Visualizzazione post con etichetta religione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta religione. Mostra tutti i post

domenica 20 novembre 2022

UN IMPORTANTE RELITTO LONGOBARDO: MARCOLFA 'PIETRA APOTROPAICA'

Le marcolfe, dette anche margolfe, sono pietre apotropaiche a forma di volto, collocate sulle architravi delle porte, sulle pareti delle case o sulle fontane. In molti casi questi volti hanno un'espressione minacciosa, con occhi dilatati e denti che sporgono, mentre in altri invece sono impassibili o contorti in ghigni grotteschi. Il loro scopo, nel sentire popolare, era quello di custodire i luoghi, tenendo alla larga streghe, spiriti maligni e nemici. Le marcolfe sono particolarmente diffuse nelle zone appenniniche tra Toscana, Emilia Romagna e Liguria, ma se ne trovano anche altrove. 

Anche se l'uso di scolpire questi bizzarri manufatti è certamente antichissimo e precristiano, con ogni probabilità risalente ai Celti (basti pensare al culto dei crani), il loro nome è di chiara origine longobarda. Molte marcolfe risalgono al Basso Medioevo, per lo più dal XIII al XV secolo, ma se ne trovano anche di più recenti, dato che la tradizione non si è mai del tutto interrotta. Si segnala l'opera di Gionata Orsini, un moderno scultore di Fanano, nel Frignano, molto impegnato nel dare forma a queste teste petrigne. A quanto ho potuto apprendere nel corso dei miei studi, le marcolfe sono anche chiamate "mummie", anche se non mi è chiaro il motivo di questa denominazione. 



Etimologia: 

Protogermanico: *markō "confine", "regione", "area"
Protogermanico: *wulfaz "lupo" 



Composto: 

Protogermanico: *markōwulfaz 
Significato: lupo dei confini, i.e. custode dei confini 

Esiti longobardi: *marchulf, *marcholf 
    Forme plurali: *marchulfos, *marcholfas 
    Esiti romanzi: marcolfa, margolfa 
N.B. 
Si è avuta una reinterpretazione, del tutto naturale, delle forme plurali longobarde intese come forma singolare femminile, in origine di significato collettivo. 

La terribile Marcolfa

Notiamo subito che la designazione delle pietre antropomorfe descritte richiama un nome di persona femminile ormai rarissimo e ignoto ai più. Marcolfa è un personaggio immaginario, moglie di Bertoldo, madre di Bertoldino e nonna di Cacasenno. Donna molto rude ma di grande saggezza, è protagonista di due racconti di Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550 - Bologna, 1609): 

1) Le sottilissime astuzie di Bertoldo
2) Le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino

Questi racconti sono stati raccolti nel 1620 nel volume Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, con l'aggiunta dell'ulteriore seguito, Novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino, scritto da Adriano Banchieri. Le vicende ebbero poi diverse trasposizioni cinematografiche; nella più celebre, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, diretta da Mario Monicelli nel 1984, i panni di Marcolfa erano vestiti da Annabella Schiavone. È quel film con un Ugo Tognazzi particolarmente grottesco eppur massiccio, per non parlare del figlio di Maurizio Nichetti che fa appena in tempo a nascere e già smerda tutti, a partire dal Re: ricordo ancora le scariche di diarrea in faccia dell'esterrefatto Lello Arena! 

Origini dei nomi Marcolfo, Marcolfa 

Ora presento il problema. Giulio Cesare Croce, vissuto in epoca prescientifica, ignorava tutto sulla lingua dei Longobardi. Si cullava nell'illusione che Alboino (circa 530 - 572) parlasse italiano - basti pensare all'epitaffio di Bertoldo - oppure una lingua galloitalica non diversa da quelle di uso corrente nell'Italia Settentrionale nel XVI secolo. Ignorava del tutto l'esistenza di una lingua germanica che era stata portata da Nord e che continuava nel suo sacrosanto uso. Sarebbe andato vicino al vero se avesse affermato che Alboino parlava todesco. Quello che lo scrittore non poteva immaginare è che non esiste un formante antroponimico femminile -olfa derivato dal maschile -ulf, -olf, che invece è ben documentato da innumerevoli esempi e significa "lupo" (dal protogermanico *wulfaz). Eppure la forma femminile di Marcolfo esisteva già prima di Croce e in particolare era presente in area alto tedesca. Come spiegare la cosa? Possiamo soltanto dedurre che l'antroponimo femminile Marcolfa è stato derivato a partire da quello maschile come forma secondaria. 

Attestazioni in antico alto tedesco: 

Markulf
Marculf (*),
Marculph (*), 
Markolf
Marcolf (*),
Marcholf (*), 
Markholf (**)

(*) 
Förstemann, 1856.
(**) Arcivescovo di Magonza (1141 - 1142). 

Significato:
Lupo dei Confini, i.e. Colui che custodisce i confini 

Forme latinizzate: 

Marculphus,
Marcolfus 

Forma femminile: 

Marculpha 
(derivata dal maschile Marculph)
N.B.
Il significato non è "Lupa dei Confini" o "Colei che custodisce i confini", bensì "(Che è come) Marcolfo", "(Simile a) Marcolfo".

Natura dell'antroponimo:
apotropaica 

Per far comprendere meglio il menzionato problema del femminile, basti menzionare che il nome germanico della lupa è molto diverso e non è usato come formante antroponimico. 

Protogermanico: *wulbī / *wulgī 
Significato: lupa 


Brevi note agiografiche 

San Marculfo (circa 500 - 588) era un abate franco, festeggiato il 1° maggio. Monaco ed eremita, fu quindi abate di Nantus e di Cotentin. Le sue reliquie furono traslate a Corbeny, in Normandia, e in seguito usate per l'incoronazione dei re di Francia. 

Marcolfo: origini del personaggio grottesco

Il Dialogus Salomonis et Marcolphi (Dialogo di Salomone e Marcolfo) è una novella medievale satirica, derivata dal ciclo salomonico e di antica tradizione: nel Decretum Gelasianum (VI secolo) era già presente nella lista dei testi apocrifi e proibiti un'opera di argomento simile, menzionata come Scriptura quae appellatur Salomonis Interdictio. Il testo in latino della novella risale al XII secolo ed è scritto nel pungente e scurrile stile dei clerici vagantes. Questo è l'incipit:  
 
«Cum staret rex Salomon super solium David patris sui,
plenus sapiencia et divicijs,
vidit quendam hominem Marcolfum nomine
a parte orientis venientem,
valde turpissimum et deformem, sed eloquentissimum.
Uxorque eius erat cum eo,
que eciam nimis erat terribilis et rustica.» 

«Il re Salomone, sedendo sul trono di Davide suo padre,
colmo di sapienza e di ricchezze,
vide un tale individuo di nome Marcolfo
che giungeva da oriente,
davvero orribile e deforme, ma tanto loquace.
E la moglie di questi era con lui,
ed anch'essa era davvero terribile e rozza.» 


Le testimonianze sono tuttavia più antiche e risalgono al X secolo. Il dottissimo abate Notkero III Labeone di San Gallo (circa 950 - 1022) fa menzione del grossolano ma furbissimo Marcolfo: 

«Vuaz ist ioh anderes daz man Marcholfum saget sih éllenon uuider prouerbiis Salomonis?
An diên allen sint uuort scôniû, âne uuârheit.» 

«Cos'è mai ciò che Marcolfo argomenta contro i proverbi di Salomone?
Null'altro che belle parole senza verità alcuna.» 
N.B.
I nomi propri maschili avevano spesso terminazioni latine anche in testi in antico alto tedesco della Germania, proprio come nelle attestazioni longobarde!   

Risulta evidente che questo Marcolfo altri non è che il prototipo del Bertoldo di Giulio Cesare Croce (e di Monicelli). L'opera medievale era però ben più interessante: parlava di eruttazioni dal culo! 

Salomon: Benefac iusto, et invenies retribucionem magnam ; et si non ab ipso, certe a domino.
Marcolfus: Benefac ventri, et invenies eructacionem magnam ; et si non ab ore, certe a culo.

Come si può vedere, il Signore finiva con l'essere contrapposto al deretano! 
Il Croce, piuttosto pudibondo e forse temendo processi per eresia, si è dato da fare per "ripulire" ogni traccia di escrementi e di volgarità dal testo mediolatino. Inoltre ha cambiato la sua ambientazione, sostituendo Salomone con il grande Re dei Longobardi, Alboino. Dei due cambiamenti appena citati, gradisco poco il primo, mentre sono entusiasta del secondo. 
Ne discende in italiano letterario la voce marcolfo "persona rozza e ignorante". 


Un paio di strani esiti 

Troviamo, in area tedesca, anche due varianti molto problematiche di Markulf, prive di ogni traccia di consonante occlusiva velare: Marolf, Morolf. Un poemetto tedesco databile al 1190 circa si intitola Salman und Morolf. Con ogni probabilità è un altro antroponimo, Marwolf, il cui primo elemento è l'antico alto tedesco mâri "famoso". La confusione con Markulf potrebbe essere dovuta a ragioni superstiziose. Mi propongo di indagare meglio la cosa in successivi approfondimenti. 

Curiosità 

Dario Fu, pardon, Dario Fo, nel 1958 scrisse La Marcolfa, commedia in unico atto. Narra la storia di una donna brutta e povera, che di colpo viene chiesta in sposa da un gran numero di signorotti, convinti che lei sia in possesso di un biglietto vincente della lotteria. 

Conclusioni 

Il nome delle marcolfe, pietre apotropaiche, in ultima analisi ha la stessa etimologia degli antroponimi Marcolfo e Marcolfa, derivando dallo stesso composto protogermanico, tuttavia tramite diverse trafile che ne spiegano le peculiarità morfologiche.

martedì 8 novembre 2022

ETIMOLOGIA DI MAMBO

La parola mambo, che indica un tipo di danza, si è diffusa con questo significato dallo spagnolo di Cuba. In ultima istanza deriva dal creolo haitiano manbo "sacerdotessa voodoo", ossia "colei che parla con i morti". Ora si deve indagare l'origine di questo termine religioso, chiaramente importato dall'Africa con il traffico degli schiavi.

1) L'ipotesi più accreditata è che il vocabolo haitiano derivi dallo Yoruba mambo "parlare". La lingua Yoruba, parlata principalmente nella Nigeria sud-occidentale e in parti del Benin e del Togo, appartiene al gruppo delle lingue Volta-Niger, parte della famiglia delle lingue Niger-Kordofaniane. 
2) C'è anche la possibilità che derivi dal Fon nanbo "madre degli spiriti". Questa parola può avere la stessa origine di quella Yoruba sopra riportata, con il significato originario di "colei che parla (agli spiriti)". Coma lo Yoruba, anche il Fon appartiene al gruppo delle lingue Volta-Niger. 
3) Una terza teoria vuole che derivi invece da una lingua della famiglia Bantu, il Kikongo, in cui màmbu "conversazione, negoziazione rituale" è il plurale di diàmbu "parola". Le lingue Bantu, anche dette lingue Niger-Congo B, funzionano tipicamente tramite un complesso sistema di prefissi. 

Come si può ben capire, il problema non ammette una facile soluzione. Servirebbe una competenza specifica nelle lingue africane in questione, che sono tra loro molto diverse. Sono incline a preferire l'etimologia 1) dallo Yoruba, vista l'enorme importanza di questa lingua nella formazione di diverse religioni afroamericane: il Voodoo (Voudou, Voudoun) e la Santería nella regione caraibica e il Candomblé in Brasile. 

La lingua Lucumí 

La lingua Lucumí consiste in un lessico di parole e brevi frasi derivate dalla lingua Yoruba e utilizzate per scopi rituali a Cuba, nella Repubblica Dominicana, a Porto Rico e nelle diaspore che ne hanno avuto origine. Lo Yoruba è una lingua tonale. Questo significa che il tono delle sillabe è una caratteristica distintiva essenziale e "non negoziabile".  Nel Lucumí non si trova traccia di aspetti tonali. La fonetica è stata influenzata da quella dello spagnolo. Il lessico presenta tracce di influenze di lingue Bantu e Fongbe, parlate da altri africani ridotti in schiavitù, che vivevano in prossimità di parlanti Yoruba nelle Americhe

Riporto un breve glossario Lucumí: 

abadú "grano" 
abako "cucchiaio"
afefé "vento" 
agua "lingua" 
ako "barca" 
ala "sogno"
ala "vestito bianco" 
alabusa, alubosa "cipolla"
alaguedé "fabbro" 
aná "strada" 
ara, ará, airá "tuono" 
ará "corpo" 
ará "gente" 
arun, aroano "malattia" 
arún, marún "cinque" (5)
asho "vestito"
awá "mano"
awó "segreto" 
ayá "cane" 
ayanmó "destino" 
ayapá "tartaruga" 
ayé "mondo" 
babá "padre" 
batá "scarpe" 
bobo, gbogbo "tutto"; "molti", "numerosi" 
boná, oboná "caldo" 
dide "sorgere" 
dudú "nero", "scuro" 
ebbó "sacrificio prescritto" 
efá, mefá "sei" (6) 
egué "erbe"; "foglie" 
eran "carne" 
eñe "dente" 
eñí "uovo" 
eri, eyi "dente" 
erín, merín "quattro" (4) 
esán "nove" (9)
eta, meta "tre" (3) 
euré, auré "capra" 
ewá, mewá, mékwa "dieci" (10) 
eyá "pesce" 
eyé "sette" (7)
eyelé "piccione"
eyí, eye "sangue" 
eyí, méyi "due" (2)
eyó "otto" (8) 
gua "venire" 
gunu "lungo"
ibeyí "gemello", "gemelli" 
ida, ide "spada"
ikú "morte" 
ilé "casa"; "terra", "paese" 
ilé ikú "cimitero" 
ilú "tamburo" 
imo "bocca" 
imu, onó "naso" 
iñá "fuoco" 
iraguo "stella"
iré "buono" 
iró "capelli" 
irón "sentiero" 
isé "piede"
iyá "madre" 
kekeré, kukurú "piccolo"
kuinu "dieci" (10) 
malú "vacca"
moguá "io rompo" 
mochinche "io lavoro" 
modukue "io ringrazio" 
moforibale "saluto con inchino"
    (davanti agli Anziani o agli Dei) 
mojuba "insieme di preghiere"
    (durante le cerimonie per venerare gli Anziani e gli Dei)
ochúpa "luna" 
obá "re"
obini "donna"
ofú "dare" 
ogún "venti" (20)
okán "fegato"
okán "uno" (1) 
olo "proprietario" 
ologbo "gatto"
oma "bambini"
omi "acqua" 
omi tuto "acqua fresca"
onú "collo"
onukú "ginocchio" 
oñi, oyín "miele"
opá "uccidere" 
Orisha "entità spirituale" 
orú, orún, onó "sole" 
osorbo, osobbo "sfortuna", "cattiva fortuna" 
otá "pietra" 
otá "nemico" 
oyó "occhio"
panchaga "prostituta" 
pupua "rosso"
tito "nuovo" 
urú "coda" 
yeun "mangiare"

Obanla e, obanla dide! "O grande Re, grande Re, sorgi!"
un lo "sta andando via" 




Mambo number 5 

Qui in Italia tutta la conoscenza della parola mambo è limitata a un motivetto che nel 1999 è stato una specie di tormentone. Il brano è Mambo no. 5 (A Little Bit Of...), di Lou Bega. Questo è il ritornello:

A little bit of Monica in my life
A little bit of Erica by my side
A little bit of Rita's all I need
A little bit of Tina's what I see
A little bit of Sandra in the sun
A little bit of Mary all night long
A little bit of Jessica, here I am
A little bit of you makes me your man (ah)

Mambo Number Five (ah) 

Sentendo queste note così sensuali, nessuno ha pensato per un solo attimo a rituali tenebrosi di evocazione degli spiriti dei morti, a parte me! 

domenica 6 novembre 2022

ETIMOLOGIA DI MILONGA

La parola milonga fa parte del lessico del tango. Ricordo che L., un'affascinante tanguera dalle chiome corvine, ai tempi di Splinder amava farsi chiamare Dark Lady della Milonga. Era una delle pupe che mi ispiravano in modo particolare. Milonga. Già all'epoca mi interrogai sulle origini di quel bizzarro vocabolo. Sono passati molti anni e mi sto avviando al declino, ma la passione per i miei studi sui misteri delle lingue non mi abbandona mai. Sono deciso a far luce su questo mistero. Per fortuna non è un caso troppo difficile ed è mia intenzione approfondirlo.    

Partiamo dai dati relativi alla lingua spagnola dell'Argentina:  

milonga 
forma plurale: milongas 
significato: 
 1) una forma di musica originaria dell'Argentina, Uruguay e Brasile meridionale 
 2) un ballo che accompagna questa musica 
 3) una sala da ballo in Argentina, che ha preceduto il tango nei primi anni del XX secolo 
 4) chiacchierio (*)

(*) Questo significato è considerato come "popolare".

termini derivati:
milonguero (per i non ispanofoni, gu- suona come la g- di gatto

La stessa voce milonga (plurale milongas) si ritrova in portoghese, con i significati 1), 2) e 3) della corrispondente voce spagnola; manca invece il significato 4) "chiacchierio". Il derivato è milongueiro


Molti si contenteranno di dire che è una parola spagnola e che tutto finisce lì, ma dovrebbe essere a tutti evidente che non è germogliata nella penisola iberica! Infatti è di origine africana, come molte parole che comprendono i gruppi consonantici -ng--mb-

Si può facilmente comprendere che il significato più antico è proprio "chiacchierio". 

La Wikipedia in inglese, più approfondita della versione in italiano, riporta quanto segue (i grassetti sono miei):
 
Borrowed from Spanish milonga, in turn from Brazilian Portuguese milonga (“chant”). Theories connect the word to the nineteenth century slave trade between South America and Africa. The ultimate source is unknown, but may relate to Kimbundu mulonga (“word”), or Kongo nlonga or Punu mulonga (“line, row”) in reference to dancers.  

Traduzione: 

Preso a prestito dallo spagnolo milonga, a sua volta dal portoghese brasiliano milonga "canto". Alcune teorie connettono la parola al commercio degli schiavi del diciannovesimo secolo tra il Sudamerica e l'Africa. La fonte ultima è sconosciuta, ma può essere connessa al Kimbundu mulonga "parola", al Kongo nlonga o al Punu mulonga "linea, riga", con riferimento ai danzatori. 

Il Kimbundu è una lingua Bantu parlata in Angola nelle regioni di Luanda, Bengo e Malanje dalle popolazioni Mbundu. Attualmente ha circa 2 milioni di locutori. Il popolo Mbundu si divide in 11 sottogruppi, ciascuno con il proprio dialetto: Ngola, Dembo, Jinga, Bondo, Bângala, Songo, Ibaco, Luanda, Kibala, Libolo e Kissama. La deportazione di schiavi di tali regioni ha fatto sì che la lingua Kimbundu si radicasse in Brasile, dando origine a prestiti lessicali nel portoghese locale (uno dei più noti è samba). A seguito di una ricerca sull'argomento, ho potuto appurare che la parola mulonga, di cui milonga è la forma plurale, non ha semplicemente il significato di "parola" (come parte del discorso, etc.). Indica nello specifico una parola dotata di potere o di forza magica. Le traduzioni possibili sono, a seconda del contesto di utilizzo, molto varie, includendo "argomento", "ragioni", "causa legale", "processo", "maledizione", "calunnia", "offesa", "voce, pettegolezzo" e persino "colpa". Può anche tradursi con "parola magica", "incantesimo". In inglese, più che con "word", si dovrebbe glossare mulonga con "spell", "course". 
Esisteva un autentico terrore superstizioso della mulonga, che potevano legare le persone e privarle di qualsiasi barlume di volontà, riducendole in pratica a zombie.  
Ecco quanto riporta nel suo rapporto Fernão de Sousa, Capitano Generale del Regno di Angola dal 1624 al 1630 (i grassetti sono miei): 

[Njinga] prese a temporeggiare con messaggi che lei mi mandò, e i suoi macunzes, sulla loro via del ritorno, in questa città come nelle terre dei sobas lungo cui essi passarono, persuasero i nostri schiavi e i nostri soldati neri, che essi chiamano quimbares, che sarebbero dovuti andare da lei, e che lei avrebbe dato loro terra da lavorare e per viverci perché era meglio per loro essere signori nativi che nostri schiavi; e con questi messaggi, che essi chiamano milongas, lei ha una tale influenza su di loro che interi senzalas [villaggi] accorrono a lei.

E ancora: 

"Vestirsi" è una moda che è stata introdotta per chiedere ai sobas per pezzi [schiavi] nel seguente modo: i governatori mandavano un macunze, che è un ambasciatore, con una quantità di abiti di seta, empondas [abiti] e farregoulos, che è il vestito dei negri, e questo macunze diceva ad ogni soba che egli era il macunze del governatore e che egli veniva a cercare il loanda [tributo], e siccome i macunzes erano sempre persone ben istruite per questo affare, essi spogliavano ciascun soba del meglio che potevano, obbligandoli con pratiche che chiamavano milongas per dare al governatore, al macunze, all'interprete e ai loro compagni, il [numero di] schiavi che non potevano [realmente permettersi] di dare.

Come si può ben vedere, il termine Kimbundu mulonga può benissimo essere tradotto con "ricatto", "estorsione", "convincimento magico", "pressione", "minaccia". Se volessimo tradurre in Kimbundu concetti mafiosi come "pizzo", "omertà", "proposta che non si può rifiutare", "racket" e simili, dovremmo usare la parola proprio la parola mulonga

Il Punu è una lingua Bantu parlata nella Repubblica del Gabon e nella Repubblica del Congo; nel 2007 aveva 166.000 locutori. In Punu esiste la parola mulonga, che significa "linea, riga". Come conciliare questo significato con quello che ha in Kimbundu? Potrebbero essere parole di etimologia differente, simili soltanto per omofonia fortuita. Tuttavia non lo credo. Non si tratta di un riferimento ai danzatori messi in fila, bensì alla parola di comando che mette gli uomini in riga. 

Il Kikongo è una lingua Bantu parlata dalle popolazioni Bakongo che vivono in Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo, Angola e Gabon. Nel 2021 contava 6 milioni di locutori.  
Questi sono alcuni dati della lingua Kikongo, che penso siano di grande interesse: 
longa "avvisare" 
    (glossa portoghese: advertir) 
longa, longela "consigliare"
    (glossa portoghese: aconselhar) 
longa, longoka "addestrare, insegnare"
    (glossa portoghese: adestrar) 
longa "castigare" 
    (glossa portoghese: castigar) 
lóngakana "incline all'istruzione"
    (glossa inglese: prone to instruction) 
longi "avvertimento" 
    (glossa portoghese: advertência) 
n'longa "coda (di persone)", "fila" 
    (glossa portoghese: bicha, fila) 
muna n'longa "carriera"
   (glossa portoghese: carreira) 
tinin'longa "paragrafo" 
   (glossa portoghese: alínea) 
n'longi "insegnante", "predicatore"
    (glossa inglese: teacher, preacher;
     glossa portoghese: adestrador)
n'longoki "accolito"
    (glossa portoghese: acólito) 
nwika n'longo, vana n'longo "amministrare" 
    (glossa portoghese: administrar) 

Penso che tutto ciò sia sufficiente a dimostrare che ho ragione a supporre che la parola Kimbundu mulonga, la parola Punu mulonga e la parola Kikongo n'longa derivino da una protoforma comune.

Il Lingala è una lingua Bantu parlata nel nordest della Repubblica Democratica del Congo e nel nord della Repubblica del Congo. Nel 2021 aveva circa 20 milioni di locutori. In Lingala esiste la parola malongá "corretto, esatto". Ecco il bandolo della matassa!  
Possiamo così tracciare la catena degli antichi slittamenti semantici: 

corretto, esatto => 
cosa corretta, cosa esatta => 
   parola corretta => insegnamento, consiglio, avvertimento,
      etc.  
   parola corretta => parola magica, etc.   
   correggere => mettere in riga => riga, fila

Riporto una curiosità sull'opera di Robert E. Howard (1906 - 1936). Lo stregone amico del puritano Solomon Kane si chiama N'longa e si può comprendere che il suo nome non è stato inventato dal nulla, visto che ha un significato pertinente al personaggio. Egli è "Colui che Insegna". Si dovrebbe smettere di assorbire passivamente i libri senza mai domandarsi quale sia l'origine dei nomi! 

Sviluppi nel Nuovo Mondo: 

Importato in Brasile e in Argentina, il vocabolo Kimbundu ha avuto un indebolimento semantico: la forma plurale milonga è passata a significare "parole (comuni)", quindi "chiacchierio". 

Una pseudo-etimologia fuorviante: 

Addirittura il prestigioso Vocabolario Treccani attribuisce l'origine della parola milonga a una lingua indigena del Brasile, senza specificare quale sarebbe (!). Riporta soltanto questo: 

[da una voce indigena del Brasile nord-orient.] 


Non ci volevo credere, eppure è così. La superficialità in un contenuto tanto folle in una fonte autorevole mi fa restare di ghiaccio, come le scorregge del Boccaccio. 

Conclusioni: 

Questo è un raro caso in cui si riesce a risolvere un problema etimologico. 

lunedì 31 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DELL'INGLESE AMERICANO PIZZAZZ 'ENERGIA', ''VIGORE'

Le parole gergali usate nell'inglese d'America sono per me fonte di continuo stupore e di sempre rinnovato interesse. Per pura e semplice serendipità, sono riuscito a scovarne una particolarmente strana:   

pizzazz 
Pronuncia: /pɪ'zæz/ 
Varianti: pizazzpizzazpazazzpazzazzpzazzbazazzbezazzbizazzbizzazz  
Uso: sostantivo 
Significato: 
  1) energia, vigore 
  2) vitalità 
  3) qualità eccitante 
Derivati: pizzazzy, pizazzy "caratterizzato da energia, vitalità, etc."; ''che esibisce energia, vitalità, etc." 
Contesto: mondo della moda 
Prima attestazione nota: 1912 
Diffusione del termine: Anni '30 del XX secolo 

Riporto alcune attestazioni per anno (i grassetti sono miei). Sono tutte prese da quotidiani ripugnanti che valgono meno della carta igienica usata! 

Brother Russel declared, bo, that his crowd had already framed it up with some of the big guys in the music world to put the kibosh on this line of junk, and that it was only a question of time before they would have such pieces as "When I Get You Alone Tonight" completely on the pizzazz
(1912) 

Pizazz, to quote the editor of the Harvard Lampoon, is an indefinable dynamic quality, the je ne sais quoi of function; as, for instance, adding Scotch puts the pizazz into a drink. Certain clothes have it, too. 
(1937) 

There's pizazz in this rust evening coat, swinging wide in back, jutting crazily over the shoulders, clasped with a cord at the throat.
(1937)

Classified as a lover with a certain pizzazz / And you might even call it razzamatazz. 
(1979)

Who says a beer can't be exciting, folks. Let me tell you something, folks, this here little can has got more oomph! More pazazz! More body than Mae West any day!
(1979) 

With his miner's helmet in one hand, a white towel in the other, [Mario] Sepúlveda began to dance. He spun with the gusto and pzazz of a huaso, a Chilean cowboy.
(2011) 

Driven by legalized gambling, many of the [Las Vegas] strip's motels had morphed into giant hotels with gambling floors and night clubs and surrounded by large parking lots. Closeness to Hollywood (with its fantasy world of entertainment bizazz) influenced strip architecture.
(2011)

Nah brov … nah brov … you see ultimately … without reason … without technique … without – pazzazz … one is sure to get, left behind …
(2012) 

I don't think bezazz was the particular specialty of my mother … That's right cement and gravel, Chicago. Nice girl I'm told … but more in the line of barns than bezazz. Of course I never really knew her.
(2013) 

As they prepare for Sunday's telling match with Newcastle, Southampton are 12th in the table and their new manager, Mauricio Pellegrino, has introduced such pizzazz that they have mustered five goals in seven league matches.
(2017) 

Per maggiori informazioni sull'origine dei futili e irritanti testi, rimando al Web: 



Proposte etimologiche:

Esistono, per così dire, due scuole di pensiero a proposito dell'etimologia di pizzazz

1) L'origine di pizzazz è dai dialetti dell'Italia Settentrionale, in cui bizzo significa "morso". La parola bizzo è di chiara etimologia longobarda, così come lo è pizza, che in origine significava "boccone" - cfr. antico alto tedesco bîʐan, pîʐan "mordere", pizzo, pizo "morso; boccone"; tedesco moderno beißen, beissen "mordere", etc. Agli inizi del XX secolo, l'uso gergale di bizzo descriveva l'aggiunta di liquore a una bevanda analcolica. Aggiungere il bizzo a qualcosa significava così "dare forza, vigore". In italiano standard potremmo tradurre la parola con "mordente". Un Cuba Libre ha mordente, mentre la semplice Coca Cola non ne ha. Questo è lo slittamento semantico ricostruibile: 

"morso" => 
"mordente", "aggiunta di un alcolico" => 
"energia", "vigore". 

Inoltre deve essere postulato un suffisso accrescitivo/peggiorativo -azzo

bizzo + -azzo = *bizzazzo 

Resta la difficoltà fonetica: sia bizzo che il suffisso -azzo hanno una consonante affricata sorda /tts/, come in cazzo e in mazzo. Non è molto plausibile un suo passaggio alla fricativa sonora /z/ che si trova in pizzazz (è la -s- di rosa). 

2) L'origine di pizzazz è dall'ebraico פזז /pa:'zaz/, che significa "essere agile, veloce" e servirebbe a descrivere l'entusiasmo. Questo è lo slittamento semantico ricostruibile: 

"essere agile, veloce" => 
"vivace", "energico" => 
"cosa vivace", "cosa energica" => 
"energia", "vigore". 

Non sussistono difficoltà fonetiche, dato che il fonema /z/ della parola ebraica è lo stesso che troviamo nella parola gergale inglese. Tuttavia sembra che la semantica sia soddisfacente. Innanzitutto, la parola ebraica פזז è un verbo, per cui si dovrebbe postulare il passaggio prima ad un aggettivo e poi a un sostantivo indicante una qualità. Inoltre la parola ebraica פזז è rara: ricorre due volte soltanto nelle Scritture e denota un tipo di abilità fisica, probabilmente l'agilità. Il Patriarca Giacobbe che le braccia di suo figlio Giuseppe erano agili (Genesi 49:24) e quando Michal vide Davide ballare ed essere agile mentre portava dentro l'Arca dell'Alleanza, lo disprezzò nel suo cuore (2 Samuele 6:16). Esiste anche un altro verbo omonimo פזז /pa:'zaz/, che ricorre soltanto una volta in 1 Re 10:18, ma con un significato del tutto dissimile (e incerto), secondo alcuni "raffinare, purificare", detto dell'oro, secondo altri "solidificare". È estremamente difficile credere che una parola biblica rara e in ogni caso di traduzione incerta possa aver dato origine a una parola gergale in inglese americano. Forse siamo di fronte a uno scherzo escogitato da un rabbino interessato sia agli studi biblici che al mondo della moda? 


Conclusioni: 

Pur apparendo molto verosimili e ragionevoli, entrambe le proposte etimologiche reperibili nel Web presentano problemi notevoli, quasi insormontabili. Questo caso difficile potrebbe rimanere irrosolto ancora per molto tempo.

domenica 28 agosto 2022


LA GIUSTIZIA PRIVATA
DI UN CITTADINO ONESTO 

Titolo originale: 
Sunday in the Country 
AKA: Blood for Blood; Vengeance is Mine
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Regno Unito
Anno: 1974
Durata: 93 min
Colore: Colore 
Rapporto: 2,35 : 1
Genere: Poliziesco, drammatico, thriller
Regia: John Trent
Soggetto: David Main
Sceneggiatura: Robert Maxwell, John Trent
Produttore: David Perlmutter
Produttore esecutivo: Peter James
Casa di produzione: Impact Films, Quadrant Films,
     Canadian Film Development Corporation
Fotografia: Marc Champion
Montaggio: Tony Lower
Effetti speciali: John "Bud" Cardos
Musiche: Paul Hoffert, William McCauley
Scenografia: Milt Parcher
Trucco: Ken Brooke
Interpreti e personaggi: 
    Ernest Borgnine: Adam Smith
    Michael J. Pollard: Leroy
    Hollis McLaren: Lucy
    Louis Zorich: Dinelli
    Cec Linder: Ackerman
    Vladimír Valenta: Luke
    Al Waxman: Sergente
    Tim Henry: Eddie
    Murray Westgate: Conway
    Ralph Endersby: Timmy Peterson
    Susan Petrie: Jennifer Logan
    Ratch Wallace: Poliziotto 
    Mark Walker: Pattugliatore stradale
    Gary Reineke: Pattugliatore stradale 
    Eric Clavering: Capostazione 
    David Hughes: Pastore 
    Franz Russell: Fedele 
    Ruth Springford: Fedele 
    Alan King: Fedele 
    Laddie Dennis: Fedele 
    Joan Hurley: Fedele 
    Winnifred Springett: Fedele 
    Jonathan White: Fedele 
    Carl Banas: Annunciatore radiofonico  
Doppiatori italiani: 
    Sergio Fiorentini: Adam Smith
    Vittorio Stagni: Leroy
    Luciano De Ambrosis: Dinelli
    Arturo Dominici: Ackerman
    Glauco Onorato: Luke
    Manlio De Angelis: Sergente 
Titoli in altre lingue: 
   Spagnolo: Domingo sangriento 
   Svedese: En stilla blodig söndag 
   Serbo: Nemirna nedelja  

Trama: 
Tre rapinatori di banche fuggono e si inoltrano nelle zone rurali dell'America dopo aver assaltato una banca locale. I feroci delinquenti uccidono una giovane coppia, poi cercano rifugio a casa di un contadino solitario, Adams Smith, che vive  con la nipote biondiccia Lucy. I malviventi contano sulla sorpresa, ma l'uomo ascolta la radio ed è preparato al loro arrivo. Ne abbatte subito uno con una fucilata, quindi incatena gli altri due, li colloca su un mucchio di letame fumante e li tiene sotto tiro. Non potendo lasciare semplicemente che la Legge dello Stato faccia il suo corso, con tutte le inefficienze del caso, decide di portare i due banditi nella sua cantina e di sottoporli a tortura. Il suo piano è semplice: farli soffrire atrocemente e poi impiccarli con le catene fino al soffocamento. Il problema è che Lucy continua a fare "gnè-gnè-gnè", così lui trascina i banditi fuori dalla cantina e ne ammazza uno con una fucilata. Purtroppo non gli riesce di eliminare anche l'altro, un idiota dal ghigno odioso come un pupazzetto di smegma. Infatti arrivano i poliziotti, che non sospettano nemmeno di striscio delle esecuzioni sommarie avvenute nella fattoria, così caricano il grassatore superstite sull'auto e se ne vanno. 

Citazioni: 

"Non capita tanto spesso di poter sparare a tre faine così da vicino!"
(Adam Smith) 

Tagline: 

- "Adam Smith thinks the law is too kind to killers."
- "Suddenly, on a peaceful Sunday in the country, one man was forced to defend his home and his family!"
- "Not since Peckinpah's STRAW DOGS has the screen exploded with such righteous vengeance."
- "A Quiet Title for An Explosive Movie." 


Recensione: 
Questo posso dire per certo: Sunday in the Country mi è talmente piaciuto che non vedevo l'ora di approfondire le opere del regista John Trent. Purtroppo mi sono dovuto rendere conto che questo cineasta, risultato di nazionalità canadese, non è stato molto prolifico. Per fortuna una gemma fulgida è riuscito a produrla!  
Il film evita con cura e in modo inatteso di procedere nelle direzioni più ovvie e stupide; questo non è la tipica storia di un'invasione domestica a cui siamo abituati da anni di martellamento televisivo. L'eroico protagonista, massiccio e incazzato, sembra sempre meno stabile mentalmente, con una progressione graduale verso la pura macelleria. Sublime! La pellicola, girata nelle zone rurali più impervie ed arretrate dell'Ontario, beneficia della sua ambientazione tagliata fuori dal mondo moderno e postmoderno. 
Borgnine è eroico e robustissimo! Hollis McLaren interpreta a meraviglia il ruolo della decerebrata frignona, che somma in sé le scorie del sistema scolastico, fucina di demenza e matrice infetta di ogni aberrazione ideologica. Michael J. Pollard è odiosissimo, la sua faccia è più disgustosa della diarrea sulfurea di un coleroso, desta i conati di vomito soltanto a vederla! Eppure ha riscosso tanto plauso tra i commentatori nel Web, proprio perché si è calato in modo ottimo nella parte. Una parte di merda, certo, ma un attore deve saper interpretare anche i ruoli più abominevoli.  
Trovo che sia necessario infine dare il giusto merito ad attori non umani: le mosche! Questi insetti sono presenti per tutta la durata del film. Talvolta si distingue la loro sagoma, ma sempre presente è il loro ronzio. Sommamente disturbante! Il chiaro riferimento è a Beelzebub, il Signore delle Mosche, su questo non ci sono dubbi. 
Negli anni '70 dello scorso secolo in America sono stati fatti molti film di vendetta: era un'epoca terribile e c’erano molti crimini di questo tipo. Hollywood in qualche modo stava cercando di mandare il messaggio di non arrendersi, di non accettare la situazione, ma di ribellarsi alla prepotenza e combattere a qualsiasi costo. Ernest Borgnine e anche il ripugnante Michael J. Pollard hanno dato ottime interpretazioni e non hanno mai ricevuto il riconoscimento che meritano come attori. 
Ecco, il Canada ha avuto John Trent e noi in Italia... noi abbiamo Feltroni! 

Demenza della politica 

C'è chi ha letto questa pellicola in modo politicizzato, come una squallida metafora dell'opposizione tra "destra" e "sinistra". Glossario politico dei luoghi comuni:
"destra" = tutto ciò che non è "sinistra"; 
"sinistra" = amore incondizionato per chiunque sia della stirpe di Caino ("de genere Chaym"), ossia malfattori, assassini, banditi, mostri, etc. 
Riassumerò in poche righe ciò che penso in proposito. Adam Smith è un uomo giusto e capace, di cui si sente la mancanza. La nipotina biondiccia è una scema di merda che si diverte a masturbare i cavalli. Si capisce lontano un miglio che è in fregola per i rapinatori!  


Un'interpretazione inconsueta

Qual è la sorpresa più grande del film? Il protagonista sembra un tipico membro di una comunità religiosa protestante, molto conservatrice e rimasta quasi del tutto isolata dalla società urbana. Invece salta fuori che è un adoratore di Odino, a cui intende offrire in sacrificio i due banditi (vargar) tramite impiccagione! Secondo la tradizione pagana scandinava, i malfattori violenti possono essere definiti in un solo modo: lupi nei luoghi sacri (vargar í véum). Essi violano la pace e la concordia (friðr) che devono regnare nella comunità. Così la condizione di friðr viene sostituita dall'ostilità, dallo scontro (ófriðr). I responsabili della violazione devono così essere immolati al Dio degli Impiccati! Il culto degli Dei di Asgard non è del tutto morto in America, nonostante il paese sia molto cristiano e puritano: è come se la sostanza delle impiccagioni odiniche si fosse innestata sul tessuto biblico veterotestamentario, dando esiti inaspettati e sorprendenti. Si noterà che non c'è proprio nulla di neotestamentario. Il cristianissimo Re Olaf il Grasso sarebbe molto stupito di leggere queste mie note che dopo tanti secoli dimostrano il sostanziale fallimento della sua opera! Sapete cosa distingueva l'Islanda medievale dall'attuale Occidente? Proprio il fatto che la giustizia era privata e tutelata in quanto tale da una consuetudine che ne sanciva l'esercizio come sinonimo di Libertà. L'isola, che raccoglieva le più antiche tradizioni della Norvegia, anteriori alla tirannia del Re Harald Bellachioma, era un faro di un'autentica democrazia in un'epoca in cui esistevano soltanto autocrazie. 


Critica 

Difficile pensare che Il Davinotti potesse trascurare questo capolavoro. Infatti gli dedica una pagina. 


Ecco un variegato cut-up davinottiano, che spero sia utile agli eventuali lettori: 

"Buono il cast, con un convincente Borgnine; peccato per alcuni momenti dove il film gira un po' a vuoto e per un finale non eclatante"
"Tra i cloni de Il giustiziere della notte, questo crudo e sottostimato film del canadese John Trent è sicuramente uno dei migliori" 
"Giustizialistico di ambientazione bucolica (con annessa OST country, pure di buon livello) che, al di là di un soggetto ridotto all'osso, offre un interessante approccio al tema" 
"Surreale perché troppo bello per essere vero" 
"il classico uomo timorato da Dio che ha l'occasione di portare a galla le sue latenti frustrazioni scatenandosi in una violenza senza fine (da citare i cattivi appesi per il collo con robuste catene)" 
"Misconosciuto revenge del canadese Trent, un po' Wes Craven e un po' Michael Winner; non brilla certo per originalità, ma è in grado di assicurare una buona dose della cara vecchia exploitation settantiana" 
"Film molto pessimista sui metodi della giustizia (e per questo tristemente attuale)" 
"Subodorata l'intenzionalità criminale non resta che metterla alla sbarra e alla forca pro domo propria"
"Surreale perché troppo bello per essere vero"
"si elimina perfino il pericolo più insidioso dato dal buonismo del solito, anzi "solita" pivella"
"la vittima diventa carnefice mostrando crudeltà anche superiore alle sue vittime (che però meritano decisamente il tutto)"
"E' proprio il ribaltamento di prospettiva a rendere il film meritevole"
"Il protagonista è una mosca bianca..."  
"da citare i cattivi appesi per il collo con robuste catene" 
"bella prova anche di Pollard, nei panni del killer psicotico e senza scrupoli" 

Segnalo un'aberrazione nella pagina. Un commentatore afferma quanto segue: "un uomo in bilico fra il cattolico di stretta osservanza e lo spietato vendicatore". Adam Smith non si può in alcun modo definire "cattolico". La sua comunità è sicuramente protestante. In altre parole, appartiene a un vasto universo di denominazioni religiose che nulla ha a che fare con la Chiesa Romana. Trovo insopportabile che in Italia così tante persone ignorino ogni rudimento di conoscenza storica, confondendo con crassa ignoranza il concetto di "cattolico" con quello di "cristiano"

mercoledì 24 agosto 2022


LE NOTTI DEL TERRORE 

Titolo originale: Le notti del terrore 
Titolo in inglese: Burial Ground 
AKA: The Nights of Terror, The Zombie Dead, 
      Zombi horror, Zombie Horror, Zombi 3   
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 1981
Durata: 85 min
Genere: Orrore 
Sottogenere: Zombesco, etruscologico, incestuoso   
Regia: Andrea Bianchi (come Andrew White) 
Sceneggiatura: Piero Regnoli
Produttore: Gabriele Crisanti
Casa di produzione: Esteban Cinematografica
Distribuzione in italiano: Stefano Film
Fotografia: Gianfranco Maioletti
Effetti speciali: Gino De Rossi
Musiche: Elsio Mancuso, Berto Pisano
Trucco: Rosario Prestopino 
Segretario alla produzione: Mirella Cavalloro,
    Gianfranco Fornari 
Supervisore alla produzione: Marcello Spingi 
Reparto artistico: Giovanni Fratalocchi 
Tecnico sonoro: Umbreto Picistrelli 
Fotografo: Fabio Cavicchioli 
Reparto elettrico e telecamera: Paolo Cavicchioli, 
    Gianni Marras 
Continuità: Paola Villa 
Interpreti e personaggi: 
    Wilma Truccolo: Janet
    Gianluigi Chirizzi: Mark
    Simone Mattioli: James
    Antonella Antinori: Leslie
    Roberto Caporali: George 
    Mariangela Giordano: Evelyn 
    Pietro Barzocchini: Michael (come Peter Bark)
    Claudio Zucchet: Nicholas
    Anna Valente: Kathryn
    Raimondo Barbieri: Professore* 
    *Secondo IMDb.com sarebbe invece Benito Barbieri
    accreditato come Renato Barbieri, in contrasto con 
    quanto riportato da Wikipedia in italiano. 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Rückkehr der Zombies 
   Francese: Le Manoir de la terreur 
   Siciliano: Li notti du tirruri  
   Finlandese: Hautaholvi Helvettiin 
   Russo: Могильный холм 

Trama: 
Uno scienziato dalla barba imponente è ossessionato dai segreti degli Etruschi e studia un'antica cripta vicino a una grande villa. Nel corso degli scavi scatena accidentalmente un'antica maledizione malvagia. Il maleficio rianima i morti sepolti nella necropoli e gli zombie risorgono per divorare le interiora di colui che li ha evocati. 
Nello stesso giorno, il ricco castellano George visita la sua nobile tenuta di campagna insieme alla sua amante Evelyn e al grottesco figlio adolescente Michael, un essere nanesco e macrocefalo danneggiato dal conflitto di Edipo. Altri ospiti sono due coppie di amici, giunti per trascorrere una vacanza vacanza serena e spensierata. Il gruppo è inizialmente sorpreso dall'assenza del bizzarro scienziato che aveva promesso loro una buona notizia, ma presto prendono la propria strada. Separatamente, nel tardo pomeriggio le coppie fanno lunghe passeggiate nell'adiacente parco del castello.
Nel frattempo, le creature semidecomposte, gravemente lesionate e aggredite dai vermi, si alzano e camminano con decisione, emettendo strani rumori. La loro prima vittima è George, che, nonostante sia armato e opponga una strenua resistenza, viene circondato dalle creature e ucciso nel vicino padiglione. Prima di spirare, era riuscito con abnegazione a distrarre i mostri da Evelyn e Michael, che hanno colto l'occasione e sono fuggiti. Contemporaneamente anche le altre due coppie fanno la "conoscenza" involontaria dei cadaveri vivi, salvandosi per il rotto della cuffia fuggendo verso il parcheggio o nel castello. Lungo la strada l'attraente Janet cade in una tagliola e si ferisce in modo atroce un piede. Il suo amico, il fotografo Mark, dopo aver respinto un attacco di morti viventi, finalmente la libera dalla lama e cerca di condurla in salvo. 
Il gruppo si barrica nella villa assieme al personale di servizio. La fuga con le auto sembra impossibile, perché gli zombie, dando prova di un'intelligenza sinistra e inquietante, hanno tagliato le gomme. I morti viventi iniziano il loro assedio dopo il tramonto e mostrano livelli insolitamente alti di cooperazione e d'ingegno, riuscendo ad usare strumenti come le asce per sfondare le porte. Ogni volta che la situazione sembra essersi un po’ calmata, le creature riprendono le loro incursioni con immutata ferocia. Oltre all'uso degli strumenti, questi esseri ripugnanti possiedono anche inaspettate capacità di arrampicata, tanto da fare diverse vittime tra la servitù. Diventa presto chiaro che il rifugio, percepito come sicuro, non può resistere all'assalto dei cadaveri in decomposizione. Il grottesco Michael, dal cranio angoloso e deforme, simile a un'incudine, ha così tanta paura che cerca la vicinanza e l'amore di sua madre. La tocca avidamente, fa di tutto per palparle i seni morbidissimi, per prenderle in bocca i capezzoli e ciucciarli. Al culmine della sua passione incestuosa, le mette le mani tra le gambe, facendosi strada fino a quell'umido e tiepido passaggio da cui tempo prima era uscito come feto! La madre, turbata dalle avance del figlio, gli fa capire che non tollererà in alcun modo questo rapporto incestuoso. Michael rimane sconvolto dal rifiuto della donna che lo ha messo al mondo. Poco tempo dopo, il ragazzo disturbato viene ucciso e cannibalizzato dalla domestica Leslie, che era morta e ora è risorta come zombie, prima di cadere anch'essa vittima di Evelyn, che si vendica fracassandole il cranio. Nel frattempo, l'edificio nobiliare viene invaso da un'orda di zombi, così numerosi da non poter essere fermati. Il gruppo decimato decide di attirare tutti i mostri nell'edificio per ottenere così un vantaggio sufficiente per la fuga imminente. Il loro piano riesce, così scappano. 
All'alba, Mark, James, la traumatizzata Evelyn e la ferita Janet raggiungono quello che sembra essere un monastero sicuro, ma a un esame più attento si rivela essere una roccaforte degli zombie: i fratacchioni sono stati contaminati e trasformati in cadaveri deambulanti! In una sala di preghiera, James viene sopraffatto e le sue viscere sono divorate da un'orda di creature demoniache che vestono ancora il saio bruno. Come risultato di questo atto, consumato tra forti urla, anche lui si trasforma in uno zombie affamato di carne, mentre i tre sopravvissuti scappano. La loro odissea li porta in un'opificio lì vicino, anch'esso popolato da zombie. Tra questi esseri dell'Inferno c'è il risorto Michael, che non sembra toccato dalle forze ctonie della decomposizione. Non sembra appartenere a CALU. La sua pelle è rosea e florida. Piena di gioia materna, Evelyn lo prende tra le braccia, credendo che le sia stato davvero restituito dall'Ade. A questo punto Michael le morde il seno, la strazia e la uccide brutalmente. Alla fine delle sequenze, anche Janet e Mark vengono circondati e sommersi da un gran numero di zombie famelici. Non è fornita alcuna informazione su dove si trovino a questo punto. 

Citazioni: 

"Sembrano corrosi dal tempo!"
"È incredibile: dei mostri viventi!" 
"Mamma, questo coso odora di morte!" 

  
Recensione: 
Il filone incentrato sugli Etruschi aveva una certa importanza nel complesso universo dei B-movie italiani. Ad affascinare il pubblico era il mistero impenetrabile di questa civiltà scomparsa, percepita come lugubre, rivolta interamente all'Annientamento e proiettata in un Oltretomba incubico, infernale. In altre parole, una civiltà della Morte Eterna. Il lavoro di Andrea Bianchi ha una sua peculiarità degna di nota: a quanto ne so, è l'unico film "etruscologico" a trattare il tema degli zombie. Inoltre introduce un'ulteriore innovazione. Dà agli zombie una marcia in più, rendendoli in qualche modo sociali e tecnologici. Il morto vivente classico non è in grado di comunicare né di aggregarsi ai suoi simili lavorando per un fine comune, così come si dimostra incapace di servirsi di utensili. Ne Il giorno degli zombi (Dawn of the Dead, 1985), George A. Romero ci mostra un morto vivente che riesce ad usare una pistola, ma in seguito a un intenso addestramento e con grande fatica. Le notti del terrore pullula di morti viventi in grado di usare spontaneamente falci, asce, forconi e addirittura di cooperare per fondare un portone servendosi di un tronco come ariete. Indubbiamente si è prodotto qualcosa di nuovo, che però non ha potuto svilupparsi. Non è stato capito il genio. I film devono essere classificati per regista, non per genere, come molti si ostinano a fare. Pochi sanno che Andrea Bianchi, a cui si deve questa buona pellicola zombesca, ha diretto anche una ventina di film pornografici. Cosa ha a che fare la produzione porno con una pellicola horror come questa? A unire tutti i film biancheschi è sicuramente lo stile: una particolare luce cupa che pervade ogni meandro della creazione cinematografica. La critica, velenosa, odia mortalmente questo regista ispirato e inveisce, giudicando immondizia le sue opere. Me ne frego delle opinioni di simili mezze calzette e insorgo contro di loro: Le notti del terrore è un capolavoro immortale! Non m'interessa se i mezzi sono trash e minimalisti (corpi di morti viventi che sembrano di cartapesta, cervelli colanti che sembrano gelato alla fragola squagliato al sole, interiora fatte di liquame di uova marce, etc.). L'idea che anima il tutto è sublime! 


Rituali dell'Immortalità 

Era credenza degli Etruschi che ci fosse la possibilità concreta di ottenere l'immortalità recitando apposite formule. Chi si fosse trovato a dire le giuste parole davanti agli Dei, avrebbe avuto in automatico la Vita Eterna. Non esistevano requisiti morali di alcun tipo: una persona sadica e malvagia che avesse recitato correttamente ogni sillaba, avrebbe vinto la Morte. Queste formule sinistre non ci sono giunte, sappiamo soltanto che sono esistite. Sarebbe stato molto interessante poterle analizzare per amore della Conoscenza e della Filologia. Com'è ovvio, non si può credere che abbiano alcuna efficacia. Del resto, il film di Andrea Bianchi dovrebbe essere un monito sempiterno verso che si illuda di poter far durare oltre ogni limite la condizione dell'esistenza terrena. 
 

Morbosità estrema 

Anche se appena abbozzati, i contenuti incestuosi sono sconvolgenti. Una volta che li si è visionati, restano per sempre stampati nella memoria! Pietro Barzocchini (anglicizzato in Peter Bark) è l'attore che ha interpretato il figlio della sensualissima Evelyn, perennemente sconvolto da incalzanti pulsioni edipiche. A dispetto delle apparenze, non era affatto un bambino. In realtà era un adulto affetto da una forma di nanismo ipofisario. All'epoca delle riprese aveva circa 26 anni (è nato nel 1955) e si può ben immaginare che fosse capace di poderose erezioni. Il regista ha fatto ricorso all'utilizzo di un attore adulto perché doveva aggirare leggi che impedivano di impiegare minorenni in scene dai contenuti erotici o violenti. Dal canto suo, sembra che la splendida Mariangela Giordano non abbia particolarmente apprezzato il proprio ruolo basato sulle fantasie d'incesto dell'attore nanesco. In particolare, a proposito della sequenza del seno strappato a morsi, ha dichiarato quanto segue: 
 
"Quella scena era così ridicola. Non riuscivo quasi a mantenere la faccia seria. Avevo un seno di gomma adattato al mio, che sembrava così finto che non posso credere che qualcuno lo prendesse sul serio!"  

Mentre la Giordano ha potuto godere di una carriera cinematografica lunga e varia, così non è stato per Barzocchini, che in qualche misura è stato colpito dallo stigma. Se è vero che l'interpretazione nel film di Bianchi gli ha dato una certa notorietà, questa non è stata certo positiva. Il pubblico italiano ha una mentalità molto chiusa e piena di pregiudizi, non apprezza questo genere di cose. Ha il terrore superstizioso. La Giordano è stata considerata una vittima innocente delle attenzioni del figlio malefico, ritenute "disgustose" e in grado di far adirare l'Artefice. La colpa della rappresentazione scenica dell'incesto è quindi ricaduta interamente su Barzocchini. Perché tutto questo? Semplice: il pubblico mostra più facilmente clemenza verso una bella donna che verso un uomo dai tratti inusuali. 


Adozione zombesca 

L'opinione comune del pubblico e della critica è che gli zombie etruschi a un certo punto si siano travestiti da frati, indossando sai marroni, allo scopo di far cadere in trappola i fuggitivi. Mi stupisce che sia fatta un'ipotesi così contorta. Sono convinto che la spiegazione sia molto più semplice e diretta: gli zombie etruschi hanno contaminato i frati, trasformandoli a loro volta in morti viventi. Sappiamo che le persone uccise dagli zombie etruschi sono destinate ad essere assimilate a loro, a condividerne l'atroce destino. Si può parlare di una vera e propria adozione. Il bambino grottesco e incestuoso, una volta ucciso, diventa a tutti gli effetti uno degli zombie, anche se non sono presenti segni di decomposizione sul suo corpo abnorme, inquietante, orribile. È come se gli zombie, sia quelli etruschi che quelli adottati, formassero un tutt'uno, parti diverse di un unico essere animato dalla volontà dell'Ade!  

 
Le profezie del Ragno Nero 

Secondo Renzo Baschera, studioso di paranormale e misteriologia, il Ragno Nero era una persona reale ed era davvero un profeta. Era un oscuro monaco bavarese, vissuto nel XVI secolo; voci sparse lo danno invece per austriaco o addirittura italiano. Il suo vero nome ci è sconosciuto; un commentatore in IMDb.com ipotizza che si chiamasse Federico Martell, senza specificare la fonte della sua illazione. Il soprannome del monaco profetico derivava dalla sua abitudine di siglare ogni foglio da lui manoscritto con il disegno di un ragno nero, sopra al testo. Avrebbe predetto con sorprendente precisione una lunga serie di luttuosi eventi futuri come le due bombe atomiche sganciate sul Giappone a Hiroshima e Nagasaki, il disastro di Chernobyl e la pandemia di AIDS. Le sue previsioni, classificate per anno, arrivano fino al 2042, in cui colloca una "Grande Trasformazione", seguita dall'Era dello Spirito (nello stile di Gioacchino da Fiore). La "profezia" mostrata nel cartello alla fine del film, tuttavia, è apocrifa. Questo è il testo in inglese, che riporto con i refusi originali ("nigths" per "nights"; "profecy" per "prophecy"): 

The earth shall tremble... 
graves shall open...
they shall come among the living 
as messengers of death and there shall be
the nigths of terror... 
"Profecy of the Black Spider"

Traduzione: 

La Terra tremerà... 
le tombe si apriranno... 
verranno tra i vivi 
come messaggeri di morte, e ci saranno
le notti di terrore... 
"Profezia del Ragno Nero" 

Va notata una cosa alquanto singolare: delle profezie del Ragno Nero, pubblicate dallo stesso Baschera, che ne sarebbe lo scopritore, ci è ignoto il testo originale. Il mondo accademico le giudica falsi grossolani, della cui reale esistenza non esistono prove concrete - mentre sono numerosi gli indizi che siano una fabbricazione (le profezie sono chiarissime fino all'anno dell'edizione di Baschera, non esatte o incomprensibili per gli anni seguenti; non sembrano essere conosciute nel mondo germanico, etc.). Il nome tedesco del Ragno Nero, che dovrebbe essere Die Schwarze Spinne (Spinne "ragno" è di genere femminile!), viene spesso riportato in modo erroneo e non grammaticale, come Der Schwarze Spinne o addirittura Schwarzer Spinner. Nel Web si trova una gran confusione sull'ordine di appartenenza del monaco: c'è chi lo vuole Cistercense, chi Francescano. Nonostante queste gravi difficoltà, tra i cattolici tradizionalisti esiste la tendenza a considerare autentico il materiale in questione. Si giunge a una desolante conclusione. Andrea Bianchi ha composto un passo apocrifo attribuito a un testo con ogni probabilità a sua volta apocrifo. 

Curiosità 

Il set del laboratorio visto al culmine del film è presente anche in Inferno (1980) di Dario Argento, in Contamination - Alien arriva sulla Terra (1980) di Luigi Cozzi e in Apocalypse domani (Cannibal Apocalypse, 1980) di Antonio Margheriti. Era un set di interni situato proprio nei Des Paolis Studios di Roma. 

Uno degli zombie indossa chiaramente una maschera di Frankenstein di Boris Karloff con abbondanza di sangue e una parrucca aggiunta per oscurarne le origini. 

Il film è stato girato a Villa Parisi, già Villa Taverna Parisi-Borghese, a Monte Porzio Catone, nei pressi di Roma. È una delle dodici Ville Tuscolane. Per molti anni vi abitò Paolina Bonaparte, moglie del principe Camillo Filippo Ludovico Borghese. Se non ricordo male, era quella che ha posato nuda per una statua di Venere, mostrando le tette prosperose. Nel 1966 a Villa Parisi fu girato in gran parte il film La lama nel corpo, diretto da Elio Scardamaglia con lo pseudonimo di Michael Hamilton. Nel 2019 il regista Dean Craig vi ha girato il film Un amore e mille matrimoni, una deprecabile commedia romantica con Sam Claflin, Olivia Munn ed Eleanor Tomlinson. 

Le riprese del film bianchesco sono durate in tutto quattro settimane. Il Tricolore è visibile in una delle stanze in cui gli zombie attaccano. 

Errori 

L'acconciatura della bionda Janet cambia continuamente nel corso del film, anche tra un'inquadratura e l'altra di alcune scene. A volte ha i capelli crespi, a volte sono lisci.

Quando Michael viene mostrato morto, ucciso da Leslie, una delle sue braccia è stata rimossa. Si vede che la stessa assassina sta masticando la carne dell'arto amputato. Tuttavia, quando Michael ritorna come zombie nel finale del film, ha entrambe le braccia intatte.

Ad un certo punto, un personaggio dichiara giustamente che sparare alla testa degli zombie è l'unico modo per ucciderli, anche se non viene spiegato come sia arrivato ad avere questa informazione. Spara e uccide alcuni zombie con un fucile, poi dice che sono rimasti solo due proiettili. Quando gli zombie irrompono nella villa, il fucile e la tattica vengono presto dimenticati. Alla fine del film Mark colpisce gli zombie senza una logica, ma ormai dovrebbe sapere che l'unico modo per ucciderli è distruggere loro la testa.

Quando i sopravvissuti nella villa sono circondati su tutti i lati da zombie mangiatori di carne, in grado di usare strumenti, a un personaggio viene un'idea incongrua. Suggerisce così che gli zombie potrebbero semplicemente volere qualcosa che si trova nella casa. La sua soluzione è quindi aprire le porte e lasciarli entrare. Non che abbia importanza, dato che gli zombie sanno come usare un ariete con cui presto forzano la porta d'ingresso. Inoltre, la teoria secondo cui gli zombie desidererebbero qualcosa oltre a mangiare carne umana non viene mai ulteriormente spiegata. 

Ad un certo punto entrambi i gruppi di sopravvissuti si riuniscono davanti al castello con tre zombie visibili. Si sente una donna chiedere "dove andiamo adesso?", e lo zombie più vicino nell'inquadratura alza chiaramente la mano sinistra e indica con entusiasmo nella direzione e tutti corrono in quella direzione.


Critica 

Consiglio agli eventuali lettori, giunti in questo antro solitario, la lettura del cut-up ricavato dai commenti apposti sul famoso sito di critica cinematografica Il Davinotti


"Perla imperdibile del trash italiano che vanta numerosissimi estimatori" 
"Il fascino del brutto colpisce ancora, in questo imperdibile B-movie"
"Mega-cult del trash nostrano"
"Se siete in cerca di crasse risate questo è il film che fa per voi" 
"i dialoghi ridicoli, gli attori impresentabili, l'inverosimiglianza di alcune situazioni (frutto di una sceneggiatura pessima e grossolana) contribuiscono a renderlo indimenticabile" 
"Bianchi infiamma la libido con un'opera zozza e morbosissima, dove salta fuori l'indole del regista di Cora e La moglie di mio padre
"Effetti splatter artigianali ma copiosi, recitazione terribile da parte dell'intero cast, scene di una ridicolaggine quasi ricercata, incesti edipici con attori nani in vece di bimbi, dialoghi che brillano di luce propria"
"il putridume alla Oltretomba è servito con portate di puro weird marcio e puzzolente e l'ossessione incestuosa resta un must"
"squallidissimo, accatastato su una sceneggiatura (di Piero Regnoli) pressoché inesistente" 
"Va riconosciuto: per scalcinato che sia l’acting, il necro-serraglio etrusco di Bianchi un timor panico più certo che vago lo incute ancora oggi: un lebbrosario deossoriano, un défilé di putredo che i morituri romerian-fulciani te salutant" 
"lo zombi etrusco qui proposto (credo peraltro unico caso nel cinema) per i canoni di allora è assolutamente convincente" 
"Risvegliare il sonno dei morti (etruschi in questo caso) non sembra una grande idea" 
"Una zombata pazzesca" 
"Lo script del matusa dei generi, Piero Regnoli, è carne putrida più che riscaldata, di cui il sig. Bianchi compie perfetto apocalittico macello" 
"Zombie-movie all'amatriciana (anzi alla coratella) con un'atmosfera generale fra il demenziale e l'assurdo, ma non priva di qualche attrattiva divertente"
"Uno dei capisaldi dell'horror-trash nostrano" 
"Pessimo" 
"Bianchi annienta da subito ogni logica ammannendoci (ex abrupto) adolescenti inquieti, copule, magie etrusche e frati zombi putrescenti" 
"L'incedere del film, ipnagogico e macilento, è quello stesso degli zombi"
"Con assoluto mestiere Bianchi concilia "alla perfezione" erotismo patinato, pulsioni incestuose ed esplosioni ultra-splatter"
"Esilaranti la pistoletta con ben undici colpi e l'inopinata tagliola. Non male il trucco dei mortacci"
"Allucinante, indifendibile, quindi prezioso"
"Paradossalmente assume un certo fascino malgrado la pochezza che lo caratterizza e la completa assenza di trama"
"Bravo Andrea Bianchi!"
"Il narrato, che appiattisce il fantastico en plein air tra fontane e roseti, è oscenamente pedestre" 
"Non lesina in quanto a teste fracassate e smembramenti con tanto di frattaglie sempre in bella vista oltre che a zombi a non finire" 
"Mistico" 
"È un oggetto che lascia ipotizzare un composto di immagini plasmate secondo idee in libertà di cinema eversivo (a suo modo, ovviamente)" 
"Il più assurdo degli zombie-movie made in Italy e quindi, trashisticamente parlando, il più imperdibile"
"la violenza e lo splatter che malgrado tutto nel finale inquietano"
"Qui gli zombi sono evoluti (prima di Romero, chissà?): usano falci, martelli, picconi e addirittura travestimenti" 
"I soldi sono pochi e Bianchi non si perde in chiacchiere" 
"Bistrattata da molti per l'animo trash e amatoriale, la pellicola lascia invece il segno per questo suo modo di essere che rende le atmosfere più morbose, acide, malsane" 
"Conoscendo il pedigree di questo film, perfino all'estero, è impossibile aspettarsi neanche lontanamente un erede di Fulci" 
"la pellicola sconfina nello splatter e nell'eccesso di dettagli ripugnanti (zombie con i vermi, banchetti di interiora umane) che inutilmente cercano di coprire la modestia complessiva dell'opera"
"Film imprescindibile per tutti gli amanti del cinema trash italiano" 
"Indimenticabile (!) il personaggio del "piccolo" Michael, specialmente nel suo ricongiungimento finale con la madre"
"Il film più trash che i mie occhi abbiano mai visto" 
"Il film m'è piaciuto parecchio"