giovedì 30 novembre 2017


NON È VER CHE SIA LA MAFIA

Aka: L'era della follia
Titolo originale: The Syndic
Autore: Cyril M. Kornbluth
Lingua originale: Inglese
Prima edizione: 1953
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza sociologica, distopia,
    fantapolitica, apologia mafiosa
Editore (it.): Mondadori
Urania:
   I romanzi di Urania n. 72 (feb. 1955)
   Urania Classici n. 6 (sett. 1977)
Traduzione: 
   Tom Arno (1955),
   Antonangelo Pinna (1977)
Copertina: 
  Curt Caesar (1955),
  Karel Thole (1977)
Premi: Premio Prometheus (Hall of Fame), 1986

Trama:

XXI secolo. L'America del Nord è sotto il dominio di Cosa Nostra, che ha sconfitto e costretto all'esilio il Governo federale. Il territorio di quelli che un tempo erano chiamati States è diviso tra due denominazioni mafiose rivali: il Consiglio a est del Mississippi, e i Ribelli a ovest. Tra queste due potenze vige un equilibrio che garantisce la pace, e le condizioni della popolazione sono prospere. Il Governo del Nordamerica non si è dissolto nel nulla. Sopravvissuto come un'organizzazione militare marittima che ha le sue basi in Islanda, sulle coste irlandesi e in altre isole dell'Atlantico, è diventato una tirannia spietata e incredibilmente corrotta, fondata sulla schiavitù. Gli schiavi sono sottoposti a trattamenti spaventosi e uccisi tra i più atroci supplizi a ogni minimo accenno di insubordinazione. Nel resto del mondo non si ha alcuna vestigia di civiltà. L'Europa è ricoperta da fitte foreste e la sua popolazione è sprofondata nella barbarie del Paleolitico, ripristinando una struttura tribale e una sanguinaria religione pagana fondata sui sacrifici umani. In questo scenario fosco, Charles Orsino, un giovane membro del Consiglio affiliato alla famiglia Falcaro, viene inviato in missione come infiltrato nel Governo. Lo prepara e lo accompagna la bionda Lee Falcaro, esperta nelle desueta scienza della psicologia e nelle arti ipnotiche, ma qualcosa va storto e le strade dei due si separano. Dopo ogni sorta di peripezie, Charles e Lee finiranno col ritrovarsi e verranno a conoscenza di un fatto terribile: il Governo e i Ribelli si sono alleati per combattere contro il Consiglio. 

Recensione: 

Sulla pagina del sito di MondoUrania relativa all'edizione del '77 del romanzo di Kornbluth, si usano toni di grande entusiasmo, iniziando col riportare il commento del New Herald Tribune: "Un libro immorale, sovversivo, stimolante, divertentissimo". Quindi il recensore uranista prosegue: "Kornbluth descrive, dopotutto, un'America felice, libera, pacifica, dove i cittadini sono contenti della società e la società dei cittadini. Non ci sono burocrati, e tutto funziona benissimo. Non ci sono tasse, costrizioni, poliziotti, spese militari, apparati ed enti parassitari." A un paio di domande retoriche viene data risposta: "Dov'è l'immoralità? Dov'è la sovversione? Be', c'è un piccolo particolare. A far marciare sul velluto questa serena utopia non è il Governo degli Stati Uniti, è la Mafia." La conclusione lascia esterrefatti: "Un paradosso? Una feroce satira? Lo sbocco logico dell'anarchismo individualistico? O un sogno segreto e irraggiungibile di libertà assoluta?"   

Detto tra noi, a me non sembra né paradosso né feroce satira. Verosimilmente l'autore, un uomo problematico e complessato, si è invaghito della stravagante figlia di un boss di un'importante famiglia mafiosa e quindi si è messo a cantare le lodi di Cosa Nostra. Leggendo qualche nota biografica su Kornbluth, mi sono fatto un'idea del tipo, caratterizzato da timidezza estrema e totale assenza di igiene orale, tanto che i suoi denti erano ricoperti da una patina verdastra, per non parlare dell'alito pestilenziale. Questi fatti mi fanno credere che l'amore non sia stato corrisposto dalla femmina di mafia; del resto una simile liaison sarebbe stata oltremodo rischiosa per l'ashkenazita, che sarebbe potuto finire in un plinto di cemento. Non bisogna lasciarsi ingannare: The Syndic fa l'apologia di una realtà brutale e diabolica che non può in nessun caso portare libertà alcuna. 

Una recensione assai critica del romanzo di Kornbluth si trova sul sito Biblioteca Galattica. Ne riporto un estratto che trovo particolarmente significativo:   

"L'idea di base del romanzo, un'utopia liberista e libertaria, è intrigante e abbastanza originale, certamente un motivo non abusato; il modello liberista è, infatti, quasi sempre obiettivo di ritratti distopici. La realizzazione lascia però delusi; la maggior parte dell'azione, infatti, si svolge fuori dal territorio della Mafia, sul quale quindi si aprono solo piccoli scorci non sufficienti a dare al lettore un quadro completo e coerente dello scenario sociologico tratteggiato. Anche la sconfitta del Governo è presentata come un dato di fatto calato dall'alto, non argomentato da convincenti ricostruzione storiche.
Nel complesso, quindi, l'intero contesto manca di verosimiglianza e risulta poco articolato. L'intreccio si presenta come di classica matrice avventurosa, con tanto di componente sentimentale tra il protagonista e il personaggio femminile principale; lasciano davvero perplessi i tratti magici e pseudo-mistici con cui è ritratta una pazzesca civiltà tribale di indigeni irlandesi dell'entroterra in cui Orsino si imbatte in fuga dal Governo.
In conclusione, si tratta di un'opera sicuramente sui generis, particolare e originale sotto diversi aspetti, ma che nell'insieme raccomandiamo soltanto agli appassionati dell'autore o del genere sociologico." 

Grottesco pseudo-celtico

Kornbluth non doveva nutrire grande ammirazone per le genti dell'Irlanda. In un luogo del romanzo afferma addirittura che in quell'isola i "sanguinari riti celtici" erano sopravvissuti in segreto nel corso dei secoli. Tutto ciò che si dice nel libro sugli antichi Celti e sulla loro religione è pura e semplice paccottiglia, un denso pastone di anacronismi, di aberrazioni e di inconsistenze. Si tratteggia un isterico matriarcato di Erinni grondanti di mestruo, con più di mezzo secolo di anticipo sullo scandalo Weinstein! Questa esasperata ostilità anticeltica può ben essere venuta allo scrittore dalla sua amata, dato il livore degli italoamericani nei confronti degli irlandesi - ed è a parer mio una prova in più della bontà della mia ricostruzione dei fatti.

Etnografia del Nordamerica mafioso

La componente italoamericana appare minima e tra i mafiosi abbondano cognomi di ogni tipo: anglosassoni, scozzesi, irlandesi, polacchi e via discorrendo. In buona sostanza, gli unici cognomi italiani che rammento sono Orsino e Falcaro. Cosa comprensibile, non si ha la benché minima traccia dei cognomi delle principali famiglie di Cosa Nostra in America. Sembra che l'intera popolazione abbia subìto una profonda assimilazione ai canoni mafiosi senza aver perso i propri connotati etnici d'origine. Verso la fine, un arrogante rampollo dei Regan, notabili dei Ribelli, apostrofa Charles Orsino con toni spregiativi e razzisti per via dei suoi tratti somatici, definiti "mediterranei"

Titoli problematici 

Come spessissimo accade, le trasposizioni italiane del titolo originale sono alquanto fantasiose, quasi ispirate dal peyote. Non è improbabile che la sequenza di parole "Non è ver che sia la mafia" sia stata scelta più per il suo impatto fonetico ed emotivo che non per il fumoso significato espresso. Cosa dovrebbe mai voler dire in concreto? Va un po' meglio con l'altro titolo, poi abbandonato, "L'era della follia", che sembra però troppo vago e sfumato: ogni riferimento alla realtà mafiosa scompare e non è possibile indovinarlo se non si è letto il libro. Per contro, The Syndic fa riferimento a un fatto molto interessante che dovrebbe gettare una luce sinistra sul concetto stesso di sindacalismo: la setta mafiosa è anche nota come Sindacato. In America, l'aggettivo syndical "sindacale" è a tutti gli effetti sinonimo di mafioso. Credo che sia per questo motivo che l'opera di Kornbluth non ha ricevuto il titolo "Il Sindacato" ai tempi di Monicelli e neppure ai tempi di Fruttero e Lucentini: a quanto pare si è ritenuto prudente evitare questo nodo semantico sia nel '55 che nel '77.

L'omosessualità e i famosi tagli di Urania

A quanto ho appreso e ho potuto constatare di persona, prima del 1985 quasi tutti i romanzi pubblicati in Urania venivano sottoposti a tagli brutali. The Syndic non fa eccezione. Ho letto il romanzo nella sua edizione uraniana del 1955 e ho subito notato il linguaggio pieno di errori e di imprecisioni: nella sostanza la traduzione di Tom Arno è fatta coi piedi. Non ho potuto accedere alla versione del 1977, ma ho visto alcuni curiosi dettagli nella Wikipedia in inglese. Nel riassunto si spiega che nel Territorio del Consiglio la morale sessuale è assai lassa, cosa che ho potuto constatare nel corso lettura: sono ammessi comportamenti come la poligamia e la poliandria. Sulla Wikipedia anglosassone si specifica però che non è ammessa l'omosessualità maschile. Il divieto in questione non deve stupire: è ben noto che Cosa Nostra ha feroci leggi non scritte che puniscono con la morte un affiliato di cui si scoprano comportamenti omosessuali. Il punto è che nel testo il riferimento a queste cose non l'ho proprio trovato. Ne deduco che sia stato espunto dalle forbici degli accorciatori di testi, tantopiù che nell'Italia di quell'epoca l'omosessualità non poteva in nessun modo essere menzionata.

Un finale precipitoso

Nella traduzione di Arno, le peregrinazioni di Charles Orsino e di Lee Falcaro si concludono con il loro rientro in treno nel Territorio del Consiglio. I due amanti si baciano in bocca e un viaggiatore rimane sconvolto dalla battaglia di lingue, così esclama: "Disgustoso! Ma è proprio l'èra della follia, questa!". Questa è proprio l'origine del titolo della versione del '55. La cosa mi pare contraddittoria: quel treno era frequentato da pendolari, che saranno stati abituati ai costumi del Territorio del Consiglio, così una reazione tanto veemente la sia capisce poco. La Wikipedia in inglese menziona un finale del tutto diverso. Charles Orsino incontra il suo mentore Frank W. Taylor e gli racconta le avventure che ha vissuto, consigliandogli di organizzare il Consiglio come uno stato vero e proprio, in modo tale da permettere di affrontare meglio i pericoli. Tuttavia il notabile mafioso rifiuta la proposta. Non avendo letto la traduzione di Pinna, non so in cosa differisca da quanto ho letto, ad esempio se i tagli siano diversi. In ogni caso, sia il finale uranico tagliato che quello originale sembrano raffazzonati e troppo veloci, addirittura interlocutori.  

Cose sporche 

Questo libro pernicioso ha avuto una sua influenza politica, cosa che in Italia sembra essere ignorata. Su di esso si fonda la teoria del cosiddetto anarco-capitalismo e più in generale del libertarianismo radicale. L'ispirazione ultima di queste piaghe è proprio la struttura politica e sociale del Territorio del Consiglio. Questo nonostante Kornbluth sia stato accusato di aver tratteggiato in modo assai vago la società governata da Cosa Nostra. Mi pare evidente che quanto abbozzato dallo scrittore ashkenazita sia stato sufficiente a produrre danni assai gravi. Mi spingo ancora oltre: si può affermare senza timore di smentita che l'anarco-capitalismo sia un output mafioso. Nella buona sostanza, la teoria politica anarco-capitalista propone l'instaurazione di una società priva di tassazione, dove ogni servizio venga offerto dai privati delle famiglie mafiose tramite spesa "volontaria" denominata pizzo - e nella quale sia eliminato ogni ricorso alla coercizione attraverso il superamento dello Stato, ritenuto intrinsecamente autoritario e sostituito dalla vigilanza dei picciotti. L'abolizione dello Stato, propugnata dai settari anarco-capitalisti, è un colossale imbroglio. Ora svelerò i loro trucchi. Prendono la parola Stato e la identificano con l'oppressione. Quindi, così dicono, la sua negazione deve per forza essere la parola Libertà, dipinta come un idillio puffesco che andrà a vantaggio di tutti. Se questa negazione è la mafia, ecco che reputano buona la mafia. Non è così: è una catena di non sequitur. Loro però con somma disonestà intellettuale vogliono tenerlo nascosto. Ecco a questo punto un sudicio e guittesco gioco di prestigio: far passare per utopia quella che nella dura realtà dei fatti è libertà assoluta per i padroni e oppressione infinita per gli schiavi! Consiglio di leggere questo interessantissimo articolo:


Citazioni: 

Riporto due estratti significativi (traduzione di Tom Arno). Forse a modo loro sono profetici: potrebbero benissimo essere stralci di propaganda grillina.

1) Il Governo degli ultimi banchieri: e hanno avuto tutto quello che si meritavano, quei bravi signori innamorati del laissez-faire. Però volevano le tariffe protettive, l'esenzione fiscale, sussidi!, sacrifici, sacrifici, sempre sacrifici da imporre alla nazione. Tanto che alla fine il Governo perse la fiducia di quella nazione i cui interessi era stato chiamato a tutelare. Il debito pubblico... non voglio nemmeno spiegarti che cosa fosse, se non che era una maledizione che faceva aumentare il costo di ogni cosa. Tanto che venne il giorno che alla stragrande maggioranza della popolazione i prezzi troppo elevati inibirono il godimento di quasi tutto ciò che di bello ha la vita.

2) Mi si permetta di rilevare per sommi capi i principi su cui si fonda il cosiddetto Governo: tassazione brutale, proibizione assoluta dei giochi d'azzardo, i semplici piaceri della vita negati a tutti meno che ai molto ricchi, puritanismo e ipocrisia sessuali resi esecutivi da leggi di un'impressionante barbarie, limitazioni e coercizioni interminabili, innumerevoli, preposte a ogni azione dei singoli in ogni momento del giorno e della notte. 

domenica 26 novembre 2017

LA VERA CAUSA DELL'ESTINZIONE DEI MAMMUT


La questione delle cause dell'estinzione del mammut (gen. Mammuthus) è dibattuta da lungo tempo e a quanto pare i paleontologi non sono arrivati a nulla di fatto. Molti sono i potenziali indiziati, tra i quali la caccia da parte degli umani e i cambiamenti climatici, eppure le evidenze decisive non sono state trovate. Quello che si sa per certo è che il pachiderma dalle zanne imponenti non ha superato l'ultima glaciazione. L'unica popolazione sopravvissuta alla fine del Pleistocene è stata quella dell'isola siberiana di Wrangel. Questi estremi superstiti hanno ridotto le proprie dimensioni per far fronte alla scarsità di risorse, vivendo in quelle condizioni di nanismo insulare fino all'epoca dei Faraoni ed estinguendosi soltanto verso il 1700 a.C.

Un inferno defecatorio

Ho compreso la causa dell'estinzione di tali animali quando mi sono imbattuto in un singolare dettaglio, che a quanto pare è stato reputato irrilevante dagli accademici. I mammut avevano una membrana ricoperta di pelo che ricopriva l'ano: a detta dei paleontologi serviva a proteggere quella regione sensibile dall'intenso freddo del periodo glaciale. Mi sembra evidente. Quella membrana lanuta e opprimente, finita la glaciazione, ha provocato ai mammut sofferenze spaventose. Prurito, dolore, infestazioni da parassiti, infezioni. Immaginate lo sterco che non riusciva a defluire e si accumulava, creando ascessi, sacche suppuranti, ulcere e cancrene. Ecco svelato l'enigma. I mammut sono stati condannati da una caratteristica anatomica divenuta inutile e nociva in un nuovo contesto climatico. Il genio maligno dell'Evoluzione è sempre all'opera, ma spesso imbocca vicoli ciechi, condannando le sue creature alla tortura e a una morte abietta - con buona pace di Piero Angela e del suo positivismo materialista.


Esploratori anali e tuffatori intestinali

Pochi sanno che gli stessi elefanti odierni hanno fastidiosi problemi intestinali, inclusa la stipsi ostinata. Gli esemplari adulti dell'unica specie addomesticabile di elefante oggi vivente, quello asiatico, necessitano di interventi piuttosto degradanti in grado di favorire l'evacuazione delle feci. Questi orrori sono ben evidenti in India, dove ogni volta che un pachiderma diventa stitico, un membro della casta dei Dalit deve infilargli le nude braccia in profondità nell'ano, cercando con ogni mezzo di afferrare a mani nude il coacervo escrementizio compatto che impedisce la corretta defecazione. Si tratta di veri e propri fecalomi, che nei casi più gravi richiedono un vero e proprio tuffo nell'intestino: il povero intoccabile è costretto a infilare la testa e il busto nelle viscere elefantine, rischiando il soffocamento nei gas mefitici!

Nel seguito riporto un interessante video. Purtroppo chi posta questo tipo di materiale crede di divertire e di fare "intrattenimento".

mercoledì 22 novembre 2017

UN'ISCRIZIONE GIAPPONESE SU UNA XILOGRAFIA DI HANS BALDUNG?


Hans Baldung, detto Grien, nacque a Schwäbisch Gmünd (Germania, Baden-Württemberg) nel 1485 circa e morì a Strasburgo nel 1545. Fu un allievo del fulvo Albrecht Dürer, ed egli stesso famoso pittore, disegnatore, incisore e xilografo. Proprio una xilografia ha attratto la mia attenzione per un dettaglio di non poco conto. Si tratta del Sabba delle streghe, che risale al 1510 ed è conservato al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga. Se si guarda quest'opera con attenzione, noterà che una delle streghe nude ha tra le gambe un vaso su cui si vede chiaramente un'iscrizione enigmatica. Non è difficile riconoscerne i caratteri: si tratta della scrittura sillabica giapponese denominata katakana e di un ideogramma numerico. A quanto sembra, nessuno ci ha mai fatto caso.


Questo è un prospetto del sillabario katakana:


Questi sono i caratteri giapponesi usati per trascrivere i numeri:


Possiamo azzardarci a leggere l'iscrizione, completando alcuni tratti mancanti: 

ワ三スイエ

Traslitterazione:

...WA-SAN-SUI-E

WA significa IO in antico giapponese (potrebbe essere un arcaismo)
SAN significa TRE
SUI significa ACQUA ed è sinonimo di MIZU
Il tratto superiore del kana エ è insolitamente obliquo. Il segno ricorda molto un kana oggi obsoleto usato per trascrivere la sillaba YE, come sintesi dei segni delle due sillabe I e E. Tuttavia questo kana sintetico è stato introdotto all'inizio dell'Era Meiji, quindi dopo il 1868: il suo uso in un testo del XVI secolo sarebbe un anacronismo.

La forma SANSUI "tre acque" esiste ed è documentata.

Questa è la traduzione ipotetica del frammento: "... io le tre acque..."

Probabilmente dopo WA SAN SUI c'era un verbo. Qualcosa come "io le tre acque faccio scaturire" o qualcosa del genere. Il giapponese è una lingua SOV (soggetto-oggetto-verbo), quindi quanto affermo non è così peregrino.

Resta il fatto che prima di WA c'è un altro carattere, che non si legge. Potrebbe essere la parte finale di una parola, essendo l'iscrizione circolare. La stessa sillaba WA potrebbe essere la particella del soggetto, una specie di marca del nominativo, che in giapponese suona proprio in questo modo. Tutto ciò rende quasi impossibile cogliere il significato esatto dell'iscrizione originale. Non sono un esperto di lingua giapponese, ma credo che sia più probabile la prima ipotesi da me enunciata, con WA "io" e SAN "tre".

È curioso notare che i primi due caratteri del testo trascrivono foneticamente la parola WASAN, che significa "matematica" (etimologia da WA "giapponese" e SAN "computo"). Nell'uso comune la parola in questione si trascrive in ideogrammi (kanji) come 和算. Tuttavia questa interpretazione non è possibile e si può confutare con facilità, in quanto si sa per certo che WASAN è un termine coniato nell'Era Meiji, esattamente negli anni '70 del XIX secolo, per distinguere la matematica nativa da quella occidentale.  

Il punto è questo:

1) Non può trattarsi di una coincidenza: i caratteri sono chiaramente leggibili e non hanno la benché minima possibilità di somiglianza con qualsiasi cosa sia stata partorita in Occidente;
2) Nel 1510 non poteva essere presente in nessuna nazione europea alcuna nozione dell'esistenza del sillabario katakana e dei kanji dei numerali: fu soltanto nel 1542 che i primi navigatori portoghesi giunsero nell'arcipelago nipponico, e per molto tempo giunsero nel vecchio continente soltanto nozioni fumose sulla cultura isolana da poco scoperta. 

Come si spiega dunque il vaso dipinto da Baldung? Questi sono i veri misteri, non le baggianate dei complottisti!
Anche se i navigatori portoghesi giunsero in Giappone una trentina di anni dopo la creazione della xilografia di Baldung, è pur sempre vero che gli isolani intrattenevano da secoli rapporti con la Corea e con la Cina. Il vaso, venduto a un mercante cinese, potrebbe aver viaggiato verso Occidente giungendo infine in Germania, dove lo stesso Baldung deve averlo visto con i propri occhi e riprodotto. Se l'iscrizione è stata riportata a memoria, questo può spiegare l'esecuzione difettosa dei caratteri, con lievi distorsioni e tratti mancanti.

lunedì 20 novembre 2017

ETIMOLOGIA DELLA FORMULA HOCUS-POCUS E DI HOAX 'IMBROGLIO'

La formuletta hocus-pocus, usata da illusionisti e giullari anglosassoni, in origine era una bestemmia. Accadde infatti che la formula di consacrazione eucaristica hoc est corpus meum "questo è il mio corpo" venne alterata dai guitti in hoc est porcus meum, frase agrammaticale il cui significato è tuttavia incontrovertibile: "questo è il mio porco". La trasformazione è avvenuta tramite una semplice metatesi. Quindi si è giunti al famoso hocus-pocus /'həʊkəs 'pəʊkəs/ (-oʊ-).

Come accennato, la frase blasfema e guittesca con metatesi non è corretta: se corpus è un neutro (gen. corporis) con il corretto pronome hoc dello stesso genere, è a tutti chiaro che porcus è un maschile (gen. porci), come da antichissima tradizione indoeuropea (< *pork'os). Quindi i pronomi hoc e meum non sono adatti: dovrebbe essere hic est porcus meus, ma a quel punto la parodia della messa cattolica sarebbe stata meno chiara - ed è un fatto che i guitti non si sono mai curati della grammatica latina!

Si noteranno gli slittamenti semantici subiti da hocus-pocus, ben presto usato per indicare gli stessi maghi da strapazzo e i giullari che usavano tale frase nei loro spettacoli. Al giorno d'oggi la locuzione si trova usata col significato di "sciocchezze inventate".

Questo è riportato nel dizionario etimologico Etymonline.com, evitando con grande cura di menzionare in modo esplicito la bestemmia d'origine:

hocus-pocus (interj.)

    magical formula used in conjuring, 1630s, earlier Hocas Pocas, common name of a magician or juggler (1620s); a sham-Latin invocation used by jugglers, perhaps based on a perversion of the sacramental blessing from the Mass, Hoc est corpus meum "This is my body." The first to make this speculation on its origin apparently was English prelate John Tillotson (1630-1694).

E ancora:

       I will speak of one man ... that went about in King James his time ... who called himself, the Kings Majesties most excellent Hocus Pocus, and so was called, because that at the playing of every Trick, he used to say, Hocus pocus, tontus tabantus, vade celeriter jubeo, a dark composure of words, to blinde the eyes of the beholders, to make his Trick pass the more currantly without discovery.
[Thomas Ady, "A Candle in the Dark," 1655]

Lo stesso dizionario accosta hocus-pocus a una formula di derivazione latina (hiccus doccius) e a un'altra la cui origine ultima è greca (holus-bolus < gr. holos "tutto" + lat. bolus "grossa pillola", dal gr. bôlos "massa di terra"):

Compare hiccus doccius or hiccus doctius, "formula used by jugglers in performing their feats" (1670s), also a common name for a juggler, which OED says is "conjectured to be a corruption of" Latin hicce es [sic] doctus "here is the learned man," "if not merely a nonsense formula simulating Latin." Also compare holus-bolus (adv.) "all at a gulp, all at once," which Century Dictionary calls "A varied redupl. of whole, in sham-Latin form." As a noun meaning "juggler's tricks," hocus-pocus is recorded from 1640s.

Le cose sono molto semplici: dallo stesso blasfemo hoc est porcus, attraverso hocus-pocus, derivò evidentemente la parola hoax "imbroglio", a dispetto della sua apparenza enigmatica e della sua ortografia esotica. Questo è riportato in Etymonline.com:

hoax

1796 (v.) "ridicule; deceive with a fabrication," 1808 (n.), probably an alteration of hocus "conjurer, juggler" (1630s), also "a cheat, impostor" (1680s); or else directly from hocus-pocus. Related: Hoaxed; hoaxing.

False etimologie

Come sempre accade, c'è chi si diletta ad inventare false etimologie, per ignoranza, per motivi ideologici o per il semplice gusto di aumentare la confusione. Così sono state fabbricate due ipotesi: la prima riconduce hocus-pocus alla figura di un fantomatico mago della tradizione nordica, Ochus Bochus, mentre la seconda cerca le origini della formula nella supposta locuzione gallese hovea pwca, glossata con "scherzo di folletto". Ochus Bochus non ha affatto l'aspetto di un nome norreno e non può essere molto antico: di certo non si deve farlo risalire all'antichità pagana. Alcuni riportano la variante Oker Boker, che sarebbe più congrua, ma nonostante ciò non si trovano informazioni utili. Secondo alcuni Bochus (Boker) sarebbe di un'alterazione del nome di Bacco, tramite passaggio da Bacchus a Bochus, da cui il nome del mago, con parziale reduplicazione del teonimo. Resta il fatto che è più facile che sia stato l'inglese hocus-pocus a dare origine a Ochus Bochus e simili. Se è ben attestato il gallese pwca "folletto", corradicale dell'inglese puck "spirito ingannatore" (dall'antico inglese puca, pucel "folletto"), va detto che *hovea "scherzo" è più che altro fanta-gallese: sembra un masso erratico piovuto dal Paese di Fantàsia. Non sono riuscito in alcun modo a tracciarlo e non pare compatibile con la fonotattica e con l'ortografia delle parole gallesi. Sapete che penso? Il termine doveva essere *howca, ma la -c- è stata letta -e- a causa di una lettura errata dal corsivo ed è stata inventata la forma *hovea, poi diffusa in tutto il Web tramite copia-incolla. Un refuso propagato. Per quanto riguarda questo *howca pwca, posto che davvero sia esistito, sarebbe un prestito da hocus-pocus e non la sua origine.

giovedì 16 novembre 2017

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: I DIMINUTIVI BACILLUM E SPECILLUM

Se ci si addentra nei meandri della lingua latina, si trovano innumerevoli situazioni che non sono spiegabili dai nostri avversari, coloro che ritengono la pronuncia ecclesiastica come una realtà sussistente ab aeterno.
Già abbiamo analizzato un caso di diminutivo formato col suffisso -ill-: pugillus "manciata", derivato da pugnus "pugno".


Ora analizziamo altri due vocabili di questo tipo:

1) BACULUM "bastone" - BACILLUM "bastoncino"

i) Derivati volgari di baculum:
   > it. bacchio "tipo di pertica"
  *bac(u)lare > bacchiare "percuotere col bacchio"

  *adbac(u)lareabbacchiarebacchiare
   abbacchio "agnello destinato al macello"
   Secondo alcuni l'abbacchio ha ricevuto questo nome perché era legato ad un bastone conficcato nel terreno; secondo altri perché in origine era ucciso a bastonate. Trovo più verosimile la seconda ipotesi. Da rigettarsi per motivi fonetici e morfologici i tentativi di ricondurre la parola a una forma diminutiva di ovis "pecora".
ii) Derivati dotti di baculum e di bacillum:
  > lat. scient. baculum "osso penico"
  > lat. scient. bacillus /ba'tʃillus/ (con cambio di genere)
iii) Derivati di bacillum in lingue non romanze:
  lat. bacilla (pl.) > basco makila "bastone"

2) SPECULUM "specchio" - SPECILLUM "specchietto; sonda" 

i) Derivati volgari di speculum:
  > it. specchio

ii) Derivati dotti di speculum:
   > lat. scient. speculum "strumento per scrutare un orifizio"
iii) Derivati di speculum in lingue non romanze:
  > tedesco Spiegel "specchio" (antico alto tedesco spiagal)
  > basco ispilu "specchio"
iv) Derivati dotti di specillum:
  > it. dotto specillo "tipo di strumento chirurgico"

Si capisce alla perfezione che i suoni palatali in bacillum e in specillum, attribuiti dal latino ecclesiastico nelle pronunce /ba'tʃillum/ e /spe'tʃillum/, sono secondari e prodotti dalla vocale anteriore del suffisso. Quindi non è possibile proiettarli all'infinito nel passato. La situazione d'origine era diversa.

Forme di partenza con suffisso strumentale -lo-:

*bak-lom la -l- era velarizzata ("oscura")
['bakłom]
così si ebbe nel latino classico /'bakulum/ ['bakʊłũ].

*spek-lom
la -l- era velarizzata ("oscura")
['spɛkłom]
così si ebbe nel latino classico /'spekulum/ ['spɛkʊłũ]

Diminutivi con suffisso diminutivo -lo- aggiunto all'omonimo suffisso strumentale:

*bak-l-lom
La prima -l- era sillabica, la seconda -l- era puramente consonantica e non era velarizzata:
['bakḷlom]
Così nacque la vocalizzazione con -i-, poi si spostò l'accento e si ebbe nel latino classico
/ba'killum/ [ba'kɪllũ].

*spek-l-lom
La prima -l- era sillabica, la seconda -l- era puramente consonantica e non era velarizzata:
['spɛkḷlom]
Così nacque la vocalizzazione con -i-, si spostò l'accento e si ebbe nel latino classico
/spe'killum/ [spɛ'kɪllũ]
.

lunedì 13 novembre 2017

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: IL PRONOME DIMOSTRATIVO ENFATICO HICE, HICCE

A partire dalla particella enfatica indoeuropea *ghe / *gho si è evoluto regolarmente il pronome latino hic /hi:k/ (f. haec /haek/, n. hoc /hok/), con l'aspirazione /h/ assai debole che si è persa presto. La -c finale tipica di molte forme del paradigma di hic, haec, hoc è frutto dell'evoluzione di un'antica particella rafforzativa, che in origine suonava /-ke/, derivante dal pronome dimostrativo indoeuropeo *k'e-, *k'ey- "questo". In poesia la forma neutra hoc davanti a vocale aveva una scansione anomala, come se fosse stata scritta *hocc, e Velio Longo ci dice che hoc est era pronunciato hoccest /'hokkest/. Il motivo della geminazione della consonante finale è chiaro: questo *hocc deriva da un precedente *hodce con assimilazione, dove la consonante -d è la stessa caratteristica dei neutri singolari pronomilali come quod, quid, aliud, istud, illud.

Ecco il paradigma:

Sing. M F N
Nom. hic
haec hoc
Gen. huius huius huius
Dat. huic huic huic
Acc. hunc hanc hoc
Abl. hoc hac
hoc
Pl. M F N
Nom. hi hae haec
Gen. horum harum horum
Dat. his his his
Acc. hos has haec
Abl. his his
his

Questo è il link al dizionario online Olivetti:


Esistono alcune varianti censurate dal sistema scolastico: al dat./abl. plurale di tutti i generi troviamo anche la forma hibus. Al dat. sing. m./n. si può trovare anche la forma hoc, mentre al dat. sing. f. si trova anche haec.

Da questo tema pronominale derivano alcune singolari forme avverbiali con valore locativo:

hic /hi:k/ "qui"
hac /ha:k/ "per di qua"
hinc /hink/ "da questa parte"
huc /hu:k/ "qui, in questo luogo; da questa parte"

Si noterà che si tratta di antiche forme di declinazione fossilizzate, cosa che a scuola viene taciuta. Possiamo identificare facilmente il relitto di un caso in seguito estinto: l'avverbio huc /hu:k/, che in origine era uno strumentale del pronome dimostrativo.

Il punto è che ancora in epoca classica esistevano anche forme conservative con l'antica particella -ce integra: hice /'hi:ke/ /f. haece /'haeke/, n. hoce /'ho:ke/), con la variante hicce (f. haecce, n. hocce). La forma hicce con consonante geminata è dovuta all'analogia: il neutro *hodce ha dato regolarmente hocce, e da questa forma si è estesa la geminazione anche ad altre forme del paradigma. Per contro, da hocce si è sviluppato hoce /'ho:ke/ con consonante semplice secondo la ben nota alternanza vocale breve + consonante doppia : vocale lunga + consonante semplice.

Tutte queste forme sono censurate dal sistema scolastico, o quanto meno ad esse non è data la benché minima rilevanza. Questo è il paradigma di base:

Sing.
M
F
N
Nom.
hice
haece
hoce
Gen.
huiusce
huiusce
huiusce
Dat. huice
huice
huice
Acc.
hunce
hance
hoce
Abl.
hoce
hace
hoce
Pl. M F N
Nom. hisce haece haece
Gen. horunce,
horunc
harunce,
harunc
horunce,
horunc
Dat. hisce hisce hisce
Acc. hosce haece haece
Abl. hisce hisce hisce

Questo è il link al dizionario online Olivetti:


Altre informazioni si possono trovare nel sito Perseus.tufts.edu


Vediamo che questo -ce compare anche al genitivo singolare: huiusce, attestato anche HVIVSQVE (la labiovelare è dovuta a ipercorrettismo). Questo pronome, spesso definito "arcaico" ed "enfatico", mostra forme oltremodo interessanti: nominativo plurale maschile hisce /'hi:ske/, con una notevole sibilante -s- che non si trova affatto nella forma semplice hi; genitivo plurale maschile e neutro horunc /'ho:runk/, ma anche horunce /ho:'runke/; genitivo plurale femminile harunc /'ha:runk/, ma anche harunce /ha:'runke/. Si noti che queste particelle sono attestate anche con altri pronomi dimostrativi: istic "costui, questo qua" (f. istaec, n. istuc); illic "quello là" (f. illaec, n. illuc).



Se facciamo pronunciare queste forme enfatiche secondo la pronuncia ecclesiastica, otteniamo forme assolutamente incoerenti: le forme con -s-ce come huiusce, hisce, verranno pronunciate con una sibilante palatale /ʃ/: /u'juʃʃe/, /'iʃʃe/, che non ha alcun senso; negli altri casi, -ce sarà pronunciato con un'affricata /tʃ/: /'i(t)tʃe/, /'untʃe/, etc.
La finale in -c sarà invece velare ("dura") come nella pronuncia restituta: horunc /'orunk/, harunc /arunk/, in nettissimo contrasto con le forme piene horunce /o'runtʃe/, harunce /a'runtʃe/. Se per assurdo la pronuncia ecclesiastica valesse ab aeterno, come i nostri avversari sostengono, questa situazione sarebbe inesplicabile.

L'avverbio hic(c)e, derivato dal pronome enfatico con -ce, era usato anche nella lingua popolare e sopravvisse a lungo. Infatti, nell'evoluzione dal latino al romanzo, vediamo che da hicce est, è derivato tramite palatalizzazione il moderno italiano c'è. Più in generale, la forma ci, ce, è poi derivata direttamente da hicce con valore locativo. Così hicce stat si è evoluto in ci sta.

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: I VOCATIVI DEI NOMI IN -IUS

Come è ben noto, i nomi maschili della seconda declinazione (temi indoeuropei in -o-) hanno il vocativo in -e, di tradizione antichissima, che si contrappone in modo deciso al nominativo in -us (< IE -os).
Vediamo tuttavia che quando il nome termina in -ius, il vocativo di alcuni nomi comuni e di tutti i nomi propri di persona non termina in -ie come ci si potrebbe attendere, ma in -i (la vocale è lunga, /-i:/). In altre parole, si è prodotta una forma ridotta già in epoca antica.

Nomi comuni con vocativo ridotto:

filius /'fi:lius/ "figlio", voc. fili /'fi:li:/
genius /'genius/ "genio", voc. geni /'geni:/

Nomi comuni con vocativo regolare:

socius /'sokius/ "socio", voc. socie /'sokie/

Nomi propri (prenomi, nomi, teonimi, etc.):

Laurentius /lau'rentius/, voc. Laurenti /lau'renti:/
Lucius /'lu:kius/, voc. Luci /'lu:ki:/
Marius /'marius/, voc. Mari /'mari:/
Mercurius /mer'kurius/, voc. Mercuri /mer'kuri:/*
Pompeius /pom'pe:jus/, /pom'pejjus/, voc. Pompei
    /pom'pe:i:/

Publius /'publius/, voc. Publi /'publi:/
Valerius /wa'lerius/, voc. Valeri /wa'leri:/*

*Stando alle leggi dell'accentazione latina, avrebbe dovuto pronunciarsi con l'accento sulla prima sillaba, ma evidentemente la riduzione da -ie a -i è avvenuta dopo che l'accento si è fissato sulla penultima (altri pensano a un livellamento analogico).

Dall'analisi di questo elenco, una cosa salta subito all'occhio. Laurenti ha /t/ anche nella pronuncia ecclesiastica, rispetto a Laurentius che è pronunciato con un'affricata /ts/, come /lau'rentsjus/.
Siccome Laurenti proviene da un precedente *Laurentie, è chiaro che l'affricata /ts/ negli altri casi della declinazione non può essere ab aeterno. Se fosse come i nostri avversari vanno affermando, avremmo una forma *Laurentie pronunciata /*lau'rentsje/ dai preti e dagli insegnanti del liceo, dato che l'alternanza /ts/ - /t/ risulterebbe incomprensibile. Se poi notiamo che Laurentius è formato con un suffisso -i- a partire dal toponimo Laurentum "Laurento", e che esiste anche l'aggettivo laurentinus /lauren'ti:nus/, vediamo con la massima chiarezza che la forma più antica ha /t/ e che la forma ecclesiastica con /ts/ può soltanto essere derivata.

Non si creda che il vocativo Laurenti sia una reliquia senza importanza, sparita senza lasciare traccia: esso è sopravvissuto quasi immutato nel basco Laurendi "Lorenzo".

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: IL VERBO ONOMATOPEICO VAGIRE

La più comune e ovvia sillaba onomatopeica che descrive il verso del neonato è WA, con la variante WE. Ci si può attendere che in diverse lingue le parole per indicare questo concetto siano derivate da questo suono. Evidentemente per un antico romano il neonato faceva WAG, così da questo ideofono si formò il verbo vagio /'wa:gio:/ "vagisco" (paradigma vagis /'wa:gi:s/, vagii /'wa:gii:/ o vagivi /wa'gi:wi:/, vagitum /wa:'gi:tum/, vagire /wa:'gi:re/), dove il carattere IPA /g/ è la velare sonora, quella che i popolani chiamerebbero "g di gatto". Sappiamo che la vocale -a- della radice verbale è lunga. Nella lingua classica, lo stesso verbo indicava anche il verso della capra e del maiale. Questo è il link al lemma nel dizionario online Olivetti:


Coloro che postulano la pronuncia ecclesiastica ab aeterno, realizzano invece il verbo latino come /'vadʒ(i)o/, /'vadʒis/, /'vadʒii/ o /va'dʒivi/, /va'dʒitum/, /va'dʒire/, con un suono postalveolare o palatale /dʒ/, quello che i popolani chiamerebbero "g di getto". Il punto è che la presenza di questo suono è incompatibile con l'origine onomatopeica della parola, che risulta evidente e innegabile. 

Si deduce così che il verbo latino vagio, vagis, vagire ha alterato il suo suono nel corso dei secoli, perdendo il suo carattere onomatopeico. Un po' come è successo a pipio /'pi:pio:/ "colombo, piccione", dalla cui forma accusativa pipionem /pi:pi'o:nem/ (> /pi:'pjo:nem/) è derivato l'italiano piccione. In realtà vagire è un verbo dotto, che non è giunto in italiano dalla genuina e naturale usura popolare di un termine ereditato: è stato introdotto dal latino dei letterati in epoca abbastanza tarda, come è accaduto per tantissimi altri lemmi. Una lingua è un dialetto con un esercito e una marina, disse qualcuno. Non soltanto: una lingua è un dialetto con un esercito, una marina e uno stuolo di topi di biblioteca detti "grammatici" e "letterati", che costantemente importano voci morte da secoli, donando loro una vita artificiale.

giovedì 9 novembre 2017


V FOR VENDETTA
(fumetto)
 

Paese: Gran Bretagna
Lingua originale:
 Inglese
Testi: Alan Moore
Disegni: David Lloyd;
   Tony Weare
Coloristi: Steve Whitaker,
     Siobhan Dodds, David Lloyd
Letterista: Steve Craddock
Redattori editoriali: Karen Berger,
   Scott Nybakken
Editore: 
   Regno Unito: Quality Communications
   USA: DC Comics - Vertigo
   Francia: Delcourt
   Brasile: Abril Jovem, Panini Comics
Collana 1ª edizione: Warrior
1ª edizione: 1982 – 1985
 
1ª edizione italiana: 1991
Editore italiano:
Milano Libri
Collana 1ª ed. italiano:
 Corto Maltese nn. 91-96
Periodicità it.: mensile
Albi it.:
6 (completa)
Genere:
 Avventura, fantascienza, thriller
Sottogeneri: Fantapolitica, propaganda anarchica,
    distopia

Trama:

La serie si divide in tre parti.

Book 1: Europe After the Reign

La notte del 4 novembre 1997, una sedicenne disperata esce nella notte e adesca alcuni uomini, ignorando la loro appartenenda alle forze di polizia, il "Dito" del regime. Questi vogliono abusare di lei e ucciderla, quando ecco che interviene un anarchico mascherato da Guy Fawkes. Gli agenti del "Dito" vengono uccisi dall'uomo, che si presenta come V. Prima di portare Evey in salvo nel suo covo, V fa detonare da remoto il Palazzo del Parlamento. Evey racconta al suo salvatore la propria storia, da cui si apprende che nei tardi anni '80 c'è stata una guerra nucleare che ha permesso l'ascesa del partito fascista Norsefire. Nel frattempo Eric Finch, investigatore capo delle forze di polizia regolari, il "Naso" del regime, comincia a indagare sul misterioso anarchico. Finch svolge il suo lavoro comunicando spesso con il "Dito", comandato da Derek Almond, e con la "Testa", impersonata dal dittatore Adam Susan, che vive in stato di isolamento, interfacciandosi in modo ossessivo col supercomputer governativo Fate. Nel frattempo V traumatizza il propagandista Lewis Prothero cremando la sua collezione di bambole e uccide il vescovo pedofilo Anthony Lilliman costringendolo a ingurgitare un'ostia impregnata di cianuro. Quindi uccide anche Delia Surridge, medico legale ed amante di Finch. A questo punto l'investigatore scopre un legame tra le vittime, che avevano lavorato nel campo di concentramento di Larkhill: Delia ha lasciato un diario in cui è scritto che V è l'unico sopravvissuto tra i detenuti del campo e vittima di spaventosi esperimenti, riuscito a fuggire provocando un'esplosione. Quella stessa notte, V uccide anche Almond. Finch riporta queste scoperte al dittatore, che teme attacchi terroristici su più vasta scala.  

Book 2: This Vicious Cabaret

Quattro mesi dopo gli eventi sopra descritti, V fa irruzione nella Jordan Tower, sede del dipartimento di propaganda di Norsefire, la "Bocca" del regime. Dopo aver mandato in onda un discorso in cui incita alla rivolta, V mette in atto un piano di fuga che porta all'uccisione del capo della "Bocca", Roger Dascombe. Finch ha presto a che fare con il nuovo capo del "Dito", Peter Creedy, che lo provoca, spingendolo a colpirlo per poterlo sospendere dal servizio. Nel frattempo Evey ha una relazione con un uomo molto più vecchio di lei, Gordon. Senza saperlo, la coppia viene in contatto con Rose Almond, la vedova del defunto capo del "Dito", Derek. Donna dalla personalità masochista, Rose aveva iniziato una relazione con Dascombe, per poi trovarsi con l'amante trucidato e costretta a degradarsi in un cabaret. Quando Gordon viene ucciso dal gangster scozzese Ally Harper, Evey decide di vendicarsi. Così interrompe un incontro tra Harper e Greedy: il nuovo capo del "Dito" intende comperare l'appoggio della criminalità a un suo progettato colpo di stato. La ragazzina cerca di sparare a Harper, ma viene arrestata, rinchiusa in un'angusta cella, sottoposta a interrogatori e a torture. In un anfratto trova una lettera di Valerie Page, un'attrice incarcerata e condannata a morte perché lesbica. L'uomo che interroga e tortura Evey la obblica a scegliere tra la collaborazione e la morte. La giovane, ispirata da Valerie, sceglie la morte, ma a questo punto viene lasciata libera. Il suo carnefice non è altri che V, il cui intento era quello di far conoscere a Evey gli orrori che lo hanno plasmato. Le rivela inoltre che Valerie è realmente esistita, che era la prigioniera nella cella accanto alla sua, e che la sua lettera è vera. Evey perdona V, che nel frattempo è riuscito ad hackerare il supercomputer Fate, a cui Adam Susan è attaccatissimo. Inizia così per il dittatore la discesa nella follia. 

Book 3: The Land of Do-As-You-Please 

Il successivo 5 novembre 1998, V fa esplodere la Post Office Tower e Jordan Tower, uccidendo il capo dell'"Orecchio", Brian Etheridge. In una sola volta, annienta tre agenzie governative: "Occhio", "Orecchio" e "Bocca". Il popolo insorge, ma gli uomini di Creedy e i gangster di Harper soffocano la rivolta. V dice a Evey che la presente situazione caotica non è ancora l'anarchia da lui voluta, ossia la "Terra del Fai come Ti Piace" (Land of Do-As-You-Please): è soltanto la "Terra del Prendi ciò che Vuoi" (Land of Take-What-You-Want). A questo punto Finch si reca nel campo di Larkhill, ormai abbandonato e cadente. Assume l'LSD per avere un'esperienza allucinatoria che lo aiuti a calarsi nel ruolo di un prigioniero come V, per poter avere una comprensione empatica della sua esperienza. Mentre Finch è assente, il suo assistente Dominic Stone si accorge che Fate è stato corrotto e influenzato da V. Al suo ritorno a Londra, l'investigatore comprende all'istante che troverà V nella cadente Victoria Station, e subito vi si reca. L'anarchico coglie Finch di sorpresa e lo ferisce con un coltello. V afferma di non poter essere ucciso, perché le idee sono a prova di pallottola. Tuttavia durante lo scontro, Finch gli spara e gli infligge una grave ferita. Ritornato nel suo rifugio, muore tra le braccia di Evey, che decide di non togliergli la maschera, dato che V non è la semplice identità di una persona fisica, ma un simbolo immateriale. Così assume il suo ruolo ed eredita i suoi costumi. Gli eventi precipitano. Creedy spinge Adam Susan a mostrarsi in pubblico. Rose Almond, piena di livore per le umiliazioni che ha dovuto subire, gli spara nel cranio, uccidendolo. Finch emerge dalla stazione sotterranea, ancora alterato dalla droga, proclamando la morte di V. Ne segue un conflitto intestino in cui i superstiti capi del regime si uccidono tutti a vicenda. Evey si mostra in pubblico come V e annuncia che il giorno seguente farà esplodere Downing Street, l'antica sede del Primo Ministro, dicendo alle genti che devono scegliere se vivere per conto proprio o tornare in catene. Così avviene in una specie di deflagrante funerale vichingo, tramite un treno pieno di esplosivo, con dentro il corpo del defunto V deposto in una bara di vetro. La narrazione si chiude con un Finch annichilito che guarda impotente il caos divampante.       

Recensione: 

La visione del film V per Vendetta ha destato in me un grande interesse, spingendomi a visionare e a recensire anche la serie a fumetti da cui è stato tratto. Direi proprio che ne è valsa la pena: considero questa graphic novel un capolavoro. Subito mi sono saltate all'occhio le differenze con il film di McTeigue. Anche se ormai non dovrei più stupirmi di come il cinema in modo ineluttabile trasforma ciò che assimila e da cui trae nutrimento, questa riscrittura delle fonti non cesserà mai di destare il mio interesse, proprio perché la reputo una cosa incomprensibile e non sono in grado di trovare un modello in grado di spiegarne la natura più intima. Lasciano il tempo che trovano tutti i discorsi sulle necessità di destare una maggiore attenzione da parte del pubblico o di dar vita a un prodotto più vendibile. Vengono infatti riscritte anche cose di ben poco conto che non hanno impatto alcuno sulla natura dell'opera, come se una forza strana e un po' perversa le riorganizzasse secondo schemi oscuri.

Una storia editoriale travagliata

L'idea di V for Vendetta non è caduta all'improvviso dall'Iperuranio di Platone, fatta e finita. Dapprima consisteva in un abbozzo fumoso e informe, in cui pian piano si è rappreso un nucleo embrionale, dando quindi origine per fasi successive a un organismo riconoscibile. All'inizio, nel lontano 1975, l'eroe in lotta contro la tirannia doveva essere un transessuale vestito di bianco: una conturbante she-male di nome Doll, dotata di fattezze e di curve femminili ma con genitali maschili. Questa idea di un terrorista dalla sessualità ambigua era oggettivamente troppo per quei tempi, così fu rigettata. Anni più tardi, Moore fu invitato a creare una striscia a fumetti del genere dark mistery, così chiese al disegnatore Lloyd di trarre ispirazione dal personaggo di Dark Raven, un vendicatore notturno le cui avventure erano ambientate negli States negli anni '30. Dalla discussione nacquero successivi sviluppi: la storia fu trasportata nel Regno Unito dell'immediato futuro; il personaggio dapprima era un poliziotto che gradualmente diventava un oppositore del regime, quindi divenne un eroe anarchico. A Moore è attribuita l'idea della maschera di Guy Fawkes. All'inizio il nome doveva essere soltanto "Vendetta", che però fu rifiutato per via di pregiudizi: fu contestato che il termine era "troppo italiano". Così divenne "V for Vendetta", dove l'enfasi era su V anzichè sulla parola di origine italiana. Il primo episodio della serie comparve in bianco e nero nel 1082, sulla rivista britannica Warrior, una specie di antologica del fumetto di proprietà della Quality Communications (QC). Warrior chiuse i battenti nel 1985, prima che la serie fosse conclusa. Per fortuna il lavoro di Moore e di Lloyd fu portato a compimento e ristampato a colori nel 1988 dalla statunitense DC Comics. In seguito il tutto fu ripubblicato come in un solo volume dalla stessa casa editrice, come graphic novel.    



V è l'unico sopravvissuto agli esperimenti del campo di Larkhill, in cui a qualche dozzina di prigionieri sono state somministrate iniezioni di un preparato noto come Batch 5. Gli effetti delle iniezioni sul superstite sono stati notevoli, avendogli conferito capacità al confine col soprannaturale. Si tratta di un tema visto infinite volte nel mondo dei fumetti. Nel film non si fa menziona alcuna di questo Batch 5, ma subito è chiaro che la sua sigla contiene il numero 5 che ricorre in modo ossessivo nella vita del protagonista. Basti pensare al numero romano della sua cella - quel V che gli dà nome - oppure ai pentametri giambici con cui spesso si esprime, formati da parole inizianti per v. La maschera di Guy Fawkes non è l'unica che V indossa nella graphic novel: egli processa il propagandista del regime usando un travestimento singolare e del tutto dissimile da quello abituale, il solo visto nel film. Anche se l'idea di un transessuale mascherato è stata scartata sul nascere, mi rendo conto che nulla assicura che questa non sia la vera identità dell'anarchico mascherato. L'origine ultima del nome dell'eroe è da ricondursi senza dubbio a V., il primo romanzo dello scrittore statunitense Thomas Pynchon. 


Evey Hammond

La protagonista femminile è un personaggio problematico. Senza mezzi termini, è una minorenne che decide di prostituirsi, servendosi del sesso a pagamento per guadagnare qualche soldo e sfuggire alla fame. Nel film tratto dalla serie a fumetti questa caratteristica è stata totalmente rimossa, cosa che non sorprende più di tanto: non sembra infatti molto spendibile un'eroina che a 16 anni sceglie in modo consapevole di degradarsi avendo contatti con genitali di sconosciuti, seppur costretta da ragioni di mera sopravvivenza. Nel fumetto qusto aspetto si vede con la massima chiarezza e senza ipocrisia. Se la Evey cinematografica è un'adulta che si limita a sfidare il coprifuoco, la giovane e ingenua Evey del fumetto scambia un agente della polizia religiosa per un possibile cliente, facendogli proposte di sesso a pagamento. Quando ha tentato di vendere il proprio corpo non doveva essere vergine come Giovanna d'Arco: lo possiamo dedurre andando avanti nella lettura della storia: la si vedrà a letto, nuda e avvinghiata a un uomo maturo intento a spingere. A differenza di quanto avviene nel film, alla fine si vede chiaramente che Evey eredita la maschera e il ruolo di V.   


Adam Susan

Non è improbabile che questo personaggio affondi le sue origini nei ricordi dell'autore del fumetto. Un ragazzo solitario, introverso, che rifuggiva da ogni contatto con le coetanee, sicuramente bullizzato in modo pesante. Questa deve essere l'origine della scelta del ben strano cognome Susan, inteso come un nomignolo di scherno che alludeva alla sua pretesa effeminatezza: sappiamo bene che i branchi di bulli additano in automatico come "finocchio" chiunque sia schivo e non interessato al calcio. In realtà un antico cognome Susan è ben attestato con numerose varianti come Sussam, Sussams, Sussems, Sussans, Sussand, Sussands, Susaum, Sussaus, Susanna e via discorrendo. Si tratta di un soprannome che si è diffuso al tempo delle crociate, a partire dall'XI secolo: trasmesso per via patronimica o matronimica, si è infine sclerotizzato come cognome. Non sappiamo se Moore fosse a conoscenza di questi dettagli etimologici. Fatto sta che a un certo punto, cresciuto, il giovane Adam deve aver cercato la rivincita sui suoi persecutori divenendo un militante dell'Unione Britannica dei Fascisti (BUF) e piantando così il seme del futuro Fuoco Norreno. Certo, sono semplici speculazioni, corroborate tuttavia dalla descrizione del carattere del dittatore. Egli è un solipsista, convinto che il suo sé personale sia l'unico essere senziente dell'Universo, a parte il supercomputer Fate, con cui è abituato a discorrere e che identifica con Dio. Pur disprezzando e odiando le persone omosessuali, egli ritiene che anche l'intimità tra un uomo e una donna sia qualcosa di ripugnante quanto brutale. Per questo motivo, non ha mai avuto contatti carnali con l'altro sesso. Si converrà che l'Unione Britannica dei Fascisti non sia proprio l'ambiente ideale per un uomo tanto fragile e pieno di ombre. Eppure, in un qualche modo, egli è riuscito non soltanto a non finire stritolato, ma addirittura a imporsi. Se devo essere sincero, rimango perplesso da un atteggiamento che tende ad attribuire i mali del mondo a un uomo autistico e sofferente, incapace di avere qualsiasi rapporto con le donne. Vedete, il messaggio che passa è all'incirca questo: "Se un giorno un uomo prenderà il potere e porterà a compimento spaventosi genocidi, quello sarà per necessità un uomo che non scopa". Nel film non si fa il minimo cenno di tutto questo: la condizione di Adam Sutler, troppo vergognosa per il pubblico gaudente, deve essere tenuta nascosta.

 

Norsefire 

Il partito di Adam Susan corrisponde abbastanza bene al partito di Adam Sutler che vediamo nel film di McTeigue: la sua appartenenza ai regimi di natura fascista salta subito all'occhio. Ci sono però alcune precisazioni da fare. Nel fumetto non si fa alcuna menzione all'attentato terroristico alla scuola St. Mary e all'uso da parte del governo delle armi biologiche per ottenere il potere. Il partito Norsefire è andato al potere tramite regolari elezioni, poprio come fece la NSDAP di Aldolf Hitler in Germania. L'uso di un virus e la morte di quasi 100.000 persone, come la scoperta di queste cose ad opera del "Naso" Finch, sono innovazioni introdotte nel film di sana pianta. Le menzioni dell'Islam e della sua persecuzione compaiono nel film come critiche alla politica di George W. Bush. Il motto di Norsefire nel fumetto ha forti connotazioni religiose e rimanda ai Puritani: "Strength through Purity. Purity through Faith". Nel film tale motto è stato cambiato in "Strength through Unity. Unity through Faith": Resta sempre il riferimento religioso alla Fede, ma viene meno quello alla Purezza, sostituita da una più anodina Unità, di natura eminentemente politica.


Prothero 

Lo stranissimo cognome Prothero è pronunciato /'pɹɔðəɹoʊ/ e ha le sue radici nel Galles. Sono attestate varianti come Protheroe e Protherough. La forma originale gallese è Ap Rhydderch e significa Figlio del Rosso: il prefisso Ap è una riduzione di mab "figlio", parente del gaelico mac "figlio". Mentre nel film Lewis Prothero era soprannominato The Voice of London, nel fumetto è invece The Voice of Fate. Anche il suo destino è drasticamente diverso: V lo rapisce e lo sottopone a un giudizio teatrale in un luogo che ricostruisce il campo di concentramento di Larkhill. Prende tutte le bambole a cui il propagandista del regime è affezionatissimo e le getta in un forno crematorio, riducendole in cenere davanti ai suoi occhi. Prothero non riesce a reggere a un simile orrore: l'annientamento di tutto ciò che gli era caro lo fa sprofondare nella catatonia. Messo fuori combattimento per sempre, non riuscirà nemmeno a ritrovare la capacità di stare in piedi e di camminare, le sue parole ridotte a incomprensibili balbettamenti. Nel film The Voice of London incontra una nemesi meno dolorosa e più sbrigativa: V si limita a penetrare nella sua villa, dove lo sorprende nudo e lo uccide rapidamente. Un dettaglio del tutto insignificante viene riscritto nella traduzione in sequenze: i baffi del personaggio del fumetto vengono fatti scomparire dal regista McTeigue. 


Il pedofilo Lilliman

Corrotto e ripugnante, nel fumetto come nel film. Incarna la bieca natura del potere religioso, che dice di rappresentare Dio mentre in realtà rappresenta Satana. Nel fumetto, V uccide l'ecclesiastico servendosi di un'ostia al cianuro. Prima di arrivare a questo esito, egli inscena una pantomima religiosa: prima costringe il vescovo a inginocchiarsi, quindi lo intrattiene con discorsi sulla dottrina cattolica della Transustanziazione. Il vescovo Lilliman è anglicano, ma evidentemente appartiene alla cosiddetta Chiesa Alta (High Church), che dal punto di vista dottrinale è molto simile alla Chiesa di Roma, condividendo tra le altre cose i dogmi relativi all'Eucarestia. V chiede beffardamente al prelato se l'ostia diventa la carne del Salvatore quando entra nella bocca. Il pedofilo risponde di sì, e l'anarchico di rimando chiede se l'ostia, di qualsiasi cosa sia fatta, diverrà il Corpo di Cristo. Nuova risposta affermativa, a cui fanno seguito ingestione, avvelenamento e morte. Nel film il vescovo viene ucciso allo stesso modo, ma lo può capire soltanto chi abbia già letto il fumetto: si sente la voce di V comandare all'ecclesiastico di tirare fuori la lingua, ma è stato omesso ogni riferimento all'ostia e ai dogmi eucaristici cattolici. In ogni caso, sorge per necessità una domanda inquietante: V potrebbe essere un ex prete? 

   

Gordon 

Nel fumetto Gordon è un contrabbandiere: non somiglia affatto al personaggio di Gordon Deitrich visto nel film, il presentatore televisivo che nasconde una copia del Corano assieme a immagini omoerotiche e a materiale politico compromettente. Inoltre, il Gordon del fumetto non è affatto omosessuale. Evey si getta tra le sue braccia e fa sesso con lui. Non viene catturato in un raid della polizia, né viene giustiziato per essere stato trovato in possesso del Corano. Rimane invece ucciso in una rissa con i gangster scozzesi. Mi pare che sia uno dei punti in cui la graphic novel si discosta maggiormente dal film. Forse gli sceneggiatori, i fratelli Wachowski, non volevano mostrare Evey intenta alla copula con uno sconosciuto - cosa che a loro parere avrebbe potuto nuocere alla sua moralità e alla sua credibilità. Qualcosa del tipo "chi è politicamente impegnato non scopa" o "un rivoluzionario non scopa". Non so, sto cercando di indovinare. Quanto mostrato nel fumetto doveva essere traumatizzante. Tecnicamente parlando, secondo molti lettori, il sesso tra Gordon e la giovane Evey potrebbe essere etichettato come atto di pedofilia, anche se una ragazza a quell'età può portare in grembo un figlio: il solo fatto che sia minorenne è problematico. Per rimuovere il problema alla radice, non solo Evey è stata trasformata in un donna, ma allo stesso Gordon è stata data un'identità riscritta di sana pianta, con appetiti carnali molto lontani da quelli dell'originale cartaceo. Come già accaduto a Prothero, anche Gordon ha dovuto patire la cancellazione dei suoi baffi nella trasposizione cinematografica. 


Finch e Stone 

Se devo essere franco, trovo che il "Naso" Finch sia un personaggio noioso e insignificante, sia nel fumetto che nel film. Egli non prova un particolare attaccamento al Partito di cui è un servitore. La motivazione che lo spinge ad essere fedele alle istituzioni è la lealtà al suo Paese, concepito come idea astratta che non dipende dai potenti che lo governano. Proprio per questo egli contrasta V, perché teme sommamente l'anarchia che questi rappresenta e vuole instaurare. Pur di fermarlo, ricorre all'assunzione di un allucinogeno, cosa che non compare nel film. All'epoca in cui il fumetto fu creato, imperversavano idee stravaganti sulle proprietà dell'LSD, a cui erano attribuite proprietà incredibili come la chiaroveggenza. Non erano in pochi a pensare che tale acido rendesse il suo utente in grado di profetizzare o di giungere a conoscenza di eventi lontani, come la morte di una persona. Col personaggio di Stone, assistente di Finch, Moore reintroduce dalla finestra un'idea che era stata gettata dalla porta: quella del poliziotto critico nei confronti del regime che diventa sempre più un ribelle al sistema. Infatti nel finale, Evey - che ormai ha preso il ruolo di V - rapisce Stone e lo conduce nel nascondiglio sotterraneo allo scopo di indottrinarlo e di renderlo il futuro erede dell'identità del rivoluzionario mascherato. Un'idea che nel film è stata rimossa, come tante altre.