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martedì 22 novembre 2022

ETIMOLOGIA DI MANIBERGA E PEDIBERGA 'PARTI DELL'ARMATURA'

Ricordo ancora quando al liceo appresi qualcosa sulla biografia di Dante Alighieri. Uno dei particolari che più mi è rimasto impresso è sicuramente l'inglorioso esordio del Poeta sul campo di battaglia. Egli fu un feditore a cavallo dell'esercito guelfo nella battaglia di Campaldino (11 giugno 1289). Il suo compito era quello di provocare i nemici con beffe e insulti, sostenendo il loro primo urto. In questo caso, lo schieramento ostile era ghibellino e composto in massima parte da aretini. L'Alighieri, che all'epoca era ventiquatrenne, si fece prendere dal panico. Così commentò l'accaduto finita la battaglia: "Ebbi temenza molta". Per motivi politici, molti insorgerebbero se affermassi che egli fu codardo e si diede alla fuga. Dato che sostengo a spada tratta i Ghibellini, come minimo sarei accusato di essere fazioso. Volendo evitare sterili polemiche, rimando ad altra sede la discussione su Campaldino. 
 
La prima volta che lessi la parola "feditore", ebbi una distorsione percettiva, al punto che i miei occhi videro nitidamente "feritore". Lessi anche così, ma l'insegnante mi corresse. Una spiegazione però non la diede: la scuola è monolitica e priva di ogni tentativo di indagine sul passato, vuole presentare ogni cosa come un mistero, come una nozione pietrificata da inculcare nel cervello senza comprensione delle sue ragioni ultime. Poi venni a sapere che in effetti "feditore" deriva dal verbo arcaico "fedire", che è proprio una variante di "ferire". Dapprima si è avuta dissimilazione della rotica -r- della radice a causa di quella della desinenza dell'infinito -ire. Poi l'occlusiva dentale -d- si è estesa a tutta la coniugazione e ai derivati.

L'equipaggiamento del feditore era composto da un'armatura che egli si doveva comprare a sue spese. Tra le parti di questa armatura, oltre all'elmo, alla cotta di maglia (protezione del corpo, in maglia metallica) e al camaglio (protezione della testa, in maglia metallica), se ne menzionano altre due di particolare importanza: 

maniberga "protezione della mano"   
definizione tecnica: "cilindro di maglia con annesso guanto a moffola, atto alla protezione della mano e del braccio"

pediberga "protezione del piede" 
definizione tecnica: "calza di maglia aperta e allacciata sul retro, atte alla protezione dalla coscia alla caviglia"

Come si può ben comprendere, il corredo di ogni feditore comprendeva due maniberghe e due pediberghe. 

Questa è la definizioni della prima delle due voci, data dall'Enciclopedia delle armi, a cura di Edoardo Mori: 

Maniberga
Term. mil.del medio evo. Armadura della mano, e forse pur del braccio: Manica di maglia che copriva la mano e talvolta anche il braccio. 

La definizione della seconda voce, relativa alla protezione del piede, non è invece inclusa nell'opera menzionata. 


Alcune note etimologiche 

Si capisce all'istante che maniberga e pediberga sono due composti formati a partire rispettivamente dalle parole mano e piede. Invece l'elemento -berga è un tipico germanismo. Stupiscono queste formazioni di carattere ibrido, che sono state trascurate dagli studiosi, nonostante la loro natura mirabile.

Etimologia dell'elemento -berga:

Protogermanico: *bergō "protezione" 
Genere: femminile 
   Antico alto tedesco: -bërga, -përga "protezione" 
   Longobardo: -perga / -berga "protezione"  
N.B. 
Ricorre come secondo elemento in composti, in particolare in antroponimi femminili. 


Possiamo ricostruire agevolmente i composti germanici originali: 

Protogermanico: *χandubergō "protezione della mano" 
     (< *χandu- "mano") 
Protogermanico: *fōtubergō "protezione del piede" 
     (< *fōtu- "piede") 

Esiti antico alto tedeschi: 

AAT: *hantpërga "protezione della mano"
AAT: *fuozpërga "protezione del piede" 

Esiti longobardi: 

Longobardo: *andeperga "protezione della mano"
Longobardo: *fozeperga "protezione del piede" 

Traduzione del primo elemento del composto: 
   ande- (1) => mani- 
   *foze- => pedi- 
Causa della traduzione: formazione di un gergo romanzo-longobardo in epoca tarda. 

(1) Attestato in andegauuerc "manufatti" (Rotari). 

Esiste nell'italiano letterario anche un altro vocabolo militare formato in modo simile, anche se di diverso genere grammaticale: usbergo "armatura, corazza" (varianti desuete: asbergo, osbergo), dall'antico provenzale ausberc "cotta di maglia" (varianti: ausberg, asberg, etc.), a sua volta dal francone *halsberg "protezione del collo". Esistono svariate forme mediolatine derivate dalla stessa fonte germanica, come alsbergum, halsbergium, etc. Come si può vedere, in questo caso la trafila è differente da quella di maniberga, pediberga

Conclusioni 

È un vero peccato che simili gioielli lessicali non siano considerati e studiati a dovere, per colpa dell'ottusità dei romanisti, che li trattano come inutili scorie. Questo accade perché in loro l'intelletto è paralizzato dall'ideologia, mentre ad essere ipertrofico è l'ego. 

domenica 20 novembre 2022

UN IMPORTANTE RELITTO LONGOBARDO: MARCOLFA 'PIETRA APOTROPAICA'

Le marcolfe, dette anche margolfe, sono pietre apotropaiche a forma di volto, collocate sulle architravi delle porte, sulle pareti delle case o sulle fontane. In molti casi questi volti hanno un'espressione minacciosa, con occhi dilatati e denti che sporgono, mentre in altri invece sono impassibili o contorti in ghigni grotteschi. Il loro scopo, nel sentire popolare, era quello di custodire i luoghi, tenendo alla larga streghe, spiriti maligni e nemici. Le marcolfe sono particolarmente diffuse nelle zone appenniniche tra Toscana, Emilia Romagna e Liguria, ma se ne trovano anche altrove. 

Anche se l'uso di scolpire questi bizzarri manufatti è certamente antichissimo e precristiano, con ogni probabilità risalente ai Celti (basti pensare al culto dei crani), il loro nome è di chiara origine longobarda. Molte marcolfe risalgono al Basso Medioevo, per lo più dal XIII al XV secolo, ma se ne trovano anche di più recenti, dato che la tradizione non si è mai del tutto interrotta. Si segnala l'opera di Gionata Orsini, un moderno scultore di Fanano, nel Frignano, molto impegnato nel dare forma a queste teste petrigne. A quanto ho potuto apprendere nel corso dei miei studi, le marcolfe sono anche chiamate "mummie", anche se non mi è chiaro il motivo di questa denominazione. 



Etimologia: 

Protogermanico: *markō "confine", "regione", "area"
Protogermanico: *wulfaz "lupo" 



Composto: 

Protogermanico: *markōwulfaz 
Significato: lupo dei confini, i.e. custode dei confini 

Esiti longobardi: *marchulf, *marcholf 
    Forme plurali: *marchulfos, *marcholfas 
    Esiti romanzi: marcolfa, margolfa 
N.B. 
Si è avuta una reinterpretazione, del tutto naturale, delle forme plurali longobarde intese come forma singolare femminile, in origine di significato collettivo. 

La terribile Marcolfa

Notiamo subito che la designazione delle pietre antropomorfe descritte richiama un nome di persona femminile ormai rarissimo e ignoto ai più. Marcolfa è un personaggio immaginario, moglie di Bertoldo, madre di Bertoldino e nonna di Cacasenno. Donna molto rude ma di grande saggezza, è protagonista di due racconti di Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550 - Bologna, 1609): 

1) Le sottilissime astuzie di Bertoldo
2) Le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino

Questi racconti sono stati raccolti nel 1620 nel volume Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, con l'aggiunta dell'ulteriore seguito, Novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino, scritto da Adriano Banchieri. Le vicende ebbero poi diverse trasposizioni cinematografiche; nella più celebre, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, diretta da Mario Monicelli nel 1984, i panni di Marcolfa erano vestiti da Annabella Schiavone. È quel film con un Ugo Tognazzi particolarmente grottesco eppur massiccio, per non parlare del figlio di Maurizio Nichetti che fa appena in tempo a nascere e già smerda tutti, a partire dal Re: ricordo ancora le scariche di diarrea in faccia dell'esterrefatto Lello Arena! 

Origini dei nomi Marcolfo, Marcolfa 

Ora presento il problema. Giulio Cesare Croce, vissuto in epoca prescientifica, ignorava tutto sulla lingua dei Longobardi. Si cullava nell'illusione che Alboino (circa 530 - 572) parlasse italiano - basti pensare all'epitaffio di Bertoldo - oppure una lingua galloitalica non diversa da quelle di uso corrente nell'Italia Settentrionale nel XVI secolo. Ignorava del tutto l'esistenza di una lingua germanica che era stata portata da Nord e che continuava nel suo sacrosanto uso. Sarebbe andato vicino al vero se avesse affermato che Alboino parlava todesco. Quello che lo scrittore non poteva immaginare è che non esiste un formante antroponimico femminile -olfa derivato dal maschile -ulf, -olf, che invece è ben documentato da innumerevoli esempi e significa "lupo" (dal protogermanico *wulfaz). Eppure la forma femminile di Marcolfo esisteva già prima di Croce e in particolare era presente in area alto tedesca. Come spiegare la cosa? Possiamo soltanto dedurre che l'antroponimo femminile Marcolfa è stato derivato a partire da quello maschile come forma secondaria. 

Attestazioni in antico alto tedesco: 

Markulf
Marculf (*),
Marculph (*), 
Markolf
Marcolf (*),
Marcholf (*), 
Markholf (**)

(*) 
Förstemann, 1856.
(**) Arcivescovo di Magonza (1141 - 1142). 

Significato:
Lupo dei Confini, i.e. Colui che custodisce i confini 

Forme latinizzate: 

Marculphus,
Marcolfus 

Forma femminile: 

Marculpha 
(derivata dal maschile Marculph)
N.B.
Il significato non è "Lupa dei Confini" o "Colei che custodisce i confini", bensì "(Che è come) Marcolfo", "(Simile a) Marcolfo".

Natura dell'antroponimo:
apotropaica 

Per far comprendere meglio il menzionato problema del femminile, basti menzionare che il nome germanico della lupa è molto diverso e non è usato come formante antroponimico. 

Protogermanico: *wulbī / *wulgī 
Significato: lupa 


Brevi note agiografiche 

San Marculfo (circa 500 - 588) era un abate franco, festeggiato il 1° maggio. Monaco ed eremita, fu quindi abate di Nantus e di Cotentin. Le sue reliquie furono traslate a Corbeny, in Normandia, e in seguito usate per l'incoronazione dei re di Francia. 

Marcolfo: origini del personaggio grottesco

Il Dialogus Salomonis et Marcolphi (Dialogo di Salomone e Marcolfo) è una novella medievale satirica, derivata dal ciclo salomonico e di antica tradizione: nel Decretum Gelasianum (VI secolo) era già presente nella lista dei testi apocrifi e proibiti un'opera di argomento simile, menzionata come Scriptura quae appellatur Salomonis Interdictio. Il testo in latino della novella risale al XII secolo ed è scritto nel pungente e scurrile stile dei clerici vagantes. Questo è l'incipit:  
 
«Cum staret rex Salomon super solium David patris sui,
plenus sapiencia et divicijs,
vidit quendam hominem Marcolfum nomine
a parte orientis venientem,
valde turpissimum et deformem, sed eloquentissimum.
Uxorque eius erat cum eo,
que eciam nimis erat terribilis et rustica.» 

«Il re Salomone, sedendo sul trono di Davide suo padre,
colmo di sapienza e di ricchezze,
vide un tale individuo di nome Marcolfo
che giungeva da oriente,
davvero orribile e deforme, ma tanto loquace.
E la moglie di questi era con lui,
ed anch'essa era davvero terribile e rozza.» 


Le testimonianze sono tuttavia più antiche e risalgono al X secolo. Il dottissimo abate Notkero III Labeone di San Gallo (circa 950 - 1022) fa menzione del grossolano ma furbissimo Marcolfo: 

«Vuaz ist ioh anderes daz man Marcholfum saget sih éllenon uuider prouerbiis Salomonis?
An diên allen sint uuort scôniû, âne uuârheit.» 

«Cos'è mai ciò che Marcolfo argomenta contro i proverbi di Salomone?
Null'altro che belle parole senza verità alcuna.» 
N.B.
I nomi propri maschili avevano spesso terminazioni latine anche in testi in antico alto tedesco della Germania, proprio come nelle attestazioni longobarde!   

Risulta evidente che questo Marcolfo altri non è che il prototipo del Bertoldo di Giulio Cesare Croce (e di Monicelli). L'opera medievale era però ben più interessante: parlava di eruttazioni dal culo! 

Salomon: Benefac iusto, et invenies retribucionem magnam ; et si non ab ipso, certe a domino.
Marcolfus: Benefac ventri, et invenies eructacionem magnam ; et si non ab ore, certe a culo.

Come si può vedere, il Signore finiva con l'essere contrapposto al deretano! 
Il Croce, piuttosto pudibondo e forse temendo processi per eresia, si è dato da fare per "ripulire" ogni traccia di escrementi e di volgarità dal testo mediolatino. Inoltre ha cambiato la sua ambientazione, sostituendo Salomone con il grande Re dei Longobardi, Alboino. Dei due cambiamenti appena citati, gradisco poco il primo, mentre sono entusiasta del secondo. 
Ne discende in italiano letterario la voce marcolfo "persona rozza e ignorante". 


Un paio di strani esiti 

Troviamo, in area tedesca, anche due varianti molto problematiche di Markulf, prive di ogni traccia di consonante occlusiva velare: Marolf, Morolf. Un poemetto tedesco databile al 1190 circa si intitola Salman und Morolf. Con ogni probabilità è un altro antroponimo, Marwolf, il cui primo elemento è l'antico alto tedesco mâri "famoso". La confusione con Markulf potrebbe essere dovuta a ragioni superstiziose. Mi propongo di indagare meglio la cosa in successivi approfondimenti. 

Curiosità 

Dario Fu, pardon, Dario Fo, nel 1958 scrisse La Marcolfa, commedia in unico atto. Narra la storia di una donna brutta e povera, che di colpo viene chiesta in sposa da un gran numero di signorotti, convinti che lei sia in possesso di un biglietto vincente della lotteria. 

Conclusioni 

Il nome delle marcolfe, pietre apotropaiche, in ultima analisi ha la stessa etimologia degli antroponimi Marcolfo e Marcolfa, derivando dallo stesso composto protogermanico, tuttavia tramite diverse trafile che ne spiegano le peculiarità morfologiche.

lunedì 31 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DELL'INGLESE AMERICANO PIZZAZZ 'ENERGIA', ''VIGORE'

Le parole gergali usate nell'inglese d'America sono per me fonte di continuo stupore e di sempre rinnovato interesse. Per pura e semplice serendipità, sono riuscito a scovarne una particolarmente strana:   

pizzazz 
Pronuncia: /pɪ'zæz/ 
Varianti: pizazzpizzazpazazzpazzazzpzazzbazazzbezazzbizazzbizzazz  
Uso: sostantivo 
Significato: 
  1) energia, vigore 
  2) vitalità 
  3) qualità eccitante 
Derivati: pizzazzy, pizazzy "caratterizzato da energia, vitalità, etc."; ''che esibisce energia, vitalità, etc." 
Contesto: mondo della moda 
Prima attestazione nota: 1912 
Diffusione del termine: Anni '30 del XX secolo 

Riporto alcune attestazioni per anno (i grassetti sono miei). Sono tutte prese da quotidiani ripugnanti che valgono meno della carta igienica usata! 

Brother Russel declared, bo, that his crowd had already framed it up with some of the big guys in the music world to put the kibosh on this line of junk, and that it was only a question of time before they would have such pieces as "When I Get You Alone Tonight" completely on the pizzazz
(1912) 

Pizazz, to quote the editor of the Harvard Lampoon, is an indefinable dynamic quality, the je ne sais quoi of function; as, for instance, adding Scotch puts the pizazz into a drink. Certain clothes have it, too. 
(1937) 

There's pizazz in this rust evening coat, swinging wide in back, jutting crazily over the shoulders, clasped with a cord at the throat.
(1937)

Classified as a lover with a certain pizzazz / And you might even call it razzamatazz. 
(1979)

Who says a beer can't be exciting, folks. Let me tell you something, folks, this here little can has got more oomph! More pazazz! More body than Mae West any day!
(1979) 

With his miner's helmet in one hand, a white towel in the other, [Mario] Sepúlveda began to dance. He spun with the gusto and pzazz of a huaso, a Chilean cowboy.
(2011) 

Driven by legalized gambling, many of the [Las Vegas] strip's motels had morphed into giant hotels with gambling floors and night clubs and surrounded by large parking lots. Closeness to Hollywood (with its fantasy world of entertainment bizazz) influenced strip architecture.
(2011)

Nah brov … nah brov … you see ultimately … without reason … without technique … without – pazzazz … one is sure to get, left behind …
(2012) 

I don't think bezazz was the particular specialty of my mother … That's right cement and gravel, Chicago. Nice girl I'm told … but more in the line of barns than bezazz. Of course I never really knew her.
(2013) 

As they prepare for Sunday's telling match with Newcastle, Southampton are 12th in the table and their new manager, Mauricio Pellegrino, has introduced such pizzazz that they have mustered five goals in seven league matches.
(2017) 

Per maggiori informazioni sull'origine dei futili e irritanti testi, rimando al Web: 



Proposte etimologiche:

Esistono, per così dire, due scuole di pensiero a proposito dell'etimologia di pizzazz

1) L'origine di pizzazz è dai dialetti dell'Italia Settentrionale, in cui bizzo significa "morso". La parola bizzo è di chiara etimologia longobarda, così come lo è pizza, che in origine significava "boccone" - cfr. antico alto tedesco bîʐan, pîʐan "mordere", pizzo, pizo "morso; boccone"; tedesco moderno beißen, beissen "mordere", etc. Agli inizi del XX secolo, l'uso gergale di bizzo descriveva l'aggiunta di liquore a una bevanda analcolica. Aggiungere il bizzo a qualcosa significava così "dare forza, vigore". In italiano standard potremmo tradurre la parola con "mordente". Un Cuba Libre ha mordente, mentre la semplice Coca Cola non ne ha. Questo è lo slittamento semantico ricostruibile: 

"morso" => 
"mordente", "aggiunta di un alcolico" => 
"energia", "vigore". 

Inoltre deve essere postulato un suffisso accrescitivo/peggiorativo -azzo

bizzo + -azzo = *bizzazzo 

Resta la difficoltà fonetica: sia bizzo che il suffisso -azzo hanno una consonante affricata sorda /tts/, come in cazzo e in mazzo. Non è molto plausibile un suo passaggio alla fricativa sonora /z/ che si trova in pizzazz (è la -s- di rosa). 

2) L'origine di pizzazz è dall'ebraico פזז /pa:'zaz/, che significa "essere agile, veloce" e servirebbe a descrivere l'entusiasmo. Questo è lo slittamento semantico ricostruibile: 

"essere agile, veloce" => 
"vivace", "energico" => 
"cosa vivace", "cosa energica" => 
"energia", "vigore". 

Non sussistono difficoltà fonetiche, dato che il fonema /z/ della parola ebraica è lo stesso che troviamo nella parola gergale inglese. Tuttavia sembra che la semantica sia soddisfacente. Innanzitutto, la parola ebraica פזז è un verbo, per cui si dovrebbe postulare il passaggio prima ad un aggettivo e poi a un sostantivo indicante una qualità. Inoltre la parola ebraica פזז è rara: ricorre due volte soltanto nelle Scritture e denota un tipo di abilità fisica, probabilmente l'agilità. Il Patriarca Giacobbe che le braccia di suo figlio Giuseppe erano agili (Genesi 49:24) e quando Michal vide Davide ballare ed essere agile mentre portava dentro l'Arca dell'Alleanza, lo disprezzò nel suo cuore (2 Samuele 6:16). Esiste anche un altro verbo omonimo פזז /pa:'zaz/, che ricorre soltanto una volta in 1 Re 10:18, ma con un significato del tutto dissimile (e incerto), secondo alcuni "raffinare, purificare", detto dell'oro, secondo altri "solidificare". È estremamente difficile credere che una parola biblica rara e in ogni caso di traduzione incerta possa aver dato origine a una parola gergale in inglese americano. Forse siamo di fronte a uno scherzo escogitato da un rabbino interessato sia agli studi biblici che al mondo della moda? 


Conclusioni: 

Pur apparendo molto verosimili e ragionevoli, entrambe le proposte etimologiche reperibili nel Web presentano problemi notevoli, quasi insormontabili. Questo caso difficile potrebbe rimanere irrosolto ancora per molto tempo.

martedì 25 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI PUNCH 'TIPO DI BEVANDA ALCOLICA'

La parola inglese punch "tipo di bevanda alcolica" ha le sue origini nel subcontinente indiano: deriva dal numerale Hindi पाँच pānc "cinque" (pronuncia /pɑ̃ːtʃ/), per via dei suoi cinque ingredienti originali: un distillato alcolico (in genere rum o arrack), acqua, succo di limone, zucchero, spezie. Il numerale Hindi è a sua volta di origine sanscrita ed eminentemente indoeuropea: sanscrito पञ्चन् páñcan "cinque", a sua volta da IE *penkwe
Se questa derivazione fosse confermata al di là di ogni dubbio, saremmo di fronte a un caso davvero molto interessante di numerale che ha dato origine a un sostantivo concreto, diventato poi una parola viaggiante (Wanderwort) o prestito culturale esteso su vastissimi territori. Ecco alcuni esiti in varie lingue: 

=> Tedesco: Punsch 
   => Ungherese: puncs
   => Russo: пунш (punš
   => Lettone: punšs 
=> Olandese: punch; punspons (obsoleto) 
   => Inglese: punce (obsoleto) 
=> Francese: punch /pɔ̃ʃ/ 
=> Italiano: punch (1); ponce, poncio (obsoleto) 
=> Spagnolo: ponche, punch
=> Catalano: ponx
=> Portoghese: poncha, ponche 
=> Galiziano: ponche
=> Irlandese: puins 
   => Inglese: pince (obsoleto) 
=> Gallese: pwnsh 
=> Polacco: poncz 
=> Giapponese: ポン酢 (ponzu) (2)
=> Giapponese: パンチ (panchi) (3) 
=> Coreano: 펀치 (peonchi)

(1) Ricordo che la sussiegosa Mary Poppins pronunciava la parola con una vocale -o-: /pɔntʃ/. Oggi la pronuncia standard è /pantʃ/. La variante ponce è usata a livello locale (es. a Livorno, in Abruzzo).
(2) Il termine giapponese ponzu, indicante un tipo particolare di punch, è tornato in inglese per effetto boomerang!
(3) Il giapponese ha due forme distinte, ponzu e panchi, perché sono state prese a prestito in tempi e contesti differenti, sviluppandosi così in maniera indipendente. 


Altri tentativi etimologici:

Va detto che esistono studiosi scettici a proposito dell'etimologia di punch dalla lingua Hindi. La sintesi di queste critiche, abbastanza serrate, è contenuta nel dizionario etimologico Etymonline.com. Nel seguito ne riporto la traduzione, che considero sommamente utile. 

(n.2)

La spiegazione risale a "A New Account of East India and Persia, in Eight Letters" (1698) di John Fryer, ma i lessicografi hanno da tempo notato difficoltà fonetiche e storiche. Non c'è prova di una bevanda chiamata panch in India, o altrove, prima della parola inglese; e si sa ora che la parola inglese era in uso prima che gli inglesi diventassero commercianti regolari con le Indie o tentassero insediamenti in India.

Miscele simili al punch a cinque ingredienti, a base di vino, venivano bevute in Europa fin dal Medioevo. Gli alcolici distillati divennero comuni in Inghilterra solo nel XVII secolo, quando divenne comune anche la bevanda punch. Nel 1650 il punch venne chiamato "una bevanda indiana". Assomiglia molto alla bevanda mediorientale sherbet (sorbetto), che differiva solo per essere analcolica; ma l'associazione potrebbe essere stata con il commercio della Compagnia delle Indie Orientali che rendeva gli ingredienti esotici della bevanda accessibili in Inghilterra. Nelle fonti del XVII secolo è spesso associato alle Indie Occidentali: 

"[T]here is a pernicious sort of Drink in great Reputation and Use amongst them [our Country-men, viz. in Iamaica, Barbadoes and the Leward Islands], call'd, PVNCH , [...] This sort of beloved Liquor is made of Brandy or Run, Sugar, Water, Lime-Iuice, and sometimes Ginger or Nutmegs: Now here are four or five Ingredients, all of as different Natures as Light is from Darkness, and all great Extreams in their kind, except only the Water."
[Thomas Tryon, "The planter's speech to his neighbours & country-men of Pennsylvania, East & West Jersey and to all such as have transported themselves into new-colonies for the sake of a quiet retired life." 1684.] 

Traduzione: 

"C'è una sorta di bevanda perniciosa di grande reputazione e uso tra loro [i nostri connazionali, vale a dire in Giamaica, Barbados e Isole Leward], chiamato, PVNCH, [...] Questo tipo di amato liquore è fatto di brandy o rum, zucchero, acqua, succo di lime e talvolta zenzero o noce moscata: ora qui ci sono quattro o cinque ingredienti, tutti di nature tanto diverse quanto la Luce lo è dall'Oscurità, e tutti grandi Estremi nel loro genere, tranne soltanto l'Acqua."  

L'inglese punch è attestato per la prima volta nel termine punch pot (scritto paunche pot), e il riferimento potrebbe essere a una bevanda servita da un particolare tipo di recipiente piuttosto che a una particolare ricetta di bevanda. L'ortografia più vecchia suggerisce una possibile connessione o influenza da parte di paunch ("pancia"). Un collegamento proposto con puncheon ("barile per sapone o liquore") è notato nell'Oxford English Dictionary: "il nome [...] potrebbe essere stato un abbreviazione marinara di puncheon, come quello che i marinai avrebbero cercato per la loro razione di liquore." Ma il primo utilizzo non suggerisce l'origine nautica. 

Un puncheon o poncheon (attestato intorno al 1400) era anche il nome di un'unità di misura per vino o liquore di circa 70 galloni, più dell'uso quotidiano di una famiglia, ma la storia registra ciotole da punch di dimensioni considerevoli destinate a servire grandi riunioni, che potrebbe collegarlo alla nave. Confronta anche le varianti dialettali del francese medio del poncheon, come pochon, con i significati che includevano: una tazza o un bicchiere, un grande mestolo per la zuppa e una sorta di padella o casseruola a tre piedi. 

Un'interpretazione fuorviante:  

Sono rimasto allibito quando sul sito Dersut ho petto quanto segue, in un articolo sul liquore detto ponce alla livornese:  

"Gli inglesi con il loro “punch” a base di 5 ingredienti (punch = “pugno”, “cinque”) – , zucchero, acquavite, limone e cannella – ispirarono la nascita del ponce alla livornese in cui il tè veniva sostituito con del caffè concentrato." 

L'articolista fa confusione tra la parola inglese punch "colpo dato con un pugno" e il numerale Hindi pānc "cinque". In altre parole, afferma che in inglese esista la parola punch "cinque"! Ovviamente si tratta di un'omofonia: punch "colpo dato con un pugno" ha tutt'altra origine, derivando dal medio inglese punchen, bunchen, bonchen "dare un pugno, sferrare un colpo", "battere", di etimologia oscura.  

Conclusioni: 

Nonostante le obiezioni, molto interessanti e dettagliate, riportate da Etymonline.com, resto favorevole all'idea che il nome della bevanda sia derivato dal numerale indiano. Non è necessario che nelle lingue dell'India esistesse già nel XVII secolo una parola panch (o simili) designante una bevanda alcolica composita. È sufficiente che tale parola sia stata utilizzata in modo gergale in un contesto britannico in India (si noterà che la Compagnia Inglese delle Indie Orientali nacque il 31 dicembre 1600). Questa possibilità non può essere esclusa a priori. Così è altrettanto possibile che il termine, formatosi nelle Indie Orientali, si sia radicato molto presto nelle Indie Occidentali. Non dimentichiamoci che i traffici erano intensi e muovevano non soltanto immense quantità di merci, ma anche idee. Era un'epoca interessante, pullulante di sorprendenti connessioni tra paesi lontanissimi.

sabato 1 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI CUM 'SPERMA' E TO CUM 'EIACULARE', 'AVERE L'ORGASMO'

Ricordo una scena di un film trash. Buzzanca stava copulando selvaggiamente in una grande stanza d'albergo. Mentre era in procinto di eiaculare nella sua maliarda, urlava "vino!", intendendo "vengo!" in rumeno maccheronico (in realtà "vino!" significa "vieni!", mentre "vengo" è "eu vin"). I camerieri, materialoni stoltissimi, gli portavano caraffe di vino rosso, credendo che egli volesse ubriacarsi durante l'amplesso.

Questa è la pagina del Wiktionary che riporta le forme della coniugazione del verbo rumeno in questione:

(vedi coniugazione)

L'episodio porta ad alcune mortificanti riflessioni:
1) Basta un cambiamento fonetico minimo per rendere incomprensibile una parola
2) Basta una stupida omofonia per trarre in inganno (vedi anche il caso dell'idromele: come la gente ne sente parlare, pone subito la fastidiosissima domanda sulle mele del cazzo).
3) Regna e imperversa la fede cieca nell'assoluta sovrapponibilità e traducibilità di tutte le lingue. Appurata l'esistenza di una frase idiomatica in una lingua, questa viene automaticamente creduta esistente in tutte le altre e tradotta in modo letterale.  

No. Non è assolutamente detto che la parola "venire" sia usata dovunque col significato di "avere l'orgasmo", "godere". Nella stessa lingua italiana, potrebbe benissimo essere un calco dell'inglese to cum, diffuso con la pornografia negli anni '70 e '80 dello scorso secolo. Non si può dare nulla per scontato: è necessaria un'indagine rigorosa.
Si noterà che l'inglese non ha parole distinte per indicare i concetti di "avere l'orgasmo" (detto di uomo o di donna) e di "eiaculare" (detto di uomo): entrambi i significati sono resi da to cum

Esempi di fraseologia:

"godo" => I cum
"sborro"
=> I cum
"sto godendo"
=> I'm cumming
"sto per sborrare"
=> I'm cumming
"sto sborrando"
=> I'm cumming
"mi fa godere"
=> she makes me cum
"mi fa sborrare"
=> she makes me cum
"fammi godere"
=> let me cum
"fammi sborrare"
=> let me cum

Alcune note di grammatichina inglese

A scuola si insegna con grande cura e pedanteria la differenza tra il presente abituale e quello progressivo in -ing, ma ci sono moltissimi usi particolari ed eccezioni.
Per quanto riguarda il verbo to cum "sborrare", "godere", le due forme di presente si equivalgono. Se qualcuno dice "I cum", intende generalmente dire "I'm cumming": non si tratta per necessità di un presente abituale. 

"When used as a noun, it usually refers to sperm. When used as a verb, it can be used to describe both men and women. You didn't mention part of speech, although @Kevin made that helpful distinction in his answer, i.e. between noun and verb"
(Ellie Kesselman, 2023) 

Traduzione: 

"Quando è usato come nome, di solito si riferisce allo sperma. Quando è usato come verbo, può essere usato per descrivere sia gli uomini che le donne. Tu non hai menzionato la parte del discorso, tuttavia @Kevin ha fatto questa utile distinzione nella sua risposta, ossia tra nome e verbo" 

Il verbo è considerato regolare (debole) o irregolare (forte)

"he cummed in her mouth"
"he came in her mouth"


Il participio passato è per lo più regolare (debole): cummed. La variante cum sembra un'abbreviazione di cummed. Tuttavia, secondo Wikipedia, le forme irregolari (forti) sono diffuse: cum, come.

"cummed tits":
"Huge cummed tits brunette babe Amy Anderson"
quasi sinonimo: creampied
cum boobs = cummed boobs
"cummed lips"
"Your pussy is so cute, and her cummed lips are so hot"
"Would you kiss me with a cummed lips?"
"The most I love kissing girl cummed lips and cum boobs"

etc.

Appurato questo, qual è la vera origine di to cum "eiaculare; godere" e di cum "sperma"? Il problema è annoso e di difficile soluzione.

Proposte etimologiche

1) Esiste l'idea che si tratti di un'abbreviazione di "come to climax", ossia "giungere al culmine".

"It's an informal way of spelling 'to come', which can mean having an orgasm. How exactly that verb has become associated with sexual acts is unclear (to me). My best guess would be that it was commonly used in a phrase similar to:
I'm coming to an orgasm!"

(Kevin, 2011) 

Traduzione: 

"È un modo informale di scrivere 'to come', che può significare avere un orgasmo. Non è chiaro (per me) come esattamente quel verbo sia stato associato ad atti sessuali. La mia ipotesi migliore sarebbe che fosse comunemente usato in una frase simile a: Sto arrivando all'orgasmo!"

Un tempo si usava dire anche in Italia "venire all'orgasmo" (esempio: "le faccio un ditalino e la faccio venire all'orgasmo"). Questa locuzione ormai è completamente desueta, non l'ho più sentita dall'epoca in cui ero adolescente.
Quello che manca completamente in italiano è un sostantivo derivato dal verbo calcato sull'inglese: non si è mai usata una parola come "venuta" col senso di "sperma".

"To this, I will add that as far as the verb come is concerned, there are similar constructions in German (kommen) and French (arriver)."
(RegDwigHt, 2011) 

Traduzione: 

"A questo aggiungo che per quanto riguarda il verbo venire esistono costruzioni simili in tedesco (kommen) e francese (arriver)."

L'argomento di ReDwigHt non è risolutivo: è ben possibile che in tedesco e in francese, proprio come in italiano, sia stata la produzione pornografica a causare un calco dell'inglese to cum.
Anche il tedesco e il francese non dispongono di sostantivi per indicare lo sperma, che siano derivati dai verbi kommen e arriver.
In questo, italiano, tedesco e francese differiscono radicalmente dall'inglese.

2) Esiste l'idea insensata che to cum "eiaculare, etc." derivi dalla preposizione latina cum "con, insieme a" (glossa inglese: with, together with).
Il percorso semantico escogitato dai fautori di questa proposta è ingegnoso ma abbastanza contorto.
John-cum-Paula significherebbe così "John (è) insieme a Paula",  ossia "John e Paula fanno coppia", da cui si sarebbe ingenerato lo slittamento semantico "John sborra Paula" (dentro o sul corpo). Da qui il significato si sarebbe esteso, arrivando a indicare anche l'orgasmo femminile. 
Detestando i romanisti e gli etimologi popolari, sono incline a irridere questa pseudoetimologia. Devo però riconoscere che chi l'ha avanzata poteva pensare di avere qualche ragione, basandosi sul buon senso e sull'evidenza della vita di coppia. 

3) I verbi to come "venire" e to cum "eiaculare, etc." non hanno tra loro alcuna connessione. In altre parole, si tratta di una pura e semplice omonimia dovuta a coincidenza. Possiamo pensare che il verbo relativo all'orgasmo fosse in origine regolare (debole) e che le forme irregolari (forti) si debbano ad analogia con to come "venire".  
Conclusioni: 
1) è perfettamente nota l'etimologia indoeuropea di to come "venire";
2) l'etimologia di to cum "eiaculare, etc." è sconosciuta e tale potrebbe permanere ancora a lungo.  

Un'importante attestazione 

La prima attestazione di to cum, in realtà to cum off, si trova in una poesia della metà del XVII secolo, Walking in a Meadow Green, contenuta nel cosiddetto Percy Folio, un enorme manoscritto recuperato dal poeta, religioso e antiquario inglese Thomas Percy, Vescovo di Dromore (1729 - 1811). Purtroppo il Percy Folio è rimasto gravemente danneggiato da domestici maligni che ne hanno strappato molte pagine per accendere il camino e con ogni probabilità anche per pulirsi il deretano dopo aver defecato. Riporto la poesia per intero, nella malferma ortografia originale. L'autore secentesco è anonimo. Ecco il testo, tutto incentrato sull'irreversibilità della sborra:  

Walking in a Meadow Green
(Bishop Thomas Percy, 1650)

Walking in a meadowe greene,
fayre flowers for to gather,
where p[r]imrose rankes did stand on bankes
to welcome comers thither,
I hard a voice which made a Noise,
which caused me to attend it,
I heard a lasse say to a Ladd,
"once more, & none can mend it."


They lay soe close together,
they made me much to wonder;
I knew not which was wether,
vntill I saw her vnder
then off he came, & blusht for shame
soe soone that he had endit;
yet still shee lyes, & to him cryes,
"Once More, & none can mend it."


His lookes were dull & verry sadd,
his courage shee had tamed;
shee bad him play the lusty lad
or else he quite was shamed;
"then stifly thrust, hee hit me iust,
ffeare not, but freely spend it,
& play about at in & out;
once more, & none can mend it."


And then he thought to venter her,
thinking the ffitt was on him;
but when he came to enter her,
the poynt turnd backe vpon him.
Yet shee said, "stay! goe not away
although the point be bended!
but toot againe, & hit the vaine!
once more, & none can Mend it."


Then in her Armes shee did him fold,
& oftentimes shee kist him,
yett still his courage was but cold
for all the good shee wisht him;
yett with her hand shee made it stand
soe stiffe shee cold not bend it,
& then anon shee cryes " come on
once more, & none can mend it!"


"Adew, adew, sweet hart, "quoth hee,
"for in faith I must be gone"
"nay, then you doe me wronge, "quoth shee,
to leaue me thus alone."
Away he went when all was spent,
wherat shee was offended;
Like a troian true she made a vow
shee wold have one shold mend it. 

Traduzione: 

Camminando in un prato verde,
fiori favolosi da raccogliere,
dove sui banchi si trovavano i ranghi delle primule
per accogliere i visitatori che vengono lì,
Ho forte una voce che faceva rumore,
che mi ha spinto a parteciparvi,
Ho sentito una ragazza dire a un ragazzo,
"Ancora una volta, e nessuno può ripararlo." 

Giacevano così vicini,
mi hanno fatto molto meravigliare;
Non sapevo quale fosse il motivo,
finché non l'ho vista sotto
poi lui sborrò, arrossendo per la vergogna
tanto presto ebbe fine;
eppure lei mente ancora, e lo implora,
"Ancora una volta, e nessuno può ripararlo."

Il suo aspetto era spento e molto triste,
il suo coraggio lei lo aveva domato;
gli aveva detto di interpretare il ragazzo voglioso
oppure si vergognava parecchio;
"poi spingi forte, mi ha colpito giusto,
non temere, ma consumalo liberamente,
e gioca dentro e fuori;
ancora una volta, e nessuno può ripararlo." 

E allora pensò di ingravidarla,
pensando che il problema fosse per lui;
ma quando venne ad entrare in lei,
la punta si rivoltò contro di lui.
Eppure lei disse: "Resta! Non andare via
anche se la punta è piegata!
ma suona ancora e colpisci la vagina!
Ancora una volta, e nessuno può ripararlo."

Poi nelle sue braccia lo fece piegare,
e spesso lo baciava,
eppure il suo coraggio era tutt'altro che freddo
per tutto il bene che gli augurava;
eppure con la mano lo fece stare in piedi
così rigida che lei non poteva piegarla,
e poi subito implora "andiamo".
Ancora una volta, e nessuno può ripararlo!"

"Addio, addio, tesoro", disse lui,
"perché in fede devo andarmene"
"no, allora mi fai un torto", disse lei,
"a lasciarmi così sola."
Lui se ne andò quando tutto fu trascorso,
per questo lei si offese;
Come una vera troiana, lei fece un voto:
ne vorrebbe uno che lo riparasse.

Glossario:

adew "addio" (1) 
cold = could 
ffeare not "non temere" 
ladd "ragazzo"
lasse "ragazza" 
meadowe greene "prato verde" (2)  
off he came "eiaculò"
quoth hee "disse lui"
quoth shee "disse lei" 
shee kist = she kissed 
shold = should 
soe = so 
sweet hart "tesoro" (3) 
toot "suona (il corno)", "scorreggia"  
vaine "vagina" (4) 
wold = would 
yett = yet 

(1) Deriva dall'antico francese adieu. Secondo l'Oxford English Dictionary, questa parola ricorre soltanto in medio inglese. 
(2) Gli aggettivi erano spesso posposti, con buona pace delle odierne maestrine gnè-gnè
(3) Sta chiaramente per sweet heart e non ha nulla a che fare con hart "cervo maschio". 
(4) A quanto mi risulta è un hapax. Deriva dall'antico francese. Nel Web si trova spesso scritto hit the vain anziché hit the vein "colpisci la vena" (nel linguaggio dei medici e in quello dei tossicomani), che a mio avviso non ha nulla a che fare col vaine della poesia. 

Walking in a Meadow Green irradia angoscia e senso dell'irreparabile: è una testimonianza di un'epoca in cui era chiaro a tutti che il sesso non è affatto un gioco innocuo. 


Derivati e composti

Esistono numerosi derivati di cum "sperma":   

cumbucket, cumdump, cum dumpster, cum receptacle
"persona laida" (lett. "serbatoio di sborra")
"persona promiscua" (spesso detto di omosessuali o bisessuali)

cumrag
"fazzolettino usato per pulire lo sperma"
"persona che fa sesso occasionale ricevendo sperma dentro o addosso"
Può dirsi di donne o di omosessuali effeminati.

cum guzzler
"inghiottitrice di sperma", "inghiottitore di sperma" 
Note: 
Si dice di donne o di omosessuali effeminati che praticano ossessivamente la fellatio a partner promiscui ingurgitando il materiale genetico.

cum towel
"fazzolettino usato per pulire lo sperma"
Note: 
Si dice di donne remissive, che si umiliano prendendo spermi differenti.

cumskin 
termine usato dai MANDINGO per indicare i bianchi, irridendoli (lett. "pelle di sborra").

cum tribute
"foto di una persona, su cui un uomo si masturba e versa lo sperma"

cum catcher
"un condom"; "una persona molto promiscua"
(alla lettera: "che acchiappa lo sperma")

Gli Anglosassoni sono lividi e violenti.

Tentativi di traduzione letterale: 

cumrag "straccio zuppo di sborra"
cumslut "troia di sborra"
cumsoaked "zuppo di sborra"

Non fa specie che il politically correct sia nato anche come reazione ad abusi verbali di questa specie, che non ho mai sentito proferire in Italia. Si tratta a mio avviso di un vero e proprio tabù verbale. In Italia c'è una sorta di interdetto che impone di non essere troppo espliciti nell'insultare una donna promiscua e persino un omosessuale. Si sente dire che una è una "troia", che uno è un "frocio",  un "finocchio" o un "ricchione", ma non che è una "latrina di sborra", un "cencio sborrato" o simili. 

martedì 27 settembre 2022

ETIMOLOGIA DI LANDFOGTO 'MAGISTRATO DISTRETTUALE'

Ricordo ancora nitidamente quando visitai il castello di Locarno in compagnia di amici. Accadde un fatto che ha dell'incredibile e che ancora oggi desta il mio stupore. C'era una camera con una scritta sopra l'architrave della porta d'ingresso. Incredulo, lessi questa scritta, chiarissima ai miei occhi: 

SALA DEI LINFOCITI 

Fui colpito da un intenso mal di testa e da un senso di grande confusione. Mi ci volle un po' per capire che il mio cervello mi stava ingannando. Non potendo in alcun modo darsi una spiegazione dei dati che gli giungevano dagli occhi, i neuroni increduli e le sinapsi sovraccariche hanno operato una distorsione percettiva che è culminata in un'autentica allucinazione. Il dato reale, oggettivo, è stato sostituito da un tentativo di interpretazione fallace. Una cosa atroce! Alla fine, con immensa fatica, sono riuscito a distinguere la scritta vera: 

SALA DEI LANDFOGTI 

Lì per lì mi sono chiesto che diamine di parola fosse mai quella che i miei occhi mi stavano mostrando, ma quasi subito sono riuscito a riconoscere un composto formato a partire dal tedesco Land "terra, terreno", "territorio". Il secondo membro del composto è mascherato da un'ortografia inconsueta ma non è poi così difficile da comprendere. Ho allora capito che era un prestito dal tedesco all'italiano incerto del Canton Ticino. Landfogto significa "magistrato distrettuale". Si pronuncia Lanfocto e spesso si scrive anche così. Ecco la trafila della seconda parte del composto:  

Latino classico: advōcātus "avvocato, attendente";
      "sostenitore", "mediatore", "aiutante", "difensore"  
  Latino medievale: (ad)vocatus 
  => Antico alto tedesco: fogat "balivo", "giudice", "avvocato",
           "patrono"
      Medio alto tedesco: voget "balivo, magistrato" 
           varianti: vogt, voit, woith, vougt 
      Tedesco moderno: Vogt "balivo, magistrato"
      Pronuncia: /fo:kt/ (standard); 
                           /fo:xt/ (Germania settentrionale e centrale; 
                           Franconia, Baviera settentrionale) 
      Declinazione: gen. Vogts, Vogtes; pl. Vögte  
      Derivati: Vogtei "protettorato; prefettura" 

Nel Canton Ticino i funzionari detti Landfogti operarono per ostacolare la diffusione della Riforma Protestante e per promuovere lo sviluppo economico (due obiettivi che fanno a pugni tra loro, si noterà). 
Vogt era il titolo usato in area tedesca per indicare chi gestiva un'avvocazia.  

Termini derivati: 

Olandese: (land-)voogd "governatore"
Danese: foged "ufficiale giudiziario"
Norvegese: fogd "ufficiale giudiziario"
Svedese: fogde "ufficiale giudiziario" 
Polacco: wójt "impiegato governativo"; "balivo,
     signore di un comune rurale"
Finlandese: vouti "balivo"
Lituano: vaitas "balivo" (desueto)
Rumeno: voit "balivo" (desueto) 

Sono numerosi i cognomi derivati dal tedesco Vogt, alcuni dei quali diffusi anche nell'area di lingua olandese. Lo stesso Vogt è comunissimo in Norvegia.  

Vogt 
de Vogt
 
van Vogt 
Vogd 
Vogdt 
Voet 
Voigt 
Voight 
Voit 
von Voit 
Voogd 
etc. 

Sicuramente ci saranno altre varianti ancora. Ecco che l'eventuale lettore potrà finalmente comprendere l'origine del bizzarro cognome dello scrittore di fantascienza Alfred Elton van Vogt (Gretna, 1912 - Los Angeles, 2000), come pure il nome del famosissimo test Voight-Kampff che compare nell'opera di Philip K. Dick (Chicago, 1928 - Santa Ana, 1982), Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968). Inoltre, Georg Voigt (Königsberg, 1827 - Lipsia, 1891) fu uno storico e umanista tedesco, che scrisse un'opera in tre volumi su Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini. Se non vado errato, Dick era abbastanza fissato su questo pontefice. Riporto nel seguito un elenco di personaggi il cui cognome è formato a partire dal prestito latino in tedesco.  

VOGT  
Alfred Vogt (1879–1943), oftalmologo svizzero
Alois Vogt (1906–1988), Deputato Primo Ministro del Liechtenstein
Andreas Vogt (1880-1958), politico liechtensteinese 
Achim Vogt (1970, viv.), sciatore alpino liechtensteinese
Carina Vogt (1992, viv.), saltatrice con gli sci tedesca 
Carl Vogt (1817–1895), scienziato e filosofo tedesco 
Carl Vogt (1817-1895), filosofo e zoologo tedesco
Emil Vogt (1863-1936), architetto svizzero 
Erich Vogt (1929–2014), fisico canadese
Eskil Vogt (1974, viv.), sceneggiatore e regista norvegese 
Evon Z. Vogt (1918–2004), antropologo americano
François-Xavier Vogt (1870-1943), vescovo cattolico francese
Franz-Josef Vogt (1985, viv.), calciatore liechtensteinese
Fredrik Vogt (1892-1970), ingegnere norvegese
Gerhard Vogt (2003, viv.), calciatore tedesco 
Hans Vogt (1903–1986), linguista norvegese
Heinrich Vogt (1890-1968), astronomo tedesco
Heinrich Vogt (1875-1936), neurologo tedesco
Jakob Vogt (1902-1985), sollevatore tedesco
Jordan Vogt-Roberts (1984, viv.), regista, attore e sceneggiatore statunitense
Jørgen Herman Vogt (1784-1862), politico norvegese
Joseph Vogt (1895-1986), storico tedesco
Kevin Vogt (1991, viv.), calciatore tedesco
Lars Vogt (1970-2022), pianista tedesco 
Linda Vogt (1922–2013), flautista australiana
Lorenz Juhl Vogt (1828–1901), politico norvegese
Lothar Vogt (1952, viv.), scacchista tedesco
Luis Vogt (2002, viv.), sciatore alpino tedesco 
Marthe Louise Vogt (1903–2003), neuroscienziata tedesca
Mary E. Vogt (1950, viv.), costumista statunitense
Matthias Theodor Vogt (1959, viv.) storico e musicologo tedesco
Miriam Vogt (1967, viv.), sciatrice alpina tedesca 
Niels Nielsen Vogt (1798–1869), politico norvegese
Oliver Vogt (1980, viv.), cestista svizzero
Oskar Vogt (1870-1959), neurologo tedesco
Petra Kandarr, nata Vogt (1950-2017), atleta tedesca 
Ramona Vogt (..., viv.), fisico statunitense
Richard Vogt (1894-1979), ingegnere aeronautico tedesco 
Rochus Eugen Vogt (1929, viv.), fisico tedesco-americano 
Roland Vogt (1941–2018), politico tedesco
Roy Vogt (1934-1997), economista canadese e critico letterario 
Stephanie Vogt (1990, viv.), tennista liechtensteinese
Steven S. Vogt (1949, viv.), astronomo statunitense 
Svend Borchmann Hersleb Vogt (1852–1923), politico norvegese 
Thorolf Vogt (1888–1958), geologo norvegese 
Ulrich Andreas Vogt (1952, viv.), tenore tedesco e direttore di orchestra 
Von Ogden Vogt (1879-1964), teologo americano 
William Vogt (1902-1968), ornitologo americano e scrittore di problemi di popolazione globale

de VOGT 
Carl de Vogt (1885-1970), attore e cantante tedesco

VOGDT 
Eberhard Vogdt (1902-1964), cordaio estone,
Marion Vogdt (1956, viv.), politico tedesco 

VOGTS 
Berti Vogts (1946, viv.), calciatore e allenatore tedesco
Howard C. Vogts (1929-2010), allenatore di football americano 

VOET 
Alexander Voet il Vecchio (1608-1689), incisore ed editore fiammingo
Alexander Voet il Giovane (1637–1693/1705), incisore ed editore fiammingo
Gijsbert Voet (1589–1676), teologo olandese
Jacob Ferdinand Voet (circa 1639–1689/1700) ritrattista barocco fiammingo
Johann Eusebius Voet (1706–1788), medico, poeta, illustratore ed entomologo olandese
Johannes Voet (1647–1713), giurista olandese
Judith G. Voet (1941, viv.), biochimica americana e autrice di libri di testo
Willy Voet (1945, viv.), fisioterapista sportivo belga

VOIGT
Alexander Voigt (1978, viv.), calciatore tedesco
Angela Voigt (1951-2013), atleta tedesca
Brooke Voigt (1993, viv.), ex snowboarder canadese 
Cynthia Voigt (1942, viv.), autrice americana di libri per ragazzi 
Deborah Voigt (1960, viv.), soprano statunitense 
Edwin Edgar Voigt (1892–1977), vescovo metodista americano
Ellen Bryant Voigt (1943, viv.), poetessa tedesco-americana
Emil Voigt (1879–1946), ginnasta e multiplista statunitense
Emil Voigt (1883–1973), mezzofondista britannico 
Erika Voigt (1898–1952), attrice danese 
Eva-Maria Voigt (1921-2013), filologa tedesca
Frederick Augustus Voigt (1892–1957), giornalista inglese
Friedrich Siegmund Voigt (1781–1850), zoologo e botanico tedesco 
Georg Voigt (1827-1891), storico tedesco
Harry Voigt (1913-1986), velocista tedesco
Ian Voigt (..., viv.), tecnico del suono britannico 
Irma Voigt (1882–1953), Decano delle Donne all'Università dell'Ohio 
Jaap Voigt (1941, viv.), giocatore olandese di hockey
Jan Voigt (1928–1997), attore e ballerino norvegese 
Jens Voigt (1971, viv.), ciclista tedesco
Joachim Otto Voigt (1798-1843), botanico danese 
Johann Carl Wilhelm Voigt (1752-1821), geologo tedesco
Johannes Voigt (1786–1863), storico tedesco 
Margarete Voigt-Schweikert (1887–1957), compositrice tedesca e critico musicale 
Mario Voigt (1977, viv.), politico democristiano tedesco 
Noelia Voigt (1999, viv.), Miss USA 2023
Richard Voigt (floruit XX sec.), ciclista su strada tedesco
Teresa Fioroni-Voigt (1799-1880), pittrice italiana
Udo Voigt (1952, viv.), politico ultra-conservatore tedesco 
Vanessa Voigt (1997, viv.), biatleta tedesca
Wilhelm Voigt (1849–1922), criminale tedesco (il Capitano di Köpenick)
William "Will" Bryant Voigt (1976, viv.), allenatore di pallacanestro  statunitense
Woldemar Voigt (1850–1919), fisico tedesco
Woldemar Voigt (1907–1980), ingegnere tedesco 
Wolfgang "Gas" Voigt (1961), musicista tedesco 

VOIGHT 
Barry Voight (1937, viv.), geologo americano
Charles Voight (1887–1947), cartonista americano
Dutch Voight (1888–1986), gangster americano
Robert G. Voight (1921–2008), accademico americano
Jack Voight (1945, viv.), Tesoriere dello Stato del Wisconsin
Jonathan "Jon" Voight è un attore e produttore statunitense, nato a Yonkers, New York nel 1938. 
La famosa attrice Angelina Jolie è nata Angelina Jolie Voight  nel 1975 ed è proprio la figlia del sopracitato Jon Voight. Suo fratello James Haven è nato James Haven Voight nel 1973. 

VOIT 
Brigitte Voit (1963, viv.), professore di chimica 
Eszter Voit (1916-1990), ginnasta ungherese
G. Mark Voit (1961, viv.), fisico americano
Louis Linwood Voit III (1991, viv.), giocatore di baseball americano
Otto Emil Voit (1845–1906), soldato americano decorato 
Robert Voit (1889-1963), artista americano 

von VOIT 
Carl von Voit (1831-1908), fisiologo e dietista tedesco 
Richard Jakob August von Voit (1801-1870), architetto tedesco 

VOOGD 
Bob de Voogd (1988, viv.), giocatore olandese di hockey su prato
Floris de Voogd (circa 1228-1258), fratello e procuratore di Guglielmo II d'Olanda
Hendrik Voogd (1768–1839), pittore e incisore
Jan de Voogd (1924–2015), politico olandese

Abbiamo inoltre qualche altra ricorrenza interessante del termine: 

Herr Vogt è il titolo di una pubblicazione polemica pubblicata da Karl Marx;
Vogt è un comune del distretto governativo di Tubinga (Baden-Württemberg, Germania);  
Funker Vogt è un progetto tedesco di musica elettronica; 
4378 Voigt è un asteroide della fascia principale; 
L'Effetto Voigt è un fenomeno magneto-ottico; 
La Notazione di Voigt è un sistema di scrittura dei tensori.

lunedì 19 settembre 2022

ETIMOLOGIA DELLO SPAGNOLO BRUJO 'STREGONE', BRUJA 'STREGA'

Il professor Fabio Calabrese, persona di cui ho la massima stima, molto spesso si diverte a fare battute argute fondate su assonanze. In una di queste, la parola spagnola brujo "stregone" è considerata omofona dell'italiano bruco "larva di lepidottero". In realtà la pronuncia non è proprio identica. L'omofonia è molto approssimativa: in spagnolo c'è una fricativa velare /x/, mentre in italiano c'è una semplice occlusiva velare /k/. In altre parole, -j- in brujo ha un suono simile a quello di -ch- del tedesco Achtung. Mi rendo conto che per un parlante della lingua italiana non sia facile distinguere suoni a cui non è abituato. Detto questo, sorge una domanda. Qual è l'etimologia delle parole spagnole brujo "stregone" e bruja "strega"? 

L'idea dei romanisti, che sono inclini a spiegare Omero con Omero, è che il brujo sia proprio un bruco, ossia una larva di lepidottero, intesa come manifestazione demoniaca. La parola viene quindi ricondotta al greco βροῦχος (brûkhos) "tipo di locusta senza ali", passato in latino tardo come brūchus, da cui per l'appunto l'italiano bruco. La parola greca, presente in liste di vocaboli di epoca bizantina, è attestata anche la variante βροῦκος (brûkos), senza consonante aspirata; Esichio ci riporta per Creta la variante βρεῦκος (brêukos). L'origine ultima è sconosciuta, anche se si riconosce il suo aspetto non indoeuropeo. Un possibile lontano parente potrebbe essere il latino ērūca "bruco", con la variante ūrūca (potremmo ricostruire una protoforma *ewrouka). L'idea evocata è quella di una masticazione immonda, di un rosicchiare magico che indurrebbe il maleficio, provocando un danno ai viventi - esseri umani o animali che siano.  

I romanisti in questione non tengono conto del fatto che la parola in analisi non è presente soltanto in spagnolo, ma anche in altre lingue romanze occidentali (in cui -x- ha il suono "palatale" /ʃ/, come sc- nell'italiano scia): 

Galiziano: bruxa "strega"
Portoghese: bruxa "strega"
Catalano: bruixa "strega"
Occitano: bruèissa "strega" 

Non tengono nemmeno conto del fatto che al tempo dei Conquistadores, anche j in spagnolo aveva lo stesso suono palatale /s/, del tutto dissimile dall'attuale aspirazione: bruja era pronunciato /ʃ/ e in italiano sarebbe trascritto come *bruscia. La parola non può avere nulla a che fare col bruco. Si tratta di una parola preromana sopravvissuta come elemento di sostrato. 

Ecco la protoforma ricostruibile:  

Proto-celtico: *bruχtijā "strega"  
  Celtiberico: *brūχsā "strega" 
  Note: 
Si è avuta un'assibilazione e la vocale tonica si è allungata per compenso. La forma proto-romanza evolutasi da queste premesse è *brùissa, da cui si sono originate le forme documentate nelle varie lingue della Penisola Iberica. 

Proto-celtico: *briχto-, *briχtu-, *briχtijā "magia" 
   Gallico: brictom, brixtia "magia" 
       (bnanom brictom "la magia delle donne", Piombo
       di Larzac; brixtia anderon "con la magia delle donne", 
       Piombo di Chamalières)
   Antico irlandese: bricht "incantesimo, formula magica"
        (gen. brechtobrechta
      Gaelico d'Irlanda: briocth "incantesimo"; "amuleto"
   Medio gallese: bryth-, -frith "magia"
         (brythron "bacchetta magica"; lledfrith "illusione",
         lett. "mezza magia")
      Gallese moderno: lledrith "illusione"  



L'etimologia ultima è incerta. Secondo alcuni potrebbe essere una variante di una ben nota radice di origine indoeuropea, comune al proto-germanico: 

Proto-celtico: *berχtos "splendido" 
   Antico irlandese: -bertach "splendido" 
      (Flaithbertach "Splendido Principe", antroponimo)
   Medio gallese: berth "bello"; "prospero, ricco"
      Gallese moderno: berth "bello"; "prospero, ricco" 
   Medio bretone: berz "prosperità" 
      Bretone moderno: berzh "prosperità" 


Proto-indoeuropeo: *bherg'h- "splendere", 
        *bherg'h-tó-s "splendente" 
   Proto-germanico: *berχtaz "splendente" 
      Gotico: bairhts "splendente" 
      Antico alto tedesco: beraht "splendente" 
      Norreno: bjartr "splendente" 
    etc.

La semantica non è affatto soddisfacente e sono incline a rigettare questo collegamento. L'idea più sensata è a parer mio quella di considerare il nome proto-celtico della magia un residuo preindoeuropeo oppure un resto di una forma di indoeuropeo preceltico ancora da chiarire. Siamo davanti a un percorso in salita! 

Esisterebbe un'altra possibilità, che non è priva di problemi fonologici. La semantica sarebbe connessa alla visione sfocata, all'inganno allucinatorio della magia. 
 
Proto-gallo-britannico: *briχtos "maculato, screziato" 
   Antico gallese: brith, glossa latina pictam 
     Medio gallese: brith "maculato, screziato" 
     Gallese moderno: brith "maculato, screziato"; "grigio"
         (detto di capelli)
   Medio bretone: briz "maculato, screziato" 
      Bretone moderno: brizh "maculato, screziato"
   Antico cornico: bruit "screziato, striato"
      Cornico: brith, bryth "screziato, striato"; "tartan" 
 
Il punto è che la forma proto-celtica da cui deriva ha *mr-

Proto-celtico: *mriχtos "maculato, screziato" 
   Antico irlandese: mrecht "maculato, screziato" 


Così in antico irlandese abbiamo mrecht "maculato" contro bricht "incantesimo, formula magica": due forme ben distinte tra loro e non assimilabili.

Esistono altre teorie alternative, a parer mio meno plausibili di quella sopra esposta. Le esporrò in questa sede per sommi capi. 

1) Il nome spagnolo della strega deriverebbe dal nome di un'antica divinità femmilile. Il significato sarebbe diventato negativo per via del processo di cristianizzazione. 

Proto-celtico *Brigantī "Somma Dea" 
   (gen. *Brigantijās "della Somma Dea") 
       Antico irlandese: Brigit
          Gaelico d'Irlanda: Bríd
          Gaelico di Scozia: Brìghde, Brìde
           Manx: Breeshey
Note: 
Il nome divino femminile è ben conosciuto. Ne deriva anche il nome della Brianza, ossia "(Terra) della Somma Dea". La radice è molto produttiva e ne è attestato un derivato notevole: 

Proto-celtico: *brigantīnos "capo", "sovrano"
  Antico bretone: brientin, brientinion "sovrano"
    Medio cornico: brentyn, bryntyn "sovrano"
    Medio gallese: brenhin "sovrano" 
      Gallese moderno: brenin "sovrano"
Note: 
In passato questi vocaboli sono stati erroneamente creduto l'etimologia del nome di Brenno.


Proto-indoeuropeo: *bherg'h- "elevare, ascendere"; "essere elevato"  


2) Il nome spagnolo della strega deriverebbe dal nome celtico dell'erica e della brughiera. 

Proto-celtico *wroikos "erica", "brughiera" 
Le parole attestate si sarebbero formate da un composto con un suffisso sibilante: 
maschile *wroiχsos, femminile *wroiχsā  
Significato postulato: "abitante della brughiera".
Dalla stessa radice deriva la parola italiana brughiera, oltre al desueto brugo "erica". Lo stregone, la strega, sarebbero gli abitanti della brughiera. 


Sono propenso a scartare queste etimologie per motivi fonetici. 

Conclusioni 

Spero che questo mio trattatello possa dare un'idea anche vaga di quanta ricchezza culturale è andata perduta per colpa di secolari pregiudizi portati avanti dai romanisti!