domenica 30 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI WASSERMAN O IL GEDANKEN DI FRANKENSTEIN

L'opera del filosofo Ryan Wasserman (Western Washington University) ci spalanca le porte di un terrificante universo di vastità atroce, in cui ci si perde con estrema facilità. Il Gedanken di Frankenstein è una perla che rifulge in tale insondabile cosmo di orrori. L'autore ne parla in un suo articolo caricato sul suo accunt di Academia.edu: Personal Identity, Indeterminacy and Obligation (Identità personale, indeterminazione e obbligo). Il lavoro è accessibile e scaricabile al seguente url: 


L'esperimento concettuale è il seguente. Immaginiamo una macchina prodigiosa e frutto della Scienza, che sia in grado di operare sottili mutamenti nei corpi degli esseri umani. Questa macchina può agire su tutti gli organi del corpo, incluso il cervello. Alterando i neuroni e le sinapsi, apporta alla cavia umana cambiamenti psicologici, si suppone proporzionali ai cambiamenti fisici prodotti. Nel corpo di un esemplare di Homo sapiens ci sono all'incirca cinquanta trilioni (mille miliardi*) di cellule. La macchina è calibrata tramite un regolatore che permette di modificare un qualsiasi numero di cellule comprese da 0 a cinquanta trilioni. Come ci spiega Wasserman, se selezioniamo "0", la cavia umana emergerà dalla macchina (quasi) nello stesso modo in cui è entrata, perché non sarà sostutuita alcuna sua cellula. Se però selezioniamo "1", ecco che la macchina distruggerà una cellula a caso nel corpo della cavia, sostituendola con una cellula corrispondente presa dal corpo di Albert Einstein. Così se selezioniamo "2", le cellule sostituite saranno due, e così via: se selezioniamo "50.000.000.000.000", tutte le cellule saranno sostituite e ad emergere dalla macchina sarà una perfetta copia di Albert Einstein. 

*Nella convenzione anglosassone.

Passiamo a un secondo stadio dell'esperimento. Introduciamo nella macchina Frank, un killer condannato a morte per i suoi atroci crimini. Per rendere l'esperimento più drammatico, esaminiamo brevemente le aberrazioni di Frank. Egli è un pedofilo assassino e cannibale, che ha torturato nel modo più orribile le sue vittime violentandole da vive e da morte, girando snuff videos sui loro strazi, smembrandone i corpi e divorando gli organi interni. I delitti demoniaci compiuti da Frank sono nell'ordine di svariate centinaia ed egli si è sempre mostrato assolutamente impenitente. Se fosse liberato, si metterebbe ad adescare bambini e bambine per abusarne e infliggere loro sevizie fino alla morte, devastandone persino i cadaveri. Selezioniamo così "20.000.000.000.000" sulla manopola della macchina: ecco che venti trilioni di cellule del corpo di Frank, prese a caso, saranno rimpiazzate con altrettante cellule del corpo di Albert Einstein. Il risultato sarà una creatura che possiamo chiamare Frank-Einstein, per brevità Frankenstein. Orbene, qual è la vera natura di questo Frankenstein? Cosa definisce il suo essere? Forse Wasserman è animato dalla fiducia nella bontà di Albert Einstein e ignora un dato di fatto, che lo scienziato di Ulm fu un padre e un marito tutt'altro che esemplare. L'interrogativo metafisico è angosciante in ogni caso. Frankenstein è la stessa persona che era Frank? La sua natura può essere definita soltanto sulla base della biologia?

Dopo aver trattato il problema della continuità fisica e psicologica tra Frank e Frankenstein, ecco un nuovo interrogativo, ancor più spaventoso. Cosa dobbiamo fare a Frankenstein? Frank merita di morire per i crimini mostruosi che ha commesso, su questo non ci sono dubbi. Di più: egli merita di morire tra raccapriccianti supplizi, ad esempio tramite stritolamento tra gli ingranaggi, spezzato sulla ruota o bollito lentamente nell'olio. Ma che dire di Frankenstein? Se Frankenstein è Frank, siamo obbligati a mandarlo a morte, perché Frank è un killer pedofilo, torturatore e cannibale. Se tuttavia possiamo dimostrare che Frankenstein è diverso da Frank, che non si tratta dello stesso essere, allora cade l'obbligo di eseguire la condanna. Anzi, siamo obbligati a non uccidere Frankenstein se egli non è Frank. Esiste però un'altra possibilità. Se non si può determinare in alcun modo se Frankenstein è o non è Frank, allora non è neppure determinabile se tale essere meriti o meno di essere mandato a morte! In altre parole, la domanda se Frankenstein meriti o meno di morire... è una domanda vuota. Wasserman salta sulla sedia, esclamando: "Pazzesco! Come può una questione di vita o di morte essere una domanda vuota?" Credo che quanto esposto sarebbe sufficiente a indurre al seppuku più di un legislatore. Naturalmente, il mio modello ideale di capo di nazione, Ezzelino III da Romano, non sarebbe affatto turbato dal problema morale: non distinguerebbe tra Frankenstein e Frank, non farebbe restare inoperoso il boia.

venerdì 28 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI WASSERMAN O I PARADOSSI TEMPORALI

Ryan Wasserman (Western Washington University, Facoltà di Filosofia) è l'autore del libro Paradoxes of Time Travel (ossia I paradossi del viaggio nel tempo), pubblicato nel dicembre 2017. Chiaramente questo Wasserman non va confuso con August Paul von Wassermann (1866-1925), lo scopritore del test per rilevare la sifilide. Il professore della WWU è specializzato in metafisica, etica e filosofia del linguaggio, ma si interessa anche di epistemologia, mente e filosofia antica.

I contenuti dell'opera sui paradossi temporali sono elencati in un file su Academia.edu


Li riporto in questa sede, a beneficio dei lettori. 

Preface

1. Introduction
 1. Time Travel
 2. ...And Not
 3. Possibility
 4. Paradoxes

2. Temporal Paradoxes
 1. Two Debates in the Philosophy of Time
   1.1 The ontology of time
   1.2 The reality of tense
 2. Eternalism and Time Travel
 3. Presentism and Time Travel
   3.1 The no destination argument
   3.2 The definitional argument
   3.3 The annihilation argument
 4. The Growing Block and Time Travel
 5. Special Relativity and Time Travel
 6. General Relativity and Time Travel

3. Paradoxes of Freedom I
 1. Stories of Self-Defeat
 2. Rewriting History
 3. The Branches of Time
   3.1 The branching timeline model
   3.2 The inconsistency objection
   3.3 The immutability objection
   3.4 The irrelevance objection
 4. Traveling in Hypertime
   4.1 The hypertime model
   4.2 Three advantages to the hypertime model
   4.3 Three objections to the hypertime model
 5. The A-Model of Past-Alteration

4. Paradoxes of Freedom II
 1. On Lewis’s Way Out
   1.1 Clarifications
   1.2 Applications
   1.3 Reactions
 2. Killing Baby Suzy
   2.1 Vihvelin on retrosuicide
   2.2 Vranas on retrosuicide
   2.3 Sider on retrosuicide
 3. The Problem with Banana Peels
   3.1 Horwich on coincidences
   3.2 Smith on fallacious reasoning
   3.3 Smith on tomato rolls
 4. Paradox without Freedom? 

 5. Causal Paradoxes

  1. Preliminaries
    1.1 Causal Loops
    1.2 Backward Causation
   2. The Bootstrapping Paradox
  3. The Ex Nihilo Paradox
  4. The Restoration Paradox
  5. The Frequency Paradox
  6. The Counterfactual Paradox
    6.1 Lewis’s theory
    6.2 Tooley’s argument
    6.3 Tichy’s hat and Morgenbesser’s coin
    6.4 A unified solution

6  Paradoxes of Identity
 1. Two Puzzles about Sameness and Difference
 2. Perdurantism and Self-Visitation
   2.1 Perdurantism and persistence
   2.2 Perdurantism, change, and self-visitation
   2.3 The problem with temporal parts
   2.4 The problem with person parts
 3. Endurantism and Self-Visitation
   3.1 Endurantism and persistence
   3.2 Endurantism, change, and self-visitation
   3.3 From relativism to compatibilism
   3.4 Endurantism and indiscernibility
 4. Mereology and Multi-Visitation
   4.1 The identification account
   4.2 The composition account
   4.3 The constitution account
   4.4 The elimination account
 5. The Strange Tale of Adam the Atom

References

Index  


Questa è la pagina su Goodreads.com dedicata al volume:   


Traduzione della sinossi:

Ryan Wasserman presenta un'esplorazione ad ampio raggio degli enigmi sollevati dalla possibilità di viaggiare nel tempo, tra cui il paradosso del nonno, il paradosso del bootstrapping e il paradosso gemello della relatività speciale. Egli sviscera le loro implicazioni sulla nostra comprensione del tempo, della tensione, della libertà, del fatalismo, della causalità, dei controfattuali, delle leggi della natura, della persistenza, dei cambiamenti e della mereologia. Paradoxes of Time Travel è scritto in uno stile accessibile e ricco di esempi divertenti di fisica, fantascienza e cultura popolare.

La domanda fondamentale dell'opera di Wasserman è se i viaggi nel tempo siano o meno possibili, ma a questo riguardo vengono distinti diversi tipi di possibilità. Ad esempio qualcosa può essere logicamente possibile (ossia in accordo con le leggi della logica), fisicamente possibile (ossia in accordo con le leggi della fisica), tecnologicamente possibile (ossia permesso dall'attuale livello di tecnologia). All'autore interessa soprattutto indagare se i viaggi nel tempo siano metafisicamente possibili (ossia permessi dalle leggi della metafisica). C'è però un piccolo problema. Quali sono le leggi della metafisica? La risposta a una simile domanda è per necessità fumosa. Nel miglior stile dell'Accademia di Lagado, una legge della metafisica sarebbe "una generalizzazione universale e idonea su cosa fonda che cosa", dove il "cosa" spazia su tutto l'esistente, e "la relazione rilevante in gioco è la relazione fondante non causale, che impone una struttura gerarchica alla realtà" (Andreoletti, 2018). Sembra abbastanza ragionevole, anche a parer mio necessita di un enunciato più robusto. Non va nascosto che la fonte della struttura gerarchica della realtà rimane un mistero e che la negazione della causalità continua a generare problemi. Come può qualcosa di non causale fondare una gerarchia? In ogni caso, la struttura argomentativa seguita da Wasserman è la seguente: 

1) Si dimostra che se il viaggio nel tempo è possibile, allora è possibile una data altra cosa, che varia caso per caso;
2) Si dimostra che quest'altra cosa (implicata dal viaggio nel tempo) è metefisicamente impossibile;
3) Ne consegue (sequitur) che il viaggio nel tempo è impossibile.

QED

L'impressione è quella del cane che si morde la coda. La nostra epoca è caratterizzata da un incredibile scetticismo nei confronti della causalità. In genere questa viene definita in modo empirico: se a un dato evento X segue un altro evento Y, e questo accade sempre - ossia in tutti i casi concepibili o anche soltanto analizzati - allora si assume obtorto collo che tra X e Y esista una relazione causale. Quella che manca è l'idea che Y sia presente già in potenza in X, che la configurazione spaziotemporale X abbia un qualcosa che porta alla configurazione spaziotemporale Y per sua intrinseca proprietà. Come a dire, se X è l'ingestione di un cicchetto di acido cianidrico da parte di un essere umano, Y è la morte per blocco della respirazione cellulare. Questo i moderni filosofi non lo capiscono: pensano che il blocco della respirazione cellulare sia solo per puro caso associato all'ingestione del cicchetto cianidrico. In altre parole, si aspettano che su un campione abbastanza grande di esseri umani, si troverà prima o poi qualcuno che non cadrà fulminato dall'acido cianidrico. Se la causalità fosse compresa correttamente, non ci sarebbe bisogno di tanti arzigogoli concettuali per capire che la retrocausazione è impossibile, e con essa il viaggio temporale nel passato. In altre parole, la retrocausazione è proprio ciò che rende impossibile la definizione del crononauta. Questo è particolarmente evidente nel cosiddetto paradosso del nonno, in cui un crononauta giunge nel passato uccidendo il proprio nonno ed eliminando così una causa fondante della propria esistenza fisica. Il mio pensiero è semplice: esiste un Censore Cosmico che impedisce un simile spostamento del crononauta verso il proprio passato. Senza questo Censore Cosmico, l'esistenza stessa sarebbe Tohu va-Bohu. Non possiamo capire la vera ragione e l'origine ultima di tutto questo? Poco male. Prima si impara a camminare, poi a correre. Per capire quanto la realtà sia vasta, basti un piccolo esempio. Una lucertola su un muretto non può comprendere la politica delle nazioni e l'economia: per lei siamo soltanto enigmatici gigantoni.

Wasserman è un sostenitore del modello dell'Ipertempo (Hyper-time), che postula l'esistenza di due dimensioni temporali. In questo modo il crononauta può agire su un passato diverso da quello che fonda la propria definizione. Per fissare le idee, un uomo si reca nel passato e uccide il proprio nonno, ma il passato così alterato non è quello che gli ha dato origine, perché si situa in una diversa dimensione temporale. Le due dimensioni temporali in questione, quella da cui proviene il crononauta e quella in cui suo nonno viene ucciso, fanno entrambe parte del complesso edificio dell'Ipertempo. Lo stesso Ipertempo può essere concepito come un blocco, mentre l'azione di viaggiare in una sua singola dimensione temporale corrisponde a una sezione, a una fetta. L'intenzione dell'autore è quella di risolvere i paradossi, ma è più probabile che invece ne aumenti a dismisura il numero e la gravità, come si vede se dalla concatenazione di eventi compiuti dal crononauta passiamo agli stati delle particelle subatomiche. Anche i processi digestivi danno vita a interessanti paradossi. Un crononauta dell'attuale Città del Messico mangia una fetta di pizza ora, poi si mette in viaggi, si materializza nella Tenochtitlan degli Aztechi quando regnava Montezuma II, e proprio allora la pizza ingurgitata viene digerita e trasformata in merda! Ci si addentra in un tale labirinto, non privo di connotazioni angoscianti, che si potrebbe restarci imprigionati per milioni d'anni senza mai concludere nulla di sensato. Un labirinto da cui il divieto metafisico dei viaggi temporali potrebbe salvarci!

mercoledì 26 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI VAN DE KERKHOF-LAHEY

Jakob Van de Kerkhof (University College Roosevelt, Middelburg, Zeeland, Olanda) e Ernestine Lahey (id.) sono gli autori dell'articolo Welsh Language Revitalisation: a Failure?, ossia La rivitalizzazione della lingua gallese: un fallimento?, pubblicato nel 2013. A dire il vero non mi è chiaro se davvero i due siano coautori, dato che Jakob Van de Kerkhof era all'epoca uno studente e Ernestine Lahey una sua docente: è possibile che l'accademica abbia semplicemente revisionato il lavoro del giovane e che per questo sia stata menzionata. Non essendo in grado di dirimere la questione, assumerò che il lavoro sia da attribuirsi ad entrambi. Il lavoro, ospitato da Academia.edu, è consultabile e scaricabile liberamente al seguente url:


Si tratta di un'analisi argomentativa per comprendere il fallimento del programma di rivitalizzazione della lingua gallese. Un fallimento miserabile, mi sia lecito aggiungere. 

Questo è l'abstract, da me tradotto in italiano: 

Il gallese è stato a lungo una lingua minoritaria nelle isole britanniche, accanto ad altre lingue celtiche come il cornico, l'irlandese e il gaelico scozzese. L'inglese è stata la lingua principale dell'isola per secoli. All'inizio del XX secolo, l'uso del gallese si è contratto a una velocità allarmante, da cui si deduce l'estinzione della lingua. In pieno XX secolo, l'uso della lingua gallese stava ancora diminuendo, senza alcuna speranza di accrescerlo in tempi prossimi. Nella seconda metà del XX secolo le proteste pubbliche e i fondi del governo hanno portato a un tentativo di rivitalizzare la lingua gallese. È interessante vedere se la lingua gallese ha fatto qualche passo avanti da allora, e la discutibile mancanza di progressi che i Gallesi hanno registrato.

Purtroppo non ho una conoscenza diretta del Galles, che senza dubbio è uno splendido paese. Tuttavia, data la natura altamente entropica del nostro mondo, è assai probabile che il governo del Galles sia formato da una classe dirigente corrotta e vorace, come del resto ogni governo di questo infame pianeta. Il punto è questo: è destino che ogni classe dirigente sia più nociva di una legione di ratti pestilenziali. Possiamo dimenticarcene e credere alla favola dei Teletubbies? No di certo. Una classe dirigente è il Male per definizione. Ciascun esemplare che compone detta associazione o cricca è nella buona sostanza un delinquente che cerca di trarre profitto da ogni situazione critica, friggendo l'aria per apparire desiderabile al volgo. All'inizio può sembrare di avere a che fare con un caso diverso, con un'eccezione, con qualcuno animato da ideali nobili. Poi, indagando meglio, si arriva sempre alle più deprimenti conclusioni. L'azione di questa élite faraonica e parassitaria si articola solitamente in obiettivi. Ecco gli obiettivi che riguardano il Galles e la sua augusta lingua, eredità dell'epoca di Artù: 

  1)  promuovere la crescita del numero delle persone che parlano e usano la lingua;
  2) dare alla gente più opportunità di usare il gallese;
  3) aumentare la confidenza dei parlanti con la lingua e il suo uso fluente;
  4) aumentare nella gente la consapevolezza del valore del gallese, sia come parte della nostra eredità nazionale che come utile capacità nella società moderna;
 5) rafforzare la posizione della lingua gallese nelle nostre comunità;
 6) promuovere una forte rappresentanza della lingua gallese tramite i media digitali. 


Saranno obiettivi realizzabili? Certamente, a patto di poter disporre della celeberrima bacchetta magica di Harry Fotter! 

L'autore dell'articolo sospetta che qualcosa non quadri. Queste sono le sue parole in proposito:

"In questa proposta, denominata 'A living language: a language for Living Welsh Language Strategy 2012-17' (Una lingua viva: una lingua per la strategia della lingua viva gallese 2012-17), il governo del Galles riconosce che la programmazione linguistica è un processo a lungo termine, e dichiara persino quanto segue: C'è poca evidenza esplicita che la fornitura di servizi in lingue minoritarie accresca il loro prestigio e il loro uso. Questo è interessante, dato che contraddice i numerosi servizi che il governo del Galles fornisce per facilitare i parlanti della lingua gallese. Indica che il governo del Galles sta correndo un rischio col programma di rivitalizzazione della lingua."

Purtroppo non seguono le conclusioni da queste premesse. Risparmio ai lettori i deprimenti dati statistici che dimostrano l'agonia della lingua che dovrebbe essere rivitalizzata, rimandando all'articolo di Van de Kerkhof-Lahey per approfondimenti. A suo tempo avevamo riportato qualche cifra del declino del gallese nel nostro commento al lavoro di Sabine Asmus, che invito a leggere: 


L'analisi dello studente della Zelanda e della sua tutrice non centra il problema al primo colpo. Questa è ad esempio una discutibile affermazione sulle minacce alla lingua gallese (pag. 9), tratto dal lavoro di Baker in Hornberger:

"La ragione per cui c'è così poca gente interessata a leggere il gallese è la preminenza della lingua inglese nel mercato librario del Galles." 

A dire il vero, si suppone che prima di poter leggere testi scritti in una lingua sia necessario prima parlarla. Ahimè, una cosa così semplice non viene capita. Si tratta poi diffusamente il grave problema della migrazione di anglofoni, ossia dell'immissione nel Galles di gente che non ha alcuna probabilità di apprendere il gallese, costituendo anzi una minaccia esistenziale alla sua stessa sopravvivenza. Di questo aveva già parlato la Asmus, che pure riteneva altri fattori più determinanti per spiegare il triste sfacelo del gallese. Fin qui nulla di nuovo. Eppure andando oltre nella lettura troviamo un'interessante intuizione (pag. 13): 

"Qui il governo del Galles si trova in un dilemma che non era stato previsto nei suoi progetti di rivitalizzazione o nei suoi progetti edilizi. Dove la costruzione di nuovi alloggi, che attrarrà inevitabilmente abitanti da fuori del Galles a causa dei bassi costi di proprietà, può portare benefici socioeconomici, questi nuovi abitanti non avranno con ogni probabilità alcuna conoscenza della lingua gallese (considerando la sopracitata differenza tra la competenza tra i nati in Galles e i nati al di fuori del Galles, che era 23 contro 8% (Luned Jones)) e contraddirà quindi il piano del governo per aumentare il numero di persone che usano e parlano la lingua." 

Finalmente si comincia a capire l'arcano. Coloro che governano il Galles non sono sprovveduti e hanno previsto tutto, agendo cum dolo: vogliono investire nell'edilizia, cementificare il paese e farvi migrare moltitudini di genti anglofone, per far sì che la lingua nativa sia eradicata completamente. Essi sono della stessa pasta dei nobilastri scozzesi che hanno tradito William Wallace e il suo sogno di libertà per leccare le emorroidi al Plantageneto in cambio di miserabili privilegi. Il programma di rivitalizzazione è soltanto uno specchietto per allodole. Non sembra in ogni caso che Van de Kerkhof abbia compreso appieno le drammatiche implicazioni di quanto da lui stesso scritto. 

Dialogo immaginario tra due politicanti 

- Ci sarebbe quella cosa delle lingue locali.
- Ma come? Abbiamo investito capitali immensi per farle estinguere. La loro esistenza danneggiava l'identità della nazione.
- Adesso però potremmo farci qualche soldo e accrescere la nostra popolarità.
- E in che modo?
- Semplice. Diciamo che intendiamo valorizzare le lingue locali, perché sono una parte fondamentale della nostra identità.
- Cosa si potrebbe fare in concreto? 

- Che ne so, organizziamo qualche concorso di poesia, mettiamo assieme una serie di corsi di formazione. Serve un po' di pressing per fare in modo che nelle scuole elementari ci sia un'ora settimanale di lezione sulle lingue locali. 
- Non so, sono un po' scettico.
- Non è importante che funzioni, anzi, non deve funzionare. Non vogliamo certo che quei bifolchi si mettano a parlare in qualche rozzo dialetto che di attuale non ha proprio nulla. 
- Comincio a capire cosa intendi.
- La gente sarà convinta che siamo difensori della cultura e delle tradizioni e ci darà una valanga di voti. 

- E faremo passare quella cosa della lottizzazione senza che nessuno ci faccia caso... 
- Bravo!
- Se poi qualche popolano si monterà la testa e ci darà delle difficoltà, ci basterà bollarlo come "fascista" o come "sovranista".
- Eleviamo lode a Beelzebub, il Sommo Dio della Corruzione!
- È cosa buona e giusta!


Una sentenza memorabile 

Nelle conclusioni dell'articolo è riportata una frase piena di amara verità, lasciata da un anonimo commentatore su un forum: "Se una lingua ha bisogno del supporto del governo per mantenersi in vita, forse non necessita più di vivere." Il punto è che la lingua di Cymru non ha affatto bisogno del supporto del governo per vivere, dal momento che ha in sé meno vita di un malato terminale. Se le genti avessero un po' di senno, forse comincerebbero a capire che nulla è l'utilità di cose come l'ora di lezione a scuola, i corsi di formazione, le trasmissioni radiofoniche o televisive, la stampa et similia: le pretese della classe dirigente equivalgono a pensare di poter insegnare il mestiere dell'orafo servendosi di un tutorial.

NOTE SUL LAVORO DI ENGBERG-LUBOTSKY

Nel 1992, durante lo studio di un manoscritto liturgico bizantino nella biblioteca dell'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, uno degli autori, la bizantinista danese Sysse Engberg (Università di Copenhagen), ha scoperto una trentina circa di note marginali. Queste note sono scritte in caratteri greci, ma per la maggior parte in una lingua non greca. La Engberg, di ritorno a Copenhagen, ha mostrato le glosse ai suoi colleghi, che non hanno saputo in alcun modo identificarne la lingua. Alla fine di una lunga ricerca, Alexander Lubotsky (Università di Leida) è stato in grado di risalire all'origine delle glosse: sono redatte nella lingua degli Alani, in pratica una forma di pre-ossetico. Una scoperta sensazionale, di cui nessun giornalista ha anche solo pensato di dare notizia al mondo. Già nel 2003 i due autori erano impegnati a preparare un'edizione di tutte queste note marginali con un esteso commentario sulla lingua, sulla paleografia e sul contesto liturgico. A quanto ho potuto appurare, tale edizione ha visto la luce oltre un decennio dopo, nel 2015, ma non è comunque consultabile né scaricabile gratuitamente in alcun sito Web. Il titolo è Alanic marginal notes in a Greek lyturgical manuscript. Sono invece disponibili su Academia.edu alcuni brevi articoli che riportano qualche informazione interessante. Purtroppo un corpus completo delle glosse alaniche non sono riuscito a trovarlo.



Il manoscritto di San Pietroburgo è un Prophetologion contenente lezioni sull'Antico Testamento, da leggersi nel corso dell'anno liturgico.  È stato copiato nel 1275 da un diacono di nome Ioannes per un prete di nome Chrysos in qualche luogo della sfera d'influenza bizantina, dove era presente una comunità di Alani, genti di lingua indoiranica, dello stesso ceppo a cui appartiene il persiano moderno. Un'analisi paleografica ha permesso di datare le glosse marginali al XIV o al XV secolo. Se tra gli Alani nessuno avesse avuto la discutibile abitudine di pasticciare i libri, non sarebbero giunte a noi le preziose informazioni trovate dalla Engberg. Per il sistema scolastico italiano, questo popolo glorioso è  una semplice nota a piè di pagina nei manuali di storia, un nome a cui è stato apposta la solita etichetta degradante: "barbari". Riporto alcune delle glosse estratte dal Prophetologion in questione e trattate da Lubotsky:  

ἀστέμακ /a'stemag/ "ottavo" 
    ossetico: æstæjmag 
ἀυτεσήρ /avde'sɛr/ "lunedì"
    ossetico (Digor): avdisær (lett. "settima testa")
ἠστιπαν /esti'ban/ "giorno di festa"
    ossetico (Digor): istbon
ζιρὴν /dzi'rɛn/ "aureo, d'oro"
    ossetico: zærijnæ / zærin
κὰμ /kam/ "bocca"
    ossetico: kom
πάν /ban/ "giorno"
    ossetico: bon
στούρ /stur/ "grande"
    ossetico: (æ)stur / styr 
χουτζάου πάν /χu'tsau ban/ "domenica"
  ossetico: xwycawbon / xucawbon 


L'uso di lettere corrispondenti alle occlusive sorde per trascrivere le occlusive sonore non deve stupire: all'epoca la lettera beta trascriveva una fricativa simile alla nostra /v/, così non poteva essere adatta per trascrivere un'occlusiva sonora /b/. Per questo motivo lo scriba ha usato la lettera pi allo scopo. Lubotsky fa notare che questo uso era già vigente in una frase trascritta da Giovanni Tzetzes nella sua Teogonia (XII sec.): 

ταπαγχὰς /dabaŋ'χas/ "buon giorno a te"
   ossetico (Digor): dæ bon xwarz   

   Lista di glosse di Jász (XV sec.): daban horz

Sul foglio 107r del Prophetologion, vicino al greco μη(νὶ) σεπτ(εμβρίω) η´ εἲς τ(ήν) γέννησιν τῆς ὑπ(εραγίας) θ(εοτό)κου, ossia l'8 settembre, il compleanno della Santissima Madre di Dio, compare la scritta alanica ἀστέμακ πάν "l'ottavo giorno". Corrisponde alla perfezione all'ossetico moderno æstæjmag bon. 

Sul foglio 116v del Prophetologion, vicino al greco μη(νὶ) νοεμβρίω ιγ´ τοῦ χρ(υσοστόμου), ossia il 13 novembre, vigilia di San Giovanni Crisostomo, compare la scritta alanica ζιρὴν κὰμ: il nome Crisostomo "Bocca d'Oro" è tradotto alla lettera. Deve essere sottinteso πάν "giorno": il nome della festa corrisponde alla perfezione all'ossetico moderno zærin kom bon, in Digor zærijnæ kom bon

Si noterà che nel greco bizantino i nomi dei mesi erano stati presi a prestito dal latino. 

Gli Alani: origine ed etimologia 

Il nome di queste fiere genti, trascritto come Ἀλανοί (Alanoi) dagli autori greci, si trova in latino come Alānī, più raramente Alaunī e in qualche caso persino Halānī. L'accento nelle forme latine è sulla penultima sillaba. Onde prevenire risolini e con buona pace della professoressa Fullin di Zelig, dirò che i cani chiamati alani prendono proprio il nome dall'omonimo popolo, che per primo li ha selezionati e allevati. Se vogliamo trovare due parole note a tutti e aventi la stessa origine del nome etnico in questione, queste sono Ariani e Iran. La radice è la stessa del sanscrito arya- "signore, nobile" e ārya- "ariano", dell'antico persiano ariya- "ariano" e dell'avestico airyō "ariano" - dove "ariano" indica i membri all'aristocrazia indoiranica. Le possibilità sono due: o l'etnico Alani deriva da un aggettivo *aryāna- "ariano", o da un genitivo plurale *Aryānām "degli Ariani". Gli ultimi superstiti degli Alani che parlano una forma moderna della loro lingua sono senza dubbio gli Osseti. Scampati ai massacri compiuti dai Mongoli, hanno trovato riparo nel Caucaso, dove tuttora abitano. Il nome che si danno è infatti Iron, la cui origine è subito evidente: Iron < *Alaun- < *Alān-. Cosa bizzarra, gli Osseti hanno una cattiva fama tra i loro vicini. Il georgiano Stalin fu sospettato di avere ascendenza ossetica, tanto che era soprannominato "Boia Osseto". 

Un infelice poeta bizantino

Ci è giunto un testo in alanico scritto da un poeta bizantino, il sopracitato Giovanni Tzetzes (circa 1100 - 1180). Questo infelice aveva sposato una donna di quel popolo... solo per trovarsi le corna! Si tratta di due frasi rivolte alla nobile signora, intercalate tra versi in greco. Riporto il componimento in questa sede, evidenziando la parte in alanico in corsivo grassetto.  

Τοῖς ἀλανοῖς προσφθέγγομαι κατά τήν τούτων γλῶσσαν
Καλή ημέρα σου αὐθεντα μου αρχόντισσα πόθεν εἶσαι
Ταπαγχὰς μέσφιλι χσινὰ κορθὶ κάντα καὶ τ’άλλα
ἂν ὃ ἒχη ἀλάνισσα παπὰν φίλον ἀκούσαις ταῦτα
οὐκ αἰσχύνεσσι αὐθέντρια μου νὰ μου γαμὴ τὸ μουνί σου παπᾶς
τὸ φάρνετζ κίντζι μέσφιλι καίτζ φουὰ σαοῦγγε

Su Wikipedia le frasi alaniche sono così translitterate:

"dæ ban xwærz, mæ sfili, (æ)xsinjæ kurθi kændæ"
"du farnitz, kintzæ mæ sfili, kajci fæ wa sawgin?"


Questa è la traduzione, con evidenziate in corsivo grassetto le parti tradotte dall'alanico:

Saluto gli Alani nella loro lingua: "Buon giorno a te, signora del mio signore, di dove sei?"
"Buon giorno a te, signora del mio signore, di dove sei?", e altre cose 
Quando una donna alana prende un prete come amante, puoi sentire questo:
"Non provi vergogna, mia nobile signora, che la tua fica sia fottuta da un prete?"
"Non provi vergogna, mia nobile signora, di avere una relazione con un prete?" 


Questo è il testo in ossetico moderno: 

"Dæ bon xwarz, me’fšini ‘xšinæ, kurdigæj dæ?"
"(De’) f(s)arm neč(ij), kinźi æfšini xæcc(æ) (ku) fæwwa sawgin"
 


E chi l'ha mai detto che lo studio delle antichità debba per forza riuscire privo di interesse ai moderni? 

Le glosse di Jász 

A Jász, in Ungheria, è stato trovato un testo contenente una raccolta di glosse risalenti al 1422. La lingua è di ceppo alanico: è considerata una dialetto ossetico. Forniamo alcune parole con il corrispondente in ossetico moderno per il confronto.

acca "anatra"
    ossetico: acc, accæ
ban "giorno"
    ossetico: bon
basa "minestra" 
    ossetico: bas, basæ
bax "cavallo"
    ossetico: bæx
carif "burro"
    ossetico: sarv, carv
da "tuo"
    ossetico:
dan "acqua"
    ossetico: don
docega "vacca"
   ossetico: dusgæ, docgæ
fit "carne" 
   ossetico: fyd
fus "pecora"
   ossetico: fys
gal "toro"
   ossetico: gal
gist "tipo di formaggio"
   ossetico: ængist
jaika "uovo"
   ossetico: ajk, ajka
kapken "pesce"
   ossetico: kæf
karak "pollo"
   ossetico: kark
kurajna "mulino"
   ossetico: kwyroj, kurojnæ
manavona "frumento"
   ossetico: mænæw, mænæwæ 
na "nostro"
   ossetico: n
æ 
odok "cucchiaio"
   ossetico: widyg, jedug
oras "lievito" 
   ossetico: wæras
osa "donna"
   ossetico: us, os
æ
qaz "oca"
   ossetico: qazh, qaz
saka "capra"
   ossetico: sh
ægwyt
sana "vino"
   ossetico: s
æn, sænæ 
vas "vitello"
   ossetico: w
æss 

Migrazioni ad Occidente

Gli Alani hanno partecipato alle migrazioni dei popoli germanici verso Occidente. Passarono il Reno nel 406 d.C. assieme ai Vandali e ai Suebi per stabilirsi dapprima nelle Gallie, poi in Iberia e addirittura in Africa, assieme ai Vandali fondarono il Regnum Vandalorum et Alanorum. Giunsero anche in Britannia e in Italia settentrionale. Esistono in Lombardia e in Piemonte due paesi che prendono nome da questi nomadi iranici: Alagna Lomellina (prov. di Pavia) e Alagna Valsesia (prov. di Vercelli). Entrambi i toponimi derivano da *Alānia. Sono rimaste tracce anche nell'onomastica personale. Il nome proprio maschile francese Alain, passato poi in inglese come Alan, altro non è che una continuazione di Alānus.