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giovedì 10 giugno 2021

 
EXCALIBUR 
 
Titolo originale: Excalibur
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito
Anno: 1981 
Lingua: Inglese
Durata: 140 min
Rapporto: 1,85 : 1 
Specifiche tecniche: Panoramico Colore
Genere: Fantasy, epico, avventura, drammatico
Regia: Sir John Boorman
Soggetto: da Le Morte d'Arthur di Thomas Malory
Sceneggiatura: Rospo Pallenberg, Sir John Boorman
Produttore: Sir John Boorman
Produttore esecutivo: Robert A. Eisenstein, Edgar F. Gross 
Produttore associato: Michael Dryhurst
Casa di produzione: Orion Pictures Corporation
Fotografia: Alex Thomson
Montaggio: John Merritt
Effetti speciali: Wally Veevers (effetti ottici), Michael Doyle, Peter 
    Hutchinson, Alan Whibley, Gerry Johnston
Musiche: Trevor Jones
Scenografia: Anthony Pratt, Tim Hutchinson, Bryan Graves 
Coreografia: Anthony Van Laast
Costumi: Bob Ringwood
Trucco: Anna Dryhurst, Basil Newall
Interpreti e personaggi:
    Nigel Terry: Re Artù
    Helen Mirren: Morgana
    Nicholas Clay: Lancillotto
    Cherie Lunghi: Ginevra (Guinevere)
    Paul Geoffrey: Parsifal (Perceval)
    Nicol Williamson: Merlino
    Corin Redgrave: Gorlois, Duca di Cornovaglia (Cornwall)
    Patrick Stewart: Leodegrance (Leondegrance)
    Keith Buckley: Uryens
    Clive Swift: Sir Hector (Ector)
    Liam Neeson: Galvano (Gawain)
    Gabriel Byrne: Uther Pendragon
    Robert Addie: Mordred 
    Charley Boorman: Mordred da ragazzo
    Katrine Boorman: Igrayne  
    Ciarán Hinds: Lot
    Niall O'Brien: Kay
    Eamonn Kelly: Abate 
    Brid Brennan: Dama di compagnia 
    Gerard Mannix Flynn: Luogotenente di Mordred 
    Barbara Byrne: Morgana da giovane 
    Kay McLaren: Morgana da vecchia 
    Hilary Joyalle: Dama del Lago 
    Liam O'Callaghan: Sadok 
    Michael Muldoon: Astamor 
    Garret Keogh: Mador 
    Emmet Bergin: Ulfius 
    Patrick Steward: Signore di Camelyard 
Doppiatori italiani:
    Pino Colizzi: Re Artù
    Maria Pia Di Meo: Morgana
    Gianni Williams: Lancillotto
    Emanuela Rossi: Ginevra
    Romano Ghini: Parsifal
    Sergio Rossi: Merlino
    Gianni Marzocchi: Gorlois, Duca di Cornovaglia
    Renato Mori: Leodegrance
    Sandro Iovino: Uryens
    Sergio Fiorentini: Sir Hector
    Paolo Poiret: Galvano
    Romano Malaspina: Uther Pendragon
    Sandro Acerbo: Mordred
    Simona Izzo: Igrayne
    Luciano De Ambrosis: Kay
    Roberto Villa: Abate 

Citazioni: 

"Anni per costruire, attimi per distruggere, e tutto per lussuria!"
(Merlino) 

"Ricordate bene dunque questa notte, questa grande vittoria, così che negli anni a venire possiate dire: “Io ero lì quella notte, con Artù, il Re!” Poiché la maledizione degli uomini è che essi dimenticano."
(Merlino)  
 
"Adesso ascolta. Una volta restai esposto all'alito del Drago perché un uomo giacesse una notte con una donna. Nove lune mi ci sono volute per riavermi! E tutto per questa follia chiamata amore, questo pazzo turbamento che colpisce i mendicanti e i re. Non lo rifarò! Mai più." 
(Merlino) 

"Rinunzio ai miei castelli e alle mie terre, qui è il mio dominio, dentro questa pelle di metallo. E do in pegno tutto ciò che ancora ho: la mia carne, le mie ossa, il mio sangue e il cuore che lo pompa."
(Lancillotto) 

"Verità. Ecco, sì. Deve esserci verità, soprattutto. Quando un uomo mente, assassina una parte del mondo." 
(Merlino) 

"Ci sono altri mondi. Questo ha finito con me."
(Merlino) 
 
"Un sogno per alcuni... Un incubo per altri!"
(Merlino)

"Io mi sto consumando, non posso morire e non posso vivere." 
(Artù)

"Non sapevo quanto la mia anima fosse vuota finché non è stata riempita." 
(Artù)
 
Trama:   
Nella Britannia postromana imperversa il caos. Uther Pendragon è determinato a diventare il Re dei Britanni, combatte contro i suoi oppositori e contro i Sassoni, riuscendo ad ottenere la vittoria grazie a Merlino, che gli ha consegnato la Spada del Potere, Excalibur. Qui ha inizio l'esistenza di Artù, il Figlio dell'Incantesimo. A concepirlo è la bellissima Igrayne, posseduta con l'inganno da Uther Pendragon, infiammato dalla libidine fin dal primo momento in cui l'ha vista. La copula è resa possibile grazie al sortilegio di Merlino, che ha fatto assumere a Uther Pendragon le sembianze di Gorlois, fregandosene degli ipocriti concetti di Amore e di fedeltà coniugale. Così il marito della dama, il Duca di Cornovaglia Gorlois, si è ritrovato cornuto ed è stato ucciso in battaglia. In cambio della copula tanto desiderata, Uther Pendragon ha dovuto promettere a Merlino il figlio che ne sarebbe nato. Quando il bambino viene al mondo, il necromante si presenta a pretendere ciò che gli appartiene, portandolo via dalle braccia di Igrayne. Poco dopo, in seguito alle sue azioni proditorie, Uther Pendragon cade vittima di un'imboscata e prima di spirare l'ultimo respiro conficca la sua spada Excalibur in una roccia, profetizzando che solo un Re potrà estrarla. Passano gli anni e nessuno è mai riuscito nell'impresa. Artù, che nel frattempo è stato affidato da Merlino a Sir Hector, ormai è un diventato un giovane uomo, educato come scudiero. Ignora del tutto le proprie origini. Molte cose sono cambiate dai tempi di Uther. Il Cristianesimo è riuscito ad imporsi e c'è un monaco a benedire con un aspersorio chi cerca di estrarre Excalibur dalla roccia. Per puro caso ci riesce proprio Artù, che da allora conosce un rapidissimo successo. Merlino ricompare dopo una lunga assenza e guida il giovane. Artù vince un'importante battaglia, ma il signore sconfitto non accetta di sottomettersi a lui perché non è un cavaliere. Così il vincitore accetta di farsi nominare da lui cavaliere: una volta concluso il rito, la sua vittoria viene riconosciuta e la fedeltà del vinto è garantita. Merlino, che nel nuovo mondo è come un masso erratico, afferma di non aver mai visto in vita sua nulla di simile. Consolidata la sua autorità di Re dei Britanni in seguito a una grande vittoria sugli invasori Sassoni, Artù ha grandi piani per il futuro della sua nazione. Ottiene la fedeltà del cavaliere Lancillotto, fino ad allora imbattuto. Si sposa con la bellissima Ginevra, una ragazza dai capelli corvini e crespi di cui è follemente innamorato, figlia del suo suo fedele vassallo Leodegrance. Al contempo progetta la costruzione dell'immenso castello di Camelot, che sarà il centro di irradiazione del suo potere. Una volta edificata la reggia di Camelot, viene fondata la Tavola Rotonda: è l'apogeo di un'epoca di prosperità e di magnificenza. Qualcuno però trama nell'ombra. È Morgana, la sorellastra di Artù, nata da Igrayne e dal suo legittimo consorte, il Duca di Cornovaglia. Essendo pagana come Merlino, Morgana si avvicina a lui e ne diventa l'apprendista, pur utilizzando per cause malvagie gli insegnamenti acquisiti. La sua prima azione consiste nel corrompere il cavaliere Galvano, che in preda all'alterazione accusa Ginevra di avere una tresca con Lancillotto, insultandola pesantemente. Dato che le genti di Camelot credono nel Giudizio di Dio, viene organizzato un torneo in cui Lancillotto difende l'onore della Regina, riuscendo a sconfiggere Galvano. Qualcosa si incrina e da quel momento tutto va a rotoli. Morgana riesce a ingannare Merlino, che già si era congedato da Artù, inducendolo a rivelargli la Magia del Fare e usandola per intrappolarno in un cristallo di ghiaccio. Lancillotto e Ginevra cedono alla forza magmatica delle passioni, amandosi nel bosco, nudi e ardenti. Artù li sorprende mentre dormono, sfiniti dalle fatiche dell'Amore. Anziché ucciderli, pianta Excalibur nella terra in mezzo a loro e allontanandosi in preda alla disperazione. Quando gli amanti si svegliano, hanno una sorpresa tremenda. Lancillotto, in preda al terrore assoluto, urla: "Il Re senza la Spada! La Terra senza un Re!" Questa sciagura non è sufficiente: Morgana assume magicamente le sembianze di Ginevra e copula col suo fratellastro Artù. Dopo l'atto sessuale, sorridendo in modo languidissimo gli sussurra che ha concepito un figlio. A questo punto il sovrano si avvede dell'inganno. Troppo tardi. Il figlio dell'incesto nasce e Artù viene colpito dal fulmine. A causa di questa folgorazione, cade in uno stato crepuscolare di infermità, mentre Morgana si allontana col suo bambino mostruoso, Mordred. Il nuovo nato viene cresciuto magicamente, diventando ben presto un ragazzo pieno di ormoni e di crudeltà. Camelot decade come un cadavere, ovunque regnano carestia, malattia e morte. Ginevra si è ritirata in convento, mentre Lancillotto vaga sbandato tra torme di miserabili. A un certo punto Artù incarica i cavalieri superstiti di trovare il Graal, sola possibile fonte di Salvezza. Molti cavalieri partiti per la ricerca vengono uccisi tra atroci tormenti da Mordred e dai suoi uomini. Alla fine a riuscire nell'intento è Parsifal, che era stato scudiero di Lancillotto. Il segreto del Graal è sconvolgente. Il Graal coincide con lo stesso Artù e la Conoscenza che egli ha perduto è espressa da una frase lapidaria: "Tu e la Terra siete Uno". Parsifal torna dal suo Signore, portandogli la coppa che lo risana. Inizia la riscossa: Artù va da Ginevra in convento, recuperando Excalibur, che lei aveva custodito. Poi procede con le sue armate ricostituite, cavalcando verso il Regno di Mordred. Intanto Merlino riesce a liberarsi dalla sua prigione, apparendo a Morgana e privandola dell'incantesimo che la mantiene giovane: la maga invecchia a vista d'occhio e il figlio, avendo in abominio il suo aspetto, la uccide strangolandola. La battaglia è tremenda. Artù e Mordred si uccidono a vicenda, trafiggendosi con le lance. Prima di spirare, il Sovrano di Camelot incarica Parsifal di gettare Excalibur nella acque, dicendo che la spada sorgerà di nuovo quando verrà un Re. Poi muore e tre misteriose figure femminili vestite di bianco lo portano via su un'imbarcazione, verso le Terre Immortali.    
 
 
Recensione: 
La potenza è incredibile. Ogni singolo dettaglio è evocativo e perfetto. La colonna sonora è esaltante. Magnifiche e insuperabili sono le interpretazioni di Nicol Williamson nel ruolo di Merlino e di Helen Mirren nel ruolo di Morgana. In tutto e per tutto uno splendido film, che ha lasciato in me un segno profondo, avendolo visto durante l'adolescenza. Vidi una delle prime immagini sessuali che potei esperire nella mia sventurata e inutile vita, quando ancora non avevo facile accesso alla pornografia. A distanza di tanti anni penso che fosse una cosa molto grottesca e irrealistica, con quest'uomo brutale che penetrava una bionda bellissima senza nemmeno togliersi l'armatura. Anche l'incesto tra Morgana e Artù colpì molto la mia immaginazione ancora informe e la plasmò. La pellicola di Boorman ha meriti considerevoli e si caratterizza per la crudezza delle sequenze, costituendo qualcosa di unico nel panomama degli adattamenti del mito di Re Artù, che sono tutti incentrati sul tema della relazione adulterina tra Lancillotto e Ginevra, per giunta trattato in modo superficiale. Qui invece notiamo un grande approfondimento di tematiche religiose ed esoteriche, che disegnano un quadro più complesso. Più in generale, quest'opera si contrappone al fantasy esangue e asettico di ispirazione tolkieniana. Il fantasy che vorrei dovrebbe trarre la sua sostanza da Excalibur ed essere pieno di violenza, sangue, eccidi, morte e perversione! Questa è l'unica ricetta possibile in grado di salvare un genere (sia a livello di romanzo che cinematografico) che langue per mancanza di linfa vitale. Fate beccare ai corvi gli occhi dei moribondi impiccati e il fantasy vivrà la sua stagione di gloria! 
 
Adattamento 

La pellicola boormaniana è stata tratta da Le Morte d'Arthur (La Morte di Artù), voluminosa opera di Sir Thomas Mallory (circa 1400 - circa 1470) le cui fonti sono in massima parte francesi. Eletto due volte al Parlamento, questo autore fu anche condannato per una serie di reati gravi, tra cui aggressione, furto, stupro e tentato omicidio. Scrisse La Morte d'Arthur mentre era in prigione. 
Boorman e Pallenberg hanno avuto un'idea che reputo geniale. Hanno deciso di rendere più snella la trama facendo collassare alcuni personaggi ridondanti. Il Ciclo di Artù non è affatto un argomento facile. Comprende un numero incredibile di scritti di moltissimi autori, spesso in contraddizione tra loro, con infiniti personaggi, intrighi e vicende complicatissime che non è umanamente possibile tenere a mente nella loro interezza. Così sono state operate fusioni tra figure tra loro simili e tra differenti tematiche.
 
1) Igrayne aveva tre figlie: la Fata Morgana, Anna Morgause ed Elaine. Sono collassate in un'unica figura: Morgana.
2) Il Re Ferito, detto anche Re Pescatore (o Re Peccatore), è confluito in Re Artù. 
3) Il cavaliere Bedivere è confluito in Percival. 
4) Il cavaliere Galahad è confluito in Percival. 
 
Inoltre: 
 
i) La Spada nella Roccia in alcuni scritti è distinta da Excalibur: le due armi sono state unite. 
ii)  La spada conficcata tra i due amanti dormienti proviene dalla storia di Tristano e Isotta.
 
Il risultato di tutto ciò è incredibile! Il regista ha reso fruibile una massa gigantesca di dati spesso molto lontani dalla sensibilità moderna. Non ci sarebbe stato altro modo per riuscire in un'impresa tanto titanica. Approvo questa scelta, anche se sono sempre stato un fanatico del rigore filologico. 
 

 Etimologie varie 

L'etimologia del nome Uther (gallese Wthyr, Uthr, Uthyr, Ythyr) è abbastanza oscura. In medio gallese il vocabolo uthr significava "terribile", ma anche "magnifico". La protoforma ricostruibile è *OUTROS, derivato da *OUTUS "orrore".  Difficile spiegare le diverse varianti ortografiche. 
Il soprannome Pendragon significa "Testa di Drago". Non credo che sia difficile capire che -dragon altro non è che un prestito latino. In gallese medio, dreic è derivato direttamente dal latino dracō, mentre dragon è derivato in modo altrettanto regolare dal genitivo dracōnis. Il gallese medio pen "testa" deriva direttamente in modo regolare dal britannico *PENNON (< *KWENNOM). Ecco spiegato l'arcano. 
Il nome Gorlois compare per la prima volta nell'Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth (1136). In gallese è Gwrlais, ma credo che questa forma sia stata presa a prestito da Gorlois anziché il contrario. Nella versione originale del film è chiamato Cornwall, ossia "Cornovaglia". Da questo mi è venuto in mente che Gorlois potrebbe essere semplicemente una forma volgare di Cornuallois "Cornovagliese" (moderno Cornouaillois). In lingua d'oïl si deve pronunciare /gor'lois/ e non /gor'lwa/, visto che la pronuncia /wa/ del dittongo oi è molto più recente. 
Il nome della spada Excalibur, latinizzato in Caliburnus da Goffredo di Monmouth, corrisponde al gallese Caldedfwlch e all'irlandese antico Caladbolg (variante Caladcholg), che indica la spada dell'eroe Fergus mac Roich nel Ciclo dell'Ulster. Si tratta di derivati del proto-celtico *KALETOS "duro": gallese caled "duro", irlandese antico calad "duro". In gallese fwlch significa "spaccatura". In irlandese antico bolg significa tra le altre cose "fulmine". Ricostruirei la protoforma *KALETO-BOLGOS "Duro Fulmine". Il prefisso ex- presente in Excalibur è con ogni probabilità derivato da una contrazione del latino ēnsis "spada". Diffusa è l'idea di una derivazione dal latino chalybs "acciaio" (dal greco χάλυψ), che però non rende conto delle forme celtiche, senza dubbio antiche.  
Il nome Igrayne (Igraine) è un adattamento del francese antico Ygraine: tuttavia notiamo che nei manoscritti sono attestate molte varianti come Igerne, Ygerne, Ugerne, Uguerne, etc. In tardo latino era Igerna (Hierna, etc.). In medio gallese era Eigyr. Il significato dell'antroponimo femminile non è al momento determinabile. Si potrebbe ricostruire una protoforma britannica *AIGRĀ. L'alternanza tra Igerne e Ygraine suggerisce che la prima forma avesse una consonante /g/ velare, anche se non va taciuto che sono documentate forme come Izerna e Izerla.
Il nome Morgana (inglese Morgan la Fay, francese Fée Morgane, gallese Morgên y Dylwythen Deg), corrisponde al teonimo irlandese Morrígan (Mórrígan, Mórrígu). Proprio le irregolarità fonetiche fanno pensare a un prestito dall'antico irlandese anziché a una forma ereditaria. La protoforma ricostruibile dovrebbe essere *MORO-RĪGANĪ "Regina dei Demoni". Meno probabile è che si tratti di un derivato di *MORI-GENĀ "Figlia del Mare".
Il nome del castello di Camelot è un derivato di *KAMULO-DŪNON "Città del Gigante", toponimo britannico che è ben attestato in latino come Camulodūnum (attuale Colchester, Essex). In lingua d'oïl sono attestate moltissime varianti come Camaalot, Camalot, Camaaloth, Caamalot, Chamalot, Camahaloth, Gamalaot, etc. La fonetica prova che la trafila non è passata attraverso lingue britanniche come il gallese o il bretone: sembra invece essere avvenuta attraverso una forma tarda di gallico.
Il nome Artù, in gallese Arthur, latinizzato in Artūrius, è ricostruibile come *ARTO-RĪIOS, a sua volta da *ARTO-RĪGIOS "del  Re Orso", formato da *ARTO-RĪX "Re Orso" (che in irlandese ha dato Artrí). Il passaggio da *ARTO-RĪIOS a un più recente *ARTŌRIOS è strano ma non impossibile: si tratterebbe di un allungamento compensativo della vocale -O-. Non si può ricostruire *ARTO-WIROS "Uomo Orso", come pure è stato fatto: l'esito gallese sarebbe *Arthwr. Esiste una teoria che riconduce il nome Artù al gentilizio Artōrius. La gens Artōria era una gens romana di rango equestre, la cui presenza è in effetti attestata in Britannia; il suo nome è di origine incerta e probabilmente etrusca.
 
Il problema degli anacronismi
 
Come è stato più volte fatto notare nel Web, i castelli mostrati nel film e tanto presenti nell'immaginario collettivo non potevano essere pensati e a maggior ragione costruiti nell'epoca del tardo Impero Romano, quando le legioni abbandonarono la Britannia e i suoi abitanti alle crescenti scorrerie di Angli, Sassoni e Iuti. Allo stesso modo, le armature sono abbastanza irrealistiche. Queste critiche mi paiono del tutto irrilevanti. Boorman non ha mai avuto la pretesca di fare un film storicamente verosimile. Egli ha immerso la narrazione nel mito, che ne costituisce il solo fondamento.  
La stessa Materia di Bretagna era piena zeppa di anacronismi, avendo trasfuso il mondo celtico nella lingua d'oïl, con rielaborazioni complicatissime. Nel sentire comune è diffusa l'assurda idea che Artù fosse Re degli Inglesi, altro anacronismo. Credono che a Camelot si parlasse un inglese anticato (il famigerato Olde Englishe, creato aggiungendo una -e finale alle parole che finiscono in consonante e usando una -y- al posto della -i-), oltre al francese - ovviamente nella sua forma moderna. Sia l'inglese che il francese applicati a quel contesto sono puri e semplici anacronismi. Questo immaginario collettivo non è una novità. Basti considerare i nomi dei Cavalieri della Tavola Rotonda scritti sulla Tavola Rotonda di Winchester (S sta per Sir) sono i seguenti 25: 
Re Artù (Kyng Arthur), Galahad (S Galahallt), Lancelot du Lac (S Launcelot Deulake), Gawain (S Gauen), Percivale (S Percyvale), Lionel (S Lyonell), Bors de Ganis (S Bors de Ganys), Kay (S Kay), Tristram de Lyones (S Trystram Delyens), Gareth (S Garethe), Bedivere (S Bedwere), Bleoberis (S Blubrys), La Cote Male Taile (S Lacotemale Tayle), Lucan (S Lucane), Palomedes (S Plomyde), Lamorak (S Lamorak), Safir (S Safer), Pelleas (S Pelleus), Hector de Maris (S Ectorde Maris), Dagonet (S Dagonet), Degore (S Degore), Brunor le Noir (S Brumear), Le Bel Desconneu (S Lybyus Dyscony[us]), Alymere (S Alynore), Mordred (S Mordrede). 
Questa Tavola Rotonda, che potei vedere con i miei occhi, fu in realtà costruita per una festa a tema per ordine del Re Edoardo I Plantageneto (1239 - 1307), il tiranno contro cui lottò strenuamente William Wallace (1270 - 1305). Nessuno alla corte del Plantageneto avrebbe creduto che la lingua di Re Artù fosse quella da cui è derivato il gallese.

 
L'Incantesimo del Fare 
 
Una formula che è penetrata in ogni fibra del mio essere! Mai si era vista una simile potenza!  
 
Anaal nathrakh,
Urth vas bethud,
Dokhjel djenve. 
 
Questa è la pronuncia nella versione in italiano nel film: 
 
/a'na:l na'trak, 
ut 'vas be'tot, 
do'kjel djen've/ 
 
Questa invece è la pronuncia nella versione originale: 
 
/a'na:l na'θraχ, 
u:rθ 'va:s be'θʌd, 
do'xje:l djen've:/

Si vede che nell'adattare il testo in italiano è stata adottata una certa semplificazione fonetica.
 
Questi sono i versi originali in irlandese medio:
 
Anál nathrach,
orth' bháis's bethad, 
do chél dénmha. 

Traduzione in italiano: 

"Alito del Drago,
magia di vita e di morte,
portento di realizzazione." 
 
Glossario: 
 
anál "alito, respiro" 
nathrach "del drago" (sta per na draice
ortha "incantesimo"
bháis's bethad "della morte e della vita": 
   bháis "della morte" (genitivo di bás "morte")
   's "e" (contrazione di is "e") 
   bethad "della vita" (genitivo di betha "vita") 
do chél "il tuo presagio" 
dénmha "dell'atto di fare" (genitivo di dénamh)
 
A parte l'anacronismo della lingua, troppo consunta per l'epoca e resa male nella pronuncia, non ci aspetteremmo che Merlino la usasse, a meno che non provenisse dall'Irlanda. Detto questo, Merlino avrebbe dovuto usare l'antenato dell'antico gallese, non una forma di antico irlandese. A un genio come Boorman perdoniamo questo ed altro. Non sono riuscito ad accertare quale sia l'esatta fonte della formula, che non compare affatto nel libro di Mallory. Secondo il linguista Michael Everson, il canto magico è una mera invenzione. Va detto comunque che esiste una tradizione secondo cui Merlino sarebbe da identificarsi con un caledone di nome Lailoken, che viveva allo stato selvaggio nei boschi e aveva il dono della profezia.  
 
Alcune note sull'etimologia di Merlino 
 
Il nome originale di Merlino era Myrddin, che indicava provenienza dall'omonima città gallese: è l'antica Moridūnum, adattamento del celtico *MORI-DŪNON "Città del Mare", da MORI- "mare" e DŪNO- "città". Così il mago si sarebbe chiamato *MORI-DŪNOS. Fu Goffredo da Monmouth (circa 1100 - circa 1155) a latinizzare il gallese Myrddin in Merlinus, perché chiamare il mago col nome Merdinus avrebbe gettato grave discredito sull'Inghilterra in un periodo storico molto delicato. L'assonanda col francese merde è stata evitata da un provvidenziale lambdacismo. Il processo non è ignoto in Italia: Camerlata (comasco Camerlada) in origine doveva essere una Casa merdata, ma fu nobilitata in una Casa merlata, ossia provvista di merli, che sono tipici elementi architettonici medievali. Nessuno avrebbe voluto abitare in un paese che traeva il suo nome da un edificio sporco di escrementi! Il torrente Merlata (milanese Merlada) in origine doveva essere chiamato Merdata, perché raccoglieva parte delle acque reflue fecali di Milano. Questo corso d'acqua sporca e marrone ha dato il suo nome a una foresta piena di fontanili, conosciuta per l'appunto come Bosco della Merlata, da cui deriva anche il nome della Cascina della Merlata. Anche in questo caso l'origine del toponimo è proprio la merda. Piaccia o no, ci sono pochi dubbi: la Cascina della Merlata era in origine una Cascina della Merdata (doveva suonare all'incirca Cassina de la Merdada). Era tutto pieno di feci e puzzava! In cremasco lo stronzo è tuttora chiamato merlòt (da un precedente *merdòt) ed esiste la forma italianizzata merlotto
 
 
Altre etimologie arturiane  

Il nome Lancillotto (varianti italiane: Lancellotto, Lanzerotto, Lanciotto, francese e inglese Lancelot) sembra un diminutivo del nome germanico Lanzo, ipocoristico di nomi derivati dalla radice land- "terra" (es. Landeberto, Landefranco, etc.). Da Lanzo deriva l'antroponimo inglese Lance, che ha subìto etimologia popolare, essendo accostato all'omonima parola che significa "lancia".  In gallese Lancillotto è chiamato Lawnslod, che è un chiaro prestito dalla forma francese antica. 
Il nome Ginevra (inglese Guinevere, francese antico Genievre, francese moderno Guenièvre) proviene dal gallese Gwynhwyfar, la cui protoforma celtica ricostruibile è *WINDO-SĒBARIS "Fantasma Bianco", "Spirito Bianco". In cornico è Gwynnever, in bretone è Gwenivar. In irlandese antico il nome proprio femminile corrispondente è Finnabair (Findabair). Vari gli adattamenti in latino medievale, ad esempio Guennuvar, Guennimar, Guanhumara (XII sec.), Wennevereia (XIII sec.).  
Il nome Galvano (inglese Gawain) è un adattamento del gallese Gwalchfai, che alla lettera significa "Falcone di Maggio" - da gwalch "falcone" e da fai, forma lenita di mai "maggio", dal latino Māius. Potrebbe essere una falsa etimologia. Risalire all'originale è molto difficile. 
Il nome Percival è stato sottoposto a una falsa etimologia già in epoca medievale e inteso come un derivato dall'antico francese percier "bucare" e val "valle". Quindi sarebbe un "Buca-Valle". In realtà si tratta dell'adattamento del medio gallese Peredur, che probabilmente significa "Lancia di Acciaio" - da ber "lancia" (proto-celtico *BERU) e da dur "metallo duro, acciaio" (derivato dal latino dūrus "duro"). Le varianti Parzival e Parsifal si devono a Wolfram von Eschenbach (circa 1170 - circa 1220). In particolare, Parsifal è stato ripreso da Wagner. 
Il nome Mordred corrisponde al medio gallese Medrawt e all'antico gallese Medraut, che sembra essere un derivato regolare del latino Moderātus. L'alterazione di Medrawt in Mordred si deve forse all'associazione con lo stesso elemento mor- da cui sono formati i nomi di Morgana e Morgause. Secondo altri a influenzare l'aspetto fonetico del nome sarebbe invece stata la parola latina mors "morte". 

 
Merlino, Artù, i biscotti e le donne 

Merlino enuncia in poche parole la massima saggezza concepibile. Ginevra avanza verso il giovane Re tenendo in mano una tortina dall'invitante farcitura di petali di rose e gliela offre, quindi ritorna nel vivo della festa. Merlino allora rivolge ad Artù queste parole, alludendo alla bellissima Ginevra intenta a danzare: "Guardare quel biscotto è come guardare il futuro. Finché non l'hai assaggiato, cosa ne sai in realtà? E allora... allora è troppo tardi! Troppo tardi." Parole sacrosante! Mi sono sempre attenuto a questo Insegnamento. Un uomo concupisce una ragazza, ma di lei non sa assolutamente nulla. Come può avere la certezza che lei gli porterà la gioia? Come può essere sicuro che in lei potrà trovare la pace? Potrebbero anche emergere incompatibilità gravi e tutto si guasterebbe. Quando uno è andato troppo avanti nel dichiarare il proprio desiderio alla donzella, non può più tirarsi indietro. Sarebbe pavido e ci farebbe una figura fecale. Va quindi avanti, solo per scoprire che lei non è intenzionata a concedergli cosa che gli piaccia... o che gliela farà pagare carne salata! 
 
La castità di Merlino 
 
Pochi hanno fatto caso ad alcuni dettagli particolarmente significativi dell'atteggiamento di Merlino nei confronti del sesso e delle donne. Ebbene, Merlino vive in uno stato di castità assoluta e disprezza la sessualità. Rifugge le passioni, la sua condotta è molto simile a quella degli Stoici. A un certo punto rinfaccia a Uther Pendragon la sua follia, che ha portato a distruggere in pochi attimi ciò che era stato creato in anni, mandando tutto in rovina a causa della lussuria. La risposta di Uther è questa: "Non per lussuria, Merlino, ma per Igrayne. Ma tu non puoi capire, non sei un uomo!" Cosa significa? Semplice: per un duro guerriero come Uther, un individuo di sesso maschile che vive in stato di castità non è davvero un uomo, è una specie di eunuco. Va specificato che Uther non era cristiano. Quando ha compiuto le sue gesta, i Britanni adoravano ancora gli antichi Dei. Quindi è da escludere che il disprezzo nei confronti di Merlino potesse avere motivazioni religiose. Secondo alcuni critici, Merlino vagheggiava Morgana. Vero è però che non ha ceduto alla sua seduzione e l'ha combattuta con determinazione. Anche se molti non lo sanno, nel territorio della Gallia Transalpina è stato trovato vassellame con iscrizioni di carattere stoico, redatte in lingua celtica. Anche da questi dettagli estremamente curati si capisce il genio di Boorman e la grandezza della sua opera. Simili argomenti non erano mai stati affrontati prima nella Settima Arte.        

 
La triste fine di un mondo 
 
Artù fu crescuto nel Cristianesimo. Eppure rimasero sempre fortissimi i suoi legami con Merlino, ultimo rappresentante della religione dei Druidi. Quando ancora era un ragazzo, il figlio di Uther Pendragon apprese l'esoterismo degli Antichi e la rappresentazione dell'Universo come il corpo smisurato del Drago. Così gli parlava Merlino: "Il Drago è ovunque. Il Drago è in ogni cosa. Le sue squame brillano nella corteccia degli alberi. Il suo ruggire si sente nel vento. E la sua forcuta lingua colpisce come il fulmine." Un'ambiguità di non poco conto. Simulacri del Drago ornavano il castello di Camelot. Merlino fu sempre protetto. Quando il mago capì di essere in difficoltà, perché in caso di morte del suo regale patrono si sarebbe trovato in mezzo a cristiani ostili, pensò bene di allontanarsi senza dare troppo nell'occhio. Il legame tra due mondi, quello degli Dei e quello del nuovo Dio, continua fino alla fine: quando Artù muore, per lui c'è un destino ultraterreno pagano. Non il Paradiso di cui parlò Cristo, bensì le Tre Sorelle Fatali che lo trasportano nella Terra Immortale di Avalon. Merlino avrebbe potuto appoggiare Morgana e suo figlio Mordred nel tentativo di abbattere il Cristianesimo, ma non lo fece. Non poteva rinnegare il legame con Artù, nemmeno di fronte alla morte degli Dei e del loro culto. Ad animarlo è sempre stata una consapevolezza stoica, un'accettazione eroica dell'Annientamento.  
Fin da subito mi sono rimaste impresse le struggenti parole rivolte da Merlino a Morgana durante una bella passeggiata silvestre:
 
"Ormai i giorni dei pari nostri sono numerati. Il Dio Unico viene a cacciare via i molti Dei. Gli spiriti dei boschi e dei torrenti cominciano a tacere. È il destino delle cose, sì. È il tempo degli uomini e dei loro modi."  
 
Gli stessi concetti sono ribaditi nella scena del commiato di Merlino da Artù e da Camelot. Così parla il mago al Re, che gli aveva chiesto se fosse il caso di uccidere la moglie infedele e il suo amante Lancillotto: 
 
"Non posso dirti niente di più. I miei giorni sono finiti. Gli Dei di una volta sono andati per sempre. È il tempo degli uomini, ora. Il tuo tempo, Artù."
 
Tutto questo è lirismo assoluto! Ogni volta che ci penso rimango commosso. In me si staglia l'agonia dell'antichità pagana, davanti ai miei occhi si estendono boschi abbandonati e rovine. Ed ecco quella che Cioran chiamava "l'insania di ogni aurora". Ecco arrivare come un bulldozer quelle che di questi tempi sono chiamate "le radici cristiane dell'Europa".  

 
Morgana, l'incesto e il Graal  
 
Sono sempre stato affascinato dalle storie sull'incesto tra fratello e sorella. Boorman è stato uno dei pochissimi registi ad aver avuto il coraggio di trattare questo delicato argomento in una pellicola. 
"Dio ci salvi da Morgana! E ci salvi dal suo figlio sacrilego!", tuona il sacerdote dopo il travagliato parto della maga, elevando il calice eucaristico verso una finestra. Ecco che un fulmine si abbatte su Artù, bucandogli la corazza. Il Re ha assunto su di sé una colpa terribile, che i comuni mezzi non hanno il potere di redimere.
Si nota che il Graal non è assimilabile al Calice dell'Ultima Cena, preservato da Giuseppe di Arimatea, come vuole la leggenda a tutti nota. Qui siamo di fronte a un prototipo non ancora cristianizzato: il mitico Calderone dell'Abbondanza degli antichi Celti. Il Segreto che il Graal rivela è pagano, non cristiano. Consiste nel concetto celtico della regalità: il Sovrano coincide con la Terra. Se il Sovrano è in salute, la Terra è prospera e dà frutti rigogliosi. Se il Sovrano assume su di sé una grave colpa e per questo diventa malato, allora infrange la sua unità con la Terra. La conseguenza possibile è una sola: la Terra diventa sterile e desolata.   

 
La colonna sonora 
 
Il componimento numero 17 dei Carmina Burana, O Fortuna, è noto soprattutto per la musicazione che ne fece Carl Orff (1895 - 1982). Credo che questo brano si possa definire un elemento fondamentale della colonna sonora della pellicola di Boorman. La sua potenza è unica, assoluta! Ecco il testo, capolavoro dei Clerici vagantes, dai contenuti di una grande profondità filosofica:  

O FORTUNA
 
O fortuna
velut luna
statu variabilis
semper crescis
aut decrescis
vita detestabilis
nunc obdurat
et tunc curat
ludo mentis aciem
egestatem
potestatem
dissolvit ut glaciem. 
 
Sors inmanis
et inanis
rota tu volubilis
status malus
vana salus
semper dissolubilis
obumbrata[m]
et velata[m]
mihi quoque niteris
nunc per ludum
dorsum nudum
fero tui sceleris.

Sors salutis
et virtutis
mihi nunc contraria
est affectus
et defectus
semper in angaria
hac in hora
sine mora
cordis pulsum tangite
quod per sortem
sternit fortem
mecum omnes plangite. 

Ecco una traduzione:

O Fortuna,
come la luna
(sei) variabile nel (tuo) stato,
sempre cresci
o decresci,
vita detestabile!
(La Fortuna) ora indurisce
ed ora cura,
per giuoco, l'acutezza della mente;
miseria,
potenza,
dissolve come ghiaccio.

Sorte immane
ed inane,
tu ruota volubile,
stato incerto,
vano benessere
sempre dissolubile,
obumbrata
e velata
pure me sovrasti.
Ora per giuoco
il dorso nudo
reco del tuo scempio.

Sorte di salute
e di virtù
ora a me contraria,
(ogni uomo) è (da te) colpito
e prostrato,
sempre in schiavitù.
In questo momento,
senza indugio,
alle corde il polso percotete!
Poiché per sorte
(la Fortuna) prostra un forte,
con me tutti piangete! 

Proprio il film di Boorman ha contribuito a diffondere a livello internazionale la fama dei Carmina Burana e della musica di Carl Orff. Importanti nella colonna sonora sono anche alcuni suggestivi brani di Wagner (Tristano e Isotta, Parsifal e la Marcia funebre di Sigfrido) e le bellissime musiche da ballo in stile medievale.       
 
Rospo Pallenberg 
 
Sono stato subito colpito da un antroponimo tanto bizzarro e inusuale: Rospo. In effetti il vero nome dello sceneggiatore e regista britannico è Richard. Nato nel 1939 a Croydon, rione della zona sud di Londra, è figlio dello scrittore e giornalista italiano Corrado Pallenberg, che era romano e figlio di un pittore tedesco. Così dichiarò Boorman: "Rospo è un nomignolo che gli ha dato la madre quando era piccolo perché aveva il naso con le narici molto larghe ed era fondamentalmente brutto da vedere". Immenso è il numero di anglosassoni che ignorano l'italiano, così ben pochi arrivano a identificare il nomignolo Rospo con l'inglese Toad, eppure credo che la madre non gli abbia comunque fatto un gran regalo chiamandolo in questo modo. 
 

Curiosità varie 

Sono state girate più di tre ore di film. Molte delle sequenze non incluse nella versione distribuita sono andate perdute. A quanto pare ne è sopravvissuta una in un trailer, in cui si vede Lancillotto nell'atto di difendere l'amata Ginevra dall'assalto di un bandito in una foresta. Sembra che nel mondo del cinema sia piuttosto comune il problema delle sequenze extra andate smarrite.
 
Helen Mirren (Morgana) aveva problemi a lavorare con Nicol Williamson (Merlino): i due non si parlavano per via dei loro burrascosi trascorsi in una disasastrosa produzione del Macbeth. Boorman pensò bene di metterli assieme per via della loro naturale animosità. 
 
Inizialmente il regista aveva in mente di fare un film tratto da Il Signore degli Anelli. Non avendo però acquistato i diritti per farlo, cambiò progetto all'improvviso,  quanto pare per via dei costi ritenuti troppo elevati. Qualche spunto dell'originale matrice tolkieniana confluò poi nel progetto arturiano.  Il titolo originale doveva essere Merlin: non fu possibile utilizzarlo per via di un canale televisivo che deteneva i diritti su uno show intitolato Mr. Merlin. La successiva opzione contemplata dal regista fu Knights (ossia "Cavalieri"). Nemmeno questa andò in porto per via di un altro film che aveva un titolo troppo simile. A questo punto giunse un'ispirazione improvvisa: Excalibur.    

Katrine Boorman (Igrayne) e Cherie Lunghi (Ginevra) girarono le loro scene di nudo senza alcuna controfigura. Il parto di Morgana fu simulato con uno stratagemma ingegnoso: una vera donna incinta giaveva su un tavolo e aveva la testa nascosta da un panno nero, mentre la testa della Mirren sporgeva da un buco. 
 
Nelle prime fasi del progetto, si pensò a Sean Connery per il ruolo di Artù - che poi interpretò nel film Il primo cavaliere (First Kight, 1995), diretto da Jerry Zucker. Max von Sydow avrebbe dovuto interpretare Merlino nella pellicola di Boorman: di certo non sarebbe stato da meno di Williamson. 
 
Gli errori rilevati nel film sono dovuti soprattutto a figure della troupe riflesse nelle armature di Artù e dei cavalieri, oltre che nella bizzarra calotta metallica e lucidissima indossata da Merlino sul cranio. 
 
Cineforum Fantafilm 
 
Il film di Boorman è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro la sera dell'8 gennaio 2007. Purtroppo non sono stato presente alla proiezione e non ho potuto partecipare al dibattito, i cui contenuti non sono stati documentati, finendo col disperdersi nel Nulla. 

martedì 16 giugno 2020


L'IGNOTO SPAZIO PROFONDO

Titolo originale:
The Wild Blue Yonder
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito, USA, Francia, Germania
Anno: 2005
Durata: 81 min
Rapporto: 1.85:1 (16:9)
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Pseudo-documentario
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Andre Singer, Lucki Stipetić
Produttore esecutivo: Christine Le Goff
Casa di produzione: Werner Herzog Filmproduktion, West
     Park Pictures, Tetra Media
Distribuzione in italiano: Fandango
Fotografia: Henry Kaiser, Tanja Koop, Klaus Scheurich
Montaggio: Joe Bini
Musiche: Ernst Reijseger, Mola Sylla, Cuncordu e Tenore de
     Orosei
Interpreti e personaggi:
    Brad Dourif: L'alieno
    Donald Edward Williams: Astronauta (comandante)
    Ellen Baker: se stessa, come astronauta (fisico)
    Franklin Chang-Diaz: se stesso, come astronauta (fisico)
    Shannon Lucid: se stessa, come astronauta (biochimico)
    Michael McCulley: se stesso, come astronauta (pilota)
    Roger Diehl: se stesso, come matematico
    Ted Sweetser: se stesso, come matematico
    Martin Lo: se stesso, come matematico
Traduzioni del titolo: 
     Spagnolo: La salvaje y azul lejanía
     Russo: Далёкая синяя высь
Colonna sonora: 
    CD: Requiem for a dying planet 
    Contenuti:  
    1. Intro Dank Sei Dir Gott
    2. Dank Sei Dir Gott (di Georg Friedrich Haendel, cantato
         da Emmi Leisner)
    3. Longing For A Frozen Sky
    4. A Una Rosa
    5. Libera Me, Domine
    6. In Search Of A Hospitable Place
    7. Sanctus
    8. Bad News From Outer Space
    9. Su Bolu 'E S'Astore
   10. Mura/Ballu Turturinu
   11. Song Of The Desert
   12. Kyrie 
Premi e riconoscimenti:
Premio FIPRESCI, vinto il 5 settembre 2005 alla 62ª Mostra del cinema di Venezia.

Sinossi: 
Il film, suddiviso in dieci capitoli, inizia narrando l'angosciante storia di una civiltà aliena nata nella galassia di Andromeda e costretta a migrare dal proprio pianeta, l'Ignoto Spazio Profondo (The Wild Blue Yonder), reso inabitabile da una violenta glaciazione. È una storia costituita dai fallimentari tentativi intrapresi da questi extraterrestri allo scopo di comunicare e di avere rapporti commerciali con gli umani della Terra. 
 
I. Requiem per un pianeta morente
     (Requiem for a dying planet)  
II. I Padri Fondatori alieni
    (The alien Founding Fathers) 
III. Riesaminato il mistero dell'UFO di Roswell 
    (The Roswell UFO mystery re-examined)
IV. Missione oltre i limiti
      (Mission to the Outer Fringes)
V. La morte di un sogno
      (The death of a dream) 
VI. La matematica del trasporto caotico 
      (The mathematics of chaotic transport) 
VII. I misteri dello Spazio Profondo
      (Mysteries of the Blue Yonder) 
VIII. Utopia della colonia ideale
      (Utopia of the ideal colony) 
IX. Il tunnel del tempo 
     (The tunnel of time) 
X. La vera storia del loro ritorno 
     (The true story of their return) 
 
Come ci spiega l'alieno, il relitto trovato a Roswell era una sonda della sua civiltà. Riesaminato dopo 50 anni, il manufatto ha dato origine a una contaminazione batterica e a una pandemia contenuta a stento. Questo ha portato la NASA ad inviare nello spazio un equipaggio con l'incarico di trovare un nuovo pianeta abitabile, una casa per il genere umano. Scelta acuta e intelligente, proprio come quella dei benestanti fuggiti da Milano durante la peste descritta dal Manzoni. Dopo vani tentativi di esplorazione dello spazio vicino, come per incanto la nave spaziale viene ghermita da una distorsione spaziotemporale e finisce proprio nella galassia di Andromeda, sul pianeta d'origine degli alieni - ormai disabitato e ridotto a una palla di ghiaccio. L'equipaggio perfora questa crosta glaciale, tuffandosi nel sottostante oceano di elio liquido (sic!). Trovano meduse, alghe e altri organismi mucillaginosi, quindi fanno della nave la loro dimora per qualche anno. Quindi decidono di tornare sulla Terra, perché nemmeno il pianeta oceanico può offrire ospitalità duratura a un'umanità di esuli. Utilizzando la distorsione spaziotemporale, credono di viaggiare per soli 15 anni. In realtà ci mettono ben 820 anni. L'umanità nel frattempo ha abbandonato la Terra servendosi di stazioni spaziali. Il pianeta, diventato un Parco Nazionale, è ricoperto di foreste e sprofondato nella preistoria. 
 

Recensione: 
Questo non è un film di facile assimilazione. Ho dovuto vederlo due volte per comprenderlo ed apprezzarlo appieno. Spicca l'estrema povertà dei mezzi utilizzati. In pratica, il regista ha saldato svariati filmati di repertorio della NASA e di esplorazione subacquea antartica - questi ultimi opera di Henry Kaiser e girati nelle acque dell'Isola di Ross. Anche le interviste agli scienziati sono reali, per quanto siano state impiegate dando loro un significato molto diverso da quello originale. Per questo moltivo, una parte della critica cinematografica ha ritenuto "inaccettabile" questa pellicola. Spiccano alcune incongruenze marchiane, sesquipedali, che nulla tolgono al lirismo dell'opera. Ad esempio, l'ammaraggio di un astronauta americano viene presentato dal regista come se fosse il recupero di un alieno venuto dall'Ignoto Spazio Profondo. Eppure la tuta non ha affatto l'aspetto di essere di produzione aliena, tanto che mostra la bandiera degli USA su una manica. La stessa forma degli esuli si presenta come indistinguibile dalla nostra, nonostante provengano da un ambiente tanto diverso. Come avrebbero fatto ad adattarsi? A questo mistero non viene fornito neppure un abbozzo di risposta. Stupisce l'assoluta mancanza di contenuti propri nelle genti dell'Ignoto Spazio Profondo, come se si fossero assimilate interamente alla lingua inglese e agli usi della Terra dei Coraggiosi, perdendo ogni memoria della loro cultura d'origine. Un'amnesia poco credibile, anche postulando il progressivo scemare delle capacità mentali degli alieni, a cui pure il narratore fa allusione: se anche fossero diventati dementi, come avrebbero fatto ad apprendere una nuova lingua e un nuovo mondo di informazioni? Abbondano le contraddizioni logiche. In uno dei suoi interminabili monologhi, il narratore afferma che l'allevamento di animali domestici è stato il primo peccato del genere umano, avvenuto nel Neolitico. Il nome dato a questa grave colpa è "sedentarietà". Infatti dall'allevamento e dall'agricoltura deriva la fondazione di villaggi e grandi città, con tutto il degrado che ne consegue. L'allevamento di cani non è invece un peccato, perché tali intelligenti carnivori aiutano l'uomo nella caccia quando è nomade. Bene, sono d'accordo. Però l'esule cosmico non spiega come avrebbe fatto la propria civiltà ad uscire dal Paleolitico e ad arrivare a viaggiare tra le galassie. L'elogio ecologico dell'umanità di cacciatori e raccoglitori stride con i tentativi degli alieni di installare sulla Terra una città e di integrarsi nell'economia e nella politica delle sue nazioni.  

 
Un pianeta antifisico 

L'Ignoto Spazio Profondo (in inglese The Wild Blue Yonder, alla lettera "Il Blu selvaggio laggiù") dovrebbe essere un mondo oceanico fatto di acqua e ghiacciato in superficie a causa di un'improvvida era glaciale. Quando gli astronauti terrestri raggiungono la superficie candida di questo mirabile globo e ne perforano la superficie, l'oceano viene descritto dal narratore come un'atmosfera composta di elio liquido. L'elio è un gas nobile, inerte, incolore e insapore, non tossico, che si presenta allo stato liquido a temperature inferiori a -268,91 °C (si consideri che lo zero assoluto è -273,15 °C). È una pura e semplice assurdità pensare che in simili condizioni gli astronauti possano nuotare allegramente servendosi di tute da subacqueo. Le condizioni di un modo sarebbero vicine alla Morte Termodinamica, non si vedrebbero certo organismi gelatinosi nuotare allegramente. In fondo non è un problema eccessivo. I pianeti antifisici sono molto comuni nella tradizione fantascientifica. Iniziamo col gigantesco pianeta Kobol, che i Mormoni ritengono la sede di Dio (dotato a loro detta di un corpo fisico), per continuare con il celeberrimo Trantor, nato dalla fantasia di Isaac Asimov. Cosa c'è di più assurdo di un mondo ricoperto interamente da una città di metallo compatto, in barba a un'amenità chiamata "conduzione del calore"? Nella realtà, una costruzione simile sarebbe inconcepibile, eppure Trantor ha incantato intere generazioni di lettori di fantascienza, in nome di un trucchetto conosciuto come "sospensione dell'incredulità". Se si ammette un pianeta abitabile come Trantor, non si faranno troppe storie per la creazione di Herzog! 
 

L'Involuzione delle Specie 
 
Gli alieni partiti dall'Ignoto Spazio Profondo hanno subìto nel corso dei secoli un processo di degradazione cognitiva, che li ha portati a diventare sempre più incapaci e sconnessi dalla realtà. Pare proprio che sia un processo entropico ineluttabile che colpisce tutte le specie intelligenti. Prima si accende la fiammella dell'Intelligenza, che permette di accedere alla Conoscenza e ai suoi frutti. Poi accade che l'Intelligenza cominci a scemare e a mostrare sintomi di degrado, sempre più gravi. Alla fine, si arriva alla demenza generalizzata. Herzog ci mostra i desolanti risultati di questo corrosivo processo. Gli alieni avevano in mente di costruire sulla Terra una città grande e potente come Washington D.C., proprio nel territorio degli States. Una seconda Washington, con tanto di Pentagono, Congresso, Campidoglio, Corte Suprema e via discorrendo, che doveva diventare un centro commerciale di importanza mondiale. Cosa sono riusciti a realizzare? Una specie di discount in cui nessuno andava, situato in un crocicchio nel bel mezzo del deserto. Il sito istituzionale che avrebbe dovuto oscurare il Campidoglio era un piccolo edificio fatiscente alla confluenza di due stradine polverose. 
 
Questa è la traduzione in italiano del passaggio, tratta tra i sottotitoli: 
 
"Sapete, i nostri bis, bis, bis, bis, bis, bisnonni erano degli eccellenti scienziati, ma il viaggio era lungo e noioso. E quando arrivammo qui, centinaia e centinaia e centinaia di anni dopo, eravamo diventati degli incapaci."  

Questa è l'originale in inglese d'America: 
 
"You know, our great-great-great-great-great-great-great-great grandfathers were fine scientists, but the journey was long and boring and when we got here, hundreds of hundreds and hundreds and hundreds and hundreds of years later, those of us who arrived here just... sucked."
 
La pronuncia è allucinante: quella lunga successione di "great-great-great-great" suona come il verso di un papero: GWÈ GWÈ GWÈ GWÈ! Si noterà anche l'anodina "traduzione" di "just... sucked" con "eravamo diventati degli incapaci". Mancava il coraggio di tradurre correttamente con "facevamo schifo".  
 
Una fisica surreale  

Herzog cerca in tutti i modi di fornire una descrizione plausibile di come gli astronauti siano riusciti a raggiungere l'Ignoto Spazio Profondo. Non ci riesce, credo per via del fatto che ignora i princìpi della Relatività di Einstein. Uno scienziato di origine orientale, forse coreana, si lancia in una presentazione dal sapore New Age, in cui si propone di sostituire lo schema delle orbite dei pianeti del sistema solare con un labirinto neolitico come quello che si trova nella cattedrale di Chartres. Ha in testa una grande confusione. Secondo lui, se si raggiunge il punto lagrangiano L1 del sistema Terra-Luna e si imbocca la giusta "autostrada spaziale", si finisce comodamente su altre stelle o addirittura in un'altra galassia, a velocità superluminali! Per spiegare la distorsione del tempo nel viaggio di ritorno degli astronauti si invocano addirittura gli universi paralleli. Tuttavia sarebbe stato più facile postulare i cunicoli spaziotemporali detti wormholes (connettono regioni remote dell'Universo) e la presenza di una grande massa come quella di un buco nero gigante (la dilatazione temporale gravitazionale rallenta lo scorrimento delle lancette degli orologi).
 
    
Un equivoco linguistico 

Mentre le meduse passano accanto agli esploratori in pinne subacquee, una voce canta in una lingua dalla sonorità semitica, molto affine a quella dell'arabo. Lì per lì ho pensato che fosse un canto in punico conservato miracolosamente dai Tenores sardi, anche se la cosa pareva abbastanza inverosimile. Tempo fa mi è stato detto che in Sardegna ci sono persone capaci di scagliare maledizioni servendosi di formule in una lingua antica, ma non ho avuto mai la possibilità di visionarne i testi. Ovviamente c'era la possibilità che si trattasse di una lingua inventata di sana pianta, di una specie di grammelot semitico, messo a punto per dare l'impressione di una lingua ignota di origine aliena. Il punto è che una simile creazione non è poi così immediata e facile. Poi ho scoperto che il canto è in lingua Wolof. Una lingua reale, dunque, parlata in Senegal, ma anche in Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mali e Mauritania, per un totale di quasi 5,5 milioni di locutori. Mola Sylla, che ha contribuito alla colonna sonora del film, è per l'appunto un cantante senegalese, i cui testi sono proprio in lingua Wolof. 
 
 
Cantu a tenore 

Il cantu a tenore (ossia "canto a tenore") è uno stile di canto corale polifonico, originale ed autoctono, tipico della Sardegna e in particolare dell'impervia Barbagia. In lingua sarda è chiamato anche su tenore, su cuncordu, su cussertu (su cuntzertu), su cuntrattu, su cantu a proa, s'agarropamentu. Spesso si parla di Tenores sardi, ma tale locuzione non è così semplice come potrebbe sembrare a prima vista. Infatti in sardo la parola tenore è già un plurale collettivo, che indica l'insieme di coloro che cantano in un gruppo. Ciascuno dei cantanti è detto boche "voce". Il plurale sigmatico Tenores indica i diversi gruppi che praticano il cantu a tenore. Si tratta senza dubbio di un'eredità antichissima, a parer mio preromana. Si ipotizza che questa forma di canto, tipicamente pastorare, sia nato dall'imitazione dei suoni della Natura. Così secondo alcuni su bassu (il basso) imita il muggito di un bue, sa contra (il contralto) imita il belato di una pecora, sa mesu boche (la mezza voce) imita il verso dell'agnello, mentre la voce dell'uomo è quella del solista, sa boche. Si notano sorprendenti somiglianze tra il cantu a tenore e il xöömej, un canto difonico tipico delle genti di Tuva, in Siberia, ai confini con la Mongolia. Secondo le tradizioni tuvane, il xöömej sarebbe nato dall'imitazione dei suoni della steppa: l'acqua che scorre, il trotto dei cavalli, il sibilo del vento. Lo scopo sarebbe stato quello di acquisire la forza degli spiriti degli elementi naturali. Tutto ciò è di estremo interesse e merita approfondimenti. 
 
 
Utopie e contenuti profetici 
 
Anno del Signore 2005. Tempi non sospetti. Greta Thunberg poppava ancora il latte materno: sarebbero passati anni prima del manifestarsi dei prodromi della sua condizione isterica di attivista convulsionaria. Ebbene, Werner Herzog aveva ben chiare le condizioni terminali del nostro pianeta malato, infestato dal parassita Homo sapiens, e sognava la palingenesi, il ripristino di una purezza edenica. Così ci parla del ritorno degli astronauti dall'Ignoto Spazio Profondo, mostrandoci l'immagine di un imponente acrocoro che sorge dalla foresta pluviale facendo scaturire impetuosi ruscelli dai fianchi: 
 
"Quando sono tornati, 820 anni dopo, la Terra non era più abitata. Era diventata un Parco Nazionale. L'atterraggio è avvenuto su questo altopiano, perché non c'erano più aeroporti, città, ponti, dighe, soldi, banche, tempo e vita. Era tornata alla sua bellezza originaria. Era di nuovo preistorica. E questo è il suo aspetto..." 
 
All'epoca non si sospettava che una pandemia avrebbe fatto la sua irruzione nel mondo, introducendo una discontinuità di portata storica. Eppure Herzog in qualche modo lo presentiva. Così ha immaginato la comparsa di un morbo alieno e ha preconizzato draconiane misure di contenimento. Ricordiamoci che il tanto strombazzato Contagion di Steven Soderbergh (2011), esaltato in modo fanatico da molti fantascientisti, non mostra nulla di simile a un lockdown e all'imposizione generale delle mascherine. Altra cosa prevista dal regista è il delirante titanismo di Elon Musk. A un certo punto si vede infatti uno scienziato che dice mirabilia della colonizzazione spaziale prossima ventura, teorizzando addirittura un pendolarismo tra il lavoro nelle miniere asteroidali (come se fosse una barzelletta!) e le vacanze sulle spiagge assolate della Terra.   

Nostalgia di Klaus Kinski 
 
L'interpretazione di Brad Dourif mi ha convinto che Herzog lo abbia scelto nel tentativo estremo di trovare qualcuno capace di ricordare, seppur vagamente, il mitico Klaus Kinski. Celebre come protagonista di Qualcuno volò sul nido del cuculo (Miloš Forman, 1975), Dourif è comparso anche in Dune (David Lynch, 1984), dove ha interpretato la parte di Piter DeVries, l'astuto consigliere del Barone Vladimir Harkonnen. Nel 1988 lo vediamo impegnato in Mississippi Burning - Le radici dell'odio (Alan Parker), dove rivestiva i panni di uno sceriffo affiliato al Ku Klux Klan: era un enfant terrible che prendeva a sganassoni le donne, spezzava il collo ai gatti, inveiva contro Martin Luther King chiamandolo "Martin Luther King Kong", etichettava i progressisti come "leccanegri" e vomitava sul pavimento una decina di litri di birra dopo un colossale binge drinking. È poi stato l'odiosissimo Grima Vermilinguo nel kolossal Il Signore degli Anelli: Le due Torri (Peter Jackson, 2002). È nato a Huntington in West Virginia nel 1050. Il suo nominativo esteso è Bradford Claude "Brad" Dourif. Il cognome, rarissimo, è di origine francese. L'origine più probabile è da dou "del" (dialettale per du) e rif "ruscello" (dialettale per ruisseau). Dovrebbe pronunciarsi /du'Rif/, ma negli States la pronuncia è stata bizzarramente adattata in /'dɔ:rɪf/. Ha la stessa origine il cognome Durif (anche scritto Duriff in America), come pure l'italiano Delrio. Quello che Herzog voleva era un attore grintoso e dal sembiante truce, che potesse dare l'impressione di essere chiaro di capelli, quasi albino o leucistico. In realtà le chiome di Dourif erano semplicemente ingrigite dall'età. 
 
Curiosità 
 
Quando chiedevano a Herzog dove avesse girato questo film, lui faceva il faceto e diceva che le riprese erano avvenute sulla galassia di Andromeda. 

Il titolo originale, Wild Blue Yonder, è stato ispirato dall'inno dell'Aviazione Militare degli Stati Uniti d'America (The U.S. Air Force Song). Ecco il testo originale in cui compare la locuzione (Verse I): 
 
Off we go into the wild blue yonder,
Climbing high into the sun;
Here they come, zooming to meet our thunder,
At 'em boys, Give 'er the gun! (Give 'er the gun, now!)
Down we dive, spouting our flame from under
Off with one helluva roar!
We live in fame or go down in flame. Hey!
Nothing'll stop the Army Air Corps! 
 
(helluva roar = hell of a roar)

A un artista geniale bastano poche parole per dar forma a un mondo! 
 
Herzog è rimasto folgorato dalla visione di alcuni filmati nell'archivio della NASA a Pasadena (California). Così ha detto: "C'è qualcosa di straordinario in alcune agenzie governative come la NASA. Hanno un insito senso di poesia, nessuno ci crederebbe, ma è così. E la gentilezza e il supporto che hanno dato al mio progetto erano totalmente inaspettati e senza precedenti". I filmati in questione erano stati registrati durante la missione dello Space Shuttle STS-34 del 1989, che aveva il compito di lanciare la sonda Galileo.

La squallida imitazione del Campidoglio esiste davvero e si trova a Niland, in California, proprio all'intersezione tra Niland Avenue e la East Main Street. In pratica quel luogo è un immondezzaio. La sua desolazione è insostenibile. Farebbe inorridire persino i Rom valacchi di condizione più umile.   
 
Lo stranissimo altopiano su cui avveniene l'atterraggio degli astronauti si trova in Venezuela: è il Monte Roraima. Fa subito venire in mente l'acrocoro descritto ne Il mondo perduto di Sir Arthur Conan Doyle (1912). 
 
Cineforum fantafilm 
 
Il film è stato proiettato il 19 febbraio 2007 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro. Purtroppo non ho potuto essere presente e ho visto il film molti anni dopo, sullo schermo del portatile, in inglese americano con i sottotitoli in italiano. Solo ora vengo a sapere che in occasione della proiezione si è tenuto un dibattito sul tema dell'esistenza degli extraterrestri, a cui ha partecipato il professor Elio Sindoni, che ricordo bene dall'epoca dell'università. Cosa che ignoravo, è l'autore di un libro sul tema: Esistono gli extraterrestri? (Il Saggiatore, 1997). È stato pubblicato nello stesso anno in cui ho conseguito la laurea! Avrò cura di procurarmi il volume, di leggerlo e di recensirlo.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Questi sono alcuni interventi della critica: 
 
"Una piccola ed ecologica Odissea nello Spazio per comprendere che il cinema può essere filosofia e comunicazione dello stato delle cose."
(Pino Farinotti) 
 
"<Herzog> si perde oggi in un misticismo laico ed approda alle soglie del tempo armato di un velleitarismo filosofico, che cerca di mascherare la sua smisurata ambizione fingendo di raccontare, male, una vicenda fantascientifica che si poteva sbrigare con mezzi convenzionali. Ma Herzog, forte della sua incrollabile fiducia nei propri mezzi, ci offre uno sconnesso semidocumentario, tecnicamente inaccettabile, le cui ambizioni non sembrano né poche, né piccole. Ma è come fotografare Dio con una vecchia polaroid."
(Il Giornale) 
 
"Si segue abbacinati e coinvolti, si ringrazia il cinema che, quando è gestito da un Poeta vero, può approdare a risultati unici, del tutto estranei a tutto quanto di solito, anche i suoi autori maggiori, riescono a proporci."
(Gian Luigi Rondi, Il Tempo) 
 
Il navigatore piernelweb ha scritto su Mymovies.it:

"Per molti versi "l'ignoto spazio profondo" è un film prodigioso. Dal genio di Herzog un'esempio (sic), credo senza precedenti, di cinema sperimentale che prende forma da immagini e filmati di altra fonte che divengono agli occhi dello spettatore, per manipolazione del regista tedesco, tutt'altro. Un mix di sequenze spaziali (di provenienza Nasa) subacque e aeree surreali e di impressionante bellezza accompagnate dalla voce narrante dell'alieno Brad Dourif e dalla musica "senza tempo" dei Tenores di Orosei. L'Odissea nello spazio di Herzog in diversi momenti è pesante come un macigno, nella sua lentezza ed allucinazione ma nel complesso assume la forma di una portentosa fantascientifica fiaba ecologica di grande impatto emotivo. E' incredibile come con pochissimi mezzi si possa fare dell'ottimo cinema."