī "scudo"
Forme attestate:
   Tuareg (Ahaggar, Iwellemmeden) aγer "scudo", Tuareg (Taneslemt) aγerh "scudo"; si trova una forma medievale isolata, attestata nel berbero del Marocco meridionale: aγri "scudo" (sembra il solo motivo per la ricostruzione di protoforme con ).  
Commenti:
Il confronto potrebbe essere valido, anche se a me pare un po' tirato per i capelli, sia sotto l'aspetto fonetico che sotto quello semantico. Gli autori citano un verbo berbero, la forma isolata Iwellemmeden γărăt "nascondersi dietro", chiedendosi se il termine per "scudo" ne sia una derivazione o se valga l'inverso. Potrebbe tuttavia non esistere alcun nesso.

10) Protogermanico (occidentale) *falisaz (, n) "pietra, roccia":
          antico alto tedesco felis(a), feliso, antico sassone felis, filis
      Protogermanico (nordico) *felzan "montagna":
          norreno fell, fjall "montagna"
     Celtico: antico irlandese all "roccia" (< *allos < *pḷsos); ail
           "roccia" (< *alek); toponimo gallico Alesia 
     Ligure (ricostruito) *palā "pietra, lapide" (preso a prestito dal
           leponzio, palā "lapide")
     Ligure (toponomastico) -pale (fiume Vindupale "Pietra Bianca",
           oggi Prealba)
     Macedone pélla "scoglio" 
     Greco: phelleús "terreno pietroso"
    Etrusco: falas "torre, colonna" (passato in latino come fala "torre di legno"), *falaθu "cielo" (trascritto in caratteri latini come falado "cielo" < "altezza; volta, soffitto di pietra"; il latino palātum "palato; volta del cielo" è esso stesso un prestito più antico dalla stessa fonte)
Protoberbero ricostruito:
      *pallā "altezza"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) afella "alto (superficie superiore, in alto)", Tuareg (Iwellemmeden) afălla "alto, parte superiore", Cabilo -fella "in cima, in alto", Sous aflla "sopra", Medio Atlante afella "ciò che è in alto, ciò che è sopra", Ouargla f-, fell- "su" (ridotto a preposizione).
Commenti:
Senza dubbio è sconcertante la consonanza tra l'etrusco e il protoberbero ricostruito. Purtroppo gli autori dello studio in analisi non hanno considerato raffronti con la lingua dei Rasna. 

11) Protogermanico *silχaz "foca": 
           norreno selr "foca", antico inglese seolh, etc.  
      Voci non indoeuropee attestate in latino: salmō (gen. salmōnis)
           "salmone"; salar "trota" (gen. salaris
      Greco: sélakhos "squalo" (prestito da una lingua pre-greca);
           salpa "tipo di pesce marino" (di origine non IE)        
Protoberbero ricostruito:
     *sūlmay / *slVm "pesce" 
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar) asûlmey "pesce", Cabilo, Medio Atlante, Figuig aslem "pesce", Rif asřem "pesce" (< *aslem); Sous aslm "pesce", Ghadames olisma "scinco", ossia "pesce (della sabbia)". 
Guanche: salema "salpa" (Tenerife)
Commenti:
Gli autori citano alcuni prestiti dal latino al germanico (antico alto tedesco salmo "salmone", etc.), parlando della loro concorrenza col termine nativo *laχsaz "salmone", ancor oggi ben vivo in vaste regioni. Non citano però alcuni dei raffronti qui riportati. Evidentemente la radice neolitica da cui sono derivate queste parole doveva suonare *sVl-, essendo gli altri elementi puri e semplici suffissi a noi ormai oscuri.

12) Protogermanico *skuldrō "spalla":
      antico alto tedesco skultarra, skultirra (moderno Schulter),
      antico inglese sculdor (moderno shoulder), etc.
Protoberbero ricostruito:
      *qrūḍ "spalla, scapola"
Forme attestate:
Tuareg (Iwellemmeden) iγerdén "parte del corpo situata sotto il collo e tra le scapole", Ghadames taγureṭ "spalla", Cabilo taγṛuṭ "scapola, spalla", etc.
Commenti:
Sembrano del tutto vani i tentativi di connettere le forme germaniche con la radice indoeuropea *(s)kel- "dividere". Forse un giorno si capirà che gli Antichi non cavillavano masturbando i verbi per dare il nome a cose elementari. Se qualcosa non ha un'agevole e facile spiegazione all'interno di un sistema linguistico, significa molto probabilmente che proviene da qualche altra parte. L'idea fissa di spiegare Omero con Omero, tanto popolare nel XIX secolo, ci priva della possibilità di indagare a fondo il passato.

13) Latino lēns "lenticchia" (gen. lentis)
     Germanico: antico alto tedesco linsī "lenticchia"; l'olandese linze
          può essere un prestito abbastanza recente dal tedesco
     Slavo e baltico: slavo ecclesiastico lęšta "lenticchia"; lituano
          lę̃šis (sono entrambi prestiti dal germanico)
    Basco: dilista "lenticchia"
Protoberbero ricostruito:
      *lintī "lenticchia"
Forme attestate:
Questa parola si trova, per quanto se ne sa, soltanto in Sous: tilintit, tiniltit "lenticchia".
Commenti:
Con ogni probabilità si è avuto un prestito dal latino volgare o dal protoromanzo al berbero. Non è affatto chiaro il rapporto tra la parola latina, che sembra ben radicata e di ottima tradizione, e il termine antico alto tedesco. Forse si tratta semplicemente di un prestito, cosicché questi raffronti parrebbero privi di forza argomentativa. Va però fatto notare che la forma basca ha un prefisso fossilizzato che è chiaramente lo stesso del berbero, oltre a una sibilante nel corpo della parola, il che crea non pochi problemi. Non si riesce a districare questo ginepraio.

14) Protogermanico *χriflingaz "scarpa":
          norreno hriflingr "scarpa", antico inglese hrifeling "scarpa"
     Greco: karbátinos "fatto di cuoio" 
     Celtico: antico irlandese cairem "calzolaio", antico gallese crydd
         "calzolaio" (< *kṛp-)
     Latino: carpisculum "tipo di scarpa" 
     Slavo: antico bulgaro kŭrpa "tessitura; straccio"
    Baltico: lituano kùrpė "scarpa" (è riportato che nel tedesco di
         Prussia si usava Kurp per dire "scarpa" anziché Schuh)
Protoberbero ricostruito:
    *VqrVp "coprire qualcosa con cuoio"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar, Iwellemmeden) eγref "tendere una pelle", Medio Atlante γref "coprire con cuoio", etc.
Commenti:
Alcuni sostengono che l'italiano scarpa sia stato retroformato da scarpettina, e che questo falso diminutivo altro non sia che il greco karpatinē "calzatura di cuoio", variante di karbatinē, femminile dell'aggettivo karbátinos (vedi sopra). Altri - e sono tutti romanisti - fantasticano su un germanico *skarpa "tasca di cuoio", che a quanto mi consta non si è mai visto da nessuna parte. 

15) Protogermanico (occidentale) *gristilaz / *krustilō (-az) /
     *krustulō
(*g-) "cartilagine":
           antico inglese gristel, gristl 
           antico alto tedesco krustula, krustila, krostila, grustila,
                krustil, krustilīn  
      Protogermanico (occidentale) *kruspilaz "cartilagine":
           antico alto tedesco kruspil
      Protogermanico (occidentale) *grosVlō "cartilagine":
           antico alto tedesco krosila, krosla
           antico sassone krosla (glossa)
      Protogermanico (occidentale) *grostaz "cartilagine"
          antico inglese grost
Protoberbero ricostruito:
       *gVrgVr- "cartilagine
Forme attestate:
Tuareg (Iwellemmeden) égärgäwés "cartilagine", Cabilo igergir "cartilagine".
Commenti:
Il gran numero di varianti in germanico occidentale e le irregolarità che presentano, sono indizi chiari del fatto che si tratta di prestiti, forse nemmeno troppo remoti, da una lingua sconosciuta.
Si noti che le attestazioni riguardano quasi soltanto l'antico alto tedesco e l'antico inglese. 

16) Protogermanico *siluβran "argento":
      gotico silubr "argento", norreno silfr, antico inglese seolufr,
           siolufr
, silofr, antico alto tedesco silibar, silabar, antico
           sassone siluƀar, silƀar 
      Slavo: slavo ecclesiastico sĭrebro, sŭrebro "argento", russo
          serebro, etc.
      Baltico: lituano sidãbras "argento", lettone sidrabs 
      Celtico: celtiberico SILABUR (Iscrizione di Botorrita,
          trascritto anche
śilaPuŕ) < iberico *śilabuŕ
      Basco: zilhar "argento" (varianti dialettali: zilar, zidar, zildar)

Protoberbero ricostruito:
      *-zrĭp(i), *-zrŭp(i) "argento"
Forme attestate:
Tuareg (Ahaggar, Iwellemmeden), Sous (medievale), Chenoua aẓref "argento", Zenaga (Mauritania) aḍerfi
(trascritto anche azerfi, azerfu).
Commenti:
La forma celtiberica è evidentemente un prestito dall'iberico. La stessa parola ha dato origine alche al basco zilhar < *ziL(h)aR < *ziLabR-. L'origine ultima di questa parola migrante dovrebbe essere semitica, come già ipotizzato da Trombetti. Infatti in molte lingue semitice compare una radice verbale ṣrp col significato di "raffinare il metallo", usata specialmente con riferimento all'argento. In alcune di esse esistono testimonianze dell'uso di tale radice con il significato di "argento" (es. sabeo ṣrp "argento", arabo poetico ṣarīf "argento"). Boutkan è scettico su questa etimologia: egli afferma che non esiste alcuna parola dalla radice verbale ṣrp col significato di "argento" proprio nelle lingue parlate in epoca antica sulle rive del mediterraneo (es. punico, ebraico). L'obiezione non mi sembra comunque valida: potrebbero essere esistite lingue afroasiatiche che sono scomparse senza lasciare tracce.
Nota:
Questa radice non è inclusa nell'articolo di Boutkan-Kossmann; tuttavia gli autori hanno pubblicato un altro articolo con analisi approfondite, reperibile su Academia.edu:


Conclusioni
L'interpretazione più probabile delle evidenze mostrate dal materiale discusso è che sia esistita almeno una lingua neolitica, estinta senza lasciare altre tracce, donatrice di prestiti sia a un gran numero di lingue indoeuropee che al proto-berbero. Tutto ciò è meritevole di ulteriori indagini.

lunedì 18 settembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI LAKARRA

Joseba Lakarra della University of Basque Country (Euskal Herriko Unibertsitatea, Universidad del País Vasco) è un importante vasconista. La sua pagina su Academia.edu permette di consultare e di scaricare liberamente numerosi suoi lavori sulla lingua basca (Euskara), mentre di altri è riportato soltanto il titolo. Questo è l'url:


Come tutti ormai sapranno, il basco è una lingua isolata, che non presenta somiglianze evidenti con nessun'altra lingua del pianeta. Il problema della sua origine, che si perde nella notte dei tempi, è dunque cruciale. È l'unico superstite delle lingue preromane parlate nella penisola iberica. La sua differenza con le lingue di ceppo indoeuropeo è stridente, nonostante nel corso dei secoli abbia preso a prestito numerosissime parole dalle lingue finitime, a iniziare dal latino dell'epoca imperiale, per poi continuare con il latino tardo e con le lingue romanze che sono derivate dalla sua decomposizione.

La ricostruzione delle protoforme del basco è stata fondata da Koldo Michelena della Universidad del País Vasco (1915-1987) e portata avanti sugli stessi princìpi fondanti dall'inglese Robert Lawrence "Larry" Trask (University of Sussex), deceduto nel 2004 a causa di una terribile malattia neurologica. Michelena è riuscito a ottenere grandi risultati confrontando tutte le varietà dialettali note e le alternanze grammaticali, riuscendo così a recuperare le forme originali, che trovano conferma in molte parole del lessico di base dalla testimonianza delle iscrizioni acquitane, contenenti antroponimi in una lingua che doveva essere assai simile all'antenato del basco parlato tuttora. Anche i prestiti dalla lingua latina hanno dato un grande contributo a quest'opera di ricostruizione, aiutando a comprendere certe trasformazioni dei fonemi che sono avvenute nel tempo. 

Una volta ricostruite le protoforme, si arriva a radici che in genere non sono ulteriormente etimologizzabili. Joseba Lakarra tenta di andare oltre questo stadio della protolingua, cercando di isolare monosillabi in grado di spiegare le radici polisillabiche come composti preistorici. Evidenzia anche numerosi esiti di quella che ricostruisce come un'antica reduplicazione. Questi sono alcuni esempi:

protobasco *adaR "corno" < *da-daR
protobasco *anaR "verme" < *na-naR
protobasco *edeR "bello" < *de-deR
protobasco *odol "sangue" < *do-dol
protobasco *onol "tavola" < *no-nol
protobasco *unuR "nocciola" < *nu-nuR 

L'autore parla di questi metodi di analisi nel suo articolo Teoría de la raíz monosilábica y reconstrucción del protovasco: algunos aspectos y conseguencias


Esiste anche la versione in inglese, che forse risulterà di lettura più agevole per i pochi internauti interessati: 


Passiamo ora ad alcune sintetiche considerazioni. Si evidenzia innanzitutto la diversità di approccio in Lakarra e nei comparativisti.

1) Lakarra
Tende a spiegare Omero con Omero, cercando unicamente comparazioni interne, riducendo tutte le forme polisillabiche a composti di monosillabi un tempo indipendenti.
Es. labur "corto" < *la- + -*buR, con lo stesso elemento di samur "tenero" < *san- + -*buR.

2) I comparativisti
Tendono a separare una radice di tipo CVC- (consonante + vocale + consonante) e interpretare come suffisso tutto ciò che segue, cercando assonanze nel mondo mediterraneo.
Es. labur "corto" < *lab-uR, confrontato con il greco labrys "ascia bipenne", Labyrinthos "Labirinto", e via discorrendo. La semantica sarebbe la seguente: "corto" < "reciso" < "ascia".

Chi ha ragione?

Limiti della posizione 1): Tende a ritenere la lingua un isolato assoluto, negando ogni confronto esterno. È soggetta a rischio di metanalisi (false etimologie).

Limiti della posizione 2): Tende a proiettare una forma presente tal quale nel passato e a non curarsi della ricostruzione di una protoforma a partire dai dati disponibili. È soggetta a rischio di metanalisi (false etimologie).

A parer mio non esiste una regola assoluta: occorre procedere caso per caso e discutere ogni singola parola, verificando e riverificando le evidenze. Si noterà che la teoria della reduplicazione introdotta da Lakarra trova una notevole corrispondenza in paleosardo, come mostrato con grande merito Eduardo Blasco Ferrer, deceduto nel gennaio 2017 per arresto cardiaco. Infatti abbiamo nei toponimi paleosardi le forme DOL- e DO-DOL- "rosso, color sangue" (es. DODOLIAI, DOLAI), che sono in perfetto accordo con le protoforme pre-protobasche ricostruite da Lakarra. Anche alcune ricostruzioni di parole composte nel protobasco, poi semplificatesi nel basco storico, sono di grande aiuto nell'indagine del materiale toponomastico paleosardo e lo stesso Blasco Ferrer ne ha tratto grande giovamento. Ad esempio è molto utile l'analisi di hibai "fiume"  come *hur "acqua" + *ban- "tagliare" + i, che trova corrispondenza nell'idronimo di origine paleosarda baku ORBAI, anche se permangono alcune difficoltà fonetiche e semantiche. Non va però taciuto che ci sono non pochi casi in cui Lakarra ha preso cantonate spaventose. Un esempio paradigmatico è zauri "ferita", assurdamente ricondotto al latino sanguine(m) tramite tutta una serie di passaggi estremamente improbabili che non possono essersi verificati nel basco storico.

sabato 13 maggio 2017

IL NOME DEGLI AUSCI DELL'AQUITANIA NON HA CONNESSIONE CON EUSKARA 'LINGUA BASCA'

Diversi autori, tra cui André Martinet, hanno sostenuto come punto fermo il paragone tra il nome degli Aquitani Ausci e l'endoetnico dei Baschi, Euskaldunak, che deriva da Euskara, Euskera "lingua basca". A un certo punto questa conoscenza è stata data per acquisita. Eppure è fallace e si può dimostrare la sua inconsistenza con argomenti oltremodo solidi.

Il nome degli Ausci significa "Orientali", è da IE *aus- "sorgere del sole, oriente", radice antichissima che troviamo nel latino aurora /au'ro:ra/ "sorgere del sole"auster "vento di Mezzogiorno", oltre che nel gotico austr "oriente". L'etnonimo aquitano sopravvive nel toponimo francese Auch /ɔʃ/ (per ascoltare la pronuncia vai all'mp3), considerato l'unica parola di quella lingua in cui /ʃ/ finale è scritto come -ch senza una -e finale. A mio avviso ne esistono altri esempi: ne avevo trovato uno che purtroppo non mi sono segnato e si è disperso nei miei banchi di memoria stagnante. La forma ricostruita è chiaramente *auskos "orientale". A parer mio questa denominazione è attribuibile alla varietà linguistica indoeuropea preceltica, ma potrebbe benissimo appartenere a qualche forma poco nota di celtico.    

Sono stati tentati raffronti con il nome dell'antica città di Osca (oggi Osca in catalano, Huesca in castigliano), ma anche con il torrente Oscara, oggi chiamato Ouche. Si tratta di false etimologie da rigettare senza indugio, dato che in esse non si ha traccia di dittongo /au/. La vocale tonica di Osca era senza dubbio breve, come mostrato dalla sua evoluzione nello spagnolo Huesca: cfr. focu(m) > fuego; fonte(m)fuentelocu(m) > luego, etc.

Il termine Euskara "lingua basca" deriva invece dal proto-basco *enuskala e la sua antica nasale intervocalica ci è attestata nella forma enusquera (registrata da Garibay, vedi anche Trask per la discussione). Il termine è da analizzarsi come *enu-s-kala e ha la stessa radice di dio "dice", che ha la variante diño e discende da una protoforma *d-ino < *da- + -inau-, dove da- è il prefisso verbale di III persona (singolare e plurale) del verbo presente. La stessa radice si trova in forme più complesse come diñaust, diñost, diost "mi dice"; "gli dico, le dico". La nasale mediana non poteva essersi già dileguata in epoca antica: sappiamo che nella lingua aquitana era conservata, mentre è scomparsa in epoca medievale nei prestiti dal latino e dal protoromanzo. Per quanto riguarda il suffisso -kara < -*kala, si trova anche in erdera "lingua straniera", ma senza la consonante occlusiva iniziale; il primo elemento di tale composto è in questo caso di oscura origine: non si tratta di erdi "mezzo, metà" (per la semantica, cfr. latino barbarus semisermo), visto che entra come primo membro dei composti con la forma ridotta ert-.

martedì 5 luglio 2016

GLI AQUITANO-RENANI: UNA COMUNITÀ AQUITANA TRAPIANTATA IN GERMANIA

Hagenbach è una piccola città della Renania-Palatinato (Rheinland-Pfalz), in Germania. In apparenza un centro abitato come tanti, che attualmente conta circa 5.300 abitanti. L'importanza di Hagenbach è tuttavia immensa per via dei reperti archeologici che vi sono stati scoperti. Si tratta di un gran numero di iscrizioni funerarie e votive di epoca romana, incise su placche d'argento (palmae argenteae). Sono state ritrovate durante i lavori di dragaggio di un ramo morto del fiume. La cosa di per sé non sarebbe così eccezionale, se non fosse che i nomi dei dedicanti che si leggono su molte di queste lamine sono tipici di un'area molto lontana da quella che all'epoca dell'Impero era la Germania Superiore. Infatti per trovare il luogo di provenienza ultimo di quegli antroponimi dobbiamo andare fino in Aquitania: sono riconoscibili a colpo d'occhio le radici basche della lingua aquitana, senza la minima possibilità. Il vasconista Joaquín Gorrochategui, dell'Università del Paese Basco (Universidad del País Vasco), ha dedicato uno studio all'argomento:   

J. Gorrochategui (2003), “Las placas votivas de plata de origen aquitano halladas en Hagenbach (Renania-Palatinado, Alemania)”, Revue Aquitania 19, 25-47.

So quanto il Web possa mostrarsi avaro di informazioni, a dispetto dell'opinione corrente: in non pochi casi gli accademici si rifiutano di rendere pubbliche conoscenze che appartengono per diritto all'intero genere umano, forse per una loro sordida e meschina indole, simile a quella del Gollum che rimirando l'anello continua a biascicare: "Il mio tessoro!" 
Lungi da me l'idea di attribuire nello specifico questa inclinazione proprio al valido Gorrochategui, ma sta di fatto che quando un navigatore cerca qualcosa di concreto, spesso si trova nell'impossibilità di ottenere risultati concreti ed è costretto a vagare da un sito insostanziale a un altro, trovando solo riferimenti. Per fortuna esiste un sito che riporta, nel corpus delle iscrizioni aquitane, anche le iscrizioni di Hagenbach: 


Nulla è stabile in questo mondo: si sono dati molti casi di siti Web venuti meno all'improvviso e mai ripristinati. Così raccolgo le iscrizioni che ho potuto reperire e le pubblico in questa sede: 

DOMINO / MA<R>TI AVG(usto) / IVLIAN-/NVS BIOXXI / FILIVS / DONVM SOLVIT / (Votum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

D(omino) MARTI / BEREXE / SEMBI / FILIA / vac / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

D(omino) MAR-/TI AVG(usto) / IVLIA-/NVS BIOX-/XI FILIVS / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

D(omino) M(arti) / AND-/OS | LEVRI-/SI / vac / vac / vac / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

D(omino) M(arti) / XALI-/NVS / SALI-/XI / vac / vac/ vac / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

VERECV[N]-/DV(s)  BELE-/XI  

D(omino) M(arti) / AND-/OSSVS / OBBELLEXXI   

D(omino) M(arti) / XEM-/BVS / BAM-/BIXXI / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

MARTI / VOTVM  rev.: CIVRXOS / DOXXI  

V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito) / D(omino) M(arti) / BAM-/BIX-/XVS / SEM-/BEOC-/CI  

SEVE-/RVS IVALLIS 

D(omino) M(arti) / BONXV(s) SE-/MBEDO-/NIS // IVLI / L  

SILIXIV[S] / CARER-/DONIS / D(omino) | M(arti) / V(otum)  

XEMB-/ESVS / HISSI / D(omino) M(arti) / [---] V(otum) S(oluit) L(ibens) / M(erito)   

DOMINO / MA<R>TI | A<V>GVSTO / [I]VLIVS / BONN-/OXVS / vac / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito) 

D(omino) MAR-/[TI] A<V>GV(sto) / BONXV(s) / [-]ONNI / [F]ILIVS/ [V(otum) S(oluit)] L(ibens) M(erito)  

CERE-/CO TE-/SSEB-/ARI / V(otum) S(oluit) L(ibens) M(erito)  

IVLIANA HANDOS DOMINI M(arti) V(otum)  

AMOIII /// MATI  

ANDOSSVS BANBIXXI  

VICTORIS SEMBI // VICTORIS  

Gli accademici sono inclini a ritenere che queste lamine d'argento risalgano al III secolo d.C. e che siano originarie di Lugdunum Convenarum (nella regione pirenaica, oggi Saint-Bertrand-de-Comminges). Per spiegarsi la loro presenza in una regione tanto distante, ipotizzano che siano finite in Germania come frutto di un bottino di guerra predato nel corso di una devastante spedizione della popolazione alemannica in pieno territorio aquitano. Questa ipotesi è stata suggerita anche dal ritrovamento di un secondo tesoro a Neupotz, un luogo non distante da Hagenbach, e al fatto che numerosi oggetti mostrino una provenienza diversa, dalla Gallia Celtica alla Belgica e all'Elvezia. Nel tentativo di comprendere come mai le lamine argentee si trovassero sul fondo di un fiume, gli studiosi hanno fatto ricorso alla loro sfrenata fantasia: gli Alemanni fuggiaschi, inseguiti dai Romani, si sarebbero liberati dello scomodo tesoro - forse per paura di essere incriminati dall'Ispettore Clouseau :) 

Respingo senza indugio questa ricostruzione dei fatti. Senz'altro il III secolo fu per Roma un'epoca traumatica funestata da numerosi sconvolgimenti. Il regno di Gallieno è considerato da alcuni - ben a ragione - come il punto più basso della decadenza dell'Impero, in cui tutto era in procinto di rovinare. Proprio verso l'anno 260, all'incirca l'epoca in cui gli accademici collocano l'importazione delle lamine d'argento in Germania, avvenne un fatto molto significativo: l'abbandono degli Agri Decumates, che Gallieno non poté più difendere dalle continue incursioni degli Alemanni. Ci si dimentica tuttavia di un fatto: l'Impero Romano fu una realtà cosmopolita, e lo fu addirittura in misura maggiore dell'Europa moderna. Non è affatto necessario postulare eventi traumatici per spiegare reperti come quelli di Hagenbach. Gli Aquitani in Renania dovevano essere una comunità formatasi ben prima della decadenza di Roma, partendo dallo stanziamento di legionari. Una volta terminato il servizio, questi militari anziché fare ritorno nella loro terra d'origine, rimanevano in quella a cui erano stati destinati. Anziché prendere con sé donne locali, dovettero far giungere in Germania le loro famiglie, abitando in quartieri propri. La realtà che si costituì dovette durare a lungo e mantenere la propria identità. Trovare riferimenti storici precisi non è poi così difficile. In Germania Superiore era tutto un pullulare di militari la cui lingua nativa era aquitana: in quella terra abbiamo notizia della COHORS I AQUITANORUM BITURIGUM, della COHORS I AQUITANORUM VETERANA (attestata nel I secolo d.C. proprio in Renania-Palatinato), della COHORS II AQUITANORUM EQUITATA (attiva già nel I secolo d.C.) e di altre ancora. Negli stessi luoghi dovevano vivere anche immigrati dalla Celtica e dall'Elvezia, il che spiega la natura composita dei reperti. Ad esempio abbiamo attestazione della COHORS I HELVETIORUM. Se diamo un'occhiata ai movimenti e agli stanziamenti di coorti e legioni nelle varie parti dell'Impero, rimaniamo disorientati. Vediamo Taifali nella Gallia Celtica e in Britannia, Aquitani in Britannia e in Rezia, Asturi e Traci in Germiania Inferiore, Lusitani in Pannonia e in Palestina, Iberici in Dacia, Sardi in Mauretania e via discorrendo. La presenza di un fante della Cohors I Aquitanorum Veterana è attestata addirittura ad Ancyra (attuale Ankara)!  

Il fatto che il tesoro di Hagenbach fu trovato in un ramo morto del Reno non è poi così misterioso: doveva essere parte della dotazione di un tempio di Marte che finì con l'essere distrutto da folle di fanatici cristiani, che gettarono nel fiume ogni reliquia pagana. Non vale nemmeno l'obiezione di chi pensa che i profanatori del tempio avrebbero fuso l'argento e l'avrebbero riutilizzato: si sa che i Cristiani ritenevano contaminati i tesori dei templi pagani. Così si sono trovate monete sparse sul pavimento di mitrei devastati, che nessuno si sognava di raccogliere e di usare, dal momento che erano credute proprietà del Diavolo. In altre parole, sono esistiti partigiani della nuova religione che non attribuivano validità alcuna al detto pecunia non olet.

L'ENIGMATICA DEA NEHALENNIA. UN TEONIMO AQUITANO?


In alcune regioni settentrionali dell'Impero Romano era assai popolare il culto della Dea Nehalennia. Tradizionalente ritenuta di origine germanica, in quanto fiorente nella regione del Reno affacciata sul Mare del Nord, questa devozione era tuttavia diffusa anche nella Gallia Belgica, in particolare tra il popolo celtico dei Morini (dalla parola celtica more "mare"). La notorietà di questa divinità raggiunse regioni molto lontane, grazie ai marinai e ai mercanti che le affidavano le loro vite e le loro merci. Si sono trovati altari che riportano ex voto e dediche anche da parte di persone native della Gallia Celtica e della regione alpina, come ad esempio il marinaio Vesigonius Martinus, che era cittadino dei Sequani e viveva a Vesontio (oggi Besançon), il mercante Placidus figlio di Viducus, cittadino di Rotomagus (oggi Rouen), Publius Arisenius Marinus, liberto di Publius Arisenius e mercante in Britannia, e Marcellus da Augusta Raurica (oggi Augst, in Svizzera), che ricopriva la carica di sevir augustalis della città.

Nel territorio oggi conosciuto come Zelanda, alle foci del Reno, della Mosa e della Schelda, il culto sopravvisse alla caduta dell'Impero d'Occidente: ci è noto un santuario di Nehalennia che si trovava nell'isola di Walcheren e che fu distrutto da San Willibrord, nel 694 d.C. La scoperta dei suoi resti nel luogo oggi noto come Domburg avvenne dopo quasi un millennio, nel 1645, e fece scalpore.

L'iconografia della Dea Nehalennia è densissima di simboli e di significati esoterici, connessi senza dubbio con il suo ruolo di guida dei viandanti e di protettrice dai pericoli del mare. Era spesso rappresentata con in mano un remo e accompagnata da un cane benigno, che nelle credenze dei devoti doveva fungere da psicopompo: si pensa che si trattasse di un segugio. Si trovano spesso altri attributi nautici, come ad esempio la prora di una nave, oltre a un canestro pieno di mele, che presso i Germani erano connesse con l'idea della vita eterna. A volte al posto delle mele sono rappresentate delle pagnotte. Per associazione di idee, si pensa subito a una divinità ben conosciuta del pantheon nordico: la Dea Iðunn, che ha come principale attributo un cesto di mele, frutti a cui gli Asi devono la loro immortalità. Con ogni probabilità alla radice di queste figure femminili c'è uno stesso mito neolitico. 

Detto ciò, non esiste alcuna etimologia germanica plausibile per il nome di Nehalennia. Si è voluto connettere questo nome di divinità femminile al protogermanico *no:w-, *naw- "nave", presente ad esempio in norreno nór "nave", Nóatún "Recinto delle Navi" (dimora di Njǫrðr), naust "rimessa di navi", oltre che nell'anglosassone nōwend "marinaio" (-o:- è il naturale sviluppo germanico di IE -a:-). Tuttavia si vede bene che non quadra assolutamente né il vocalismo (non esiste alcuna variante indoeuropea in cui la radice compaia con -e-) né il consonantismo (se la -h- è etimologica, non si capisce come possa essersi formata in una lingua germanica, dato che dovrebbe risalire a indoeuropeo -k-). Dove è finito l'elemento labiale -w- che si trova in latino navis /'na:wis/ e in greco ναῦς? O si ammette una lingua indoeuropea del tutto diversa, con mutamenti fonetici del tutto peculiari, o si deve ritenere che la radice da cui Nehalennia ha formato il suo nome sia tutt'altra. Si deve menzionare anche il tentativo di derivare il teonimo da una radice germanica quasi omofona di quella che indica la "nave": si tratta di *naw- "morto, cadavere", che ha esiti in diverse lingue del gruppo (gotico naus, norreno nár, anglosassone nēo) ma che a mio avviso è un relitto di sostrato. Paralleli si trovano nelle lingue slave e baltiche. Le difficoltà già analizzate si ripropongono una per una. Se i germanisti hanno ipotizzato una connessione con le radici protogermaniche per "nave" o per "cadavere", è altrettanto vero che sono stati superficiali e frivoli, evitando di tracciare il quadro dei complessi (e inverosimili) mutamenti fonetici necessari.

Non hanno avuto maggior fortuna coloro che propongono un'origine celtica: si vede che Nehalennia può esser gallico come maccheroni è inglese. Oltre al fatto che la -h- sarebbe ben enigmatica anche in questo caso, al pari del vocalismo. Nelle lingue celtiche storiche un fonema aspirato /h/ non sussisteva affatto, e se ne trovava traccia soltanto nelle forme più antiche di questa varietà, dove deriva da indeuropeo /p/. Es. l'antico nome della Foresta Nera, Hercynia Silva, la cui radice celtica è dall'IE *perkw- "quercia", donde anche latino quercus (con assimilazione pkw). 

Varie etimologie-paccottiglia sono state elaborate non vano tentativo di spiegare il nome della divinità. Solo per fare un esempio, fu fatto il tentativo di identificare grossolanamente il nome con il greco Νέα Σελήνη (Nea Selene) "Nuova Luna", cosa impossibile già per motivi fonetici. Uno studioso secentesco olandese, Marcus Zuerius van Boxhorn, cercò addirittura di far risalire Nehalennia alla lingua degli Sciti, senza arrivare da nessuna parte, potendo contare su metodi filologici ben scarsi. Pur essendo stato tra i primi ad accorgersi della somiglianza tra il latino, il greco, le lingue germaniche, il persiano e altre - e il primo a postulare la loro origine da una lingua comune, che chiamò "scitico" - i suoi argomenti hanno un sapore decisamente prescientifico. Nehalennia per lui era semplicemente l'olandese "Nat Eiland", ossia "Isola Umida", e nella sua disquisizione grossolana cercava di dimostrare tra l'altro che il francese sarebbe stato una lingua germanica. Una gran congerie di confusione, dubbi ed errori. Non si trova nelle lingue indoeuropee della Persia alcun parallelo credibile.  

Il teonimo non ha l'aria di essere riconducibile a lingue indoeuropee attestate nella regione del Mare del Nord. I casi sono due: o è un relitto preceltico e pregermanico, che documenta una lingua locale più antica e sconosciuta, oppure è stato importato da fuori in epoca imperiale. Avanzo l'ipotesi che il teonimo sia aquitano e che derivi da una radice *ne(h)al- non sopravvissuta in basco, con un tipico suffisso genitivale in -eN che continua nel genitivo basco attale -en. Essendo i vocaboli baschi inizianti in n- ben rari già nella lingua antica, è ben plausibile che la radice sia entrata da una lingua di altro ceppo, il che renderebbe conto della sua stranezza. Tuttavia il suffisso ci indica che il teonimo ha la forma di un nome di possesso, che la radice deve essere il nome dell'oggetto posseduto o di una qualità, verosimilmente un attributo divino importante. A questo punto ipotizzo che *ne(h)al sia un antico nome protobasco che significa "giovinezza". In ultima analisi si tratta di un prestito dalla radice indoeuropea *new- "nuovo", che mostra un dileguo della -w- intervocalica, come accadeva in lusitano, una lingua indoeuropea preceltica affine al sorotaptico e a parer mio da attribuirsi al gruppo delle lingue liguri, ormai estinte. Solo per fare un esempio, in lusitano è attestata la parola OILAM "pecora" (all'accusativo), che deriva dalla stessa base indoeuropea del latino ovis, con dileguo della consonante. Giungo alla conclusione che la radice di Nehalennia sia quindi di una parola di origine ultima indoeuropea, ma assimilata da una lingua non indoeuropea. La consonante -h- sarebbe il ben noto separatore iatale del protobasco. Se la mia proposta trovasse conferma, sarebbe provata in modo inequivocabile l'identificazione di Nehalennia con la dea scandinava Iðunn, avendo i due teonimi lo stesso significato (cfr. antico alto tedesco itis "donna" e anglosassone ides "vergine, signora, donna", in origine "giovane donna").  

Anche se a quanto pare in pochi ne sono a conoscenza, esistono attestazioni di antroponimi aquitani in una regione percorsa dal Reno, anche se lontana dal mare: evidentemente alcune comunità sono state deportate sotto l'Impero o più probabilmente si trattava delle famiglie di legionari nativi dell'Aquitania che li hanno seguiti dando vita a una nuova enclave allogena tra i Germani che vivevano sotto Roma. Fenomeni di questo genere non erano affatto rari: sappiamo ad esempio della presenza di Aquitani in Sardegna. In tale regione remota furono dislocati probabilmente per via della somiglianza tra la loro lingua e quella dei Sardi, nel tentativo di favorire la pacificazione delle popolazioni native. Così penso che la spiegazione più plausibile di Nehalennia sia riconducibile a stanziamenti di Aquitani, e probabilmente addirittura a una singola persona che chiamò con un nuovo epiteto una divinità locale antica, dedicandole un ex voto per essersi salvato da morte certa nel corso di un naufragio. Il nome divino coniato da questo aquitano sarebbe piaciuto e si sarebbe così diffuso. 

venerdì 25 dicembre 2015

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI BASCO ABERE 'ANIMALE' E ABERATS 'RICCO'

Il vocabolo basco aberats "ricco" è formato da abere, che attualmente ha il significato di "grande animale domestico", tramite il suffisso -tsu che marca l'abbondanza. Questa è la trafila dei mutamenti: aberats < *aberatsu < *aberetsu. Se supponiamo che abere < lat. habe:re avesse l'originario senso di "proprietà, possesso", ben attestato nella Romània, non sarebbe necessario alcuno slittamento semantico per spiegare aberats. Così *aberetsu "che ha molti averi" si sarebbe sviluppato direttamente nel basco aberats "ricco".

Nel database di Sergei Starostin, il prof. John Bengtson afferma che lo slittamento semantico dal latino habe:re "avere" al basco abere "animale" sarebbe contorto, e suggerisce un'etimologia nord-caucasica:

«Cf. PNC*bü̆ɫV 'horned animal'. The variant abel- appears in compounds such as abel-buru 'head of cattle'. Michelena (1961) derives this word from Lat. habere, though the semantic derivation is tortuous ('to have' > 'possession' > 'animal'), and internal reconstruction brings us to *a(=)bele, phonetically and semantically a straightforward match with PSC *bVɫV.»

Tuttavia noi possiamo notare queste evidenze:

1) Lo slittamento in questione è molto comune in società pastorali;
2) Esistono buoni esempi di simili slittamenti in nomi del bestiame, come il castigliano ganado "bestiame" da ganar "guadagnare", e analogamente il portoghese gado < *ganado
3) Nelle lingue romanze sono ben documentati termini derivanti dal latino habe:re come protoforma produttiva. Riguardo a queste denominazioni del bestiame e di animali, q
uesto è riportato sul dizionario etimologico di Manuel Agud e Antonio Tovar alla voce ABERE:

«Parece estar fuera de duda que es el lat. habere en la acepción sustantivada de 'hacienda', 'bienes', que se halla en lenguas románicas (esp., prov., fr. etc.: Luchaire Origenes 45, Sch. ZRPh 27, 625, Mich. FHV 226 y FLV 17, 193, FEW 4, 364), y más específicamente con la acepción de 'bienes en ganado'. (Cf. lat. pecus / pecunia, esp. ganar / ganado : Corominas 2, 655): haberío, abrío significa 'mula' en Aragón y Ribera de Navarra, 'asno' en Soria, averío en Murcia 'bestias para el trabajo agriesto', en Segovia 'ganado', en Cataluña avería 'cabeza de ganado mayor', en gall. haber 'res vacuna' (GDiego RFE 8, 411 Y Corominas 2, 859 y 655) prov. aver 'animales, rebaño' (con el cual lo relaciona Mich. 1. c.); norm. aver 'animales'; lyon. avair 'enjambre de abejas'; cat. aviram, que ha sido aproximado a avería 'bétail' (Rohlfs Gaseon 63 y RIEV 24, 336; REW 3958) (Corominas 10 da como cruce de los sinónimos aviam (< auiamen) con averza (de habere).»

Come sopra riportato, l'altra obiezione di Bengtson è che abere dà nei composti abel-, e che questo punterebbe a una protoforma *abele. Anch'io sono stato sedotto da simili considerazioni, al punto che ero giunto ad affermare in modo indipendente già anni prima che il lavoro di Bengtson fosse pubblicato. Questo argomento, condiviso con l'amico Octavià Alexandre, ha nel frattempo fatto strada: anche António Marques de Faria nella pubblicazione digitale Crónica de onomástica paleo-hispânica (in portoghese) ha scritto quanto segue:

«Em relação a abel, não podemos deixar de notar que, em contraposição à tradicional etimologia latina unanimemente prescrita para o basco abere ‘animal’, ‘gado’, assente no lat. habere (DEV I, pp. 282–283), foi, em data recente, sugerido por Octavià Alexandre que “el vasco abere supone un pre‑vasco *abele, como muestran la forma combinatoria abel‑ y las inscripciones aquitanas e ibericas”» 


Tuttavia a distanza di anni, dopo aver lasciato sedimentare i miei studi sulla lingua Euskara, mi rendo conto che l'idea di una protoforma *abele è abbastanza inverosimile. Ho riflettuto a lungo non solo sui paralleli romanzi della parola basca, troppo diffusi e differenziati per essere prestiti, ma anche sul fatto che in basco esistono esempi di -l- derivata da -r- in composti formati a partire da alcuni significativi prestiti dal latino:

amore "amore" : amol-tsu "docile, amabile"  
    < lat. amo:re(m) 
zamari "cavallo" : zamal-dun "cavaliere"  

    < lat. sagma:riu(m)

Sarebbe assurdo separare basco amore dal latino amo:re(m) ricostruendo un fantomatico *anbole, o separare zamari da sagma:riu(m) ricostruendo *zanbali: è evidente che a dispetto di -l-, le protoforme sono latine e hanno -r-

Potrebbe trattarsi di residui di un fenomeno affine alla lisca di Livorno, una singolare pronuncia che trasforma -r- e -s- davanti a consonante in -l-, per cui Livorno diventa Livolno. L'origine di questa "lisca" in basco potrebbe però anche essere analogica e formata a partire da importanti parole native, come ad esempio gari "grano", che realmente deriva da *gali e che dà composti come galbae "setaccio per il grano", galburu "spiga di grano", galsoro "campo di grano", galtzuri "grano duro"

Così per analogia con zamari, è accaduto che abere ha dato forme in abel-. In origine doveva essere *aberdun (notiamo che tra l'altro un aberedun è documentato), poi la variante abeldun è prevalsa.

Le forme iberiche e aquitane assonanti con abel-, hanno a parer mio una differente origine, che riconduco a un indoeuropeo preceltico *abell- "frutto, mela", affine al celtico *aball- "mela", in ultima analisi da IE *abel-, di origine sconosciuta. Di questo avremo modo di parlare in seguito.

venerdì 20 novembre 2015

LA MISTERIOSA LINGUA IBERICA: PROPOSTE DI INTERPRETAZIONE DEI FORMANTI ANTROPONIMICI

Quando la scrittura sillabica degli Iberi è stata decifrata e si è stati in grado di leggere con sicurezza i molti testi nella loro lingua, è emerso un fatto abbastanza sorprendente: l'Euskara si è rivelato inutile nella comprensione dell'iberico. Le molte "traduzioni magiche" raffazzonate da dilettanti sulla base di assonanze si sono dimostrate ridicole, oltre che piene zeppe di anacronismi. Tuttavia anche la ricostruzione della protolingua basca non ha migliorato di molto lo stato delle cose: neanche la forma antica dell'Euskara pare di grande aiuto. Basco e iberico non sono parenti prossimi. A parer mio, tuttavia, la parentela, anche se meno stretta di quanto pensato, sussiste. Non è rilevabile se non dopo attenti studi e numerosi tentativi fallimentari, per diverse ragioni. Quando due lingue hanno strutture fonetiche simile e relativamente semplici, sono possibili falsi parenti e identificazioni ingannevoli. 

Allego un elenco di radici usate come membri di nomi propri di persona attestati nelle iscrizioni. Siccome nella scrittura non duale non si distinguono le occlusive sorde dalle sonore (si scrive k per /k/ e per /g/; t per /t/ e /d/) ho fornito la trascrizione fonetica più plausibile dei morfi.

Con /ṛ/ indico una rotica diversa da quella vibratile, trascritta invece con /r/. È possibile che questa /ṛ/ fosse un suono retroflesso, come suggerito da Rodríguez Ramos; sembra improbabile che fosse uvulare. Le trascrizioni di nomi latini e celtici provano che la corrispondenza tra lettere e suoni è la seguente: r /ṛ/ contro ŕ /r/ o /rr/.

Per quanto riguarda le sibilanti, le trascrizioni di nomi celtici provano che ś è la sibilante semplice, mentre s è l'affricata /ts/. Sia /s/ che /ts/ possono occorrere in inizio parola. Non dispongo di evidenze di un'opposizione tra sibilante apicale (basco s) e sibilante laminale (basco z). Una situazione che non somiglia molto a quella dell'Euskara. 

A differenza di quanto accade in basco, l'aggettivo non sempre segue il sostantivo a cui si riferisce.  

1) abaŕ /'abar/ "confine" 
   basco amai 'limite, confine'
Falsi parenti: basco abar 'ramo', che suona allo stesso modo ma ha origine e significato del tutto dissimili.

Attestazioni: abaŕeskeŕ, abaŕtanban, abaŕtaŕ-ike (dativo) 

2) aibe /'aibe/ "splendore" < celt.
Attestazioni: aibekeŕen, aibeloŕ-ar (genitivo), aibeŕon, uśtaibi

3) ailur /'ailuṛ/ "immenso"
   basco ailur 'immenso; mostruoso'
La parola basca non sembra nativa e non ha etimologia nota. Le proposte fatte per spiegarla sono ridicole. Ipotizzo che si tratti di un prestito dall'iberico.
Attestazioni: ailur, uŕkaŕailur

4) aitu, aiduŕ /'aidu, 'aidur/ "fuoco, ardore" < celt. 
  basco aidur 'perverso' 
 
La parola basca, confusa dai vasconisti con andur 'vile', sembra un prestito dall'iberico, con uno slittamento semantico di questo genere: 'ardente' > 'libidinoso' > 'perverso'.
Attestazioni: aitikeltun, aituaŕki-ku (agentivo), aituatiboŕ, aitulaku, aituŕkin, aitutiker-ka (ergativo)

5) aiun /'ajun/ "eterno" < celt.
La strana struttura della radice, decisamente inconsueta, depone a favore del prestito dal celtiberico. 
Attestazioni: aiunatin-en (genitivo), aiuneskeŕ, aiunikaltuŕ, aiunortin-ika (ergativo),
aiunortin-iku (agentivo)

6) aker, akir /'ageṛ, 'agiṛ/ "appariscente" 
   basco ageri 'appariscente'
Falsi parenti: Non ha nulla a che fare con basco aker 'caprone', che ha /k/ e la rotica finale forte.
Attestazioni:  AGERDO, AGERNO, akerbikir, akirtibaś-batir, akirtiki

7) aloŕ /'allor/ "seminatore, agricoltore"  
  basco alor 'campo seminato'
La radice è a parer mio comune al basco ale 'grano; seme' < *aLe, ma la semantica è un po' diversa: il suffisso -or marca in basco un oggetto concreto e in iberico un agentivo. Traduce il latino Agricola.
Attestazioni: ALLORCUS, aloŕbeŕi, aloŕiltun, aloŕtikis, alostibaś, alotikeŕ-ei (dativo)

8) an- /an-/ "grande" (prefisso accrescitivo)
   basco handi, haundi 'grande'
Attestazioni: anbels, anḿbeŕ-ai (dativo), antalskar 

9) anai "fratello" 
  basco anai, anei 'fratello' < *aNaia
Attestazioni: anaiośar-en (genitivo) 

10) anaŕ /'anar/ "potente, forte" 
  
basco ahal 'potenza, forza' < *anaL < *na-naL- 
Falsi parenti: Non ha nulla a che fare con protobasco *anaR "verme"
Attestazioni: kaisuranaŕ-ika (ergativo), LUSPANAR

11) aŕan, aŕam /'arran, 'arrã/ "aquila"
        < IE pre-celt.
   basco arrano 'aquila'
Attestazioni: aŕamtaŕsu, ARRANES 

12) aŕki /'argi/ "splendore; splendente"
       < IE pre-celt.
    basco argi 'luce'
Nelle iscrizioni duali è scritto aŕgi.  
Attestazioni: aŕkaibe[, aŕkisosin, aŕkisosin-ka (ergativo), aŕkiteibas-e (genitivo), aŕkitibaś-ar (genitivo),  aŕkitiker

13) aŕs /arts/ "orso" < IE precelt.
   basco hartz 'orso'
Da non confondersi con l'omofono aŕs "fortezza, castello".
Attestazioni: aŕsbin, aŕsbikis-ku (agentivo), aŕskon-ḿi (ḿi = io sono)

14) asai /'atsai/ "fusto; fallo eretto" 
  basco
aza 'cavolo' < *fusto
Falsi parenti: basco
azai 'beccaccia'. Il termine azai deriva da un esito protoromanzo del latino acceia(m), di origine preindoeuropea. Esiste anche la forma akai, presa a prestito dal latino in epoca antica, prima che la velare si palatalizzasse.
Attestazioni:
OASAI, SOSINASAE 

15) ata /'atta/ "padre"
  
atan /'attan/ "parente paterno"
  
basco
aita 'padre' < *atta
Attestazioni: atabels, atabeŕ-ai (dativo), 
ATANSCER   

16) atin /'adin/ "coetaneo, compagno"
   
basco adin 'età'
Nelle iscrizioni duali è scritto adin.   
Attestazioni: atinbelauŕ, atinbin,  atin-e (dativo), atinkeŕe, BAESADIN, BALCIADIN, ikeatin

17) aunin, iaunin /'aunin, 'jaunin/ "signora" 
  basco jaun 'signore' 
Attestazioni:
BASTOGAUNIN, GALDURIAUNIN, SOCEDEIAUNIN, UNIAUNIN 

18) auŕ /aur/ "bambino" 
   basco
haur 'bambino'
Compare sempre come primo membro di composti. La parola basca potrebbe essere un prestito dall'iberico.
Attestazioni: auŕbimbatir, auŕbiuŕ

19) baiser /'baitseṛ/ "bosco"; "selvaggio" 
   basco: baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio'
Attestazioni: baisebilos, baiseltun-e (dativo), baisenios, beleśbaiser

20) balaŕ /'balar/ "ladro; avido" 
Ci è noto tramite una glossa che Balari significa "predoni". Attestazioni: balakertaŕ, tortonbalaŕ 

21) balke /'balke/ "forte; strenuo" < celt.
Attestazioni:
balkeatin-e (dativo), balkesbaiser, balkelakoś-ka (ergativo), BALCIBIL, bilosbalkar

22) bantoŕ /'mandor/ "cavallo, equino"
       < IE pre-celt.
   basco: mando 'mulo'
Attestazioni: bantoŕ-en (genitivo), MANDONIUS

23) bartaś /'badas/ "selvaggio" 
   basco: baso 'bosco', basa 'bosco; selvaggio'
Ha la stessa radice di baiser, ma con un diverso suffisso: < *bas-d-. Forme come barda "boscaglia" sopravvivono in vari idiomi romanzi.
Attestazioni: bartaśko, bartaśtolor, suisebartaś

24) baś /bas/ "possessore, signore" 
  basco ebazi 'possedere' 

Attestazioni: aiubas, baśbin, baśtaŕtin-e (dativo), beleśbaś, iltiŕbaś, sakaŕbaś-ka (ergativo) 

25) belauŕ /'belaur/ "prominente, sommo" 
  basco belar 'fronte'
Attestazioni:
atinbelauŕ, kuleśbelauŕ-te (ablativo), lakeŕbelauŕ

26) beleś, bels /'beles, belts/ "nero"; "il Nero"
   basco beltz 'nero' < *beletz
Attestazioni: ADIMELS (< *adinbels), anbels,
beleśbaś, beleśtar, bikibels-eś (comitativo), ikoŕbeleś, iltubeleś, LAURBELES, NEITINBELES, ORDUMELES (< *oŕtinbeleś), ultibeleś 

27) bene /'bene/ "piccolo" 
   basco mehe 'stretto'
Attestazioni: BENABELS, benebetan-er (genitivo) 

28) beŕ, beŕi /berr, 'berri/ "giovane; nuovo" 
   basco berri 'nuovo'
La forma iberica può comparire sia come aggettivo che come sostantivo.
Attestazioni: aloŕbeŕi, beŕiseti, beŕśir-ka (ergativo),
taśkabeŕ

29) beŕon /'berron/ "ragazzo" 
  basco berri 'nuovo'
Chiaramente un derivato della precedente radice.
Attestazioni: aibeŕon, kanibeŕon-ka (ergativo), kobeŕon-ka (ergativo), taŕbeŕon-iu (con congiunzione)

30) betan /'betan/ "pieno; obeso"
   basco bete 'pieno' 

Attestazioni: benebetan-er (genitivo), nḿlbetan, tuŕkosbetan

31) betin /'bedin/ "alto, sommo"
  basco mendi 'monte' 

Nella toponomastica è evidente la forma -beda negli oronimi Idubeda, Orespeda.
Attestazioni: biuŕbetin, sinebetin, unibetin

32) bikir /'bigiṛ/ "occhio; guardiano" 
   basco begi 'occhio' 
Nelle iscrizioni duali è scritto bigi, il che pone fine al dubbio di una parentela con basco behi 'vacca'
Attestazioni:
akerbikir, arsbikis-ku (agentivo), bikibels-eś (comitativo), bikilako  

33) bilos /'bilots/ "aquila"  
   basco mirotz 'aquilotto'
La parola basca è stata dai vasconisti ricondotta a miru 'nibbio', che è un prestito dal latino mi:lvu(m), ma la terminazione -otz non si spiega. A parer mio la parola non è affatto correlata con quella latina, la somiglianza è fortuita e si tratta di un
prestito dall'iberico, la cui etimologia è la stessa del basco belatz 'falco'.
Attestazioni: bilosban, bilosbin, bilosiun-te (ablativo), biloskeŕe, bilostibaś, bilostikis

34) bin /min, -bin, -pin/ "testa; cima"
   basco -pin 'punta' 
Questa radice non va confusa con il numerale bin, bi 'due'.
Attestazioni: aŕsbin, atinbin, bilosbin, tikirsbin

35) bios /'biots/ "cuore"
   basco bihotz 'cuore'
Attestazioni: biosiltun

36) bitu /'bitu/ "mondo; eterno" < celt.
Attestazioni: bitukibaś, iltuŕbitu-

37) biuŕ /biur/ "fiero; fierezza"
   basco bihur 'ritorto; perverso'
Attestazioni: biulako, biuŕiltiŕ-ka (ergativo), biuŕkeŕ-en (genitivo), biuŕtikis-en (genitivo), sosinbiuŕ-u

38) bolai /'bolai/ "capo"  
   basco buru 'testa' < *bulu
Attestazioni: śitubolai, tuitibolai, uŕkaboloi

39) ene /'enne/ "di me, mio" 
   basco ene 'mio' (arc.)
Attestazioni: ENASAGIN, tikirseni

40) ian, iar /jan, ja/ "gigante, orco" (lett.
      "divoratore")
   basco jan 'mangiare' 
Una simile semantica è attestata anche nel protogermanico, dove *itunaz "gigante" alla lettera significa "mangiatore".  
Attestazioni: ianbin, iaribeŕ, BELESIAR, lakeŕeiar

41) iltiŕ /'illir/ "città; popolo"
   basco (h)iri 'città'
Usato come aggettivo, significa "del popolo". La semantica non è dissimile da quella dei nomi greci formati a partire da δῆμος "popolo".
Attestazioni: baiseiltiŕ, iltiŕatin, iltiŕbaś, iltiŕtekeŕ-ai (dativo)
, oŕtiniltiŕ

42) iltun /'illun/ "cittadino, abitante" 
   basco irun 'città' (arc.)  

Attestazioni: baiseltun-e (dativo), iltuneskeŕ, UMARILLUN   

43) iltun /'illun/ "scuro" 
  basco
ilun 'scuro' 
Da non confondersi con l'omofono lemma precedente, da cui non è sempre facile a distinguersi. A decidere il significato sarà il contesto.
Attestazioni: aloŕiltun, biosiltun, iskeŕiltun 

44) iltur /'illuṛ/ "città; popolo" 
   basco irun 'città' (arc.)  
Attestazioni:
ilturatin, ilturbiltis, ILLURTIBAS 

45) inti /'indi/ "forza" 
   basco
indar 'forza'
Attestazioni:
eterint-u (con congiunzione), INDIBILIS, intebele<ś>

46) iskeŕ /'itskerr/ "sinistro; funesto"
   basco ezker 'sinistro'
Attestazioni: ikoŕiskeŕ, iskeŕatin, iskeŕbeleś, kaŕkoskaŕ, niosiskeŕ

47) iun, iuŕ /jun, jur/ "che colpisce"
 
basco jo 'colpire'
Attestazioni: bilosiuŕ, bilosiun-te (ablativo), ESCERIOR, iltiŕeuŕ 

48) iunstir /'juntsti/ "colui che concede in dono"
   basco eutzi, utzi 'lasciare, concedere'
Con ogni probabilità un termine connesso con il sacrificio.
Attestazioni: iunstibas, iuntibilos-e (dativo), iunstirlaku

49) kaisur /'kaitsu/ "grande, immenso" 
  basco gaitz 'cattivo' < *'grande'
Attestazioni: kaisuŕanaŕ-ika (ergativo), kaisuraŕbitan, kaisurtautin-en (genitivo)

50) kaltuŕ /'galdur/ "sommo; capo" 
   basco galdur 'sommità'
Attestazioni:
aiunikaltuŕ, balkakaltuŕ, balkaltuŕ, GALDURIAUNIN

51) kaŕes /'karrets/ "quercia" 
   basco haritz 'quercia'
Attestazioni: kaŕestabikiŕ, kaŕesir-te (ablativo), kaŕestar-eai (dativo)

52) katu /'katu/ "battaglia" < celt.
Attestazioni: karkankato, kato, katon, katuekaś, katuiśar 

53) keŕe /'ger(r)e/ "pietra"; "duro" 
In basco ho trovato attestazione della parola locale gerenda 'roccia', che è un prestito dall'iberico. Non sono convinto che l'equivalente basco sia harri 'pietra'.
Attestazioni: aŕskeŕe, βασιγερρος, beleskeŕe, biloskeŕe, niskeŕe 

54) kibaś /'gibas/ "che ci possiede" 
  basco ebazi 'possedere'
Appare evidente la comunanza della radice con tibaś (vedi sotto), ma con un diverso prefisso pronominale.
Attestazioni: ADINGIBAS, bitukibaś, kibaskitar, UMARGIBAS 

55) kitar /'kidar/ "compagno, amico" 
  basco -ide, -kide 'compagno'
Attestazioni: arskitar, bastokitaŕ

56) kon /ko(n)/ "figlio; piccolo"
   basco ume, -kume 'bambino; giovane animale' 
Attestazioni: koniltiŕ-ar (genitivo)
, lauŕko, saltuko, tautinkon-ḿ<i> (ḿi = io sono)  

57) kuleś /'kules/ "grande; anziano" 
   basco
gur(h)aso 'antenato'
Attestazioni: kuleśba, kuleśbelauŕ-te (ablativo)
, kuleśir, kuleśtileis

58) laku /'laku/ "simile" 
  basco lako 'simile a, come' 

Le iscrizioni duali provano che la velare è sorda. Non può andare con basco lagun 'compagno', che è da *largun.
Attestazioni: balkelakoś-ka (ergativo), bikilako, biulako, saltulako-ku (agentivo)

59) lauŕ /laur/ "corto" 
   basco labur 'corto'
Non deve essere confuso con laur /lau
ṛ/ "quattro"
Attestazioni: lauŕberton-ar (genitivo), lauŕberton-te (ablativo)
, lauŕiskeŕkate

60) luśban /'luspan/ "gigante" 
  basco luze "lungo" + bat "uno" 

Attestazioni: aŕbeiluś<ban>, LUSPANAR, LUSPANGIBAS 

61) nabaŕ /'nabar/ "grigio; screziato" 
   basco nabar 'grigio; screziato'
Attestazioni: nabaŕsosin, ustainabaŕ-ar (genitivo)  

62) nalbe /'nalbe, 'ãlbe/ "potente" 
  basco ahal 'potenza, forza' < *anaL < *na-naL- 
Attestazioni: NALBEADEN, nalbesosin, ḿlbebiuŕ

63) neitin /'neitin/ "eroe" < celt.
Un notevole prestito dal celtiberico, come prova la conservazione del dittongo.
Attestazioni: neitin-ke (dativo), NEITINBELES

64) neŕse /'nertse/ "forza, eroismo" < celt.
Alla radice celtica è stato aggiunto un suffisso iberico, noto anche al basco e all'aquitano.   
Attestazioni: neŕseatin, neŕseoŕtin-ka (ergativo), neŕsetikan-te (ablativo)

65) nios /'niots/ "signore"
   basco nagusi, nausi 'signore' 
Attestazioni:
biunius-en (genitivo), MANDONIUS, niosiskeŕ 

66) nḿkei /'nãkei/ "desiderio" 
  basco
nahi 'desiderio'
Attestazioni:
nḿkeiltiŕ-ar (genitivo), ikonḿkei

67) oŕtin /'ordin/ "valle"
   paleosardo
ORTU "valle"
Blasco Ferrer segnala l'identità formale tra iberico ORDUMELES e paleosardo ORTUMELE.   
Attestazioni: alosoŕtin-ar (genitivo)
, ORDUMELES, olośoŕtin, oŕtiniltiŕ

68) sakaŕ /'tsakar/ "violento; uomo violento" 
   basco
zakar 'rude, violento' 
Attestazioni: sakaŕatin-te (ablativo), sakaŕbaś-ka (ergativo), sakaŕbetan, sakaŕiskeŕ 

69) saltu /'tsaldu/ "cavallo" < IE pre-celt.
   basco zaldi 'cavallo'
Abbiamo la glossa thieldones "stalloni", attribuita ai Cantabri. 
Attestazioni: saltuko, saltulako-ku (agentivo), saltutiba-ite (ablativo)

70) silir /'tsilli/ "legittimo; pulito" 
   basco zil(h)egi 'lecito, legittimo'
   aquitano SILEX(S)-
Attestazioni:
etesilir, SILLIBORI

71) sosin /'tsotsin/ 'toro'
  basco zezen 'toro'
Ridicoli i tentativi di ricondurre la parola iberica al pronome dimostrativo gallico sosin, di chiara etimologia indoeuropea.
Attestazioni: aŕkisosin, belsosin, SOSIMILUS (< *sosinbilos), SOSINADEN. sosinbiuŕ-u (con congiunzione), sosintakeŕ.

72) suise /'tsuitse/ "fuoco, ardore" 
   basco
su 'fuoco'
Attestazioni: suisebartaś, SUISETARTEN

73) śalai /'salai/ "ricco" 
  basco
sari, sal- 'prezzo'
Attestazioni:
śalaiaŕkis-te (ablativo), śalaiatin

74) śani /'sani/ "bambino"
  
basco sehi, sein 'bambino'
Attestazioni: SANIBELSER, śanibeiŕ-ai (dativo), śaniśar-

75) śar, śaŕ /sa, sar/ "prezioso" 
  basco
sari, sal- 'prezzo'
Ipotizzo la sua derivazione da un precedente
*sal-r.
Attestazioni: katuiśar, iltiŕśar, śaniśar-, tolośaŕ

76) takeŕ, tekeŕ, tikeŕ /'tagerr, 'tegerr, 'tigerr/ "egli
        lo porta; che porta"

   basco dakar 'egli lo porta' 
Attestazioni: biuŕtakeŕ-ka (ergativo), sosintakeŕ, bakontekeŕ, bilostekeŕ, iltiŕtekeŕ-ai (dativo), abaŕtikeŕ, leistikeŕ-ar (genitivo), sosintikeŕ-ka (ergativo)

77) talsku /'taltsku/ "quello dell'ontano" 
  basco haltz 'ontano'
Attestazioni: antalskar, talsko[, talskubilos, TAUTINDALS 

78) taneke /'tanneg(e)/ "guardiano" 
  basco zain 'guardiano'
Attestazioni: biuŕtaneke, TANNEGADINIA, TANNEPAESERI (dat.)

79) taŕ /tarr/ "maschio" 
   basco
ar 'maschio'
Attestazioni:
abaŕtaŕ-ike (dativo), bintaŕ-e (dativo), ikoŕtaŕ, URGIDAR 

80) taŕban /'tarban, 'taban/ "uomo virile" 
  basco
ar 'maschio' + bat 'uno'
Attestazioni: ośortaŕban, tautintarban 

81) taŕtin /'tartin/ "forte come una quercia"
  basco
arte 'leccio'
Attestazioni: taŕtinskeŕ, SUISETARTEN

82) taśka /'taska/ "bianco" 
  basco
toska "caolino bianco"
Plinio riporta la glossa iberica tasconium "terra bianca", ossia *taśkoni. La parola basca non è genuina, per motivi fonetici: deve essere un prestito tardo da una lingua pirenaica simile all'iberico.
Attestazioni: taśkabeŕ

83) tautin /'tautin/ "principe, nobile" < celt.
In un caso si trova la variante teutin.
Attestazioni: tautinko, kuleśtauntin-ka (ergativo), tautintibaś 

84) teḿbaŕ /'dumar/ "possessore" 
   basco -dun, marca del possessore
Attestazioni: ASTEDUMAE (dativo), auŕteḿbaŕ-e (dativo), baniteḿbaŕ, oŕtintuḿbaŕs-ar (genitivo)

85) tibaś /'tibas/ "egli lo possiede; che possiede" 
  basco
ebazi 'possedere' 
Attestazioni: akirtibaś, alostibaś, bilostibaś, ikoŕtibaś 

86) tikan, tiken /'tigan, 'tigen/ "egli lo innalza;
        che innalza"

   basco igan 'alzarsi'
Attestazioni: bilostigen-ar (genitivo), neŕsetikan  

87) tikirs, tikis /'tigi()ts/ "egli gli porta;
        che gli porta"
 
   basco dakar 'lo porta'
Forma obliqua del lemma takeŕ, può comparire come primo o come secondo membro di un composto.
Attestazioni: aloŕtikis, tikirseni, tikirsikoŕ, tikirsur 
Notevole il nome tikirseni "egli mi porta", di significato augurale. 

88) torton, tortin /'totin/ "ruscello; impeto" 
  paleosardo TORTI "scaturigine" 
Attestazioni:
tortinai<be>, tortonbalaŕ, TURTUMELIS  

89) tuŕś /durs, turs/ "figlio, bambino"
  basco zurtz 'orfano'
Attestazioni: tuŕśbiuŕ-ar (genitivo), tuŕśiltiŕ 

90) unin "nutrice; che nutre" 
  basco unide, unhide 'balia'
Attestazioni: UNIAUNIN, unibetin, uniltun, sikeunin 

91) uŕke /'urke/ "oro" 
   basco urre, urrhe 'oro'
Attestazioni: URCHAIL, URCESTAR, uŕkaboloi

92) ḿbaŕ /'umar/ "appariscente"
    basco nabari 'evidente'
Falsi parenti: basco ume, -kume 'giovane animale' < *onbe, *-kon-be. La parola basca non spiega la voce iberica, dato che in iberico l'originaria /k/ iniziale si è conservata. Per il corrispondente iberico di ume, vedi invece kon.
Attestazioni: ḿbaŕatin, ḿbaŕseti, UMARBELES, UMARGIBAS, UMARILLUN