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domenica 20 novembre 2022

UN IMPORTANTE RELITTO LONGOBARDO: MARCOLFA 'PIETRA APOTROPAICA'

Le marcolfe, dette anche margolfe, sono pietre apotropaiche a forma di volto, collocate sulle architravi delle porte, sulle pareti delle case o sulle fontane. In molti casi questi volti hanno un'espressione minacciosa, con occhi dilatati e denti che sporgono, mentre in altri invece sono impassibili o contorti in ghigni grotteschi. Il loro scopo, nel sentire popolare, era quello di custodire i luoghi, tenendo alla larga streghe, spiriti maligni e nemici. Le marcolfe sono particolarmente diffuse nelle zone appenniniche tra Toscana, Emilia Romagna e Liguria, ma se ne trovano anche altrove. 

Anche se l'uso di scolpire questi bizzarri manufatti è certamente antichissimo e precristiano, con ogni probabilità risalente ai Celti (basti pensare al culto dei crani), il loro nome è di chiara origine longobarda. Molte marcolfe risalgono al Basso Medioevo, per lo più dal XIII al XV secolo, ma se ne trovano anche di più recenti, dato che la tradizione non si è mai del tutto interrotta. Si segnala l'opera di Gionata Orsini, un moderno scultore di Fanano, nel Frignano, molto impegnato nel dare forma a queste teste petrigne. A quanto ho potuto apprendere nel corso dei miei studi, le marcolfe sono anche chiamate "mummie", anche se non mi è chiaro il motivo di questa denominazione. 



Etimologia: 

Protogermanico: *markō "confine", "regione", "area"
Protogermanico: *wulfaz "lupo" 



Composto: 

Protogermanico: *markōwulfaz 
Significato: lupo dei confini, i.e. custode dei confini 

Esiti longobardi: *marchulf, *marcholf 
    Forme plurali: *marchulfos, *marcholfas 
    Esiti romanzi: marcolfa, margolfa 
N.B. 
Si è avuta una reinterpretazione, del tutto naturale, delle forme plurali longobarde intese come forma singolare femminile, in origine di significato collettivo. 

La terribile Marcolfa

Notiamo subito che la designazione delle pietre antropomorfe descritte richiama un nome di persona femminile ormai rarissimo e ignoto ai più. Marcolfa è un personaggio immaginario, moglie di Bertoldo, madre di Bertoldino e nonna di Cacasenno. Donna molto rude ma di grande saggezza, è protagonista di due racconti di Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550 - Bologna, 1609): 

1) Le sottilissime astuzie di Bertoldo
2) Le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino

Questi racconti sono stati raccolti nel 1620 nel volume Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, con l'aggiunta dell'ulteriore seguito, Novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino, scritto da Adriano Banchieri. Le vicende ebbero poi diverse trasposizioni cinematografiche; nella più celebre, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, diretta da Mario Monicelli nel 1984, i panni di Marcolfa erano vestiti da Annabella Schiavone. È quel film con un Ugo Tognazzi particolarmente grottesco eppur massiccio, per non parlare del figlio di Maurizio Nichetti che fa appena in tempo a nascere e già smerda tutti, a partire dal Re: ricordo ancora le scariche di diarrea in faccia dell'esterrefatto Lello Arena! 

Origini dei nomi Marcolfo, Marcolfa 

Ora presento il problema. Giulio Cesare Croce, vissuto in epoca prescientifica, ignorava tutto sulla lingua dei Longobardi. Si cullava nell'illusione che Alboino (circa 530 - 572) parlasse italiano - basti pensare all'epitaffio di Bertoldo - oppure una lingua galloitalica non diversa da quelle di uso corrente nell'Italia Settentrionale nel XVI secolo. Ignorava del tutto l'esistenza di una lingua germanica che era stata portata da Nord e che continuava nel suo sacrosanto uso. Sarebbe andato vicino al vero se avesse affermato che Alboino parlava todesco. Quello che lo scrittore non poteva immaginare è che non esiste un formante antroponimico femminile -olfa derivato dal maschile -ulf, -olf, che invece è ben documentato da innumerevoli esempi e significa "lupo" (dal protogermanico *wulfaz). Eppure la forma femminile di Marcolfo esisteva già prima di Croce e in particolare era presente in area alto tedesca. Come spiegare la cosa? Possiamo soltanto dedurre che l'antroponimo femminile Marcolfa è stato derivato a partire da quello maschile come forma secondaria. 

Attestazioni in antico alto tedesco: 

Markulf
Marculf (*),
Marculph (*), 
Markolf
Marcolf (*),
Marcholf (*), 
Markholf (**)

(*) 
Förstemann, 1856.
(**) Arcivescovo di Magonza (1141 - 1142). 

Significato:
Lupo dei Confini, i.e. Colui che custodisce i confini 

Forme latinizzate: 

Marculphus,
Marcolfus 

Forma femminile: 

Marculpha 
(derivata dal maschile Marculph)
N.B.
Il significato non è "Lupa dei Confini" o "Colei che custodisce i confini", bensì "(Che è come) Marcolfo", "(Simile a) Marcolfo".

Natura dell'antroponimo:
apotropaica 

Per far comprendere meglio il menzionato problema del femminile, basti menzionare che il nome germanico della lupa è molto diverso e non è usato come formante antroponimico. 

Protogermanico: *wulbī / *wulgī 
Significato: lupa 


Brevi note agiografiche 

San Marculfo (circa 500 - 588) era un abate franco, festeggiato il 1° maggio. Monaco ed eremita, fu quindi abate di Nantus e di Cotentin. Le sue reliquie furono traslate a Corbeny, in Normandia, e in seguito usate per l'incoronazione dei re di Francia. 

Marcolfo: origini del personaggio grottesco

Il Dialogus Salomonis et Marcolphi (Dialogo di Salomone e Marcolfo) è una novella medievale satirica, derivata dal ciclo salomonico e di antica tradizione: nel Decretum Gelasianum (VI secolo) era già presente nella lista dei testi apocrifi e proibiti un'opera di argomento simile, menzionata come Scriptura quae appellatur Salomonis Interdictio. Il testo in latino della novella risale al XII secolo ed è scritto nel pungente e scurrile stile dei clerici vagantes. Questo è l'incipit:  
 
«Cum staret rex Salomon super solium David patris sui,
plenus sapiencia et divicijs,
vidit quendam hominem Marcolfum nomine
a parte orientis venientem,
valde turpissimum et deformem, sed eloquentissimum.
Uxorque eius erat cum eo,
que eciam nimis erat terribilis et rustica.» 

«Il re Salomone, sedendo sul trono di Davide suo padre,
colmo di sapienza e di ricchezze,
vide un tale individuo di nome Marcolfo
che giungeva da oriente,
davvero orribile e deforme, ma tanto loquace.
E la moglie di questi era con lui,
ed anch'essa era davvero terribile e rozza.» 


Le testimonianze sono tuttavia più antiche e risalgono al X secolo. Il dottissimo abate Notkero III Labeone di San Gallo (circa 950 - 1022) fa menzione del grossolano ma furbissimo Marcolfo: 

«Vuaz ist ioh anderes daz man Marcholfum saget sih éllenon uuider prouerbiis Salomonis?
An diên allen sint uuort scôniû, âne uuârheit.» 

«Cos'è mai ciò che Marcolfo argomenta contro i proverbi di Salomone?
Null'altro che belle parole senza verità alcuna.» 
N.B.
I nomi propri maschili avevano spesso terminazioni latine anche in testi in antico alto tedesco della Germania, proprio come nelle attestazioni longobarde!   

Risulta evidente che questo Marcolfo altri non è che il prototipo del Bertoldo di Giulio Cesare Croce (e di Monicelli). L'opera medievale era però ben più interessante: parlava di eruttazioni dal culo! 

Salomon: Benefac iusto, et invenies retribucionem magnam ; et si non ab ipso, certe a domino.
Marcolfus: Benefac ventri, et invenies eructacionem magnam ; et si non ab ore, certe a culo.

Come si può vedere, il Signore finiva con l'essere contrapposto al deretano! 
Il Croce, piuttosto pudibondo e forse temendo processi per eresia, si è dato da fare per "ripulire" ogni traccia di escrementi e di volgarità dal testo mediolatino. Inoltre ha cambiato la sua ambientazione, sostituendo Salomone con il grande Re dei Longobardi, Alboino. Dei due cambiamenti appena citati, gradisco poco il primo, mentre sono entusiasta del secondo. 
Ne discende in italiano letterario la voce marcolfo "persona rozza e ignorante". 


Un paio di strani esiti 

Troviamo, in area tedesca, anche due varianti molto problematiche di Markulf, prive di ogni traccia di consonante occlusiva velare: Marolf, Morolf. Un poemetto tedesco databile al 1190 circa si intitola Salman und Morolf. Con ogni probabilità è un altro antroponimo, Marwolf, il cui primo elemento è l'antico alto tedesco mâri "famoso". La confusione con Markulf potrebbe essere dovuta a ragioni superstiziose. Mi propongo di indagare meglio la cosa in successivi approfondimenti. 

Curiosità 

Dario Fu, pardon, Dario Fo, nel 1958 scrisse La Marcolfa, commedia in unico atto. Narra la storia di una donna brutta e povera, che di colpo viene chiesta in sposa da un gran numero di signorotti, convinti che lei sia in possesso di un biglietto vincente della lotteria. 

Conclusioni 

Il nome delle marcolfe, pietre apotropaiche, in ultima analisi ha la stessa etimologia degli antroponimi Marcolfo e Marcolfa, derivando dallo stesso composto protogermanico, tuttavia tramite diverse trafile che ne spiegano le peculiarità morfologiche.

venerdì 26 agosto 2022


ZOMBIE ASS 

Titolo originale: ゾンビアス (Zonbi asu)

Titolo in inglese: Zombie Ass: Toilet of the Dead
Lingua originale:
 Giapponese
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2011
Durata: 85 min
Genere: Orrore, commedia nera 
Sottogenere: Zombesco, scat horror   
Regia: Noboru Iguchi
Soggetto: Tadayoshi Kubo
Sceneggiatura: Noboru Iguchi, Ao Murata, Jun Tsugita
Produttore: Yasuhiko Higashi, Ken Ikehara, Masahiro
     Miyata, Naoya Narita 
Produttore esecutivo: Tadayoshi Kubo 
Casa di produzione: Arcimboldo Y.K. Gambit 
Distribuzione: Nikkatsu
Fotografia: Yasutaka Nagano
Montaggio: Takeshi Wada
Effetti speciali: Yoshihiro Nishimura, Tsuyoshi Kazuno
Musiche: Yasuhiko Fukuda 
Sottotitoli in inglese: Norman England 
Elettricista: Jun Kodama 
Interpreti e personaggi: 
    Arisa Nakamura: Megumi
    Asana Mamoru: Maki
    Mayu Sugano: Aya
    Danny: Naoi
    Kentarō Kishi: Take
    Kentarō Shimazu: Dottor Tanaka
    Yūki: Sachi
    Asami Sugiura: Zombie femmina
    Sayuri Sajima: Ai
    Demo Tanaka: Zombie nella latrina
    Hideki Karauchi: Contadino 
    Midori Aoyama 
    Yukihiro Haruzono 
    Kai Izumi 
    Sadashi Matsubayashi 
    Hiroaki Murakami 
    Masaki Nishimura 
    Masahito Okamoto 
    Masahiro Taniguchi 
    Satoshi Yamamoto 

Trama: 
Distrutta dal senso di colpa per il suicidio della sorella vittima dei bulli, una giovane studentessa di karate, Megumi, accompagna quattro amici più grandi in un viaggio nel bosco: la ragazza intelligente Aya, il suo fidanzato drogato Take, più stupido delle feci di un mulo, la modella a figura intera Maki e il nerd Naoi. Le cose iniziano ad andare da schifo quando quella scema di Maki trova un verme parassita all'interno di un pesce e lo ingoia, nella speranza che possa mantenerla magra (forse memore della famosa tenia della Callas). Più tardi, sconvolta dalle coliche, la modella è costretta a scaricarsi in una latrina esterna. Il verme parassita che aveva ingurgitato aveva evidentemente deposto le uova nel suo stomaco ed era uscito dall'ano durante il devastante attacco di diarrea. Mentre Maki è al cesso, scopre che c'è uno zombie nello scarico, una creatura tutta coperta di escrementi, che emerge e le afferrava le natiche. Tuttavia lei scoreggia, asfissiando il morto vivente fecale con una violenta scarica di gas intestinali fetidissimi! Un'orda di zombie merdosi fuoriesce dalla gigantesca fossa settica ed aggredisce Maki, inseguendola fino ad imbattersi nel resto del gruppo. Dopo una strenua lotta, i giovani vengono tratti in salvo dal Dottor Tanaka, che li ospita per la notte e offre loro un piatto di pasta. Il problema è che il cibo è infettato dalle uova di un parassita scaturito dall'intestino, il verme chiamato nekurogedoro: la cena è un vero e proprio atto di coprofagia! Il Dottor Tanaka si rivela un bizzarro scienziato pazzo che ha trovato il modo di far sopravvivere sua figlia Sachi, gravemente malata, grazie agli enormi vermi intestinali alieni, a cui in cambio fornisce esseri umani da trasformare in cagosi cadaveri deambulanti. I nekurogedoro sono creature spaventose, sembrano larve giallastre dal corpo segmentato, con due zanne acuminate e un piccolo cervello sul capo. Questo encefalo nudo è altamente circonvoluto e somiglia ai succulenti cervelli da panatura, quelli che si friggono! Il tossicomane Take è la prima vittima dell'infestazione e gli scoppia il cranio a causa dell'ipersensibilità del parassita alle sostanze stupefacenti. Aya e Naoi riescono a fuggire ma finiscono uccisi dai morti viventi. Megumi invece trova l'antidoto alla creatura infestante e lo trafuga, sconfigge la maligna figlia dello scienziato e quindi somministra il siero a Maki, guarendola così dal pestilenziale parassita. Salvata l'amica, Megumi assume essa stessa l'antidoto, quindi raggiunge il Dottor Kanaka e lo abbatte con un magistrale colpo di karate


Recensione: 
Per un appassionato viscerale dei film di zombie, una simile chicca non può assolutamente mancare! Questo è cinema estremo allo stato puro! Le sequenze raggiungono vette sublimi. Certo, non tutto è oro. Il finale in stile anime è assolutamente inguardabile. Le ragazzine volano come razzi supersonici, usando come propulsore il gas intestinale giallastro emesso con particolare violenza dai loro ani. Gli immensi vermi nekurogedoro, scaturiti dallo stesso orifizio che permette il volo tramite i getti gassosi, sono inturgiditi, sono così duri da essere utilizzati a mo' di armi. Una tenia come una katana! Queste trovate sono un po' troppo pacchiane, forse se ne poteva fare a meno. 


Zombie ricoperti di feci! 

Il passaggio dell'essere umano dallo stato bestiale alla civiltà ha comportato la proscrizione degli escrementi, come di molte altre cose, tra cui i cadaveri e le larve. Una barriera invisibile di tabù ha imposto il senso di universale ripugnanza, col comandamento di escludere dal perimetro della società il materiale intestinale espulso. Ora, con Iguchi, questi tabù millenari scricchiolano, mostrano segni di grave cedimento. Si prepara l'irruzione dei residui fecali nel mondo! I messaggeri di questa apocalittica trasformazione sono proprio gli zombie, i morti viventi merdosi! Giungerà di nuovo il tempo delle tribù coprofaghe! 

Anglo-giapponese asu "ano" 

Si nota che il termine アス asu "ano" è un semplice adattamento dell'inglese ass (volgare arse) "culo, ano", reso popolarissimo ovunque dalla capillare diffusione della pornografia di massa. La parola ass deriva dal protogermanico *arsaz e non ha nulla a che fare con il latino ānus "anello; ano"(da cui italiano ano, inglese anus /'eɪnəs/). La parola nipponica per indicare l'orifizio anale è 肛門 kōmon, che è derivata dal medio cinese kaewng mwon (alla lettera "porta del culo", pronunciato in attuale cinese mandarino gāngmén). Per sublime ironia, la stessa parola kōmon (ma scritta diversamente) indica anche la porta della scuola!
La trascrizione di anus in caratteri sillabici katakana è アヌス (anusu). La pronuncia adattata è quella del latino, non quella dell'inglese. Esiste poi il termine 糞垂れ kusotare, scritto in caratteri sillabici hiragana くそたれ, che però non indica affatto l'ano, come invece sostiene il traduttore di Google. Indica i frammenti di feci attaccati all'ano (ossia i "tarzanelli"), oppure uno scemo (traduce l'inglese shithead). L'equivoco è nato dal fatto che in inglese anus può essere usato anche per indicare uno scemo. L'etimologia di kusotare è presto spiegata: 糞 kuso significa "merda", "feci", mentre -tare deriva dal verbo 垂れる tareru "pendere": si parla di merda appesa! 
Cosa emerge da questo sintetico trattatello? Non è facile trovare la parola giapponese genuina per indicare l'ano. Forse ciò accade per un motivo molto semplice. In epoca feudale il tabù era così forte che probabilmente viene nascosto il corrispondente kanji (ideogramma) con una pronuncia kun (di origine giapponese). Sembra in effetti che il tabù dell'ano si manifesti tuttora in strane forme, come divieto di nominare tale sfintere, anche se poi sono moltissimi a leccarlo assai volentieri. Dopo ricerche approfondite e vane, sono riuscito infine a reperire il kanji in questione, grazie a un'illuminazione improvvisa. Mi sono ricordato che un demone (yōkai) molto caratteristico è lo Shirime, che ha l'aspetto di un omuncolo glabro e macilento con un occhio spalancato al posto dell'ano. Ebbene, il nome 尻目 Shirime significa "occhio delle natiche" e deriva da 尻 shiri, parola antica il cui significato era appunto "natiche", "ano". Lo 尻子玉 shirikodama è una mitica sfera, contenente l'essenza vitale, che si troverebbe proprio nell'ano degli esseri viventi. 


Etimologia di nekurogedoro 

La prima parte della parola, nekuro-, è un chiaro adattamento del greco νεκρο- (nekro-) "morto" alla fonologia giapponese. L'ho riconosciuto a colpo d'occhio. La seconda parte della parola, -gedoro, mi è parsa a lungo incomprensibile, non ravvisando alcuna corrispondenza plausibile nella lingua giapponese. Cercando in Google "nekurogedoro", non trovavo nulla di significativo o di utile sotto il profilo etimologico. Poi, all'improvviso, ho avuto l'illuminazione. Anche -gedoro è greco antico! Deriva da γῆ () "terra" e da δῶρον (dôron) "dono". Così ricostruiamo il nome originale come νεκρογηδῶρον (nekrogēdôron), adattato in giapponese come nekurogedoro. Significa "dono della Terra dei Morti". La traduzione è perfettamente sensata e coerente con la trama del film. Lo scienziato pazzo, chiama questa creatura aliena "dono" perché è la sola possibilità di sopravvivenza per la figlia. Inoltre proviene dalla Terra dei Morti: crea gli zombie! Evidentemente il professore era un cultore della lingua dell'antica Grecia, cosa non impossibile persino nel Paese del Sol Levante. Uno dei grandi enigmi della storia della Settima Arte è stato risolto! 


Critica  

Sono così ipnotizzato dal sito Il Davinotti, da prenderlo come modello delle recensioni e delle reazioni nel Web. Ecco la pagina dedicata alla pellicola di Iguchi: 


Questo è l'utilissimo cut-up ottenuto dal materiale davinottiano: 

"Art o fart?"
"Delirante, indecente, imbarazzante, insano, grottesco, il film del folle e irriverente Iguchi mostra una volgarità tanto estrema da risultare surreale" 
"Demenziali la trama, i personaggi e le ambientazioni" 
"Il commovente si alterna allo stomachevole"
"Ispirato ai manga, anzi, agli hentai giapponesi, questo zombi-movie tutto particolare mette in scena i più grossolani simbolismi erotici, oltre alle consuete ossessioni scatologiche dell'immaginario più perverso del sol levante" 
"abnorme, ripugnante e corrottamente cronenberghiano; trashivendolo di un "fulcianesimo" scatologico e demenziale"
"Spicca, più che la protagonista, la popputa Mayu Suganu"
"l'esilarante all'anime de li peggio morti viventi" 
"Chi pensa di aver visto proprio tutto in tema di zombi, non può perderlo" 
"A mio avviso le scene splatter e gore strizzano l'occhio anche al teutonico Schnass" 
"Sangue e dissenteria all'ennesima potenza!" 
"gas rettali, conati di vomito, tentacle rape, evacuazioni, insetti e parassiti mutanti" 
"vede nel prodotto interno lordo solido liquido gassoso la rivoluzione copernicana della deadsploitation
"copromania a tutto sbrocco" 

lunedì 22 agosto 2022


L'ASSEDIO DEI MORTI VIVENTI

Titolo originale: Children Shouldn't Play with Dead Things 
AKA: Revenge of the Living Dead; Things from the Dead; 
    Zreaks 
Lingua originale: Inglese 
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1972
Durata: 87 min
Genere: Orrore, commedia nera  
Sottogenere: Zombesco, satanico 
Regia: Bob Clark (come Benjamin Clark) 
Soggetto: Bob Clark
Sceneggiatura: Alan Ormsby
Produttore: Bob Clark, Gary Goch
Produttore esecutivo: Ted V. Mikels, Peter James
Casa di produzione: Geneni Film Distributors
Fotografia: Jack McGowan
Montaggio: Gary Goch
Musiche: Carl Zittrer
Scenografia: Forest Carpenter
Trucco: Benita Friedman, Lee J. O'Donnell, Alan Ormsby, 
    Judy Whalen 
Reparto artistico: Ken Goch, Gene McCullum,
    David Trimble 
Reparto sonoro: Jim Clark, Henri Lopez 
Cineoperatore: Randy Franken 
Fotografo: Tony Gulliver 
Assistente alla telecamera: John McGowan 
Direttore della fotografia: Michael McGowan 
Elettricista: Robert Goggins, Chester Phebus 
Continuità: Sandra Marley 
Assistente alla produzione: Joe Bonvosu, Mike Harris, 
    Oliver Rish 
Interpreti e personaggi: 
    Alan Ormsby: Alan
    Valerie Mamches: Val
    Jeff Gillen: Jeff
    Anya Ormsby: Anya
    Paul Cronin: Paul
    Jane Daly: Terry
    Roy Engleman: Roy
    Robert Philip: Emerson
    Bruce Solomon: Winns
    Seth Sklarey: Orville Dunworth 
    Bob Sherman: Zombie 
    Curtis Bryant: Zombie 
    William R. "Bob" Smedley: Lo zombie più alto 
    Debbie Cummins: Zombie 
    Gordon Gilbert: Zombie 
    Peter Burke: Zombie 
    Chester Phebus: Zombie 
    Stuart Mitchell: Zombie 
    Lee J. O'Donnell: Zombie 
    Jack Sohmer: Zombie 
    Sandra Laurie: Zombie 
    Camille MacDonald: Zombie 
    Brendan Kenny: Zombie 
    Jean Clark: Zombie  
    Al McAdams: Zombie 
    Jane McAdams: Zombie 
    Stephanie Solomon: Zombie 
    Carl Richardson: Zombie 
    Paula Hoffer: Zombie 
    Andy Herbst: Zombie 
    Trey Ward: Zombie 
    Harry Boehme: Zombie 
    Heywood Banks: Zombie 
Budget: 50.000 dollari US 


Trama: 
La storia è incentrata su una squallida troupe teatrale che nottetempo viaggia in barca fino a raggiungere una piccola isola al largo della costa di Miami, utilizzata principalmente come cimitero per criminali d'ogni tipo: assassini, stupratori, psicopatici e quant'altro. L'intento dei guitti è quello di trascorrere una notte di divertimento e di giochi. Il loro direttore, Alan, è un individuo contorto e sadico, con l'ispida barbetta corvina e uno sguardo spiritato, luciferino. Indossa abiti sgargianti come un lanzichenecco. Il gruppo - che definisce i suoi "bambini" - è composto da Anya, Emerson, Jeff, Paul, Roy, Terry, Val e Winns. L'esagitato direttore parla senza sosta, raccontando numerose storie macabre relative alla tetra storia dell'isola e agli infami abitanti sepolti nel molle terriccio di morte. 
Cercando un luogo in cui pernottare, Alan conduce i suoi "bambini" in un cottage abbandonato, quindi apre una cassa che hanno portato con sé, indossa una veste cerimoniale e li prepara per un'evocazione a mezzanotte - con la minaccia di licenziare tutti se non fanno ciò che vuole. A mezzanotte, dopo aver dissotterrato il corpo di un uomo di nome Orville Dunworth, Alan usa un grimorio e inizia un rituale satanico, invocando il Maligno per resuscitare i morti. Anche se l'intento originale del rituale doveva essere solo uno scherzo di cattivo gusto, l'istrionico Alan sembra molto deluso dal fatto che non succeda nulla, così commette l'errore di insultare Satana. 
L'estenuante festa continua e Alan arriva ad estremi inaudito allo scopo di degradare gli attori, manipolando il cadavere di Orville e usandolo per le sue battute malate. Poi, però, all'improvviso, animati dal funesto rituale, i morti ritornano davvero in vita e costringono la troupe a rifugiarsi nella vecchia casa. In un ultimo disperato tentativo, il terrorizzato Alan tenta di leggere un altro incantesimo dal libro dei morti per riportare gli zombie nelle loro tombe. All'inizio sembra funzionare e i morti viventi iniziano a ritirarsi nella foresta. Tuttavia, non avendo rispettato la regola di riportare il cadavere di Orville nella sua tomba, gli zombie riprendono ad emergere e tendono un'imboscata al gruppo che sta lasciando la casa. Jeff e Val vengono uccisi, mentre Alan e Anya si ritirano di nuovo da dove sono usciti. Nonostante abbiano barricato la porta, gli zombie riescono ad irrompere, inseguendoli per le scale. Nel tentativo di salvarsi, Alan lancia Anya agli zombie. I morti viventi continuano però a concentrare la loro attenzione su di lui e a inseguirlo. Il folle pensa di salvarsi chiudendosi nella camera da letto dove ha lasciato il cadavere di Orville. Ora scopre che anche Orville si è animato, così attacca e lo abbatte, seguito dagli altri zombie che sfondano la porta. 
Mentre scorrono i titoli di coda del film, gli zombi salgono a bordo della barca di Alan. Le luci di Miami brillano sullo sfondo. 


Recensione: 
Volendo approfondire la filmografia di Bob Clark, questo film ha richiamato la mia attenzione. È stato girato subito dopo La morte dietro la porta (Deathdream, 1972), che ho apprezzato in modo particolare e che è stato distribuito nello stesso anno. Ho visto L'assedio dei morti viventi in spagnolo, lingua molto altisonante, che è in grado di irritare i timpani e i nervi acustici, specie se si è costretti ad ascoltare i discorsi ininterrotti di un guitto privo di senno. Direi che non è stata un'esperienza molto soddisfacente. Forse per questo, oltre che per il fatto che gli zombie appaiono con deprecabile ritardo, mi sono maldisposto. Certo, c'è da ammirare il nero siderale che percola come petrolio nel corso delle sequenze, come se il sole fosse morto per l'eternità e avesse lasciato il suo dominio al gelo dell'Estinzione Universale. Il finale ci mostra i prodromi di una pandemia zombesca che divorerà il mondo intero! I morti viventi, in grado di lasciare l'isola servendosi di barche, porteranno l'infezione dovunque! C'è qualche buona idea. Non è da buttar via il matrimonio tra l'enfatico officiante satanico e il cadavere di Orville (siamo ai confini della necrofilia!); peccato che le scintille creative siano soffocate in un mare di fuffa e banalizzate da un onnipresente clima di irrisione. In estrema sintesi si tratta di un racconto morale (morality tale), la cui sostanza non si discosta molto da quella del Toby Dammit di Edgar Allan Poe: non bisogna mai scherzare con ciò che non si conosce. 

Alan Ormsby è costantemente sopra le righe, come se avesse fiutato un quantitativo immane di bamba. È uno che ha sempre addosso la scimmia. Notevole  l'interpretazione dell'allucinata Anya Ormsby, che ha gli occhi strabuzzati come quelli dell'ineffabile Teocoli. La fissità dello sguardo della giovane donna ha qualcosa di agghiacciante, forse anche a causa dello strabismo e del colore chiaro degli occhi. In preda all'esaltazione, enuncia concetti New Age particolarmente stupidi e molesti: "Quello che la gente percepisce come cattivo nei fantasmi e negli spiriti è solo un riflesso del proprio male. E della propria paura. Le persone creano i propri demoni." Poi, alla fine, viene gettata agli zombie dal suo brillante ganzo, sbudellata e divorata viva. Le sue baggianate New Age non la salvano. 

Una reminiscenza baviana! 

A un certo punto (non ricordo il minuto e non ho intenzione di rivedere il film), nella casa in cui trovano scampo l'attore megalomane e i suoi adepti, vediamo una scala a chiocciola per gli Inferi, estremamente simile a quella vista in Operazione paura (1966), di Mario Bava. Potrei essere il primo a segnalare la cosa: finora non ho trovato nessuno che ne abbia parlato nel Web. 

Alcuni comuni equivoci

Se un testo di evocazione dei Demoni non è enunciato in una lingua arcana, come ad esempio l'Enochiano, non potrà mai sortire effetto alcuno. Purtroppo nella Settima Arte si tiene conto di rado di questa verità. Le "formule" in lingua volgare, quotidiana, come quelle usate da Alan, servono meno della carta igienica imbrattata. Tramite la magia nera si possono soltanto arrecare danni. Non si possono ottenere beni o vantaggi di sorta. Inoltre, cosa non meno importante, non esistono contro-evocazioni. La sola idea di evocare potenze del Male per poi ricacciarle indietro è stupida come pensare di infilare la merda nel culo da cui è stata defecata!  


Critica 

Marcel M.J. Davinotti Jr. definisce questo film "uno dei primi figli (non degeneri) del classico di Romero che aprì una nuova via al cinema horror". Credo che l'inciso "non degeneri" sia frutto di eccessiva magnanimità. La conclusione del critico è questa: "Purtroppo la povertà di mezzi è evidente, la fotografia scadente e il cast non proprio il massimo". "Eppure, a tratti, funziona", aggiunge. Certo che qualcosa funziona, per qualche manciata di secondi - purtroppo a film molto inoltrato! 
Riporto in questa sede giusto qualche opinione sparsa. Questa volta il cut-up davinottiano è abbastanza magro.


"Bizzarro zombie-movie dei primi '70"
"Curioso zombie-movie di Clark che si fa notare specialmente per il clima abilmente giostrato fra il lugubre e il buffo" 
"La gestione dei tempi è pessima (si arriva all'attesa svolta romeriana solo dopo un'ora)" 
"Discreto anche il make up, grottesco il giusto"
"Se Clark si fosse limitato a girare un mediometraggio, sicuramente l'opera ne avrebbe beneficiato" 

In Rete si trovano poche altre perle: 

"come se non bastasse leggono delle strane formule sul Manuale delle Giovani Marmotte sperando di resuscitare qualche morto"
(Mklane, letto su Cineastio.it

"Uno dei primi film di Bob Clark più tardi dedito alla saga dei Porcelloni" 
(letto su Mymovies.it

Il riferimento al clarkiano Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni (Porky's, 1981) ricorre anche in un commento dell'utente Gianfry su Filmscoop.it

"E' interessante notare come il regista Bob Clark, dopo questo film e altre due piccole perle dell'horror seventies (Black Christmas e La Morte Dietro la Porta) si sia dedicato poi negli anni '80 alla saga dei porcelloni (Porky's). Curiosita: il protagonista Alan Ormsby, assieme all'attore Jeffrey Gillen (quello più grasso) dirigerà l'anno seguente uno dei film a tema necrofilo più malsani della storia del cinema: "Deranged"." 

In conclusione, possiamo dire che il film zombesco di Clark sia quasi ignorato nel Web.


Curiosità 

Alan Ormsby e Anya Ormsby erano sposati al momento della realizzazione di questo film. Non mi si dica che il nepotismo è esclusivo dell'Italia! 

I nomi sulle lapidi sono quelli dei vari membri della troupe. Le stesse pietre tombali sono state realizzate in polistirolo, di marmo non c'è nemmeno l'ombra. Tutto si è svolto in estrema economia, sia di risorse che di tempo. La sceneggiatura è stata scritta in soli 10 giorni. 

La guida del 1990 "Uranian Worlds: A Guide to Alternative Sexuality in Science Fiction, Fantasy, and Horror" di Eric Garber e Lyn Paleo elenca questo film come uno dei primi film horror a mostrare personaggi maschili omosessuali in luce positiva (sebbene stereotipati), con anche un ruolo importante nella trama. Con l'aiuto di due sodomiti truccati da cadaveri, Alan fa uno scherzo pratico agli altri personaggi che li spaventa così tanto che uno di loro si piscia addosso. 

Un progetto insensato 

Nel 2005 (secondo IMDb.com nel 2007), preso da un attacco di insania, il regista avrebbe voluto produrre un remake della sua stessa opera; non ci riuscì a causa della sua morte in un incidente d'auto. Un remake in meno! In seguito, la Gravesend Film Enterprises tirò ancora in ballo questa idea inutile e deleteria del rifacimento, annunciando l'inizio delle riprese nel 2012, con la regia di Tom Savini e la sceneggiatura di Drew Daywalt. Per fortuna il progetto sembra essere finito in niente. Visto che qualcosa è andato storto, Savini si è giustamente occupato d'altro. Riporto in questa sede le sue stravaganti dichiarazioni: 

"Voglio creare qualcosa di unico e interessante e voglio anche portare gli zombie a un nuovo livello. I migliori zombie degli ultimi tempi sono stati quelli che Greg Nicotero ha creato per The Walking Dead. Sono favolosi... i migliori che abbia mai visto. Ma gli zombie in Children non sono i tuoi morti viventi del tipo sono-appena-morti-e-ora-sono-zombie-per-strada. Sono già morti da un pezzo, a volte da molto tempo. Quindi non sono solo zombi, sono cadaveri - cadaveri che camminano - ed è questo che voglio mostrare, ciò di cui voglio spaventarvi. C'è poco che puoi fare al viso, alle mani, al petto e ai vestiti degli zombie per renderli spaventosi, ed è ciò che Greg ha fatto in modo così magnifico - e questo è sempre stato l'handicap nel fare un film sugli zombie. Con la nuova versione di Children Should'nt Play With Dead Things, vogliamo rendere nuovamente spaventosi gli zombie." 
(Fonte: upcominghorrormovies.com)

Reputo Savini un genio per i suoi meriti dei tempi in cui collaborò con George A. Romero, ma non riesco a capire questa necessità di ricicciare sempre le stesse cose, ad infinitum. Fa parte dell'ansia di "riscrivere la storia", una malattia spirituale tipica di questi tempi malati. Mi sento di far notare alcune cose:  
1) The Walking Dead è in sostanza una commediola leggerella in cui ci sono gli zombie; 
2) Savini parafrasa le parole del Ciuffo di Zabaione, Donald Trump: il saviniano "we want to make zombies scary again" è un evidente calco del più famoso slogan politico "Make America great again" (che era stato usato anche da Bill Clinton e da Ronald Reagan). 

Il punto è questo: se gli zombie non terrorizzano più, non è che si possa risolvere il problema con l'ennesimo remake! Si deve piuttosto pensare a qualcosa di nuovo! Siamo sempre daccapo. I produttori, che sono avari, avidi e meschini, non vogliono rischiare nulla, hanno paura della loro ombra, hanno paura delle idee, non hanno il coraggio di rompere il loop infinito, etc. Meritano diarrea eterna e damnatio memoriae

giovedì 21 luglio 2022


BARBARELLA
 

Titolo originale: Barbarella 
Paese di produzione: Francia
, Italia 
Lingua originale: Inglese, italiano 
Anno: 1968
Durata: 98 min
Dati tecnici: Technicolor
    rapporto: 2,35:1
Genere: Commedia, fantascienza 
Sottogenere: Space opera
Regia: Roger Vadim
Soggetto: Jean-Claude Forest
Sceneggiatura: Terry Southern, Roger Vadim,
      Jean-Claude Forest, Vittorio Bonicelli
Produttore: Dino De Laurentiis 
Coproduttore: Henri Michaud (non accreditato) 
Fotografia: Claude Renoir
Montaggio: Victoria Mercanton
Musiche: James Campbell, Bob Crewe, Charles Fox,
      Michel Magne
Scenografia: Mario Garbuglia, Jean-Claude Forest 
     (consulenza artistica) 
Costumi: Jacques Fonteray, costume verde ispirato
     da Paco Rabanne; Giulio Coltellacci (non accreditato) 
Trucco: Amalia Paoletti, Euclide Santoli 
Effetti speciali: Gérard Cogan, Augie Lohman, Thierry
     Vincent-Fargo, Carlo De Marchis (non accreditato), 
     Carlo Rambaldi (non accreditato) 
Effetti ottici: Charls Staffell
Stuntmen: Patrizia Mannoia, Rico Lopez, Fabio Testi 
Dipartimento sonoro: David Hildyard, Primiano Muratori, 
    Vittorio Trentini 
Interpreti e personaggi: 
    Jane Fonda: Barbarella
    John Phillip Law: L'Angelo Pygar
    Anita Pallenberg: La Regina Nera, Gran Tiranno di Sogo 
    Milo O'Shea: Concierge / Durand Durand
    Marcel Marceau: Professor Ping
    Claude Dauphin: Presidente della Terra
    Ugo Tognazzi: Mark Hand, l'Acchiappabimbe 
    David Hemmings: Dildano
    Giancarlo Cobelli: Rivoluzionario
    Serge Marquand: Capitano Sole 
    Véronique Vendell: Capitano Luna 
    Nino Musco: Il Generale 
    Franco Gulà: Il suicida (scena tagliata) 
    Catherine Chevallier: Stomoxys 
    Maria Therese Chevallier: Glossina 
    Umberto Di Grazia: Cittadino di Sogo 
    Honey Autumn: Ancella calva della Corte di Sogo 
    Silvana Bacci: Ragazza di Sogo (non accreditata) 
    Aurora Battista: Ragazza di Sogo (non accreditata) 
    Vita Borg: Incantatrice (non accreditata) 
    Chantal Cachin: Rivoluzionaria (non accreditata) 
    Giuseppe Castellano: Uomo fulvo barbuto (non accreditato) 
    Altiero Di Giovanni: Uomo trasparente (non accreditato) 
    Fabienne Fabre: Donna-Albero (non accreditata) 
    Sergio Ferrero: Messaggero del Gran Tiranno
        (non accreditato) 
    Giorgio Gruden: Sacerdote (non accreditato) 
    Susan Moren: Schiava (non accreditata)
    Maria Teresa Orsini: Ragazza suicida (non accreditato) 
    Talitha Pol: Ragazza che fuma la pipa (non accreditata) 
    Fred Robsahm: Assistente di Dildano (non accreditato) 
    Angelo Susani: Uomo barbuto che affronta Barbarella a Sogo 
        (non accreditato)
    Romolo Valli: Rapitore di Sogo (non accreditato)
Doppiatori italiani: 
    Maria Pia Di Meo: Barbarella 
    Pino Colizzi: L'Angelo Pygar
    Anna Miserocchi: La Regina Nera, Gran Tiranno di Sogo
    Giuseppe Rinaldi: Concierge/Durand Durand
    Stefano Sibaldi: Professor Ping
    Luigi Vannucchi: Presidente della Terra
    Oreste Lionello: Dildano 
    Alighiero Noschese: Alfa 7 (voce) 

Trama: 
In un futuro non specificato, probabilmente intorno al 40.000 d.C.,  la bionda e sensualissima Barbarella, un'avventuriera spaziale, viene inviata dal canuto Presidente della Terra in una pericolosa missione, con l'obiettivo di recuperare lo scienziato pazzo Durand Durand. Questo maligno Durand Durand, rifugiatosi nel sistema planetario di Tau Ceti, è l'inventore del raggio positronico, un'arma alimentata dal laser verde, che i leader della Terra temono possa causare distruzione di massa e spaventosi genocidi. Barbarella precipita sul 16° pianeta del sistema Tau Ceti in una zona glaciale, perde i sensi e viene raggiunta da due bambine terribili, che la legano e la attaccano ai rottami dell'astronave usando bambole meccaniche con denti affilati come rasoi. A salvare Barbarella sopraggiunge l'ipertricotico Mark Hand, che è il pantagruelico e gargantuesco Tognazzi! Questo essere esercita la dubbia professione di "Acchiappabimbe", pattugliando il ghiaccio alla ricerca di bambini (ab)erranti. Mark Hand-Tognazzi dice alla donna terrestre che Durand Durand si trova nella perversa città di Sogo e le offre un passaggio alla sua nave con la sua "barca sul ghiaccio". Quando Barbarella si offre di ripagarlo, Mark Hand-Tognazzi le chiede di fare sesso con lui. Barbarella è confusa poiché i Terrestri non hanno più un contatto fisico intimo con chicchessia; invece, prendono apposite pillole e congiungono le mani fino a quando non viene raggiunto una sensazione di brivido chiamata "sincro". Il tognazzesco Mark Hand dice che non gli interessa e le suggerisce invece di fare sesso nel suo letto. Barbarella cede e viene penetrata dall'immenso cazzone dell'uomo, prende il suo sperma nella gafi e si diverte moltissimo. La consumazione del rapporto non la priva della sua ingenuità virginale: ammette di capire perché il sesso è considerato "primitivo" e "fonte di distrazione" sulla Terra. 
Barbarella, cercando di lasciare il pianeta, si schianta in un labirinto in cui vegetano gli emarginati che sono stati condannati dal potere Sogo. Viene trovata da Pygar, un angelo cieco e biondo che ha perso la capacità di volare. L'Angelo Pygar la presenta al Professor Ping, un attempato comunista che si offre di riparare la sua nave - compito tutt'altro che facile. Quindi l'antropoide alato porta Barbarella a Sogo, un covo di violenza e dissolutezza, dopo che lei gli ha ripristinato la voglia di volare consumando un rapporto sessuale con lui (e in particolare facendogli rizzare l'alimuscolo). L'Angelo Pygar e Barbarella vengono catturati dalla Regina Nera di Sogo, che porta il titolo di Gran Tiranno, e dal suo "Concierge", che descrive il Mathmos: energia vivente in forma liquida e simile a magma, alimentata dai pensieri malvagi, in grado di pervadere ogni cosa. Questo Mathmos è utilizzato come fonte di energia nella perversa città sodomitica, che sorge proprio sopra di esso, su un immenso lago che ne è pieno fin quasi a tracimare. L'Angelo Pygar, che in una precedente occasione era stato accecato dai Sogoiti, ora subisce una finta crocifissione e qualcuno gli infila il cazzone eretto nel deretano! Barbarella viene messa in una gabbia, dove centinaia di uccelli si preparano ad attaccarla. Viene salvata in extremis da Dildano, leader della resistenza locale (no, non è un dildo nell'ano, è un rivoluzionario comunista) - che subito la aiuta nella sua ricerca di Durand Durand. Dildano le dà una chiave invisibile per la Camera dei Sogni della Regina Nera, dove la sovrana dorme sognando: in quello stato non è protetta dalle sue guardie ed è vulnerabile. Può essere presa prigioniera, cosa che risolverebbe non pochi problemi.   
Ritornata a Sogo, Barbarella viene prontamente catturata dal "Concierge", che la inserisce nella "Macchina Exsexsive", uno strumento simile a un organo che induce un piacere sessuale così intenso da risultare fatale. Contro ogni aspettativa, Barbarella sopravvive alla macchina e la fa andare in tilt, incendiandola. Il "Concierge", scioccato dalla distruzione del suo perverso marchingegno sadico, si rivela essere proprio lo scienziato pazzo Durand Durand. Barbarella è sorpresa perché l'uomo ha solo 25 anni, pur essendo invecchiato moltissimo: si tratta di un evidente effetto collaterale dell'esposizione al Mathmos. Durand Durand vuole rovesciare la Regina Nera e diventare il nuovo sovrano di Sogo, il che richiede l'uso del suo raggio positronico come strumento repressivo, oltre all'accesso alla Camera dei Sogni della Regina. Quindi Durand Durand porta la sprovveduta Barbarella fino alla Camera dei Sogni, la inganna e la chiude dentro con la chiave invisibile che le aveva dato Dildano, non prima di essersi impadronito anche di quella originale. 
Barbarella, imprigionata senza possibilità di uscire, vede la Regina Nera, che le racconta di essere minacciata da una terribile profezia: quando nella Camera dei Sogni ci sarà un'altra persona oltre a lei, il Mathmos emergerà e divorerà ogni cosa. Durand Durand prende il controllo di Sogo mentre Dildano e i suoi ribelli iniziano il loro attacco alla città. Servendosi del raggio positronico, verde come la menta, li spedisce tutti nella Quarta Dimensione - un viaggio da cui non c'è ritorno. La Regina Nera reagisce rilasciando il Mathmos per distruggere la città. Durand Durand, ormai ridotto alla follia più completa, perde il controllo della situazione e soccombe, ardendo tra le fiamme. A causa dell'innocenza di Barbarella, il malvagio magma eruttato dalle profondità di Sogo forma una bolla protettiva attorno a lei e alla Regina Nera, espellendole in sicurezza dalle viscere del Regno Ctonio. Le due donne trovano l'Angelo Pygar, che le stringe tra le braccia, le solleva e vola via. Quando Barbarella chiede a Pygar perché ha salvato una carnefice che lo ha fatto accecare e lo sottoposto ad atroci torture, lui le risponde che un angelo non ha memoria del passato: la sua essenza è Amore. 


Recensione: 
Sì! Questa è in buona sostanza la storia di un'ingenua vergine che dalla Terra arriva su un remoto pianeta di Tau Ceti per farsi deflorare da Tognazzi! Quindi possiamo dire che Barbarella rientra a tutti gli effetti tra i film tognazzeschi! Subito, guardando la pellicola, salta agli occhi qualcosa di abbastanza inconsueto. Età mentale della protagonista: 8 anni. Non sto facendo ironia, la mia è la semplice descrizione di un dato di fatto. Si ha la contraddizione stridente, quasi scandalosa, tra un corpo femminile perfettamente adulto e una mente poco sviluppata, che può soltanto essere definita puerile. Nei tempi in cui viviamo, questo potrebbe essere un problema. All'epoca era una cosa del tutto normale e nessuno spettatore di sesso maschile ne sarebbe rimasto infastidito. 
Vadim spinse la moglie a interpretare la pellicola perché vedeva nella fantascienza una grande opportunità in continua espansione. Era un uomo molto pragmatico, in grado di capire subito ciò che gli sarebbe tornato utile. Le sue opinioni sul genere fantascientifico, per cui non nutriva alcuna stima, erano a dir poco deprimenti e in un'occasione le espresse con queste parole: "Nella fantascienza, la tecnologia è tutto... I personaggi sono così noiosi, non hanno psicologia. Voglio fare questo film come se fossi arrivato su uno strano pianeta con la macchina fotografica direttamente sulla spalla, come se fossi un giornalista che fa un cinegiornale." Al contempo, non volendo che la moglie si slinguazzasse con estranei e che sentisse la loro turgidità, si è inventato la storia della "vamp infantile". Questa bizzarria, forse unica nella storia della Settima Arte, avrebbe quindi avuto origine dalla gelosia del regista, unica componente in grado di temperare il suo cinismo. Per paradosso, il matrimonio di Vadim con la Fonda finì nel 1973, perché lui le metteva le corna! 
Anche i dettagli in apparenza più insignificanti hanno la loro importanza. Alighiero Noschese è colui che canta la sveglia a Barbarella nella versione italiana, intonando le seguenti parole: "Alfa 7, Alfa bù! Barbarella, salta su!" Certo, può sembrare una cosa piuttosto infantile, ma non dobbiamo mai dimenticarci che Noschese aveva le palle di granito: ha nascosto una pistola in una cavità di un albero, poi l'ha presa, si è seduto su una panchina e si è sparato una pallottola nel cranio! Con questo gesto eroico, si è sottratto a lunghi anni di agonia e di strazio! Sia sempre onore! 
Il film di Vadim è stato tratto da un fumetto seriale pubblicato su una rivista maschile francese all'inizio degli anni '60 del XX secolo. Creato dall'artista Jean-Claude Forest, questo fumetto era ispirato alla procace figura di Brigitte Bardot. Per questo motivo, proprio alla Bardot è stato proposto di interpretare Barbarella, ma lei ha rifiutato, dicendo che non era più interessata a recitare ruoli sexy. Si era stancata della "sessualizzazione" e già da anni era una combattiva attivista per i diritti degli animali, vegetariana, fortemente impegnata. Non era gradita a tutti e nel corso della sua vita è stata fatta oggetto di campagne d'odio, guadagnandosi addirittura epiteti come "fascista", "camicia nera" e "nazista". Subito dopo il rifiuto della Bardot, la parte di Barbarella fu offerta a Sophia Loren, che non accettò perché non si sentiva adatta, essendo in stato di gravidanza. Fu a questo punto che Vadim arrivò a concepire la sua contorta architettura mentale e a proporre la parte alla moglie. Tra l'altro Vadim aveva iniziato una relazione con la Bardot, ai tempi sedicenne, sposandola nel 1952 e divorziando nel 1957. Non è certo una coincidenza il fatto che abbia cercato di farne la protagonista del film. 

Il problema fondante delle space opera

Lo spogliarello di Barbarella all'inizio del film è stato notato da tutti. A non essere state notate sono le mancanze relative all'igiene personale. Barbarella, rientrata nell'astronave e spogliatasi della tuta spaziale, non entra in un gabinetto. Non si lava. Si stende sul giaciglio trasparente e dorme ininterrottamente per un periodo di 154 ore (poco più di 6 giorni). Quando viene destata dalla voce del computer Alfa 7, si limita a bere una specie di soluzione salina violacea, immagino per riequilibrare gli elettroliti. Non ingerisce alcun cibo solido e nemmeno delle pastiglie. Non va ad orinare e  ad evacuare. Ancora una volta non si lava. Non si passa nemmeno un panno umido. Poi, per tutta la durata del film, non si nota alcuna azione connessa con la nutrizione e con la rimozione di residui. Mi rendo conto che le regole del cinema americano impongano di non indugiare troppo su azioni considerate "banali", "abituali", "quotidiane", o addirittura di ometterle del tutto, eppure mi sembra che questa scelta crei una sensazione di eccessivo distacco dalla realtà. Negli spettatori si è creata l'idea di un mondo fatato in cui i corpi non hanno necessità, sono sempre puliti e possono continuare a funzionare a ciclo continuo!   


Etimologia di Sogo 

Il nome della città malvagia di Sogo (che qualcuno scrive SoGo, con la maiuscola mediana), nelle intenzioni del suo ideatore è un'abbreviazione dei nomi delle città bibliche di Sodoma e Gomorra. In altre parole, il toponimo Sogo è stato concepito come una brutta parola macedonia

Sodom + Gomorrah => Sogo 

aggettivo derivato: Sogovian
   (adattamento italiano: sogoviano)
sostantivo di provenienza: Sogoite, pl. Sogoites
   (atattamento italiano: sogoita, pl. Sogoiti)

La Regina Nera si traveste da prostituta guercia e frequenta gli angiporti, mescolandosi al suo popolo, fellando sconosciuti e concedendo loro l'uso del suo intestino. Non ci sono dubbi: questa è realmente la Pentapoli, il Paese di Sodoma e Gomorra trasportato nelle profondità del Cosmo!  
Quindi si deduce che il buco del culo di Barbarella è stato in pericolo per gran parte del film! Tuttavia sembra proprio che nessuno sia riuscito ad entrarci! Questo tema, troppo sensibile, non poteva essere affrontato liberamente nell'America di quell'epoca. Credo che ci sarebbero problemi anche oggi. Certamente è andata molto peggio all'Angelo Pygar, che è finito so-do-miz-za-to dai Sogoiti! Le urla dell'umanoide pennuto quando subisce immissio penis in anum sono inequivocabili! 

Piccole fetenti e perverse polimorfe!

Stomoxys e Glossina, le fastidiosissime nipotine della Regina Nera, Gran Tiranno di Sogo, portano in realtà i nomi di due specie di mosche particolarmente nocive. Stomoxys calcitrans è la mosca delle stalle e Glossina morsitans è la famigerata mosca tse-tse, che trasmette il parassita Trypanosoma brucei, un protozoo in grado di provocare la malattia del sonno sia negli animali che negli esseri umani. Entrambe le bambine perverse si vedono, con abiti che ricordano la livrea delle coccinelle, a una festa sadomasochistica e sodomitica, tra gente avvezza a praticare il coito nel deretano! Ai nostri giorni tutto ciò non potrebbe essere più nemmeno pensato. Nel film di Vadim, le pestifere Stomoxys e Glossina propongono a Barbarella dei "giochini" non certo innocui. 



La verginità di Barbarella

All'epoca si pensava che il progresso tecnologico avrebbe portato al completo superamento della fisicità del genere umano. Sono temi ricorrenti nella fantascienza il disprezzo verso i "selvaggi", l'alimentazione tramite le "pillole degli astronauti" (di cui fece satira Totò, quando alcuni giovani gli dissero che "mangiare non è chic") e altre simili amenità. Se sulla Terra non c'è contatto fisico tra i sessi, Barbarella ha conservato l'imene integra fino al suo incontro con Tognazzi! Sembra addirittura che non capisca il significato dell'atto della penetrazione. Non avrà mai visto un pene eretto e neppure la fuoriuscita dello sperma. Evidentemente sulla Terra la procreazione avviene in vitro ed è programmata, così nessuna può più rimanere incinta naturalmente. Eppure, il Presidente della Terra sembra abbastanza malizioso. Forse contava di avere facilmente un incontro con Barbarella e di sfruttare il suo candore per convincerla a fare qualche porcata.  
 
Tentativi di censura 

Il film Barbarella ha ricevuto la valutazione "condannato" ("condemned" rate) dal National Catholic Office for Motion Pictures, che lo ha definito " un fantasy malato ed eccessivo, con nudità e rappresentazioni grafiche del sadismo", criticando la Production Code Administration per averlo approvato. Ingerenze aggressive, il cui fine era instaurare un "Index filmorum prohibitorum" e abolire ogni traccia di libertà di espressione. Da quando la Chiesa Romana è stata travolta da innumerevoli cause di pedofilia, la sua arroganza è comunque molto diminuita.  
Questo film ha avuto un'importante riedizione nelle sale nel 1977, grazie al grande successo al botteghino di Guerre Stellari in quello stesso anno. La pellicola è stata modificata per ottenere una classificazione americana "PG" (ossia "Parental guidance suggested – Some material may not be suitable for children"), con taglio del nudo integrale; aveva il sottotitolo aggiunto Queen of the Galaxy ("Regina della Galassia"), che non era presente nella versione originale del 1968. Sebbene tutte le versioni video americane altro non fossero che la versione originale non tagliata, la Paramount ha ripetutamente incluso lo stupidissimo tag "PG" sulla confezione, quando avrebbe dovuto apporre la dicitura "Not Rated"
Il fumetto di Jean-Claude Forest ha avuto qualche problema in più rispetto al film. Quando le strisce raccolte furono pubblicate come libro a sé stante nel 1964, furono ritenute pornografiche e scoppiò uno scandalo. Nella migliore delle ipotesi, quelle strisce erano leggermente erotiche. 


Etimologia di Durand Durand 

Il nome dello scienziato pazzo Durand Durand (pron. /dy'Rã dy'Rã/) colpisce subito l'attenzione per via della sua natura duplicata - anche se spesso Barbarella si rivolge a lui chiamandolo semplicemente Durand. L'ipotesi più plausibile è che Durand sia il cognome, di origine francese, e che i suoi genitori si siano divertiti a dare al figlio un nome di battesimo identico al cognome. Dopotutto non sarebbe un caso isolato. Basti pensare a esempi come Galileo Galilei, Paperone de' Paperoni, etc. L'etimologia, sia del cognome che del primo nome, è dall'antico francese Durant, che risale al latino Durandus, il cui significato è "Duraturo", "Durevole". L'origine è chiaramente augurale. Questo cognome presenta le varianti Durant, du Rand e du Randt, le ultime due comuni in Sudafrica. Resta il fatto che Barbarella non è mai chiamata con un cognome. Non è garantito che la mia spiegazione sia valida e che le genti della Terra futuribile abbiano cognomi. Nel fumetto originale non c'era alcun Durand Durand e nemmeno il suo raggio letale. Il personaggio fu inventato di sana pianta dallo sceneggiatore. Credo che ormai sia impossibile determinare a cosa si ispirò.  

Barbarella e la politica 

Questo film è stato realizzato prima della politicizzazione di Jane Fonda e della sua metamorfosi in una convulsionaria radical-femminista. Quando le è stato chiesto di difendere il film nel contesto delle sue opinioni politiche femministe, non ha avuto altra scelta che accettarlo per quello che era. Non avrebbe potuto riscrivere la storia, perché non si era ancora imposta la luttuosa "cancel culture"! Adesso sarebbe tutto diverso: imporrebbero la distruzione della pellicola, accusata di sfruttare le donne! Per queste fanatiche urlanti che si sono formate in verminai universitari come Berkeley, ogni donna dovrebbe mettersi i baffi finti, vestirsi di stracci e puzzare da far schifo, come una carogna e come la merda grassa, pur di non far piacere nemmeno al più sfigato degli uomini! 


La politica nel film Barbarella 

Sarebbe ingenuo pensare che nel film non esistano contenuti politici, soltanto perché il film risale a un'epoca in cui Jane Fonda non era politicamente impegnata. Subito appare evidente l'attiva presenza del Partito Comunista Rivoluzionario sul 16° pianeta di Tau Ceti. Non si può evitare di porsi una domanda. Chi ha portato il Marxismo a Sogo? È stato sicuramente Durand Durand. In fondo è stato lui a dare a Dildano le pillole per il sesso "sincro", segno che i due si conoscevano abbastanza bene. Ma a che pro? Che vantaggio avrebbe avuto lo scienziato pazzo a diffondere le dottrine di Marx ed Engels in un contesto privo di connessioni con quello della Terra? Forse all'inizio ha pensato di usare la Rivoluzione per contrastare il potere del Gran Tiranno, sperando nel crollo di quella società feudale. Poi, quando è stato a un passo dall'ottenere il potere in altro modo, Durand Durand si è opposto con ogni sua forza alla Rivoluzione, eliminando uno ad uno i dirigenti dell'Agitprop e gli insorti!  

La Stanza del Suicidio 

Credendo di essere molto furba, Barbarella a un certo punto varca un ingresso proibito, chiedendosi perché nessuno dei Sogoiti osi seguirla. Quella in cui è capitata è la Stanza del Suicidio. Ogni abitante di Sogo ha il diritto di terminare la propria esistenza quando vuole. Solo per questo sarebbe un luogo molto più civile dell'Italia, tanto per fare un esempio, Tuttavia c'è un problema di non poco conto. Nessuno può scegliere come porre fine ai propri giorni. L'aspirante suicida ha una sola possibilità: optare per una delle tre porte che si trova davanti. Nel caso non lo faccia, sarà inghiottito dal magma. Ciascuna delle tre porte immette in una stanza, invisibile dall'esterno, in cui il boia può fare qualsiasi cosa, ad esempio squartare il malcapitato, bollirlo vivo, amputargli gli arti, etc. Barbarella viene tratta in salvo da Durand Durand.

Barbarella e la varietà linguistica 

Il congegno che Barbarella definisce "chiacchieratore" dovrebbe avere la capacità di permetterle di comunicare con gente che parla lingue diverse da quella della Terra. Il primo incontro di Barbarella con le nipotine odiosissime della Regina Nera si risolve in una totale assenza di comprensione: avendo fallito il dispositivo per un inconveniente tecnico, la donna tenta di applicare il principio secondo cui "dovunque nell'Universo si parla inglese tranne che in Francia" e inizia ad esprimersi in francese (nel caso Tau Ceti si rivelasse essere una dependance del Paese di Luigi XIV). Visto che non riesce ad ottenere alcun successo, si impone un cambio di strategia strategia. Non si sa bene su quali basi scientifiche, Barbarella etichetta il parlottare delle bambine terribili come "dialetto galattico del gruppo 5". Quando finalmente riesce ad attivare il "chiacchieratore", in presenza dell'augusto Tognazzi, ogni problema comunicativo si risolve come per incanto. Tuttavia si rivela un gravissimo errore nel seguito. Questo "chiacchieratore", che è una specie di braccialetto, avrebbe dovuto spegnersi con l'esaurimento della pila atomica, che è una specie di cavigliera. Quando la luce nella cavigliera è spenta, significa che non c'è più alcuna fonte di energia. Non si capisce come possa Barbarella continuare a comprendere quanto le viene detto dai suoi interlocutori Sogoiti, dato che la pila atomica è spenta da tempo. Non sono stato il primo a notare questo errore così grossolano. 


Barbarella e la musica 

Lo scienziato pazzo Durand Durand è l'ispiratore del nome del gruppo New Wave e Synthpop britannico Duran Duran, che godette di immensa popolarità negli anni '80 del XX secolo, divenendo in Italia uno dei pilastri portanti del movimento dei Paninari. Nel 1997, i Duran Duran hanno dedicato alla loro eroina preferita la canzone Electric Barbarella, terza traccia dell'album Medazzaland
Questo non esaurisce di certo l'influenza che il film interpretato da Jane Fonda ha avuto nel mondo della musica. Ho raccolto e ordinato cronologicamente alcuni casi che mi sono parsi particolarmente interessanti.   
1) Bob Seger: la canzone Her Strut dell'album Against the Wind (1980) è ispirata al personaggio di Barbarella. Alla lettera, Her Strut significa "il suo avanzare impettito". 
2) Fuzzbox, band femminile il cui nome esteso è We've Got A Fuzzbox And We're Gonna Use It: il video della canzone International Rescue, dell'album Big Bang! (1989), mostra una parodia di Barbarella in cui il ruolo di Durand Durand è interpretato da Adrian Edmondson. Questo per ripicca, perché non è stato concesso loro di usare Thunderbirds
3) Barbarella, pseudonimo dei due produttori Sven Väth e Ralf Hildenbeutel: i singoli dell'album techno The Art of Dance (1992) sono ispirati al film Barbarella. Tra questi menzioniamo The Future, The Spaceship e The Mission
4) Kylie Minogue: il video della canzone Put Yourself in My Place, dell'album eponimo Kylie Minogue (1994), diretto da Kier McFarlane, ha una trama ispirata al film Barbarella. La protagonista è la stessa Minogue che si spoglia in un'astronave. 
5) Monster Magnet, band stoner/rock/psichedelica: il video del singolo All Friends and Kingdom Come, dell'album Dopes to Infinity (1995), contiene spezzoni del film Barbarella
6) Jamiroquai: il brano Cosmic Girl, dell'album Travelling Without Moving (1996) cita al suo interno il nome Barbarella.
7) The Devils, band di Nick Rhodes e Stephen Duffy: la canzone Barbarellas dell'album Dark Circles (2002) è ispirata al personaggio di Barbarella. 
8) Arctic Monkeys: il singolo Arabella, dell'album AM (2013), trae il suo titolo una parola macedonia formata dall'unione tra Arielle (ex fidanzata di Alex Turner) e Barbarella
9) Ariana Grande: il videoclip di Break Free, dell'album My Everything (2014), è ispirato al film Barbarella. Una scena ricalca l'incipit con la protagonista che si spoglia in assenza di gravità.
10) Tatum Rush: il singolo Barbarella (2020) contiene molteplici riferimenti al film. 


Curiosità 

La scena durante i titoli di testa, in cui Barbarella sembra fluttuare attorno alla sua astronave, sono state girate facendo sdraiare Jane Fonda su un enorme pezzo di plexiglas con un'immagine dell'astronave sotto di lei. Il tutto è stato filmato dall'alto, creando l'illusione di trovarsi a gravità zero. 

All'interno della capsula spaziale di Barbarella, in genere vista sul lato sinistro, è raffigurata la parte destra del famoso dipinto Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande Jatte (Un dimanche après-midi à l'Île de la Grande Jatte, 1884) del pittore puntinista francese Georges Seurat, un contemporaneo del pittore impressionista Pierre-Pierre-Auguste Renoir. Orbene, proprio Pierre-August Renoir era il nonno del direttore della fotografia del film, il francese Claude Renoir. Il dipinto fu in seguito l'ispirazione per un musical di Stephen Sondheim, Sunday in the Park with George.

Nel Labirinto, Barbarella chiede all'Angelo Pygar dove può trovare il canuto Professor Ping. A quel punto i suoni di sottofondo sono presi dalla colonna sonora de Il pianeta proibito (Forbidden Planet, 1956) di Fred M. Wilcox, quando l'invisibile Mostro dell'Id lascia le impronte mentre si avvicina all'incrociatore spaziale.

Questa è la parola d'ordine usata dal rivoluzionario Dildano nella versione originale del film:
"Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch"
Riconoscibile all'istante, è il nome di un villaggio nel Galles, nel Regno Unito. Come si può facilmente intuire, questo toponimo è più lungo del Regno Unito e dell'intera Europa. È anche il secondo più lungo dell'intero pianeta. Il significato in lingua gallese è questo: "Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tisilio nei pressi della caverna rossa". Per comprensibili ragioni di praticità, si abbrevia in Llanfairpwll, ma è tuttora scritto per intero nella stazione ferroviaria del paese.  
Nella versione in italiano, l'interminabile toponimo gallese è stato sostituito con una parola d'ordine diversa, che tuttavia conserva in alcune parti una grossolana assonanza: 
"ciclotroneapogalatticoeliocentroparellittico-gogogò"
Queste sono le cose che succedono quando si hanno idee stravaganti e si è poi costretti ad adattarle in altre lingue! 

In origine Dildano doveva essere interpretato dall'attore italiano Antonio Sabato. Esistono foto dal set in cui Sabato che interpreta con Jane Fonda la famosa scena del sesso finto fatto congiungendo le mani. La performance di Sabato è stata considerata troppo seria, così è stato sostituito dall'attore inglese David Hemmings, più incline alla commedia. 

Jane Fonda si è autodoppiata nella versione in francese.

Charles B. Griffith in seguito dichiarò di aver lavorato alla sceneggiatura senza essere accreditato, spiegando che il team di produzione "ha assunto altri quattordici scrittori" dopo Terry Southern prima di arrivare a lui. Non sarebbe stato accreditato solo perché era l'ultimo. Griffith ha anche notato di aver riscritto circa un quarto del film che era stato girato, poi girato di nuovo, e ha aggiunto il concetto che erano trascorsi migliaia di anni da quando esisteva la violenza, quindi Barbarella è stata molto goffa per tutto il film: è pacifista, si spara ad un piede, arriva vergine su Tau Ceti, senza sapere cos'è il materiale genetico, poi viene posseduta carnalmente dal grottesco Tognazzi e tutto il resto. Anche le sequenze con Claude Dauphin nei panni del libidinoso Presidente della Terra e quelle della Stanza del Suicidio facevano parte del contributo di Griffith al film. 

Jane Fonda ha detto in un'intervista che ha dovuto ubriacarsi per trovare il coraggio di spogliarsi nuda per la scena durante i titoli di testa, anche se aveva girato scene di nudo in alcuni dei suoi film precedenti. 

L'istrionico Mike Myers ha tratto ispirazione da Barbarella per il personaggio di Felicity Shagwell della sua parodia spionistica Austin Powers - La spia che ci provava (Austin Powers - The Spy Who Shagged Me, 1999). Il cognome fittizio Shagwell significa "scopa bene". Il concetto che aveva in mente Myers era semplice, Barbarella "scopa bene" perché è arrivata a fare sesso dopo una vita di virtualità, senza aspettative, ansie da prestazione, paure, tabù, etc. Per contro, è un fatto che la virtualità della Rete ha avuto un effetto funesto sulle genti! 

Terry Southern suggerì Anita Pallenberg nel ruolo della Regina Nera di Sogo perché aveva stretto amicizia con lei quando lavorava con i Rolling Stones durante le prime fasi di sviluppo di Arancia meccanica (A Clockwork Orange, Stanley Kubrick, 1971). Inoltre, era una maliarda con una fama sinistra: a quanto pare era dedita alle droghe e faceva sesso anale con molti partner occasionali; si dice inoltre che praticasse la Magia Nera. 

La ragazza che fuma la pipa, Talitha Pol, era la moglie di John Paul Getty, il famoso miliardario. Quella che fumava era "essenza di uomo", una droga ottenuta dalla lavorazione di tonnellate di sperma, eiaculato da centinaia di uomini robusti sottoposti a costante stimolazione elettro-erotica! 

La pornodiva Virna Aloisio Bonino (aka Virna Anderson) ha preso il suo nome d'arte, Barbarella, proprio dal film interpretato da Jane Fonda. 

Un sequel abortito

Un sequel di Barbarella fu pianificato nel novembre 1968. Il produttore Robert Evans disse che il titolo provvisorio sarebbe stato qualcosa come "Barbarella Goes Down", con il personaggio che avrebbe avuto avventure sottomarine (in realtà quella frase in gergo era quasi un sinonimo di "Barbarella Gives Head"). Terry Southern ha detto di essere stato contattato da Dino de Laurentiis nel 1990 per scrivere un sequel "a buon mercato, ma con molta azione e molto sesso", possibilmente interpretato dalla figlia di Jane Fonda. Per grande fortuna del genere umano, non è mai stato prodotto. 

Un remake di cui non si sente bisogno 

Nel 1999 fu annunciato che era in lavorazione un remake del film e che la Warner Bros aveva acquisito i diritti dalla Paramount Pictures. Si vociferava anche che Drew Barrymore avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Barbarella e che questo rifacimento sarebbe stato più fedele al fumetto rispetto all'originale. Ancora nell'ottobre 2021, il progetto non era neppure cominciato. Di per sé sarebbe qualcosa di più inutile delle scorregge di un mulo. A cosa dovrebbe mai servire? Non si possono lasciare le voci dei Morti dove stannom senza arrecare disturbo alla Quiete del Nulla? 

Un altro tentativo di remake 

Una nuova versione di Barbarella è stata proposta negli anni 2000 e il regista Robert Rodriguez era interessato a svilupparne una versione. La Universal Pictures prevedeva di produrre il film, con Rose McGowan nel ruolo di Barbarella. Dino e Martha De Laurentiis hanno firmato con gli scrittori Neal Purvis e Robert Wade. Quando il budget del film superò gli 80 milioni di dollari, la Universal si ritirò. Secondo Rodriguez ha cercato finanziamenti alternativi e ha trovato uno studio in Germania che avrebbe fornito un budget di 70 milioni di dollari. Ma Rodriguez alla fine abbandonò il progetto, poiché usare quello studio avrebbe richiesto una lunga separazione dalla sua famiglia. A Joe Gazzam è stato quindi chiesto di scrivere una sceneggiatura, con la regia di Robert Luketic e Dino e Martha De Laurentiis ancora accreditati come produttori. Per fortuna non è mai stato prodotto! 

Un annuncio che si spera l'ultimo 

Nel marzo 2022 è stato annunciato un altro remake, diverso dai precedenti conati. A quanto pare, Barbarella sarà interpretata da Sydney Sweeney, sempre che Belzebù lo permetta. Uniche caratteristiche che la Sweeney ha in comune con Jane Fonda: i capelli biondi e il sesso femminile (ma di questi tempi bisogna stare attenti a parlarne troppo)! Sembra che il progetto sia soltanto al livello di annuncio, in tutto e per tutto embrionale, essendo sconosciuti sia il regista che lo sceneggiatore. Si vedrà cosa emergerà da questa incertezza. Forse si risolverà in un semplice peto. 

Un flusso di idee folli

Anche se non credo affatto nei remake, se dovessi dirigerne uno e potendo scegliere questo film, saprei già a chi affidare diverse parti. Ovviamente non rivelo l'identità della maliarda a cui attribuirei il ruolo di Barbarella, ma potete star certi che mi riserverei di interpretare l'ingordo Mark Hand-Tognazzi! Dildano lo farei interpretare a Luca K., basterebbe mettergli un'ispida parrucca rossiccia e sarebbe perfetto! Con il suo sguardo spiritato supererebbe l'originale! Il Professor Ping lo farei interpretare al dottissimo Marco A.: somiglia fisicamente all'attore e spiritualmente al personaggio!