Visualizzazione post con etichetta commedia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta commedia. Mostra tutti i post

domenica 18 aprile 2021

ETIMOLOGIA DI ALLUMEUSE

La parola francese allumeuse indica una donna che stuzzica l'uomo, destando il suo desiderio per poi concedere poco o nulla. In Francia donne di questo genere non sono affatto amate. Ricordo di aver letto che negli annunci erotici pubblicati nei giornali francesi e inviati soprattutto da camionisti, era comunissimo questo avvertimento: "Allumeuses e perditempo astenersi"
 
Quale è l'etimologia di questa strana parola? Si capisce subito che allumeuse è un derivato del verbo allumer "accendere", simile allo spagnolo alumbrar "illuminare". Alla lettera l'allumeuse è una accenditrice, perché suscita la bramosia sessuale. Il suffisso -euse è agentivo: è la forma femminile del suffisso -eur, a cui in italiano corrisponde -ore, -atore
 
allumer 
Verbo transitivo (riflessivo s'allumer
 
1) accendere
   allumer la lumière "accendere la luce"
   allumer le feu "accendere il fuoco"
   allumer un appareil électrique "accendere un apparecchio 
       elettrico"
2) (senso figurato) "eccitare, accendere, far divampare"
   allumer la haine de la population "eccitare l'odio della 
      popolazione" 

Etimologia: dal latino tardo *allūmināre, per il classico illūmināre "far luce, rischiarare", a sua volta da lūmen (gen. lūminis) "luce; lume, lampada".
 
Quando ero giovane e mi sono imbattuto per la prima nella menzione del vocabolo allumeuse, ho creduto che derivasse dalla parola allume. In fondo la cosa mi sembrava del tutto logica: l'allumeuse era per me quella che metteva l'allume sul cazzo. Questo è impossibile, dato che in francese l'allume è chiamato alun e non si spiegherebbe la liquida doppia -ll-. In italiano la liquida doppia è spuria e dovuta con ogni probabilità ad analogia. L'origine dell'italiano allume, del francese alun e dello spagnolo alumbre è dal latino alūmen (gen. alūminis) "allume", il cui significato più antico doveva essere "sale amarognolo". Bizzarramente esiste nell'augusta lingua di Roma un sostantivo di derivazione aggettivale, alūminōsa, che però significa "miniera di allume". Com'è ovvio non ha nulla a che vedere con allumeuse, si tratta di una somiglianza fortuita.  
 
Il siciliano l'allumeuse è chiamata profumiera. Il motivo di questa denominazione è semplice: la profumiera sparge l'odore della sua fica, che fa impazzire uno spasimante; quando è sicura di aver avuto successo nella seduzione, all'improvviso si nega. 
 
Ci sono diversi tipi di profumiere. Alcune si limitano a stuzzicare con civetterie e poi fanno le ritrose. Tutto sommato sono abbastanza innocue. Altre tirano scemo un uomo per mesi, scroccandogli cene e regali, per poi concedergli al massimo un leggero bacio alla francese, di quelli con la punta della lingua in bocca. Poi dicono: "Mi spiace, non sei il mio tipo". Ci sono donne che durante una cena lavorano sotto il tavolo accarezzando con i piedi nudi un uomo seduto di fronte a loro, ma si ritraggono quando sentono che il membro virile si è inturgidito. Le più devastanti sono quelle che permettono di arrivare all'intimità, facendo credere allo spasimante di essere in Paradiso: prima glielo prendono in bocca e lo succhiano un po', ma quasi subito smettono e si allontanano. 
 
Ricordo molto bene più di una allumeuse del tipo più funesto in diverse opere dell'universo di celluloide.
 
Giochi di potere (Phillip Noice, 1992). 
Una bellissima fulva è a letto con un capo dell'IRA. A un certo punto si mette a leccargli il membro eretto, dandogli alcuni delicati tocchi di lingua. L'uomo, robusto e barbuto, sta gemendo di piacere. Lui la prega di continuare, è come impazzito e non vuole fare a meno di quel piacere, che evidentemente non aveva mai sperimentato prima. Lei smette subito, risale con la lingua fino al torace dell'amante, poi si alza dal letto e si dirige verso un comodino, in cerca della borsetta. Il terrorista, pieno di angoscia, le chiede se lei voglia fargli indossare un condom e le ricorda che la Chiesa  Romana lo vieta. Di rimando lei estrae una pistola, ribatte che la Chiesa Romana vieta anche di uccidere, quindi lo fredda aprendogli un terzo occhio nel cranio e farcendogli di piombo il cervello. 
 
Sesso e volentieri (Dino Risi, 1982). 
La splendida Laura Antonelli entra in un cinema e raggiunge un energumeno dalla fisionomia brutaloide, quindi si mostra disponibile. Lui parte in quarta, spinto da mille civetterie. La bacia in bocca e sulle poppe, poi estrae l'uccello. Lei si china, lo prende in bocca e comincia a ciucciarlo. Il gorilla cerca di coprire la testa dell'insperata amante col proprio cappello, in un gesto goffo, credendo di poter nascondere il rapporto orale alle altre persone presenti nella sala. Quasi subito lo sperma comincia a premere, lei smette e cerca di ritrarsi. A questo punto fa irruzione il furioso Johnny Durelli, pardon, Dorelli, che spinge via la donna e aggredisce il vecio. "Vada avanti da solo, adesso, se ce la fa! Cafone!", gli urla dopo una breve colluttazione. Si scopre che Durelli non è uno stalker. La Antonelli è in realtà sua moglie: la coppia aveva escogitato questi giochetti per ravvivare un rapporto ormai logoro.

martedì 1 dicembre 2020


ALL'ONOREVOLE PIACCIONO LE DONNE
 
Titolo originale: Nonostante le apparenze... e purché la
      nazione non lo sappia... All'onorevole piacciono le donne  
Lingua originale: Italiano 
Altre lingue: Siciliano, mafiese
Paese di produzione: Italia, Francia
Anno: 1972
Durata: 109 min (versione integrale) 
     101 min (versione censurata)
Genere: commedia, erotico, grottesco
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Lucio Fulci, Sandro Continenza
Sceneggiatura: Lucio Fulci, Sandro Continenza, Ottavio 
    Jemma
Produttore: Edmondo Amati
Casa di produzione: New Film Production, Productions 
     Jacques Roitfeld
Distribuzione in italiano: Fida Distribuzione
Fotografia: Sergio D'Offizi
Montaggio: Vincenzo Tomassi
Effetti speciali: Eugenio Ascani
Musiche: Fred Bongusto
Costumi: Luciana Marinucci
Trucco: Giannetto De Rossi
Interpreti e personaggi:
    Lando Buzzanca: Onorevole Giacinto Puppis
    Lionel Stander: Cardinale Maravidi
    Laura Antonelli: Suor Delicata*
    Renzo Palmer: Padre Lucion
    Corrado Gaipa: Don Gesualdo Pafundi
    Agostina Belli: Suor Brunhilde
    Anita Strindberg: Moglie dell'ambasciatore francese
    Feodor Chaliapin Jr.: Senatore Torsello
    Francis Blanche: Padre Schirer
    José Quaglio: Pietro Fornari
    Arturo Dominici: Sua eccellenza
    Eva Czemerys: Donna del sogno
    Armando Bandini: Bartolino, segretario di Maravidi
    Aldo Puglisi: Carmelino, autista e cameriere di Puppis
    Christian Aligny: Segretario di Puppis
    Claudio Nicastro: Baddoni, capitano di polizia
    Guglielmo Spoletini: Antonio Gazza
    Luigi Zerbinati: Il generale
    Quinto Parmeggiani: Capitano Leonardi
    Pupo De Luca: Poliziotto alle intercettazioni
    Giuseppe Fortis : Giornalista televisivo
    *Sister Hildegarde nella versione in inglese.
Doppiatori italiani:
    Corrado Gaipa: Cardinale Maravidi
    Melina Martello: Suor Delicata
    Elio Zamuto: Don Gesualdo Pafundi
    Solvejg D'Assunta: Suor Brunhilde
    Alberto Lionello: Senatore Torsello
    Oreste Lionello: Padre Schirer e Carmelino l'autista
    Renato Cortesi: Segretario di Puppis
    Manlio Busoni: Pietro Fornari
    Renato Turi: Baddoni, capitano di polizia
    Luigi Casellato: Il generale
    Roberto Bertea: Poliziotto all'intercettazioni
    Luigi Carrai : Giornalista televisivo
    Renzo Montagnani : Giornalista al montaggio
Location: Bagnaia (Roma), Santo Speco di Subiaco; alcune 
    chiese sconsacrate dell'Umbria 
Titolo originale del soggetto: Nel supremo interesse della 
    Nazione
Titolo di lavorazione: L'onorevole piace alle donne  
Titoli in altre lingue: 
    Inglese: The Eroticist
    Tedesco: Der lange Schwarze mit dem Silberblick
    Francese: Obsédé malgré lui
    Spagnolo (Spagna): A su excelencia le gustan las mujeres
    Spagnolo (Argentina): Al senador le gustan las mujeres
    Portoghese (Brasile): O Deputado Erótico  
    Finlandese: Senaattori eksyy erotiikkaan
    Lituano: Senatoriui patinka moterys
    Polacco: Lubieznik
    Greco: O entimotatos... agapa tis gynaikes! 
Box office: circa 1,4 miliardi di lire italiane 

Trama: 
A Palazzo Montecitorio si stanno svolgendo le elezioni del Presidente della Repubblica. I candidati favoriti sono il senatore Torsello e Giacinto Puppis, Presidente dei Consiglio. Accade un fatto increscioso. Puppis è inviato ad accogliere la Presidentessa della Repubblica dell'Uria, una bella milf mora, e durante la cerimonia, in preda a un raptus erotico, le mette una mano sulle natiche e le palpa avidamente. L'accaduto viene ripreso e il filmato finisce nelle mani di Padre Lucion, un lascivo fratacchione domenicano, amicissimo di Puppis. Per prima cosa Padre Lucion avvisa l'onorevole, dicendogli che qualcuno sta cercando di ricattarlo. Gli mostra le inequivocabili sequenze per fargli capire il pericolo. Sulle prime Puppis, che non ricorda di aver toccato le chiappe della Presidentessa dell'Uria, cerca di liquidare la pellicola come un fotomontaggio. A un certo punto, vedendo le immagini, si rende conto di essere stato proprio lui a compiere quell'atto di libidine. Ammette che un vulcano di sessualità sfrenata si è messo ad eruttare in lui dopo una gioventù da seminarista, vissuta nella repressione di ogni impulso. Il problema è che questa incandescente colata lavica sessuale rischia di guastare ogni suo rapporto con l'altro sesso. Padre Lucion gli consiglia allora di recarsi da un altro fratacchione domenicano, Padre Schirer, che è anche psichiatra. Poco dopo Puppis annuncia pubblicamente di andare in convento per un ritiro spirituale. Quando giunge al convento di Padre Schirer, il politico si trova in stato di alterazione alcolica e subito porta scompiglio. Durante un sonno convulso e cavernoso prima insidia il fratacchione, scambiandolo per una chubby, poi si scatena sulle suore, rompendo imeni e iniettando litri di sperma. Nell'Urbe le autorità sospettano l'onorevole, pensando che la sua assenza nasconda un complotto. Una telefonata con Padre Lucion viene intercettata dalla polizia ed equivocata: gli agenti credono che sia in atto un golpe. L'esercito e i servizi segreti vengono informati e indagano. Al vertice della piramide informativa si trovano i mafiosi e il potentissimo Cardinale Maravidi, uomo senza scrupoli che si libera degli oppositori "canonizzandoli", cioè trasformandoli in statue di cera. Puppis ritorna a Roma, affermando di essere guarito. Quando Padre Schirer scopre che le suore sono state rotte, cerca di raggiungere il libidinoso politico. Si reca alla sua villa, dove lo trova in mutande e si accorge che il Cardinale Maravidi bussa furiosamente alla porta. Preso dal terrore, il fratacchione ha un malore e viene portato nel cesso e messo nel vano della doccia. Ha un infarto e muore nel più laido dei modi, smerdandosi, mentre il porporato entra e si aggira nella casa, tuonando. Puppis, che non si accorge del decesso, va al Quirinale per la cerimonia della Festa della Repubblica. Qui seduce la moglie dell'ambasciatore francese, una splendida milf bionda: la porta dietro una siepe, la penetra e fa sgorgare in lei fiotti di liquido seminale, ingravidandola. Nel frattempo l'autista del deputato erotico trova il cadavere del fratacchione vicino alla tazza e viene rapito dai mafiosi. Puppis rientra a casa, dove è raggiunto da Suor Delicata, del convento del defunto Padre Schirer, l'unica ad essere rimasta vergine. La suora vuole essere frustata per espiare il suo desiderio. Il politico, vedendo giungere i mafiosi, la prende per mano e fugge con lei passando da una finestra. La coppia si rifugia in un albergo, abbandonandosi alla foga erotica. Dopo lunghe e selvagge copule, irrompe nella stanza il Cardinale Maravidi, che fa rapire la suora per "canonizzarla". Puppis cerca con ogni mezzo di opporsi all'ecclesiastico, annunciandogli il proprio ritiro dalla politica. Il porporato non si lascia intimidire e ricatta l'onorevole, mostrandogli una serie di "santi canonizzati", tra cui Carmelino e Padre Lucion. Invaso dal terrore, Puppis cede e acconsente a continuare la sua carriera. Il senatore Torsello ha un incidente aereo e muoro, così nulla ferma l'ascesa di Puppis, che viene eletto Presidente della Repubblica. In un bar la televisione trasmette il primo discorso ufficiale del Presidente. I gerente gira su un altro canale, dove il concorrente di un quiz ride in modo convulso. Nessun sembra essere consapevole di vivere una terribile pagina della storia del Paese.       

 
Recensione: 
Senz'altro questa è un'opera non banale, che merita un'analisi approfondita. Contiene un intero universo occulto, che faccio emergere con questo mio contributo. Purtroppo ben pochi sembrano avere capito i contenuti e la portata di questo singolare gioiello del cinema italiano degli anni '70. I giudizi della critica sono quasi tutti ingenerosi e scontati. Ad esempio Tullio Kezich ha scritto questo: "Ingiudicabile come prodotto artistico, All'onorevole piacciono le donne è un fenomeno interessante sotto il profilo sociologico". Fanno eccezione Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore, che hanno dato un giudizio eulogistico: 
 
"Etichettato in modo sbrigativo, il film è in realtà uno spaccato tagliente, un apologo crudele e spietato dei pochi splendori e delle tante miserie italiane: dal popolo alla chiesa, dalle forze dell'ordine alla classe politica. L'occhio cinico di Fulci, come suo costume, non risparmia niente e nessuno." 
 
Eppure non si tratta soltanto di satira politica, religiosa e sociale. Esiste anche un livello più profondo in questa pellicola, qualcosa di cui la critica finora non si è mai accorta. Fulci fa una consapevole e anacronistica propaganda contro quella che i teologi della Chiesa Cattolica hanno etichettato come "Eresia Catara". Sembra incredibile, ma analizzando punto per punto la trama lo si può dimostrare in modo scientifico. La cosa lascia interdetti. Non si riesce assolutamente a capire il motivo di tutto ciò. A chi intendeva rivolgersi il regista? Non è dato sapere. Qualcuno potrà pensare che la responsabilità sia anche degli sceneggiatori Continenza e Jemma. Mi sentirei di escluderlo. Anche se l'idea del film venne a Jemma, queste bizzarrie si devono certamente all'estro di Fulci. L'embrione del progetto infatti era molto diverso dal prodotto finito. Secondo lo stesso Fulci, alla sceneggiatura avrebbe collaborato anche Luciano Cirri, giornalista di destra. Questa informazione è però contraddetta da Jemma, che riduce il ruolo di Cirri a qualche suggerimento richiesto dal regista. Tutto molto confuso. In ogni caso, anche se il mio sentire non è certo quello di Fulci, ritengo che la sua trattazione di certi temi sia di qualche utilità.      
 
 
Un domenicano dissoluto  
 
Padre Lucion rappresenta l'Ordine dei Domenicani ed esprime senza mezzi termini una teologia fondata sull'esaltazione della corporeità, concepita come un consapevole strumento di lotta antiereticale. Come se si fosse in pieno XIII secolo. Egli ha il preciso compito di distogliere Puppis dalla negazione della carne e dei suoi bisogni, a cui è stato educato col massimo rigore, e di allontanarlo dalle opinioni dei Patarini (rappresentate dal Cardinale Maravidi). Il fratacchione compare nei sogni dell'Onorevole Puppis, incarnando addirittura il Serpente dell'Eden. Nella grottesca raffigurazione onirica, il rettile è avvolto con le spire intorno al tronco di un improbabile albero tropicale, e ha proprio la testa di Padre Lucion. Il suo ghigno è tremendo. Il mito che Fulci mette in scena non è tratto dalla narrazione di Genesi, ma da quella della Cena Segreta (Interrogatio Iohannis), in cui il Serpente viene formato dalla bava dell'Artefice Malvagio che ha intrappolato le anime nel corpo di Adamo e di Eva. Il Serpente-Domenicano istiga Puppis a mangiare il Frutto Proibito, che ha la forma delle chiappe femminili, e ad abbandonarsi alla libidine più sfrenata... Che altro dire? Ci riesce egregiamente!  


Le idee catare di uno strano cardinale 
 
Il Cardinale Maravidi è il padre spirituale dell'Onorevole Puppis, colui che lo ha cresciuto in uno stato di segregazione e di disprezzo nei confronti del genere femminile. Nel suo nichilismo, egli è anche il Puparo di Cosa Nostra, setta che appare come un puro e semplice fantoccio nelle sue mani. Si capisce subito che questo ecclesiastico in qualche modo rappresenta qualcosa di totalmente estraneo alla Chiesa Romana. Fulci ha fatto di lui il rappresentante della Fede dei Patarini, mostrata in modo a dir poco sinistro. Il porporato, siciliano doc, mostra un'avversione viscerale verso il sesso in ogni sua forma, cosa che non ci si aspetta da un figlio della Trinacria. Arriva persino a redarguire il boss mafioso per una battuta sul "màsculu sicilianu", la cui menzione lo infastidisce enormemente. Quando mai si è vista una cosa simile? In Sicilia esiste un'etichetta che impone ad ogni uomo di mostrarsi fremente per la "fimmina". Il porporato non solo ha fatto di tutto per crescere Puppis come asessuale, insegnandogli che il sesso è opera del Demonio, ma è arrivato persino ad attribuirgli come cameriere e autista quello che in siciliano è chiamato "aricchiuni" o "arrusu". Quando il Cardinale Maravidi fa sopprimere il domenicano Padre Lucion, lo "canonizza" trasformandolo proprio in una statua di cera di Domenico di Guzman. Ecco le sue parole, mentre mostra a Puppis il macabro feticcio: "Forse preferisci questo santo. Questo qui, vedi, è Santo Domenico di Guzman. Fu il grande fondatore dell'Ordine dei Domanicani. Grandissimo avversario dell'Eresia fu." Si capisce che è sarcasmo, di un ferocia subliminale e a dir poco inquietante. Non soltanto: l'irruzione del Cardinale Maravidi nel luogo del convegno d'amore tra Puppis e Suor Delicata si traduce in una sfuriata tremenda. Il fatto che l'onerevole chiami la sua amante "Satanuccia" provoca nel porporato un travaso di bile. Tutto ciò non è liquidabile come pura e semplice "sessuofobia cattolica". Il Cardinale Maravidi insegna attivamente ad odiare le donne (questa è l'accusa rivoltagli dal figlio spirituale Giacintuzzu), per via del loro potere sessuale e procreativo. La scena mi ha fatto venire in mente il mito narrato nella Cena Segreta, in cui Lucibello seduce gli Spiriti mostrando loro una donna bellissima e dà origine alla Caduta. Si converrà che non si inventano riferimenti simili così a caso, senza un preciso motivo. Quello che l'ecclesiastico non sa è che il proprio segretario, Bartolino, ha i cassetti pieni zeppi di riviste pornografiche e che conserva le mutandine di una francesina, amante occasionale di Puppis. Le annusa con avidità, inalando l'odore dello sticchiu.     


Il Potere di Garibaldi

Vediamo che il boss mafioso don Gesualdo Pafundi ha come emblema del potere un bizzarro bastone il cui pomolo ha le sembianze della testa di Garibaldi. Tempo fa La Repubblica diffuse i testi di un rituale 'ndranghetista, in cui gli affiliati giuravano in nome di Garibaldi, Mazzini e Lamarmora. Ovviamente il giornalista era esterrefatto e non comprendeva il ricorrere i nomi di queste personalità, che qualcuno ingenuamente considera all'origine della libertà dei cittadini in uno stato di democrazia. Eppure non sembrano esserci dubbi: da questi elementi si capisce che gli stessi Garibaldi, Mazzini e Lamarmora sono stati anche i fondatori delle associazioni mafiose, coloro che hanno fornito la sostanza esoterica ai precedenti sodalizi criminali, traendola dai misteri massonici. Forse si può capire qualcosa di più considerando la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, il mito fondativo di cui tra gli altri ha parlato anche Roberto Saviano: sarebbe una codifica in chiave simbolica di un importante evento del Risorgimento occulto, destinato però a restare inconoscibile e a sfuggire all'analisi degli storici. Fulci doveva sapere bene tutte queste cose e voleva in qualche modo comunicarle allo spettatore, o non avrebbe nemmeno mostrato il bastone con l'effigie di Garibaldi. È come se il regista dicesse: "Guardate che la storia che insegnano a scuola è soltanto la punta dell'iceberg in un mare oscuro, lutulento e impenetrabile"
 
Il gergo mafiese 
 
Nel corso di una riunione Don Gesualdo parla ai suoi uomini in un linguaggio quasi impenetrabile, che ha come base il siciliano. Il regista ha fatto ricorso ai sottotitoli per assicurarne la comprensione al pubblico. Si tratta del mafiese. Alcuni suoi termini sono ormai noti a tutti ed entrati nell'uso comune: basti pensare a cupola "commissione suprema", lupara bianca "omicidio con sparizione di cadavere", quaquaraquà "persona insignificante", etc. Il mafiese si è sviluppato a partire dal baccàgghiu, il gergo della vecchia mafia rurale. Le origini del baccàgghiu sono complesse. Vi si trovano alcuni interessanti anglismi: biffa "membro virile", dall'inglese beef "carne bovina"; alluccari "esaminare qualcosa", dall'inglese to look "guardare"; bisinissi "affare", dall'inglese business. Sono presenti anche arabismi (es. bàitu "furto domestico", dall'arabo bayt "casa"), grecismi (es. antrinu "capo mafioso", la cui radice compare anche in Calabria come 'ndrina "cosca malavitosa") e persino lombardismi. La stessa radice di baccàgghiu si ritrova in una parola del gergo della mala milanese: bacaià "dire". 

 
Etimologia del cognome Puppis 
 
Il cognome dell'Onorevole è chiaramente un nomen omen. In latino puppis significa "parte posteriore della nave" e in senso lato anche "posteriore di una persona, chiappe". In latino volgare la parola è diventata *puppa, cambiando declinazione, ed è passata a indicare il seno della donna, donde l'italiano poppa. Sicuramente Fulci era un fine filologo e non ha tirato a caso: aveva in mente il significato originale! In origine il personaggio doveva chiamarsi in modo più anodino Santo Schinnasi. All'inizio della produzione, il soggetto del film era abbastanza castigato: solo in seguito ha acquisito un carattere nettamente erotico. A questo punto sono entrate in scena le chiappe! Il cognome Puppis esiste realmente e si trova principalmente in Friuli e in Veneto, con poche attestazioni sporadiche in Lombardia. A quanto risulta dal sito Gens Labo (www.gens.info), non si trova invece in Sicilia né in altre regioni del Mezzogiorno. 
 
Etimologia del cognome Maravidi 
 
Il cognome del cardinale "canonizzatore" è di origine spagnola. Deriva dal nome di una moneta che a lungo ebbe corso nella penisola iberica: il maravedí. Il nome di questa moneta è di origine araba e deriva da quello della dinastia degli Almoravidi. In basco si è avuta un'interessante contrazione: si ha infatti marai "maravedí". A quanto risulta dal sito Gens Labo (www.gens.info), il cognome Maravidi sarebbe inesistente in Italia. Non ho trovato traccia nemmeno di possibili varianti come Maravedi, Maravedino, etc. Potrebbe esistere realmente e non essere documentato dal sito in questione (a volte accade), oppure essere esistito un tempo essendo però ora estinto. Alcuni siti Web riportano erroneamente il cognome del porporato come Maravigli
 
Produzione e cast 
 
Quando fu scelto per il ruolo di Puppis, Lando Buzzanca si trovava all'apogeo nel cielo della commedia sexy all'italiana, che mostrava un profluvio di corpi nudi a un'italica gioventù duramente oppressa dal regime della Democrazia Cristiana, che ancora diffondeva il mito della vagina dentata e della cecità causata dalla masturbazione. L'attore siciliano ebbe sempre buoni rapporti con Fulci. Impressionante era la sua somiglianza con l'allora Presidente del Consiglio Emilio Colombo (previo opportuno trucco), fatto che a detta del regista era un puro e semplice caso.  
 
Laura Antonelli, di cui ho sempre apprezzato la bellezza e la morbosità, non ebbe facili rapporti con Fulci. Per qualche sua bizzarra determinazione, l'attrice rifiutava di girare qualsiasi scena di nudo. Per questa ragione i due litigarono in modo furioso, non rivolgendosi la parola durante le riprese.   
 
A interpretare il Cardinale Maravidi avrebbe dovuto essere Vittorio Gassman, che rifiutò (a parer mio non sarebbe comunque stato adatto). Fu così che subentrò Lionel Stander, nato nel Bronx nel 1908 e figlio di immigrati russi di origine ebraica. La sua mimica e la sua espressività gli hanno permesso di impersonare in modo magistrale il sinistro porporato.

Censura 
 
Questa pellicola fu subito nell'occhio del ciclone. Fulci e Amati, recatisi alla Terza Commissione di censura, scoprirono che nella sala di proiezione non c'era anima viva. La pellicola era stata proiettata in gran segreto al Viminale davanti ai vertici della dirigenza democristiana. Gli alti papaveri della DC furono presi dal terrore e capirono la natura portentosa di quanto videro: le sequenze erano un segno che annunciava la loro fine e quella del loro mondo. Respinto dalla censura, il film fu sequestrato per oscenità. Quando fu riesaminato, furono imposti molti tagli, per un totale di 800 metri.      
 
Come lo stesso Fulci ricorda, ad essere espunte non sono state le sequenze erotiche, bensì quelle in cui erano attaccate e satirizzate le istituzioni politiche e religiose. In particolare, mancherebbero all'appello cinque sequenze: 
 
1) Il commissario Nardone e il generale Leopardi che si trovano nello stesso luogo per arrestare il cineoperatore ricattatore, giungendo però troppo tardi perché è già stato rapito dai mafiosi per essere soppresso;
2) I poliziotti che arrestano per errore i carabinieri, giunti sullo stesso luogo per lo stesso motivo, originando una serie di situazioni oltremodo grottesche; 
3) Il capo della Polizia che, parlando con un generale dei Carabinieri, afferna di aver fatto trasferire nella desolata Filicudi i responsabili dell'incidente summenzionato;
4) Il cineoperatore interrogato dai mafiosi nella fabbrica di statue di cera;
5)  Il commissario Nardone che interroga in modo brutale l'autista di Puppis, l'effeminato Carmelino, arrivando a minacciarlo di defenestrazione, per poi stracciare e cestinare i verbali quando questi gli rivela i rapporti tra il cardinale Maravidi e il boss mafioso don Gesualdo; i poliziotti testimoni della scena sono cacciati via in malo modo assieme all'autista torchiato.

Secondo il parere di Antonella Fulci, figlia del regista, sarebbero state epurate anche alcune sequenze in cui comparivano veri uomini politici dell'epoca, ripresi nel corso della parata della Festa della Repubblica.  
 
 
Altre recensioni e reazioni nel Web

Il sito Il Davinotti etichetta il film fulciano come "scadente e ripetitivo". Questo per l'incapacità di guardare sotto la superficiale patina delle apparenze. 
 

Riporto in questa sede alcuni interventi. 
 
Deepred89 ha scritto:

"Film curioso, ma piuttosto mediocre. Non mancano alcune idee geniali e punte di cinismo piuttosto insolite, ma il ritmo è decisamente discontinuo e la storia è a tratti confusa (forse anche a causa degli interventi della censura dell'epoca); inoltre manca l'equilibrio tra comicità pecoreccia e commedia politicamente scorretta. Ottimo il cast: memorabile Buzzanca (ottimamente truccato da Giannetto De Rossi) nel ruolo dell'onorevole Puppis, bravissimo Stander nei panni del cardinale. Buone le musiche di Fred Bongusto." 

Puppigallo (il cui nick sembra derivare da Puppis) non ha apprezzato e ha scritto:

"Super boiata, che ha però un merito: anticipa ciò a cui stiamo assistendo proprio ora, ovvero a una passerella di politici repressi, che vanno a trans, a mignotte, a "massaggiatrici". Qui invece, il buon Buzzanca, sempre in parte, ha la fissa dei sederi e la sua mano morta non perdona. Anche i religiosi, nessuno escluso, non ne escono certo bene, perdonando agli altri, ma soprattutto a se stessi, qualunque peccato (la segretaria statuizzata). Da salvare c'è però ben poco, a parte l'interpretazione di Buzzanca (esce dall'ascensore con ancora la mano in posizione di tocco) e qualche macchietta.
MEMORABILE: Un'idea per eliminare un politico scomodo: "Ripeschiamo quello scandalo delle sovvenzioni ai bambini spastici seviziati"."
 

Il Gobbo, mitico, ha scritto:

"Film capitale, che rivisto ora in una finalmente bella copia dvd non ha perduto un'oncia della sua carica a momenti addirittura eversiva per l'esplicitezza delle accuse. Ma c'è Buzzanca, ci sono i culi, c'è il pecoreccio, e quindi nessuno capì (tranne i maggiorenti democristiani che ebbero una non del tutto lecita anteprima e fecero sforbiciare). I blandi coprolalici in cerca di patenti di martire avrebbero da imparare sulla satira. Buzzanca enorme e Fulci grandissimo, che inventa incubi felliniani e palpate con atmosfere thrilling."

venerdì 28 agosto 2020

 
QUESTIONE DI CENTIMETRI

Attore: Luca Fagioli
Direttore: Paolo Migone
Autore dei testi: Paolo Migone 
Anno: 1993
Genere: Tragicomico
Forma narrativa: Monologo
Durata: 58 min

Link:

 
Luca Fagioli interpreta se stesso: il personaggio si chiama "Fagioli Luca", altezza 133 centimetri. Nel suo desolante monologo, il protagonista descrive la visuale grottesca con cui percepisce un mondo a lui sostanzialmente estraneo. Le stesse leggi fisiche agiscono sul suo minuscolo corpo in modo inquietante e diverso da quanto fanno su tutti gli altri: è come se a lui non fosse permesso interagire con gli oggetti, così ogni cosa viene presentata in virtù della sua irraggiungibilità. Gli sono impraticabili le azioni più banali, come guardare una persona negli occhi o prendere qualcosa da uno scaffale. Un mondo fatto di spigoli, sportelli troppo alti e ostacoli. Una realtà tutta pervasa da una paranoia quasi dickiana. 
 
L'Attore:  
 
Nato a Pisa, è laureato in giurisprudenza. 
Video di Luca Fagioli: 
   Il sablé (1986) 
   Il primo fidanzato (1987) 
   Biancaneve (1989)
   Il gioco dell'oca (1990)
   Ricordi difficili (1991)
   Insieme contro il crimine (1992)
Filmografia di Luca Fagioli: 
   Ivo il tardivo, di Alessandro Benvenuti (1955)
   Il cielo e la luna, di Massimo Fagioli (1998)
   Il pesce innamorato, di Leonardo Pieraccioni (1999) 
   La grande prugna, di Claudio Malaponti (1999) 
   Il guerriero Camillo, di Claudio Bigagli (1999)
   Nonhosonno, di Dario Argento (2000) 
 
Recensione:  

Teatro Litta di Milano, Marzo 1993. Ero presente. Era l'epoca della cattività cardanese, il periodo di confino in quel tristissimo anfratto fecale a cui le genti native danno il nome di Cardano al Campo. Dovetti accompagnare una scolaresca a vedere alcuni spettacoli teatrali. Uno di questi, tenutosi nello stesso oscuro borgo lombardo, mostrava alcuni vecchi che venivano scherniti, bastonati e smaltiti come immondizia, in sacchi neri e bidoni della spazzatura. Non riesco a ricordare null'altro della trama, solo queste sequenze allucinatorie, che sembravano frutto dell'ingestione di una frittura di psilocybe. Forse era un rudimentale adattamento di Quarto: uccidi il padre e la madre, di Gary K. Wolf, ma non ne sono sicuro. Vi fu però anche un'eccezione in quell'anno umiliante e disperato. Mi fu permessa una gradita escursione, a mio avviso molto utile. Fu proprio quando andai a Milano al Teatro Litta con la scolaresca, su iniziativa del professor G., che riteneva molto utile ed educativo lo spettacolo di Luca Fagioli. Furono quelli gli unici momenti che potrei definire, se non proprio "felici", almeno "non afflittivi", in un periodo della mia vita che dovrebbe essere cancellato dal Libro dell'Esistenza. 
 
Un tempo si diceva "Italiani, popolo di navigatori, santi e poeti". Poi qualcuno ha coniato il detto "Italiani, popolo di impastatori", per via della loro avidità di lievito durante il lockdown (avidità istigata dall'osceno tam tam mediatico dei giornalisti). Potremmo però aggiungere, oltre a "Italiani, popolo di delatori", anche "Italiani, popolo di bulli, persecutori di deboli e di inermi". A volte mi domando perché Sodoma e Gomorra non siano sopravvissute, mentre uno scandalo come questo vivaio di bulli continui a marcire impunemente sotto la luce tossica del sole. Già me ne accorsi quando ero un moccioso, il giorno stesso in cui sono stato portato all'asilo. Da allora mi sono imbattuto in un numero enorme di persone moleste come tafani, che si sentono vive soltanto se hanno qualcuno da deridere e da tormentare, traendo piacere dall'altrui sofferenza. 
 
Luca Fagioli porta in scena il proprio dramma esistenziale. Deve portare il peso di un vissuto molto problematico, caratterizzato da continui episodi di bullismo in età giovanile, per via della sua corporatura minuta. Tecnicamente parlando, è affetto da nanismo tiroideo. La bizzarra conformazione delle membra e l'aspetto ben singolare attirano in modo ineluttabile lo scherno e l'irrisione da parte delle persone definite "normali". Gli epiteti, come ad esempio "tappo", non si sprecano. Ognuna di questi insulti è una stilettata nel cuore. 
 
Il professor G. faceva notare alla scolaresca che Luca Fagioli ha avuto una vita piena di soddisfazioni umane e professionali e che ha avuto la fortuna di trovare una compagna splendida. La morale del professore, che era un convinto fautore del politically correct (anche se all'epoca non si usava questa locuzione), voleva insegnare il rispetto per la "diversità" a una classe particolarmente indisciplinata, dove non mancavano simpatie naziste. Tali simpatie non derivavano certo dalla lettura del Mein Kampf o dalla comprensione delle dottrine hitleriane: erano reazioni viscerali da parte di giovani rozzi e privi di qualsiasi senso critico, che in questo modo si ribellavano a un indottrinamento scolastico particolarmente oppressivo. Si può dire che il professor G. abbia creato un allevamento di naziskin, senza averne la minima consapevolezza. L'accaduto mi induce alcune amare riflessioni. A Luca Fagioli è andata bene: si è affermato come attore e ha trovato la sua metà. Ma per una persona a cui è andata bene, quante ce ne sono che hanno fallito? Quante persone sole sono state schiantate da questa Italia in cui chi ha problemi è considerato uno zimbello da annientare? Innumerevoli, e non c'è rimedio. Non ci sarà rimedio alcuno, se non il giorno in cui questo paese farà la fine di Atlantide. 

Mi è rimasta particolarmente impressa la lamentazione dell'autore, chiuso nella sua solitudine densa come il piombo. Un'oscurità in cui non si trova un varco, in cui non filtra nemmeno il riverbero di una remota sorgente luminosa. Trovo che sia pura poesia, lirismo assoluto, così la propongo in questa sede:
 
"Mi trovo a ripercorrere il perimetro della mia cameretta
la testa affollata dai pensieri, paure, progetti.
Ho murato la finestra
ma alcuni raggi del sole,
filtrati dalle fessure dei mattoni,
disegnano sul mio viso strani arabeschi.
Mi lascio cadere sulla sedia,
e annoto sul diario:


Intanto passano i giorni,
si sommano in settimane,
si aggrovigliano in mesi,
si ingarbugliano in stagioni,
si ammatassano in anni
natali, pasque, ferragosti
natali, pasque, ferragosti
anni,
natali, pasque, ferragosti

La sveglia mi guarda,
girami!
Fa tic e poi fa tac.
Le ragnatele cambiano ogni anno,
le vedi lì e le ritrovi là.
E nel silenzio più assoluto,
sentire il rumore della barba che cresce.
Deriso da un destino beffardo,
buttato lì come una vecchia cima,
schernito dal tempo inesorabile,
potenza in un nulla fatto di niente,
scheggia di un universo di diversi universi,
truciolo di falegnameria!
briciolino di pane!
(alcune parole borbottate, indistinte, che si perdono nel rumore di fondo) 
 
Quest'opera è etichettata dai media come "commedia", ma a mio avviso non lo è affatto. Si potrebbe andar più vicini al vero ritenendola tragicomica. Unisce in sé spunti ironici e sarcastici con una sostanza assolutamente tragica. Su questo non ci sono dubbi: prevale in ogni suo istante un senso di sofferenza assoluta, che non conosce requie. Non ho mai avuto alcuna esilarazione durante lo spettacolo, proprio perché le sofferenze del protagonista sembravano a me simili a quelle che ho dovuto subire nel corso della mia vita - nonostante la mia statura fisica non possa essere definita esigua. 

Il rustico giannesco in Lucchesia! 
 
Fagioli Luca apprende che il suo amico Gianni, l'architetto, ha invitato amici ed amiche per un weekend nel suo rustico in Lucchesia. Così prende coraggio, gli telefona e gli dice che lo raggiungerà. Inizia la narrazione di qualcosa che sembra a metà strada tra una serie di contrattempi e le dodici fatiche di Ercole. I toni sono volutamente iperbolici. Ogni minima cosa è descritta dall'attore in un modo così surreale da provocare una sensazione di fortissimo straniamento, come se egli fosse un microscopico uomo di Lilliput giunto all'improvviso a Brobdingnag, ove regnano i giganti! Il fine settimana abortisce miseramente: Luca, come un pigmeo nel Labirinto di Cnosso, sbaglia l'ingresso e si ritrova nella cuccia del cane, poi finisce riesce a entrare nell'atrio ma finisce nel camino (il soffitto è alto come quello del Valhalla), quindi rinuncia all'impresa e passa la notte in un campo, trovandosi sommerso da nugoli di grilli zampettanti e da masse di crisalidi. Viene avvicinato da un dobermann libidinoso che cerca di avere un rapporto con una sua gamba e di tenerlo come schiavo sessuale. Al culmine del grottesco, Luca mima una copula, ancheggiando in modo frenetico. Riuscito a sottrarsi all'animale, per quindici giorni si addentra nella campagna toscana, che è descritta come se fosse Mordor! Dopo uno sfinimento estremo, il culmine si ha quando, giunto fino a Marina di Grosseto, si trova davanti la figura immane di Gianni. La sua gioia è incontenibile. "Gianni!!!", esclama. Mi sembra di vedere Gianni, di averlo davanti agli occhi, con quei manoni grandi simili a pale, con quel faccione smisurato perennemente sorridente. Proprio lui: Gianni, l'eterno coprofago! O forse è tutto frutto di un'allucinazione? Fatto sta che Gianni non sembra riconoscere l'amico farfugliante, che alla fine si allontana, annientato. "Ciao Gianni!", gli dice. Poi, dopo qualche passo: "Gianni, ma vaffanculo!"  

Un epilogo annichilente 

Fagioli Luca giunge infine al Capolinea. Certo, quello è il luogo dove prima o poi giungono tutti - anche se i bulli e i gorilla non lo sanno, credendosi immortali. Credo che sia un geroglifico della Morte dell'Essere. Ci viene descritto come uno squallido bar di periferia milanese, con luci al neon che deprimono lo Spirito. Chi è costretto a vegetare sotto quei raggi mortiferi, è come se avvizzisse e si riducesse a una mosca agonizzante sul bordo di un cesso. Ecco, il nostro amato protagonista si trova proprio lì, cercando di ordinare un caffè al banco. Non ci riesce. Aggiunge invano lo zucchero ad alcune tazzine che non sa essere vuote, poi lo ingurgita in preda al disgusto. Tenta anche di ordinare un tramezzino, senza che i risultati siano migliori. Il banco è sopra la sua testa, riesce a malapena a raggiungerlo, come se fosse uno Hobbit tra gli Orchi. Poi ha un'idea geniale. Si allontana e raggiunge il telefono pubblico presente nella sala. Compone il numero del locale e la cameriera che sta al banco risponde. Così può ordinare un tramezzino. "Cristina, dammi un tramezzino!", le urla, dopo essere riuscito ad attirare la sua attenzione. Siamo all'Annichilimento Assoluto. Quello è il luogo in cui l'Essere muore in Eterno! 

Insopportabilità del pubblico 

Quello che ho detestato in modo viscerale sono state le insulse risate di molti spettatori. Cosa diamine c'era mai da ridere? Mi sarei aspettato un profondo silenzio, carico di rispetto e di introspezione. Invece nulla. Alcune risate giungevano proprio nei momenti più penosi, più tragici. Questo mi ha dato una conferma in più della natura bullesca della maggior parte dei frequentatori di teatri. Moltissimi sono coloro che non vanno a teatro per imparare qualcosa, bensì per mero conformismo, per ostentare la loro pretesa superiorità e la loro condizione sociale, per trovare qualcuno da schernire, da tirare per il culo. Certo, l'attore è stato applaudito quando la rappresentazione si è conclusa, ma in un certo senso era un atto dovuto. Non dimentichiamoci che questa gente applaude anche ai funerali, così posso soltanto considerare vuote e ipocrite le loro manifestazioni di entusiasmo. Per molto tempo ho odiato il teatro proprio perché vi si respira un'aria di snobbismo molesto, e la sensazione è analoga al fastidio provocato agli equini dalle punture delle mosche cavalline. Mi affiora un bizzarro ricordo d'infanzia: mio zio S. era convinto che in realtà nessuno ridesse a teatro e che le risate fossero invece il prodotto di un'apposita macchinetta. "Schiacciano un bottone e si sentono le risate", diceva sempre, "ma sono finte". Di certo mio zio S. era più felice di me. 

lunedì 2 dicembre 2019

 
TOP SENSATION 

Titolo originale: Top sensation
AKA: The Seducers
Anno: 1969
Paese: Italia
Lingua: Italiano
Colore: Colore
Rapporto: 1,33 : 1
Genere: Drammatico, erotico 
Regia: Ottavio Alessi
Soggetto: Lorenzo Ricciardi
Sceneggiatura: Lorenzo Ricciardi, Nelda Minucci, Ottavio
     Alessi
Produttore: Franco Cancellieri
Casa di produzione: Aica Film
Distribuzione in italiano: Cineriz
Fotografia: Sandro D'Eva
Montaggio: Luciano Anconetani
Musiche: Sante Maria Romitelli
Costumi: Giuliana Serano
Trucco: Anchise Pieralli
Fonici: Ivo Benedetti, Adriano Taloni 
Assistente di camera: Oddone Bernardini
Fotografo di scena: Mario Sigmund
Interpreti e personaggi:
    Maud de Belleroche: Mudy, la cougar sadiana
    Maurizio Bonuglia: Aldo, il fotografo
    Edwige Fenech: Ulla, la prostituta 
    Rosalba Neri: Paula, la moglie bisex di Aldo
    Ruggero Miti: Tony, il figlio demente di Mudy
    Eva Thulin: Beba, la pastorella neolitica
    Salvatore Puntillo: Andro, il pastore neolitico
Doppiatori italiani:
    Giacomo Piperno: Aldo, il fotografo
    Angiolina Quinterno: Ulla, la prostituta 
Altri titoli:
     Swinging Young Seductresses
     USA: Sensations
     Germania Occidentale: Sklavin ihrer Triebe
     Turchia: Aşırı Duygular
 
 
Colonna sonora: 
1.  Tema di sensation (titoli di testa) (2:43)
2.  Tema di Beba (3:49)
3.  Aldo e Ulla (2:22)
4.  Paola e Mudy (2:24)
5.  Beat del panfilo (1:46)
6.  Incontro con Beba (4:06)
7.  Sul ponte dello yacht (1:51)
8.  Tony e Mudy (3:29)
 
Trama: 
Uscito il 29 marzo del 1969, il film di Ottavio Alessi racconta la storia di un terzetto di nichilisti - Mudy, una virago ricca e bisessuale (Maud de Belleroche) e la sua coppia di amanti: Aldo (Maurizio Bonuglia) e la moglie di lui, Paula (Rosalba Neri) - in crociera su uno yacht.
Mudy ha un figlio demente, Tony (Ruggero Miti), reduce da un ricovero psichiatrico in Svizzera per aver dato fuoco alla casa della madre. Nel vano tentativo di farlo rinsavire, costei – su consiglio di Aldo, il quale spera che la megera gli intesti una concessione petrolifera - imbarca una prostituta sullo yacht: Ulla (Edwige Fenech, in una delle peggiori interpretazioni della sua carriera).
Tony però non mostra alcun interesse per le grazie di Ulla (e di Paula), preferendo incendiare riviste e giocare con le macchinine nella sua cabina.
A non essere indifferente alle moine di Ulla è Aldo, il quale si distrae dalla guida dell'imbarcazione, facendola incagliare in una secca nei pressi di un'isola.
Tony ne approfitta per fuggire a terra su un barchino. E una volta sull’isola che fa? Si rotola tra i rovi e il pietrame, come un perfetto imbecille.
Beba (Eva Thulin), un’improbabile pastorella, scorge l’idiota coperto di lividi e va in suo soccorso.
Nelle intenzioni dello sceneggiatore, Beba dovrebbe rappresentare il ritratto dell’innocenza, l’opposto antropologico del tipo borghese dissoluto e senza scrupoli personificato dalla perfida Paula.
Accortisi dell'assenza di Tony, i tre nichilisti e Ulla scendono a terra per cercarlo. O meglio, si dedicano ad altri passatempi: Paula, armata di fucile, prende a sparare per divertimento a delle povere caprette, Aldo scatta foto sexy (o pretese tali) a Ulla. Gironzolando, infine, scorge Tony a colloquio con la pastorella nei pressi di una cascina fatiscente. Dunque una donna  capace di far uscire il folle dalla catatonia esiste! Aldo non ci pensa due volte a convincere la ragazza a seguirli a bordo dello yacht.
Beba però ha un marito, Andro (Salvatore Puntillo), un individuo rozzo e primitivo dall’aspetto bestiale. Questi dopo aver dato in escandescenze per l’uccisione delle caprette si placa allorché Mudy gli promette un risarcimento di 300 dollari.
Una volta a bordo, Beba riesce non si sa come, dopo essersi calata in mare, a disincagliare lo yacht. Con la scusa di darle abiti asciutti, Paula e Ulla intraprendono un tentativo di seduzione ai danni dell’innocente pastorella, interrotto dall’irruzione in cabina della vecchia Kapò.
Questa, su suggerimento di Aldo, intende servirsi di Beba come esca sessuale per il figlio pazzo.
Andro raggiunge lo yacht e sale a bordo. Per “distrarlo” Paula, consenziente il marito, gli si concede. Mudy, Aldo e la ebete assistono alla scena.
Nel frattempo, il demente in cabina strangola la povera Beba.
Quando i tre nichilisti se ne accorgono è troppo tardi.
Che fare?
Paula ha un’idea: accoppare Andro. Cosa che provvede a fare subito con una fucilata in pieno petto.
Liquidato l’energumeno, non resta che sbarazzarsi dei cadaveri.
Mentre, inspiegabilmente, i due coniugi e la ebete si attardano ad ascoltare canzonette sul ponte, Tony, non visto, strangola la madre e prende il comando dello yacht.
Il film si chiude così, lasciando lo spettatore attonito. 

(Pietro Ferrari) 
 
 
Recensione:
Tra le tante perle degli anni '60 e '70, mi è sfuggita anche questa. Quando ho potuto conoscere e visionare Top Sensation, avevo ormai passato i 50 anni. Le atmosfere che irradiano da questa pellicola mi trasmettono qualcosa di vago e indefinito, rievocano un'epoca che non ho potuto vivere nella piena consapevolezza, essendo allora soltanto un moccioso, un umano allo stadio larvale. In me persiste l'impressione che i colori fossero diversi, che nel cielo brillasse un sole diverso da quello di oggi. Le fisionomie delle persone erano inusuali. Tutto era strano e molto sfocato. Mi pare quasi che fossero un po' diverse le stesse leggi della fisica, che gli stessi legami chimici avessero proprietà un po' diverse, come se l'Universo mutasse nel tempo per piccoli passi impercettibili e noi non riuscissimo ad accorgercene, se non attraverso registrazioni di come era in precedenza.
 
Riporto alcuni pensieri del Fratello Pietro:

Il film di Ottavio Alessi, uscito nel 1969, è una commedia nera nichilista, anticipatrice di temi che si ritroveranno, a distanza di decenni, nei romanzi di Michel Houellebecq.
I protagonisti sono, indistintamente, degli scellerati - con la sola eccezione della pastorella Beba, un personaggio peraltro del tutto implausibile.
Ottime le interpretazioni di Maud De Belleroche, la virago bisessuale proprietaria dello yacht, di Rosalba Neri, nel miglior ruolo della sua carriera d'attrice, e di Maurizio Bonuglia (che diede il peggio di sé, cinque anni dopo, nel film Il profumo della signora in nero).
Pessima Edwige Fenech, inespressiva oltre il tollerabile.
(Pietro Ferrari) 
 
Considerazioni sparse 

Tecnicamente parlando, è la cronaca di un genocidio. Certo, il popolo sterminato era costituito da due persone soltanto, ma non fa differenza. Noto una piccola incoerenza: gli isolani si esprimono in perfetto italiano, mentre mi sarei aspettato un dialetto incomprensibile, strettissimo. Il divario tra loro e le genti dell'imbarcazione da diporto è stridente, paragonabile a quello che separava i Guanche delle Canarie dagli Spagnoli. 


Come spesso accade, siamo di fronte a un film che è un residuo di un'epoca finita. Stando ai moderni canoni, non sarebbe più possibile nemmeno pensarlo. Sarebbe ucciso sul nascere dal politically correct. Prendiamo per esempio il figlio demente della virago Maude. Pensate che sarebbe ancora possibile presentarlo così? No di certo. L'idea che un autistico possa essere un sadico assassino, capace di uccidere a sangue freddo, non è semplicemente ammissibile. 
 
Il pastore neolitico smegmatoso e la sua consorte dalla chioma rossiccia rappresentano il vecchio mondo, la società contadina e cattolica, estintasi a causa di un'improvvisa discontinuità antropologica. Un nuovo tipo umano, rappresentato da un'alta borghesia edonistica e predatoria, ha fatto la sua comparsa e si è imposto ovunque. Si può scorgere un parallelismo con lo sviluppo e con la diffusione dei dinosauri durante il Triassico. Possibilità di comunicazione tra questi tiranni e i rimasugli del mondo precedente: ZERO. 

Il vecchio tipo umano, l'archeantropo, diventa una cosa, un oggetto. Viene completamente reificato. Come una cavia in un laboratorio di vivisezione o come una lucertola in balia degli artigli di un gatto animato dal sadismo.  
 
 
Ulla e la capretta 
 
Parlerò ora dell'ennesimo relitto di un mondo anteriore all'imporsi del sentire oggi prevalente, in cui si potevano pensare e rappresentare cose che in questo inizio del XXI secolo provocherebbero le ire di intere comunità. La prostituta impersonata dalla Fenech, Ulla, si fa leccare da una capretta, prima sul seno e poi tra le gambe. Se una scena simile fosse girata oggi in un film anche di nicchia, insorgerebbero folle di animalisti furiosi. Urlerebbero che l'attrice ha stuprato l'animale e pretenderebbero di linciarla per vendicare l'offesa al loro culto zoolatrico. Eppure la povera bestiola ha soltanto messo la lingua su un po' di sale collocato sul pube dell'attrice, come l'avrebbe leccato se fosse stato messo su una pietra.   
 
Gordiano Lupi mette addirittura in dubbio l'esistenza di queste sequenze di bestialità erotica. Arriva a dire, non senza irrisione, di essere costretto a crederci perché alcuni importanti critici confermano la cosa, anche se dentro di sé sembra permanere incredulo. In realtà gli è capitato di vedere una versione tagliata e in buona sostanza non crede possibile che ne esista una con più fotogrammi. Come dire che se una cosa non l'ho vista, non la può aver vista nessuno. Ebbene, ho visto coi miei occhi la Fenech farsi leccare proprio sul cunnus dalla capretta - e possa Thor fulminarmi se proferisco il falso! Detto questo, riporto senz'altro il link all'articolo scettico di Lupi, comparso sul sito Lib(e)roLibro (www.liberolibro.it): 
 

Che altro dire? Tanto clamore per Ulla e la capretta. Poi nel Web c'è un intero universo di porno animal e nessuno dice nulla. 


Avida leccatrice e spietata carnefice 

Aldo non esita a far prostituire la moglie. La posta in gioco non è cosa di poco conto: una concessione petrolifera. Pur avendo un carattere fierissimo e indomito, la splendida Paula si presta a servire sessualmente l'avvizzita cougar Mudy, umiliandosi, inginocchiandosi nuda davanti a lei, baciandole e leccandole i piedi. Anche se osservando le sequenze del suo rapporto con la virago è difficile crederlo, Paula è capace di diventare un'efferata assassina a sangue freddo non appena le circostanze lo richiedono. È sorprendente la facilità con cui abbatte a fucilate il pastore neolitico per impedire che venga a scoprire la morte della moglie e scateni un putiferio. Il cervello della bellissima e sensuale Paula non è umano in senso proprio: sembra costituito dal solo encefalo rettiliano, come se fosse privo del sistema limbico e della neocorteccia, quindi incapace di elaborare le emozioni. Siamo di fronte a un vero e proprio mostro. L'aspetto esteriore non deve trarre in inganno. Come ricorda Cioran, non esiste nulla di più falso dell'affermazione di Origene secondo cui ogni anima ha il corpo che si merita. 

Nemesi 

Nonostante i suoi deliri di onnipotenza e la sua convinzione di essere una divinità in terra, la tirannica Mudy fa una ben misera fine. Mentre è al timone dello yacht, accade qualcosa di inatteso: il figlio demente le si avventa addosso, animato dall'impulso di consumare con lei un amplesso incestuoso. Lei sembra cedere a tale furia copulatoria. Sembra che le faccia piacere essere posseduta dal figlio. L'eccitazione fa accendere una scintilla omicida nel cranio dell'autistico, che non esita a strangolare la madre. Il film si chiude in modo inatteso con una citazione scritturale, mentre lo yacht procede verso la distruzione.

Non ti mettere in compagnia dei peccatori e ricordati che l'ira non tarderà
(Ecclesiaste 7-16) 
 
Tutto ciò è semplicemente geniale. Non credo che la Settima Arte potrebbe riservarci ancora sorprese simili.  
 
L'incomprensibile operato dei censori 
 
Cosa strana e difficile a interpretarsi, non mi risulta che Top sensation sia stato colpito dalle ire della censura come Interrabang, uscito nove mesi dopo, il 31 dicembre 1969. Ho letto che è stato persino trasmesso in prima serata su una rete berlusconiana, seppur in una versione tagliata da cui sono state epurate le leccate bestiali della capretta e altre scene erotiche. In ogni caso non c'è stato alcun sequestro ad opera di un magistrato. Eppure i contenuti di Top sensation sono ben più forti ed eversivi di quelli di Interrabang. Due pesi due misure? Come si può spiegare la cosa? Mi viene il sospetto che ciascun magistrato agisse in modo del tutto scollegato dagli altri, senza nessuna linea d'azione comune. In pratica ognuno era come il signore di un feudo. I provvedimenti erano erratici: sembra che l'azione repressiva scattasse soltanto per un puro arbitrio, forse in seguito a qualche segnalazione o in ogni caso per via di circostanze particolari. Così Interrabang ha destato l'attenzione spropositata del giudice che ha applicato misure draconiane ordinandone il sequestro, mentre Top Sensation è passato praticamente inosservato. Non è facile trovare nel Web dettagli sull'argomento. Se c'è qualcuno che può darmi lumi, lo ascolto ben volentieri. 
 
Ricerche correlate a "Top Sensation"
 
Google, sempre più prodigo di informazioni futili, ogni tanto fornisce comunque qualcosa di interessante. Quando si digita la stringa "Top Sensation" nella finestra di ricerca, proprio sotto compaiono in caratteri blu le principali query degli utenti. Eccole:
 
top sensation versione integrale
top sensation film streaming
top sensation uncut
top sensation mymovies
top sensation capretta
top sensation film recensione
top sensation film tv
eva thulin 

Quella capretta non vuol proprio saperne di cadere nell'Oblio! 😃
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Alcuni commenti interessanti sono apparsi sul sito Il Davinotti: 
 

"Puro cinema volto a soddisfare certi pruriti visto che la pornografia, allora così rara e per pochi, non riusciva ad arrivare a tutti."
(Markus) 

"Ben inferiore al coevo Interrabang, col quale condivide ambientazione e aspetti esteriori del racconto, perdipiù molto meno coinvolgentemente schizofrenico rispetto alla prima regia di Alessi."
(Giùan) 

"Resta un film spensierato e frizzante, a suo modo simbolo di un'epoca ormai estinta (in parte è bene, in parte è male) che oggi nessuno mai si azzarderebbe a mettere più in campo, se non spingendo l'azione verso lidi estremi (ovverosia hardcore)."
(Undying) 
 
 
Su Allmovie si trova una sinossi in inglese, che vale la pena riportare in questa sede, contenendo alcuni elementi utili:  
 

This preposterous sex melodrama stars pretty Edwige Fenech as a prostitute hired by the overbearing mother (Maud de Belleroche) of a shy, mentally-retarded 20-year old named Tony. Fenech is meant to claim Tony's virginity on a sea cruise, also attended by sexy Paula (Rosalba Neri) and her slimy husband Aldo, who incessantly try to curry the wealthy mother's favor. Ewa Aulin (Candy) shows up as an island girl who dies when the dull-witted Tony accidentally strangles her, leading her husband to board the ship, where he is quickly dispatched by the rifle-toting Neri. Bodies are exploded with dynamite, Neri models a leather bikini, and there is much sexual byplay, both straight and lesbian. Cult buffs will appreciate seeing two of the most famous sex symbols in Italian genre film, Fenech and Neri, sharing the screen in revealing costumes, but anyone looking for high drama would be best served elsewhere. Exploitation master Jerry Gross released the film in America.
(Robert Firsching) 

Con mia grande sorpresa vengo a scoprire che Beba, la pastorella neolitica, è stata rinominata Candy dagli anglosassoni. Il dettaglio sulla diffusione della pellicola in America è interessante. Infatti è risaputo che le genti della Terra dei Coraggiosi sono sconvolti dalla bestialità erotica a tal punto da equipararla alla pedofilia o da ritenerla anche più grave. Le radici di questo atteggiamento sono senza dubbio bibliche. Ne deduco che la scena della Fenech leccata dalla capretta debba per necessità mancare nella versione americana!