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mercoledì 3 novembre 2021

 
... E TU VIVRAI NEL TERRORE!
- L'ALDILÀ
  
 
Titolo originale: ...e tu vivrai nel terrore! - L'aldilà
AKA: L'aldilà
Titolo in inglese: The Beyond
Paese di produzione: Italia
Anno: 1981
Durata: 86 min 
Lingua: Italiano
Genere: Orrore, weird
Sottogenere: Splatter, zombesco, demoniaco  
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Dardano Sacchetti, Giorgio Mariuzzo,
     Lucio Fulci
Produttore: Fabrizio De Angelis
Casa di produzione: Fulvia Film
Fotografia: Sergio Salvati
Montaggio: Vincenzo Tomassi
Effetti speciali: Giannetto De Rossi, Maurizio Trani,
     Germano Natali
Musiche: Fabio Frizzi
Scenografia: Massimo Lentini
Costumi: Massimo Lentini
Trucco: Giannetto De Rossi, Maurizio Trani
Interpreti e personaggi:
    Catriona MacColl: Liza Merril
    David Warbeck: Dottor John McCabe
    Cinzia Monreale: Emily
    Antoine Saint-John: Zweick, il pittore maledetto*
    Veronica Lazar: Martha
    Al Cliver: Dottor Harris
    Michele Mirabella: Martin Avery
    Giampaolo Saccarola: Arthur
    Laura De Marchi: Mary Ann
    Lucio Fulci: Bibliotecario
    Tonino Pulci: Joe**
    Giovanni De Nava: Zweick zombificato
    Larry Ray: Larry
    Maria Pia Marsala: Jill
    Roberto Dell'Acqua: Zombie
    Gilberto Galimberti: Zombie
    *Nella versione in inglese il cognome è Schweick.
    **Spesso accreditato erroneamente come Giovanni De Nava.
Doppiatori originali:
    Serena Verdirosi: Liza Merril
    Gino La Monica: Dottor John McCabe
    Emanuela Rossi, Isabella Pasanisi: Emily
    Pino Colizzi: Zweick e voce dell'aldilà
    Cesare Barbetti: Dottor Harris
    Manlio De Angelis: Martin Avery
    Mario Mastria: Bibliotecario
Titoli in altre lingue:
   Tedesco: Über dem Jenseits
   Francese: l'Au-delà
   Spagnolo (Spagna): El más allá 
   Spagnolo (Messico): Las siete puertas del infierno
   Portoghese (Portogallo): As Sete Portas do Inferno
   Portoghese (Brasile): A Casa do Além
   Olandese: Hotel der verdoemden
   Polacco: Siedem bram piekieł
   Russo: Седьмые врата ада
   Greco: Η 7η πύλη της Κολάσεως

   Ungherese: A pokol hét kapuja
   Giapponese: ビヨンド (Biyondo)
Budget: 400.000 dollari US
Box Office: 416.652 dollari US  
 
Citazioni: 
 
"Ora affronterai il Mare delle Tenebre, e ciò che in esso vi è di esplorabile."
(Libro di Eibon)

Slogan promozionali:

"Se vi dicessimo che questo film contiene delle sequenze agghiaccianti potreste pensare alle solite invenzioni pubblicitarie. Noi vi diciamo soltanto: ENTRATE SE AVETE IL CORAGGIO!"

"Dietro questa porta si trovano i terribili e indicibili segreti dell'Inferno. Nessuno che li scopre vive per descriverli. E vive nelle tenebre per tutta l'eternità."
 
Trama: 
Anno del Signore 1927, Louisiana profonda e palustre. Uno stravagante e controverso pittore, certo Zweick, ha la sua residenza nell'Hotel Sette Porte, nella camera 36, dove sta lavorando a un dipinto di soggetto infernale che ritrae la fine del genere umano e del mondo. A un certo punto, nel cuore della notte, alcuni facinorosi fanno irruzione nella stanza e si gettano sull'artista, sospettato di avere commercio col Diavolo e di praticare la stregoneria. Prima lo colpiscono con le catene fino a fracassargli le ossa e a squarciargli la carne, quindi lo trascinano in uno scantinato, dove lo crocifiggono e lo cospargono di calce, ustionandolo fino a farlo morire tra atroci dolori. Sulla parete dell'orrendo supplizio è dipinto un simbolo satanico. Mentre queste cose accadono, una vecchia dagli occhi bianchi e ciechi legge l'antico libro necromantico "Eibon" e profetizza l'apertura di una delle Sette Porte dell'Inferno. Il tomo prende fuoco tra le sue mani!
Anno del Signore 1981. La giovane e biondiccia Liza Merril di New York eredita l'hotel delle Sette Porte, ormai ridotto a un rudere. Migra così in Louisiana per prendere possesso della proprietà, con l'intenzione di ristrutturare l'edificio e di rimetterlo in funzione. Durante i lavori, un operaio intravede attraverso una finestra la figura di una donna dagli occhi bianchi. Preso dal terrore, perde l'equilibrio cade dall'impalcatura. Il medico locale John McCabe porta l'uomo ferito in ospedale. Nel frattempo il campanello della stanza 36 suona, ma poiché l'attività deve ancora aprire, Liza lo considera un malfunzionamento. Un idraulico, Joe, indaga sulla mancanza di acqua corrente, scoprendo nel seminterrato allagato un'area murata. Apre così la Porta dell'inferno, venendo aggredito da un ghoul, che gli estirpa gli occhi e lo uccide. Il corpo di Joe, da cui scaturisce sangue corrotto, viene scoperto dalla cameriera, Martha, assieme ai resti putrefatti e grigiastri del pittore Zweick. I cadaveri vengono portati all'obitorio dell'ospedale locale, dove John McCabe e il suo assistente, il fulvo dottor Harris, eseguono l'autopsia. Quando Harris cerca di captare le onde cerebrali di Zweik con un rilevatore, non ottiene alcun risultato. I due medici escono dalla sala ed ecco che il rilevatore si attiva di colpo! Giungono all'obitorio la vedova dell'idraulico con la figlia Jill, fulva come Harris e con le treccine. Mentre sta armeggiando con il cadavere, acconciandolo per la sepoltura e mettendogli tra le mani un rosario, accade una disgrazia: un contenitore pieno di acido le si rovescia addosso, uccidendola in modo atroce. La bambina, che era rimasta fuori ad aspettare, quando entra nell'obitorio si imbatte nella madre morta, con l'acido che continua a colarle addosso. Viene aggredita da una massa ameboide rossa e schiumosa, mentre su di lei incombono gli zombie! Mentre guida verso la città, Liza incontra una donna cieca di nome Emily, accompagnata dal suo cane guida, Dicky. Emily, i cui orribili occhi sono biancastri, avverte Liza che riaprire l'hotel sarebbe un grave errore, intimandole di tornare a New York. Di fronte a questi spaventosi e funesti portenti, John esorta Liza a rinunciare al progetto di riaprire l'hotel. Tuttavia la donna rifiuta, avendo disperato bisogno di entrate finanziarie e non riuscendo a immaginare altra via per ottenerle (all'epoca non esisteva OnlyFans). Più tardi la cieca Emily racconta a Liza ogni dettaglio di Zweick, dei suoi orrori e della stanza 36, ​​avvertendola di non entrarvi per nessun motivo, affermando che l'assassinio del pittore sulfureo era considerato un sacrificio per maledire la Terra. L'ereditiera si fa beffe dell'avvertimento e le sue mani iniziano a sanguinare. Scopre il Libro di Eibon e il cadavere di Zweick inchiodato al muro del bagno. Terrorizzata, fugge dall'hotel; quando ritorna nella stanza 36 assieme a John, non c'è più traccia del volume e del corpo. Liza racconta a John del suo incontro con Emily, ma lui è scettico e insiste sul fatto che in città non vive nessuna donna cieca in città. Inoltre, afferma che la casa dove Liza sostiene che Emily viva è abbandonata da anni. Gli eventi precipitano. L'architetto di Liza, Martin, visita la biblioteca cittadina per ispezionare i progetti dell'hotel. Scopre che questi progetti rivelano un ampio spazio inspiegabile nel seminterrato. Subito Martin viene buttato giù dalla scala da una forza invisibile, si rompe il collo e rimane paralizzato. Mentre giace indifeso sul pavimento, compaiono molte tarantole gigantesche che lo spolpano vivo. Martha cerca di pulire il bagno della stanza 36, ma viene uccisa dallo zombie di Joe, emerso dall'acqua della vasca e deformato in modo raccapricciante. John irrompe nella vecchia casa dove dovrebbe vivere Emily. Trova il Libro di Eibon e inizia a leggerlo, apprendendo che l'hotel è una delle Sette Porte dell'Inferno. Emily viene aggredita dai cadaveri animati: ordina al cane Dicky di attaccarli. L'animale scaccia gli zombie, poi però inaspettatamente si rivolta contro Emily, uccidendola. Liza ritorna nel seminterrato dell'hotel e viene attaccata da un lavoratore zombificato. Mentre fugge, incontra di nuovo John all'ingresso. L'uomo indaga e non trova traccia del morto vivente, così Liza inizia a mettere in dubbio la propria sanità mentale. I due procedono in auto verso l'ospedale e vi trovano un'orda di zombie. Le uniche persone vive sono il dottor Harris e Jill, la figlia fulva di Joe. Harris viene ucciso da un vetro volante e John uccide Jill quando si trasforma attaccando Liza: la bambina diabolica finisce col cranio scoperchiato! Al culmine dell'orrore, John McCabe e Liza Merril scappano scendendo le scale ma scoprono di essere nuovamente arrivati ​​nel seminterrato. Procedono attraverso il labirinto allagato e si imbattono in una terra desolata, piena di cadaveri che sembrano pietrificati. Presto si rendono conto che è lo stesso paesaggio del dipinto di Zweick. Non importa in quale direzione si rivolgano, si ritrovano al punto di partenza. Voci orribili e confuse borbottano frasi smozzicate, puro rumore di fondo dell'Abisso. Alla fine i due dannati vengono accecati proprio come Emily e le loro figure scompaiono nel Nulla.  
 
 
Recensione: 
Questo film è il secondo capitolo della cosiddetta Trilogia della Morte, iniziata con Paura nella città dei morti viventi (1980); il terzo è Quella villa accanto al cimitero (1981). È una pellicola visionaria e apocalittica, forse la più estrema del regista romano. La si può considerare una colonna portante del genere horror-splatter. A parer mio ogni definizione di questo tipo è riduttiva: sarebbe meglio non attribuire troppe etichette stereotipate a quella che una vera e propria Catabasi!  
 
 
Le dichiarazioni metafisiche di Fulci 

Queste sono le parole del regista, che ha così cercato di spiegare il finale e il senso profondo della sua opera: 
 
"Il messaggio che cercavo di comunicare è che la nostra vita è un terribile incubo e che l'unica via di fuga è nascondersi in questo mondo fuori dal tempo. Alla fine del film i protagonisti hanno questi occhi privi di vista e c'è questo deserto senza luce, senza ombre, senza vento... il nulla assoluto. Credo di essermi avvicinato a ciò che gran parte della gente pensa dell'aldilà". 

Purtroppo il pubblico non gli ha prestato molto ascolto. La critica è stata superficiale. Gli stessi fan che hanno decretato lo stato di film di culto, sono per loro natura fissati con dettagli puramente esteriori come gli effetti speciali. Non hanno mai avuto un vero interesse per la filosofia della morte e per i destini ultraterreni del genere umano. Non possono capire l'irruzione dell'Alterità Assoluta! 
 
L'assurdità del Purgatorio
 
Una certa Meagan Navarro nel 2018 ha avanzato un'ipotesi inconsistente e meno intelligente della diarrea di un pappagallo, ritenendo l'Aldilà di Fulci analogo al concetto cattolico di Purgatorio. Non c'è somiglianza alcuna! Diabole Domine, ci arriverebbe anche un babbuino! Dante parlò delle anime del Purgatorio, definendole contente di stare tra le fiamme, solo in apparenza analoghe a quelle dell'Inferno, perché erano consapevoli che un giorno avrebbero avuto la libertà, venendo infine ammesse alla Gloria del Paradiso. Nel paesaggio annientato dell'Aldilà di Fulci c'è invece soltanto disperazione irrimediabile, perché non esiste possibilità alcuna di uscire da una condizione che può essere descritta soltanto come Dannazione Eterna. È la Morte dell'Essere. Ecco le parole di Dante Alighieri che la descrivono in tutta la sua tremenda natura: 

"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate."
(Inferno III, vv. 1-9) 
 
Annientamento 

Sacchetti fondava la sua concezione dell'Oltre su personalissime riflessioni sulla morte e sulla "sofferenza di nascere condannato a morte… [di essere] nato per essere cancellato". Cercò quindi di dipingere l'Oltretomba come un vuoto infernale pieno di anime morte, un non-mondo esistente "al di fuori della geometria euclidea". La sua geometria non euclidea è la stessa che caratterizza il luogo perduto dove Cthulhu attende sognando: R'lyeh. 
 
Cecità 
 
Un tema importante, secondo lo studioso di cinema Phillip L. Simpson (2018), è quello della cecità fisica come risultato dell'esposizione al Male, specificamente legato al Libro di Eibon. Egli interpreta le immagini pervasive di cecità e mutilazione degli occhi, ricorrenti nel film, come direttamente consequenziali al contatto dei personaggi con il testo maledetto. Questa mutilazione sarebbe a suo avviso la conseguenza di un impiego improprio del contenuto esoterico. Questo impiego abusivo sarebbe caratterizzato da due gravi difetti: la negligenza e l'ignoranza. Al contempo, lo stesso Simpson era dell'idea che solo due esseri possiedono la capacità necessaria per interpretare il contenuto del libro, una vera e propria seconda vista: il pittore-stregone linciato nel prologo del film, ed Emily, una "veggente che trascende la temporalità"
 
 
Un errore pacchiano  

Nella prima parte del film vediamo le sequenze a colori smorti dell'esecuzione del pittore-stregone da parte di una gang di abitanti del luogo. Certamente sarebbe stato eccessivo far indossare loro le vesti spettrali del Ku Klux Klan, che avrebbero nascosto i volti contratti dall'ira e dallo odio, privandoci di una scena d'intensità drammatica eccezionale. La crocefissione avviene in modo corretto, con i chiodi piantati nei polsi, non nei palmi delle mani come da tradizione popolare quanto inconsistente. Tuttavia i maggiori problemi vengono dalla chimica e dalla sua scarsa conoscenza, non da scelte stilistiche. La calce viva (ossido di calcio, CaO) si spegne rapidamente una volta entrata a contatto con l'acqua. Il pastone che si ottiene è infatti calce spenta (idrossido di calcio, CaOH), che non ha lo stesso potere caustico del materiale di partenza. Pur essendo una base forte, la sua azione irritante sulla pelle non è istantanea. Quindi nella realtà non sarebbe stato possibile ustionare e uccidere una persona come mostrato nel film di Fulci. 

 
Il Libro di Eibon  
 
Ricorre in tutto il film un vetusto volume sulla cui copertina color crema spicca il titolo EIBON. È uno dei cosiddetti "libri maledetti di Lovecraft". A dire il vero è stato creato (o piuttosto evocato) da Clark Ashton Smith (1893 - 1961), poeta, scrittore e artista statunitense, comparendo per la prima volta nel suo racconto breve Ubbo-Sathla (prima pubblicazione nel 1933). Un racconto di Clark Ashton Smith, L'avvento del verme bianco (The Coming of the White Worm, 1941) è addirittura presentato come un capitolo del Libro di Eibon. In ogni caso il volume demoniaco compare anche nei seguenti racconti del Solitario di Providence: L'orrore nel museo (The Horror in the Museum, scritto con Hazel Heald, 1932), L'uomo di pietra (The Man of Stone, scritto con Hazel Heald, 1932), La cosa sulla soglia (The Thing on the Doorstep, 1933), I sogni della casa stregata (The Dreams in the Witch House, 1933), Dagli eoni (Out of the Aeons, 1935), L'abitatore del buio (The Haunter of the Dark, 1936), L'ombra calata dal tempo (The Shadow Out of Time, 1936), Il diario di Alonzo Typer (The Diary of Alonzo Typer, 1938). Ho verificato una ad una tutte le citazioni. Nel racconto I sogni della casa stregata, il Libro di Eibon è definito "frammentario". Nel racconto L'abitatore del buio, il testo è citato col suo titolo in latino medievale, Liber Ivonis (edizione del X-XI secolo), mentre nel racconto Il diario di Alonzo Typer compare col titolo in francese, Livre d'Eibon (edizione del XIII secolo, traduzione di Gaspard du Nord, necromante di Averoigne).
 
Questa è la sintetica descrizione del testo data dallo stesso Clark Ashton Smith: 

"... The Book of Eibon, that strangest and rarest of occult forgotten volumes ... is said to have come down through a series of manifold translations from a prehistoric original written in the lost language of Hyperborea."
(Clark Ashton Smith, Ubbo-Sathla
 
Traduco per i pochi non anglofoni rimasti:
 
"... Si dice che il Libro di Eibon, il più strano e raro dei volumi occulti dimenticati, sia giunto attraverso una serie di molteplici traduzioni da un originale preistorico scritto nella lingua perduta di Iperborea." 

Eibon è il nome di un potentissimo stregone vissuto nella terra di Mhu Thulan, adoratore della divinità demoniaca Zhothaqquah (Tsathoggua), che in sostanza è un mostruoso essere alieno migrato sulla Terra da Cykranosh, ossia da Saturno. Clark Ashton Smith introduce il personaggio di Eibon nel racconto La porta di Saturno (The Door to Saturn, 1932), dicendo che fu dichiarato eretico da Morghi, l'Alto Sacerdote della Dea Yhoundeh. Nel film di Fulci non si menziona nemmeno il più piccolo dettaglio di tutta questa complessa architettura narrativa e concettuale: si trova soltanto la scritta Eibon impressa sul frontespizio del grosso libro dalle pagine sottilissime. 
 
Il problema delle traduzioni dei testi magici 
 
Esiste un grave vulnus, un punto debole dell'intera letteratura Weird. A rigor di logica, il Libro di Eibon dovrebbe essere letto nella lingua originale, quella di Iperborea. Qualsiasi traduzione gli farebbe perdere ogni potere. Che senso ha tradurre in una lingua moderna le parole di un antico necromante? I Demoni non ascolterebbero le evocazioni, le maledizioni scagliate non sortirebbero alcun effetto. Mi sono sempre posto questo interrogativo. Probabilmente quella delle traduzioni è una scelta degli autori fatta per evitare eccessive complessità narrative. Qualche volta Lovecraft ed altri riportano poche frasi isolate nella lingua originale, come ad esempio quella di R'lyeh, ma questo è tutto. Si converrà che esistono difficoltà pratiche non irrilevanti nel tramandare fedelmente nei millenni una lingua antichissima e priva di relazione con qualsiasi cosa nota nella vita di tutti i giorni. Basti fare un breve esempio di come tutto si ingarbuglierebbe. Se il Libro di Eibon non fosse stato tradotto in inglese, John McCabe non avrebbe potuto semplicemente aprirlo e leggerne alcune pagine. Per leggerlo e intenderne i contenuti, sarebbe stato costretto a seguire studi specifici, forse quasi inaccessibili. Sarebbero bloccate moltissime trame che prevedono situazioni simili. Tutto diverrebbe ingestibile. Suppongo anche che gli spettatori non amerebbero udire suoni di strane parole. Ricordo una donna attraente, R., che avendomi sentito pronunciare alcune glossolalie, mi disse che quelle erano "brutte parole" e mi pregò di non usarle più. Non ne poteva comprendere il senso, ma il semplice suono la inquietava, probabilmente per la presenza di gruppi consonantici inusuali e aspri. Eppure sono dell'idea che la potenza narrativa dei film raggiungerebbe livelli incredibili se si usassero evocazioni e maledizioni nelle lingue degli Antichi. Credo che subentrino due fattori, che impediscono una simile innovazione:
1) Non si trovano molte persone come me, in grado di articolare alla perfezione certi suoni; 
2) Esistono paure superstiziose che una simile attività possa portare disgrazie.
Ecco. L'idea è che si aprirebbe davvero una Porta dell'Inferno! Fulci ci avrebbe creduto, non ho dubbi su questo.
 
Etimologia di Eibon 
 
Nella lingua degli antichi Guanche è documentato un interessantissimo vocabolo, noto con diverse varianti a seconda degli autori che lo tramandano: 
 
yone "indovino", "colui che predice" 
varianti:
yoñe, jonne, ibone, eiunche
nota:
Ibone compare come antroponimo; alcuni lo separano dalle altre forme e non lo ritengono genuinamente Guanche. Non concordo col loro giudizio.
 
Sono consapevole del fatto che la radice di questi nomi è proto-berbera (*junn- "dire"). I Quorani maledetti mi piomberebbero addosso dicendo che si tratta di una correlazione e non di un nesso causale, gnè gnè gnè gnè, riportando stupide foto esplicative e vignette memetiche per cancellare ogni dissenso. Tuttavia amo fantasticare, inebriarmi in voli pindarici che mi procurano un particolare piacere. Così ho in me uno strano senso di cristallina certezza: la protoforma originale è *wunn- "dire", da cui si forma l'agentivo *e-i-wunn- "colui che dice". Il significato del nome del necromante Eibon è proprio questo: "Indovino", "Colui che predice". Proprio come sono convinto che il nome del sacerdote suo persecutore, Morghi, significhi "Decimo (nato)" e abbia la stessa radice del Guanche di Tenerife marago "dieci". Adesso pongo una domanda: cosa poteva saperne Clark Ashton Smith dell'esistenza di queste parole tra gli antichi abitanti delle Canarie? 

 
L'artista satanico è Zweick o Schweick?

Questo è un prospetto delle occorrenze del cognome del pittore maledetto nelle principali versioni del film: 

Versione in italiano: Zweick 
Versione in inglese: Schweick
Versione in tedesco: Schweick
Versione in francese: Zweick
Versione in spagnolo: Schweick
Versione in portoghese: Schweick
Versione in polacco: Schweick 
Versione in russo: Швейк (trascrizione di Schweick)
Versione in greco: Scweick (sic, in caratteri latini)
Versione in ungherese: Schweick 
 
Questa dovrebbe essere la pronuncia trascritta in caratteri fonetici IPA, che evidenzia la differenza tra i due fonemi iniziali:  
 
Schweick /ʃvaɪk/ 
    /ʃ/ è la sc di scena.
Zweick /tsvaɪk/ 
   /ts/ è la zz di cazzo.

Invece si scopre che la differenza è soltanto grafica: nel film in italiano la pronuncia è /ʃvaɪk/, come se fosse scritto Schweick. A quanto pare, abbiamo la forma scritta Zweick soltanto in italiano e in francese. Le ragioni di tutto questo sono semplicemente misteriose. La direzione dell'adattamento grafico deve essere da Schweick a Zweick, già soltanto per la maggior frequenza della prima forma rispetto alla seconda. Un tedesco è in grado di pronunciare correttamente entrambe le versioni del cognome, ma a questo punto è evidente che l'equivoco sia nato da qualcuno che ignorava i fondamenti della lingua germanica e che ha effettuato una trascrizione difettosa di ciò che ha udito, propagando poi l'errore. 
 
 
Il mito delle Sette Porte dell'Inferno 
 
Il mitologema fulciano delle Sette Porte dell'Inferno è fondato su un'omonima leggenda metropolitana, molto diffusa negli States, che riguarda alcuni luoghi della Contea di York, in Pennsylvania, denominati Seven Gates of Hell e considerati maledetti. Esistono due versioni della funesta leggenda: in una si parla di un manicomio distrutto da un incendio, mentre l'altra è basata sulla figura di un dottore eccentrico - quindi sospettato di avere commercio col Diavolo, proprio come il pittore del film. Entrambi le storie concordano sul fatto che ci sono sette cancelli in una zona boscosa di Hellam Township, e che chiunque li attraversi tutte e sette finisca direttamente all'Inferno, con il proprio corpo fisico. In realtà il luogo in questione non ha mai ospitato un'istituzione manicomiale, mentre è stato appurato che il bizzarro medico costruì soltanto un cancello allo scopo di tenere lontani gli intrusi. Probabilmente la diceria è nata semplicemente dallo strano toponimo Hellam, che in inglese è interpretabile come "Villaggio dell'Inferno" (Hell "Inferno"; -(h)am "villaggio"). Non mancano aspetti legali, certamente più concreti: i cancelli maledetti si trovano in una proprietà privata e visitarli potrebbe portare gli incauti a una denuncia per violazione di domicilio. 

 
Le migali masticatrici 
 
Oltre all'inconsistenza della calce viva bagnata, ne troviamo un'altra che riguarda un campo di studi decisamente inusuale: l'aracnologia, ossia la scienza che si occupa degli aracnici (ragni, scorpioni, acari, etc.), creature poco amate dal pubblico. Gli aracnidi non sono insetti, come è sempre bene ricordare, e non c'entrano nulla con le arachidi. L'anatomia di questi animaletti è affascinante e dà gioie infinite allo studioso. L'apparato buccale di un ragno come la migale non presenta veri e proprie zanne atte a dilaniare la carne delle vittime. Presenta invece i chelicheri, apparati complessi che servono ad afferrare e ad iniettare il veleno. Tutti gli aracnidi di questo tipo possono ingerire soltanto cibi liquidi, così rigurgitano i succhi gastrici, riducono in brodo il malcapitato e succhiano tale liquame con tutto comodo. Cosa molto interessante, lo stomaco dei ragni utilizza per la digestione sostanze basiche (esempio: la soda caustica) anziché acide (esempio: l'acido cloridrico), come invece avviene nei vertebrati. C'è anche un altro dettaglio piuttosto buffo. Quando l'architetto cade nella biblioteca, i ragni che gli strisciano addosso emettono cinguettii come i canarini, mentre il suo volto cambia rapidamente avanti e indietro, passando da quello di un vero attore coperto di sangue a un'evidente testa finta e modellata. 

 
Effetti speciali 
 
Si devono a Giannetto De Rossi, Maurizio Trani e Germano Natali gli effetti speciali, creati sugli stessi attori servendosi di speciali protesi. Solo per fare un esempio, all'attrice che ha interpretato Emily sono state applicate lenti finte in grado di simulare occhi ciechi e biancastri tramite pupille dipinte. Un occhio finto con la parte anteriore coriacea servì per simulare l'occhio estirpato dell'idraulico Joe; il resto era molliccio e composto di plastilina. Esiste una controversia, di per sé abbastanza futile, sulla mano che esce dal muro per agguanta il povero Joe: sarebbe di De Rossi, ma Trani affermò che invece era la sua. Le migali che hanno spolpato l'architetto Martin non erano vere: si trattava di modellini pilotati a distanza da De Rossi tramite un telecomando, anche se sembra che siano state utilizzati anche alcuni aracnidi veri. Non posso confermare quest'ultima informazione, mi affido ad Albiero e Cacciatore. A quanto pare, fu lo stesso De Rossi ad avere l'idea della migale che si introduce nella bocca di Martin. Così c'erano due bocche, entrambe finte: una serviva per le riprese esterne, l'altra per quelle interne. La prima era a grandezza naturale, la seconda era tre volte più grande. La lingua fittizia che doveva simulare l'estirpazione era provvista di un ricettacolo pieno di sangue artificiale ed era fatta di lattice. 

La critica cinematografica:
accanimento e successiva rivalutazione 

La critica si mostrò spietata e si accanì con particolare ferocia contro il film fulciano. Riporto alcuni degli iniqui giudizi che furono formulati.  
Il Corriere della Sera: "Il primato il film lo tocca solo nello stomachevole. E siamo sinceri: a tale livello è più tollerabile la pornografia."
La Repubblica: "Il risultato è quello del solito teatrino del macabro interpretato da personaggi scontati."
Tullio Kezich parlò di "banalità dei contenuti e il cattivo gusto sanguinolento", ma anche di "una scrittura filmica efficace e persino elegante".
In epoca più recente, in Italia sono comparse recensioni eulogistiche su riviste dedicate al cinema di genere.
Nocturno: "L'aldilà non va visto, va "vissuto". Schegge di grande cinema (si pensi alla prima apparizione di Cinzia Monreale in quella highway deserta e annebbiata) si fondono con furibonde cavalcate nel purulento, marcescente, universo dello splatter tanatologico, di cui Fulci resta maestro incontrastato."
Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore scripserunt: "un vero e proprio incubo filmico basato sui canoni della casa infernale. Fulci realizza quello che è da molti ritenuto il suo capolavoro, di certo la sua opera più visionaria, sovversiva ed estrema."
Antonio Tentori scripsit: "Con L'aldilà Fulci riesce a realizzare quell'horror estremo, libero, totale e coinvolgente che più rappresenta lo spirito vero dell'autore." 
 
Censura 
 
In Italia il film ha avuto due riedizioni, entrambe le volte con il titolo L'aldilà, nel 1987 e 1988. Sia nel 1980 che nel 1987 il film è stato vietato ai minori di 18 anni. Nel 1988 si è avuta derubricazione e il divieto ai minori di 14 anni.
 
 
Curiosità 
 
Questo film è ambientato nel seminterrato di una casa a New Orleans, in Louisiana. Tuttavia, New Orleans si trova sotto il livello del mare e nessuna casa ha scantinati: sarebbero invasi dalle acque e renderebbero instabile l'edificio. 
 
I corpi che sembrano pietrificati e polverulenti nel paesaggio dell'Aldilà mostrato nel finale, sono stati realizzati utilizzando vagabondi reclutati dalla strada in un modo molto semplice e ingegnoso: il pagamento è avvenuto in alcol! Tutto ciò è genio assoluto! 
 
In origine, la sequenza finale dell'ingresso nell'Aldilà doveva svolgersi in un parco divertimenti, dove i due personaggi principali, ormai trapassati, avrebbero avuto la possibilità di divertirsi nel "grande parco divertimenti della vita". Per fortuna una simile stronzata non ha mai visto la luce!

Fulci ha deciso di non lavorare più per i distributori italiani che hanno prodotto il suo film Zombi 2 (1979), a causa del fallimento causato dal suo titolo, il cui scopo era quello di trarre profitto dal successo del film di George A. Romero, Zombi (Dawn of the Living Dead, 1978). Il regista si è avvicinato a Medusa Distribuzione (rendendo tecnicamente il film una produzione tedesca): inizialmente voleva che la sua opera fosse fosse un horror puramente metafisico, in cui soltanto il malvagio Zweick che era uno zombie. Tuttavia, i dirigenti hanno insistito per scatenare un assalto degli zombie da qualche parte nel climax del film, poiché il film di Romero era stato un enorme successo in tutto il mondo, inclusa la Germania. Fulci all'inizio era titubante, ma ha finito per accettare, dopo che gli era stato promesso il controllo creativo su qualsiasi altro aspetto nella pellicola. Il film è stato ribattezzato sia in Germania che negli Stati Uniti. A differenza di Zombi 2, i titoli erano originali e non destinati a trarre profitto da altre opere.
 
Sono rimasto stupefatto venendo a sapere che nel 1998 Quentin Tarantino restaurò la pellicola nella versione integrale e la distribuì negli Stati Uniti (prima di allora erano circolate soltanto versioni censurate). Questa sarebbe la sua prima buona azione da che è nato! Trovo la cosa a dir poco incredibile, perché di questo sono assolutamente sicuro: ci sono persone che fanno qualcosa di buono soltanto quando compiono il passaggio all'Aldilà, liberando il mondo dalla loro influenza nefasta! Il pupillo di Harvey Weinstein è sicuramente tra queste. Possa Thor incenerirmi col fulmine se dico il falso! La si prenda come una mia semplice opinione personale, che però devo avere il diritto di esprimere.  
 
Un sequel fantomatico 
 
A quanto ho potuto leggere nel Web, a un certo punto sono corse voci sul progetto di un sequel, che si sarebbe dovuto intolare Beyond the Beyond (ossia "Oltre l'Oltre"). Una specie di brochure di questo immaginario film sarebbe comparsa su una fanzine francese, il cui nome non sono però riuscito a reperire da nessuna parte - eppure qualcuno giurava di averla vista con i proprio occi. Si è infine appurato che un simile progetto non ebbe mai alcuna sostanza: era una semplice trovata pubblicitaria per promuovere la pellicola di Fulci. In seguito la notizia del progetto del sequel fu smentita dalla figlia del regista, Antonella, che avrebbe però confermato l'esistenza effettiva di una larvata sceneggiatura. La fonte sembra essere Dossier Nocturno 3. L'opera al nero. Il cinema di Lucio Fulci. (Autori vari, 2003). Non sono riuscito a trovare nulla di sostanziale. Non so se la stessa questa storia delle voci di un sequel abbia qualche fondamento, non ne sono così sicuro da scommetterci gli attributi. 

lunedì 1 novembre 2021

 
PAURA NELLA CITTÀ DEI MORTI VIVENTI
 
Titolo originale: Paura nella città dei morti viventi 
Paese di produzione: Italia
Anno: 1980 
Lingua: Italiano
Durata: 93 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Orrore 
Sottogenere: Zombesco, weird, demoniaco
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Lucio Fulci e Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Lucio Fulci e Dardano Sacchetti
Produttore: Lucio Fulci e Giovanni Masini
Produttore esecutivo: Robert E. Warner
Casa di produzione: Dania Film, Medusa Distribuzione,
    National Cinematografica
Distribuzione in italiano: Medusa Distribuzione
Fotografia: Sergio Salvati
Montaggio: Vincenzo Tomassi
Effetti speciali: Gino De Rossi
Musiche: Fabio Frizzi
Scenografia: Massimo Antonello Geleng
Costumi: Massimo Antonello Geleng
Trucco: Rosario Prestopino, Franco Rufini e Luciano Vito
Interpreti e personaggi:
    Christopher George: Peter Bell
    Catriona MacColl: Mary Woodhouse
    Carlo De Mejo: Jerry
    Antonella Interlenghi: Emily Robbins
    Giovanni Lombardo Radice: Bob
    Daniela Doria: Rosie Kelvin
    Fabrizio Jovine: Padre William Thomas
    Luca Paisner: John-John Robbins
    Michele Soavi: Tom Fisher
    Venantino Venantini: Mister Ross
    Enzo D'Ausilio: Aiutante dello sceriffo Russell
    Adelaide Aste: Theresa
    Luciano Rossi: Poliziotto nell'appartamento
    Robert Sampson: Sceriffo Russell
    Janet Agren: Sandra
    Lucio Fulci: Dott. Joe Thompson
Doppiatori originali:
    Sergio Rossi: Peter Bell
    Serena Verdirosi: Mary Woodhouse
    Cesare Barbetti: Jerry
    Anna Melato: Emily Robbins
    Vittorio Stagni: Bob
    Isabella Pasanisi: Rosie Kelvin
    Roberto Chevalier: Tom Fisher
    Gianni Marzocchi: Mister Ross
    Anna Miserocchi: Theresa
    Vittoria Febbi: Sandra
    Romano Ghini: Dott. Joe Thompson 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese (Regno Unito): City of the Living Dead 
   Inglese (Stati Uniti d'America): The Gates of Hell
   Francese: Frayeurs 
   Spagnolo: Miedo en la ciudad de los muertos vivientes 
   Tedesco: Ein Zombie hing am Glockenseil 
   Greco: Η πόλη των ζωντανών νεκρών 
   Russo: Город живых мертвецов 
   Polacco: Miasto żywej śmierci 
 
Trama: 
Un prete cattolico, Padre Thomas, si impicca nel cimitero del villaggio di Dunwich, proprio nella Vigilia di Ognissanti. Lo fa scientemente, nel pieno possesso delle sue facoltà, per odio assoluto verso Dio. Con questo suicidio egli provoca l'apertura di un passaggio diretto tra la Terra e l'Inferno. Proprio nel momento in cui avviene la transizione agli Inferi dell'ecclesiastico, a New York, nell'appartamento della medium Theresa è in corso una seduta spiritica. Mary Woodhouse ha una chiara visione dell'accaduto e muore di morte improvvisa. Il gruppo di spiritisti che partecipava al rituale può solo constatare il suo decesso. Viene chiamata la polizia: il commissario è un mandingo dai modi bruschi che si convince, forse per personale ottusità, che la donna sia deceduta a causa di un'overdose di droga. La medium Theresa avverte l'ufficiale di un male incombente. Di colpo una fiammata arde come dal nulla nella stanza, lasciando attoniti gli astanti. Il giornalista Peter Bell inizia a indagare sulla morte di Mary Woodhouse e visita la sua tomba. Il corpo è appena stato inumato, tuttavia la donna è ancora viva e Peter, che sente le sue grida, riesce a salvarla dalla sepoltura prematura. Peter e Mary fanno visita a Theresa, la quale dice che, secondo l'antico libro di Enoch, gli eventi delle visioni presagiscono l'irruzione dei morti viventi nel nostro mondo. Il suicidio del prete diabolico ha sovvertito l'ordine naturale stabilito da Dio e ha spalancato le Porte dell'Inferno: l'invasione inizierà il successivo giorno di Ognissanti. Nel frattempo a Dunwich, Bob, un giovane vagabondo, visita una casa abbandonata, fuggendo a gambe levate dopo aver rinvenuto una carcassa sfatta. Dall'altra parte della città, Gerry, uno psicoanalista, sta visitando Sandra, una sua paziente nevrotica e biondiccia fissata con fantasie di incesto col padre. Più tardi la giovane Emily Robbins, che è la sua ragazza e assistente personale, gli dice che ha cercato di aiutare il vagabondo Bob e che deve incontrarlo. Il problema è che Emily non torna viva dall'incontro con Bob, che soffre di una grave forma di miasi ed è sconvolto dalla visione il prete impiccato. Così strozza Emily con una mano piena zeppa di cagnotti. Anche i giovani Tom e Rosie, che stanno amoreggiando appartati in un'auto, si imbattono nel prete demoniaco. Rosie si mette a lacrimare sangue e a vomitare le interiora, mentre Tom, raggiunto dall'ecclesiastico, finisce col cranio sfondato e col cervello asportato. Il cadavere di Emily viene rinvenuto il mattino dopo, vicino a una pozza di percolato fetidissimo. Il padre della ragazza racconta allo sceriffo e a Gerry dei suoi sospetti sul verminoso Bob, a cui non mancano precedenti criminali di un certo rilievo. Nel frattempo, Peter e Mary lasciano New York, andando alla ricerca del borgo perduto di Dunwich. Quella stessa sera, Bob torna alla casa deserta e ha una nuova visione di padre Thomas. Dopo il funerale di Emily, il suo fratellino John-John vede l'immagine spettrale della defunta fuori dalla finestra della sua camera da letto. Comincia un turbine di eventi soprannaturali abberranti. La nevrotica Sandra trova sul pavimento della sua cucina il cadavere dell'anziana signora Holden. Subito Sandra chiama in aiuto Gerry. Quando l'uomo arriva, della defunta signora Holden non c'è più traccia. I due perquisiscono la casa, in cui si rompe senza motivo una finestra, il cui vetro è cosparso di sangue umano. Bob finisce ucciso da un uomo del posto, il collerico Ross, che gli perfora la testa con un trapano elettrico, pensando che egli volesse deflorargli la figlia. La mattina seguente, Peter e Mary trovano il fatiscente cimitero di Dunwich. Mentre cercano la tomba del prete suicida, incontrano Gerry e Sandra. Tornano nell'ufficio di Gerry per discuterne, ma vengono quasi soffocati da una tempesta di vermi. Gerry riceve quindi una chiamata da John-John, che spiega che il cadavere di Emily si è rianimato: la rediviva ha ucciso i suoi genitori. Mentre Sandra cerca di mettere in salvo il piccolo John-John, Emily la assale e la scotenna. John-John fugge ma viene salvato da Gerry, che lo consegna alla polizia. Gli zombie invadono la città, guidati da Bob. Si scatena il panico e viene dichiarato lo stato di emergenza. Mary, Peter e Gerry tornano al cimitero mentre l'orologio segna la mezzanotte e inizia il giorno di Ognissanti. Scendono nella tomba di famiglia di Padre Thomas, scoprendo una cripta piena di resti scheletrici e di putredine. Apparendo come uno zombie, Sandra uccide Peter, ma Gerry la trafigge con una punta di metallo. Mary e Gerry affrontano il prete e l'orda dei non-morti. Gerry afferra una croce di legno e sventra padre Thomas. Il prete e gli altri cadaveri rianimati prendono fuoco e scompaiono. Mary e Gerry escono al cimitero la mattina per vedere John-John e la polizia. Mary è sollevata nel vedere il bambino vivo, ma all'improvviso si spaventa e urla, mentre tutto si sgretola e diventa nero, come se un veleno ontologico stesse iniziando a contaminare l'intero Universo. 
 
Citazioni: 
 
"l'anima che anela all'eternità
deve sottrarsi al giogo della morte.
tu, o viandante,
alle soglie delle tenebre, vieni."
 
Recensione: 
La Trilogia della Morte, iniziata con Paura nella città dei morti viventi (1980), è poi proseguita con ... e tu vivrai nel terrore! - L'aldilà (1981) e Quella villa abbandonata accanto al cimitero (1981). Questa pellicola è caratterizzata, come altri lavori di Fulci, da un onirismo estremo, addirittura violento. L'intenzione del regista non è quella di dar vita a una vicenda verosimile e coerente. Piuttosto, quello che lo spettatore deve affrontare è un insieme di sequenze incubiche disordinate. Lo schema ricorrente e tipico è questo: a un certo punto fa la sua improvvisa irruzione un elemento soprannaturale atroce e insopportabile, come ad esempio un morto vivente; se la vittima dell'aggressione riesce a fuggire, per prima cosa fa accorrere qualcuno in suo aiuto ritornando sul luogo in cui si è manifestato l'evento inspiegabile o funesto, ma ogni traccia dell'accaduto è scomparsa come per incanto; se invece la vittima finisce uccisa, è destinata a spuntare fuori come zombie in un luogo incongruo. Vano è cercare un ordine razionale, come sarebbe vano cercarne in un incubo.
 
 
Tempesta di cagnotti! 
 
La scena della tempesta di cagnotti fu girata utilizzando due ventilatori e 10 chilogrammi di larve di mosca. A giudicare dalle dimensioni, si direbbero larve di Calliphora vomitoria, il dittero che volgarmente è chiamato moscone azzurro. Una simile operazione scenica non è stata priva di rischi. Questi ripugnanti esserini possono insinuarsi nelle orecchie senza che nessuno se ne accorga subito, procedendo all'interno fino al timpano. Dopo aver rosicchiato la membrana, sono in grado di risalire per il condotto dove passa il nervo acustico, riuscendo quindi a guadagnarsi l'accesso al cervello! Le vittime di questa parassitosi non muoiono subito. Sono costrette a condurre un'esistenza da incubo, in una condizione che è quanto di più si avvicini all'Inferno di Dante! Le larve di mosca possono entrare anche nel naso e negli occhi, causando orribili infestazioni, infezioni e persino la morte per sepsi. Oltre a colonizzare la plica semilunare, riescono a penetrare nel canale lacrimale e addirittura all'interno del globo oculare. Se ingerito intero, un cagnotto sopravvive agli acidi gastrici, raggiungendo nell'intestino, dove con le sue potenti mascelle può lesionare le mucose, causando anche emorragie interne. Qualcuno mi dirà che le miasi sono rare alle nostre latitudini, riguardando per lo più i paesi tropicali e in particolare l'Africa. Vero è che le mosche come i Calliforidi non sono parassiti obbligati, ma soltanto opportunisti. Altrettanto vero è che se qualcuno infila la testa in un secchio di cagnotti, le probabilità di avere qualche problemino si moltiplicano in modo esponenziale! Penso che queste concrete possibilità di infestazione non fossero considerate perché nessuno sul set, né il regista né gli altri, aveva la benché minima conoscenza del mondo degli insetti e dei misteri del parassitismo. Si saranno detti qualcosa di questo genere: "Che vuoi che sia? Sono soltanto vermetti!" Era trascurata anche la possibilità di cause legali in caso di gravi conseguenze sulla salute degli attori. Attualmente nessuno ha più la libertà di utilizzare mezzi simili nell'industria cinematografica. Non solo ci sono protocolli stringenti per quanto riguarda la sicurezza e le norme igieniche: sarebbero anche possibili denunce da parte di qualche animalista radicale per maltrattamento dei bigattini! Ho tuttavia reperito un aneddoto bizzarro. Un membro del cast avrebbe messo alcune larve nella pipa di Fulci, che lì per lì non si accorse di nulla, ma fu preso da paranoie immense quando venne a sapere l'accaduto. Qualche anno dopo, quando il regista fu colpito da un aneurisma ventricolare e dall'epatite C, sviluppando una cirrosi epatica, giunse ad attribuire a quella fumata queste disgrazie che lo avevano colpito. Mi sorge quindi una domanda: se aveva tutta questa paura di quelle larve, perché le faceva gettare addosso agli altri? 
 
 
Il prete demoniaco
e la teologia cattolica nell'horror 
 
Padre Thomas è l'elemento centrale, il fulcro teologico dell'intera trama, anche se non pronuncia una sola parola dall'inizio alla fine del film. Come tutti i morti, a partire dagli zombie, non emette alcun suono articolato. Non sappiamo nulla di concreto su questo personaggio sfuggente, a parte il fatto che deve essere stato avviato alla vita ecclesiastica contro la sua volontà - cosa che lo ha spinto a un odio assoluto ed eterno nei confronti dell'Artefice. Non è un caso che sia un prete cattolico. La scelta non si deve soltanto al fatto che la religione professata dal regista fosse quella cattolica. L'importanza della Chiesa di Roma nel cinema horror è estrema. Basti pensare a quello che è considerato uno dei film con maggior impatto culturale del XX secolo: L'esorcista di William Friedkin (The Exorcist, 1973). I complessi e altisonanti rituali del culto cattolico scatenano in molte persone un profondo senso di angoscia, oppressione e claustrofobia. L'iconografia e il repertorio di simboli sembrano studiati apposta per il genere horror. Proprio perché schiacciano lo spettatore e lo imprigionano, si dimostrano incredibilmente efficaci. Archetipi come il peso del peccato originale, la lotta tra Bene e Male, l'esistenza fisica del Demonio e l'idea di un destino ultraterreno incerto, con l'incombente minaccia dell'Inferno, forniscono materiale di ottima qualità. Figure come il prete esorcista o la suora demoniaca posseduta sono diventate autentici geroglifici che caratterizzano il genere, traumatizzando il pubblico. Fulci va molto oltre, presentandoci un prete dannato che diventa tramite con l'Inferno, in grado di sovvertire l'ordine cosmico! Molte trame non funzionerebbero in alcun modo se anziché un prete cattolico ci fosse un pastore protestante. Le Chiese Protestanti non permettono una gran libertà di movimento e di narrazione: liquidano troppe cose come superstizioni, non amano il simbolismo e il soprannaturale. I loro ministri di culto forse sono meno controversi dei preti cattolici, ma sembrano più che altro figure quasi evanescenti. Anche se un film è ambientato in un paese in cui i cattolici sono una minoranza, la loro teologia vi riveste invece un ruolo capitale. Basti pensare a Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog (Nosferatu: Phantom der Nacht, 1973). Il protagonista risiede nella città anseatica di Wismar, sul Baltico, dove i cattolici erano e sono tuttora poco numerosi. Eppure il potere del pane eucaristico era ritenuto in grado di sbarrare il cammino ai vampiri. Dal canto suo, la Chiesa di Roma non ha mai visto con favore il cinema horror e questo uso spesso abusivo del simbolismo cattolico. La principale preoccupazione del clero sembra essere la diffusione di terrori, attacchi di panico e paranoie, potenzialmente in grado di allontanare i fedeli dal culto. In realtà esiste anche qualcos'altro: un'inquietudine sulfurea e assillante che ha a che fare con l'ontologia della Creazione, con la separazione dei due Regni, quello dei Vivi e quello dei Morti, oltre che con il problema del libero arbitrio. Queste sono le domande destabilizzanti, che certo farebbero ridere un pagano, ma che hanno un effetto ben diverso su un cattolico: 
1) Separazione dei due Regni: è possibile instaurare un contatto con l'Inferno e sprigionare la sua potenza distruttiva in questo mondo? 
2) Libero arbitrio e dannazione: è possibile che qualcuno possa essere preso dal Maligno contro la propria volontà, non avendo esercitato una libera scelta del Male? 
Se Tommaso d'Aquino avrebbe dato una risposta negativa ad entrambe le domande, Lucio Fulci era di diverso avviso e su questo ha costruito la Trilogia della Morte

 
Vaghi echi lovecraftiani  

Sacchetti notò che Fulci aveva appena finito di leggere Lovecraft prima di lavorare alla sceneggiatura del film. Constatò che voleva ricreare un'atmosfera lovecraftiana. Negli scritti originali dello stesso Sacchetti, la vicenda era ambientata a Salem, che pure viene menzionata nel corso del film - a un certo punto si dice che Dunwich sia stata costruita sulle sue rovine. Si dice anche che i suoi abitanti discendano dai "bruciatori di streghe di Salem". In realtà Salem esiste tuttora e le streghe furono impiccate.
Il toponimo Dunwich è carico di suggestioni: il villaggio decadente creato da H.P. Lovecraft si trova nella valle del fiume Miskatonic, nel Massachusetts settentrionale, parte del New England incubico. Già abbiamo scritto qualche considerazione sull'idronimo Miskatonic e sulla sua possibile etimologia: 
 

Dunwich compare nel celebre racconto di Lovecraft L'orrore di Dunwich (The Dunwich Horror, 1929), uno dei più importanti del Ciclo di Cthulhu. Il villaggio appalachiano è descritto come un triste luogo abitato da hillbilly, genti arretrate, incestuose, superstiziose e violente, con forti inclinazioni antisociali. Il Solitario di Providence ci spiega che la segnaletica stradale che indica Dunwich è stata misteriosamente rimossa dopo i tremendi accadimenti da lui narrati. Questa strana suggestione è stata ripresa da Fulci, che mostra le grandi difficoltà in cui i protagonisti sono incorsi nel loro tentativo di trovare il luogo maledetto. 
La fonte di ispirazione di Lovecraft è stata forse la città portuale di Dunwich nel Suffolk, in Inghilterra. Il nome della città inglese è pronunciato /'dʌnɪtʃ/. Non è comunque chiaro se questa fosse proprio la pronuncia attribuita dal Solitario di Providence al toponimo da lui ideato per il villaggio maledetto del Massachusetts incubico.  

 
Effetti speciali 

Anni fa visionai un video che era stato postato su YouTube. Un gatto nero particolarmente pingue (mi sarebbe piaciuto accarezzargli il pancino), vomitava una massa incredibile di interiora di coniglio che aveva ingurgitato con estrema voracità. Il suo stomaco non era stato in grado di processare quel cibo, che fuoriusciva dalla bocca praticamente intatto, nemmeno masticato. Ero in grado di distinguere e di riconoscere ogni dettaglio seppur minimo: il colon, l'intestino tenue, persino una parte del fegato. Ecco, ho avuto come un déjà vu quando mi è passata davanti agli occhi la scena di Rosie, ossia Daniela Doria, intenta ad espellere dalla bocca l'intestino tenue e il colon! Non solo. Mi sono tornate alla memoria le sensazioni provate quando ero quindicenne e sono stato colpito da una pancreatite acuta, passando due settimane a vomitare.  
Gli effetti speciali e i trucchi sono opera di Gino De Rossi, Franco Rufini e Rosario Prestopino. A Prestopino si devono i trucchi degli zombie, mentre a Rufini si deve il trucco delle attrici. Non c'entrano nulla Giannetto De Rossi e Maurizio Trani, i cui nomi sono riportati da svariate fonti. Per realizzare la sequenza del copioso vomito di Rosie, fu utilizzata una testa finta. Il materiale rigettato era costituito da interiora di pecora (Albiero-Cacciatore, 2004); secondo altre fonti erano invece interiora di vitello (Curti, 2019). La sequenza della testa trapanata di Bob è nata dall'ingegno di Sacchetti; i relativi effetti speciali si devono a Rufini e a Prestopino. 
 
 
Censura grottesca 
 
Essendo considerato troppo violento, il film di Fulci andò incontro a una censura draconiana in Germania Ovest. Non dobbiamo dimenticarci che all'epoca le cose erano molto diverse da come le conosciamo. Solo per fare un esempio, c'era ancora il famigerato Mudo li Merlino. Ebbene, le autorità si dimostrarono implacabili e arrivarono a sequestrare persino l'unica copia rimasta di Paura nella città dei morti viventi, allo scopo di tagliarla ulteriormente. Soltanto dopo un simile scempio poté iniziare la distribuzione, ma a quel punto della trama era rimasto ben poco. Infierirono persino sul titolo, che dal già infelice Ein zombie hing am Glockenseil ("Uno zombie pendeva dalla corda della campana") divenne dapprima Ein Toter hing am Glockenseil ("Un morto pendeva dalla corda della campana"), poi Eine Leiche hing am Glockenseil ("Un corpo pendeva dalla corda della campana") e infine Ein Kadaver hing am Glockenseil ("Un cadavere pendeva dalla corda della campana"). Adesso mi si dovrebbe dire quale può essere la differenza di impatto traumatico del titolo di un film cambiando uno zombie in un morto, in un corpo o un cadavere! Si direbbero cambiamenti pretestuosi. Come spiegare un accanimento così livido? Dopo aver visto montagne di cadaveri nella Germania devastata, dopo decenni si cagavano in mano al sentir menzionare un cadavere? Forse avevano terrore che Hitler si sarebbe materializzato all'improvviso qualora la pellicola zombesca fosse stata diffusa, anche se nell'opera di Fulci non c'era assolutamente niente di politico! Questo è un tipico esempio di demenza postbellica. 
 
 
Un cimitero affollato 
 
La maggior parte delle scene del cimitero di Dunwich sono state girate nello storico cimitero di Midway, in Georgia. Il cimitero era già pieno nel 1860 con molte tombe contrassegnate da croci di legno. Quando l'esercito del Generale Sherman lo attraversò nel 1864, usarono il cimitero murato come recinto per il bestiame. Quando i bovini rinchiusi furono abbastanza affamati, mangiarono le croci di legno e lasciarono la maggior parte delle tombe senza alcun contrassegno. Nel film, quando uno zombie emerge dal terreno, l'attore sta involontariamente uscendo da una vera tomba profanata. Nel 2019, i proprietari del cimitero non erano a conoscenza che un film fosse mai stato girato lì e hanno affermato che la produzione doveva essersi intrufolata e aver filmato in "stile guerriglia", perché la Chiesa e il Klan non avrebbero mai permesso che un film sugli zombie venisse girato nel cimitero. Tuttavia, ciò è ovviamente falso poiché le scene coinvolgono piste di carrelli, macchine per la nebbia e luci ad alta potenza che non sarebbero passate inosservate all'intera cittadinanza. 
 
Un'incoerenza funebre 
 
Data la trama del film, si suppone che il cimitero si trovi nel Massachusetts, eppure la bara è sepolta appena un paio di metri sotto terra. Nel New England, a causa del gelo, una bara dovrebbe essere sepolta ad almeno 4 o 5 piedi, o ai 6 piedi standard, che è ben al di sotto della linea del gelo. Inoltre, i direttori di pompe funebri autorizzati hanno il dovere di verificare che la persona sia completamente sepolta. Ai lavoratori del cimitero non sarebbe permesso lasciare una bara mezza sepolta solo perché è la fine di una normale giornata lavorativa, a meno che non siano stati corrotti da qualche profanatore necrofilo.

Il Libro di Enoch 

Il Libro di Enoch, citato nel film, è un'opera religiosa ebraica non canonica risalente al IV secolo a.C. È considerato canonico dalla Chiesa Ortodossa Etiope Tewahedo e dalla Chiesa Ortodossa Eritrea Tewahedo, ma da nessun altro gruppo cristiano. Ci è pervenuto integralmente in una versione nell'antica lingua dell'Etiopia, il Ge'ez. Ricchissimo di simbolismi esoterici, è un testo particolarmente oscuro. Questi sono i suoi contenuti: 
- Libro dei Vigilanti (cc. 1-36)
- Libro delle Parabole o Parabole di Enoch (cc. 37-71)
- Libro dell'Astronomia o Libro dei Luminari Celesti (cc. 72-82)
- Libro dei Sogni (cc. 83-90)
- Lettera di Enoch (cc. 91-104)
- Conclusione (cc. 106-108) 

Gli angeli caduti insegnano la scienza e la tecnica agli umani, in parziale analogia col mito greco del Prometeo incatenato. Gli angeli sono puniti non tanto per la trasmissione della conoscenza dal mondo ultraterreno a quello terreno, quanto piuttosto per la violazione dell'ordine divino-naturale della creazione: divino per non aver rispettato la trascendenza degli esseri spirituali, unendosi a delle creature umane; naturale, per avere abbandonato la propria sede astrale "nativa".
(Fonte: Wikipedia)
 
La sepoltura prematura 
 
Ecco un'incoerenza che dimostra una scarsa conoscenza della natura umana. Se una persona venisse estratta viva da una tomba, come minimo resterebbe traumatizzata per tutta la vita. Vediamo invece che Mary Woodhouse si risveglia nella bara, urla e inizia a dare colpi nel tentativo di aprire la cassa. Il suo soccorritore usa il piccone per rompere il coperchio, rischiando tra l'altro di uccidere la donna (la lama la sfiora più volte). Una volta estratta e riportata nel mondo dei vivi, non credo che sarebbe stata molto brillante! Un commentatore su IMDb fa notare che la donna non sarebbe riuscita a sopravvivere all'imbalsamazione. Ciò è sicuramente esatto, non riesco però a trovare alcuna menzione di questo trattamento.    

 
Curiosità 
 
In origine il titolo doveva essere lapidario: La paura. La menzione ai morti viventi è stata aggiunta dalla produzione nel tentativo di sfruttare il successo di un'altra pellicola di Fulci, Zombi 2 (1979).
 
Circolano miti diversi e tra loro contraddittori sull'origine del finale. Secondo una versione molto diffusa, l'ultima parte della sceneggiatura sarebbe stata resa illeggibile da una grossa macchia di caffè, versato inavvertitamente da Tomassi: si sarebbe così reso necessario improvvisare. Un'ipotesi piuttosto assurda e puerile: possibile che nessuno si ricordasse qualcosa di ciò che c'era scritto? Nemmeno gli sceneggiatori, Fulci e Sacchetti, conservavano una labile traccia di memoria? Nessuno è stato in grado di riscrivere daccapo ciò che era stato nascosto dal caffè? Secondo un'altra versione, non so se più credibile della prima, all'inizio sarebbe stato previsto un lieto fine, col prete demoniaco scacciato e la sutura della discontinuità infernale. Un ritorno alla normalità universale, roba del tipo "e tutti vissero felici e contenti". Fulci, in preda alla furia, avrebbe cambiato idea all'ultimo, a riprese già completate.        

giovedì 28 ottobre 2021

 
L'ULTIMO DEI MOHICANI 
 
Titolo originale: The Last of the Mohicans
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1992 
Lingua: Inglese, Francese, Cherokee, Mokawk, Lakota, Inupik 
Durata: 112 min
Genere: Azione, storico, drammatico
Regia: Michael Mann
Soggetto: James Fenimore Cooper (romanzo), Philip Dunne, 
   John L. Balderston, Paul Perez, Daniel Moore
   (sceneggiatura film 1936)
Sceneggiatura: Christopher Crowe, Michael Mann
Produttore: Michael Mann, Hunt Lowry
Produttore esecutivo: James G. Robinson
Casa di produzione:
Morgan Creek Productions
Distribuzione in italiano: Penta Film
Fotografia: Dante Spinotti
Montaggio: Dov Hoenig, Arthur Schmidt
Effetti speciali: Thomas L. Fisher, Jim Rygiel
Musiche: Trevor Jones, Randy Edelman
Scenografia: Wolf Kroeger, Robert Guerra, Richard Holland,
     Jim Erickson, James V. Kent
Costumi: Elsa Zamparelli
Trucco: Peter Robb-King, Vincent J. Guastini
Interpreti e personaggi: 
    Daniel Day-Lewis: Nathaniel "Occhio di Falco"
    Madeleine Stowe: Cora Munro
    Russell Means: Chingachgook
    Eric Schweig: Uncas
    Jodhi May: Alice Munro
    Steven Waddington: Maggiore Duncan Heyward
    Wes Studi: Magua
    Maurice Roëves: Colonnello Edmund Munro
    Patrice Chéreau: Generale Louis-Joseph de Montcalm
    Edward Blatchford: Jack Winthrop
    Terry Kinney: John Cameron
    Tracey Ellis: Alexandra Cameron
    Justin M. Rice: James Cameron
    Dennis Banks: Ongewasgone, Capo geli Irochesi
    Pete Postlethwaite: Capitano Beams
    Sebastian Roché: Martin 
    Colm Meaney: Maggiore Ambrose 
    Mac Andrews: Generale Webb 
    Malcolm Storry: Phelps 
    David Schofield: Sergente Major 
    Mike Philips: Il Sachem degli Uroni 
    Dylan Baker*: Capitano De Bouganville 
    Tim Hopper: Ian 
    Gregory Zaragoza: Capo degli Abenaki 
    Scott Means: Guerriero Abenaki 
    William J. Bozic Jr.: Ufficiale d'artiglieria francese 
    Patrick Fitzgerald: Aiutante del Generale Webb 
    Mark Joy: Henri 
    Steve Keator: Rappresentante coloniale
    *Accreditato come Mark Edrys
Doppiatori italiani:
    Massimo Corvo: Nathaniel "Occhio di Falco"
    Cinzia De Carolis: Cora Munro
    Gianni Musy: Chingachgook
    Oreste Baldini: Uncas
    Laura Lenghi: Alice Munro
    Angelo Maggi: Maggiore Duncan Heyward
    Paolo Buglioni: Magua
    Michele Kalamera: Colonnello Edmund Munro
    Carlo Valli: Jack Winthrop 
 
Trama: 
Anno del Signore 1757. Una famiglia un po' anomala viaggia nottetempo per i boschi del Nordamerica, cacciando cervi e cercando di fuggire alla guerra che oppone i Francesi agli Inglesi. Il bizzarro gruppetto è composto da Chingachgook, da suo figlio Uncas e da Nathan "Occhio di Falco", un inglese adottato da bambino dopo essere rimasto orfano dei suoi genitori. Questi superstiti sono tutto ciò che resta della tribù morente dei Mohicani. La loro destinazione è un luogo quasi mitologico dove pensano di trovare la pace: le Pianure Occidentali. Nel corso del tragitto, i tre si imbattono in un reclutatore (non c'era piaga peggiore nell'Impero Britannico), il cui lavoro consiste nell'arruolare "volontari" tra i nativi. Naturalmente non si trattava davvero di volontari, bensì di soggetti a una vera e propria coercizione: l'alternativa era tra l'entrata nei ranghi e l'essere impiccati. Chingachgook e i suoi, che rifiutano con fermezza la leva, riescono a fuggire col favore delle tenebre e ad andare avanti imperterriti. A un certo punto salvano una compagnia inglese da un'imboscata degli Uroni guidati dal fierissimo Magua, animato da propositi di vendetta. Lo scopo della compagnia, guidata dal perfido Maggiore Duncan Heyward, era fare da scorta alle figlie del Colonnello Edmund Munro, Cora e Alice. Proprio Edmund "Capello Grigio" Munro e la sua prole sono l'oggetto dell'odio eterno di Magua, i cui figli sono stati uccisi per opera sua. Gli aggressori finiscono sterminati, tranne Magua che riesce a fuggire. Così Chingachgook e i suoi scortano le figlie del Colonnello fino al forte, che trovano assediato dai Francesi e dagli Uroni loro alleati, riuscendo comunque a intrufolarsi. Cora, che ha rifiutato la proposta di matrimonio dell'odioso Maggiore Heyward, si invaghisce di Nathan, mentre Alice è attratta da Uncas. Questo attira sul figlio adottivo di Chingachgook l'odio del militare respinto. Il Colonnello Munro è sorpreso di vedere le sue figlie: aveva infatti inviato una lettera avvertendole di stare alla larga. La missiva non le ha mai raggiunte. Viene tentata una sortita notturna: un miliziano parte per raggiungere il Generale Webb a Fort Edward e chiedergli rinforzi. Chingachgook e i suoi, appostati sul forte, gli forniscono il fuoco di copertura. Il problema è che Munro vieta l'applicazione di un accordo fatto da Webb, che permetteva ai miliziani di raggiungere le loro fattorie per difenderle in caso di attacco. Per reazione, Nathan aiuta la fuga di alcuni di loro, finendo così arrestato per sedizione e condannato all'impiccagione. Presto il Colonnello Munro apprende che il Generale Webb non gli invierà alcun rinforzo: l'unica alternativa è la resa ai Francesi. Il Generale Louis-Joseph de Montcalm, che concede a Munro e ai suoi uomini di lasciare il forte indossando con onore le armi. Il fierissimo Magua, sentendosi tradito, guida un attacco ai soldati inglesi e ai civili che stanno lasciando il forte, facendone grande strage. Munro viene catturato e  ferito a morte: Magua gli giura che ucciderà le sue figlie con il proprio coltello, quindi gli strappa il cuore dal petto e lo divora! Nathan, Chingachgook e Uncas riescono a fuggire con le canoe portando con sé Cora, Alice e Heyward. Trovando riparo in una grotta dietro una cascata, ma Magua piomba loro addosso. Il gruppo si divide. Nathan dice a Cora e Alice di sottomettersi agli Uroni, quindi si getta nella cascata assieme ai due Mohicani, dopo aver promesso che arriverà a liberarle. Il rancido Heyward resta con le figlie di Munro e accusa Nathan di codardia. Magua porta le sue prede in un grande insediamento degli Uroni. Mentre sono tutti al cospetto del Sachem, arriva Nathan disarmato per implorare la vita dei prigionieri. L'anziano Sachem degli Uroni è colui che decide chi deve vivere e chi deve morire. Stabilisce così che il malevolo Heyward debba essere restituito agli Inglesi. Condanna le due donne a una sorte ben più crudele: Alice deve essere data a Magua come risarcimento, mentre Cora deve essere bruciata viva. Nathan viene lasciato libero, ma in preda alla disperazione si offre di essere arso aposto della sua amata Cora. Il Sachem capisce soltanto la lingua degli Uroni e il francese, quindi Heyward fa da interprete. Sbaglia però a tradurre un pronome personale e finisce lui sul rogo al posto del suo rivale. Il figlio adottivo di Chingachgook lascia il villaggio con Cora e spara a Heyward per risparmiargli un'atroce agonia tra le fiamme: ricambia la perfidia con la misericordia. Nella fuga disordinata che segue, Uncas tenta disperatamente di salvare Alice e attacca battaglia con gli Uroni, ma viene ucciso da Magua e precipita da un dirupo. Annientata dal dolore, Alice rifiuta di consegnarsi a Magua e si suicida gettandosi dallo stesso dirupo. Si scatena una battaglia, in cui Chingachgook riesce a uccidere Magua colpendolo con un Tomahawk a forma di fucile e a vendicare la morte del figlio. Rimasto solo con Nathan, Chingachgook prega il Grande Spirito di ricevere Uncas, proclamandosi "l'ultimo dei Mohicani".  

 
Recensione: 
Se devo essere franco, mi stomaca tutto il romanticume che tanto è piaciuto agli spettatori. Nathan "Occhio di Falco", Chingachgook e Uncas sono personaggi deboli, anodini, privi di carattere, quasi evanescenti. La loro inconsistenza trova una parvenza di riscatto soltanto quando Chingachgook, rimasto l'ultimo del suo popolo, pronuncia parole poetiche per il funerale del figlio Uncas. Sono queste:
 
"Grande Spirito, e Creatore della Vita, un guerriero va a te, veloce e dritto come una freccia lanciata nel sole. Da' lui benvenuto, e lascia lui prendere posto in Gran Consiglio di mio popolo. È Uncas, mio figlio. Dì lui di essere paziente, e da' a me una rapida morte, perché loro sono tutti là, meno uno, io, Chingachgook, l'Ultimo dei Mohicani." 
 
Si deve però notare che egli non riconosce Nathan "Occhio di Falco" come genuino prosecutore della stirpe dei Mohicani, proprio perché vale il Principio del Sangue. Soltanto il Sangue conta. Nathan non è nato dal seme dei Mohicani, bensì da quello degli Inglesi, quindi è e resterà sempre un inglese. Tutto il resto non ha alcun valore. Non esiste nessuno ius soli. Vale unicamente lo ius sanguinis, come è fin dai più remoti tempi della preistoria, anche se questo non piacerebbe ai fautori del politically correct woke autorazzista. 
 
La realtà è questa: l'unico personaggio autentico e possente è Magua. Lui è il fulcro dell'intera narrazione. Senza la sua figura crollerebbe tutto in un istante. Cosa ce ne faremmo di quegli stupidissimi amori di cui è piena la pellicola? Non servono a nulla: sono sdolcinati, privi di qualunque senso, messi lì apposta per compiacere il gusto degenere dei moderni e dei postmoderni. C'è più significato nel crudo atto di cannibalismo compiuto da Magua che in tutto il resto! Quando scrissi su Facebook che ammiravo Magua in modo sviscerato, qualcuno mi accusò: "Perché stai dalla parte del malvagio". Così replicai: "Sto dalla parte di chi è stato stritolato dalla vita!" So bene come decidere chi è il perdente. Lo capisco a pelle, fin da subito. Il perdente odia l'esistenza, che lo ha devastato. Il mio giudizio poi viene puntualmente confermato facendo un bilancio di tutte le vicissitudini del personaggio, dalla sua comparsa nel film fino al triste epilogo. Questo è ciò che ha detto l'Eroe degli Uroni al Marchese Joseph-Louis de Montcalm:
 
"Il villaggio di Magua è stato bruciato e i figli di Magua sono stati uccisi dall'Inglese. Magua è stato fatto schiavo dai Mohawk che combattevano per Capello Grigio. La moglie di Magua, credendo lui morto, è diventata la moglie di un altro. Capello Grigio era il padre di tutto questo. Col tempo, Magua è diventato fratello di sangue dei Mohawk, per tornare libero, ma sempre in suo cuore lui è Urone. E il suo cuore tornerà a volare il giorno che Capello Grigio e suo seme muore." 

Come non commuoversi davanti a queste vibranti parole? I vincenti, i "buoni e giusti", sono tutte persone ipocrite che hanno successo sessuale e procreativo, la cui progenie riesce a prevalere; in aggiunta a ciò, appestano il mondo con le loro boiate idealistiche. L'odio feroce che anima i perdenti non ha invece sfogo alcuno nell'architettura narrativa, per colpa del moralismo schifoso degli autori. Il fuoco degli sconfitti, che dovrebbe ardere il mondo, resta un mero spauracchio. Proprio come i sogni di Magua, che vede un futuro di immensa gloria per il suo popolo: immagina l'ascesa degli Uroni tra le nazioni del mondo, fino a farli diventare "non meno dei Bianchi, e forti come i Bianchi" ("pas moins que les Blancs, et forts comme les Blancs"). Poi finisce tutto nel Nulla. Una cosa senza senso, giusto per garantire la tranquillità allo spettatore conformista. 
 
 
Inconsistenza delle figure femminili 
 
Cora ed Alice non significano nulla. Sono soltanto ombre. Magua le vuole uccidere per annientare ogni traccia della vita del loro padre, che per lui è stato tanto calamitoso. La stupida morale del regista garantisce che il potere dell'Odio non può e non potrà mai prevalere sull'Amore. Mann e Crowe non sono tuttavia riusciti a dar vita a una sceneggiatura decente per personaggi futili come le figlie di "Capello Grigio" Munro. Hanno messo queste sensuali e vuote creature nel film soltanto perché per avere successo ci deve essere un po' di figa! Avendo un animo sanguigno, vendicativo e affine a quello di Magua, non mi lascio certo commuovere dalle infinite stronzate propinate da registi e sceneggiatori melensi!  

 
Un fulvo stranamente odioso 

Ho sempre avuto una grande simpatia per le persone con i capelli rossi, che mi paiono un attributo divino. Ebbene, Michael Mann è riuscito a portare in scena un uomo con i capelli rossi, che tuttavia non ha riscosso il mio favore. Un caso più unico che raro. Il Maggiore Duncan Heyward mi ha ispirato fin da subito un'antipatia vivissima, al punto che ho biasimato Nathan "Occhio di Falco" per avergli concesso l'eutanasia: ho pensato che avrebbe fatto meglio a negargli una rapida morte con un colpo di fucile mentre ardeva orrendamente sul rogo. In fondo, lo stesso Heyward non avrebbe concepito pietà alcuna, non avrebbe esitato per un solo istante a fare impiccare Nathan, se ne avesse avuto la possibilità! 
 
La confusione di due popoli 
 
Lo scrittore James Fenimore Cooper ha confuso due popolazioni diverse, entrambe di lingua algonchina, a causa dell'assonanza dei loro rispettivi nomi. I Mohicani (in origine Mahican), stanziati nel territorio che è attualmente parte dello Stato di New York, erano infatti ben distinti dai Mohegan stanziati nel Connecticut. Il romanzo di Fenimore Cooper ha contribuito in modo determinante a diffondere tra il grande pubblico questa confusione, che ritroviamo ovviamente tal quale nel film di Michael Mann. Il nome Mohegan deriva da Monahiganeuk, che nella lingua algonchina Narragansett significa "Popolo del Lupo": proto-algonchino *mahi·nkana "lupo". La prima attestazione risale al 1614 (Fonte: Dizionario Merriam-Webster). Il nome Mahican significa invece "Popolo dell'Estuario": proto-algonchino *menahanwi "isola". Si vede che la somiglianza con Mohegan è puramente esteriore. Il passaggio da Mahican (con -a-) a Mohican (con -o-) è stato causato proprio dall'influenza di Fenimore Cooper. Come conseguenza di questo marasma cognitivo, la forma Mohican è stata usata anche al posto di Mohegan

 
Etimologia di Chingachgook 
 
L'antroponimo Chingachgook significa "Grande Serpente". Nella lingua dei Lenape, strettamente imparentata a quella dei Mohicani, xinkw- significa "grande" e xkuk significa "serpente": ne deriva così xinkwixkuk "grande serpente". Il suono /x/ in Lenape è la fricativa velare che troviamo nel tedesco Bach /bax/ "ruscello". La sua trascrizione con il digramma ch ha portato alla pronuncia ortografica di Chingachgook con l'affricata postalveolare /tʃ/ che troviamo nell'inglese church /tʃə:(ɹ)tʃ/ "chiesa". Simili fraintendimenti non sono rari nella trascrizione delle lingue della famiglia Algonchina. Il problema è che le pronunce ortografiche, per quanto fuorvianti, hanno la bruttissima tendenza a consolidarsi, fino a diventare induscutibili. Questo è uno dei modi più insidiosi di distorsione della realtà. 
 
 
Etimologia di Uncas 
 
L'antroponimo Uncas significa "Volpe" e deriva dalla lingua dei Mohegan: nella lingua algonchina di quel popolo la volpe è chiamata wonkus /'wɔŋkəs/. In Narragansett è wonkis. Uncas era per l'appunto il nome di un capo storico dei Mohegan stanziati nel territorio del Connecticut, dei Pequot e dei Narragansett - non dei Mohicani stanziati nel territorio dell'attuale Stato di New York. Visse qualche decennio prima degli eventi narrati nel film di Mann e nel libro di Fenimore Cooper. Non ci sono dubbi sul fatto che la figura storica di questo Uncas abbia contribuito in modo sostanziale al mito dell'Ultimo dei Mohicani. 
 
 
Etimologia di Magua 
 
Qui cominciano i problemi. Non è stato agevole trovare l'etimologia dell'antroponimo Magua e nemmeno capirne il significato. Magua è anche conosciuto come Volpe Astuta (in francese Renard Subtil), ma ci sono serie ragioni di dubitare che questa sia la traduzione esatta del suo nome Urone. Nella lingua degli Uroni, che appartiene alla famiglia Irochese, il suono /m/ è molto raro e nella maggior parte dei casi è un semplice allofono dell'approssimante labiale /w/; inoltre /m/ non sembra trovarsi in posizione iniziale di parola. Questa carenza della nasale labiale /m/ è tipica delle lingue irochesi. Un aiuto ci viene dall'etnonimo dei Mohawk /ˈmoʊhɔːk/, che sono un nobile e valoroso popolo del ceppo Irochese. Ebbene, i Mohawk non si chiamano tra loro con questo nome, che non è irochese, bensì algonchino. Si tratta di un esoetnico, che deriva dalla lingua algonchina dei Narragansett: mauquàuog, mohowaúgsuck, che significa "essi mangiano esseri viventi", chiaro eufemismo per "cannibali". Ecco finalmente spiegato il glorioso antroponimo Magua: significa "Cannibale". I Mohawk, nella cui lingua manca del tutto il suono /m/, chiamano se stessi Kanienʼkehá:ka’. Per quale ragione un guerriero degli Uroni dovrebbe darsi un nome in una lingua algonchina? Probabilmente il suo nome serviva a terrorizzare i nemici, che avevano un fortissimo tabù per il cannibalismo. 
 
Etimologia di Uroni  

Il nome con cui tutti conoscono il glorioso popolo degli Uroni in realtà potrebbe essere di origine francese. Certamente si tratta di un esoetnico, ossia di un nome attribuito a una comunità da altri. L'endoetnico è invece Wyandot (Wendat): è così che gli Uroni chiamavano se stessi. Secondo l'opinione accademica più accreditata, l'esoetnico Huron deriva dal francese hure, che significa "testa di animale selvatico", specialmente "testa di cinghiale". La glossa data dal dizionario del Centre Nationale de Resources Textuelles et Lexicales (CNRTL) è "tête d'une sanglier, du porc, p.ext. de certaines bêtes fauves et de poissons à tête allongée" (ossia "testa di un cinghiale, del porco, per est. di certe bestie selvatiche e di pesci dalla testa allungata"), Esempi: une hure d'un sanglier "una testa di cinghiale"; la hure d'un lion "la testa di un leone"; la hure d'un loup "la testa di un lupo"; la hure d'un esturgeon "la testa di uno storione". Il riferimento sarebbe all'acconciatura dei guerrieri Wyandot o al loro aspetto particolarmente belluino. L'etimologia di hure è a sua volta incerta; in genere viene considerato un vocabolo di origine germanica, anche se non ho potuto reperire dati in grado di dimostrarlo. Esite però anche la possibilità che l'esoetnico Huron derivi da una parola contenente la radice Irochese ronon "nazione", presente anche nella lingua Wendat. A riprova di questa genuina derivazione amerindiana, si riporta che le Quattro Nazioni Wyandot derivavano dai resti dei Tionontati, degli Attignawantan e dei Wenrohronon (History - Wyandotte Nation). Ebbene, l'etnonimo Wenrohronon, attestato anche come Wenro, ha tutta l'aria di essere la vera origine di Huron.  
 
 
Etimologia di Sachem "Grande Capo" 

La parola sachem (inglese /'seɪtʃəm/, /'sætʃəm/; francese /sa'ʃɛm/), che indica un capotribù, è di origine Algonchina. Più precisamente, deriva dal Narragansett sâchim, la cui pronuncia è /'sa:tʃem/. In altre parole, non si ritrova l'errore della pronuncia ortografica già vista in Chingachgook, dove il suono /x/ simile a quello del tedesco Achtung è stato realizzato come il suono /tʃ/ dell'inglese much. In ogni caso, l'affricata /tʃ/ si è sviluppata da una più antica occlusiva /k/. L'origine ultima della parola è la radice proto-algonchina *sa·kima·wa "capo (maschio)". Questi sono i suoi discendenti: 
 
Algonchino Orientale: *sākimāw 
Mi'kmaq: saqamaw 
Malecite-Passamaquoddy: sakom 
Abenaki: sôgmô, sôgemô
Penobscot: sagəma, sagama, sagemo, sangemo
Wangunk: sequin
Narragansett: sâchim
Mohegan-Pequot: sôcum
Lenape: sakima

Algonchino Centrale: *okimāwa
Cree: okimahkân
  Cree delle Pianure: okimâw
  Cree Sudorientale: uchimaa
Fox: okimâwa
Ojibwe: ogimaa
  Ottawa: gimaa
Potawatomi: wgema
Miami: akimaawa, akima
 
Dalla lingua Penobscot (non dal Mi'kmaq come qualcuno sostiene) è derivato in inglese il termine sagamore (/'sæɡəmɔː/, /'sæɡəˌmɔɹ/), usato come sinonimo di sachem. In altre parole, sachem e sagamore costituiscono un fenomeno allotropo. 

 
Occhio di Falco 
 
Il soprannome o nome indiano di Nathan nella versione italiana è "Occhio di Falco". Nell'originale inglese è Hawkeye. Nel libro di Fenimore Cooper è Hawk-eye, con il trattino. Trovo interessante questo composto. Si noti l'assenza del genitivo sassone: non è Hawk's Eye. Il vero antroponimo del personaggio è in realtà Nathaniel Bumppo. I soprannomi sono numerosi: Natty, Hawk-eye, Œil de Faucon (traduzione di Hawk-eye in francese), La Longue Carabine (Long Rifle), Leatherstocking ("Calze di Cuoio"). Compare anche in altre opere dello stesso autore: ad esempio è soprannominato Pathfinder ("Esploratore") in The Pathfinder, or the Inland Sea (1840). Il cognome Bumppo mi pare impenetrabile e misteriosissimo. Nel vasto Web non sono stato finora in grado di trovare alcunché di utile a rischiararne l'etimologia.  
 
 
"Capello Grigio" Munro  
 
Il Tenente Colonnello George Monro (talvolta scritto Munro) è il personaggio storico a cui è ispirato il Colonnello Edmund Munro. Mi è sconosciuta la ragione di questo cambiamento del nome di battesimo, da George a Edmund. Era nato a Clonfin, nella Contea di Longford (Contae an Longfoirt), in Irlanda, da una famiglia militare scozzese. Apparteneva alla Libera Muratoria. Nella realtà egli non si accompagnava a donne e non aveva alcuna figlia, ma Fenimore Cooper gli ha attribuito un'indole libidinosa: in gioventù l'ufficiale avrebbe posseduto carnalmente una prosperosa mulatta, procreando Cora. A quanto ho potuto appurare, nel romanzo Munro non è mai menzionato col suo nome di battesimo. Ne deduco che Edmund debba essere un'invenzione del regista. Non capirò mai la tendenza irresistibile degli anglosassoni a cambiare i nomi delle persone. Se i suoi genitori lo hanno chiamato George, perché diamine dovrebbe diventare Edmund?
 
L'enigmatico Ongewasgone 
 
L'antroponimo Ongewasgone, menzionato di sfuggita nel corso del film, ha dato origine a una serie di grottesche distorsioni percettive, essendo stato inteso male dagli spettatori, come "Uncle Wiscone" /ʌŋkḷ wɪ'skoʊn/ o addirittura come "How Go Ascone" /hɑʊ goʊ æ'skoʊn/. Ecco il link alla pagina in cui ho trovato i thread buffoneschi: 
 
 
Questo dimostra che gli stessi parlanti anglosassoni hanno gravissimi problemi acustici, proprio come me, al punto che non sono in grado di intendere in modo corretto qualsiasi nome, di qualsiasi origine. Di fronte a qualcosa di non familiare, reagiscono cercando di ricondurlo a ciò che è loro noto.
In un sito web è stato commesso un grave errore: è stato attribuito il nome Ongewasgone al Capo degli Uroni. Mi sono accorto di questa incongruenza cercando in Google l'etimologia dell'antroponimo irochese - che non è stata trovata.  

L'importanza della Guerra dei Sette Anni 

La Guerra dei Sette Anni (1756 - 1763), di cui la Guerra Franco-Indiana è stata la manifestazione principale in Nordamerica, ha coinvolto tutte le principali potenze dell'epoca. Winston Churchill la considerò la vera Prima Guerra Mondiale, dato che aveva anticipato le caratteristiche di quella che nel XX secolo sarà definita "guerra totale". Gli schieramenti comprendevano da un lato il Regno di Gran Bretagna, il Regno di Prussia, l'Elettorato di Hannover, altri Stati minori della Germania Nordoccidentale e il Regno del Portogallo (dal 1762); dall'altro lato, la coalizione composta da Regno di Francia, Monarchia Asburgica, Sacro Romano Impero (in particolare l'Elettorato di Sassonia), Impero Russo, Svezia e Spagna (dal 1762). Non fu combattuta soltanto in Europa: Francesi e Britannici utilizzarono ampiamente come alleati popolazioni native dell'America settentrionale e dell'India.  
 

Le atrocità dell'assedio di Fort William Henry 
 
Ricordo di aver visto un documentario in cui si parlava del fatto storico su cui si basa il romanzo di Fenimore Cooper: l'assedio di Fort William Henry (provincia di New York), avvenuto nel 1757. Quando gli Uroni assaltarono gli Inglesi che stavano lasciando il forte, si abbandonarono a violenze inimmaginabili. Nel loro furore arrivarono al punto di esumare i cadaveri sepolti nel cimitero, scotennandoli e facendone scempio. Ne nacque una terribile epidemia di vaiolo, che portò sterminio tra gli Uroni. Dai resti ritrovati in loco, si è potuto appurare che le condizioni di salute dei coloni britannici erano tremende. Soffrivano di malformazioni della spina dorsale, di ernie vertebrali e di rachitismo, conseguenze di malnutrizione cronica. Mai avere nostalgia per epoche in cui non si è vissuti!  
 
Curiosità
 
Le riprese del film hanno coinvolto ben 900 nativi amerindiani, in gran parte dei casi appartenenti al popolo Cherokee. Wes Studi, che ha interpretato l'eroico Magua, è per l'appunto un Cherokee. In un'occasione ha dichiarato che quando doveva essere girata una scena in cui avveniva una conversazione tra Indiani, ogni attore parlava la propria lingua, senza badare alla sua comprensibilità da parte degli altri. Così Wes Studi parlava in Cherokee, mentre Mike Philips, che interpretava il Sachem degli Uroni, era un Mohawk e non capiva niente. Allo stesso modo, il supposto dialogo nella lingua dei Mohicani tra Chigachgook e Uncas era incoerente: Russel Means parlava in Lakota e non poteva essere capito da Eric Schweig, che parlava invece in una lingua degli Inuit del Canada occidentale. 
 
I dialoghi in francese sembrano di buona qualità. Tuttavia sono riuscito a individuare un grossolano errore commesso da Wes Studi (o più probabilmente dal suo doppiatore): a un certo punto usa la parola poison "veleno" pronunciandola /poi'zɔ̃/ anziché /pwa'zɔ̃/ o il più arcaico /pwɛ'zɔ̃/: praticamente utilizza il dittongo dell'omografa parola inglese. Potrebbero esserci altre inconsistenze di questo genere, che però mi sono sfuggite. Splendida e risonante la frase "Je n'ai pas peur de les Français!", incarna l'essenza stessa dell'eroismo! Sarebbe bello se Micron trovasse simili avversari.