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venerdì 26 agosto 2022


ZOMBIE ASS 

Titolo originale: ゾンビアス (Zonbi asu)

Titolo in inglese: Zombie Ass: Toilet of the Dead
Lingua originale:
 Giapponese
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2011
Durata: 85 min
Genere: Orrore, commedia nera 
Sottogenere: Zombesco, scat horror   
Regia: Noboru Iguchi
Soggetto: Tadayoshi Kubo
Sceneggiatura: Noboru Iguchi, Ao Murata, Jun Tsugita
Produttore: Yasuhiko Higashi, Ken Ikehara, Masahiro
     Miyata, Naoya Narita 
Produttore esecutivo: Tadayoshi Kubo 
Casa di produzione: Arcimboldo Y.K. Gambit 
Distribuzione: Nikkatsu
Fotografia: Yasutaka Nagano
Montaggio: Takeshi Wada
Effetti speciali: Yoshihiro Nishimura, Tsuyoshi Kazuno
Musiche: Yasuhiko Fukuda 
Sottotitoli in inglese: Norman England 
Elettricista: Jun Kodama 
Interpreti e personaggi: 
    Arisa Nakamura: Megumi
    Asana Mamoru: Maki
    Mayu Sugano: Aya
    Danny: Naoi
    Kentarō Kishi: Take
    Kentarō Shimazu: Dottor Tanaka
    Yūki: Sachi
    Asami Sugiura: Zombie femmina
    Sayuri Sajima: Ai
    Demo Tanaka: Zombie nella latrina
    Hideki Karauchi: Contadino 
    Midori Aoyama 
    Yukihiro Haruzono 
    Kai Izumi 
    Sadashi Matsubayashi 
    Hiroaki Murakami 
    Masaki Nishimura 
    Masahito Okamoto 
    Masahiro Taniguchi 
    Satoshi Yamamoto 

Trama: 
Distrutta dal senso di colpa per il suicidio della sorella vittima dei bulli, una giovane studentessa di karate, Megumi, accompagna quattro amici più grandi in un viaggio nel bosco: la ragazza intelligente Aya, il suo fidanzato drogato Take, più stupido delle feci di un mulo, la modella a figura intera Maki e il nerd Naoi. Le cose iniziano ad andare da schifo quando quella scema di Maki trova un verme parassita all'interno di un pesce e lo ingoia, nella speranza che possa mantenerla magra (forse memore della famosa tenia della Callas). Più tardi, sconvolta dalle coliche, la modella è costretta a scaricarsi in una latrina esterna. Il verme parassita che aveva ingurgitato aveva evidentemente deposto le uova nel suo stomaco ed era uscito dall'ano durante il devastante attacco di diarrea. Mentre Maki è al cesso, scopre che c'è uno zombie nello scarico, una creatura tutta coperta di escrementi, che emerge e le afferrava le natiche. Tuttavia lei scoreggia, asfissiando il morto vivente fecale con una violenta scarica di gas intestinali fetidissimi! Un'orda di zombie merdosi fuoriesce dalla gigantesca fossa settica ed aggredisce Maki, inseguendola fino ad imbattersi nel resto del gruppo. Dopo una strenua lotta, i giovani vengono tratti in salvo dal Dottor Tanaka, che li ospita per la notte e offre loro un piatto di pasta. Il problema è che il cibo è infettato dalle uova di un parassita scaturito dall'intestino, il verme chiamato nekurogedoro: la cena è un vero e proprio atto di coprofagia! Il Dottor Tanaka si rivela un bizzarro scienziato pazzo che ha trovato il modo di far sopravvivere sua figlia Sachi, gravemente malata, grazie agli enormi vermi intestinali alieni, a cui in cambio fornisce esseri umani da trasformare in cagosi cadaveri deambulanti. I nekurogedoro sono creature spaventose, sembrano larve giallastre dal corpo segmentato, con due zanne acuminate e un piccolo cervello sul capo. Questo encefalo nudo è altamente circonvoluto e somiglia ai succulenti cervelli da panatura, quelli che si friggono! Il tossicomane Take è la prima vittima dell'infestazione e gli scoppia il cranio a causa dell'ipersensibilità del parassita alle sostanze stupefacenti. Aya e Naoi riescono a fuggire ma finiscono uccisi dai morti viventi. Megumi invece trova l'antidoto alla creatura infestante e lo trafuga, sconfigge la maligna figlia dello scienziato e quindi somministra il siero a Maki, guarendola così dal pestilenziale parassita. Salvata l'amica, Megumi assume essa stessa l'antidoto, quindi raggiunge il Dottor Kanaka e lo abbatte con un magistrale colpo di karate


Recensione: 
Per un appassionato viscerale dei film di zombie, una simile chicca non può assolutamente mancare! Questo è cinema estremo allo stato puro! Le sequenze raggiungono vette sublimi. Certo, non tutto è oro. Il finale in stile anime è assolutamente inguardabile. Le ragazzine volano come razzi supersonici, usando come propulsore il gas intestinale giallastro emesso con particolare violenza dai loro ani. Gli immensi vermi nekurogedoro, scaturiti dallo stesso orifizio che permette il volo tramite i getti gassosi, sono inturgiditi, sono così duri da essere utilizzati a mo' di armi. Una tenia come una katana! Queste trovate sono un po' troppo pacchiane, forse se ne poteva fare a meno. 


Zombie ricoperti di feci! 

Il passaggio dell'essere umano dallo stato bestiale alla civiltà ha comportato la proscrizione degli escrementi, come di molte altre cose, tra cui i cadaveri e le larve. Una barriera invisibile di tabù ha imposto il senso di universale ripugnanza, col comandamento di escludere dal perimetro della società il materiale intestinale espulso. Ora, con Iguchi, questi tabù millenari scricchiolano, mostrano segni di grave cedimento. Si prepara l'irruzione dei residui fecali nel mondo! I messaggeri di questa apocalittica trasformazione sono proprio gli zombie, i morti viventi merdosi! Giungerà di nuovo il tempo delle tribù coprofaghe! 

Anglo-giapponese asu "ano" 

Si nota che il termine アス asu "ano" è un semplice adattamento dell'inglese ass (volgare arse) "culo, ano", reso popolarissimo ovunque dalla capillare diffusione della pornografia di massa. La parola ass deriva dal protogermanico *arsaz e non ha nulla a che fare con il latino ānus "anello; ano"(da cui italiano ano, inglese anus /'eɪnəs/). La parola nipponica per indicare l'orifizio anale è 肛門 kōmon, che è derivata dal medio cinese kaewng mwon (alla lettera "porta del culo", pronunciato in attuale cinese mandarino gāngmén). Per sublime ironia, la stessa parola kōmon (ma scritta diversamente) indica anche la porta della scuola!
La trascrizione di anus in caratteri sillabici katakana è アヌス (anusu). La pronuncia adattata è quella del latino, non quella dell'inglese. Esiste poi il termine 糞垂れ kusotare, scritto in caratteri sillabici hiragana くそたれ, che però non indica affatto l'ano, come invece sostiene il traduttore di Google. Indica i frammenti di feci attaccati all'ano (ossia i "tarzanelli"), oppure uno scemo (traduce l'inglese shithead). L'equivoco è nato dal fatto che in inglese anus può essere usato anche per indicare uno scemo. L'etimologia di kusotare è presto spiegata: 糞 kuso significa "merda", "feci", mentre -tare deriva dal verbo 垂れる tareru "pendere": si parla di merda appesa! 
Cosa emerge da questo sintetico trattatello? Non è facile trovare la parola giapponese genuina per indicare l'ano. Forse ciò accade per un motivo molto semplice. In epoca feudale il tabù era così forte che probabilmente viene nascosto il corrispondente kanji (ideogramma) con una pronuncia kun (di origine giapponese). Sembra in effetti che il tabù dell'ano si manifesti tuttora in strane forme, come divieto di nominare tale sfintere, anche se poi sono moltissimi a leccarlo assai volentieri. Dopo ricerche approfondite e vane, sono riuscito infine a reperire il kanji in questione, grazie a un'illuminazione improvvisa. Mi sono ricordato che un demone (yōkai) molto caratteristico è lo Shirime, che ha l'aspetto di un omuncolo glabro e macilento con un occhio spalancato al posto dell'ano. Ebbene, il nome 尻目 Shirime significa "occhio delle natiche" e deriva da 尻 shiri, parola antica il cui significato era appunto "natiche", "ano". Lo 尻子玉 shirikodama è una mitica sfera, contenente l'essenza vitale, che si troverebbe proprio nell'ano degli esseri viventi. 


Etimologia di nekurogedoro 

La prima parte della parola, nekuro-, è un chiaro adattamento del greco νεκρο- (nekro-) "morto" alla fonologia giapponese. L'ho riconosciuto a colpo d'occhio. La seconda parte della parola, -gedoro, mi è parsa a lungo incomprensibile, non ravvisando alcuna corrispondenza plausibile nella lingua giapponese. Cercando in Google "nekurogedoro", non trovavo nulla di significativo o di utile sotto il profilo etimologico. Poi, all'improvviso, ho avuto l'illuminazione. Anche -gedoro è greco antico! Deriva da γῆ () "terra" e da δῶρον (dôron) "dono". Così ricostruiamo il nome originale come νεκρογηδῶρον (nekrogēdôron), adattato in giapponese come nekurogedoro. Significa "dono della Terra dei Morti". La traduzione è perfettamente sensata e coerente con la trama del film. Lo scienziato pazzo, chiama questa creatura aliena "dono" perché è la sola possibilità di sopravvivenza per la figlia. Inoltre proviene dalla Terra dei Morti: crea gli zombie! Evidentemente il professore era un cultore della lingua dell'antica Grecia, cosa non impossibile persino nel Paese del Sol Levante. Uno dei grandi enigmi della storia della Settima Arte è stato risolto! 


Critica  

Sono così ipnotizzato dal sito Il Davinotti, da prenderlo come modello delle recensioni e delle reazioni nel Web. Ecco la pagina dedicata alla pellicola di Iguchi: 


Questo è l'utilissimo cut-up ottenuto dal materiale davinottiano: 

"Art o fart?"
"Delirante, indecente, imbarazzante, insano, grottesco, il film del folle e irriverente Iguchi mostra una volgarità tanto estrema da risultare surreale" 
"Demenziali la trama, i personaggi e le ambientazioni" 
"Il commovente si alterna allo stomachevole"
"Ispirato ai manga, anzi, agli hentai giapponesi, questo zombi-movie tutto particolare mette in scena i più grossolani simbolismi erotici, oltre alle consuete ossessioni scatologiche dell'immaginario più perverso del sol levante" 
"abnorme, ripugnante e corrottamente cronenberghiano; trashivendolo di un "fulcianesimo" scatologico e demenziale"
"Spicca, più che la protagonista, la popputa Mayu Suganu"
"l'esilarante all'anime de li peggio morti viventi" 
"Chi pensa di aver visto proprio tutto in tema di zombi, non può perderlo" 
"A mio avviso le scene splatter e gore strizzano l'occhio anche al teutonico Schnass" 
"Sangue e dissenteria all'ennesima potenza!" 
"gas rettali, conati di vomito, tentacle rape, evacuazioni, insetti e parassiti mutanti" 
"vede nel prodotto interno lordo solido liquido gassoso la rivoluzione copernicana della deadsploitation
"copromania a tutto sbrocco" 

sabato 20 agosto 2022


LA MALA ORDINA 

Titolo originale: La mala ordina 
Titolo in inglese: The Italian Connection 
AKA: Manhunt in the City; Manhunt in Milan 
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Italia, Germania
Anno: 1972
Durata: 97 min
Rapporto: 1,66:1
Genere: Noir, thriller, gangster
Regia: Fernando Di Leo
Soggetto: Fernando Di Leo
Sceneggiatura: Fernando Di Leo, Augusto Finocchi,
     Ingo Hermes
Produttore: Armando Novelli, Ermanno Curti
Casa di produzione: Cineproduzioni Daunia 70, Dear Film
     Produzione, Hermes Synchron
Fotografia: Franco Villa
Montaggio: Amedeo Giomini
Musiche: Armando Trovajoli
Scenografia: Francesco Cuppini
Costumi: Francesco Cuppini 
Trucco: Antonio Mura 
Supervisore alla produzione: Luciano Appignani, 
    Vincenzo Salviani 
Direttore di produzione: Lanfranco Ceccarelli 
Reparto artistico: Tino Avelli, C. Sormani 
Reparto sonoro: Goffredo Salvatori 
Effetti speciali: Basilio Patrizi  
Guardaroba: Alain Reynaud 
Reparto editoriale: Ornella Chistolini  
Continuità: Vivalda Vigorelli 
Interpreti e personaggi: 
    Mario Adorf: Luca Canali
    Henry Silva: David Catania
    Woody Strode: Frank Webster
    Adolfo Celi: Don Vito Tressoldi
    Luciana Paluzzi: Eva Lalli
    Cyril Cusack: Corso
    Franco Fabrizi: Enrico
    Sylva Koscina: Lucia Canali 
    Laura Wendel: Rita Canali
    Francesca Romana Coluzzi: Trini
    Femi Benussi: Anna*
    Peter Berling: Damiano
    Giuseppe Castellano: Piero Panunzio
    Giuliano Petrelli: Francesco
    Domenico Cianfriglia: Gustavino
    Pasquale Fasciano: Dog
    Giovanni Cianfriglia: Peppiniello
    Gianni Macchia: Nicola
    Jessica Dublin: Miss Kenneth
    Empedocle Buzzanca: Vice di Don Vito
    Omero Capanna: Scagnozzo di Don Vito
    Ulli Lommel: Guardiaspalle in corridoio 
    Renato Zero: Hippy con la bombetta
    Franca Sciutto: Ballerina
    Sergio Ammirata: Carlo, il cameriere sodomita 
    Ettore Geri: Barista della discoteca  
    Andrea Scotti: Garo 
    Vittorio Fanfoni 
    Franca Sciutto 
    Pietro Ceccarelli: Scagnozzo di Don Vito 
    Alberto Fogliani: Scagnozzo di Don Vito in garage 
    Enrico Chiappafreddo: Scagnozzo di Don Vito con Nicola  
    Sergio Ammirata: Carlo 
    Lanfranco Ceccarelli: Insegnante di scuola 
    Liliana Chiari: Prostituta 
    Guerrino Crivelli: Barista 
    Fernando Di Leo: Passante 
    Lina Franchi: Prostituta 
    Claudio Morabito: Delinquente 
    Martina Orlop: Ballerina bionda in topless 
    Virgilio Ponti: Pappone 
    Giuliana Ruffini: Prostituta 
    Clemente Ukmar: Barone 
    Mira Vidotto: Prostituta 
    *Nella versione in inglese è Nana, ma nel film in italiano
    si sente in modo nitidissimo Anna
Doppiatori originali:
    Stefano Satta Flores: Luca Canali
    Sandro Iovino: David Catania
    Bruno Alessandro: Frank Webster
    Antonio Guidi: Don Vito Tressoldi
    Noemi Gifuni: Eva Lalli
    Gabriella Genta: Lucia Canali
    Ludovica Modugno: Trini
    Gino Donato: Damiano
    Giorgio Piazza: Corso 
Titolo provvisorio: Ordini dall'altro mondo 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Der Mafia-Boss - Sie töten wie Schakale 
   Francese: L'Empire du crime 
   Spagnolo (Spagna): Nuestro hombre en Milán 
   Lituano: Žmogaus medžioklė 
   Russo: Охота на человека 
   Serbo: Po naređenju podzemlja 
   Turco: Gangsterler çarpışıyor 
   Giapponese: 皆殺しハンター (Mina-goroshi Hanta) 

Trama: 
Primi anni '70. Milano brutale e corrotta, ma illuminata da un pallido sole primaverile. Due sicari, l'inespressivo Dave Catania e il colossale mandingo Frank Webster, vengono inviati da New York a Milano dal loro boss Corso, con la missione di trovare e uccidere Luca Canali, un piccolo magnaccia accusato di aver sottratto un carico di eroina della mafia. Il locale boss mafioso Don Vito Tressoldi è sconvolta dall'intrusione degli americani nel suo territorio, ma è costretto a stare al gioco dando ordine di consegnare loro Canali. Schiera così una rete di spie e informatori in tutta la città per trovarlo, ma questi riesce a eludere tutti per un pelo. Per il pappone ha inizio una precipitosa fuga, anche se i suoi stessi amici si rivoltano contro di lui. Tra questi, uno strano sodomita biondiccio, che cerca di consegnarlo ai picciotti.  
Si scopre che il carico di droga è stato effettivamente rubato da Don Vito, che ha provveduto a incastrare Canali, scegliendolo perché è un "pesce piccolo", dotato di bassa "statura criminale". A un certo punto il boss maligno ricorre all'uccisione della moglie e della figlia di Canali per attirarlo allo scoperto. Infuriato, Canali scatena una violenta vendetta contro la mafia, facendo fuori i membri della gang e infine uccidendo lo stesso Don Vito con una revolverata nel cuore, nel suo stesso ufficio. Si tratta di una vera e propria esecuzione: il boss ammette di essersi gravemente sbagliato sulla "statura criminale" di Canali e sulle sue capacità. Così, capendo di aver perduto il suo "onore", chiede di essere soppresso.  
Canali conduce Catania e il mandingo gigantesco, Webster, a uno scontro finale in uno squallidissimo cantiere di demolizione di automobili, dove riesce a ucciderli entrambi, pur rimanendo gravemente ferito nella lotta. Esausto, Canali crolla sul posto di guida di un mezzo d'opera dotato di artigli meccanici, lasciando il finale ambiguo, senza che lo spettatore possa capire se riuscirà a sopravvivere o se le sue ferite sono mortali. 


Recensione: 
Questo film è il secondo capitolo della cosiddetta Trilogia del milieu del regista Di Leo, dopo Milano calibro 9 (1972) e seguito da Il boss (1973), quest'ultimo ambientato in una Palermo anomala, perennemente notturna.   
Il soggetto de La mala ordina è stato tratto dalla raccolta di racconti noir Milano calibro 9 dello scrittore e giornalista di origine ucraina Giorgio Scerbanenco. In particolare, si riconosce facilmente la trama del racconto Milan by Calibro 9
"David e Frank Drewer, killer americani, si recano a Milano per uccidere Giordano, un malavitoso locale. Guidati per i locali della città da una ragazza di nome Francesca, i due killer portano a termine il loro incarico."
(Fonte: Wikipedia) 
Potente, adrenalinico, pervaso in ogni fibra dal profondissimo nichilismo antropologico che costituisce una caratteristica fondante dell'opera di Fernando Di Leo. Il mondo è come una massa di cibo attaccato e corrotto dai bruchi delle tarme: non si trova nemmeno una sua particella che non sia contaminata dall'oscena masticazione dei parassiti e dai loro escrementi! 
Superlativo il grandissimo Mario Adorf! In lui agisce la Forza della Sopravvivenza, che è qualcosa di inenarrabile nella sua coercizione. Egli, colpito da fati avversi, vorrebbe porre fine al tormento degli eventi, ma non gli è concesso di fermarsi neppure per un attimo, pena la morte! Così, tesissimo come un cavo di fibre d'acciaio, diventa una spaventosa macchina di guerra e di morte. L'eroismo entra nelle sue membra e gli permette di aver ragione dei suoi nemici, seppur a carissimo prezzo!  
Ottimo anche Adolfo Celi nel ruolo del Padrino, con quel faccione sardonico e quegli occhi cerulei da cui irradia l'Abisso del Male! Mefistofele ha presieduto alla nascita del personaggio, assieme a tutti i Demoni del Gran Consiglio dell'Inferno!  
Henry Silva è un corpo senz'anima, una specie di golem. Non si scorge alcuna luce nei suoi occhi incapaci di qualsiasi minimo movimento! Agisce spinto da una volontà demoniaca, eseguendo con membra zombesche i comandi che giungono dall'Oltre. 
Il mandingo Woody Strove è reso ancora più odioso dal suo salutismo fanatico, che lo spinge a rifiutare anche una singola goccia di alcol. Parafrasando il Sommo Lovecraft, le sue braccia sono vere e proprie zampe anteriori! Le sue mani sono macine in grado di stritolare. 
Sylva Koscina, è splendida e ha un portamento nobilissimo, anche se mi sembra un po' afflittiva, forse per via del suo ruolo di ex moglie. Terribile la scena in cui viene investita e uccisa assieme alla figlia - una scena che dovrebbe far riflettere chi si culla nell'illusione di una mafia che non uccide donne e bambini. 
Eva Paluzzi è una bellissima fulva, ma trovo il suo personaggio troppo passivo, troppo remissivo. Purtroppo fa una brutta fine, come un agnello sacrificale condotto allo scannatoio. 
Francesca Romana Coluzzi interpreta la contestatrice pasionaria, oltre che zoccolona, che fa la sua bella figura con la parrucca azzurra. A un certo punto dice: "Il negro mi piaceva, mi era venuto di farmelo, ma il bianco proprio no, non mi piaceva". Già solo per via di un mandingo chiamato "negro", sarebbero capaci di censurare il film!
Femi Benussi è molto convincente nel ruolo della fallofora  esuberante e aggressiva, dalla marcata cantilena napoletana.
Compaiono i soliti intensi flussi di pubblicità occulta (in realtà molto esplicita), tanto che vari produttori di liquori, come il whisky J&B e il vermut Punt e Mes, andrebbero accreditati nei dati tecnici assieme ad Armando Novelli e a Ermanno Curti. 


Produzione

Dato che nel cast c'erano almeno tre nazionalità diverse (italiana, tedesca, americana), i dialoghi sul set per la maggior parte delle riprese erano in inglese. Questo è ovvio se si guarda il doppiaggio in lingua inglese; i dialoghi si sincronizzano con le labbra degli attori nella maggior parte delle scene, mentre non lo fanno nelle versioni italiana e tedesca. Per avere un'idea delle parti non in inglese, si rimanda nel seguito all'espressività della prostituta crespa Anna! 

Strane comparse 

In mezzo alla fauna notturna si nota di sfuggita, vestito da Figlio dei Fiori con la bombetta in testa, il famoso Renato Zero. In tutto, questo personaggio controverso è comparso in nove film, dal 1967 al 1979.  

Ulli Lommel, l'attore e regista tedesco noto per le sue collaborazioni con Rainer Werner Fassbinder, appare come comparsa. È un individuo bizzarro con una fisionomia dura e patibolare, che non sfigurerebbe nel mondo dei gorilla e dei gangster. Tra le altre cose, ha diretto La tenerezza del lupo (Die Zärtlichkeit der Wölfe, 1973), incentrato sul serial killer pederasta e cannibale Fritz Haarmann, sorpannominato "Il macellario di Hannover", clinicamente affetto da vampirismo (sindrome di Renfield): ha ucciso alcune vittime recidendo loro la carotide con un morso! 

Un caratteristico insulto napoletano 

Una delle puttane gestite da Luca Canali, delusa, gli urla: "Vaffambocca!" In pratica si augura che il grosso magnaccia sia irrumato da un fallo. L'esclamazione "vaffambocca" (ossia "vai a fare in bocca") è in tutto e per tutto parallela al più noto "vaffanculo" (ossia "vai a fare in culo"). L'origine è dal napoletano 'afammocc, usato molto di frequente in frasi brutali come "'afammocc a chi t'è mmuort, 'afangul a chi t'è strammuort".
Trovo strano che questo insulto non sembri essere molto diffuso al di fuori della Campania. Tutte le sue (rarissime) attestazioni in cui mi sono imbattuto nel mondo della Settima Arte, sono riconducibili a personaggi napoletani. In un film con l'eroico Tomas Milian, non ricordo bene quale, un brigadiere partenopeo apostrofava così un agente veneto biondiccio: "Vaffambocca, Ballarin, tu e l'anima r'o ricchione ca sì". Non è facile ricostruire i dettagli: avvengono distorsioni nei miei banchi di memoria stagnante, ma la sostanza è proprio quella da me riportata! Ai nostri giorni, simili sequenze non potrebbero più essere girate: il politically correct lo impedirebbe sul nascere!  
Mi stupisce enormemente che non si sia diffusa dovunque in Italia l'usanza di dire "vaffambocca" e che la sua applicazione sembri essere riferita soltanto a persone di sesso maschile - quando sappiamo bene che sarebbe più idonea riferita alle zoccole. La crespa prostituta Anna, si guadagnava il pane proprio facendo in bocca, poi apostrofava il suo pappa, che tutto sommato era incredibilmente civile e gentile: nella Milano degli inizi XXI secolo sarebbe stata massacrata a zampate! 


Di Leo e Tarantino 

Anche a costo di finire linciato dal pubblico, dirò senza esitazione che detesto vivamente Quentin Tarantino e le sue opere. A pelle mi dà l'impressione di un personaggio untuoso e turpe. Spiace avere in comune con lui la passione per le pellicole di Fernando Di Leo! È appurato che i due gangster Catania e Webster hanno dato l'ispirazione per i protagonisti del tarantinesco Pulp Fiction (1994), interpretati da John Travolta e da Samuel L. Jackson. 

Tecnicamente non poliziesco

Una cosa salta subito all'occhio. In tutto il film sembra che non esistano Forze dell'Ordine. Ci sono sparatorie, inseguimenti, investimenti, scontri, violenze di ogni genere, eppure nessuno interviene. Si ha una sola menzione dell'esistenza di qualche autorità non appartenente al mondo criminale, quando un giovane freak trova il nerboruto lenone alla porta ed esclama: "C'è uno con la faccia da poliziotto!" Stando così le cose, non si potrebbe ascrivere quest'opera di Di Leo al genere poliziesco o poliziottesco. Eppure, nonostante questi dati di fatto di per sé innegabili, Tarantino ha definito La mala ordina "capolavoro assoluto del genere poliziesco". 

Un universo interconnesso 

Nel film scerbanenchiano Liberi, armati e pericolosi, diretto da Romolo Guerrieri (1976), si ha un esplicito riferimento a La mala ordina. Il titolo della pellicola di Di Leo viene pronunziato a voce alta da uno dei tre protagonisti criminali e borghesi, mentre gli altri due uccidono i gangster in un'autodemolizione. 


Origine e diffusione del cognome Canali 

Dal modo di parlare, si capisce all'istante che Luca Canali è siciliano doc: tipica cantilena, forme pronominali come a mmia, a ttia, ordine SOV della frase e via discorrendo. Eppure al Sud il cognome Canali è rarissimo. È particolarmente diffuso in Lombardia, in Emilia-Romagna e nel Lazio. Certo, il simpatico pappone potrebbe aver preso il cognome dalla madre, che sarà stata del Nord. In fondo anche l'attore, Mario Adorf, che ha padre calabrese e madre tedesca, si trova in una situazione abbastanza simile. Oppure sarà stato proprio il padre a trasmettere a Luca Canali un cognome raro nella sua terra d'origine?   
Per quanto riguarda l'etimologia del cognome, il sito Cognomix riporta quanto segue:
"Dovrebbe derivare, direttamente o tramite una modificazione dialettale, da toponimi quali Canale (TR) - (CN) - (AV) - (BL) - (GE) - (RM) - (TN) - (BO), o dal fatto che la famiglia abitava in prossimità o sulle rive di un canale." 
Questa è la mappa di diffusione per regione: 


Alcune note sul cognome Catania

Mentre il ben noto toponimo siciliano è pronunciato Catània, con l'accento sulla seconda sillaba, il cognome che ne è derivato è pronunciato Catanìa, con l'accento sulla -i-. A prima vista non è facile trovare una chiara spiegazione del curioso fenomeno, anche se non è un caso unico. Ad esempio il cognome siciliano Troja è pronunciato Troìa, anche qui con l'accento sulla -i-. Con ogni probabilità questa inconsueta posizione dell'accanto si deve ad influenza greca. Così il toponimo Kατάνη (Katánē), di origine sicula (dovrebbe significare "grattugia") e pronunciato in epoca bizantina /ka'tani:/, che ha dato direttamente il cognome Catani, è stato adattato in romanzo come Catània, quindi è tornato in greco per effetto boomerang, dando Catanìa, da cui l'omonimo cognome. In latino il toponimo era Catĭna, con la -i- breve e l'accento sulla prima sillaba: /'katina/. Non può aver dato i cognomi di cui ci stiamo occupando. Nemmeno l'arabo è una sorgente plausibile: la città era chiamata Qutāna, ma sono attestate le denominazioni Madīnat-al-fīl "Città dell'elefante" e Balad-al-fīl "Territorio dell'elefante".  


Critica

Mi sono divertito ad assemblare un ricco cut-up raccolto dal sito Il Davinotti. Ne raccomando la lettura.
"Scattante, iperviolento, con una sceneggiatura stringente e un cast di facce da duri, su cui giganteggia un ottimo Adorf, prima piccolo malavitoso smarrito in un gioco più grande di lui, poi implacabile nella sua vendetta"
"Ottima la prova del cast (specie del bravo Mario Adorf), così come la colonna sonora" 
"Musiche di Trovatoli (sic) che si fondono efficacemente con le immagini"
"Adorfiano ed alterno"
"L'inizio è lento ma il film ingrana poco a poco, regalando una seconda parte davvero adrenalinica e mozzafiato"
"Altro potente capitolo del noir italiano, che rispetto a MC9 appare meno cupo e tragico e più essenziale, lineare ed immediato"
"Inferiore al bellissimo Milano calibro 9, anche se ne segue lo stile" 
"Tra i migliori esempi di film di genere italiano, ed ottimo esempio di noir, è anche una delle opere migliori di Fernando Di Leo"
"Bel noir di Di Leo, non all'altezza degli immortali Milano calibro 9 o Il boss, ma comunque buono" 
"Inizio con luci e ombre, parte centrale bella carica per merito di Adorf, finale abbastanza banale" 
"Molto convincente Mario Adorf, nel ruolo di un pappone milanese un po' sbruffone, che viene incastrato dal boss locale" 
"Noir criminale nel quale i pesci grossi vengono sconfitti dalla voglia di vivere di uno rimasto incastrato" 
"Straordinario quadro al contempo pop e verista, ritratto d'ambiente e saggio sulla violenza cinematografica"
"Bravo il protagonista a costruire il personaggio, che da omuncolo dalla lingua lunga si trasforma in vendicatore, quando viene attaccato negli affetti più cari. Nessuna morale. Il boss difenderà nome e credibilità a tutti i costi" 
"Pietra miliare dileiana, liberamente tratta dalla vena noir di Scerbanenco, qui con un "uomo di casino" braccato come nelle più sadiche delle cacce all'uomo"
"Finale memorabile" 
"Morti a non finire in questo boss-movie che dagli Usa muove i suoi tentacoli a Milano alla ricerca di un malandrino da poco"
"Scabro e prototipico"
"il film ancora spaura e avvince per la sua intrinseca natura di fumetto metafisico che trascende tutti i suoi singoli elementi (alcuni dei quali evidentemente dissonanti o persin pressapochisti - leggasi i dialoghi minimali) in un ensemble iconografico che rende sacro il profano e viceversa" 
"A tratti sembra anche meglio di Mc9, ma nel complesso è meno secco" 
"Grezzo, trucido, spietato ma simpatico" 
"Secondo capitolo della cosiddetta trilogia del milieu. È il più debole dei tre ma raggiunge comunque vette di potenza notevoli per il genere criminale all'italiana"
"Di Leo, autore anche del soggetto, è bravo nel descrivere con cura la disperata deriva di un uomo finito in un ingranaggio più grosso di lui"
"Luca Canali è fisiognomicamente animalesco" 
"Un noir... zoomorfo!"
"Al di là del surplus di spot poco occulti (ma questo sappiamo che accadeva a tantissimi film italiani dell'epoca) e di alcuni dialoghi un po' ambigui nonchè di alcune scazzottate che nulla han da invidiare ai film di Bud Spencer, sono anche tante le cose notevoli" 
"Tenuto in piedi da un Adorf come sempre grande e sottovalutato" 
"Le musiche e i continui effetti sonori, dovuti agli scontri tra gli scagnozzi, sono inseriti sempre al punto giusto e non sfociano mai nel banale" 
"Alla cieca furia vendicatrice del protagonista, spesso mostrata con una spietatezza unica, si affianca il lato "debole" della persona con i suoi affetti familiari" 
"Livido, violento, spietato, degno di autori di fama mondiale come Don Siegel e Melville. Sceneggiatura tesa e vibrante" 
"ritmo che decolla lentamente ma che poi vola fino a quota diecimila" 
"A rivederlo oggi ci si accorge quanto sia invecchiato ben poco e di come rimanga piacevolissima la visione: merito di una trama molto semplice, efficace anche per questo"
"Di Leo non si differenzia di molto dagli altri registi del genere di quel periodo. Violenza allo stato puro. Personaggi intelligenti ed originali, ma forse cade un po' nella storia" 
"Erculeo e sanguigno Adorf" 
"Viscerale, crudo, violento" 
"Dopo la superba interpretazione del Rocco Musco di Milano calibro 9 Di Leo promuove Adorf come protagonista assoluto e gli cuce addosso un ruolo perfetto" 
"Raoul Montalbani, Ugo Piazza, Luca Canali, ecc.. ecc... Tutti nomi rimasti nel mito del cinema di genere gangsteristico italiano anni '70; nomi che, anche oggi, i ragazzi delle nuove generazioni ricordano"
"Da vedere e rivedere!" 

mercoledì 6 aprile 2022


I TEMPLARI, IL BAPHOMET E LA SINDONE 

Un articolo sui Templari è apparso recentemente sui quotidiani, recando un sunto degli studi di una studiosa vaticana che ha libero accesso agli archivi segreti della Chiesa di Roma: Barbara Frale. L'idea portante - da lei presentata come una sconvolgente scoperta - è l'adorazione tributata dai Cavalieri del Tempio a un manufatto di incerta origine, già tacciato di falso dalle autorità ecclesiastiche non appena la sua esistenza è stata resa manifesta: la Sindone

Secondo questa ipotesi, il famoso idolo barbuto denominato Baphomet e presumibilmente oggetto di culto da parte dei Templari altro non sarebbe che il dubbio sudario custodito oggi a Torino (dagli anglofoni noto appunto come Shroud of Turin). Eppure la stessa Frale non può nascondere che l'identificazione con la Sindone era già stata fatta nei tardi anni settanta del novecento, da parte di uno studioso di nome Oxford Ian Wilson. Aggiungo che tale ipotesi è stata subito bollata come pseudoscienza, così come al reame della fantasia sono state assimilate molte altre proposte. Q
uindi la storica del Vaticano non ha inventato proprio nulla: ha solo attinto a materiale preesistente datato di almeno un ventennio, e per giunta neppure di buona qualità. 

L'immagine più diffusa del Baphomet è quella che lo identifica con il Capro di Mendes, una divinità egizia connessa con la fertilità. Non c'è alcun fondamento storico per questa iconografia: si tratta del frutto della fantasia del massone Eliphas Lévi in pieno XIX secolo. Fu nel suo Dogma e rituale dell'alta magia, edito nel 1845, che questo autore produsse un'immagine di questa divinità ermafrodita cornuta dal vello nero. I suoi attributi sono densi di significati esoterici, basti pensare alle ali, alla torcia fallica sulla fronte, alla posizione delle mani. Non c'è nulla di tutto questo che abbia la benché minima connessione con i Templari; tra l'altro le fonti dell'epoca non alludono mai a corna, ma solo al fatto che si trattava di una testa barbuta. 

Le etimologie proposte per il nome Baphomet sono tante, una più assurda dell'altra. Ne citerò soltanto alcune. Friedrich Nicolai, un libraio tedesco, ha collegato il nome al verbo greco che significa 'immergere' e che è anche l'origine della parola 'battesimo'. In questo caso resterebbe in ogni caso un residuo suffisso -met, inanalizzabile. Invece Elipas Lévi sostenne un anagramma da un fantomatico TEM.O.H.P.AB, che starebbe per Templi omnium hominum pacis abbas (ossia 'Abate del Tempio della Pace di tutti gli uomini'). Alesteir Crowley, che in preda all'esaltazione orgiastica aveva assunto Baphomet come epiteto, arrivò a proporne l'origine da una frase bizzarra da lui inventata e tradotta come 'Padre Mitra'. 

Qualcuno afferma che Baphomet derivò dalla pronuncia popolare del nome Maometto, di cui si registrano molte varianti, dal veneziano Malcometto fino all'inglese Mahound, ora usato soltanto in Scozia. Esiste però una difficoltà. Com'è risaputo, l'Islam è una religione che rifiuta il culto delle immagini, al punto che rappresentare Maometto è assolutamente vietato ai suoi fedeli. Tra i musulmani non c'è mai stato un culto dell'immagine di Maometto, né dipinta né scolpita. I fautori di questa origine del Baphomet affermano che Filippo IV di Francia considerava del tutto irrilevante questo fatto: a lui importava solo inculcare l'idea che i Templari avessero tradito la Cristianità per servire segretamente l'Islam, insozzando così la loro integrità morale. 
 

Se inseguire un manufatto a forma di testa non ci porta da nessuna parte, le cose non vanno meglio con l'immagine impressa su telo. Stando sempre al racconto della Frale, "I Templari si procurarono la
sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie"

Inizierei col mettere i puntini sulle i, precisando che soltanto il Catarismo nega la corporeità di Cristo. Le altre forme di dissidenza religiosa note all'epoca, come il Valdismo, affermano la natura carnale del corpo di Cristo esattamente come fa la Chiesa Romana.
L'idea della Sindone come 'antidoto' all'eterodossia non regge affatto, anche perché per un cataro un idolo è soltanto il Nulla. Nessun docetista si convertirebbe all'idolatria vedendo l'immagine di un uomo barbuto stampata su un telo, e nessun cattolico di una certa levatura avrebbe bisogno di un idolo per dimostrare la sua teologia. Siamo ai livelli degli strani racconti sulla mummia di Cristo che si trovano nella Rete. 

Se i Templari avessero avuto tutto questo terrore dell'eresia, difficilmente avrebbero mantenuto una posizione di neutralità nei confronti dei Catari, ma anzi avrebbero partecipato attivamente alla crociata di Montfort. 

Non contenta, la Frale insiste. Aggiunge che "L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo". 

Incredibile. Forse nessuno ha detto all'autrice che anche i Catari dei secoli XIII-XIV erano uomini del Medioevo?  

Inoltre vale la pena di riportare che nel 1353 la Sindone fu esibita a Lirey, in Francia, da Goffredo di Charny. Il vescovo di quella regione ne fu scandalizzato e ordinò subito un'indagine. Risultato: fu stabilito che il telo era un falso ed è anche riportato che il vescovo riuscì a contattare il suo autore! Non dimentichiamoci che i Sudari di Cristo proliferavano, tanto che ci sono notizie di una quarantina di reliquie di questo tipo. Come distinguere un vero dai tanti falsi? Impossibile. Tant'è che calmatesi le acque, Goffredo di Charny rimise in mostra l'idolo, provocando una nuova inchiesta, con lo stesso esito. Gli ecclesiastici dell'epoca avevano le idee più chiare di quelli odierni? Si direbbe di sì. D'altronde spopolavano anche i prepuzi rinsecchiti detti reliquie della Circoncisione di Gesù. Bisogna credere che simili contraffazioni costituissero un antidoto al Catarismo? Lascio al lettore le conclusioni. 

In contrasto stridente con l'idolatria della Sindone è il rituale eminentemente docetico del calpestamento del crocifisso. Difficile negare l'esistenza di questa strana pratica richiesta alle reclute dei Templari. La
Frale propone un'interpretazione goliardica del rituale, assimilandolo persino a un atto di nonnismo malinterpretato e ingigantito. La cosa è tanto assurda che non vale nemmeno la pena di sforzarsi a deriderla: la verità è su queste basi la studiosa non può dare una spiegazione consistente con le sue premesse.   

D'altro canto, si può smentire con certezza l'appartenenza dei Templari al Catarismo. Se ci fosse anche stata l'ombra di un sospetto, i nemici dell'Ordine avrebbero sicuramente colto l'occasione. L'inquisitore Bernardo Gui, che studiò approfonditamente la distruzione del Tempio, non menziona mai una sola traccia del Catarismo - e se avesse avuto anche solo una mezza idea della presenza di Catarismo tra i Templari l'avrebbe certamente menzionato nella sua opera (non dimentichiamoci che i Domenicani sono molto precisi). 
Si deduce quindi che il calpestamento del crocifisso, pur di essenza docetica, doveva avere un'origine diversa. Ritorneremo su questo affascinante argomento.  

In buona sostanza, concordo con la Frale soltanto su una cosa, che il 99% di ciò che si dice sul Tempio è spazzatura. Comprese molte cose che lei afferma.
Non so ancora dire quasi nulla in positivo a proposito della strana vicenda dei Templari, mentre non riesce difficile confutare assurdità dette da altri. 

Meditando su tutto ciò si arriva a una conclusione desolante: il destino più orribile dei Poveri Cavalieri di Cristo non furono le torture e i roghi, ma la caduta del loro nome nell'abisso della Disinformazione. Che il Dio dei Buoni Spiriti protegga la Conoscenza del Bene e la Chiesa dei Buoni Uomini da un simile fato. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 13 aprile 2009) 

domenica 27 marzo 2022


IL LIBERO SPIRITO  

Nel panorama delle forme di eterodossia che si sono sviluppate nel XII secolo, un posto particolare occupa la filosofia del Libero Spirito. Essa non fu appariscente come il Catarismo, ma le sue conseguenze sull'Occidente furono profonde e durature. A determinare la sua sopravvivenza e il suo rigoglio fu la sua incoerenza organizzativa: il Libero Spirito non si è manifestato come un movimento definito, ma come una galassia di gruppuscoli numericamente poco consistenti.

La natura di questa religiosità era utopica e affondava le sue radici nel Neoplatonismo.
L'iniziatore del Libero Spirito fu Amalrico (Amaury) da Bène. A pochi anni dalla sua morte, nel 1209 (singolare coincidenza con l'inizio della luttuosa crociata contro gli Albigesi) i suoi insegnamenti erano già diffusi, e di questo abbiamo documentazione dagli atti dell'Inquisizione. Silenziosamente era iniziata una nuova era, e ad essa dovrebbero far riferimento i razionalisti, gli atei, i materialisti, i libertini come anche i crowleyani (thelemiti) e la maggior parte dei neopagani. Cosa accomuna una simile varietà di ideologie? La risposta è semplice: sono tutte forme di monismo estremo, in cui l'universo è considerato indistinguibile dalla sua causa (Dio, l'Uomo, la Materia o il Nulla). 

La dottrina della Chiesa di Roma ammette un solo principio all'origine di tutte le cose visibili ed invisibili, ma ritiene che Dio sia nettamente distinto dalle sue creature. In altre parole, pur essendo Dio onnipresente, il suo essere non coincide affatto con le cose da lui create ex nihilo. La dottrina del Libero Spirito invece fa cadere questa distinzione. Dio non è soltanto l'onnipresente Creatore di ogni cosa, ma È ogni cosa. Si identifica con le sue creature, con l'intero universo. In altre parole la filosofia amalriciana è una forma di panteismo (dal greco antico pan = tutto + Theos = Dio: tutto è Dio).

Già Scoto Eriugena scrisse che "ogni uomo può considerarsi una teofania, una manifestazione divina al pari dello stesso Cristo". Queste parole ritornano in Aleister Crowley, che sosteneva che "non vi è altro Dio oltre all'Uomo" e che "ogni uomo e ogni donna è una stella".

Per il Libero Spirito ogni essere umano è chiamato a credere di rappresentare una parte tangibile del Corpo di Cristo, e che qualsiasi atto compiuto senza peccare da chi ha raggiunto questa consapevolezza. Da qui scaturisce un marcato individualismo.

La Chiesa di Roma indisse persecuzioni contro questa nuova religiosità, ma non ritenne mai di dedicarle l'attenzione che invece rivolgeva alla soppressione del Catarismo.

I seguaci del Libero Spirito seguivano alla lettera il passo di San Paolo che dice "Tutto è puro per i puri" (Tt 1, 15), e argomentavano che nulla di peccaminoso e di impuro potesse esistere nel corpo, neppure l'accoppiamento o le funzioni escretorie. Nella pratica si abbandonavano a rituali orgiastici. La metafisica serviva da maschera e da copertura per attività sessuali sfrenate e promiscue. Altra caratteristica era l'antinomismo, ovvero l'opposizione alle leggi degli uomini, che erano ritenute un ostacolo alla realizzazione del Regno dello Spirito. Le differenze tra il Catarismo e il Libero Spirito sono totali, stridenti: le due tradizioni si collocano alle opposte estremità di uno spettro religioso. Anche quando i comportamenti potevano sembrare simili, erano dettati da motivi assolutamente diversi, incompatibili. Il credente cataro poteva anche avere una sessualità incoercibile. Tuttavia non riteneva tale attività pura o addirittura santa, ma dovuta all'influsso di Satana che governava chi non aveva ricevuto il Consolamentum. Il Catarismo era spesso antinomico come il Libero Spirito, ma il motivo di ciò era dovuto a una totale sfiducia nei confronti di un ordine costituito emanante dal Creatore Malvagio. Se per l'amalriciano nulla è impuro nel mondo, tutto ciò che è mondo è impuro per il cataro. Se per l'amalriciano il corpo è il tempio dello Spirito, per il cataro è invece il suo carcere. Il movimento faceva presa dovunque fosse sentita la necessità di una spiritualità puramente mistica, non soggetta a dogmi e a regole. 

Si infiltrò anche in molti ambiti monastici, soprattutto tra i Beghini e tra i Francescani, al punto che la Chiesa Romana decise di non concedere la fondazione di nuovi ordini monastici mendicanti. In particolare i Beghini e i Begardi furono sempre al confine con l'eterodossia, e guardati con estremo sospetto a causa del loro rifiuto delle regole. Mentre il Catarismo si riduceva a un'esistenza catacombale nel più stretto segreto, il Libero Spirito continuava a prosperare e a dare nuovi esiti macroscopici. Nel XVI secolo iniziarono a proliferare le sette dei Libertini: un cambiamento inarrestabile era ormai avviato nell'intero Occidente. 

sabato 8 gennaio 2022

L'OFISMO: UN'ANTICA FORMA
DI SINCRETISMO GNOSTICO

I sistemi gnostici dei Naasseni, detti anche Ofiti, hanno la peculiarità di ritenere il Serpente che tentò Eva come il Portatore di Conoscenza, ossia della capacità di distinguere tra Bene e Male preclusa al Demiurgo. Il Demiurgo Jaldabaoth, considerato inferiore al Vero Dio, è identificato con il Geova dell'Antico Testamento. Gli stessi nomi di questi gnostici sono molto interessanti. Ofiti viene dal greco ophis 'serpente', ed è a sua volta una traduzione letterale di Naasseni, dall'ebraico nahash, che pure indica il rettile strisciante.

Se vogliamo fare un confronto con le dottrine dualiste del Medioevo, risulta chiaro che il Catarismo non appartiene alla classe di sistemi gnostici ofiti, in quanto non ammette un ruolo positivo per il Serpente. Per l'Insegnamento dei Buoni Uomini, il Serpente è infatti il prodotto dalla bava di Satana-Geova, che ha insegnato ad Eva l'accoppiamento penetrandola con la coda. In ogni caso, comune al Catarismo e allo Gnosticismo dei Naasseni è la visione dello spirito gettato in un abisso di tenebra da cui non riesce più ad uscire. Questo è evidente ad esempio dalla lettura dell'inno tramandatoci da Ippolito nei Philosophoumena (V, 10, 2):

Gesù ha detto: Guarda, Padre.
Perseguitata dai mali, sulla terra,
Lontano dal tuo afflato essa vaga:
Cerca di fuggire il crudele caos,
E non sa come attraversarlo.

Per molti versi, i Naasseni si allontanavano dallo Gnosticismo di matrice cristiana, al punto che alcuni propongono di considerare la loro religione una forma di Gnosticismo pagano influenzato da elementi giudaizzanti. Ad esempio, il loro culto per il Serpente arrivava al punto che essi lo indentificavano addirittura con Cristo e lo credevano inviato dalla Sophia. Qualche studioso ha ravvisato nella mitologia anche influenze persiane ed egiziane. Oltre che in antiche forme di culto misterico pagano, le basi dottrinali dell'Ofismo sono da ravvisarsi in due brani biblici, uno dell'Antico Testamento e uno del Nuovo. Infatti in Numeri 21 si legge:

Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero". Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti". Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita". Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.

In Giovanni 3, 14 si ha invece:

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'Uomo.

Sembra evidente che la stravagante identificazione del Serpente con Cristo poggia su un'interpretazione letterale di Giovanni 3, 14.

I Naasseni sopravvissero più a lungo di altri gruppi gnostici: Agostino di Ippona li descrive, affermando che praticavano l'allevamento dei serpenti, facendo poi sfiorare ai rettili il pane che usavano per un sacramento eucaristico. Dall'inizio del V secolo d.C. le tracce dell'Ofismo si perdono, a seguito della repressione sempre più aspra da parte dell'Impero ormai convertito al Cristianesimo niceno.
Non si conosce il nome del fondatore del movimento degli Ofiti. Tuttavia è certo che avevano una letteratura che comprendeva la Predica dei Naasseni e il Diagramma degli Ofiti. Questi due complessi testi teologici sono andati perduti, ma ne esistono descrizioni molto dettagliate nei lavori di due autori ostili: il pagano Celso e il cristiano Origene. Tra l'altro, il Catarismo ha numerosi elementi in comune con la teologia di Origene, tanto che secondo alcuni autori (Duvernoy et al.) sarebbe derivato storicamente dal monachesimo origenista e privo di connessioni dirette con lo Gnosticismo. In altre parole, gli elementi gnostici del Catarismo sarebbero frutto di una convergenza evolutiva. Le ipotesi di Duvernoy non sembrano in ogni caso del tutto convincenti. Credo che ci vorranno ancora molti anni di discussioni e di studio per fare un po' di chiarezza.

Nonostante la Chiesa di Roma avesse ordinato la distruzione di tutti gli scritti ofiti, qualcosa è stato possibile recuperare: tra i testi gnostici scoperti a Nag Hammadi nel 1945 qualcuno è da ascriversi ai Naasseni. Riporto infine un aneddoto. Un'amica che non sento da tempo mi ha raccontato una volta di un prete delle sue parti che in un'occasione avrebbe fatto una predica bizzarra attribuendo un ruolo positivo al Serpente. Anche se la notizia è quasi di certo inattendibile, la cosa mi suscita una qualche curiosità. 

martedì 9 novembre 2021

 
THE WICKER MAN
 
Titolo originale: The Wicker Man
AKA: L'uomo di vimini
Lingua: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 1973
Data di uscita: 6 December 1973
Durata: 88 min
   102 min (Director's Cut)
Genere: Orrore
Sottogenere: Horror popolare
Regia: Robin Hardy
Soggetto: David Pinner (non accreditato)
Sceneggiatura: Anthony Shaffer
Produttore: Peter Snell
Casa di produzione: British Lion Films
Fotografia: Harry Waxman
Montaggio: Eric Boyd-Perkins
Musiche: Paul Giovanni e Gary Carpenter
Scenografia: Seamus Flannery
Interpreti e personaggi:
    Edward Woodward: Sergente Howie
    Christopher Lee: Lord Summerisle
    Diane Cilento: Miss Rose
    Britt Ekland: Willow MacGregor
    Ian Campbell: Oak
    Lesley Mackie: Daisy
    Ingrid Pitt: La bibliotecaria
    Aubrey Morris: Il becchino
    Lindsay Kemp: Alder MacGregor
    Russell Waters: Il capitano di porto
    Irene Sunter: May Morrison
    Jennifer Martin: Myrtle Morrison
    Donald Eccles: T. H. Lennox
    Walter Carr: Il maestro di scuola
    Roy Boyd: Broome
    Paul Giovanni: Un musicista
    Peter Brewis: Un musicista
    Geraldine Cowper: Rowan Morrison
    John Young: Pescivendolo
    Myra Forsyth: Signora Grimmond
    Barbara Rafferty: Donna con bambino
    John Sharp: Dottor Ewan
    Alison Hughes: Fidanzata vergine del Sergente Howie
    John Hallam: Conestabile di Polizia McTaggart
    Tony Roper: Postino  
Titoli in altre lingue: 
   Francese (Canada, Belgio): Le dieu d'osier  
   Spagnolo (Spagna): El hombre de mimbre  
   Spagnolo (Argentina, Venezuela): El culto siniestro
   Greco: Το καταραμένο σκιάχτρο 
   Greco (traslitterato): To katarameno skiahtro 
   Ungherese: A vesszőből font ember
   Lituano: Karklu zmogus 
   Norvegese: Narrenes konge 
   Svedese: Dödlig skörd 
   Turco: Lanetli Ada 
   Polacco: Kult 
   Polacco (titolo TV): Slomiane bóstwo
   Sloveno: Moz iz protja 
   Russo: Плетеный человек 
   Giapponese: ウィッカーマン
Budget: 471.600 – 500.000 sterline
Box office: 475.661 dollari US
 
Citazioni:
 
"For believing what you do, we confer upon you a rare gift, these days - a martyr's death."
(Lord Summerisle)
 
Traduzione: 
"Credendo in ciò che credi, ti conferiamo un dono raro in questa epoca - una morte da martire."

Trama:
Il Sergente Neil Howie si reca in idrovolante nella remota isola di Summerisle, nelle Ebridi, dopo aver ricevuto una lettera in cui si denunciava la scomparsa di una giovane ragazza, la fulva Rowan Morrison. Dato che l'isola è impervia, sembra molto difficile che la fanciulla possa essersene andata via di sua volontà. Howie, che è un cristiano devoto e casto appartenente a una setta evangelica particolarmente fanatica, si mette ad indagare ma non ottiene alcun risultato di rilievo, visto che nessuno sembra aver mai sentito parlare di Rowan. L'ufficiale rimane fortemente turbato quando scopre che gli isolani praticano un antico culto pagano celtico. Le coppie fanno sesso apertamente nei campi, ai bambini viene insegnata a scuola la natura fallica dell'Albero di Maggio. Per curare la pertosse vengono messi in bocca i rospi. Le persone portano nomi di alberi, fiori ed erbe. Nell'isola non ci sono ministri o preti cristiani. La sua chiesa e i suoi cimiteri sono stati da lungo tempo sconsacrati e ora vengono utilizzati per i peculiari rituali funebri della gente del luogo, che crede nella reincarnazione. Durante la permanenza alla taverna Green Man Inn, il sergente nota una serie di fotografie che celebrano il raccolto annuale, ciascuna raffigurante una giovane ragazza nei panni della Regina di Maggio. Manca proprio la fotografia dell'ultima celebrazione; tuttavia il gerente gli dice che è stata rimossa perché si era rotta. Persino la donna identificata come la madre di Rowan nega in modo pervicace la sua esistenza. Anche alla scuola locale tutti gli alunni negano che la ragazzina sia mai esistita; tuttavia nel registro scolastico il nome di Rowan risulta presente. Non potendo più sostenere l'omertà, l'insegnante suggerisce a Howie di recarsi al cimitero, dove trova la tomba di Rowan. L'inglese va su tutte le furie, incenerisce con lo sguardo una ragazza venuta a portare un uovo, trattenendosi a stento dal massacrarla a sganassoni come vorrebbe, quindi distrugge le offerte pagane e colloca sulla tomba una croce improvvisata. Sembra Olaf Tryggvason redivivo! Per ottenere il permesso di compiere
l'esumazione, si reca dal signore dell'isola, Lord Summerisle. Il nobiluomo gli spiega che suo nonno, un agronomo vittoriano, sviluppò varietà di alberi da frutto che avrebbero prosperato nel clima scozzese e incoraggiò la convinzione che le antiche divinità avrebbero portato immensa prosperità sull'isola se la popolazione avesse abbracciato la religione pagana. Avendo ottenuto abbondanti raccolti, il culto pagano si impose e i ministri cristiani abbandonarono l'isola. Il sergente si mostra arrogante, arrivando ad ammonire Lord Summerisle e a ricordargli che è un suddito di un paese cristiano. Ottenuto il permesso per l'esumazione, non riesce a trovare il cadavere di Rowan: all'interno della bara c'è soltanto la carcassa di una lepre. Salta invece fuori la fotografia mancante, in cui la giovane è tra le ceste vuote, perché il raccolto è fallito. Tornato nella taverna, la figlia del padrone di casa tenta di sedurlo, ma lui resiste, perché crede nell'istituto del fidanzamento e intende conservarsi vergine per il matrimonio, ovviamente inteso come sacramento cristiano. In seguito ad alcune letture nella biblioteca, si fa strada nel sergente l'idea, niente affatto peregrina, che Rowan sia ancora viva ma nascosta, dovendo essere sacrificata agli dei pagani a causa di questo fallimento. In cerca di assistenza dalla terraferma, Howie torna sul suo idrovolante per scoprire che non funziona più e la sua radio è danneggiata: non può andarsene o chiedere aiuto. Gli eventi precipitano. Quello stesso giorno, durante la celebrazione del Primo Maggio, Howie tramortisce il locandiere, gli ruba il costume e la maschera di Punch, quindi si infiltra nella parata. Viene però scoperto e smascherato. Lord Summerisle gli rivela che Rowan non è mai stato il sacrificio previsto. A dover essere immolato è lo stesso inglese, perché soddisfa i quattro requisiti previsti per essere una vittima adatta: è venuto di sua spontanea volontà, ha "il potere del Re" (ossia rappresenta la legge), è vergine ed è uno sciocco. Howie avverte Lord Summerisle che i raccolti stanno fallendo a causa del clima inadeguato e che gli abitanti del villaggio si rivolteranno gli si rivolteranno contro, sacrificandolo la prossima estate, quando il raccolto fallirà di nuovo. La fede del nobile nelle divinità è incrollabile: afferma che i raccolti non falliranno, perché l'offerta sacrificale sarà gradita. Gli abitanti del villaggio costringono Howie a entrare in una gigantesca statua di un uomo di vimini insieme a vari animali, quindi la danno alle fiamme e la circondano, cantando la canzone popolare inglese medio Sumer is icumen in. All'interno dell'uomo di vimini, Howie recita il Salmo 23, prega Dio e maledice gli isolani, ma non può nulla contro le fiamme, morendo per le ustioni. La testa dell'uomo di vimini crolla ardendo e rivela il sole al tramonto.  
 

Recensione: 
Un film decisamente insolito, bizzarro, forse addirittura unico nel suo genere. Secondo uno stratagemma ben collaudato, analogo al fantomatico manoscritto manzoniano che avrebbe ispirato i Promessi sposi o agli inesistenti testi ossianici che James Macpherson affermò di aver reperito, la vicenda narrata nella pellicola è presentata come reale. Chiaramente non ci casca nessuno, comunque è suggestivo. All'inizio della pellicola compare un avvertimento fittizio: "The producer would like to thank The Lord Summerisle and the people of his island off the west coasts of Scotland for this privileged insight into their religious practices and for their generous co-operation in the making of this film" ("Il produttore vorrebbe ringraziare Lord Summerisle e la gente della sua isola al largo delle coste occidentali della Scozia per questo sguardo privilegiato nelle sue pratiche religiose e per la sua generosa cooperazione nella realizzazione di questo film"). Il soggetto è tratto da un romanzo di David Pinner (che finì non accreditato), risalente al 1967 e intitolato Ritual. Ne riporto in forma sintetica la trama. A un agente di polizia inglese di nome David Hanlin, un cristiano puritano, viene chiesto di indagare su quello che sembra essere l'omicidio rituale di un bambino locale in un villaggio rurale della Cornovaglia. Durante il suo breve soggiorno, Hanlin si confronta con inganni psicologici, seduzione sessuale, antiche pratiche religiose e rituali sacrificali da incubo. L'attore Christopher Lee, il produttore Peter Snell e lo scrittore Anthony "Sleuth" Shaffer, si accordarono per acquistare i diritti sull'adattamento cinematografico del romanzo. Sono stato effettuati numerosi cambiamenti, ad esempio la Cornovaglia è diventata la Scozia insulare. L'opera compiuta è ottima. Vi è ben rappresentato lo scontro di due mondi tra loro incompatibili. Decenni dopo la sua iniziale distribuzione, la pellicola continua a ricevere critiche favorevoli, ed è considerato uno dei migliori film dell'anno 1973.
 
Riconoscimenti: 
 
- Nel 1974 The Wicker Man ha vinto il primo premio nel Festival di film fantastici in Parigi.
- Nel 1977 la rivista statunitense Cinefantastique ha definito The Wicker Man "Il Quarto potere dei film dell'orrore."
- Nel 1999 il British Film Institute ha inserito The Wicker Man al 96º posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo.
- Nel 2003 il Crighton Campus dell'Università di Glasgow ha dedicato una conferenza di tre giorni proprio a The Wicker Man.
- Nel 2006 The Wicker Man ha ricevuto il 45º posto nella lista Bravo dei 100 momenti più spaventosi del cinema.
- Nel 2008, a The Wicker Man è stato dato dal periodico Empire il 485º posto nella sua lista dei 500 film migliori della storia.
- Nel 2010 nel documentario BBC A History of Horror, l'attore Mark Gatiss ha nominato The Wicker Man come un buon esempio del genere da lui definito "folk horror", paragonabile a Il Grande Inquisitore (Michael Reeves, 1968) e La pelle di Satana (Piers Haggard, 1971). 
 
 
Etimologia di Summerisle 
 
In realtà esiste un piccolo arcipelago in Scozia chiamato The Summer Isles, ossia "le Isole dell'Estate" (gaelico Na h-Eileanan Samhraidh). Tuttavia, queste isole non hanno alcuna evidente connessione a questo film, almeno non in modo voluto. Si noterà che anche l'isola di Bermuda era precedentemente conosciuta anche come Somer's Isle, pur essendo una fonte d'ispirazione meno credibile. La parola isle "isola" è arcaica per island e deriva dal francese antico (in francese moderno è île). In ultima analisi la parola francese è l'esito naturale del latino īnsula. In island la -s- è dovuta a una falsa etimologia proprio per analogia ad isle:  in antico inglese era īġland, īeġland, īeġ, corradicale del tedesco -au "stanziamento su un fiume", comunissimo nei toponimi, oltre che del tedesco Eiland "isola" (la parola usuale è Insel) e dell'olandese medio eyland "isola".  
 
 
Howie e la religione nel Regno Unito 
 
Il sergente puritano afferma più volte il concetto secondo cui, essendo il Regno Unito un paese cristiano, ogni singolo suddito sarebbe di conseguenza obbligato ad aderire al Cristianesimo in una sua confessione. Qualcuno farà notare che in effetti il Regno Unito ha una religione di Stato, l'Anglicanesimo, una particolare confessione cristiana di cui il Sovrano d'Inghilterra è in automatico il capo supremo. Tuttavia questo non implica affatto l'inesistenza della tolleranza religiosa, ossia del diritto di ogni suddito britannico di aderire alla fede che preferisce. Se la popolazione di un'isola abbandonasse la propria confessione cristiana per adottare riti pagani ancestrali, vivendo di conseguenza (nei limiti delle leggi), sarebbe liberissima di farlo senza infrangere alcun principio giuridico del Regno. Si può quindi ritenere che il ragionamento del poliziotto inflessibile sia come minimo anacronistico. Ogni dettaglio del suo comportamento è volutamente odioso. Egli non mostra rispetto alcuno per coloro che lo ospitano e finisce col compiere svariati atti di prepotenza. Attacca verbalmente il Lord nella sua dimora signorile. Irrompe in casa d'altri, trova due pupazzi posizionati in modo da mimare una copula, ne rimane offeso e li scaraventa via. Si può dire che il suo comportamento sia tutto il contrario di quello che un rappresenante delle Forze dell'Ordine dovrebbe tenere. Abusa in modo sistematico del suo potere. La sceneggiatura è studiata in modo accurato, proprio per spingere lo spettatore a gioire della combustione finale di un simile molesto personaggio.   

 
Un'incoerenza o fallacia narrativa

A un certo punto Willow MacGregor, la bionda e procacissima figlia del taverniere, vagamente simile a Brigitte Bardot, cerca di sedurre il sergente puritano. In una camera vicina a quella occupata dal poliziotto barricato, la bionda ragazza danza nuda e canta di voler mungere il toro, riempiendo secchi con il suo sperma! Lui la guarda da una fessura ed è sconvolto dalla libidine, suda come un cavallo e si rivolge a Dio cercando con tutte le sue forze di resistere alla tentazione. Peccato che la cosa non abbia il benché minimo senso. Questo per un motivo molto semplice, direi quasi lapalissiano: se il poliziotto avesse ceduto alla tentazione e avesse consumato un atto sessuale con la procace ragazza, non sarebbe stato più vergine e quindi non sarebbe più sussistita la sua idoneità al sacrificio. Alla fine si scopre che i pagani di Summerisle lo hanno attirato sull'isola proprio per immolarlo, sapendolo vergine e rappresentante del Regno; la sua scelta tra le genti della terraferma non è stata senza difficoltà. Certamente avrebbero impedito con fanatica determinazione qualsiasi ostacolo al destino che gli avevano assegnato! 
 
Riporto il testo del canto seduttivo della pseudo-Bardot, biondissima e completamente nuda.
 
Willow's Song
 
Heigh ho.
Who is there?
No one but me, my dear.
Please come say,
How do?
The things I'll give to you.
A stroke as gentle as a feather.
Heigh ho. I am here. 
Am I not young and fair? 
Please come say, 
How do? 
The things I'll show to you. 
Would you have a wond'rous sight 
ummm 
The midday sun at midnight?
Fair maid, 
white and red, 
Comb you smooth and stroke your head, 
umm  
How a maid can milk a bull  
And every strike a bucketful 
 
Traduzione: 
 
Ii-oo
Chi c'è qui
Nessun altro a parte me
mio caro
Per favore
vieni
Dimmi come fare
le cose
Che ti dirò
Una carezza tanto dolce
come una piuma
Catturerò un arcobaleno in cielo
e ne legherò le estremità
insieme
Ii-oo
Sono qui
Non sono giovane
e bella?
Per favore
vieni
Dimmi come fare
che ti mostrerò
Potresti avere
una meravigliosa visione
Mmm hmm-hmm-mmm  
Il sole di mezzogiorno
a mezzanotte
Bella donzella,
rossa e bianca,
(i)
ti pettina con dolcezza
ed accarezza la tua testa
(ii)
Mmm mmm
Mmm mmm-mmm
Come una donzella può mungere un toro
Mm-hmm, mm-hmm
Ed ogni carezza
(iii)
Un secchio pieno


(i) I sottotitoli hanno "rosso e bianco": il traduttore si riferisce alla pelle dell'asta del poliziotto e al suo glande infiammato.  
(ii) È il Priapo rubizzo, il glandone! 
(iii) I sottotitoli traducono abusivamente stroke "colpo" con "carezza".

 
Alcune tracce musicali 
 
La colonna sonora, stranissima, è opera di Paul Giovanni; Gary Carpenter ha fatto l'arrangiatore musicale. Mi sento in dovere di riportare i testi di alcuni brani di sommo interesse.  

The Highland Widows Lament
 
Oh I am come to the low Country
Ochon, ochon,
Ochrie  
Without a penny
In my purse
To buy a meal
For me.  
One time I had
One hundred sheep
Ochon, ochon,
Ochrie
Keeping on yon narrow creek
And growing wool
For me 

Traduzione: 

Oh, arrivo
Alla terra del Nord
Ochon, ochon,
Ochrie
Senza un penny
Nella mia sacca
Per un pasto
Per me
Una volta avevo
Cento pecore
Saltellando in
Questo stretto ritornello
E coltivando lana
Per me

 
Note: 
Nel ritornello Ochon, ochon, ochrie, -ch- ha la pronuncia aspirata, come nel tedesco Achtung e come in Loch Ness. Non ha il suono palatale di much! Trascrizione: 
/o'χɔn, o'χɔn, o'χri:/
Non si capisce come mai purse "sacca" sia tradotto erroneamente come "senza paura" nei sottotitoli. Forse è per uno sbandamento dell'autore.

Corn Rigs and Barley Rigs 

It was upon a Lammas night 
when corn rigs are bonny 
beneath the moon's unclouded light 
I held awhile to Annie 
the time went by with careless heed  
til 'tween the late and early, 
with small persuasion she agreed 
to see me through the barley
Corn rigs and barley rigs, 
And corn rigs are bonny, 
I'll not forget that happy night  
among the rigs with Annie 

Traduzione:

Era una notte di mietitura
Quando le pannocchie sono buone
Sotto la luce senza nuvole della luna
Cedetti un po' con Annie
Il tempo passò senza preoccupazioni
Fin quando arrivò il giorno
Con poca persuasione lei accettò
di vedermi tra il frumento
Pannocchie e frumento
Ed il mais è buono
Non dimenticherò quella notte felice
Tra le pannocchie con Annie


Note: 
L'aggettivo bonny, bonnie in Scozia significa "buono", "bello". Deriva chiaramente dal francese antico bon "buono".
Per quanto riguarda la notte con Annie, che dire? Questa è la gioventù che tutti avremmo voluto vivere. Una gioventù di sperimentazioni, senza problemi e senza paure. Invece certe fortune capitano soltanto ai bulli! 
 
Ed ecco un canto erotico: 
 
Gently Johnny 
 
I put my hand on her knee
And she says do you want to see?
I put my hand on her breast
And she says do you want a kiss? 
I put my hand on her thigh
And she says do you want to try?
I put my hand on her belly
She says do you want to fill me?
Gently, gently 
Gently Johnny 
My jingaloe  
Gently, gently 
Gently Johnny 
My jingaloe
 
Traduzione: 
 
Metto la mano
Sul suo ginocchio
E lei dice
'Vuoi vedere?'
Metto la mano
Sul suo seno
E lei dice
'Vuoi un bacio?'
Metto la mano
Sulla sua coscia
E lei dice
'Vuoi provare?'
Metto la mano
Sul suo ventre
E lei dice
'Vuoi riempirmi?'
Dolcemente, dolcemente
Dolcemente, Johnny
Mio gigolo 
Dolcemente, dolcemente
Dolcemente, Johnny
Mio gigolo  

Note: 
L'enigmatica parola jingaloe /'dʒɪngələʊ/, scritta anche jingalo, è semplicemente un adattamento del francese gigolo alla fonetica inglese. Nei sottotitoli in italiano è lasciata non tradotta. Ho rimediato alla mancanza.

Questa canzone, cantata al suono del marranzanu e del violino, sintetizza la credenza druidica nel ciclo dell'esistenza e nella trasmigrazione, non necessariamente da essere umano ad essere umano. 
 
Maypole Song 

In the woods there grew a tree
and a fine fine tree was he
and on that tree there was a limb
and on that limb there was a branch
and on that branch there was a nest
and in that nest there was an egg
and in that egg there was a bird
and from that bird a feather came
and of that feather was a bed
and on that bed there was a girl
and on that girl there was a man
and on that man there was a seed
and on that seed there was a boy
and from that boy there was a man
and for that man there was a grave  
and from that grave there grew a tree 

Traduzione:

Nel bosco crebbe un albero
Era un bel bell'albero
E in quest'albero c'era un braccio 
E da quel braccio uscì un ramo  
E in questo ramo c'era un nido
E in questo nido c'era un uovo
E in quest'uovo c'era un uccello
E da questo uccello uscì una piuma
E da questa piuma uscì
Un letto
E sopra questo letto c'era una ragazza
E sopra questa ragazza c'era un uomo
E da quest'uomo uscì un seme 
E da questo seme uscì un bambino
E da questo bambino uscì un uomo
E per quest'uomo c'era una tomba
E da questa tomba crebbe
Un albero

Note: 
Si segnala una traduzione libera nei sottotitoli: "and on that man there was a seed" reso con "e da quell'uomo uscì un seme". Anche se tecnicamente non è esatta, la ammettiamo, perché la canzone allude a una cosa soltanto: la sborra!  
Questo tipo di canzone è stato usato da Noam Chomsky per dimostrare l'esistenza di una struttura ricorsiva senza limiti come caratteristica fondante del linguaggio umano. Ho potuto confutare a più riprese questa futile tesi. La ricorsività esiste ma è labile, non può essere infinita e incappa in un enorme numero di ambiguità che la invalidano! 
 
Attorno a un fuoco acceso al centro di un antico cerchio megalitico, danzano ragazze nude, intonando un incantesimo per favorire la gravidanza. Ci si sarebbe aspettati un testo in una lingua celtica, invece è in comune inglese. Alcuni passi della traduzione nei sottotitoli erano scadenti, così li ho messi a posto. 
 
The Fire Dance

Take the flame inside you
Burn and burn below
Fire seed and fire feed
And make the baby grow

Take the flame inside you
Burn and burn belay
Fire seed and fire feed
And make the baby stay

Take the flame inside you
Burn and burn belong
Fire seed and fire feed
And make the baby strong

Take the flame inside you
Burn and burn belie
Fire seed and fire feed
To make the baby cry

Take the flame inside you
Burn and burn begin
Fire seed and fire feed
And make the baby King


Traduzione:

Porta la fiamma dentro di te   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
e fa' crescere il bambino

Porta la fiamma dentro di te   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
metti il bambino in piedi

Porta la fiamma dentro di te  
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
e fa' rinvigorire il bambino  
 
Porta la fiamma dentro   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
per far piangere il bambino

Porta la fiamma dentro   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
e fa' del bambino il Re

 
C'è anche una canzone puttanesca da osteria, dedicata alla bionda e prosperosa pseudo-Bardot, che fa le gangbang con i veci!   
 
The Landlord's Daughter 
 
Much has been said of the strumpets of yore 
Of wenches and bawdy house queens by the score
But I sing of a baggage that we all adore,
The Landlord's Daughter
You'll never love another
Although she's not the kind of girl
to take home to your mother
Her ale it is lively and strong to the taste
It is brewed with discretion, never with haste
You can have all you like if you swear not to waste
The Landlord's Daughter
And when her name is mentioned
The parts of every gentleman
Do stand up at attention
Oh, nothing can delight so
As does the part that lies between
Her left toe
And her right toe
 
Traduzione:

Molto si è detto sulla meretrice dell'anno
Di ragazzate e concupiscenza
prostitute e inoffensività
Ma canto di una puttana
che tutti adoriamo
La figlia del proprietario
Mai ne vorremmo un'altra
Benché non sia il tipo di ragazza
Da presentare a tua madre
La sua birra è intensa
e di forte sapore
Si fa con discrezione,
mai con fretta
Può prendere tutto ciò che vuole
se giura di non sciuparla
La figlia del proprietario
E quando si menziona il suo nome
Gli attributi di tutti
gli uomini si alzano
Sull'attenti
Dice della giovane
tutto il popolo
Che si toglie la cintura
turandola via
Quella bambolina che la guarda
non è più terribile
Mentre prendo la figlia
del proprietario
Oh, niente delizia così tanto
- Come la parte che hai dentro
- Tra la punta del piede sinistro  
E del piede destro
 
 
Note:
Ci sono alcuni punti oscuri nella traduzione, come quando si parla di "ragazzate e inoffensività". 
La birra è una chiara allusione allo squirting.
I versi finali alludono al footjob: la pseudo-Bardot è abilissima nell'arte di masturbare i falli eretti usando i piedi! 
 

Un errore marchiano nei sottotitoli

Nella versione sottotitolata da me vista di Sumer is icumen in, la cosiddetta Canzone del Cuculo, compare un verso che dice "germoglia l'idromele". Molto suggestivo, non ci sono dubbi. Mi fa piacere ogni volta che si menziona la mia bevanza preferita! Il punto è che l'idromele fermenta, non germoglia. Non è un vegetale: è un sublime nèttare. Cos'è successo? Da dove è comparsa l'ambrosia divina? L'errore è stato prodotto da un'omofonia. 

mead /mi:d/ "idromele"
mead /mi:d/ "prato" (omofono): è un'antica variante di meadow /'mɛdəʊ/ "prato" 
 
Ecco svelato l'arcano: il ritornello diceva "germoglia il prato". La causa dell'equivoco è il traduttese, grossolano e incapace di gestire il lessico arcaico o poetico. 
Riporto il testo originale completo della canzone in medio inglese (XIII secolo), in cui la lettera þ è l'antico modo di scrivere th.
 
Sumer is icumen in 
 
Sumer is icumen in 
Lhude sing cuccu
Groweþ sed 
and bloweþ med 
and springþ þe wde nu
Sing cuccu 
 
Awe bleteþ after lomb 
lhouþ after calue cu 
Bulluc sterteþ 
bucke uerteþ 
murie sing cuccu 
 
Cuccu cuccu 
Wel singes þu cuccu 
ne swik þu nauer nu 
 
Sing cuccu nu · Sing cuccu 
Sing cuccu · Sing cuccu nu 
 
Traduzione 
 
L'estate è arrivata,
Canta più forte, cuculo,
Cresce il seme e fiorisce il prato
e spunta il bosco adesso.
Canta ora, cuculo, canta cuculo!  
 
La pecora bela dietro al suo agnello,
La mucca muggisce dietro al suo vitello.
Il torello si impenna,
Il caprone scorreggia.
Canta felice, cuculo! 
 

Cuculo, cuculo,
Tu canti bene, cuculo,
Non fermarti mai adesso!

Canta, cuculo, adesso! Canta, cuculo!
Canta, cuculo! Canta, cuculo, adesso!
 
Questo è puro anglosassone, dialetto del Wessex. Non vi è nemmeno una parola di origine francese, con buona pace dei coglioni che negano la natura germanica dell'inglese dicendo che sarebbe "francese mal pronunciato". 
Nel manoscritto originale della canzone, che riporta la notazione musicale, sono contenute anche alcune istruzioni in latino medievale, utili per cantarla: 
 
Hanc rotam cantare possunt quatuor socii. A paucio/ribus autem quam a tribus uel saltem duobus non debet/ dici preter eos qui dicunt pedem. Canitur autem sic. Tacen/tibus ceteris unus inchoat cum hiis qui tenent pedem. Et cum uenerit/ ad primam notam post crucem, inchoat alius, et sic de ceteris./ Singuli de uero repausent ad pausaciones scriptas et/non alibi, spacio unius longe note. 
 
Traduzione:  
 
Quattro compagni possono cantare in questo giro. Ma non deve essere cantato da meno di tre, o almeno due oltre a quelli che cantano il piede*. Ecco come si canta. Mentre tutti gli altri tacciono, una persona inizia contemporaneamente a chi canta a terra. E quando arriva alla prima nota dopo la croce**, deve cominciare un altro cantore, e così per gli altri. Ciascuno osservi le pause scritte per lo spazio di una nota lunga***, ma non altrove.

*Il piede è l'unità metrica.
**La croce che segna la fine delle prime due battute.
***Indica la terzina. 
 
La versione della canzone cantata nel film è in parte diversa, oltre che adattata in parte all'inglese moderno. Solo il verso iniziale è in medio inglese; non si trova ad esempio la desinenza verbale -eþ. Due sole strofe sono ripetute di continuo: 

Summer is icumen in
Loudly sing Cuckoo
Grows the seed and blows the mead
And springs the wood anew.
Sing Cuckoo!

Ewe bleats harshly after lamb
Cows after calves make moo
Bullock stamps and deer champs
Now shrilly sing Cuckoo ...
... Cuckoo ... Cuckoo.
O wild bird are you!
Be never still Cuckoo!

 
L'Antica Religione 

Alla base del film c'è un'idea molto diffusa ai nostri giorni: quella dell'esistenza di un'unica religione precristiana, detta "The Ould Religion", comune a tutti i popoli del Regno Unito e composta prevalentemente da elementi folklorici e carnevaleschi. In altre parole, questa tradizione sarebbe identica per i popoli di origine germanica, come gli Inglesi, e per quelli di origine celtica, come ad esempio i Gallesi e le genti delle Highlands. Si tratta di un'assurdità semplicistica, che ignora del tutto la geografia culturale e linguistica, oltre che la complessità della Storia. La cristianizzazione non è avvenuta dovunque nello stesso periodo e con le stesse modalità. Si è sovrapposta a tradizioni tra loro molto diverse. Prima di essere cristianizzati, i Sassoni, gli Angli e gli Juti adoravano Wôden e Thunor, a cui offrivano vari tipi di sacrifici anche umani, com'era costume antichissimo tra tutti i Germani. Per contro, i Britanni erano in maggioranza cristiani quando le legioni romane abbandonarono l'isola. 
 

Nel film non si ha la benché minima menzione di una lingua celtica effettivamente parlata dalla popolazione di Summerisle, che sembra essere soltanto anglofona da tempo immemorabile. Sono tuttavia menzionati due teonimi celtici:
1) Nuada (pronunciato erroneamente /nu'a:da/), considerato il nome del Dio del Sole;
2) Avellenau (pronunciato /avələ'naʊ/), considerato il nome della Dea dei Frutteti. 
Lord Summerisle arringa il popolo parlando della necessità un sacrificio congiunto al dio Nuada e alla dea Avellenau. 
Il teonimo Nuada non risulta connesso con il sole. Corrisponde chiaramente al britannico Nodens.   
Il teonimo Avellenau, non attestato, è stato derivato dal gallese antico avallen, avallenn "melo", "albero da frutto" (gallese moderno afallen "melo"), tramite il suffisso plurale -au: avallenau "meli", "alberi da frutto" (gallese moderno afallennau "meli"). In realtà non è plausibile una simile formazione di un nome proprio femminile da un plurale. Il nome è stato scelto perché rimanda al toponimo mitologico Avalon - anche se sembra essere un'etimologia popolare.  
 
Non è difficile comprendere le origini ultime della visione bidimensionale dell'antichità pagana della Gran Bretagna, in cui le più disparate suggestioni finiscono in un calderone indifferenziato: basta davvero poco per scorgere l'ombra le manipolazioni dell'occultista Gerald Gardner (1884 - 1964), fondatore della religione conosciuta come Wicca. Egli era un decostruzionista ante litteram, che ha fatto danni immensi. L'unica cosa positiva che aveva era la sua passione per le pratiche femdom. Va detto che il regista e lo sceneggiatore erano soprattutto interessati a trasmettere al pubblico qualcosa di comprensibile.   
 
 
L'uomo di vimini  

Il concetto di "uomo di vimini" si trova in un passo dei Commentarii de Bello Gallico di Gaio Giulio Cesare (Libro VI, 16). Il condottiero romano affermò che i Druidi dei Galli costruivano effigi con bastoni e vi mettevano uomini vivi, quindi li davano alle fiamme per rendere omaggio agli dei. Afferma inoltre che gli uomini scelti erano tipicamente criminali o schiavi. Ecco l'attestazione: 
 
Natio est omnis Gallorum admodum dedita religionibus, atque ob eam causam, qui sunt adfecti gravioribus morbis quique in proeliis periculisque versantur, aut pro victimis homines immolant aut se immolaturos vovent administrisque ad ea sacrificia druidibus utuntur, quod, pro vita hominis nisi hominis vita reddatur, non posse deorum immortalium numen placari arbitrantur, publiceque eiusdem generis habent instituta sacrificia. Alii immani magnitudine simulacra habent, quorum contexta viminibus membra vivis hominibus complent; quibus succensis circumventi flamma exanimantur homines. Supplicia eorum qui in furto aut in latrocinio aut aliqua noxia sint comprehensi gratiora dis immortalibus esse arbitrantur; sed, cum eius generis copia defecit, etiam ad innocentium supplicia descendunt. 
 
Traduzione: 
 
"I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono gravemente ammalati o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolarne e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono infatti che gli dei immortali non possono essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo; fanno perciò anche sacrifici ufficiali di questo genere. Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire tra e fiamme. Credono che cosa più gradita agli dei sia il sacrificio di coloro che sono sorpresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti."
 
Gli incompetenti storici moderni, decostruzionisti e inclini alla puffologia, sono particolarmente ostili al racconto di Cesare, la cui veridicità è stata da loro messa in dubbio a più riprese. Volendo dipingere i Celti come pacifisti New Age macrobiotici e Figli dei Fiori, questi fautori delle storture politically correct e woke cercano con ogni mezzo di correggere l'Universo, ricorrendo all'influenza mediatica per spargere baggianate di ogni sorta. La loro ansia di "riscrivere la storia" è ribadita dai giornalisti malfattori, a ogni piè sospinto. In realtà i Celti erano bellicosissimi e cruenti: non avevano nulla a che vedere con le stronzate moderne e postmoderne. La testimonianza di Cesare non è affatto isolata. Questo ci ha tramandato Strabone (Geographia, IV, 4, 5): 
 
καὶ τούτων δ᾽ ἔπαυσαν αὐτοὺς Ῥωμαῖοι καὶ τῶν κατὰ τὰς θυσίας καὶ μαντείας ὑπεναντίων τοῖς παρ᾽ ἡμῖν νομίμοις. ἄνθρωπον γὰρ κατεσπεισμένον παίσαντες εἰς νῶτον μαχαίρᾳ  ἐμαντεύοντο ἐκ τοῦ σφαδασμοῦ. ἔθυον δὲ οὐκ ἄνευ δρυϊδῶν. καὶ ἄλλα δὲ ἀνθρωποθυσιῶν εἴδη λέγεται: καὶ γὰρ κατετόξευόν τινας καὶ ἀνεσταύρουν ἐν τοῖς ἱεροῖς καὶ κατασκευάσαντες κολοσσὸν χόρτου καὶ ξύλων, ἐμβαλόντες εἰς τοῦτον βοσκήματα καὶ θηρία παντοῖα καὶ ἀνθρώπους, ὡλοκαύτουν.
 
Traduzione: 

"I Romani posero fine a queste usanze, nonché ai sacrifici e alle pratiche divinatorie contrastanti con le nostre istituzioni. Così un uomo era stato consacrato agli dei, lo si colpiva alla spalla con una spada da combattimento e si divinava il futuro a seconda delle convulsioni dell’agonizzante. Non si praticavano mai sacrifici senza l’assistenza dei druidi: così talora uccidevano le vittime a colpi di frecce, o le crocifiggevano nei loro templi o, ancora, fabbricavano un colosso di fieno e di legno, vi introducevano animali domestici e selvatici di ogni tipo assieme a degli uomini e vi appiccavano fuoco." 
 
Abbiamo poi la testimonianza di Diodoro Siculo (Bibliotheca historica, V, 32, 6): 
 
Ἀκολούθως δὲ τῇ κατ᾽αὐτοὺς ἀγριότητι καὶ περὶ τὰς θυσίας ἐκτόπως ἀσεβοῦσι· τοὺς γὰρ κακούργους κατὰ πενταετηρίδα φυλάξαντες ἀνασκολοπίζουσι τοῖς θεοῖς καὶ μετ᾽ἄλλων πολλῶν ἀπαρχῶν καθαγίζουσι, πυρὰς παμμεγέθεις κατασκευάζοντες. Χρῶνται δὲ καὶ τοῖς αἰχμαλώτοις ὡς ἱερείοις πρὸς τὰς τῶν θεῶν τιμάς. Τινὲς δ᾽αὐτῶν καὶ τὰ κατὰ πόλεμον ληφθέντα ζῷα μετὰ τῶν ἀνθρώπων ἀποκτείνουσιν ἢ κατακάουσιν ἤ τισιν ἄλλαις τιμωρίαις ἀφανίζουσι. 
 
Traduzione:
 
"Essi sono - è una conseguenza della loro natura selvaggia - di un'empietà mostruosa nei loro sacrifici. Così, tengono imprigionati i malfattori per un periodo di cinque anni e poi, in onore ai loro dei, li impalano e ne vanno degli olocausti, aggiungendo ad essi molte altre offerte, su immense pire appositamente preparate. Trasformano anche i prigionieri di guerra in vittime per onorare i loro dei. Alcuni usano allo stesso modo anche gli animali catturati in guerra. Li uccidono unitamente agli uomini o li bruciano, o li fanno perire con altri supplizi." 

Sono della convinzione che Cesare, Strabone e Diodoro Siculo siano più autorevoli dei moderni, perché scrivevano di cose e di persone loro contemporanee, senza essere contaminati da ideologie che non potevano nemmeno concepire. Santo Cielo, Cesare ha visto le genti delle Gallie con i propri occhi! Detto questo, non sono affatto inorridito dalle usanze degli antichi Celti: erano popoli gloriosi, del cui valore bisogna essere fieri! A destarmi ripugnanza è l'ipocrisia fondante di questi tempi in cui sono costretto mio malgrado a vivere!
 
Testimonianze moderne 
 
Grandi simulacri fatti di vimini erano bruciati in Francia ancora nel XIX e nel XX secolo, anche se ovviamente non vi erano rinchiusi esseri umani. In ogni caso, questi rituali di origine celtica erano perfettamente integrati all'interno della religione cattolica. Fino al 1743, la figura di un soldato fatto di vimini veniva bruciata il 3 luglio a Parigi, in Rue aux Ours, mentre gli astanti intonavano il Salve Regina (Frazer, 1922). A Brie la combustione di un gigante di vimini avveniva in occasione del Solstizio d'Estate e di questo fu testimone il folklorista e mitologo tedesco Wilhelm Mannhardt (1831 - 1880). Nel comune pirenaico di Luchon, nell'Alta Garonna, erano arsi vivi serpenti all'interno di una colonna di vimini ornata di foglie e fiori, sempre in occasione del Solstizio d'Estate. I giovani uomini danzavano attorno alla colonna in fiamme, mentre il clero e la folla intonavano inni. Un inglese poté assistere alla cerimonia nel 1890 (Davidson, 1988). Nel Portogallo settentrionale, il rituale del Careto si conclude con la combustione di una figura umana cornuta fatta di vimini.   

 
Punch, ovvero Pulcinella  
 
Il poliziotto si documenta nella biblioteca locale, leggendo da un grosso volume quanto riporto in questa sede, trascrivendo i sottotitoli in italiano: 

La festa del Giorno di Maggio 

L'uomo primitivo viveva e moriva per il suo raccolto. Lo scopo delle sue cerimonie primaverili era assicurare un autunno prosperoso. Vestigia di questi drammi di fertilità si trovano in tutta Europa. In Gran Bretagna, per esempio, si possono ancora vedere versioni esangui delle sue danze in remote popolazioni, il Giorno di Maggio. Certi tipi includono personaggi inquietanti, un uomo-animale o maschera-cavallo che galoppa alla testa della processione caricando contro le ragazze, un uomo-donna, il sinistro burlone che interpreta il capo della comunità o sacerdote, e l'uomo sciocco, Punch, la più completadi tutte le figure simboliche, il privilegiato babbeo e re per un giorno. Sei spadaccini seguono queste figure e nel clima della cerimonia uniscono le loro spade come chiaro simbolo del sole. In epoche pagane, senza divieti, queste danze non erano semplicemente pittoresche figure. Erano frenetici riti che finivano con il sacrificio. Con questo i ballerini si aspettavano disperatamente di placare la dea dei campi. In buone epoche, offrivano prodotti agli dei e uccidevano animali. Ma nelle annate cattive, quando il raccolto era povero, il sacrificio era un essere umano. In alcune culture, era proprio il re. In altre, la vergine più bella. Spesso lui o lei rimanevano nascosti durante i mesi prima della cerimonia, proprio come il sole si nasconde alla terra in inverno. I metodi sacrificali differivano. A volte la vittima veniva affogata in mare o arsa fino alla morte su una enorme pira sacrificale. A volte i sei spadaccini decapitavano ritualmente la vergine. Poi il sommo sacerdote scuoiava il bambino e indossando la pelle ancora calda, come un mantello, guidava l'allegra moltitudine per le strade. Poi il sacerdote rappresentava la dea rinata e garantiva un altro buon raccolto per l'anno successivo. 
 
Questa è la "narrazione" a cui il film di Hardy riconduce i culti pre-cristiani. Ebbene, il "re per un giorno" Punch ci è noto: in sostanza è Pulcinella. La famosissima maschera fu introdotta dalla commedia dell'arte italiana, non certo in epoca antica. Il personaggio mascherato apparve in Inghilterra nel XVII secolo. Nel XVIII furono fissate e codificate alcune sue caratteristiche: la gobba e il naso adunco, che quasi sfiora il mento prominente e incurvato verso l'alto. La casacca giullaresca di Punch è gialla e rossa, a differenza di quella bianca dell'originale Pulcinella, che di nero ha solo la maschera e le scarpe. Il nome Pulcinella, Pullicinella venne adattato in Pulchinello, dissimilato in Punchinello, quindi abbreviato in Punch. Elementi antichissimi e ben documentati, come il sacrificio del Re, vengono a mescolarsi in modo inestricabile a moderni articoli d'importazione. Trovo assurdo far apparire Punch come un residuo del paganesimo anglosassone o addiruttura di quello celtico: una simile strategia è pura e semplice disonestà intellettuale.  
 

Curiosità 

La barca a remi Evil Eye ("Malocchio"), che porta il sergente Howie da e verso il suo aereo, non è stata costruita per questo film. Apparteneva a un residente di Plockton. Dopo averla vista, i produttori hanno deciso che sarebbe stata adatta al film, così hanno chiesto al proprietario di poterla utilizzare. La barca è sopravvissuta fino al 2004, quando è stata distrutta da una tempesta. 

Molti anni dopo aver realizzato il film, Edward Woodward ha rivisitato alcuni dei luoghi dove è stato girato. Ha affermato di aver trovato la croce improvvisata, che Howie aveva ricavato da alcuni pezzi di legno, ancora intatta dove era stata lasciata nella scena originale. Sembra quasi che volesse far passare l'accaduto per un miracolo e che il ruolo del sergente puritano gli fosse entrato nel midollo! 

Le riprese sono avvenute in autunno, quando gli alberi non sono certo fioriti. Data l'impellente necessità cinematografica, sono stati realizzati fiori e germogli finti, applicati uno ad uno a mano. Le ragazze che zampettavano nude tra i cerchi megalitici (in realtà erano blocchi di cartapesta) hanno avuto qualche difficoltà per via del clima rigido. Per mitigare le terribili condizioni in cui si girava, furono utilizzate ventole industriali in grado di diffondere un po' di calore. 

Uno dei musicisti, Ian Cutler, ha scritto che il film è stato tagliato male nel corso degli anni. Alcune scene non sono mai apparse in nessuna delle molte versioni. Una di queste sequenze è "Dream". Mentre il sergente Howie dorme, la Mano della Gloria brucia. Il sogno è un caleidoscopio di immagini altamente simboliche. Un'enorme pietra a forma di uovo gira sempre più velocemente. Anche la donna nel cimitero, che sta dando da mangiare al bambino, ha l'uovo in mano e lo schiaccia. L'arrangiatore musicale Gary Carpenter ricorda qualcosa di simile: "Ho un vivido ricordo di aver dovuto realizzare la colonna sonora di una sequenza di sogno straordinariamente complessa per Howie, che era come post-registrare un'animazione, era così intricato. Le dissolvenze e l'uso estensivo di filmati di archivio per questa sequenza hanno seriamente intaccato il budget. Nonostante l'entusiasmo del regista, non ho mai visto più riferimenti ad essa e non è presente in nessuna versione esistente del film." Peccato! 
 
L'attrice che ha interpretato la pseudo-Bardot, la svedese Britt Ekland, era incinta di suo figlio Nic Adler durante le riprese e avrebbe accettato di girare le sue scene di nudo solo dalla vita in su. Una controfigura, Lorraine Peters, è stata segretamente utilizzata per le inquadrature posteriori a corpo intero della danza di Willow: la schiena e le sensualissime chiappe! Le scene sono state girate dopo che lei aveva lasciato il set. Al termine delle riprese, la Ekland era furiosa nell'apprendere di essere stata raddoppiata in quelle riprese, ma il regista ha detto che era lei non voleva che il suo sedere fosse filmato, perché non le piaceva. Ancora oggi, ogni volta che viene avvicinata dai fan per autografare le foto della scena di nudo integrale, rifiuta sempre, perché, come sottolinea continuamente, quella non è lei. Quante tragedie per un morbido culo! 
 
La locanda dell'isola prende il nome dall'Uomo Verde. L'Uomo Verde è una figura folcloristica, simbolo di rinascita che rappresentava il ciclo di nuova crescita che avviene ogni primavera. Si  ritiene che il Cavaliere Verde nel racconto arturiano Sir Gawain e il Cavaliere Verde (XIV secolo) rappresenti una versione medievale di questo racconto.  

Un sequel abortito 

Shaffer intendeva girare un sequel raccapricciante, di cui riuscì a produrre soltanto il copione, intitolato The Loathsome Lambton Worm ("L'odioso Verme di Lambton"). La trama era stupidissima: il Sergente Howie si sarebbe salvato in extremis a causa di una forte pioggia che avrebbe spento le fiamme. Questo appare in netta contraddizione col finale stesso di The Wicker Man, in cui si vede il gigantesco manichino di vimini che crolla in fiamme (è finita, nessuna pioggia può resuscitare un cadavere carbonizzato). Hardy detestava questa idea folle di Shaffer e la contrastò sempre. Gli ricordò anche che nel frattempo era passato un ventennio, con tutte le immaginabili conseguenze sul fisico degli attori. Così commentò il Verme di Lambton di Shaffer: "Lo so che lo aveva scritto, ma credo che non piacesse a nessuno. Se no, sarebbe stato girato". E questo è quanto.  
 
Lo pseudo-sequel: The Wicker Tree  

Lo stesso regista, Robin Hardy, nel 2010 ha girato quello che avrebbe dovuto essere un sequel di The Wicker Man: si è intitolato The Wicker Tree. Questa è la trama grezza, ridotta all'osso. Una coppia americana di missionari casti appartenenti alla Chiesa Evangelica, particolarmente aggressivi e puritani, si sono recati in Scozia per convertire i pagani, della cui esistenza hanno avuto notizia. Arrivati in loco, sono stati ricevuti dal Lord locale, interpretato proprio dal sulfureo Christopher Lee. I fan sono andati in delirio, assolutamente certi che il personaggio fosse quello di Lord Summerisle. A questo punto è accaduto qualcosa di imbarazzante. Dopo che il regista si è sbilanciato, ammettendo che i fan avevano ragione, Christopher Lee lo ha smerdato malamente. Sì, è stato come se gli avesse rovesciato addosso un gran secchio pieno zeppo di diarrea fumante. Ha dichiarato che Lord Summerisle e il nobiluomo visto in The Wicker Tree erano due personaggi diversi. Inoltre ha aggiunto che il film del 2010 non era da intendersi come un sequel di quello del 1973. Sembra che Hardy, mortificato e annichilito, per un po' non si sia mostrato in giro. Ancora oggi non si comprende il perché dell'agire distruttivo di Christopher Lee. Qualcuno ha definito il film un "sequel spirituale". Bah.    

Uno squallidissimo remake 

Nel 2006 fu fatto un remake The Wicker Man, che in italiano fu intitolato Il prescelto, diretto da Neil LaBute e ambientato negli States, dove è stata fatta una connessione con le onnipresenti streghe di Salem. Il ruolo del Sergente Howie, qui chiamato Edward Malus, è stato interpretato da Nicolas Cage. Ormai la Settima Arte è morta, si è ridotta a qualcosa di pappagallesco, ripetitivo fino allo sfinimento. Può soltanto cercare di reinterpretare i precedenti film nel tentativo di riplasmare il genere umano secondo i dettami del politically correct, imponendo al contempo una nuova iconografia asettica e artificiosa, facendo uso ed abuso di effetti speciali computerizzati alquanto insipidi. Non credo che vedrò Il prescelto, ho la netta impressione che sarebbe come infilare le mani in un secchio di cagnotti.