mercoledì 30 novembre 2016


CESARE MORI - IL PREFETTO DI FERRO
(miniserie televisiva)
 

Titolo: Cesare Mori - Il prefetto di ferro
Paese: Italia
Anno: 2012
Formato: Miniserie TV
Genere: Biografico
Puntate: 2
Durata: 100 min (puntata)
Lingua originale: Italiano
Caratteristiche tecniche:
  Rapporto: 16:9
  Colore: Colore
  Audio: Sonoro
Crediti:
Regia: Gianni Lepre
Soggetto: Antonio Domenici, Pieltro Calderoni,
    Gualtiero Rosella
Sceneggiatura: Pietro Calderoni, Gualtiero Rosella,
    Nicola Ravera Rafele
Interpreti e personaggi:  
    Vincent Pérez: Cesare Mori
    Gabriella Pession: Elena Chiaramonte
    Anna Foglietta: Angelina Mori
    Adolfo Margiotta: Francesco Spanò
    Paolo Ricca: Gaetano Cuccia
    Franco Trevisi: Don Filippo Virzì
    Cosimo Cinieri: Vito Cascio Ferro
    Maurizio Donadoni: Benito Mussolini
    Antonio Serrano: Felice Di Giorgio
    Bruno Bilotta: Michele Carì
    Giovanni Visentin: Dott. Rafele
    Marco Mandarà: Saro
    Luca Bastianello: Morelli
    Giancarlo Zanetti: Prefetto
    Dario Costa: Marco Levati
    Mimmo Mancini: Cusumano
   
Giancarlo Montingelli: Segretario Prefetto
        Bologna

    Paolo Lanza: Avv. Ortoleva 
    Samantha Capitoni: Non identificata
Fotografia: Gino Sgreva
Montaggio: Carlo Fontana
Musiche: Pino Donaggio
Scenografia: Paki Meduri
Costumi: Valter Azzini
Effetti speciali: Metaphyx
Produttore: Giorgio Schöttler
Casa di produzione: Artis, Rai Fiction
Prima visione: Rete televisiva: Rai 1

Trama: 

Nei primi anni del XX secolo, Cesare Mori è commissario in Sicilia. Combatte contro la banda del brigante Carlino, riuscendo infine ad ucciderlo, anche se al prezzo della morte di uno dei suoi agenti migliori. Le indagini lo porteranno alla dimora della Baronessa Chiaramonte, una nobildonna bellissima di sangue normanno. Il Commissario si accorge che lei subisce l'influsso del perfido massaro Cuccia. Presto scopre che proprio il massaro è il vero capo della banda di Carlino. Inizia il processo contro il mafioso, ma Mori non riesce ad avere la meglio e subisce trasferimento a Bologna, dove viene in contrasto con il Fascio e fa di tutto per contenere la violenza dello squadrismo, guadagnandosi il nome di "Prefetto socialista". Quando Mussolini, colpito dall'onestà di Mori, gli propone di tornare in Sicilia a combattere la mafia, lui accetta, consigliato dalla moglie Angelina. Il suo scopo non dichiarato sarebbe quello di ritrovare il figlio adottivo, Saro, che è fuggito dopo aver saputo dal massaro Cuccia che il suo vero padre è stato ucciso proprio da Mori. Ha inizio una strenua lotta contro il suo arcinemico che gli ha strappato Saro e contro il padrino Don Virzì, coinvolto in mille e più porcherie del tutto simili a quelle che si leggono ogni giorno su ogni quotidiano d'Italia. 

Recensione:

Il protagonista che interpreta Cesare Mori se devo essere sincero l'ho trovato un po' moscio. Nell'assegnare le parti, dovrebbero anche tener conto delle peculiarità caratteriali dell'attore. Invece no, di questi tempi è una mera illusione pensare che questo sano principio del buonsenso possa essere applicato almeno per una volta. Così han dato la parte di un uomo inflessibile e risoluto a un attore che proprio non ce la fa a reggerla.

Una narrazione viziata dalle storture
dei nostri tempi 

Errori e incongruenze storiche non mancano di certo. Non si tratta tuttavia di inesattezze prive di conseguenze. Sono infatti alterazioni gravi, tanto da formare una cappa di disinformazione e di falsità che soffoca il genuino nucleo della realtà storica.

All'epoca l'aveva fatto notare Maurizio Gasparri (PdL), che ha dichiarato: "La Rai con questi contenuti viene meno alla sua funzione di servizio pubblico". Alberto Balboni e Enzo Fasano, anche loro del PdL, hanno a loro volta dichiarato: "La storia del prefetto che combatté la mafia fino al punto di sconfiggerla, caso unico nella storia d’Italia, viene piegata a caricatura di un santino con i cattivi, così cattivi, da replicare lo schema della trattativa stato-mafia tanto in voga oggi, manco avessero affidato la consulenza ad Antonio Ingroia e Massimo Ciancimino. Il regista, gli sceneggiatori e l’apparato Rai hanno volutamente annacquato in un antifascismo di maniera quella che nella memoria storica fu la prima e vera liberazione della Sicilia dalla mafia."

Pur non provando alcuna simpatia per questi politici (immagino che sia ancora un diritto), trovo che in questo caso abbiano avuto più di una ragione.

Eroico è l'intervento di Pasquale Squitieri, regista del film capolavoro del 1977: 

“Cominciamo col dire, per esempio, che Cesare Mori non ha mai adottato nessun bambino; ci sono dei falsi storici persino nelle canzoni; e non parliamo delle inesattezze e delle falsità per quanto riguarda i rapporti tra Mori e il fascismo delineati nella fiction. Io ho portato sul grande schermo il vero “prefetto di ferro”, il ritratto in onda sulla Rai è solo uno sceneggiato tv che potrebbe rifarsi anche a qualunque personaggio di fantasia autoriale. Vederla così sputtanata, una personalità straordinaria come quella di Cesare Mori, mi ha davvero disturbato.”

Ebbene sì: condivido appieno e trovo particolarmente vile e biasimevole l'aver attribuito al Prefetto di Ferro un figlio adottivo, per giunta un bambino lasciato orfano all'uccisione del padre, un brigante. Come ha detto Squitieri, Cesare Mori non ha mai adottato nessuno. Non solo: sono convinto che non l'avrebbe mai fatto. Un'altra cosa. Cesare Mori era sposato con Angelina Salvi e questo è tutto sulla sua vita privata. Non andava in giro a farsi sedurre da nobildonne civettuole. Non frequentava baronesse lascive né prostitute. La si deve smettere con questa perniciosa mania di attribuire a personaggi della prima metà del XX secolo storture moderne e postmoderne di ogni genere. In pratica, quella che si racconta nello sceneggiato è un'altra storia. Ovviamente, pochi sono i registi che rinunciano a inficiare una narrazione apportandovi modifiche ingiustificate perché la gente vuole una storia d'amore a tutti i costi, perché il pubblico vuole qualche ammorbante trovata sentimentale.

Uno pseudo-Mussolini berlusconiano 

Non userò mezzi termini. Per motivi propagandistici Mussolini è descritto come una sorta di proto-Berlusconi. Il regista mostra un'orrida compiacenza alla falsificazione storica e all'idea postmoderna, propalata dai buonisti, secondo cui ci sarebbe identità assoluta tra Partito Nazionale Fascista, mafia e ideologia berlusconiana - descritti come entità identiche e intercambiabili simili a certe particelle subatomiche dominate dalle leggi della quantistica. Sono i discorsi dementi in voga nel mondo scolastico e nei centri sociali, fucine di ignoranza dove non entra il benché minimo barlume di conoscenza e di onestà intellettuale. Il discorso del Mussolini berlusconiano al Prefetto è altamente significativo, con il suo invito a non vedere la realtà come bianca o come nera ma a comprendere i "grigi". Diamine, si potrà dire di tutto di Mussolini, ma non che fosse l'uomo dei "grigi"! Vero è che la realtà storica ci mostra la penetrazione della peste mafiosa all'interno del Partito Nazionale Fascista in Sicilia, tanto che le indagini di Mori portarono Mussolini a sciogliere il Fascio di Palermo. Il gerarca Alfredo Cucco, descritto ampiamente dal Petacco, è stato realmente processato per collusione. Vero è che Mussolini era preoccupato da questa situazione gravemente compromettente e che a un certo punto ha pensato di tenerla nascosta, richiamando Mori a Roma e di fatto neutralizzandolo. Queste cose lo stesso Squitieri le mette in evidenza. Tuttavia da questo a ritenere il Duce parte attiva nella diffusione dell'agente patogeno mafioso in Sicilia, a Roma e nel resto d'Italia, ce ne passa. Nella miniserie sembra addirittura di veder proiettare sullo stesso Mussolini l'ombra di una sua possibile iniziazione alla setta. Siamo alle solite: il presente è proiettato nel passato, il passato è forzato nelle categorie del presente. Tutto ciò genera soltanto nocivi equivoci.

L'Assedio di Gangi minimizzato

Non si può fare a meno di mettere in evidenza che il maggior successo di Cesare Mori, l'espugnazione della roccaforte mafiosa e brigantesca di Gangi, viene de facto minimizzato dalla miniserie TV. Una gloriosa pagina di Storia ridotta quasi a zero, trasformata in una retata ordinaria, tanto che il Prefetto intrepretato da Pérez arriva a dire a Spanò che l'operazione non sarebbe stata un successo, in quanto Tano Cuccia è riuscito a fuggire. Quanto grande è il contrasto con le sequenze epiche del film di Pasquale Squitieri! Ancora una volta emerge la tendenza ad addomesticare - se così si può dire - il personaggio di Mori, ad ammansirlo, a mitigarne l'inflessibilità, a ridurlo al moderno senso di garantismo. Ci si dimentica che è proprio il garantismo dilagante ad appestare la società rendendo impossibile la concreta punizione del malfattori, più tutelati ormai dei cittadini onesti. 

Rimozione dei sistemi draconiani e della tortura

Non si fa la benché minima menzione dei sistemi repressivi utilizzati da Cesare Mori, tra cui l'uso di raffinati sistemi di tortura. Giova ricordare ai lettori che l'operato del Prefetto di Ferro fu di una tale e giusta ferocia che per decenni i mafiosi fuggiti in America tramandarono nei loro conciliaboli il ricordo dei trattamenti che erano stati costretti a subire, mostrando paura anche soltanto a nominare Mori. Stomaci e genitali sono stati rovinati: lo spettatore odierno non sa che il torturatore non ha alcuna tutela della salute del torturato e della sua incolumità, così non si astiene affatto dall'apportare danni gravissimi e permanenti. Questa mancata consapevolezza è un altro segnale dello scollamento tra la realtà dei fatti e la finzione televisiva. 

Alcuni meriti della miniserie 

Nonostante ciò che ho mostrato finora, va detto che qualche merito questa miniserie l'ha pure avuto. Infatti indaga sulla vera natura dell'associazione mafiosa, cosa che in precedenza non era stata fatta. Il Prefetto di Ferro viene ad apprendere notizia sull'esistenza di una setta capace di gestire ogni cosa e di mutare la notte in giorno a suo piacimento. Viene usato proprio questo termine: "società segreta". La natura della mafia come organizzazione settaria esoterica non viene soltanto delineata in modo teorico: ne vengono mostrati alcuni esempi concreti. Questo risulta evidente nel convito mafioso che si svolge in una spettrale chiesa a notte fonda. Per improbabile caso Mori vi assiste di nascosto, senza dar segno della sua presenza. L'impianto narrativo è implausibile, ma vi sono elementi interessanti. Durante la drammatica riunione di natura massonica, accade che il notabile Ciccio Racconigi sfida il massaro Cuccia, ammesso alla congrega da poco, sputandogli addosso e ricevendo in cambio una letale coltellata nell'addome. Il massaro viene applaudito dai presenti, che si complimentano per l'uccisione ancora fresca. Di più: nel seguito, anni dopo la morte di Racconigi, viene mostrata un'iniziazione mafiosa in piena regola. Il candidato ha il capo coperto da un cappuccio e l'iniziatore, il massaro Cuccia, gli provoca un taglio al palmo della mano destra, facendo uscire abbondante sangue. Viene posto un santino sulla ferita perché sia intriso di sangue, quindi viene fatto giurare l'iniziando, informato del fatto che il tradimento sarà punito con la morte. L'iniziazione si conclude quando al giovane viene tolto il cappuccio e viene data enfasi al fatto che passa dall'Oscurità alla Luce, con conseguente ammissione e nella sua nuova famiglia. Se non vado errato, il rituale descritto da Joe Valachi è un po' diverso e più complesso. La fuoriuscita di sangue è causata da un ago in un polpastrello (di qui l'iniziato viene chiamato in siciliano "punciutu", ossia "punto"), quindi viene dato fuoco all'immagine - in genere della Madonna di Trapani - con recita della formula in cui si invoca la combustione del traditore. Anche se in forma semplificata, viene presentato questo rito massonico, con grande coraggio e questo credo che possa rimediare alle molte falsità, manipolazioni e storture presenti nella trama. Purtroppo non sembra che la massa degli spettatori abbia capito alcunché.

Gianni Lepre e la sua chiave di lettura

Questo è quanto ha dichiarato il regista a proposito della sua opera:

"Tutto ciò che ha mosso l'operato di Cesare Mori, offre il destro ad una riflessione sul potere e sulla sua gestione ma, dal mio punto di vista, soprattutto sull'ingenuità dell'ideale e sulla strumentalizzazione stessa dell'ideale. Cosa si è disposti a fare, a che compromessi si è costretti a scendere pur di raggiungere il proprio obiettivo? Mori è certo stato un acerrimo nemico della mafia, contro la quale ha sempre lottato, è sceso a patti con il fascismo per avere totale mano libera nella conduzione della sua battaglia? E quanto il fascismo e lo stesso Mussolini hanno potuto sfruttare questa spinta ideale per assecondarla ai propri obiettivi? Su questo dualismo tematico si articolano volutamente molti dei momenti di racconto della miniserie."

Ho trovato giusto riportare queste opinioni.

Nominativi fittizi e nominativi reali 

La Baronessa Chiaramonte porta un cognome reale. I Chiaramonte (o Chiaromonte) appartengono alla nobiltà dei Normanni e hanno la loro origine nei de Clermont della Piccardia. Tuttavia non risulta che una nobildonna di tale casata avesse incrociato la vita e il destino dell'eroico Prefettissimo. Questo per un ottimo motivo: i Chiaramonte furono realmente importantissimi nella storia della Sicilia... del XIV secolo. Stando alle fonti, i loro discendenti usano attualmente il cognome Cardone. Pure il sito Gens Labo mostra che il cognome Chiaramonte risulta tuttora abbastanza diffuso; più rara ma non estinta anche la variante Chiaromonte. Per il resto, il massaro Cuccia e il notabile Ciccio Racconigi appartengono alla fantasia e non hanno il benché minimo appiglio alla realtà dei fatti. Si tratta di invenzione o - se vogliamo dirla con le parole del Manzoni, di vero poetico. Cuccia è un cognome tipicamente siciliano, questo è innegabile. Non solo: il sindaco che nella miniserie è chiamato Don Filippo Virzì in realtà è ispirato alla figura del sindaco di Piana dei Greci, Francesco Cuccia, che disse a Mussolini in occasione di una sua visita: "Voscenza non ha bisogno di tutti questi sbirri, non ha niente da temere finché sarà in mia compagnia." Quindi lo sceneggiatore voleva lanciare un messaggio criptico trasferendo il cognome del sindaco al massaro Cuccia. Del Cuccia originale si parla in un articolo comparso su Repubblica nel 2003. Drammaticamente reale è Vito Cascio Ferro, che Mori fece condannare all'ergastolo per l'uccisione di Joe Petrosino. Prendiamo invece il Racconigi, che esibisce per cognome un toponimo piemonese. A quanto mi consta Racconigi è un borgo della provincia di Cuneo e non ha nulla a che fare con la Sicilia. Le probabilità che ci fosse una famiglia così chiamata e poi estinta sono comunque assai basse. Gens Labo, che non è comunque esaustivo, non fa alcuna menzione di comuni, siciliani o di altre regioni, in cui sia documentato almeno un Racconigi. Qual è la necessità di queste bizzarrie? Ragazzi, ricordatevelo sempre: la filologia è un'arma potentissima e in grado di demolire i castelli della menzogna e di lacerare le coltri della disinformazione! Non va preso alla leggera il suo potere penetrante. 

Il farinaccista e il pivello  

Il farinaccista Alfredo Cucco viene sostituito da Marco Levati, che pare proprio un pivello giunto dal Settentrione e completamente estraneo alla realtà siciliana, piovuto dal cielo come un masso erratico e messo lì proprio perché il contesto gli è del tutto alieno. I motivi della sostituzione sono gli stessi già analizzati nella recensione del film di Squitieri del '77 e sono facilmente comprensibili. Non sembra in ogni caso che Lepre compia una scelta assennata e congruente con i fatti realmente accaduti: Cucco un Levati se lo sarebbe mangiato a colazione. Quindi il quadro dei rapporti tra Cesare Mori e il PNF in Sicilia risulta sostanzialmente distorto.

Un pericoloso fraintendimento

Un'errata lettura che dovrebbe saltare agli occhi riguarda il traffico di stupefacenti. I padrini all'inizio si oppongono alla proposta fatta da elementi italo-americani, che vorrebbero smerciare eroina, ma il demoniaco massaro Cuccia li convince a imbarcarsi nell'impresa, perché porterebbe molti "pìccioli". Questo copione porta avanti il mito della "mafia d'onore" o "tradizionale", autoctona e sostanzialmente "buona", opposta alla "mafia del disonore" o "innovativa", italo-americana e "cattiva", "pervertitrice". In realtà una simile contrapposizione non sussiste. La setta mafiosa non ha mai mostrato scrupolo alcuno a inserirsi dovunque vedesse la benché minima occasione di guadagno. Certamente posticcia è l'ostentata avversione della società segreta al traffico di stupefacenti, che sarebbe emersa in alcune occasioni per motivi contingenti.

Reazioni nel Web

Le poche recensioni reperibili sembrano per la verità piuttosto piatte e insignificanti, riducendosi a conti fatti a descrizioni della trama. A quanto pare la redazione del Fuffington Post ha levato alti lai per il fatto che quando la seconda puntata della miniserie TV è stata trasmessa, un programma con Gad Lerner ha registrato scarso indice d'ascolto. Ancora oggi si trova traccia dell'accaduto negli antri del Web.

Più coloriti alcuni commenti. Questo scrive Kollett (il singolare uso degli spazi è suo):

"Commento la fiction televisiva sul prefetto Mori: Ricostruzione becera,inesatta, di una noia mortale!ma,certamente è una libera ricostruzone e se anche fosse così,avete offeso l'intelligenza degli italiani,questo è rivolto al produttore e al regista! Voto:2"

Questo scrive Taninus:   

"Sono uno storico e la fiction mi ha lasciato perplesso sulle troppe libertà che si sono presi nell’inventare alcuni particolari. Mi è para più un western che una vera storia di polizia. Tuttavia, proprio da studioso della materia, dico che queste fiction fanno solo bene. Mori è presentato nella sua vera essenza, un uomo ligio al dovere, onesto verso lo Stato, il popolo e la propria famiglia. Ha dimostrato che il sacrificio personale è l’unico modo per cambiare, anche poco, un sistema potente." 

Che dire? Da uno storico di professione mi sarei aspettato più senso critico. C'è poi un commento di un utente anglosassone, certo Emuir-1, segno che la fama del Prefetto ha superato i confini dell'Italia: 

"Maybe George W. Bush should have studied history a little better before invading Afghanistan. In the 1920's Cesare Mori was appointed Police Prefect and charged with getting rid of the deeply entrenched Mafia in Sicily. When the people of a town under the thumb of the local Mafia refused to talk (including the local priest who was in with the mob) he set up road blocks and cut off the water and food supply to the town until they cooperated. Told that women and children were starving and going thirsty, he replied that that was the idea. They knew what they could do - as soon as they started talking they could eat. His tactics worked and eventually, he was able to arrest hundreds if not thousands of Mafioso. He almost smashed the Mafia but became too successful and began treading on the wrong toes, fingering high officials and politicians, so Mussolini appointed him Senator and relocated him to Rome."

Più un riassunto dei fatti storici che della miniserie di Gianni Lepre, in ogni caso è di un certo interesse.

lunedì 28 novembre 2016


IL PREFETTO DI FERRO
(film)

Paese di produzione: Italia
Anno: 1977
Durata: 110 min
Colore: colore
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico, azione, storico
Regia: Pasquale Squitieri
Soggetto: Ugo Pirro, Arrigo Petacco (romanzo)
Sceneggiatura: Arrigo Petacco, Pasquale Squitieri
Produttore: Gianni Hecht Lucari
Fotografia: Silvano Ippoliti
Musiche:
Ennio Morricone
Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi: Giancarlo Bartolini Salimbeni
Interpreti e personaggi:
    Giuliano Gemma: Cesare Mori
    Stefano Satta Flores: Spanò
    Francisco Rabal: Brigante Albanese
    Claudia Cardinale: Popolana
    Lina Sastri: Donna di Gangi
    Massimo Mollica: Procuratore
    Rik Battaglia: Antonio Capecelatro
    Salvatore Billa: Francesco Dino
Doppiatori italiani:
    Giuseppe Rinaldi: Cesare Mori
Premi:
    David di Donatello 1978: miglior film
Produzione:

Il film venne girato tra Roma, Artena, Tolfa e Colli a Volturno.


Trama:

Anni '20 dello scorso secolo. La Sicilia postbellica si trova in condizioni disastrose. La nobiltà si è indebitata in modo pesante e per far fronte alle difficoltà si è messa a svendere le sue proprietà. Tutto è caduto nelle mani della mafia, non soltanto i latifondi, ma anche attività redditizie come le miniere di zolfo e gli agrumeti. Il prefetto Cesare Mori giunge in Sicilia nel 1925, incaricato da Mussolini di annientare la mafia a qualsiasi costo e fornito allo scopo di poteri speciali. Ad aspettarlo c'è il fedele funzionario di polizia Francesco Spanò, che riesce a raccogliere informazioni confidenziali. Le indagini appena iniziate danno un grande fastidio, così un'intera famiglia viene sterminata come avvertimento. Quando vede i cadaveri nudi di uomini, donne e bambini, Mori capisce subito che gli artefici di quello scempio non sono i briganti, che tutto ciò è opera della mafia. Si trova così ad affrontare il boss Antonio Capecelatro e non usa mezze misure: lo raggiunge sotto casa per arrestarlo e di fronte alla sua resistenza, imbraccia il fucile e gli spara nel cranio uccidendolo sul colpo. Inizia una lotta contro i briganti che infestano la Sicilia occidentale e che agiscono come braccio armato della mafia. L'azione del Prefetto di Ferro culmina nell'assedio di Gangi, un borgo dove si sono arroccati diversi gruppi criminali. Il brigante Albanese, catturato, si suicida dando tremende testate contro la parete della prigione, facendo fuoriuscire il cervello dalla scatola cranica. Tutti i malviventi gangesi vengono rastrellati e incarcerati: ogni famiglia nascondeva un brigante servendosi di vani occulti e di altri nascondigli. Forte del suo trionfo, a questo punto Mori intende colpire la mafia vera e propria, così comincia ad arrestare i cosiddetti "gentiluomini", quelli che non si sporcano le mani. Comprende anche che esistono legami tra la sezione locale del Partito Nazionale Fascista e la mafia, perché la sua guardia del corpo non lo difende durante un attentato a cui riesce a sfuggire per miracolo. Risale all'avvocato Galli, che è a capo del Fascio di Sicilia. Inoltre compie irruzione nello studio del notaio Concetto Tarvisio, sequestrando una gran mole di materiale compromettente in grado di destabilizzare l'intera società siciliana, rendendo possibile l'arresto e l'incriminazione di moltissimi notabili. A questo punto la repressione antimafiosa si è spinta troppo oltre: Mussolini pensa che la sua prosecuzione possa essere più nociva che vantaggiosa, perché darebbe una pessima immagine della Sicilia e dello stesso PNF. Scatta in questo modo la formuletta magica promoveatur ut amoveatur. Mori riceve la nomina regia a senatore ed è costretto a partire per Roma. Il suo posto sarà preso proprio dal colluso Galli. Nulla di nuovo sotto il sole: sembra che già all'epoca dei Faraoni avvenissero fatti simili.

Citazioni: 

"Spanò, qui lo Stato deve fare più paura della mafia."

"Mi sento come un chirurgo che ha operato a metà, che ha fatto soffrire e non ha guarito."

Recensione: 

Un film epico ed esaltante, un capolavoro assoluto capace di trasmette un immenso orgoglio, nonostante il finale abbastanza amaro. Tutto ruota intorno alla magistrale interpretazione di Giuliano Gemma, di gran lunga la migliore della sua carriera, in grado di oscurare tutto il resto come il sole che offusca la luna e le stelle facendole scomparire. Splendida e coinvolgente è la colonna sonora. Le ambientazioni hanno un effetto straniante, tanto somigliano a desolati paesaggi del Far West: del resto già Arrigo Petacco nel suo libro su Mori paragonava le Madonie all'Estremo Occidente americano. Intensa è l'interpretazione di Claudia Cardinale nei panni di una popolana furiosa, tuttavia non posso fare a meno di notare che si tratta di un ruolo abbastanza marginale: un film senza una donna bellissima a quanto pare sarebbe poco gradito dal volgo e risulterebbe inassimilabile. Grande Stefano Satta Flores nel ruolo dell'integerrimo Spanò. Fa la sua bella figura anche Francisco Rabal, che ha interpretato il brigante Albanese.

Incongruenze narrative e onomastiche

Nonostante gli immensi meriti di questa pellicola, è bene tener presente che nella trama ci sono non poche inesattezze. L'assedio di Gangi non si è svolto nella canicola agostana ma in pieno inverno, esattamente il primo giorno dell'anno. Il film ci mostra il brigante Albanese, maledetto dalle comari del paese per non aver dato loro l'acqua promessa. Arrigo Petacco ci riporta nella sua opera che esisteva a Gangi una famiglia Albanese, tuttavia il capo dei briganti si chiamava Ferrarello. Di certo è geniale e splendida la scena in cui il brigante Albanese si uccide in modo orribile cozzando il cranio contro la nuda roccia della parete della cella in cui è stato rinchiuso, tuttavia risulta invece che Ferrarello si sia gettato dalla tromba delle scale a Palermo per sfuggire alla dura prigionia. Vediamo il boss Capecelatro che ferma il treno come favore a Mori, che rimane inorridito dall'interruzione di un servizio dello Stato. In seguito lo stesso padrino viene ucciso con una fucilata nella fronte da Mori in una scena spettacolare in cui si intravede il cranio scoperchiato. Ebbene, tutto ciò sembra un episodio apocrifo: non ne sono riuscito a trovare traccia alcuna nella biografia del Prefetto. La filologia riesce a dare una mano anche quando non si possono consultare le fonti: a quanto mi consta Capecelatro è un cognome campano, non siciliano. I margini di errore sono scarsi, le probabilità che si tratti di un'invenzione sono grandi. Il cognome Tarvisio non risulta nel database di Gens Labo, il che non esclude del tutto la sua esistenza, anche se la dice lunga sulla sua improbabilità. Un cognome locativo tratto da Tarvisio, in Friuli, avrebbe qualcosa di surreale. Il cognome Galli è invece presente in diversi comuni dell'isola e la sua occorrenza non può essere ritenuta strana. 

Possibili ragioni delle discrepanze

Nonostante tutto questo, credo che i meriti del film superino di gran lunga le pecche. Resta comunque da chiedersi come mai si registrino questi scollamenti dalla realtà dei fatti, visto che tra le altre cose Arrigo Petacco è stato sceneggiatore della pellicola. Alcuni suggeriscono che i cambiamenti sarebbero stati introdotti per sfuggire all'eventuale vendetta degli eredi dei boss coinvolti nelle operazioni di repressione portate avanti da Cesare Mori all'epoca: è intuibile che essi agognino silenzio e oblio anche se i fatti sono ormai remoti. Non dobbiamo però dimenticare che il libro di Petacco riporta per filo e per segno nomi autentici e fatti realmente accaduti, parlandone diffusamente senza occultare alcunché, così questa ipotesi parrebbe perdere un po' forza. Veniamo invece al personaggio del gerarca Galli. Non occorre la mente di un'aquila per riconoscere un parallelismo con la figura storica di Alfredo Cucco, che fu avversario del Prefettissimo. Processato per numerosi capi d'imputazione ed infine espulso dal PNF per "indegnità morale" - come riportato dal Petacco -  ritornò infine alla ribalta, riuscendo a rientrare nel Partito e ad avere un ruolo nella Repubblica Sociale Italiana. Finito il conflitto, Cucco sopravvisse e continuò la sua carriera politica, divenendo un segno di continuità tra il regime defunto e quello nuovo. Fu infatti tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano (MSI). Esponente del Fascismo antemarcia, era noto per il suo radicalismo e per le sue posizioni affini a quelle di Roberto Farinacci, tanto da poter essere ritenuto un seguace del farinaccismo. Medico ed oculista, si fece conoscere per una sua singolarissima e bizzarra teoria: sosteneva infatti che il coitus interruptus potesse avere effetti deleteri sulla vista (non sembra comunque farina del suo sacco, la fonte è l'episodio biblico di Onan). Colpito da ictus nel 1963, morì nel 1968. Ebbene, Alfredo Cucco non era precisamente uno sconosciuto. Forse Squitieri non voleva inimicarsi i parenti e gli eredi dell'ex gerarca siciliano, riducendo il più possibile le allusioni nel suo film. 

Pasquale Squitieri, figura controversa 

Poco amato dal popolino, il regista di questo film è spessisimo etichettato come "di destra". In effetti ha militato in Alleanza Nazionale, tuttavia non va taciuto che è partito da Lotta Continua per passare infine al Partito Radicale Transnazionale. In quest'epoca di ipersensibilità verso tutto ciò che riguarda il ventennio fascista, è sufficiente l'apposizione dell'etichetta "di destra", non importa se pertinente, per gettare le genti in uno stato di grande furia e farle strepitare. A dire il vero, su Wikipedia e altrove nel Web si possono leggere notizie su alcuni aspetti controversi della vita del personaggio. Mi limito a riportare in questa sede la pagina wikipediana, rimandando alle note del testo e alla ricerca online per approfondimenti:


I giudizi più tiepidi su Il prefetto di ferro, in cui spesso mi sono imbattuto, si devono con ogni probabilità alla somma di tutti questi fattori. Per quanto mi riguarda, come regista Squitieri si è dimostrato un genio. Il film qui recensito è immortale, eroico e oltremodo meritorio. Questo è tutto ciò che conta, il resto lo considero irrilevante.

Gangi, l'Omphalos del Male 

La cittadina di Gangi è mostrata come impervia, arcaica e fuori dalla Storia, tanto da sembrare un centro di pastori neolitici, più affine alla realtà degli antichi Sicani o della Sardegna nuragica che alla Sicilia del XX secolo. In realtà Gangi tanto isolata e tanto fuori dalla Storia non era. Interessante è notare la presenza in quel borgo di diverse logge massoniche già nel XVIII secolo. Logge massoniche attivissime, protagoniste della vita sociale, politica e religiosa isolana. L'Accademia degli Industriosi aveva il suo centro di irradiazione proprio in quelle case arroccate su un colle e riusciva ad esercitare la sua influenza zombificante da Messina a Palermo, al punto da ridurre la stessa Curia a un mero fantoccio, infiltrando in profondità anche gli ordini monastici e trasformandoli in centri di reclutamento massonico (o "latomico", come dicono i documenti). Gangi covo di briganti e di mafiosi. Gangi covo di massoni. Sarà una coincidenza?


La Ballata del Prefetto Mori 

Testo: Ignazio Buttitta
Musica: Ennio Morricone

Arrangiamento: Rosa Balistreri
Link: http://www.antiwarsongs.org/

« Parti, prifettu!… Parti – ci dissi a Mori Mussolini,
« Metti 'n galera la mafia cu tutti l'assassini..
Vonnu 'u cumannu, vonnu 'u putìri - lu putìri mìu
Ma su' nimici di li fascisti e nimici di Diu! »
E Mori partìu… ed arrivau cu un trenu spicïali
senza sapìri ca ci facìa lu servu ô capitali…

...Di notti ô scuru, li sbirri cuminciàru li ritati
scassànnu 'i porti e tràsinu 'nte casi stracanciati
E sull'istanti curpevulennu genti a la rinfusa
'i tiraru fora e s'i purtàru chi catìni ê pusa.
I matri e i figghi currennu appressu ai patri e a li mariti
vannu chiancènnu... vannu chiancènnu e chiànciri 'i sintiti.

Mi chianci 'u cori, ora ca terminavu di cantari
'sta storia vera - si pensu ca la mafia è na l'altari..

e addisunùra 'sta terra onesta nun voli e chi voli 

pani e travagghiu, la libbirtà, giustizia e li scoli.

Ah no a mafia! E no alla liggi infami da lupara!
e no unùri! Unùri e gloria a cu arrobba e spara!
Chistu gridamu, è nostra 'a vuci ca arruspìgghia i morti
ca stanchi semu, e vulemu canciàri vita e sorti...


Traduzione:

« Parti, prefetto!... Parti – Mussolini disse a Mori,
Metti in galera la mafia e gli assassini..
Vogliono comando e potere – il potere mio ! -
e sono nemici dei fascisti e di Dio »
E Mori partì... ed arrivò con un treno speciale
inconsapevole strumento del capitale...

...Di notte al buio, i poliziotti cominciarono le retate
forzando le porte entrano nelle case trasfigurati
e lì per lì colpevolizzando gente alla rinfusa
li tirarono fuori e se li portarono con le catene ai polsi.
Le madri e i figli correndo dietro ai padri e ai mariti
piangono...piangono, e piangere li potete sentire..

A me piange il cuore, ora che finito di cantare
questa storia vera – se penso che la mafia è ancora al potere
e disonora questa terra onesta che non la vuole, ma vuole
pane, lavoro, libertà, giustizie e scuole.

E no alla mafia! No alla infame legge della lupara!
e no all'onore! Onore e gloria a chi ruba e spara!
Questo gridiamo con la nostra voce che risuscita i morti
che siamo stanchi, e vogliamo cambiar vita e destino...

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Consiglio la lettura di questa scheda dedicata al film, visionabile e scaricabile dal sito www.apav.it: 


Questa è la recensione di Robydick, che pure contiene inesattezze (es. Cesare Mori non era friulano, era pavese): 


A proposito di questo utente, faccio notare il suo curioso uso di scrivere "mussolini" con la minuscola, che trovo infantile e poco razionale. Immaginatevi cosa accadrebbe se tutti gli studiosi si rifiutassero di usare le maiuscole nel citare i nominativi loro sgraditi: sarebbe il caos! 

giovedì 24 novembre 2016


IL PREFETTO DI FERRO 

Titolo originale: Il Prefetto di Ferro. L'uomo di
     Mussolini che mise in ginocchio la mafia
Autore: Arrigo Petacco
Lingua originale: Italiana
Editore: Mondadori
Collana: Oscar storia
Pagine: 237, brossura
Codice ISBN: 978-88-04-53275-0
I edizione Le Scie: Settembre 1975
I edizione Oscar Storia: Giugno 2004

Indice:

Prefazione - pag. 3

I        Mori, Mori, tu devi morire... - pag. 9
II       Qui ci vuole un uomo... - pag. 35
III      Il figlio di nessuno - pag. 45
IV      Il Far West delle Madonie - pag. 69
V       La mafia è una vecchia puttana... - pag. 83
VI      L'assedio di Gangi - pag. 95
VII     Un prefetto d'assalto - pag. 115
VIII    Fatti la fama e curcati... - pag. 135
IX       Un killer da Chicago - pag. 151
X        Il nemico esce dall'ombra - pag. 161
XI       L'eroe del tracoma - pag. 175
XII      Signori, è tempo ormai ch'io vi riveli la
           mafia... - pag. 187
XIII    Qui riposa in pace... - pag. 203
XIV    Ma la mafia non è morta - pag. 221

Appendice

I pensieri del prefetto - pag. 233
Ringraziamento - pag. 239

Sinossi:

In questo libro Arrigo Petacco ci racconta la verità sulle gesta quasi leggendarie del prefetto Cesare Mori, incorruttibile funzionario "piemontese" inviato dal governo fascista in Sicilia per debellare la mafia. Compito che svolse fin da subito con grande efficacia, anche grazie a metodi non sempre ortodossi e alle ingenti forze di cui era stato dotato: un vero piccolo esercito, l'intera Procura di Palermo a sua disposizione, poteri straordinari che utilizzò oltre i limiti della legge. La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate. Quella del "prefetto di ferro" è una storia tipicamente italiana, incentrata su un personaggio prima mitizzato poi dimenticato, che Petacco restituisce finalmente alla sua verità storica.

Recensione:

Il Prefetto di Ferro è la biografia di un eroe del XX secolo, un vero gigante. Eppure quando ho letto il libro di Petacco, mi sono stupito della sua natura eccessivamente sintetica e discorsiva. Non sono stato soddisfatto appieno, ho avuto come l'impressione di essermi immerso con aspettative eccessive in un'opera incompleta e a tratti superficiale. In molte occasioni la narrazione dei fatti viene presentata come un romanzo, con tanto di dialoghi, mentre di molte cose a mio avviso importanti non si fa menzione alcuna. In seguito ad alcuni approfondimenti, il volume, seppur pregevole, si è in effetti dimostrato bucherellato da crateri e da lacune come la superficie della luna.

Il Prefettissimo e il suoi metodi di lotta   

Non è un'esagerazione né un luogo comune dire che Cesare Mori fu l'unico uomo su questo pianeta che sconfisse la mafia. Certo, al giorno d'oggi pochi se ne ricordano. Anche se Petacco ha la tendenza a edulcorare i fatti e a nascondere i dettagli più cruenti, dirò che Mori non ottenne le sue vittorie con la retorica, ma con sistemi draconiani. Non esitò a servirsi di alcuni metodi di tortura usati dal Tokugawa: stritolamento dei genitali in tenaglie e acqua in pressione nello stomaco. Incatenò, torturò, incarcerò e arrivò a imbracciare senza esitazione il fucile. Il suo principio era molto chiaro: lo Stato deve fare più paura della mafia. Portò avanti questa idea con la massima determinazione. Posso soltanto esprimere la mia massima stima per la sua persona. Le sue gloriose imprese devono essere salvate dall'Oblio e tramandate fino alla Fine dei Tempi. A tutti coloro che si domandano come si possa sconfiggere la mafia, dirò che può riuscirci soltanto un uomo impavido, dotato di poteri assoluti e di volontà ferrea, proprio come l'eroico Ezzelino che ispirava più terrore dello stesso Diavolo. 

Il Prefetto di Ferro, Falcone e Borsellino

Anche se le giovani generazioni lo ignorano, Falcone e Borsellino divennero magistrati ispirati dall'esempio e dall'eroismo di Cesare Mori. Non erano affatto persone di sinistra come il volgo crede a causa degli inganni e delle mistificazioni propalate dalla scuola e dai media nel corso degli anni. Le loro biografie postume sono state manipolate, rimuovendo ogni riferimento alla loro stima per il Prefetto di Ferro. Duole che Falcone e Borsellino non abbiano potuto usufruire dei mezzi quasi illimitati di cui poté servirsi Mori: già alla loro epoca le pastoie dell'umanitarismo buonista rendevano ogni azione praticamente impossibile. Quello che la gente non sembra capire è che proprio la democrazia ha reso impossibile per sua intrinseca natura la vittoria sulla setta mafiosa. 

Una cronistoria

Ugo Di Girolamo nel suo libro "Mafie, politica, pubblica amministrazione. È possibile sradicare il fenomeno mafioso dall'Italia?" fa una sintesi sui tentativi compiuti dallo Stato per estinguere il crimine organizzato nel corso del XX secolo. Non riporto qui alcuni brani molto interessanti, dato che l'editore concede la riproduzione di parti del volume a pagamento e dietro richiesta formale, così mi limiterò a riassumerli e a riformularli, aggiungendo note per spiegare concetti non approfonditi dall'autore. 

Si parte con i primi tentativi di repressione rivolti contro la camorra a Napoli: Silvio Spaventa nel 1860 cominciò a sciogliere la guardia cittadina, che era una sorta di "polizia camorrista", e ad arrestare 90 camorristi, che salirono a 1175 dopo tre anni di operazioni (1).
Segue la seconda ondata repressiva nel 1877, ad opera del prefetto di Palermo Antonio Molusardi, che in due anni debellò i briganti in Sicilia occidentale, non riuscendo in alcun modo ad intaccare la mafia (2).
La terza ondata repressiva colpì Napoli nel 1907: il Capitano dei Carabinieri Fabroni effettuò rastrellamenti, imprigionando circa 400 camorristi. Promosso, fu allontanato da Napoli (3).
La quarta ondata repressiva fu portata avanti da Cesare Mori nel suo primo soggiorno in Sicilia, negli anni dal 1915 al 1917. Utilizzò il metodo di rastrellamento inaugurato da Fabroni, riuscendo a catturare molti briganti.
Lo stesso Prefetto di Ferro comprese in seguito che la sua azione non aveva in realtà colpito la mafia. Seguirono promozione e allontanamento.
La quinta ondata repressiva ebbe ancora Cesare Mori per protagonista, questa volta inviato da Benito Mussolini. Siamo nel 1926. Di Girolamo riporta un fatto taciuto dal Petacco: l'operazione non riguardò soltanto la Sicilia, ma anche altri distretti del Meridione, colpendo duramente Napoli e Caserta.
La sesta e ultima ondata repressiva ha avuto inizio tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 dello scorso secolo, portata avanti da Falcone e da Borsellino. I risultati sono stati i seguenti: un migliaio di persone tuttora in carcere per mafia, tra cui circa settecento sotto regime di carcere duro (41 bis).
Il libro a questo punto fa notare che nessuna delle azioni descritte ha avuto successo nell'opera di eradicazione del fenomeno mafioso in Italia. Utilizzando le metafore batteriologiche da me tanto apprezzate, l'autore non esita a usare parole come "province infettate", "province meridionali infette", "peste". Qui non abbiamo a che fare con cittadini che sbagliano a causa del disagio, come vorrebbero i buonisti e gli psicologi malfattori, ma con un vero e proprio morbo epidemico simile a quello prodotto da Yersinia pestis. Quello che viene tenuto nascosto è che i rimedi di Mori stavano funzionando e che la pestilenza è tornata a crescere grazie all'imporsi della democrazia, che ne costituisce il naturale terreno di coltura. 

(1) Che l'operazione si sia poi fermata non deve stupire. Si omette ovviamente di citare le origini massoniche delle società mafiose e il ruolo di Garibaldi nella massoneria italiana.
(2) All'epoca la confusione tra brigantaggio e mafia era pressoché totale, tanto che solo Mori poté cominciare a far chiarezza.
(3) Promoveatur ut amoveatur. Un destino che toccò anche a Mori. Vedi nota (1).

Setta mafiosa e setta massonica

Data l'epoca in cui visse, Cesare Mori non aveva la benché minima idea dei rituali di iniziazione della congrega mafiosa. Soltanto in seguito alle confessioni di Joe Valachi, nel 1963, si poterono avere notizie concrete su questi rituali esoterici, che sono risultati essere di chiarissima derivazione massonica. Arrigo Petacco non fa la benché minima menzione ai rapporti tra mafia e setta massonica nel suo volume. Ugo di Girolamo invece parla del rapporto tra le organizzazioni in questione, facendo riflessioni interessanti. A suo avviso la massoneria sarebbe un mezzo usato dalle mafie per entrare in contatto con le istituzioni, con la politica e con gli imprenditori. Sarebbe in altre parole come il sistema linfatico di un corpo umano, che può essere usato dalle cellule tumorali per muoversi liberamente e portare ovunque le metastasi. Di certo questa è una buona descrizione, eppure a parer mio c'è dell'altro. Queste cellule tumorali infatti sono generate a ritmo continuo dallo stesso sistema linfatico che ne permette poi lo spostamento e la diffusione. La mafia è un braccio armato della setta massonica, un suo strumento operativo.

Reazioni nel Web

Sulla scheda del libro di Petacco su www.ibs.it è possibile leggere numerosi commenti interessanti.


Concordo appieno con Pierluigi, che scrive quanto segue: 

"Come tutti i libri scritti da Petacco anche questo ha una sintassi veramente eccezionale. Cosa che inizia a diventare purtroppo rara negli autori contemporanei. Gia questo basterebbe a farne un buon libro senza badare troppo al contenuto. Nella fattispecie ne "Il prefetto di ferro" manca forse qualche spunto ulteriore nella descrizione della lotta alla mafia "sul campo". Il lavoro è incentrato più sui retroscena e sulle macchinazioni del Palazzo per eliminare questa persona scomoda. Ne esce fuori alla fine un libro che più che parlare di Cesare Mori a fondo da una descrizione del clima e di alcune metodologie che hanno contraddistinto il ventennio fascista. Se Petacco avesse dedicato più spazio al Prefettissimo e meno al "contesto fascista" ci avrebbe regalato sicuramente un piccolo capolavoro." 

Critico è Maurizio, che scrive: 

"Il difetto maggiore sta nel titolo: di sicuro Mori mise a freno la mafia di quel periodo che non fu però esattamente messa in ginocchio ma, intelligentemente, ando "in letargo" per uscirne ad acque chetate. Il pugno di ferro andava di pari passo con una dilagante corruzione e lo stesso Mori usò quest'occasione per disfarsi di alcuni nemici. L'immagine dello Stato in Sicilia e per i siciliani ne uscì ulteriormente deteriorata e la mafia rifiorì"

Ovviamente Maurizio non comprende bene l'accaduto. Glielo spiegherò con parole semplici. Alcuni bacilli pestosi che avevano trovato scampo in America hanno fatto ritorno, aiutando gli Alleati nello sbarco in Sicilia e favorendo l'instaurazione di un ambiente adatto alla loro pullulazione, che tuttora perdura. Chiaro che se fosse dipeso da Mori tutto ciò non sarebbe mai avvenuto. 

Roberto Nanni scrive, in modo molto assennato (ma con qualche refuso): 

"Secondo me sono storie in quanto se il Povero Generale Dalla Chiesa avesse solo avuto la metà dei poteri di Mori, la mafia avrebbe avuto colpi durissimi già negli anni 80.Oggigiorno sicuramente una figura come Mori è impossibile trovarla in quanto egli anteponeva lo stato a tuttoed a tutti cosa che i politici degli ultimi 30 anni si sono ben guardati dal farlo."

Gli consiglio di leggere bene le mie considerazioni sulla setta massonica e sulle origini della setta mafiosa, così capirà perché la politica italiana abbia lasciato soli gli eroi e prodotto abominazioni in grande copia. 

Renzo Montagnoli e Mattia ricordano che Cesare Mori fu politicamente indipendente, in quanto erede della tradizione liberale. Mussolini gli diede l'incarico di debellare la mafia perché lo stimava per la sua grandissima onestà. Una domanda. Quale politico odierno darebbe mai un incarico così importante a un esponente di idee molto diverse dalle sue, come ha fatto Mussolini con Mori?

domenica 20 novembre 2016


FREAKS

Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1932
Durata: 64 min (versione tagliata)
   circa 90 min (versione originale perduta)
Colore: B/N
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico, orrore
Regia: Tod Browning
Soggetto: Tod Robbins
Sceneggiatura: Clarence Robbins
Produttore: Tod Browning
Fotografia: Merritt B. Gerstad
Montaggio: Basil Wrangell
Scenografia: Merrill Pye, Cedric Gibbons
Interpreti e personaggi:
    Wallace Ford: Phroso
    Leila Hyams: Venere (Venus)
    Olga Baclanova: Cleopatra
    Roscoe Ates: Roscoe
    Henry Victor: Ercole (Hercules)
    Harry Earles: Hans
    Daisy Earles: Frieda
    Rose Dione: Madame Tetrallini
    Daisy e Violet Hilton: Le gemelle siamesi
    Schlitzie: Un microcefalo (travestito da donna)
    Josephine Joseph: Mezza Donna-Mezzo Uomo
        (un ermafrodita) 
    Johnny Eck: Half Boy
    Frances O'Connor: La ragazza senza braccia
    Peter Robinson: Lo Scheletro Umano
    Olga Roderick: La Donna Barbuta
    Koo Koo: Se stessa
    Prince Randian: Il Torso Vivente 
    Martha Morris: Moglie di Angeleno, senza
         braccia
    Elvira Snow: Ragazza microcefala
    Jenny Lee Snow: Ragazza microcefala
    Elizabeth Green: La Ragazza-Uccello
    Angelo Rossitto: Angeleno
    Delmo Fritz: Mangiatore di spade
    Edward Brophy: Fratello Rollo A
    Matt McHugh: Fratello Rollo B
Doppiatori italiani:
    Gianni Giuliano: Phroso
    Noemi Gifuni: Cleopatra
    Michele Kalamera: Ercole
    Lidia Montanari: Hans
    Claudia Balboni: Frieda
    Daniela Nobili: Daisy e Violet Hilton

Disclaimer:

I buonisti e i fautori del letame politically correct sono pregati di non proseguire nella lettura. Se intendono andare avanti comunque, non si lamentino e non infastidiscano con le loro crisi isteriche.

Trama: 

Nel microcosmo di un circo dove sono esibiti numerosi esseri deformi, si consumano storie d'amore squallide e senza speranza. Il nano Hans si strugge e spasima per la bella Cleopatra, una trapezista all'apparenza perfettamente eugenetica. Lei asseconda la passione del suo innamorato non per pietà e neppure per genuino amore: l'unica cosa che le interessa è il denaro. Infatti Hans è ricco, anzi, è ricchissimo e la sua eredità fa gola. In altre parole, Cleopatra è un tipico esemplare femminile della sciaguratissima specie umana. Le donzelle possono cianciare finché vogliono, fare gnè gnè, dire che amano il loro ragazzo per la sua intelligenza e che non danno importanza ai soldi, ma noi sappiamo bene che sono tutte stronzate. Tornando al film in analisi, Cleopatra è ben perfida: non intende affatto aspettare che Hans una volta divenuto suo marito si consumi nella vecchiaia, impiegando anni a morire. Assieme al suo amante Ercole, un nerboruto energumeno dotato di fallo colossale, una vera e propria scimmia (a quanto pare la specie preferita dalle femmine umane), progetta di affrettare la dipartita del suo futuro coniuge. Nonostante Hans sia messo in guardia dalla cupidigia della maligna Cleopatra, finirà col cedere alle sue lusinghe e si arriverà così al matrimonio. Cleopatra, che continua a copulare selvaggiamente con il suo scimmiesco amante subumano, inizia ad avvelenare il legittimo marito servendosi di una pozione. I suoi intenti non vanno però in porto. I due amanti sono scoperti e subiscono la feroce vendetta dei compagni di Hans. L'energumeno Ercole finisce ucciso, mentre Cleopatra va incontro a un fato peggiore di mille morti, sottoposta a supplizi spaventosi. Al termine del trattamento è ridotta a un vero e proprio mostro, simile a un'oscena anatra. Le sue gambe sono state amputate, la sua lingua mozzata, le braccia e le mani schiacciate e ridotte a moncherini ripugnanti, il suo busto perennemente cosparso di catrame e ricoperto di piume. In questa sua nuova repellente forma sarà esposta per il resto della sua vita di orrori al ludibrio e allo scherno del volgo crudele.

Recensione: 

Purtroppo questo capolavoro assoluto, interpretato da veri freaks, ci è giunto incompleto a causa della censura della perfida MGM. Non sembra esistere più alcuna possibilità di reperire la versione originale. Sono andate distrutte o irrimediabilmente perse le sequenze tagliate per ordine dell'iniquo tribunale della casa cinematografica. Solo la sceneggiatura è stata recuperata negli archivi. Alla sua proiezione di prova il film aveva un finale ben più truce, al punto che molti spettatori lo ritennero inguardabile. La MGM impose un finale ottimistico, in cui il nano Hans e la sua ex fidanzata Frieda si riconciliano - e tutti vissero felici e contenti. Nonostante questo l'accoglienza fu ancora negativa e presto la pellicola acquisì fama di essere maledetta. Riporto in questa sede alcuni preziosi commenti che ho trovato in merito:

Gianluca Galletti su Facebook (22/10/2016):

"A seguito delle forti e unanimi contestazioni sollevate dopo la proiezione della prima, il regista Tod Browning (al quale Hollywood chiuse le porte dopo questo film, a causa della sua vicenda maledetta), dovette tagliare quasi mezz'ora di pellicola, e le parti tagliate sono tuttora irreperibili perché distrutte o perse. Le scene tagliate mostravano la mutilazione di Cleopatra perpetrata dai freaks, che assalivano la donna dopo che era rimasta imprigionata da un albero caduto. Veniva poi mostrato il finale ufficiale, con la donna presentata al pubblico come un'attrazione da circo. Ercole, invece di morire per mano dei freaks, veniva castrato da essi con i coltelli e, nella scena finale del film, compariva effeminato e cantava in falsetto."

E ancora, sempre dello stesso autore:

"Alla proiezione vi erano stati casi di persone che si erano sentite male e, secondo diverse voci, una donna, dopo la visione del film, subì un aborto spontaneo. Il film fu vietato dalla Germania nazista dal 1933 al 1945, nel Regno Unito la visione fu vietata fino al 1964. Fu vietata la visione nella città di Cleveland. Anche nell'Italia fascista il film venne bandito e uscì solo all'inizio degli anni settanta; in televisione, invece, dopo essere stato doppiato su richiesta della RAI, fu trasmesso per la prima volta verso la fine degli anni 80 in una trasmissione notturna di Enrico Ghezzi."

Freaks e il Nazionalsocialismo 

Il divieto imposto dalla censura in Germania deve far meditare. Tutte le ciance buoniste sulla cosiddetta "paura verso il diverso" partono da un presupposto erroneo: attribuiscono alle genti dell'epoca un sentire moderno. Peccano quindi di anacronismo. Non esisteva il concetto di "diverso" amato dai buoni e odiato/temuto dai cattivi. Neppure esisteva il concetto tutto moderno di "paura" e "odio" come sinonimi. Esisteva un'idea molto più forte e definita: tutto ciò che deviava dallo standard di individuo sano doveva essere rimosso in quanto errore, difetto, aberrazione. Per quanto portato avanti in modo spietato, il fine ultimo - i moderni se ne stupirebbero molto - era quello di rimuovere dal mondo ogni malattia e ogni sofferenza. L'errore di fondo era l'idea, contraddetta dalla Scienza, di poter eliminare i difetti genetici tramite selezione. Per quanto riguarda i carnefici, numerosissimi, che prosperarono in quel contesto, erano come predatori che dilaniano le loro prede. È una stronzata colossale dire che un lupo attacca e strazia un agnello perché "odia la diversità"

Dato che era propagandato il culto della forza e della perfezione fisica, i mostri di Tod Browning non potevano avere spazio alcuno, neppure nell'immaginario: dovevano in tutti i modi essere tenuti nascosti. Non perché facessero paura, ma perché provocavano disgusto e sdegno. Si credeva, in altre parole, che la semplice vista dei freaks fosse ammorbante e potesse corrompere le menti così come la sifilide corrompe le membra. Quello che più faceva orrore alla dirigenza della NSDAP era di certo il matrimonio tra una donna perfettamente formata e un nano ipofisario. Da questo orrore nasceva la necessità di censurare, per far sì che il popolo non vedesse e non immaginasse la negazione di ogni ideale di salute e di estetica. Proprio in questo tentativo di allontanare la gente dalla realtà e di farla vivere in un mondo che non esiste, si deve cogliere la causa prima della rovina del Nazionalsocialismo tedesco. 



Freaks nel mondo anglosassone

Bisogna tuttavia notare che in America e in Inghilterra il sentire non era poi tanto dissimile da quello della Germania di Hitler. Non a caso la censura si abbatté su Freaks anche negli States e in Albione, terre di radicata tradizione eugenetica e famose per quel calderone di atrocità che era il mondo circense. La crudeltà nel mondo anglosassone era decisamente maggiore di quella in auge nel Reich. Prendiamo per esempio i manifesti teatrali del film che mostrano il seguente commento: "Can a full grown woman truly love a midget?", ossia "Può una donna pienamente cresciuta amare davvero un nanerottolo?" Si noterà il tono di irrisione, sottolineato dall'uso della parola midget, termine dispregiativo che negli USA ha sostituito quasi del tutto l'originaria parola anglosassone dwarf, di nobile e antichissima origine. Credo sia il caso di far notare che il significato principale di midget è "pappataci", "flebotomo". Non male per la nazione che ha imposto al mondo il buonismo politically correct. Anche a costo di apparire impopolare, ritengo che il tremendo fato di irrisione e di disprezzo in un circo di mostruosità fosse qualcosa di ben più orrendo della stessa eliminazione fisica. Se mi trovassi nelle condizioni di scegliere tra essere esibito vita natural durante come un fenomeno da baraccone e ricevere un'iniezione letale, opterei senza esitare minimamente per la seconda soluzione. 

Interpretazione

Questo film mostra l'atroce condizione dei corpi, con gli orridi travagli e le miserie insostenibili a cui sono sottoposti incessantemente. Lungi dall'essere una metafora di fatui concetti partoriti dalle menti nocive degli psicologi, Freaks ci mette davanti agli occhi l'essenza maligna di una Natura tremenda, non soltanto matrigna come da proverbio, ma assassina e torturatrice. La vita è mostrata per quello che è, una mostruosa perturbazione che ha posto fine alla quiete assoluta della Non Esistenza per dare origine a un ricettacolo di dolore e di abominio. Non è la forma del corpo di un essere umano ad avere importanza, perché ogni creatura è maledetta e destinata alla Tenebra. Questo è l'Abisso più nero, in cui non filtra un solo raggio di luce e la speranza è solo una scintilla esigua che esiste all'unico scopo di essere annientata.  

Il fato di Tod Browning

La MGM intendeva battere la concorrente Universal Studios, che aveva registrato incassi da capogiro con Frankenstein di James Whale (1931). Così intendeva realizzare un film horror ancora più terrificante servendosi di Tod Browning, che aveva diretto assieme a Karl Freund il famoso Dracula (1931), interpretato da Bela Lugosi. Tuttavia ben presto la MGM si accorse che il film non destava realmente orrore: gli spettatori provavano disgusto, sdegno e ira. Per il regista fu una spaventosa sconfitta. Diresse ancora altri quattro film. Questi furono Fast Workers (1933), I vampiri di Praga (Mark of the Vampire, 1935), La bambola del diavolo (The Devil-Doll, 1936) e Miracles for Sale (1939). Nel 1942 si ritirò a vita privata nella sua villa di Malibù, nel cui bagno fu trovato morto nel 1962, ben trent'anni dopo l'uscita di Freaks


Curiosità

Il nano tiroideo Angelo Salvatore Rossitto (Angeleno) fu scoperto da John Barrymore ed ebbe una lunga carriera nel cinema, vestendo i panni di nani, pigmei, mostri e persino alieni. Comparve nel controverso Child Bride (1938), oltre che in Alex in Wonderland (1970) e in Dracula vs. Frankenstein (1971). Il suo ultimo ruolo maggiore fu quello di Master in Mad Max - Oltre la sfera del tuono (1985).

Johnny Eck (nato John Eckhardt Jr.) era privo della parte inferiore del corpo fin dalla nascita. In realtà era dotato di zona pelvica e di gambe, anche se tali membra erano atrofiche e inutilizzabili. Aveva grandi abilità di prestigiatore e di animatore di burattini. Visse felice per quarant'anni, poi la visita dei ladri nella sua dimora gli provocò un grave declino cognitivo. 

Peter Robinson, lo Scheletro Umano, era un attore shakespeariano.

Il tetramelico Prince Randian (a volte scritto Rardion o Randion) era un hindu nato nella Guyana Britannica e parlava hindi, inglese, francese e tedesco. Fu soprannominato anche Uomo Serpente (Snake Man) o Bruco Umano (The Human Caterpillar)

Il microcefalo Schlitzie (forse nato Simon Metz) aveva le capacità mentali di un bambino di tre anni. Fu spesso presentato come di sesso femminile o androgino; vestiva abiti femminili lunghi perché più pratici, dato che la sua incontinenza urinaria lo costringeva a indossare il pannolone. Per via della sua forma del cranio fu spesso presentato come "The Last of the Aztecs".  

Etimologia di freak 

Il termine inglese freak ha il significato centrale di "capriccio, cambiamento improvviso d'idea". Il suo uso per indicare un individuo fisicamente anormale passa attraverso la nozione di "cosa inusuale", influenzato poi dalla locuzione latina lusus naturae "scherzo della Natura". Anche in italiano esiste la locuzione "capriccio della Natura". L'origine ultima della parola è molto incerta e più si risale indietro nei secoli, più si registrano slittamenti semantici importanti. Soltanto nel medio inglese era friken "muoversi agilmente", mentre nell'anglosassone era frician "danzare". Secondo alcuni l'origine ultima è la stessa dell'omonimo freak "guerriero, uomo coraggioso" (antico inglese freca), ma la cosa non è affatto sicura.

martedì 15 novembre 2016


IL VILLAGGIO DEI DANNATI

Titolo originale: Village of the Damned
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Gran Bretagna, USA
Anno: 1960
Durata: 77 min
Colore: B/N
Audio: sonoro
Genere: fantascienza, orrore
Regia: Wolf Rilla

Soggetto:
 I figli dell'Invasione, di John Wyndham
Sceneggiatura: Stirling Silliphant
Produttore: Ronald Kinnoch
Fotografia: Geoffrey Faithfull
Montaggio: Gordon Hales
Musiche: Ron Goodwin
Interpreti e personaggi:
    George Sanders: Gordon Zellaby
    Barbara Shelley: Anthea Zellaby
    Martin Stephens: David Zellaby
    Michael Gwynn: Mag. Alan Bernard
    Laurence Naismith: Dott. Willers
    Richard Warner: Harrington
    Jenny Laird: Sig.ra Harrington
    Sarah Long: Evelyn Harrington
    Rosamund Greenwood: Miss Ogle
    Thomas Heathcote: James Pawle
    Charlotte Mitchell: Janet Pawle
    Pamela Buck: Milly Hughes
    John Phillips: Generale Leighton
    Keith Pyott: Dott. Carlisle
Doppiatori italiani:
    Emilio Cigoli: Gordon Zellaby
    Dhia Cristiani: Anthea Zellaby
    Sergio Graziani: Mag. Alan Bernard
    Manlio Busoni: Dott. Willers
    Nino Bonanni: Sig. Harrington
    Wanda Tettoni: Miss Ogle
    Nino Bonanni: James Pawle
    Nino Pavese: Generale Leighton
    Amilcare Pettinelli: Dott. Carlisle 

Trama: 

In una cittadina inglese, Midwich, si manifesta uno strano fenomeno. Gli abitanti sono colpiti dal deliquio, finendo in uno stato di completa incoscienza. Allo stesso modo tutti coloro che entrano nel territorio del borgo perdono i sensi. Dopo alcune ore la gente collassata si riprende e l'evento portentoso si risolve da sé senza mostrare danni di sorta. Due mesi dopo accade qualcosa di veramente strano: tutte le donne dell'abitato sono incinte. Non soltanto quelle sposate, ma anche quelle che non hanno una vita sessuale attiva e persino le vergini. Tutte le donne partoriscono nello stesso giorno. I bambini nati da queste gravidanze hanno le stesse caratteristiche, come se fossero tutti gemelli omozigoti: hanno i capelli color biondo platino e strani occhi dallo sguardo ipnotico. Si sviluppano rapidamente e presto diviene chiaro che sono dotati di poteri telepatici. Comunicano tra loro servendosi del pensiero, hanno una forte coesione di gruppo ed evitano la compagnia degli altri bambini. Gli stessi concetti di empatia e di amore sono loro estranei. Tre anni dopo il professor Gordon Zellaby, la cui moglie Anthea è madre di uno degli bambini telepatici, apprende dalle autorità governative e militari che i portenti di Midwich non sono isolati. Anche in altre parti del mondo si sono verificate nascite dello stesso tipo: tra gli Eschimesi del Canada, tra gli aborigeni australiani e in due diversi luoghi dell'Unione Sovietica, uno in Siberia e l'altro ai confini con la Mongolia. Gli Inuit, le genti native dell'Australia e i Mongoli hanno prontamente sterminato la progenie albina, ritenendola opera di spiriti maligni. Soltanto in Inghilterra e in Siberia ai bambini anomali è stato permesso di sopravvivere. Tuttavia il villaggio siberiano a un certo punto è stato distrutto dai militari con un'arma atomica e l'accaduto è stato fatto passare per un incidente. Le autorità sono giunte a questa risoluzione drastica, dal momento che un precedente tentativo di occupare l'abitato era fallito a causa dell'azione telepatica degli infanti mostruosi, che avevano fatto sì che i soldati si uccidessero a vicenda. L'unica conclusione possibile è che si tratti di alieni. Zellaby, compresa la terribile minaccia, riuscirà a trovare il modo di schermare i propri pensieri alla lettura da parte dei giovani invasori, li radunerà in una scuola e si farà saltare in aria, distruggendoli. Il film si conclude con l'immagine piuttosto grottesca di un grande sciame di occhi luminosi che, liberi dai corpi che avevano generato e occupato, si dirigono verso lo spazio esterno. 

Recensione: 

L'idea portante della progenie aliena parassitaria è geniale e trae la sua origine dall'attenta osservazione della Natura. Non a caso il romanzo da cui Wolf Rilla ha tratto il film, ossia I figli dell'Invasione, di John Wyndham (1957), ha il titolo originale The Midwich Cuckoos, ossia I cuculi di Midwich. Si tratta di una forma di parassitismo sociale. Il cuculo, come tutti ben sanno, depone le proprie uova in nidi di uccelli di altre specie, a cui è lasciato l'onere di allevare la molesta prole. Il pulcino del cuculo si rivela voracissimo, cresce più di quelli degli uccelli che gli danno ospitalità, tanto che a un certo punto li scalza dal nido, provocandone la morte. Anche il mondo degli insetti ha i suoi parassiti sociali, ancor più simili a quelli immaginati da Wyndham. Esiste una vespa della carta, Polistes semenowi, che si insinua nei nidi di altre specie di vespe della carta, come Polistes dominula, soggiogandone la regina e usando il nido per far crescere la propria covata, che è interamente femminile. Questa vespa parassitaria si distingue per gli occhi di un diverso colore, ma ha feromoni simili a quelli degli individui della specie parassitata - il che rende l'inganno perfetto. Allo stesso modo gli alieni del film hanno trovato il modo di far concepire alle donne della cittadina inglese, assumendo così un corpo fisico e crescendo a spese della popolazione locale. L'idea è tanto piaciuta che il film di Wolf Rilla ha avuto un seguito, La stirpe dei dannati (Children of the Damned, 1963), diretto da Anton Leader, e ne è stato fatto anche un remake: Villaggio dei dannati di John Carpenter (John Carpenter's Village of the Damned, 1990). 


I Figli di Savile

Il film si è dimostrato profetico, proprio come il romanzo fantascientifico da cui è stato tratto, I figli dell'Invasione. Infatti Il villaggio dei dannati preconizza la più grande sciagura che abbia colpito l'Inghilterra nel corso dei secoli: l'opera luttuosa del demoniaco Jimmy Savile, il più efferato predatore sessuale vissuto in quella nazione infelice. Egli commise innumerevoli violenze carnali e seminò figli illegittimi fino a riempire il Regno Unito del suo genoma. Anche se prediligeva il vaso escrementizio, lo sperma che colava sui genitali femminili dopo l'atto fu spesso fecondo. I bastardi che ne nacquero nel corso degli anni hanno ereditato l'abominevole genetica di quel figlio di Grendel. Sono riconoscibili dal loro laido sembiante, dagli occhi spiritati e dai capelli chiari, spesso di color biondo platino. Dai pur approssimativi calcoli che ho fatto, risulta possibile che Jimmy Savile abbia procreato almeno un migliaio di figli. La sua mostruosa eredità di Figlio di Caino vive dunque in Albione nei cromosomi di questi rampolli e non si spegnerà di certo. Come non pensare a Wyndham e al film di Wolf Rilla? La cosa non è sfuggita ai malfattori della BBC, che dopo aver coperto per decenni le scelleratezze del DJ, misero in giro la voce che questi si era fatto vasectomizzare e che quindi le sue violenze sessuali dovevano per necessità essere sterili. Non bisogna credere a simili grossolane manipolazioni: è chiaro che hanno il solo intento di insabbiare un grave scandalo. Una cosa è certa. Se dirigessi un remake de Il villaggio dei dannati, lo intitolerei I Figli di Savile.


Partenogenesi e censura religiosa 

Il primo progetto di un film tratto dal romanzo di Wyndham fu portato avanti in America da Ronald Colman nel 1957. La Metro Goldwyn Mayer ha accantonato la produzione perché temeva le ire dei gruppi fondamentalisti cristiani, che avrebbero reagito con furia all'immagine inquietante e negativa della partenogenesi. La cosa è di una tale assurdità da far rimanere di sasso. Se vi sono cristiani che non sanno distinguere tra la nascita di Gesù Cristo e quella di un demonio, significa che a regnare tra loro è un'ignoranza così spaventosa da non avere confini, dal momento che non conoscono neppure la religione che dicono di professare. Non mi risulta che in Inghilterra si siano segnalati simili problemi con una qualsiasi comunità religiosa: sono convinto che l'accantonamento del progetto fosse dovuto in realtà a motivi di diversa natura. Forse gli ashkenaziti della MGM avevano trovato irritante qualcosa nella trama, oppure Colman in qualche occasione aveva detto qualcosa che essi avevano ritenuto degno di vendetta. La cosa non potrà mai essere chiarita. Ronald Colman morì nel 1958 e dopo un anno la sua vedova, Benita Hume, sposò l'attore George Sanders, a cui per mera coincidenza fu assegnato il ruolo del professor Zellaby nel film diretto da Wolf Rilla, di cui pure si menziona l'origine ashkenazita (la sua famiglia fuggì dalla Germania all'ascesa della NSDAP). 

Un surreale fraintendimento

Il film fu proiettato nel Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il primo marzo del 2010, come ricordato da questa pagina: 


Ero presente alla proiezione e sono riuscito a seguire bene il film, pur trovandomi in uno stato di torpore indotto non soltanto dalla stanchezza, ma anche da libagioni di whisky. Come di costume, alla visione è seguita una discussione. In genere non intervenivo, anche perché tra i presenti erano molto popolari idee radical shit che detesto vivamente e non avevo nessuna intenzione di litigare. Del resto, nessuno sospettava nemmeno lontanamente la mia avversione per il concetto di democrazia e il fatto che tra i miei referenti politici ci sia Ezzelino III da Romano. Ricordo ancora che tra le spettatrici se ne levò una a porre una domanda stupidissima. Costei aveva poppato le baggianate di Gad Lerner che ulula alla luna vedendo nazisti dovunque, così chiese se i bambini dai capelli albini del film di Rilla fossero "una manifestazione dell'arianesimo". Pur tra i fumi dell'alcol, trasecolai. "Cosa intende questa gallina?", furono le parole che mi balenarono nel cranio. Intanto la donna provò a spiegarsi farfugliando. Secondo lei quei bambini, tutti uguali e chiari di capelli, avrebbero rappresentato l'ideale genetico della razza eletta teorizzata da Adolf Hitler. Incredibile dictu, col nome di "arianesimo" questa intendeva le dottrine razziali del Nazionalsocialismo tedesco. In realtà Arianesimo è il nome di una confessione religiosa cristiana che afferma la creaturalità di Cristo e la sua non consustanzialità a Dio Padre: il suo nome viene dal prete alessandrino Ario (Arius), che l'affermò per primo. Nulla a che vedere con Hitler! Del resto, sappiamo che i radical shit riducono il Nazionalsocialismo a "quella roba là dei brutti e cattivi che non vogliono l'amico negretto in classe". Dato il bianco e nero del film, la buonista politically correct credeva che i bambini alieni fossero "biondi con gli occhi azzurri", mentre in realtà erano dotati di chiome del color del platino e di occhi abbastanza scuri, che diventavano color ghiaccio quando esercitavano la telepatia. Forse non realizzava un paio di cose molto semplici:

1) In Inghilterra di persone bionde con gli occhi azzurri ce n'è a bizzeffe;
2) L'eugenetica non era tipica soltanto del III Reich, ma anche degli anglosassoni: tuttora ha molti seguaci in America.

Davvero singolare che più tempo passa dalla caduta del Reich più aumenti a dismisura questo strepitare delirante. Dovunque getti lo sguardo si vede propaganda memetica in totale assenza di cognizione di causa.

Una storia anticomunista? 

Appurato che il romanzo di Wyndham non ha nulla a che fare con la Germania di Hitler, dobbiamo riportare una diversa interpretazione ritrovata nel Web nella seguente interessante recensione: 


Secondo l'autore del blog, sarebbe piuttosto evidente che si tratta di una storia tipica della Guerra Fredda, concepita in funzione anticomunista. All'epoca era comune il terrore della minaccia stalinista, con il suo modello di società costituita da atomi privi di personalità individuale, simili a ingranaggi in un meccanismo cartesiano privo di spirito. Di certo è più logico pensare che un romanzo sia ispirato dalla paura del futuro incombente, piuttosto che dalla necessità di stigmatizzare un passato finito da un pezzo. La condanna moralistica di un regime dissolto non insinua quel brivido che solo può provenire da un orizzonte denso di nubi nerissime. Il dubbio tuttavia resta. Anzi, l'idea della fiaba anticomunista non mi convince affatto. Non dimentichiamo che quando si manifesta la progenie aliena nel territorio dell'Unione Sovietica, viene prontamente riconosciuta come una gravissima minaccia e annientata, ricorrendo persino all'arma atomica. A mio avviso questo fatto deve intendersi come un eloquente prova che l'opera di Wyndham non aveva alcuna finalità politica. 

Alcune note su Midwich

A quanto risulta dalle ricerche compiute, non sembra che il villaggio di Midwich esista realmente. Il nome deve essere stato coniato dallo stesso Wyndham con ingredienti tipicamente anglosassoni: il prefisso mid- che sta per middle "medio, di mezzo" come in Midsummer "solstizio d'estate"  (lett. "mezza estate") e l'elemento -wich, che si trova anche in Greenwich e che risale all'antico inglese wīċ "villaggio (fortificato)", prestito dal latino vicus /'wi:kus/ "centro abitato, villaggio". Si noterà che esiste Middlewich nella Contea di Cheshire, il cui nome potrebbe essere servito da ispirazione all'autore. A scanso di equivoci, questi toponimi in -wich non hanno nulla a che vedere con la parola witch "strega": si tratta di un'omofonia fortuita. Così Greenwich è il Villaggio Verde, non la Strega Verde, come invece qualcuno si ostina a credere a dispetto di ogni evidenza.