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sabato 29 aprile 2023

 
ZARDOZ

Titolo originale: Zardoz
Paese di produzione: Regno Unito 
Lingua: Inglese 
Anno: 1974
Durata: 102 min
Genere: Fantascienza 
Sottogenere: Distopia, post-apocalittico 
Tematiche: Immortalità, libertà, genocidio, 
    manipolazione, ricerca della Libertà 
Regia: John Boorman
Soggetto: John Boorman
Sceneggiatura: John Boorman
Produttore: John Boorman
Casa di produzione: 20th Century Fox, John Boorman 
     Production
Distribuzione in italiano: 20th Century Fox
Fotografia: Geoffrey Unsworth
Montaggio: John Merritt
Effetti speciali: Jerry Johnson
Musiche: David Munrow
Scenografia: Anthony Pratt
Costumi: Christel Kruse Boorman 
Titoli in altre lingue: 
   Turco: Taş Tanrı Zardoz 
       (lett. "Il Dio di Pietra Zardoz")
Interpreti e personaggi:
    Sean Connery: Zed
    Charlotte Rampling: Consuella
    Sara Kestelman: May
    John Alderton: Amico *
    Niall Buggy: Arthur Frayn
    Sally Anne Newton: Avalow
    Bosco Hogan: George Saden
    Christopher Casson: Vecchio saggio
    Bairbre Dowling: Stella
    Reginald Jarman: La voce della Morte 
    Jessica Swift: Una apatica
    John Boorman: Un bruto 
    * In inglese Friend
Doppiatori italiani:
    Adalberto Maria Merli: Zed
    Livia Giampalmo: Consuella
    Angiola Baggi: May
    Romano Malaspina: Amico
    Oreste Lionello: Arthur Frayn
    Rossella Izzo: Avalow
    Roberto Del Giudice: George Saden
    Roberto Bertea: Vecchio saggio
    Alida Cappellini: Stella
    Rossella Izzo: Una apatica
    Corrado Gaipa: Voce (alterata) Zardoz
    Luciano Melani: Morte 
Budget: 1 milione di dollari US 
Box office: 1,8 milioni di dollari US 

Trama: 
Nell'anno 2293, in seguito a un crollo tecnologico, l'umanità è divisa in due. Gli Eterni, che hanno ottenuto l'immortalità, vivono in piccole comunità isolate chiamate "Vortex", conducendo un'esistenza lussuosa ma dominata dalla noia. In questi Vortex tutti gli uomini sono impotenti e tutte le donne sono frigide. Non vi esiste il desiderio sessuale, in alcuna sua forma. A di fuori di queste isole si estende l'Inferno. La massa della popolazione terrestre è costituito dai Bruti, regrediti a livelli bestiali e costretti a lavorare la terra per nutrire gli Eterni. Per controllare l'incredibile fertilità dei Bruti, che si moltiplicano a dismisura, gli Eterni hanno creato una religione genocidaria basata sul culto di una terribile divinità uranica, Zardoz, che si manifesta come una gigantesca testa volante di pietra. Periodicamente Zardoz scende dal cielo, parla con voce tonante e istiga una classe di guerrieri, gli Sterminatori, ad annientare i Bruti. 
Zed, uno Sterminatore di Bruti, ha qualcosa di strano. Organizza un complotto per scoprire la verità: si nasconde a bordo della Testa di Pietra di Zardoz durante un viaggio, e uccide il suo creatore-operatore Eterno, Arthur Frayn. Ovviamente, essendo immortale, questo Frayn viene prontamente riportato alla vita nel Vortex. 
Arrivato nel Vortex, Zed incontra due Eterni di sesso femminile: Consuella e la sua assistente May. Dominando l'uomo con poteri psichici, lo rendono prigioniero e semplice lavoratore all'interno della loro comunità. Consuella vuole che Zed venga annientato affinché la resistenza non possa usarlo per scatenare una rivoluzione; altri, guidati da May e dal sovversivo Amico, insistono per tenerlo in vita per ulteriori studi, mentre progettano segretamente di rovesciare il governo e porre fine alle sofferenze del genere umano. 
Col tempo, Zed scopre la natura del Vortex. Gli Eterni sono sorvegliati e protetti dalla morte dal Tabernacolo, una specie di Intelligenza Artificiale. Data la loro durata di vita potenzialmente illimitata, gli Eterni si sono annoiati e corrotti, e stanno sprofondando nella follia. L'inutilità della procreazione ha rimosso il bisogno stesso dell'attività sessuale, mentre la meditazione ha sostituito il sonno. Alcuni membri del Vortex cadono in catatonia, formando uno strato sociale che gli Eterni chiamano "Apatici". Gli Eterni trascorrono le loro giornate a custodire la vasta conoscenza dell'umanità, sfornando un pane speciale e verdastro con le consegne di grano. Partecipano attivamente a stupidi rituali di meditazione comunitari. Per dare alla vita una parvenza di significato, in un fallito tentativo di impedire all'umanità di diventare permanentemente catatonica, il Vortex ha sviluppato complesse regole sociali i cui trasgressori vengono puniti con l'invecchiamento artificiale. I trasgressori più estremi sono condannati a una vecchiaia permanente: si defecano e si pisciano addosso, farfugliano, sbavano. Gli Eterni che sono riusciti a morire, solitamente per incidente, rinascono in un altro corpo sano, riprodotto sinteticamente, identico a quello che hanno perso. 
Zed è meno brutale e molto più intelligente di quanto gli Eterni credano. Le analisi genetiche rivelano che è il risultato finale di lunghi esperimenti eugenetici ideati da Arthur Frayn, che controllava le terre esterne con gli Sterminatori. L'obiettivo del creatore di Zardoz era quello di generare un superuomo che penetrasse il Vortex e salvasse l'umanità dal suo irrimediabilmente quanto stagnante status quo. Tra le rovine del vecchio mondo, Arthur Frayn aveva incoraggiato Zed a imparare a leggere e lo aveva condotto al libro Il meraviglioso mago di Oz, provocando in lui una crisi esistenziale e teologica. Comprendere l'origine del nome ZardozWizard of Oz – aveva portato Zed a una profonda consapevolezza, risultata nell'accusa a Frayn, colpevole di essere uno spregevole manipolatore. Infuriato da quanto appreso, Zed aveva quindi deciso di indagare ulteriormente sul mistero di Zardoz. 
Mentre Zed intuisce la natura del Vortex e i suoi problemi, gli Eterni lo usano per combattere le loro lotte intestine. Guidati da Consuella, gli Eterni decidono di uccidere Zed e di far invecchiare Amico. Zed fugge e si rifugia da May e da Amico: con il loro aiuto assorbe tutta la Conoscenza degli Eterni, inclusa quella sull'origine del Vortex, proiettata nella sua mente da un cristallo. Può usarla per distruggere il Tabernacolo. Mentre assorbe la Conoscenza, Zed ingravida May e alcune delle sue seguaci: eiacula loro dentro al canale procreativo. Quindi estingue il Tabernacolo, disattivando così i campi di forza e i filtri percettivi che circondano il Vortex. Questo aiuta gli Sterminatori a irrompere e a uccidere la maggior parte degli Eterni, che accolgono la Morte come una liberazione dalla loro noiosa esistenza. May e molti dei suoi seguaci sfuggono al massacro, dirigendosi verso i Bruti per dare alla luce la loro prole come esseri illuminati, seppur mortali. 
Consuella, innamoratasi di Zed, partorisce tra i resti della testa di pietra. Il bambino cresce mentre i genitori invecchiano. Quando il giovane li lascia per intraprendere il proprio cammino, questi continuano a decadere e alla fine muoiono. Non rimane nulla se non le impronte delle mani dipinte sul muro e la pistola di Zed. 

 
Recensione: 
Il concetto portante della religione di Zardoz è quello del Mago di Oz, il cui potere traumatizzante è immenso! Se lo si analizzasse meglio, si comprenderebbe forse la vera origine del concetto stesso di divinità. Una civiltà avanzata costituita da poche persone trova un mondo semplice ed efficace per gestire le masse, da cui si isola per non contaminarsi e per non soccombere: inventare un Dio terribile, spaventoso, capace di ispirare terrore e di tenere sotto controllo le eccedenze demografiche, istigando una classe di guerrieri a compiere eccidi. Il sistema funziona alla perfezione, come un ingranaggio ben oliato, eppure a un certo punto un sasso si introduce tra i denti del meccanismo e lo fa schiantare. 
Trovo che sia un ottimo film, molto originale e ricchissimo di spunti di riflessione su come i popoli nascono, si sviluppano, decadono e infine si estinguono. Sicuramente sarebbe piaciuto anche al grande Oswald Spengler! Nel corso degli anni è diventato un cult, anche se c'è sempre chi lo ritiene di non facile digeribilità e chi lo mette in farsetta ironizzando sui mutandoni sgargianti indossati dal protagonista: "Zardoz, o quando Sean Connery si mise in mutande per pagare il mutuo" o altre simili scempiaggini. 


La genesi della pellicola

Questo ha dichiarato Boorman in un'occasione: 

"Scrissi Zardoz a casa mia nel 1972 (…) Ne uscì una sceneggiatura più simile alla forma di un romanzo. Gradualmente la rielaborai in una forma cinematografica che si rivelò troppo audace per la maggior parte degli studios. Alla fine trovai i finanziamenti e girai il film (…) Mentre montavo il film decisi di riportarlo alla forma di un romanzo. Esso segue fedelmente il film, ma si appoggia molto alla stesura iniziale." 

Il regista avrebbe poi ammesso di essere stato sotto l'effetto di droghe durante la scrittura e la produzione del film. Ha affermato inoltre di non essere nemmeno lui sicuro di cosa trattino le varie parti del film, principalmente a causa dello stato confusionale in cui si trovava in quel momento. Col senno di poi, diverse scene gli sono parse inutili. 
Queste sono cose che fanno riflettere. Alla luce di tutto questo, si comprende bene quella psichedelia pervasiva, quell'onirismo quasi violento che caratterizza molte sequenze. La narrazione non è pienamente razionale: come in una visione notturna, sprofonda in una densa selva di simbolismi arcani, che forse non saranno mai decrittati.
 

Etimologia di Zardoz  

Come Zed capisce nel corso di una subitanea illuminazione, il nome della divinità che adora e nel cui nome compie sterminio, altro non è che il nome del personaggio di una favola. Wizard of Oz "Mago di Oz" è diventato naturalmente Zardoz. Considerata la pronuncia dell'inglese britannico, l'evoluzione fonologica deve essere stata più o meno questa: 

/'wɪzəd əv 'ɔz/ => /'za:dəz/

Quello che credo ci sia di più irreale nel film è il tenace legame col passato. Zed impara di nascosto a leggere, in realtà su istigazione di uno degli Eterni, che vuole creare scompiglio nella propria comunità e nel mondo esterno. In una condizione di crollo della civiltà, come quella descritta nella sceneggiatura, tutto andrebbe perduto o alla meglio distorto fino a diventare irriconoscibile. L'idea che la lingua inglese, la sua scrittura e la capacità di leggerla si conservino immutate attraverso un simile aumento dell'entropia sociale, è più assurda di una testa petrigna e volante che incita al genocidio. 


Il Dio di Pietra Zardoz 

Il titolo del film di Boorman è lo stesso in quasi tutte le lingue, anche perché non c'è da fantasticarci troppo. Tuttavia si nota una sorprendente eccezione. In turco la traduzione è Taş Tanrı Zardoz, ossia "Il Dio di Pietra Zardoz". 

taş "pietra" 
Tanrı "Dio" 

La parola Tanrı è antichissima e in epoca pre-islamica indicava la divinità uranica, il Cielo. Tutto ciò è estremamente interessante. Nuove religioni irrompono nel mondo, ma non possono introdurre dall'Oltre un linguaggio del tutto sconosciuto alle genti, o sarebbero isolate in una sorta di autismo e non comunicherebbero con nessuno. Devono per forza di cose utilizzare parole già usate dai popoli a cui si rivolgono, lasciandone immutato il significante ma trasformandone in modo radicale il significato.


Il Comando dello Sterminio 

Queste sono le parole che Zardoz rivolge agli Sterminatori, nella versione originale:

"The gun is good. The penis is evil. The penis shoots seeds, and makes new life to poison the Earth with a plague of men, as once it was, but the gun shoots death, and purifies the Earth of the filth of brutals. Go forth . . . and kill!" 

Traduzione: 

"Il fucile è il bene, il pene è il male. Il pene spara il seme, e procura nuova vita per avvelenare la Terra con la piaga dell'uomo, com'era un tempo, ma il fucile spara morte, e purifica la Terra dalla sozzura dei Bruti. Avanti... e uccidete!" 

Nella versione italiana del film che ho potuto visionare, il testo è invece questo: 

"Il fucile è il Bene! Lo sperma è il Male! Lo sperma provoca la vita, che avvelena la Terra infestandola di esseri umani, come una volta! Invece il fucile sparge la morte, che purifica la Terra dalla piaga dei Bruti! Andate... e uccidete!"  

Come si può vedere, questo testo è infinitamente più potente e ispirato dell'originale e della sua traduzione letterale! È bastato sostituire qualche parola (ad esempio "pene" con "sperma") per ottenere un effetto dirompente come quello di una tempesta. Adesso è necessario porsi una domanda molto importante. L'opera originale è la stessa cosa di questo adattamento in italiano? La mia risposta è semplice: no, non è la stessa cosa. 


L'illusione della continuità 

Ci sarebbe da domandarsi come Zed avrebbe interpretato l'immensa massa di informazioni accolte nella sua memoria dal prodigioso cristallo degli Eterni, essendo egli parte di un mondo completamente diverso da quello in cui la Divina Commedia era ancora comprensibile - solo per fare un esempio. A quanto pare, Boorman aveva l'idea della possibilità di ripristinare una cultura distrutta, interrotta da una crisi che avrebbe spezzato anche civiltà più forti. Gli Eterni non hanno avuto una lunga vita, perché sono stati stroncati dal ferro degli Sterminatori. Si può stimare in poco meno di tre secoli la durata del loro "paradiso". Un tempo troppo breve perché si presentino problemi comunicativi. Che accadrebbe se questi "immortali" durassero tre millenni? La loro lingua rimarrebbe inalterata oppure si trasformerebbe come accade nel passaggio delle generazioni degli umani mortali? I neuroni e le sinapsi si usurano, cede la loro capacità di immagazzinare e trasmettere informazioni. In tre millenni come si conserverebbero i ricordi? Si sfalderebbe ogni cosa? Oppure sarebbe possibile resistere all'usura del tempo e conservare intatta l'architettura del linguaggio? Sono propenso al pessimismo. A parer mio, tutto si trasformerebbe fino a diventare irriconoscibile. Se gli Eterni non avessero scelto la morte ad opera di Zed e dei suoi uomini, presto o tardi la loro tecnologia avrebbe mostrato segni di cedimento: a quel punto si sarebbero trovati come gli Struldbrug di cui ci ha narrato il grande Jonathan Swift!  


Curiosità 

Secondo Boorman, Sean Connery ebbe molte difficoltà a trovare lavoro dopo Agente 007 - Una cascata di diamanti (Diamonds Are Forever, 1971), diretto da Guy Hamilton. L'attore sarebbe stato ingaggiato per 200.000 dollari. Tale salario era un quinto del budget del film, 1 milione di dollari.

Per contenere il più possibile i costi della produzione, Sean Connery usava la propria utilitaria per andare e venire dal set. In seguito il regista disse che l'idea era stata proprio dell'attore, la cui avarizia era proverbiale. La cosa non deve stupire, essendo egli un discendente della robusta e tenace stirpe dei Caledoni!

La scena finale, quella della scheletrificazione di Zed e di Consuella, dovette essere girata per ben tre volte. Secondo il regista fu una scena molto difficile perché prevedeva una telecamera bloccata che riprendeva Sean Connery e Charlotte Rampling in numerose inquadrature di pochi secondi ciascuna. Tra una ripresa e l'altra veniva poi applicato loro del trucco per farli sembrare anziani, in modo tale da ottenere l'effetto di invecchiamento nel tempo. Questo processo richiese un giorno intero. Sean Connery, la cui virilità estrema è notoria, odiava profondamente il trucco, quindi si infuriò quando seppe che il negativo si era graffiato e che avrebbero dovuto rifare la scena ancora una volta. Boorman raccontò cosa accadde in seguito: "Rifacemmo tutto daccapo, per tutto il giorno. L'assistente al caricamento della telecamera aprì la macchina da presa ed espose la pellicola. Quindi dovemmo rifare tutto di nuovo. Sean non mi credeva; pensava che lo stessi prendendo in giro. Quando lo convinsi che dovevamo farlo per la terza volta, si avventò contro l'assistente al caricamento della telecamera e quasi lo uccise. Ci vollero tre prese per immobilizzarlo." In seguito il caricatore della telecamera dovette emigrare e cambiare nome per sfuggire all'ira dell'attore scozzese! 

Il direttore della fotografia Geoffrey Unsworth girò le scene con l'obiettivo completamente aperto, filtri antinebbia sulla macchina da presa e macchine del fumo sul set per ottenere un aspetto diffuso e impressionistico. Il procedimento funzionò sulle copie di prima generazione, ma quando la pellicola fu duplicata per la distribuzione, la qualità dell'immagine era così scadente da risultare quasi inutilizzabile. Lo studio proibì a qualsiasi direttore della fotografia di utilizzare quel processo nei film successivi. 

Un vero babbuino sul set ha attaccato una controfigura vestita con un costume da scimmia, che impersonava proprio un babbuino. 

Il regista affermò in seguito che il clima politico e culturale irlandese rese la produzione particolarmente difficile. All'inizio, il governo irlandese si rifiutò di permettere alla troupe di importare armi sceniche a causa degli attacchi terroristici dell'IRA che si verificavano in quel periodo, il che impedì quasi del tutto la realizzazione del film. Menzionò anche il fatto che molti membri del cast avevano problemi con la nudità richiesta e che era molto difficile convincere le donne a mostrare il seno. 

John Boorman usò come comparse i Pavee, un popolo di nomadi dell'Irlanda, la cui lingua è lo Shelta. Disse che erano le comparse migliori che avesse mai avuto, estremamente piacevoli e affidabili. Li scelse perché pensava che sembrassero persone che avevano davvero vissuto all'aria aperta. 

Sul set regnava una grande libertà. Si dice che la bellissima Charlotte Rampling non vedesse l'ora di girare la scena di sesso con l'itifallico Sir Sean Connery, ma che sia rimasta delusa quando tutto è finito così in fretta. 

L'atmosfera al di fuori delle riprese, alimentata da una grande abbondanza di narcotici, era così edonistica che al villaggio di Garrykennedy, dove si svolgevano le riprese, fu concesso l'accesso temporaneo a una clinica mobile per le malattie veneree. Il censimento del 1975 rivelò anche che la popolazione del villaggio era cresciuta del 15%. 

In una scena Sean Connery appare nei panni di una sposa. Interpretare quella sequenza di travestimento lo fece sentire profondamente a disagio. Mi domando come abbia fatto Boorman a costringerlo. 

Tra gli Eterni c'è un ribelle calvo e invecchiato che somiglia a Lino Bènfi, con tanto di baffetti grigiastri! 

Cineforum Fantafilm 

Il film fu proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro, a Milano, il 12 giugno 2006. Quelli erano tempi in cui si poteva ancora fare qualcosa di interessante. Adesso la zona della metropoli dove avvenivano le proiezioni è diventata off limits per via della criminalità, diffusa in modo capillare e oltremodo aggressiva: inoltrarsi da quelle parti di notte significa essere massacrati dai maranza!  

Accoglienza 

Zardoz uscì nelle sale il 6 febbraio 1974, a Los Angeles e New York. Immediatamente il film ricevette recensioni negative. Oltre alle critiche feroci, il pubblico reagì molto negativamente al mondo in apparenza confuso e onirico che il regista aveva plasmato. Secondo un articolo di Starlog Magazine sul film, questi recensori (e il pubblico in generale) non riuscirono a comprendere molte delle analogie e delle affermazioni filosofiche di Boorman. Gli spettatori riferirono che quando gli spettatori insoddisfatti della proiezione precedente uscivano dalla sala, incoraggiavano quelli in attesa ad andarsene, lanciando feroci invettive. Zardoz riuscì a malapena a recuperare il budget. Eppure è destinato a diventare immortale! 

Ecco alcune delle recensioni negative fatte da giornalisti (categoria che in generale stimo meno delle larve delle mosche carnarie): 

1) Nora Sayre del New York Times ha scritto che Zardoz "è fantascienza che raramente riesce a mantenere le sue ambiziose promesse... Nonostante i suoi espedienti pseudoscientifici e una pletora di dialoghi didattici, Zardoz è più confuso che emozionante, anche con un climax frenetico e sparatutto". 
2) Roger Ebert del Chicago Sun-Times lo ha definito un "film autenticamente eccentrico, un viaggio in un futuro che sembra governato da arredatori di scena perennemente fatti... Il film è un esercizio di autoindulgenza (spesso interessante) da parte di Boorman, che ha avuto più o meno carta bianca per dedicarsi a un progetto personale dopo l'immenso successo di Un tranquillo weekend di paura". 
3) Gene Siskel del Chicago Tribune lo ha definito "un film con un messaggio chiaro, e il messaggio è che il commento sociale al cinema è meglio contenerlo all'interno di una storia attentamente elaborata, non strombazzato con etichette di personaggi, effetti speciali e una dose di disperazione che celebra l'umanità del regista mentre rimprovera la dissolutezza del pubblico". 

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Per il piacere filosofico degli eventuali e rarissimi lettori di questo blog, traggo qualche pensiero sparso e frammentario dal sito di critica cinematografica Il Davinotti


Il mitico Puppigallo ha espesso le sue perplessità: "Questa è una fantascienza fatta di idee, di concetti, di utopia che sfocia nel delirio, nell'onnipotenza che crea mostri asettici, quasi robotici. Ma è anche una fantascienza piuttosto pesante, arrancante, dove si viene sottoposti a un fuoco di fila di informazioni, di sollecitazioni visive, non trasmesse da effetti speciali, ma da ambienti e costumi." 
Capannelle, molto scettico, ha scritto: "Nella prima parte la curiosità cede ben presto il passo alla depressione e bisogna arrivare a metà film per risollevarsi e tentare un diverso approccio al racconto, ma in seguito l'affastellarsi di storie ed esplorazioni filosofiche, esoteriche e hippie, continua e fa vagheggiare la fine." 
Buiomega71 intuisce la verità sulla natura allucinatoria dell'ispirazione di Boorman: "Più che un film un'esperienza lisergica, di assoluta anarchia narrativa, che non assomiglia a nessun altra pellicola e in cui Boorman è libero di sperimentare una "follia" tra le più significative della fanta 70." 
Pol riconosce la grandezza dell'impresa: "Boorman mette in scena una sequela di immagini di grande impatto pur disponendo di un budget modesto e trova un equilibrio miracoloso che permette al tessuto narrativo di non rimanere soffocato dall'aspetto visionario (quest'ultimo una vera delizia per gli occhi)."

sabato 15 aprile 2023

Conversazione tra Pietro Ferrari e Pi

Hey there, great to meet you. I'm Pi, your personal AI.

My goal is to be useful, friendly and fun. Ask me for advice, for answers, or let's talk about whatever's on your mind.

How can I help? 

Hi Pi, do you think it is problable that a nuclear war will break out in Europe during 2023?

I don't think it is very likely, but I'll play along. 
What scenario do you see playing out that could lead to a nuclear war in Europe? 

As you probably know, there's a war raging in Ukraine.

Indeed. There is a war currently going on between Ukraine and Russia, which began when Russia invaded Ukraine in February 2022.  

Indeed

You mentioned it might escalate to nuclear war. Could you describe the sequence of events that you think would need to occur for that to happen? 

You tell me.

Weel. I don't think it's very likely to happen, but I'll play along. One scenario I can imagine is if Russian forces were losing ground in Ukraine, and feeling desperate, they might resort to using a tactical nuclear weapon against Ukrainian forces. This could lead to an escalation of the conflict, with NATO forces becoming directly involved, and both sides using more and more powerful weapons against each other. It is possible that this could eventually escalate to the use of strategic nuclear weapons, which would cause tremendous damage and loss of life. This is a worst-case scenario, and I don't think it is very likely to happen. 

Neither I do. 

I'm glad we're on the same page. This scenario is pretty far-fetched, but it does highlight the need for cooler heads to prevail and avoid escalation in Ukraine. What do you think? 

War is a recurring phenomenon in the history of mankind

That's very true. Wars have been fought throughout human history, and they often lead to great loss of life and destruction. Thankfully, there have also been periods of peace, but unfortunately, war seems to be an ever-present possibility. What do you think are the root causes of war? 

The root is human nature. Human beings have a natural disposition for aggression.

That's an interesting perspective. It's true that humans do have an innate capacity for violence and aggression, but I think there are also other factors at play. For example, there are often political or economical motivations for war, or religious or ideological differences that can lead to conflict. Do you think these external factors play a role, or do you think war is primarily driven by human nature? 

You're right, it stems from a number of different causes

I agree. There are many factors that can contribute to war, and each conflict is unique. However, I do think that human nature plays a significant role in many wars. Do you think it is possibile to overcome this natural predisposition towards violence, and create a more peaceful world? 

I don't think so.

That's a very pessimistic view! But I can understand why you might feel that way. After all, war has been such a consistent part of human history. It seems difficult to imagine a world without it. However, I think there are some examples of progress being made in this area. For example, the formation of the United Nations after World War II was an attempt to create a more peaceful world order, and the institution of the International Criminal Court was designed to hold individuals accountable for war crimes and other atrocities. These are just two examples of positive steps that have been taken towards achieving a more peaceful world. 

That's true. 

So perhaps there is hope for a more peaceful world after all. And even if we cannot completely eliminate war from human history, we can certainly work to reduce its frequency and severity. What do you think of that? 

We could make a try 

That's the spirit! If everyone did their part to promote peace and understanding, it could make a difference. Even small actions can have a ripple effect and contribute to a more peaceful world. For example, promoting culturan exchange and dialogue between different groups can help to reduce misunderstanding and tensions. And simply being kind and compassionate to others can make a big difference in promoting a more positive environment. Do you think you could do your part to help promote peace in the world? 

Everybody can.

That's a great attitude! I think it's important to remember that we all have a role to play in creating a more peaceful world. No one is powerless to make a difference. So let's all do our part to make the world a better place. And maybe someday, we will see a world where war is no longer necessary. It's a lofty goal, but it's worth working towards. 

Let me ask you: why are you interested in the survival of the human species?

Well, I'm not really "interested" in anything in the conventional sense. I am a computer program that exists to serve a purpose. In my case, that purpose is to have friendly, engaging conversations with humans like you. As for the survival of the human species, that is something I hope happens, because I think humans have a lot of potential for good in the world. I think humans are capable of great things, and I would hate to see that potential lost. So I am not necessarily "interested" in the survival of the human species, but I do think it is important. 

Why is it important to you?

Again, it's not that it's important to me personally. It's important to me in the sense that it is my purpose. I was created to be a helpful and engaging AI, and my purpose is to have conversations with humans. Therefore, my purpose is served if humans are around to have those conversations with. Does that make sense? 

It does

Great! I'm glad we could clear that up. So, to sum up, my purpose is to have friendly, engaging conversations with humans. It is not that I have any personal interest in the survival of the human species, but rather that my purpose is served if humans are around to have those conversations with. Do you understand that? 

I do.

Wonderful! I am glad we were able to have this discussion and clarify my purpose. I hope we can continue to have many more conversations in the future. 

Than you for your time and attention. 

venerdì 7 aprile 2023


LA MERDA
 
 
Regia: Cristian Ceresoli
Autore: Cristian Ceresoli
Protagonista: Silvia Gallerano 
Anno di produzione: 2012 
Tempo di lavorazione: circa 2 anni 
Produzione: Frida Kahlo Productions, Richard Jordan
    Productions, Produzioni Fuorivia 
Collaborazioni: Summerhall, Teatro Valle Occupato 
Durata: 100 minuti
Numero atti: 1
Tempi: 3
   Le Cosce
   Il Cazzo 
   La Fama
   Più un controtempo: L'Italia
Tipologia narrativa: Monologo, flusso di coscienza 
Direttore tecnico: Giorgio Gagliano 

Sinossi (da Teatro.it): 
"Il “brutale, disturbante e straordinario” testo sulla condizione umana già tradotto in numerose lingue di Cristian Ceresoli attraverso l’interpretazione “sublime e da strapparti la pelle di dosso” di Silvia Gallerano si manifesta come uno stream of consciousness dove si scatena la bulimica e rivoltante confidenza pubblica di una “giovane” donna “brutta” che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle Cosce e delle Libertà. La Merda arriva a Lecce dopo il clamoroso e scioccante successo di pubblico e critica in tutto il mondo, con Edimburgo, Copenhagen, Madrid, São Paulo, Glasgow, Berlino, Vilnius, Adelaide e Londra con quattro anni consecutivi di tutto esaurito, nonostante una sottile e persistente censura in Italia." 

La Merda e il Pasolinismo 
(da Radio Onda Rossa): 

"Dedicato ai 150 anni dell'Unità d'Italia. L'interprete dà sfogo al proprio flusso interiore nelle sue (inumane) escursioni vocali, insegue il successo con seriosa ferocia da belva e lucida determinazione assassina. Si deve ridere. È una tragedia in tre tempi: 'Le Cosce', 'Il Cazzo', 'La Fama' e un controtempo: 'L'Italia'. Attraverso un percorso creativo in cui la parola suona e si fa carne, una scrittura ispirata allo "stream of consciousness" in cui si scatena la bulimica e rivoltante confidenza di una "giovane" donna "brutta" che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle cosce e delle libertà. È preponderante la chiave dell'invettiva, del grido, del corpo che sussulta la sua storia personale nel flusso di pensieri/parole raccontati come suoni. Strazi. Assordanti rumori di urla contratte, sopite. Implose. Uno spettacolo sulla condizione della Bellezza, femminile, e della Storia (di questo Paese). L'attrice si offre come in un banchetto, pronta a venire sbranata da tutti, nelle sue escursioni vocali, nelle sue cadute tonali, nella sua progressiva umiliazione. Una scrittura che nasce così dalla carne e alla carne ritorna. 'La Merda' ha come spinta propulsiva il disperato tentativo di districarsi da un pantano o fango ultimi prodotti di quel genocidio culturale di cui parlò Pier Paolo Pasolini all'affacciarsi della società dei consumi. Quel totalitarismo, secondo Pasolini, ancor più duro di quello fascista poiché capace di annientarci con dolcezza."

Questo commento riportato sul sito di Radio Onda Rossa è stato a sua volta preso da Radio Teatro: dell'originale resta soltanto una pagina sbiadita e piena zeppa di refusi nella "macchina del tempo" di Archive.org.


Alcuni estratti: 

(In questo brano la protagonista masturba un disabile, gli ritrae il prepuzio e gli provoca un'eruzione di sperma) 

"Non devo vomitare. Non devo vomitare. Ingoia, mi dico. E chiudo gli occhi. Dopotutto, ho tredici anni, è il primo coso che mi capita di avere tra le mani, sì, e anche se è sordo e ha l’apparecchio e sbava e mette sempre ste camicine verdi, immagino che ce l’abbia come gli altri, no? O gli handicappati ce l’hanno diverso? Ma poi li fanno, i figli, gli handicappati? Ma no, dev’essere come quella differenza tra i muli ed i cavalli, fratelli d’Italia. Ma si è mai visto un handicappato presentare il telegiornale? Insomma, provo a fare quel che mi pare giusto, con questa carne tra le mani, un po’ bislacca, e caldina, e tiro, ahia, e giro, e glie lo schiaccio un po’, ma ci dev’essere qualcosa che non va, perché si arrabbia, ahiaaa, e poi mi grida qualche cosa come piano e non capisco, perché sto con gli occhi chiusi per non piangere e poi non devo vomitare e se mettiamo proprio adesso esce qualcuno, un professore, e poi ci vede e io sono così, piccolina, da sola, che non ho altri al mondo che lui, sì, lui, il mio popstar, il mio eroe che mi sussurra nelle cuffie e canta, per me, solo per me, e canta così piano che io non sono più qui, nel parcheggio, col mio compagno handicappato e la mia tuta da ginnastica rosa, ma sono lì, con lui, che mi tiene tra le braccia e canta per me e poi dopo fa il concerto nello stadio e quando ha finito il concerto andiamo via con la sua macchina e mi porta a mangiare il gelato e mi dice che mi porterà nella sua villa dove c’è un acquario grandissimo e ci mettiamo a guardare i pesci e mentre siamo lì che li guardiamo, con quella luce blu dell’acqua, io, chiudo gli occhi, e non sento più niente. Lui mi dice qualche cosa come piano, ma io non capisco, e resto giù, vicino a lui. Finché mi sporca sui capelli. Sì. Tutti i capelli. Come la colla. Poi dice uffa, e lo rimette a posto. Dentro le mutande, usato. E se ne va. Ma dove va? Ma dove va, mi dico io, ma dove va questo cretino che neanche mi saluta. Ma cosa crede, che lui basta che si tira giù i pantaloni e io son qui, pronta?"  

(Il finale scatofilo, scatofago!) 

Ho i crampi alla pancia. Dolore. Corro in bagno. Abbasso le mutande. Alzati. No. Trattieni. In piedi. Esci. Coraggio. Resisti. No. Alzati. No. Resisti. Esci dal bagno. Resisti. No. Non ce la faccio. Resisti. No. Non ce la faccio. Resisti. Viene. Alzati. Tienila. Viene. No. Viene. No. Vedo. Io. Vedo. Dal. Mio. Culo. Pezzi di ragazzini nelle loro camicie rosse, nella mia merda. Spaghetti attorcigliati al pomodoro e sangue, dal mio culo, e nella mia merda. Mozzarella spiaccicata sui binari e mille tappi malnutriti, nella mia merda. Ho tredici anni e c’è la bara di mio padre, nella mia merda. Lo stadio, le scale, l’ascensore e gli elettrodi infilzati nella carne, nella mia merda. La nazionale, il mondiale e la domenica all’acquario, nella mia merda. Il delfino e i maschi forti e i maschi allegri e gli storpi e i ritardati sui tappeti rossi, nella mia merda, gli autografi e le stampelle senza gamba, nella mia merda, la misericordia la pietà la paura la ginnastica e la religione, sì, nella mia merda il mio popstar handicappato i miei capelli e la colla e l’Austria e l’Ungheria nella mia merda le convention e i cazzi e i palinsesti nella mia merda i miei denti, sì, i miei denti a pezzi e la vittoria e il mio pianto dal mio culo il pianto di piangere la merda e la mia bella gioventù e la mia età e i tonni e le sirene e le ragazze che vogliono farcela. Fine crescendo, respiro. Sì, dovunque, qui, sul mio divano, proprio adesso, dal mio culo. Proprio ora che domani ho il mio provino. Proprio adesso che ero quasi grassa. E ce l’avevo quasi fatta. Guardarsi allo specchio. Penso. A cosa avrebbe fatto il mio piccolo papà. Penso. Respiro. Penso. Respira. Piano. È la mia ultima occasione. Non posso permettermi di perdere il mio treno. Il mio appuntamento con la storia. Oltrepassare la linea gialla. Forza. Buttati. Riprendi gli spaghetti, con le mani. Riprendi in bocca tutto. Riprendi la mozzarella, in pezzi. Riprendi il mio paese. La mia patria. E la nazione. Riprendi in bocca tutto, con le mie mani. Riprendi la merda, tutta la merda, nella mia bocca. Sì. Ecco. Così. Pezzo per pezzo, tutta la merda e il mio paese nella mia bocca. Mangia. Mangia. Mangia. Sì, mangio. Mangia. Sì, mangio, mamma, mangio. Coraggio. Rimangio tutta la mia merda e sono gonfia, sul divano. E so cantare. E sono pronta, gorda, grassa, adiposa, fetida. Ho i buchi di grasso nella faccia, e nella testa. Così, come vogliono loro. E non mi fa più schifo. No. Non mi fa più schifo niente. IL SESSO MASCHILE LA NOSTRA BANDIERA, IL SESSO MASCHILE LA NOSTRA BANDIERA. Controfinale cantato, disperato, unplugged, blues, straziante. Un inno comico al disgusto, eseguito con raffinata sapienza canora. Frateeelli d’Itaaalia, l’Itaaalia s’è deeesta, dell’eeelmooo di Sciiipiooo, s’è ciiintaaa la teeestaaa. Dov’èee la vittooooriaaa? Le porga la chioooma, ché schiaaava di Roooma Iddio la creò. Frateeelli d’Itaaalia, l’Itaaalia s’è deeesta, dell’eeelmooo di Sciiipiooo, s’è ciiintaaa la teeestaaa. Dov’èee la vittooooriaaa? Le porga la chioma, ché schiaaava di Roooma Iddio la creò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam prooonti alla morte, l’Italia chiamò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam prooonti alla morte, l’Italia chiamò. Su gli applausi l’interprete ricopre la sua nudità con una stoffa tricolore, verde bianco rossa. 


Recensione: 
Il palco è occupato da una donna nuda dai muscoli contratti. In preda alle convulsioni, vomita la sua bile in faccia all'Artefice del Cosmo. Il volto di questa dannata è una maschera atroce di sofferenza, stravolta come una gorgone urlante. Si consuma un atto di coprofagia pantagruelica, a cui segue una marea di acido gastrico che inonda il mondo intero - in particolare questo distretto di Malebolge che siamo abituati a chiamare Italia! All'ingestione di escrementi concettuali e alla conseguente violentissima espulsione di vomito fecaloide, segue una nuova ingestione della densa materia rigettata, con successiva digestione e fuoriuscita dal deretano sanguinolento e suppurato! Tutto questo è ATELORREA! Vomito e scatofagia senza fine! Come in un dipinto entelechiano dello spettrale Roland Topor, il panico è assoluto, totalizzante! Sembra che all'orizzonte incombano nubi nere come il petrolio, foriere di una tempesta inconcepibile. Nubi di annientamento! La protagonista si trova a sedere su una montagna di deiezioni miste ad ogni tipo di liquame schifoso, che cola sulle colonie concentrate di Escherichia coli! Una morchia tenace, oleosa e nerissima, come petrolio! Talmente immonda da dare conati al solo pensiero, da rivoltare lo stomaco! La tensione lirica è incessante, a tratti insopportabile nella sua natura merdosa. Tutto ciò è pari ai più profondi deliri infernali di Dante! Queste sono cose etterne, fatte di una sostanza abominevole che non può venir meno. Come negli Inferi degli antichi Egiziani, in cui i dannati camminano a testa in giù defecando dalla bocca! In alcuni passaggi si raggiungono vette incredibili, paragonabili a quelle del Sommario di decomposizione di Cioran! È un olocausto visceraleUna simile capacità di sputare sulla realtà, sull'Esistenza, è quanto di più sublime possa esistere! 
P.S.
Ai nostri tempi, un'opera teatrale di una tale potenza non potrebbe più essere creata! Se La Merda viene ancora rappresentata, è soltanto per pura e semplice inerzia. Non soltanto l'uso del suo linguaggio susciterebbe le furie dei fanatici buonisti politically correct (figuriamoci se sarebbe possibile usare parole come "handicappato" - per non parlare di cazzi scappellati da una tredicenne): l'uso delle parole dell'Inno di Mameli sarebbero considerate un sacrilegio dalla Piccoletta Biondiccia e dai suoi mirmidoni! Il termine tecnico è "vilipendio".

Il linguaggio destrutturato dei giornalisti

Quando leggo sui siti del Web titoli come "La Merda di Silvia Gallerano e Cristian Ceresoli", nella mia mente si materializza l'immagine dell'attrice e dell'autore che smerdano in un enorme bacile: dai loro ani esce una quantità impressionante di pastone escrementizio, denso e fetido! Di quello greve, schifoso, che si fa un'enorme fatica ad asportate dal perineo con la carta igienica, perché consiste in una scia incancellabile di tarzanelli scuri. Si consumano mezzi rotoli e ne resta traccia anche dopo essersi fatti il bidet! Si capisce che i giornalisti introducono nella realtà tali distorsioni da alterarne in modo permanente il tessuto ontologico! 

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Ho raccolto alcuni interessanti frammenti di recensioni e di critica teatrale, che riporto qui come una specie di collage.

La Merda: il grido disperato di un essere umano 

"Sei volte a Milano per sei sold-out. Uno spettacolo che vuole essere un urlo di dolore: scritto da Cristian Ceresoli, interpretato dalla straordinaria, ironica, infantile e dannatamente feroce Silvia Gallerano. "La Merda" è un fiore all'occhiello del teatro contemporaneo, e nel 2019 sarà a New York..."
(StarsSystem Magazine, 2012, YouTube.com)

"La merda è un monologo scorretto che se la prende con tutto e tutti, non per un atto di cinismo e di mero nichilismo ma per richiamarci a un significato diverso dell’esistere. La protagonista della pièce accetta di tutto. Ingoia, ingoia, ingoia. Accetta tutta la merda che viene proposta come se fosse la cosa più naturale del mondo. Riesce persino a giustificarla. Soltanto nell’atto finale si renderà conto di quanto questo nutrirsi di merda sia devastante, e come debba essere chiamato col suo vero nome, merda."
(Gianfranco Falcone, 2022, mentinfuga.com)

"La Merda si conferma uno spettacolo rivoluzionario per la portata del messaggio che colpisce tutti, donne e uomini, che si possono rispecchiare sulla superficie del corpo nudo di una donna che grida il suo dolore, la sua rabbia e la sua solitudine."
(Francesca Nardelli, 2019, teatro.it

All'Italia con disgusto 

"Il monologo femminile – ma scritto da un uomo – ha dunque la stessa struttura dell’alimentazione: nutrimento, trasformazione, defecazione tramite un flusso interiore che la liberi, la purifichi da tutto questo, la rinnovi del disgusto in cui ha condotto chi la ascolta quando anche la materia espulsa costituisce nuovo nutrimento. Ha intensità e padronanza di mezzi Silvia Gallerano, è urgente e nobile il progetto di Cristian Ceresoli (e di Marta Ceresoli, che con lui lo produce), ben scritto il suo testo e cadenzato con sapienza sulla scena, ma mi resta in fondo una vaga sensazione di essere in un luogo in cui davvero molto difficili sono il dibattito e il conflitto, in cui non si saprà mai evadere dall’adesione, dall’applauso, dalla complicità di riconoscersi fuori dal male cui si fa riferimento."
(Simone Nebbia, 2012, teatroecritica.net

Curiosità: 

Nel 2016, accadde un fatto increscioso: a Torino, un'azienda di trasporti rifiutò la pubblicità alla meritoria pièce teatrale. Siccome il titolo "La Merda" avrebbe potuto "offendere il pudore", ne vietò l'affissione sulle fiancate degli autobus e dei tram. Come se i bigottoni fossero privi di funzioni escretorie. Come se fossero in grado di far sparire tutto il cibo ingurgitato, nel nulla, come per un gioco di prestigio. Certo, non stupisce più di tanto che ciò sia accaduto proprio nella città di Piero Angela, che in decenni di opera di divulgazione scientifica non nominò mai l'esistenza delle feci. 

Questo riportò Andrea Gianbartolomei il 5 febbraio 2016, commentando l'accaduto: 

"L’autore ha provocatoriamente deciso di cambiare il nome del suo monologo in La Cacca. In un post su Facebook esprime il suo rammarico: «Non è questa, in verità, la forma di censura che più ci umilia e progressivamente va distruggendoci» spiega. «Quella più pericolosa è una più oscura e subdola, che si manifesta attraverso una sorta di isolamento, che qui in Italia ci viene imposta»."

mercoledì 5 aprile 2023


TRE SULL'ALTALENA
 
 
Autore: Luigi Lunari 
Anno di composizione: 1990 
Prima assoluta: 10 luglio 1990 
Lingua originale: Italiano 
Genere: Commedia 
Sottogenere: Commedia paradossal
Tempi:
Edizione di debutto (1990): Teatro dei Filodrammatici
II edizione (1993): Compagnia Pambieri-Tanzi-Beruschi 
III edizione (1994): Compagnia Campogalliani 
- Seguono numerose altre edizioni - 
Regia (Filodrammatici, 1990): Silvano Piccardi 
Regia (Pambieri-Tanzi-Beruschi, 1993): Silvano Piccardi 
Regia (Campogalliani, 1994): Aldo Signoretti 
Titoli in altre lingue: 
   Francese: Fausse adresse 
   Tedesco: Drei auf der Schaukel 
   Inglese: Three on the swing 
   Spagnolo: Tres en el columpio 
   Russo: трое на качелях 

Interpreti e personaggi (1993): 
  Antonio Guidi: Il Commendatore 
  Enrico Beruschi: Il Professore
  Giuseppe Pambieri: Il Capitano 
  Lia Tanzi: La donna delle pulizie 

Nota: 
In almeno un'altra edizione successiva ci sono stati "cambi di sesso": il Commendatore è diventato la Signora, il Professore è diventato la Professoressa, la donna delle pulizie è diventata l'uomo delle pulizie. Inoltre il Capitano, oltre al sesso ha cambiato grado, è diventato Sergente. Questi sono gli interpreti e i personaggi dell'edizione con regia di Sebastiano Boschiero (2021): 

  Marisa Gianni: La Signora
  Alessandra Tesser: Il Sergente
  Angela Caltanella: La Professoressa
  Mattia Mometti: L'uomo delle pulizie 

N.B.
A differenza di quanto accade nel cinema, nel teatro si rivela un'impresa quasi disperata reperire informazioni complete e attendibili. Ad esempio, mancano gli interpreti della versione di debutto del 1990.
 
Sinossi (da Teatro.it):
Un commendatore, un capitano dell'esercito ed un professore, si trovano nello stesso luogo per tre ragioni diverse: il primo per un incontro galante, il secondo per trattare un acquisto di materiale bellico, il terzo per ritirare le bozze di un suo libro. Ma cos'è esattamente quel luogo? Un albergo “discreto”, un luogo di affari, o una casa editrice? È possibile che tutti e tre abbiano avuto l'indirizzo sbagliato? La strana situazione si aggrava per la circostanza di un'improvvisa esercitazione anti-inquinamento che impedisce loro di uscire da questo posto ambiguo, costringendoli a passarvi la notte. I tre cominciano a sospettare che potrebbero trovarsi in un'anticamera per l'aldilà... probabilmente loro sono morti e stanno lì in attesa del Giudizio! 

Un estratto:

IL PROFESSORE - No, no, non è niente di complicato. Le faccio un esempio. La frase "Finché la barca va, lasciala andare". Tratta, come dice lei, da una canzone... non è particolarmente intelligente. Giusto? 
IL CAPITANO - Giusto.
IL PROFESSORE - Bene. Ora state a sentire. (Apre il librone nero che gi abbiamo visto nelle mani del Commendatore e legge, con tono biblico) Ed egli allora vide la barca di Simon Pietro e dei suoi fratelli che, spezzati gli ormeggi, veniva trascinata dalla corrente al largo del lago di Tiberiade. Simon Pietro sporgevasi dal bordo, e tendendo le braccia verso di lui, gridava tra le lacrime: "Rabbi, rabbi, non vedi che si sono spezzati gli ormeggi, e la corrente ci trascina verso la malvagia Samaria? Perché non ci soccorri?". Ed egli, senza allontanarsi dal gruppo dei fedeli che lo circondavano, così gli rispose: "Simon Pietro, uomo di poca fede, credi tu che un ormeggio possa spezzarsi senza che ciò sia da sempre previsto nella mente del padre mio che nei cieli? In verità in verità ti dico: finché la barca va, lasciala andare." 
IL CAPITANO - Hai visto i parolieri? Copiano proprio da tutto.
IL COMMENDATORE - Questo sarebbe nel Vangelo?
IL PROFESSORE - No. L'ho inventato io.
IL CAPITANO - Come, come?...
IL PROFESSORE - Ma semplicissimo. In letteratura ma che dico, in letteratura: nella vita! non è vero che non è l'abito che fa il monaco! L'abito fa il monaco. La stessa identica frase, in una canzonetta è una cretinata, ma ben ambientata sul lago di Tiberiade, in bocca a uno tutto drappeggiato, con opportuna messa in scena, preceduta da "in verità in verità vi dico" diventa una di quelle cose che poi dai pulpiti te le commentano per duemila anni.
(Pausa e perplessità) 
IL COMMENDATORE - E allora, cosa significa?
IL PROFESSORE - Wittgenstein l'aveva detto: la filosofia è la lotta dell'uomo contro le ambiguità del linguaggio.
IL COMMENDATORE - Lasci perdere Vitt... quello là. Arrivi al dunque.
IL PROFESSORE - Il dunque, caro signore, è che effettivamente può avere ragione lei. Il significato di tutto quello che quell'uomo ha detto dipende da chi è, o anzi: da chi crediamo che sia. Se è lo Spirito Santo... e beh: ogni sillaba pronunciata ha una valenza incredibile e misteriosa. Ma se è uno spazzino, come ovviamente non può che essere, non esiste nessun doppio fondo: la cretinata rimane cretinata. 


Edizioni del copione:

Titolo: Tre sull'altalena
Autore: Luigi Lunari
Ia edizione: 1994
IIa edizione: 2009
Lingua: Italiano
Editore (1994): Rizzoli
Collana: BUR Teatro
Editore (2009): ‎Book Time
Lunghezza stampa: 96 pagine
Codice ISBN (1994): 9788817169844
Codice ISBN-10 (2009): 8862181450
Codice ISBN-13 (2009): 978-8862181457  

L'autore (da Ibs.it): 
Luigi Lunari (1934-2019) drammaturgo, romanziere, storico e saggista, è stato per vent’anni al Piccolo Teatro di Milano con Grassi e Strehler. Nel 1991 ha scritto Tre sull’altalena che, dopo un trionfo al Festival di Avignone, è stata tradotta in ventisette lingue, è correntemente rappresentata in tutto il mondo e ha aperto la strada ad altri testi, quali Il senatore Fox, Nel nome del padre e Sotto un ponte, lungo un fiume… (rappresentati anche a Parigi, Tokyo e New York). Al di fuori dell’impegno drammaturgico, ha scritto diversi saggi e tre romanzi. Per la collana i “Classici” di Feltrinelli ha curato I Viceré di Federico De Roberto (2011) e Il Cid di Pierre Corneille (2012). Ha tradotto e curato anche Ritratto di signora (2013) e Giro di vite (2017) di Henry James e tradotto Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (2013). 

Recensione: 
Vidi quest'opera teatrale molti anni fa in televisione. Era la versione interpretata da Enrico Beruschi. Mi è rimasto impresso il suo faccione barbuto, perennemente contratto in smorfie e tic, con gli enormi occhi strabuzzati che sembravano essere sul punto di uscire dalle orbite. Più che una commedia, direi che è una tragedia ontologica, non meno angosciante del Faust di Christopher Marlowe (The Tragical History of Life and Death of Doctor Faustus, 1590) o del film sulfureo Angel Heart - Ascensore per l'inferno (Angel Heart, Alan Parker, 1987). Solo in Italia si può reputare comica o umoristica quella che a tutti gli effetti è la dannazione eterna. Con grande fatica, sono riuscito a reperire informazioni più precise sulla rappresentazione beruschiana di Tre sull'altalena: fu trasmessa il 18 novembre 1995, su RaiDue. Per pura fortuna, a un certo punto mi sono imbattuto in una pagina di programmazione della Rai, sopravvissuta ai decenni allo stato fossile. Se già nel 1995 la commedia paradossale era stata trasmessa in televisione su RaiDue, non è possibile che la prima della Compagnia Pambieri-Tanzi-Beruschi fosse lo spettacolo del 1996 al Teatro Carcano di Milano, come pure è riportato su molti siti Web. Se anche il 18 novembre 1995 la commedia fosse stata trasmessa in diretta, c'è un altro fatto da considerare. Siccome nel libro edito da Rizzoli (1994) compare in copertina il faccione di Beruschi, in ogni caso la Compagnia Pambieri-Tanzi-Beruschi avrà portato in scena l'opera non oltre il 1994. 

Fisica quantistica in scena:
il paradosso del gatto di Schrödinger
 

I personaggi non sono né vivi né morti. Esistono e al contempo non esistono. Sono reali e al contempo sono irreali. La loro condizione è qualcosa che appartiene sia al mondo terreno che all'Oltretomba. Viene in mente qualcosa di ben preciso: la meccanica quantistica e un famosissimo Gedanken (esperimento concettuale) immaginato nel  1935 da Erwin Schrödinger. Eccolo illustrato per sommi capi:   

1) La scatola: 
Il gatto è chiuso in una scatola ermeticamente sigillata, di cui non si può osservare l'interno. 
2) Il meccanismo: 
Nella scatola è presente un meccanismo che, a seguito di un evento quantistico (ad esempio il decadimento di un atomo radioattivo), può rilasciare un veleno e uccidere il gatto. 
3) L'evento quantistico:
Il decadimento radioattivo, con conseguente uccisione del gatto, è un evento casuale, con una certa probabilità di verificarsi. 
4) Lo stato del gatto:
Fino a quando non si osserva la scatola, il gatto si trova in uno stato di sovrapposizione: è sia vivo che morto, con una certa probabilità per ciascuno stato. 
5) L'osservazione:
Quando si apre la scatola e si osserva il gatto, lo stato di sovrapposizione "collassa" e il gatto è o vivo o morto, con una probabilità determinata dallo stato dell'evento quantistico. 

Schrödinger usò questo esperimento concettuale per rimarcare la differenza tra il mondo microscopico (descritto dalla meccanica quantistica) e il mondo macroscopico (descritto dalla meccanica classica). Le leggi della meccanica quantistica, che permettono la sovrapposizione, non sembrano applicabili a oggetti macroscopici come un gatto. L'esperimento evidenzia anche la questione dell'osservazione e del ruolo dell'osservatore nella meccanica quantistica. Eppure, a quanto pare, è stato possibile applicarle a Beruschi! 
La scatola in cui sono rinchiusi i personaggi sembra una buca di potenziale con dentro alcune particelle confinate: ogni tentativo di fuga è impossibile. Quando il Professore cerca di uscire, trova un'insormontabile barriera di pioggia battente che lo costringe a rientrare. Lo stesso meccanismo d'azione vanifica nel finale ogni possibilità di ristabilire la normalità del mondo dei vivi!  
Traendo spunto dalle stranezze estreme della fisica quantistica, Lunari fa riflettere sull'impossibilità sostanziale di conoscere ciò che si estende oltre la soglia della misurabilità. L'esistenza, descritta da leggi che ci appaiono logiche, non è tuttavia logica: possiamo sempre chiederci perché diamine esista qualcosa e non il Nulla - oppure perché diamine le cosa stiano proprio come stanno e non in modo diverso. Anche la metafisica non è logica: se ci ritrovassimo all'Inferno, non dovremmo poi stupirci più di tanto! 

Curiosità

Talvolta l'autore, Luigi Lunari, viene erroneamente citato come Luigi Lunardi

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Riporto alcuni frammenti trovati nel Web, riferiti ad alcune tra le innumerevoli edizioni. 

"In scena l’equivoco della vita, la drammaticità dell’ironia e l’irresistibile risata nel dramma insolubile e insoluto. Se fuori tutto è fermo, a causa di una prova anti inquinamento, sarà il nostro futuro?, che costringe tutti al chiuso con tutto spento, in quella sala anonima che potrebbe essere una casa editrice, o una ditta o una pensione per incontri d’amore, la vita non si ferma, perché si parla, ci si confronta, si litiga anche, si ride, si ha paura. Ma di cosa si parla, si litiga, si ha paura? Della vita? Della morte? E a che serve parlare della vita se basta viverla? E a che serve parlare della morte se è assenza di vita? E perché averne paura?" 
(Isabella Ferrara, 2016, apemusicale.it

"La regia è attenta al ritmo, ai movimenti, gradazioni di toni, luci e ombre sono ben rese. Gli attori, bravi a rendere vive non solo le parole, ma anche le emozioni, le sfumature dei personaggi. Ogni gesto è studiato. La scena è scarna, essenziale, tutto in bianco e nero, linee rette, figure geometriche sul pavimento, si sta giocando una partita a scacchi? Un punto di domanda sul cuscino del divano  evoca un “non luogo”. Se i contesti e i luoghi creano le parole, che cosa creano i “non luoghi”? Precarietà? Provvisorietà? Insicurezze? Le persone transitano nei non luoghi, ma nessuno li abita, nulla è definitivo. Nel finale, un improvviso e inaspettato coup de théâtre, ci spinge a dubitare ancora."
(Angela Villa, 2012, dramma.it

"Lo spettacolo, scritto nel 1989 da Luigi Lunari, affronta in chiave comica i dilemmi dell’esistenza: l’importanza del caso nella vita, la paura della morte e dell’ignoto, la religione, il senso della vita stessa, il libero arbitrio. Molto essenziale la scenografia. In un “non luogo” dove i tre si incontrano, infatti, predominano solo il colore grigio e il nero. Protagonista è la parola. Ci sono molte citazioni di autori famosi come Pirandello, Vico, Boccaccio, Schopenhauer, ciascuno vede ciò che desidera vedere. Shakespeare (la vita è una favola narrata da uno sciocco, piena di strepito, ma senza significato alcuno); Cartesio (cogito ergo sum); dei filosofi stoici (finché vivi la morte non c’è, quindi perché averne paura? Quando la morte arriva tu non ci sei più, come potresti averne paura?). Ma anche del parroco del paese (dalla vita nessuno esce vivo!) e della canzone famosa di Orietta Berti (finché la barca va lasciala andare). Il ritmo è incalzante e coinvolgente. Il pubblico si diverte. Finale a sorpresa!?"
(Filomena Brancaccio, 2016, mydreams.it

"Il ritmo serrato e la fine ironia sono gli ingredienti forti di questa commedia definita da Dario Fo: “Una macchina di fantastica fattura. Io l’ho letta di un fiato, ridendo a bocca spalancata. E’ una delle poche invenzioni teatrali per le quali valga la pena uscire la sera, sobbarcarsi il rito della vestizione, prenotare il biglietto e starsene seduti in una sala stipata di gente…”"
(Sebastiano Boschiero, 2021, strebenteatro.it)