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venerdì 23 settembre 2016


NOSFERATU, IL PRINCIPE DELLA NOTTE

Titolo originale: Nosferatu: Phantom der Nacht
Titolo inglese: Nosferatu the Vampyre
Paese di produzione: Germania Ovest, Francia
Lingue originali: Tedesco, Inglese, Romani Vlax  
Anno: 1979
Durata: 107 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 1.85:1
Genere: orrore
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Bram Stoker, Friedrich Wilhelm Murnau
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Werner Herzog
Produttore esecutivo: Walter Saxer
Casa di produzione:
Werner Herzog
    Filmproduktion, Gaumont
Fotografia:
Jörg Schmidt-Reitwein
Montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus
Effetti speciali: Cornelius Siegel
Musiche: Popol Vuh, Richard Wagner, Charles
    Gounod
Scenografia: Henning Von Gierke, Ulrich
    Bergfelder
Costumi:
Gisela Storch
Trucco: Reiko Kruk
Interpreti e personaggi:
    Klaus Kinski: Conte Dracula
    Isabelle Adjani: Lucy Harker
    Bruno Ganz: Jonathan Harker
    Roland Topor: Renfield
    Walter Ladengast: Dr. Van Helsing
    Carsten Bodinus: Schrader
    Martje Grohmann: Mina
Doppiatori italiani:
    Sergio Graziani: Conte Dracula
    Rossella Izzo: Lucy Harker
    Ferruccio Amendola: Jonathan Harker
    Armando Bandini: Renfield
    Arturo Dominici: Dr. Van Helsing
    Michele Gammino: Schrader
    Anna Rita Pasanisi: Mina
Premi:
    Festival di Berlino: Orso d'argento per la
        scenografia
    Deutscher Filmpreis: Miglior attore - Klaus
        Kinski

Trama:
Jonathan Harker è un agente immobiliare che vive a Wismar, città sul Mar Baltico. Il suo datore di lavoro, Renfield, lo informa che il Conte Dracula intende comprare una proprietà proprio a Wismar. Così Harker viene incaricato di andare al castello del Conte per concludere l'affare redditizio. Durante il suo lungo viaggio, l'agente immobiliare si ferma in un villaggio, dove si imbatte in quella che crede essere una stravagante superstizione: gli abitanti del luogo lo avvertono che il castello è un luogo maledetto e che il suo padrone è un vampiro. L'oste traduce la narrazione di un gruppo di zingari che affermano di aver viaggiato fino alla dimora di Dracula. Nessuno vuole accompagnare Harker, che non dà credito agli avvertimenti e procede nel suo viaggio a piedi. Dopo aver percorso luoghi assai tetri, arriva a incontrare di persona il Conte, che si rivela essere un uomo anziano e di stranissima fisionomia, quasi simile a un roditore, con unghie lunghe, denti aguzzi e separati, pelle pallida, grandi orecchie. Dopo il primo inquietante incontro notturno con il suo ospite, Harker si rende conto di essere prigioniero del castello, un luogo irreale in cui durante il giorno non si trova anima viva. Cercando una via d'uscita, l'agente immobiliare scopre che il Conte passa le ore diurne in una cripta, chiuso in una tomba. A questo punto capisce che il libro sui vampiri datogli dalla locandiera non è una summa di superstizioni, ma descrive una realtà. Al calar del sole da una finestra del castello vede Dracula intento a caricare diverse bare su un carro. Terminata l'operazione, il nobiluomo entra in una delle casse da morto e ne chiude dall'interno il coperchio. A questo punto Harker comprende che Nosferatu è diretto proprio a Wismar. Decide allora di evade dal castello calandosi da una finestra con un lenzuolo annodato. Nel frattempo le bare piene di terriccio pestoso e di ratti vengono caricate su un vascello che discende il corso del Danubio fino al Mar Nero ed entra nel Mediterraneo. L'equipaggio viene decimato e all'altezza della Biscaglia la situazione è critica. Alla fine rimane soltanto il capitano, che si lega al timone. La nave giunge a Wismar piena zeppa di ratti. Quando le autorità mediche leggono l'accaduto sul libro di bordo è troppo tardi: la peste già imperversa in città. Harker riesce a fare ritorno proprio allora e non può far nulla per avvertire del pericolo i suoi condittadini. Reso folle da una gravissima congestione cerebrale, ricorda il suo indirizzo e viene ricondotto a casa, ma non è più in grado di riconoscere la moglie. Lucy non vuole accettare il tragico destino che ha colpito suo marito. È convinta di riuscire a ridargli senno e salute. Si mette così a leggere i suoi diari e il libro sui vampiri che ha portato con sé dai Carpazi, arrivando così a conoscere la verità sull'accaduto. Pur di distruggere Nosferatu, arriva a offrirgli il suo collo per un'intera notte, riuscendo così a trattenerlo fino al canto del gallo e a causarne la morte. Il Conte muore tra atroci convulsioni, intossicato dalla luce diurna. Tuttavia - a differenza di quanto visto nel film di Murnau - questo non porrà fine alla maledizione e le cose non andranno per il verso giusto... 

Recensione:

Classificato come "remake" del Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau e senza dubbio da esso ispirato, in realtà vi apporta novità sostanziali, al punto che a parer mio si tratta di un'opera del tutto dissimile e non ben comparabile con l'originale. Sono convinto che per questo genere di film il bianco e nero sia insuperabile, eppure il capolavoro di Herzog riesce a rendere bene il disfacimento e la Tenebra nonostante sia un film a colori. È altrettanto vero che Herzog disponeva sul finire degli anni '70 di una serie di mezzi che all'epoca di Weimar erano inconcepibili, come ad esempio il sonoro. Rispetto all'originale la trama ha una notevole complessità. Numerose sono le sequenze memorabili, squarci onirici sul Mondo dell'Abisso che restano impressi in modo indelebile fin che si vive.


Le mummie del Luogo delle Rane

I cadaveri spaventosi mostrati all'apertura del film, apparizioni spettrali, larve ctonie che funestano i sogni della bellissima Isabelle Adjani, esistono davvero: si tratta delle mummie di Guanajuato, in Messico. Nella lingua dei Taraschi, Quanax-Juato significa Luogo delle Rane (composto formato da quanax, cuanax "rana" e da huato, juato "luogo elevato, colle; montagna"). Nel 1833 la città messicana fu colpita da una terribile epidemia di colera, che mieté un gran numero di vittime. Dopo alcuni decenni, nel 1870, i corpi cominciarono ad essere esumati dal cimitero e disposti in un edificio. A quell'epoca la popolazione era soggetta a una legge spietata, che fu abolita solo nel 1958: quando una famiglia inumava un morto, era stabilito che dovesse pagare una retta onerosa per mantenerlo nel terriccio per un certo numero anni. Se questo pagamento non era più effettuato, il cadavere veniva esumato. Una piccola parte dei corpi dissepolti ha subito un processo di mummificazione spontanea, producendo gli assoluti capolavori estetici ripresi da Herzog. L'edificio in cui venivano raccolti i resti meglio conservati dei morti di colera divenne poi un museo e cominciò ad attrarre turisti in gran numero. Il regista tedesco ha fatto rimuovere le mummie dalla teca di vetro che le conteneva per appoggiarle alla parete di un antro, disponendole a seconda dell'età in una sequenza che andava dall'infanzia alla vecchiaia.  


La catabasi di un gruppo di Rom Valacchi

Notevole è la densa narrazione nel dialetto Vlax della lingua Romani fatta dagli zingari riuniti attorno al fuoco del campo e tradotta al viaggiatore dall'oste. È l'impressionante resoconto di una discesa agli Inferi. Nel corso di un loro viaggio, alcuni di questi gitani si sono imbattuti in un luogo ingannevole, fatto di spettrali rovine, di ombre e di riflessi inspiegabili, giungendo quindi fino alle montagne dell'Erebo. Quello che hanno visto è in realtà un luogo non appartenente alla stessa Terra abitata dai vivi: è lo spettro di un castello. Di fronte a queste descrizioni, si può soltanto pensare all'antichissimo mito di Zamolxis, l'uomo che divenne immortale dopo aver dimorato nel sottosuolo, finendo con l'essere adorato come una divinità dai Daci. Nel corso del suo viaggio solitario Harker vede le rovine del castello stagliarsi nel crepuscolo, stupendosi nel trovarsi di fronte un edificio integro una volta giunto a destinazione. Tanto mi hanno colpito le sequenze in Romani che mi riprometto di trascrivere questa testimonianza parola per parola e di pubblicarla, descrivendone ogni lessema con tanto di etimologia, se nota.  


Il servo di Dracula e l'Immortalità

Il servitore del Conte, interpretato in modo magistrale da Roland Topor, è rinchiuso in una cella in manicomio. Tiene in mano una specie di trappola piena zeppa di mosconi azzurri di cui si nutre, con grande scandalo del guardiano. Sostiene di possedere il segreto dell'Immortalità dei corpi. I concetti di base sono molto semplici. Ogni persona ha in sé la vita, che è come un fluido. Defecando ogni giorno si espelle una parte di questo fluido, che non viene reintegrato a sufficienza dal cibo e dalle bevande, così ecco che i viventi esperiscono l'invecchiamento e la morte. Se tuttavia un vivente ingerisce qualcosa di vivo, come ad esempio un artropode, ecco che il fluido vitale si accresce e le dispersioni vengono reintegrate, garantendo la sopravvivenza nei secoli. Secondo lo stesso principio, anche la reintroduzione delle feci, che contengono il fluido vitale espulso, pone rimedio alla sua dissipazione. Queste credenze, fondate su una base in apparenza logica, in realtà vanno contro le leggi stesse della termodinamica. Eppure c'è gente che tuttora le segue: molti anni fa mi capitò di imbattermi in un soggetto che le enunciava esplicitamente e le metteva in pratica, nutrendosi ogni giorno di escrementi e resistendo in modo ostinato a ogni tentativo del suo psicologo di dissuaderlo. 


L'Esercito dei Ratti

Dato che il film di Herzog deriva la sua ispirazione dal Nosferatu di Murnau, in esso troviamo in tutta la sua potenza l'originale simbolismo del Vampiro e della Peste. Tuttavia si ha l'impressione che Herzog non fosse ben consapevole della natura di propaganda antisemita del film del '22 da cui ha tratto ispirazione, quindi rielabora il materiale secono nuovi canoni. Se si confrontano le fattezze del Conte Orlok con quelle del Conte Dracula di Herzog, si vede che in quest'ultimo i caratteri caricaturali tipici dell'iconografia antisemita sono considerevolmente attenuati. Soprattutto non si ha più il tipico nasone aquilino che ha avuto un così grande ruolo nell'immaginario collettivo dell'epoca di Weimar e in seguito del Reich. La Peste invece assume proporzioni ben più spaventose di quanto visto nell'opera di Murnau. Se il Conte Orlok mieteva vittime contaminando con la Yersinia pestis la città immaginaria di Wisborg, cambiata in Brema in alcune versioni, il Conte Dracula di Herzog dà inizio a una vera e propria pandemia pestosa. "L'Esercito dei Topi e la Morte Nera sono con te!", dice il Vampiro al fedele servitore Renfield, incaricandolo di giungere fino a Riga, in Lettonia, e di portare il letale contagio ovunque. 


La Danza Macabra e
il Banchetto degli Appestati

Mentre la pestilenza imperversa e la città è desolata, Lucy si reca in piazza, dove la gente resa demente improvvisa balli scatenati e musiche. Scrofe camminano in mezzo ai rifiuti e alle bare abbandonate. Sembra un paesaggio infernale di Hieronymus Bosch. Proseguendo per la sua via, la donna si imbatte in un gruppo di gaudenti seduti a una tavola imbandita collocata sulla strada. "Abbiamo tutti la peste e ogni giorno che ci rimane deve essere una festa", dice un giovane uomo. Poco dopo nessuno dei commensali è più in vita e anche i loro corpi sono scomparsi. I ratti dal candido pelo sommergono la tavola, brulicando come cagnotti nella carne putrefatta. Una metafora potentissima della condizione umana. Innumerevoli sono le persone che cercano con ogni mezzo di esorcizzare la Morte, tenendola alla larga ed evitando persino di nominarla. Pensano ai piaceri e disprezzano chiunque guardi anche soltanto per un attimo oltre l'orizzonte della masticazione, della defecazione e dello svuotamento dei testicoli. Esistono soltanto per riempire quel sacco che è lo stomaco e per sfregare i genitali contro la pelle di qualcun altro. Chi non è come loro, lo chiamano "sfigato". Le loro risate, la loro sfrenata disposizione, la loro incessante ricerca di qualche lubrico contatto non può tuttavia tenere lontano Azrael, il Sinistro Mietitore. 


Il Trionfo delle Tenebre

Il Nosferatu di Murnau preconizzava l'avvento del Nazionalsocialismo, rappresentato dal sole che con i suoi raggi annientava il Vampiro, inteso come chiara metafora dell'Ebraismo. Chi è ignaro di questa genuina interpretazione vedrà nel giorno che uccide il Conte Orlok un finale di ottimismo e il prevalere della Vita sulla Morte. Il Nosferatu di Herzog, che non ha gli intenti politici dell'originale e che rifiuta ogni forma di ottimismo retorico, mostra una vittoria soltanto apparente dell'astro diurno. È vero infatti che il Conte Dracula viene trattenuto da Lucy fino al sorgere del sole, finendone ucciso. È altrettanto vero che Van Helsing gli conficca nel cuore un grosso paletto di legno, ponendo fine a ogni speranza di resurrezione vampirica. Tuttavia il giovane Harker finisce a sua volta vampirizzato. Liberatosi con l'astuzia dell'ultimo ostacolo, una croce al collo e alcuni pezzetti di ostia che lo confinano su una sedia, imperverserà nel mondo, accrescendone il Male.


Nosferatu e il Pathos

Un limite del Non Morto interpretato da Klaus Kinski è di certo il suo pathos. Si capisce che il prolungarsi della sua esistenza spettrale nei secoli gli pesa immensamente: egli avverte il peso della solitudine e soprattutto sente la mancanza lancinante dell'amore. Queste sono le parole da lui dette a Lucy: "Chi dice "la morte è crudele" sono solo gli inconapevoli. Ma la morte non è che un taglio netto. È molto più crudele non essere capaci di morire."
"Vorrei poter essere partecipe dell'amore che c'è tra lei e Jonathan."
"Io potrei cambiare tutto, Lucy. Se venisse con me e fosse mia alleata, sarebbe la salvazione per suo marito e per me."
"La mancanza d'amore è la più crudele e abietta delle pene."

Dracula si mostra debole e vulnerabile, non esente da morbosità erotiche. Non ci sono dubbi sul fatto che proponga a Lucy un torbido ménage a trois.
Concetti simili li aveva espressi a Harker:
"Io sono discendente di un'antica famiglia. Il tempo è un abisso profondo come lunghe e infinite notti. I secoli vengono e vanno. Non avere la capacità di invecchiare è terribile. La morte non è il peggio. Ci sono cose molto più orribili della morte. Riesce a immaginarlo? Durare attraverso i secolo sperimentando ogni giorno le stesse futili cose."

Il Non Morto del film di Murnau, interpretato da Max Schreck, è invece di una raggelante alienità. In effetti questo dovrebbe essere un vampiro: l'emissario di un mondo di tenebra e di mistero, del tutto privo di punti in comune con l'emotività e con l'affettività del genere umano. Se ci si dimentica questa semplice verità, si apre la strada alla grottesca e futile figura del vampiro innamorato. Soltanto i moderni non avvertono l'intrinseca contraddizione di un tale ossimoro. 


Un Van Helsing scettico

Se nel romanzo di Stoker Van Helsing è uno studioso di occultismo e soprattutto un esorcista, nel film di Herzog ci ritroviamo con una figura a dir poco inconsueta e bizzarra: quella di un Van Helsing razionalista spinto e accanito oppositore di ogni superstizione. Il vampirismo non fa parte del mondo indagabile dalla Scienza, così il medico lo respinge senza indugio, affermando che non vi sono evidenze sperimentali che ne provino l'esistenza. Soltanto verso la fine si convince della realtà di Nosferatu, di fronte al suo corpo inanimato e ai buchi lasciati sul collo del cadavere di Lucy. A questo punto si procura un paletto acuminato e un martello e procede all'uccisione del Conte. C'è però da notare una cosa che sembra essere finora passata inosservata. Appena conficcato il paletto nel petto del vampiro, Van Helsing non riserva lo stesso trattamento al corpo di Lucy, da poco spirata per dissanguamento. Questo dà origine a un sinistro finale aperto: non soltanto Lucy è destinata a risorgere, ma anche la sua amica Mina, che come lei è morta dissanguata.

La bizzarria dell'onomastica

Secondo alcune malelingue, Herzog avrebbe deciso per mere ragioni di botteghino di cambiare i nomi introdotti da Murnau, ripristinando quelli originali dati da Bram Stoker nel suo romanzo Dracula. Una bizzarria degna di nota è che i nomi di Lucy e di Mina sono invertiti. A parte questo, il regista si mantiene abbastanza fedele al film originale sotto molti aspetti e la sua ambientazione è continentale: soltanto la città fantomatica di Wisborg diventa Wismar, sul Mar Baltico. Questo crea un interessante paradosso che sembra essere sfuggito a molti. Cosa ci fanno nominativi anglosassoni come Jonathan Harker, Lucy e Renfield in quel contesto germanofono? Il cognome Harker è tipicamente inglese, originario dello Yorkshire e derivato dal verbo to hark "origliare" (variante di to hearken, antico inglese heorcnian). Anche il cognome Renfield è anglosassone e deriva dall'antico inglese rand "bordo, margine". All'elemento toponimico inglese -field corrisponde in tedesco -feld "campo". Non mi risulta che il nome femminile Lucia (Luzia) sia molto diffuso nei paesi di lingua tedesca. Quando mi sono accorto delle incongruenze, ho provato a razionalizzare la cosa pensando all'attività di un gruppo di inglesi nel Baltico, cosa sempre possibile ma abbastanza improbabile e in ogni caso non documentata. L'ipotesi più probabile è che Herzog non si sia reso conto della stranezza di quest'enclave anglofona nel Baltico per il semplice fatto che è stata una cosa non voluta, un effetto collaterale dell'adattamento. Si noterà che Murnau ha evitato di incorrere in errori di questo tipo. Hutter è un cognome tedesco che significa "Fabbricante di Cappelli" (variante Hütter); Knock e Harding possono essere anglosassoni ma si trovano anche in Germania. Il cognome inglese Harding proviene da un più antico Hearding "Figlio del Duro". L'omofono cognome tedesco ha la stessa origine e proviene dall'area settentrionale dove la seconda rotazione consonantica non è attecchita.

Un altro elemento incongruo: l'ostia consacrata

Se uno ci pensa bene, c'è qualcosa che stona non poco in un ambiente rigidamente protestante come quello delle città baltiche della Germania: l'uso dell'ostia consacrata come mezzo per fermare i vampiri. Si tratta di un elemento che proviene dal romanzo gotico del giornalista irlandese, concepito in un contesto del tutto dissimile. La critica dà per scontato che Bram Stoker fosse cattolico, proprio perché nativo dell'Irlanda, attribuendo a questa pretesa appartenenza religiosa l'abbondante uso di crocefissi e di ostie consacrate. Tuttavia ho potuto appurare che l'autore aderiva alla Chiesa Anglicana, in cui era stato educato fin da piccolo. La cosa non crea particolari problemi, dato che crocefissi e ostie erano usati anche in contesto anglicano, senza contare il fatto che in ogni caso Stoker era cresciuto tra fedeli della religione della Chiesa Romana e doveva risentire di questo in qualche modo. La Londra in cui si svolgono le gesta di Harker e di Dracula era una città abbastanza varia come composizione religiosa e i cattolici non erano in numero irrilevante. Difficile è attribuire i rituali antivampirici fondati su elementi di teologia cattolica alla popolazione di etnia tedesca della Transilvania, essendo questa di religione protestante. Herzog non deve aver approfondito troppo l'argomento.

Attualmente la statistica fornisce questi dati sulle religioni a Wismar: 18% protestanti, 3% cattolici, 3% altre religioni, 76% senza confessione. Nel XIX secolo la ripartizione doveva essere molto diversa. Chiaramente esisteva anche allora una minoranza cattolica, mentre è immaginabile che non ci fossero tanti atei o "cristiani indifferenziati" come oggi: la percentuale dei "senza confessione" deve essere cresciuta a tal punto grazie a protestanti che hanno abbandonato la loro religione per non abbracciarne nessuna o per professare una fede cristiana generica, priva di rapporti con qualsiasi congrega. Dato che la Riforma ebbe nel Meclemburgo e in Pomerania grandissimo successo, i cattolici superstiti non dovevano avere nel XIX secolo una fede molto ardente e di certo non erano aggressivi come nei paesi in cui erano la maggioranza. Quindi è difficile credere che in una città baltica ci fossero molte persone disposte a dare credito a rimedi contro i vampiri fondati sull'uso di ostie consacrate. Si noterà che Murnau ha tolto ogni riferimento religioso dal suo adattamento.

Una leggenda nera

Corre voce che durante la lavorazione del film i ratti siano stati sottoposti a spaventosi maltrattamenti. Si tratta di calunnie inventate da qualche adepta convulsionaria della setta antispecista, che opera per gettare discredito su tutto e su tutti al fine di imporre il proprio potere sulle genti e assoggettarle a una dittatura durissima. Si parla ad esempio di un trattamento aberrante quanto improbabile per tingere i ratti bianchi di grigio: immersi nell'acqua bollente per pochi istanti, avebbero finito col morire in gran numero e i superstiti si sarebbero messi a leccarsi nel tentativo di togliersi il colore, finendo col divorarsi a vicenda. Che tutto ciò sia una falsità confezionata a bella posta con l'intento di nuocere a Herzog lo dimostra la sua stessa insensatezza - oltre al fatto che i ratti mostrati nel film colpiscono lo spettatore per la loro robusta salute e per la loro capacità di pullulare a dismisura.

Alcune curiosità

Ogni scena con dialoghi fu girata separatamente in tedesco e in inglese, senza ricorrere al doppiaggio. Così esistono due versioni che mostrano lievi differenze nella parte visiva. Nel 2014 Herzog ha dichiarato che la versione in tedesco è quella più autentica. 

Martje Grohmann, che ha interpretato la parte di Mina, che all'epoca era la moglie di Werner Herzog. Ha lavorato anche in altri film del regista tedesco: Sorelle - L'equilibrio della felicità (1979), Aguirre furore di Dio (1972) e Segni di vita (1968). Se si cerca il suo nome in Google Images si fa molta fatica a trovare una sua foto, mentre saltano fuori moltissime foto di Isabelle Adjani: evidentemente l'Idiozia Artificiale non tiene conto del fatto che Herzog ha invertito i nomi di Mina e di Lucy: dato che nel romanzo di Stoker la moglie di Harker si chiama Mina, alla Grohmann viene attribuito l'aspetto della Adjani, che è la moglie di Harker nel film!

Lo stesso Herzog compare in una scena nel film: a lui appartiene la mano del funzionario doganale che ordina di aprire una cassa da morto per verificarne il contenuto dichiarato, finendo morsicato da un roditore. A quanto ha dichiarato, nessun altro in tutta la troupe aveva il coraggio di toccare i topi.

Le sequenze del pipistrello in volo si erano rivelate estremamente difficili da eseguire, così furono utilizzate sequenze tratte da un documentario scientifico.

La vettura che raccoglie Harker al Passo Borgo è un carro funebre che era ancora in uso in Bulgaria all'epoca delle riprese.

Klaus Kinski ha interpretato il ruolo di Renfield nel film Il Conte Dracula di Jess Franco (1970). Quando lo avrò visionato, non mancherà la recensione.

Herzog ha scritturato Roland Topor facendogli interpretare Renfield dopo averlo visto in uno show televisivo francese: era rimasto molto colpito dalla sua caratteristica risata compulsiva. Topor fu un notevole artista di origine ebraico-polacca famoso per i suoi disegni surreali e grotteschi, che hanno davvero dell'incredibile. Fu anche drammaturgo e paroliere. A quanto pare fu anche l'inventore della parola atelorrea, che indica il vomito senza fine.

Il 1979 ha visto pullulare i film sulla figura di Dracula. Oltre al film di Herzog abbiamo anche Dracula di John Badham, la commedia Amore al primo morso di Stan Dragoti, Nocturna di Harry Hurwitz e Il succhione di Carl Schenkel (Carlo Ombra). Sempre nello stesso anno sono usciti altri due film vampireschi: Sete di sangue di Rod Hardy e Le notti di Salem di Tobe Hooper.

domenica 14 dicembre 2014

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: LA CONFUSIONE SISTEMATICA TRA GOTI E GETI

Tale fu l'assonanza tra il nome dei Goti (Gothi) e quello dei Geti (Getae), che i due etnonimi si trovano spesso come interscambiabili in fonti tarde come ad esempio Iordanes (VI secolo). Questi, che era di origine gotica, aveva un fratello che viveva in contatto con i Goti. Eppure tale era la sua venerazione acritica degli autori classici che non soltanto scambiava spesso Gothi con Getae, ma addirittura confondeva le storie dei due popoli, mescolando tra loro cose che nulla hanno a che vedere. Com'è dunque possibile che un simile scambio avvenisse? Semplice: all'epoca di Iordanes doveva ancora sussistere una pronuncia dotta del latino in cui la consonante era velare in entrambi i casi, o almeno la g- di Getae non si era ridotta a /j/ come nella lingua comune - o a /dʒ/ come negli sviluppi italiani - e aveva al massimo un suono prepalatale /gj/ che poteva conservare una somiglianza con /g/.

Inutile dire che l'etnonimo Getae non ha alcunché in comune con i Goti: si tratta di una falsa etimologia. I Geti erano affini ai Daci, parlavano una lingua di gruppo satem e non kentum, che presentava molte isoglosse con l'albanese, ma anche con lo slavo e con le lingue baltiche. Nessun germano avrebbe compreso i discorsi di un geta. Esiste la concreta possibilità che la lingua albanese non derivi da una lingua dell'Illiria e che la sua attuale sede geografica sia piuttosto il risultato di una migrazione di Daci in epoca tarda. L'interesse di alcuni romani colti nei confronti della lingua dei Geti dovette sussistere: sappiamo che Ovidio, in esilio a Tomis (attuale Costanza, Romania), per ingannare la noia apprese l'idioma getico e compose anche in esso un carme, disgraziatamente andato perduto, o fagocitato dall'immane ventre di qualche biblioteca vaticana in attesa di essere vomitato come Pinocchio dal Terribile Pescecane.