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venerdì 26 agosto 2022


ZOMBIE ASS 

Titolo originale: ゾンビアス (Zonbi asu)

Titolo in inglese: Zombie Ass: Toilet of the Dead
Lingua originale:
 Giapponese
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2011
Durata: 85 min
Genere: Orrore, commedia nera 
Sottogenere: Zombesco, scat horror   
Regia: Noboru Iguchi
Soggetto: Tadayoshi Kubo
Sceneggiatura: Noboru Iguchi, Ao Murata, Jun Tsugita
Produttore: Yasuhiko Higashi, Ken Ikehara, Masahiro
     Miyata, Naoya Narita 
Produttore esecutivo: Tadayoshi Kubo 
Casa di produzione: Arcimboldo Y.K. Gambit 
Distribuzione: Nikkatsu
Fotografia: Yasutaka Nagano
Montaggio: Takeshi Wada
Effetti speciali: Yoshihiro Nishimura, Tsuyoshi Kazuno
Musiche: Yasuhiko Fukuda 
Sottotitoli in inglese: Norman England 
Elettricista: Jun Kodama 
Interpreti e personaggi: 
    Arisa Nakamura: Megumi
    Asana Mamoru: Maki
    Mayu Sugano: Aya
    Danny: Naoi
    Kentarō Kishi: Take
    Kentarō Shimazu: Dottor Tanaka
    Yūki: Sachi
    Asami Sugiura: Zombie femmina
    Sayuri Sajima: Ai
    Demo Tanaka: Zombie nella latrina
    Hideki Karauchi: Contadino 
    Midori Aoyama 
    Yukihiro Haruzono 
    Kai Izumi 
    Sadashi Matsubayashi 
    Hiroaki Murakami 
    Masaki Nishimura 
    Masahito Okamoto 
    Masahiro Taniguchi 
    Satoshi Yamamoto 

Trama: 
Distrutta dal senso di colpa per il suicidio della sorella vittima dei bulli, una giovane studentessa di karate, Megumi, accompagna quattro amici più grandi in un viaggio nel bosco: la ragazza intelligente Aya, il suo fidanzato drogato Take, più stupido delle feci di un mulo, la modella a figura intera Maki e il nerd Naoi. Le cose iniziano ad andare da schifo quando quella scema di Maki trova un verme parassita all'interno di un pesce e lo ingoia, nella speranza che possa mantenerla magra (forse memore della famosa tenia della Callas). Più tardi, sconvolta dalle coliche, la modella è costretta a scaricarsi in una latrina esterna. Il verme parassita che aveva ingurgitato aveva evidentemente deposto le uova nel suo stomaco ed era uscito dall'ano durante il devastante attacco di diarrea. Mentre Maki è al cesso, scopre che c'è uno zombie nello scarico, una creatura tutta coperta di escrementi, che emerge e le afferrava le natiche. Tuttavia lei scoreggia, asfissiando il morto vivente fecale con una violenta scarica di gas intestinali fetidissimi! Un'orda di zombie merdosi fuoriesce dalla gigantesca fossa settica ed aggredisce Maki, inseguendola fino ad imbattersi nel resto del gruppo. Dopo una strenua lotta, i giovani vengono tratti in salvo dal Dottor Tanaka, che li ospita per la notte e offre loro un piatto di pasta. Il problema è che il cibo è infettato dalle uova di un parassita scaturito dall'intestino, il verme chiamato nekurogedoro: la cena è un vero e proprio atto di coprofagia! Il Dottor Tanaka si rivela un bizzarro scienziato pazzo che ha trovato il modo di far sopravvivere sua figlia Sachi, gravemente malata, grazie agli enormi vermi intestinali alieni, a cui in cambio fornisce esseri umani da trasformare in cagosi cadaveri deambulanti. I nekurogedoro sono creature spaventose, sembrano larve giallastre dal corpo segmentato, con due zanne acuminate e un piccolo cervello sul capo. Questo encefalo nudo è altamente circonvoluto e somiglia ai succulenti cervelli da panatura, quelli che si friggono! Il tossicomane Take è la prima vittima dell'infestazione e gli scoppia il cranio a causa dell'ipersensibilità del parassita alle sostanze stupefacenti. Aya e Naoi riescono a fuggire ma finiscono uccisi dai morti viventi. Megumi invece trova l'antidoto alla creatura infestante e lo trafuga, sconfigge la maligna figlia dello scienziato e quindi somministra il siero a Maki, guarendola così dal pestilenziale parassita. Salvata l'amica, Megumi assume essa stessa l'antidoto, quindi raggiunge il Dottor Kanaka e lo abbatte con un magistrale colpo di karate


Recensione: 
Per un appassionato viscerale dei film di zombie, una simile chicca non può assolutamente mancare! Questo è cinema estremo allo stato puro! Le sequenze raggiungono vette sublimi. Certo, non tutto è oro. Il finale in stile anime è assolutamente inguardabile. Le ragazzine volano come razzi supersonici, usando come propulsore il gas intestinale giallastro emesso con particolare violenza dai loro ani. Gli immensi vermi nekurogedoro, scaturiti dallo stesso orifizio che permette il volo tramite i getti gassosi, sono inturgiditi, sono così duri da essere utilizzati a mo' di armi. Una tenia come una katana! Queste trovate sono un po' troppo pacchiane, forse se ne poteva fare a meno. 


Zombie ricoperti di feci! 

Il passaggio dell'essere umano dallo stato bestiale alla civiltà ha comportato la proscrizione degli escrementi, come di molte altre cose, tra cui i cadaveri e le larve. Una barriera invisibile di tabù ha imposto il senso di universale ripugnanza, col comandamento di escludere dal perimetro della società il materiale intestinale espulso. Ora, con Iguchi, questi tabù millenari scricchiolano, mostrano segni di grave cedimento. Si prepara l'irruzione dei residui fecali nel mondo! I messaggeri di questa apocalittica trasformazione sono proprio gli zombie, i morti viventi merdosi! Giungerà di nuovo il tempo delle tribù coprofaghe! 

Anglo-giapponese asu "ano" 

Si nota che il termine アス asu "ano" è un semplice adattamento dell'inglese ass (volgare arse) "culo, ano", reso popolarissimo ovunque dalla capillare diffusione della pornografia di massa. La parola ass deriva dal protogermanico *arsaz e non ha nulla a che fare con il latino ānus "anello; ano"(da cui italiano ano, inglese anus /'eɪnəs/). La parola nipponica per indicare l'orifizio anale è 肛門 kōmon, che è derivata dal medio cinese kaewng mwon (alla lettera "porta del culo", pronunciato in attuale cinese mandarino gāngmén). Per sublime ironia, la stessa parola kōmon (ma scritta diversamente) indica anche la porta della scuola!
La trascrizione di anus in caratteri sillabici katakana è アヌス (anusu). La pronuncia adattata è quella del latino, non quella dell'inglese. Esiste poi il termine 糞垂れ kusotare, scritto in caratteri sillabici hiragana くそたれ, che però non indica affatto l'ano, come invece sostiene il traduttore di Google. Indica i frammenti di feci attaccati all'ano (ossia i "tarzanelli"), oppure uno scemo (traduce l'inglese shithead). L'equivoco è nato dal fatto che in inglese anus può essere usato anche per indicare uno scemo. L'etimologia di kusotare è presto spiegata: 糞 kuso significa "merda", "feci", mentre -tare deriva dal verbo 垂れる tareru "pendere": si parla di merda appesa! 
Cosa emerge da questo sintetico trattatello? Non è facile trovare la parola giapponese genuina per indicare l'ano. Forse ciò accade per un motivo molto semplice. In epoca feudale il tabù era così forte che probabilmente viene nascosto il corrispondente kanji (ideogramma) con una pronuncia kun (di origine giapponese). Sembra in effetti che il tabù dell'ano si manifesti tuttora in strane forme, come divieto di nominare tale sfintere, anche se poi sono moltissimi a leccarlo assai volentieri. Dopo ricerche approfondite e vane, sono riuscito infine a reperire il kanji in questione, grazie a un'illuminazione improvvisa. Mi sono ricordato che un demone (yōkai) molto caratteristico è lo Shirime, che ha l'aspetto di un omuncolo glabro e macilento con un occhio spalancato al posto dell'ano. Ebbene, il nome 尻目 Shirime significa "occhio delle natiche" e deriva da 尻 shiri, parola antica il cui significato era appunto "natiche", "ano". Lo 尻子玉 shirikodama è una mitica sfera, contenente l'essenza vitale, che si troverebbe proprio nell'ano degli esseri viventi. 


Etimologia di nekurogedoro 

La prima parte della parola, nekuro-, è un chiaro adattamento del greco νεκρο- (nekro-) "morto" alla fonologia giapponese. L'ho riconosciuto a colpo d'occhio. La seconda parte della parola, -gedoro, mi è parsa a lungo incomprensibile, non ravvisando alcuna corrispondenza plausibile nella lingua giapponese. Cercando in Google "nekurogedoro", non trovavo nulla di significativo o di utile sotto il profilo etimologico. Poi, all'improvviso, ho avuto l'illuminazione. Anche -gedoro è greco antico! Deriva da γῆ () "terra" e da δῶρον (dôron) "dono". Così ricostruiamo il nome originale come νεκρογηδῶρον (nekrogēdôron), adattato in giapponese come nekurogedoro. Significa "dono della Terra dei Morti". La traduzione è perfettamente sensata e coerente con la trama del film. Lo scienziato pazzo, chiama questa creatura aliena "dono" perché è la sola possibilità di sopravvivenza per la figlia. Inoltre proviene dalla Terra dei Morti: crea gli zombie! Evidentemente il professore era un cultore della lingua dell'antica Grecia, cosa non impossibile persino nel Paese del Sol Levante. Uno dei grandi enigmi della storia della Settima Arte è stato risolto! 


Critica  

Sono così ipnotizzato dal sito Il Davinotti, da prenderlo come modello delle recensioni e delle reazioni nel Web. Ecco la pagina dedicata alla pellicola di Iguchi: 


Questo è l'utilissimo cut-up ottenuto dal materiale davinottiano: 

"Art o fart?"
"Delirante, indecente, imbarazzante, insano, grottesco, il film del folle e irriverente Iguchi mostra una volgarità tanto estrema da risultare surreale" 
"Demenziali la trama, i personaggi e le ambientazioni" 
"Il commovente si alterna allo stomachevole"
"Ispirato ai manga, anzi, agli hentai giapponesi, questo zombi-movie tutto particolare mette in scena i più grossolani simbolismi erotici, oltre alle consuete ossessioni scatologiche dell'immaginario più perverso del sol levante" 
"abnorme, ripugnante e corrottamente cronenberghiano; trashivendolo di un "fulcianesimo" scatologico e demenziale"
"Spicca, più che la protagonista, la popputa Mayu Suganu"
"l'esilarante all'anime de li peggio morti viventi" 
"Chi pensa di aver visto proprio tutto in tema di zombi, non può perderlo" 
"A mio avviso le scene splatter e gore strizzano l'occhio anche al teutonico Schnass" 
"Sangue e dissenteria all'ennesima potenza!" 
"gas rettali, conati di vomito, tentacle rape, evacuazioni, insetti e parassiti mutanti" 
"vede nel prodotto interno lordo solido liquido gassoso la rivoluzione copernicana della deadsploitation
"copromania a tutto sbrocco" 

mercoledì 24 agosto 2022


LE NOTTI DEL TERRORE 

Titolo originale: Le notti del terrore 
Titolo in inglese: Burial Ground 
AKA: The Nights of Terror, The Zombie Dead, 
      Zombi horror, Zombie Horror, Zombi 3   
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 1981
Durata: 85 min
Genere: Orrore 
Sottogenere: Zombesco, etruscologico, incestuoso   
Regia: Andrea Bianchi (come Andrew White) 
Sceneggiatura: Piero Regnoli
Produttore: Gabriele Crisanti
Casa di produzione: Esteban Cinematografica
Distribuzione in italiano: Stefano Film
Fotografia: Gianfranco Maioletti
Effetti speciali: Gino De Rossi
Musiche: Elsio Mancuso, Berto Pisano
Trucco: Rosario Prestopino 
Segretario alla produzione: Mirella Cavalloro,
    Gianfranco Fornari 
Supervisore alla produzione: Marcello Spingi 
Reparto artistico: Giovanni Fratalocchi 
Tecnico sonoro: Umbreto Picistrelli 
Fotografo: Fabio Cavicchioli 
Reparto elettrico e telecamera: Paolo Cavicchioli, 
    Gianni Marras 
Continuità: Paola Villa 
Interpreti e personaggi: 
    Wilma Truccolo: Janet
    Gianluigi Chirizzi: Mark
    Simone Mattioli: James
    Antonella Antinori: Leslie
    Roberto Caporali: George 
    Mariangela Giordano: Evelyn 
    Pietro Barzocchini: Michael (come Peter Bark)
    Claudio Zucchet: Nicholas
    Anna Valente: Kathryn
    Raimondo Barbieri: Professore* 
    *Secondo IMDb.com sarebbe invece Benito Barbieri
    accreditato come Renato Barbieri, in contrasto con 
    quanto riportato da Wikipedia in italiano. 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Rückkehr der Zombies 
   Francese: Le Manoir de la terreur 
   Siciliano: Li notti du tirruri  
   Finlandese: Hautaholvi Helvettiin 
   Russo: Могильный холм 

Trama: 
Uno scienziato dalla barba imponente è ossessionato dai segreti degli Etruschi e studia un'antica cripta vicino a una grande villa. Nel corso degli scavi scatena accidentalmente un'antica maledizione malvagia. Il maleficio rianima i morti sepolti nella necropoli e gli zombie risorgono per divorare le interiora di colui che li ha evocati. 
Nello stesso giorno, il ricco castellano George visita la sua nobile tenuta di campagna insieme alla sua amante Evelyn e al grottesco figlio adolescente Michael, un essere nanesco e macrocefalo danneggiato dal conflitto di Edipo. Altri ospiti sono due coppie di amici, giunti per trascorrere una vacanza vacanza serena e spensierata. Il gruppo è inizialmente sorpreso dall'assenza del bizzarro scienziato che aveva promesso loro una buona notizia, ma presto prendono la propria strada. Separatamente, nel tardo pomeriggio le coppie fanno lunghe passeggiate nell'adiacente parco del castello.
Nel frattempo, le creature semidecomposte, gravemente lesionate e aggredite dai vermi, si alzano e camminano con decisione, emettendo strani rumori. La loro prima vittima è George, che, nonostante sia armato e opponga una strenua resistenza, viene circondato dalle creature e ucciso nel vicino padiglione. Prima di spirare, era riuscito con abnegazione a distrarre i mostri da Evelyn e Michael, che hanno colto l'occasione e sono fuggiti. Contemporaneamente anche le altre due coppie fanno la "conoscenza" involontaria dei cadaveri vivi, salvandosi per il rotto della cuffia fuggendo verso il parcheggio o nel castello. Lungo la strada l'attraente Janet cade in una tagliola e si ferisce in modo atroce un piede. Il suo amico, il fotografo Mark, dopo aver respinto un attacco di morti viventi, finalmente la libera dalla lama e cerca di condurla in salvo. 
Il gruppo si barrica nella villa assieme al personale di servizio. La fuga con le auto sembra impossibile, perché gli zombie, dando prova di un'intelligenza sinistra e inquietante, hanno tagliato le gomme. I morti viventi iniziano il loro assedio dopo il tramonto e mostrano livelli insolitamente alti di cooperazione e d'ingegno, riuscendo ad usare strumenti come le asce per sfondare le porte. Ogni volta che la situazione sembra essersi un po’ calmata, le creature riprendono le loro incursioni con immutata ferocia. Oltre all'uso degli strumenti, questi esseri ripugnanti possiedono anche inaspettate capacità di arrampicata, tanto da fare diverse vittime tra la servitù. Diventa presto chiaro che il rifugio, percepito come sicuro, non può resistere all'assalto dei cadaveri in decomposizione. Il grottesco Michael, dal cranio angoloso e deforme, simile a un'incudine, ha così tanta paura che cerca la vicinanza e l'amore di sua madre. La tocca avidamente, fa di tutto per palparle i seni morbidissimi, per prenderle in bocca i capezzoli e ciucciarli. Al culmine della sua passione incestuosa, le mette le mani tra le gambe, facendosi strada fino a quell'umido e tiepido passaggio da cui tempo prima era uscito come feto! La madre, turbata dalle avance del figlio, gli fa capire che non tollererà in alcun modo questo rapporto incestuoso. Michael rimane sconvolto dal rifiuto della donna che lo ha messo al mondo. Poco tempo dopo, il ragazzo disturbato viene ucciso e cannibalizzato dalla domestica Leslie, che era morta e ora è risorta come zombie, prima di cadere anch'essa vittima di Evelyn, che si vendica fracassandole il cranio. Nel frattempo, l'edificio nobiliare viene invaso da un'orda di zombi, così numerosi da non poter essere fermati. Il gruppo decimato decide di attirare tutti i mostri nell'edificio per ottenere così un vantaggio sufficiente per la fuga imminente. Il loro piano riesce, così scappano. 
All'alba, Mark, James, la traumatizzata Evelyn e la ferita Janet raggiungono quello che sembra essere un monastero sicuro, ma a un esame più attento si rivela essere una roccaforte degli zombie: i fratacchioni sono stati contaminati e trasformati in cadaveri deambulanti! In una sala di preghiera, James viene sopraffatto e le sue viscere sono divorate da un'orda di creature demoniache che vestono ancora il saio bruno. Come risultato di questo atto, consumato tra forti urla, anche lui si trasforma in uno zombie affamato di carne, mentre i tre sopravvissuti scappano. La loro odissea li porta in un'opificio lì vicino, anch'esso popolato da zombie. Tra questi esseri dell'Inferno c'è il risorto Michael, che non sembra toccato dalle forze ctonie della decomposizione. Non sembra appartenere a CALU. La sua pelle è rosea e florida. Piena di gioia materna, Evelyn lo prende tra le braccia, credendo che le sia stato davvero restituito dall'Ade. A questo punto Michael le morde il seno, la strazia e la uccide brutalmente. Alla fine delle sequenze, anche Janet e Mark vengono circondati e sommersi da un gran numero di zombie famelici. Non è fornita alcuna informazione su dove si trovino a questo punto. 

Citazioni: 

"Sembrano corrosi dal tempo!"
"È incredibile: dei mostri viventi!" 
"Mamma, questo coso odora di morte!" 

  
Recensione: 
Il filone incentrato sugli Etruschi aveva una certa importanza nel complesso universo dei B-movie italiani. Ad affascinare il pubblico era il mistero impenetrabile di questa civiltà scomparsa, percepita come lugubre, rivolta interamente all'Annientamento e proiettata in un Oltretomba incubico, infernale. In altre parole, una civiltà della Morte Eterna. Il lavoro di Andrea Bianchi ha una sua peculiarità degna di nota: a quanto ne so, è l'unico film "etruscologico" a trattare il tema degli zombie. Inoltre introduce un'ulteriore innovazione. Dà agli zombie una marcia in più, rendendoli in qualche modo sociali e tecnologici. Il morto vivente classico non è in grado di comunicare né di aggregarsi ai suoi simili lavorando per un fine comune, così come si dimostra incapace di servirsi di utensili. Ne Il giorno degli zombi (Dawn of the Dead, 1985), George A. Romero ci mostra un morto vivente che riesce ad usare una pistola, ma in seguito a un intenso addestramento e con grande fatica. Le notti del terrore pullula di morti viventi in grado di usare spontaneamente falci, asce, forconi e addirittura di cooperare per fondare un portone servendosi di un tronco come ariete. Indubbiamente si è prodotto qualcosa di nuovo, che però non ha potuto svilupparsi. Non è stato capito il genio. I film devono essere classificati per regista, non per genere, come molti si ostinano a fare. Pochi sanno che Andrea Bianchi, a cui si deve questa buona pellicola zombesca, ha diretto anche una ventina di film pornografici. Cosa ha a che fare la produzione porno con una pellicola horror come questa? A unire tutti i film biancheschi è sicuramente lo stile: una particolare luce cupa che pervade ogni meandro della creazione cinematografica. La critica, velenosa, odia mortalmente questo regista ispirato e inveisce, giudicando immondizia le sue opere. Me ne frego delle opinioni di simili mezze calzette e insorgo contro di loro: Le notti del terrore è un capolavoro immortale! Non m'interessa se i mezzi sono trash e minimalisti (corpi di morti viventi che sembrano di cartapesta, cervelli colanti che sembrano gelato alla fragola squagliato al sole, interiora fatte di liquame di uova marce, etc.). L'idea che anima il tutto è sublime! 


Rituali dell'Immortalità 

Era credenza degli Etruschi che ci fosse la possibilità concreta di ottenere l'immortalità recitando apposite formule. Chi si fosse trovato a dire le giuste parole davanti agli Dei, avrebbe avuto in automatico la Vita Eterna. Non esistevano requisiti morali di alcun tipo: una persona sadica e malvagia che avesse recitato correttamente ogni sillaba, avrebbe vinto la Morte. Queste formule sinistre non ci sono giunte, sappiamo soltanto che sono esistite. Sarebbe stato molto interessante poterle analizzare per amore della Conoscenza e della Filologia. Com'è ovvio, non si può credere che abbiano alcuna efficacia. Del resto, il film di Andrea Bianchi dovrebbe essere un monito sempiterno verso che si illuda di poter far durare oltre ogni limite la condizione dell'esistenza terrena. 
 

Morbosità estrema 

Anche se appena abbozzati, i contenuti incestuosi sono sconvolgenti. Una volta che li si è visionati, restano per sempre stampati nella memoria! Pietro Barzocchini (anglicizzato in Peter Bark) è l'attore che ha interpretato il figlio della sensualissima Evelyn, perennemente sconvolto da incalzanti pulsioni edipiche. A dispetto delle apparenze, non era affatto un bambino. In realtà era un adulto affetto da una forma di nanismo ipofisario. All'epoca delle riprese aveva circa 26 anni (è nato nel 1955) e si può ben immaginare che fosse capace di poderose erezioni. Il regista ha fatto ricorso all'utilizzo di un attore adulto perché doveva aggirare leggi che impedivano di impiegare minorenni in scene dai contenuti erotici o violenti. Dal canto suo, sembra che la splendida Mariangela Giordano non abbia particolarmente apprezzato il proprio ruolo basato sulle fantasie d'incesto dell'attore nanesco. In particolare, a proposito della sequenza del seno strappato a morsi, ha dichiarato quanto segue: 
 
"Quella scena era così ridicola. Non riuscivo quasi a mantenere la faccia seria. Avevo un seno di gomma adattato al mio, che sembrava così finto che non posso credere che qualcuno lo prendesse sul serio!"  

Mentre la Giordano ha potuto godere di una carriera cinematografica lunga e varia, così non è stato per Barzocchini, che in qualche misura è stato colpito dallo stigma. Se è vero che l'interpretazione nel film di Bianchi gli ha dato una certa notorietà, questa non è stata certo positiva. Il pubblico italiano ha una mentalità molto chiusa e piena di pregiudizi, non apprezza questo genere di cose. Ha il terrore superstizioso. La Giordano è stata considerata una vittima innocente delle attenzioni del figlio malefico, ritenute "disgustose" e in grado di far adirare l'Artefice. La colpa della rappresentazione scenica dell'incesto è quindi ricaduta interamente su Barzocchini. Perché tutto questo? Semplice: il pubblico mostra più facilmente clemenza verso una bella donna che verso un uomo dai tratti inusuali. 


Adozione zombesca 

L'opinione comune del pubblico e della critica è che gli zombie etruschi a un certo punto si siano travestiti da frati, indossando sai marroni, allo scopo di far cadere in trappola i fuggitivi. Mi stupisce che sia fatta un'ipotesi così contorta. Sono convinto che la spiegazione sia molto più semplice e diretta: gli zombie etruschi hanno contaminato i frati, trasformandoli a loro volta in morti viventi. Sappiamo che le persone uccise dagli zombie etruschi sono destinate ad essere assimilate a loro, a condividerne l'atroce destino. Si può parlare di una vera e propria adozione. Il bambino grottesco e incestuoso, una volta ucciso, diventa a tutti gli effetti uno degli zombie, anche se non sono presenti segni di decomposizione sul suo corpo abnorme, inquietante, orribile. È come se gli zombie, sia quelli etruschi che quelli adottati, formassero un tutt'uno, parti diverse di un unico essere animato dalla volontà dell'Ade!  

 
Le profezie del Ragno Nero 

Secondo Renzo Baschera, studioso di paranormale e misteriologia, il Ragno Nero era una persona reale ed era davvero un profeta. Era un oscuro monaco bavarese, vissuto nel XVI secolo; voci sparse lo danno invece per austriaco o addirittura italiano. Il suo vero nome ci è sconosciuto; un commentatore in IMDb.com ipotizza che si chiamasse Federico Martell, senza specificare la fonte della sua illazione. Il soprannome del monaco profetico derivava dalla sua abitudine di siglare ogni foglio da lui manoscritto con il disegno di un ragno nero, sopra al testo. Avrebbe predetto con sorprendente precisione una lunga serie di luttuosi eventi futuri come le due bombe atomiche sganciate sul Giappone a Hiroshima e Nagasaki, il disastro di Chernobyl e la pandemia di AIDS. Le sue previsioni, classificate per anno, arrivano fino al 2042, in cui colloca una "Grande Trasformazione", seguita dall'Era dello Spirito (nello stile di Gioacchino da Fiore). La "profezia" mostrata nel cartello alla fine del film, tuttavia, è apocrifa. Questo è il testo in inglese, che riporto con i refusi originali ("nigths" per "nights"; "profecy" per "prophecy"): 

The earth shall tremble... 
graves shall open...
they shall come among the living 
as messengers of death and there shall be
the nigths of terror... 
"Profecy of the Black Spider"

Traduzione: 

La Terra tremerà... 
le tombe si apriranno... 
verranno tra i vivi 
come messaggeri di morte, e ci saranno
le notti di terrore... 
"Profezia del Ragno Nero" 

Va notata una cosa alquanto singolare: delle profezie del Ragno Nero, pubblicate dallo stesso Baschera, che ne sarebbe lo scopritore, ci è ignoto il testo originale. Il mondo accademico le giudica falsi grossolani, della cui reale esistenza non esistono prove concrete - mentre sono numerosi gli indizi che siano una fabbricazione (le profezie sono chiarissime fino all'anno dell'edizione di Baschera, non esatte o incomprensibili per gli anni seguenti; non sembrano essere conosciute nel mondo germanico, etc.). Il nome tedesco del Ragno Nero, che dovrebbe essere Die Schwarze Spinne (Spinne "ragno" è di genere femminile!), viene spesso riportato in modo erroneo e non grammaticale, come Der Schwarze Spinne o addirittura Schwarzer Spinner. Nel Web si trova una gran confusione sull'ordine di appartenenza del monaco: c'è chi lo vuole Cistercense, chi Francescano. Nonostante queste gravi difficoltà, tra i cattolici tradizionalisti esiste la tendenza a considerare autentico il materiale in questione. Si giunge a una desolante conclusione. Andrea Bianchi ha composto un passo apocrifo attribuito a un testo con ogni probabilità a sua volta apocrifo. 

Curiosità 

Il set del laboratorio visto al culmine del film è presente anche in Inferno (1980) di Dario Argento, in Contamination - Alien arriva sulla Terra (1980) di Luigi Cozzi e in Apocalypse domani (Cannibal Apocalypse, 1980) di Antonio Margheriti. Era un set di interni situato proprio nei Des Paolis Studios di Roma. 

Uno degli zombie indossa chiaramente una maschera di Frankenstein di Boris Karloff con abbondanza di sangue e una parrucca aggiunta per oscurarne le origini. 

Il film è stato girato a Villa Parisi, già Villa Taverna Parisi-Borghese, a Monte Porzio Catone, nei pressi di Roma. È una delle dodici Ville Tuscolane. Per molti anni vi abitò Paolina Bonaparte, moglie del principe Camillo Filippo Ludovico Borghese. Se non ricordo male, era quella che ha posato nuda per una statua di Venere, mostrando le tette prosperose. Nel 1966 a Villa Parisi fu girato in gran parte il film La lama nel corpo, diretto da Elio Scardamaglia con lo pseudonimo di Michael Hamilton. Nel 2019 il regista Dean Craig vi ha girato il film Un amore e mille matrimoni, una deprecabile commedia romantica con Sam Claflin, Olivia Munn ed Eleanor Tomlinson. 

Le riprese del film bianchesco sono durate in tutto quattro settimane. Il Tricolore è visibile in una delle stanze in cui gli zombie attaccano. 

Errori 

L'acconciatura della bionda Janet cambia continuamente nel corso del film, anche tra un'inquadratura e l'altra di alcune scene. A volte ha i capelli crespi, a volte sono lisci.

Quando Michael viene mostrato morto, ucciso da Leslie, una delle sue braccia è stata rimossa. Si vede che la stessa assassina sta masticando la carne dell'arto amputato. Tuttavia, quando Michael ritorna come zombie nel finale del film, ha entrambe le braccia intatte.

Ad un certo punto, un personaggio dichiara giustamente che sparare alla testa degli zombie è l'unico modo per ucciderli, anche se non viene spiegato come sia arrivato ad avere questa informazione. Spara e uccide alcuni zombie con un fucile, poi dice che sono rimasti solo due proiettili. Quando gli zombie irrompono nella villa, il fucile e la tattica vengono presto dimenticati. Alla fine del film Mark colpisce gli zombie senza una logica, ma ormai dovrebbe sapere che l'unico modo per ucciderli è distruggere loro la testa.

Quando i sopravvissuti nella villa sono circondati su tutti i lati da zombie mangiatori di carne, in grado di usare strumenti, a un personaggio viene un'idea incongrua. Suggerisce così che gli zombie potrebbero semplicemente volere qualcosa che si trova nella casa. La sua soluzione è quindi aprire le porte e lasciarli entrare. Non che abbia importanza, dato che gli zombie sanno come usare un ariete con cui presto forzano la porta d'ingresso. Inoltre, la teoria secondo cui gli zombie desidererebbero qualcosa oltre a mangiare carne umana non viene mai ulteriormente spiegata. 

Ad un certo punto entrambi i gruppi di sopravvissuti si riuniscono davanti al castello con tre zombie visibili. Si sente una donna chiedere "dove andiamo adesso?", e lo zombie più vicino nell'inquadratura alza chiaramente la mano sinistra e indica con entusiasmo nella direzione e tutti corrono in quella direzione.


Critica 

Consiglio agli eventuali lettori, giunti in questo antro solitario, la lettura del cut-up ricavato dai commenti apposti sul famoso sito di critica cinematografica Il Davinotti


"Perla imperdibile del trash italiano che vanta numerosissimi estimatori" 
"Il fascino del brutto colpisce ancora, in questo imperdibile B-movie"
"Mega-cult del trash nostrano"
"Se siete in cerca di crasse risate questo è il film che fa per voi" 
"i dialoghi ridicoli, gli attori impresentabili, l'inverosimiglianza di alcune situazioni (frutto di una sceneggiatura pessima e grossolana) contribuiscono a renderlo indimenticabile" 
"Bianchi infiamma la libido con un'opera zozza e morbosissima, dove salta fuori l'indole del regista di Cora e La moglie di mio padre
"Effetti splatter artigianali ma copiosi, recitazione terribile da parte dell'intero cast, scene di una ridicolaggine quasi ricercata, incesti edipici con attori nani in vece di bimbi, dialoghi che brillano di luce propria"
"il putridume alla Oltretomba è servito con portate di puro weird marcio e puzzolente e l'ossessione incestuosa resta un must"
"squallidissimo, accatastato su una sceneggiatura (di Piero Regnoli) pressoché inesistente" 
"Va riconosciuto: per scalcinato che sia l’acting, il necro-serraglio etrusco di Bianchi un timor panico più certo che vago lo incute ancora oggi: un lebbrosario deossoriano, un défilé di putredo che i morituri romerian-fulciani te salutant" 
"lo zombi etrusco qui proposto (credo peraltro unico caso nel cinema) per i canoni di allora è assolutamente convincente" 
"Risvegliare il sonno dei morti (etruschi in questo caso) non sembra una grande idea" 
"Una zombata pazzesca" 
"Lo script del matusa dei generi, Piero Regnoli, è carne putrida più che riscaldata, di cui il sig. Bianchi compie perfetto apocalittico macello" 
"Zombie-movie all'amatriciana (anzi alla coratella) con un'atmosfera generale fra il demenziale e l'assurdo, ma non priva di qualche attrattiva divertente"
"Uno dei capisaldi dell'horror-trash nostrano" 
"Pessimo" 
"Bianchi annienta da subito ogni logica ammannendoci (ex abrupto) adolescenti inquieti, copule, magie etrusche e frati zombi putrescenti" 
"L'incedere del film, ipnagogico e macilento, è quello stesso degli zombi"
"Con assoluto mestiere Bianchi concilia "alla perfezione" erotismo patinato, pulsioni incestuose ed esplosioni ultra-splatter"
"Esilaranti la pistoletta con ben undici colpi e l'inopinata tagliola. Non male il trucco dei mortacci"
"Allucinante, indifendibile, quindi prezioso"
"Paradossalmente assume un certo fascino malgrado la pochezza che lo caratterizza e la completa assenza di trama"
"Bravo Andrea Bianchi!"
"Il narrato, che appiattisce il fantastico en plein air tra fontane e roseti, è oscenamente pedestre" 
"Non lesina in quanto a teste fracassate e smembramenti con tanto di frattaglie sempre in bella vista oltre che a zombi a non finire" 
"Mistico" 
"È un oggetto che lascia ipotizzare un composto di immagini plasmate secondo idee in libertà di cinema eversivo (a suo modo, ovviamente)" 
"Il più assurdo degli zombie-movie made in Italy e quindi, trashisticamente parlando, il più imperdibile"
"la violenza e lo splatter che malgrado tutto nel finale inquietano"
"Qui gli zombi sono evoluti (prima di Romero, chissà?): usano falci, martelli, picconi e addirittura travestimenti" 
"I soldi sono pochi e Bianchi non si perde in chiacchiere" 
"Bistrattata da molti per l'animo trash e amatoriale, la pellicola lascia invece il segno per questo suo modo di essere che rende le atmosfere più morbose, acide, malsane" 
"Conoscendo il pedigree di questo film, perfino all'estero, è impossibile aspettarsi neanche lontanamente un erede di Fulci" 
"la pellicola sconfina nello splatter e nell'eccesso di dettagli ripugnanti (zombie con i vermi, banchetti di interiora umane) che inutilmente cercano di coprire la modestia complessiva dell'opera"
"Film imprescindibile per tutti gli amanti del cinema trash italiano" 
"Indimenticabile (!) il personaggio del "piccolo" Michael, specialmente nel suo ricongiungimento finale con la madre"
"Il film più trash che i mie occhi abbiano mai visto" 
"Il film m'è piaciuto parecchio" 

lunedì 8 agosto 2022


TRILOGIA DEL TERRORE 

Titolo originale: Trilogy of Terror
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese 
Anno: 1975
Prima visione TV originale: 4 marzo 1975
   Rete televisiva: ABC
Prima TV in italiano: 7 dicembre 1978
   Rete televisiva: Rete 2
Formato: Film TV 
Tipologia cinematografica: Film a episodi 
Genere: Orrore, thriller 
Sottogenere: Magia nera, incesto, satanismo 
Durata: 72 minuti 
Colore: Colore 
Rapporto: 1.33:1
Regia: Dan Curtis
Soggetto: Richard Matheson
Sceneggiatura: William F. Nolan, Richard Matheson
Produttore: Dan Curtis 
Produttore associato: Robert Singer
Casa di produzione: ABC Circle Films, Dan Curtis
    Productions
Fotografia: Paul Lohmann
Montaggio: Les Green
Musiche: Bob Cobert
Scenografia: Leonard Mazzola
Costumi: Barbara Siebert
Trucco: Mike Westmore
Effetti speciali: Erik von Buelow 
Reparto musicale: Frank Kulaga 
Assistente alla produzione: Lois Kerst 
Interpreti e personaggi: 
    Karen Black: Julie/Millicent/Therese/Amelia
    Robert Burton: Chad Foster
    George Gaynes: Dr. Chester Ramsey
    John Karlen: Thomas Amman
    Kathryn Reynolds: Coinquilina di Julie
    Jim Storm: Eddie
    Orin Cannon: Portiere del motel
    Gregory Harrison: Arthur Moore
    Tracy Curtis: Tracy
Doppiatori e personaggi:
    Vittoria Febbi: Julie/Millicent/Therese/Amelia
    Pino Colizzi: Chad Foster
    Sergio Fiorentini: Dr. Chester Ramsey
    Manlio De Angelis: Thomas Amman 

Trama: 

1) Julie 
Un bulletto di nome Chad è arrapato al solo pensiero di toccare la sua professoressa di letteratura. Se la sogna nuda, vorrebbe penetrarla col suo cazzone durissimo. Trova così un sistema per riuscire nel suo intento. La corteggia con insistenza, fino a convincerla ad uscire con lui al cinema, in un drive-in. A questo punto le somministra una bibita in cui ha messo un sonnifero. Lei perde i sensi. Lui la porta in una camera di un albergo, la mette a letto e la fotografa nuda in diverse pose, quindi il giorno dopo inizia a ricattarla, pretendendo prestazioni sessuali, con la minaccia di divulgare le foto compromettenti in caso di ritrosia. Lei accetta e i due hanno una relazione, violando le leggi puritane che vietano ogni rapporto intimo tra insegnanti ed alunni. Lo studente si crede un gran furbo. Quando pensa di sperimentare il sesso anale, si trova con un'amara sorpresa. Scopre, stordito, che ora è proprio la professoressa ad averlo avvelenato e a rivelargli la sua natura di iper-predatrice. Si rivela a lui come una serial killer che dopo essersi accoppiata con innumerevoli giovani, li uccide in modo atroce! Prima che il bulletto spiri, non manca di umiliarlo, accusandolo di non avere fantasia, mentre altri suoi amasi le hanno leccato avidamente gli orifizi e i piedi! 

3) Millicent and Therese 
Millicent e Therese sono due sorelle gemelle. Dovrebbero essere identiche, invece sono tra loro diversissime. Mentre la brunetta Millicent è bigotta, puritana e timidissima, il tipico prodotto di un'educazione calvinista, la bionda Therese è esuberante, volgare e interessata a tutto ciò che dai religiosi è ritenuto morboso, perverso, orribile: pornografia, satanismo, stregoneria. Millicent affronta Thomas, l'amante di Therese, rivelandogli che lei le ha raccontato tutto di un evento immorale non specificato accaduto durante la loro relazione sessuale: forse lui le ha spinto il fallo nel deretano. Poi spiega a Thomas che a Therese non interessa nulla di lui, che sta solo cercando di corromperlo con il potere del Male. L'uomo, che è un evangelico ipocrita, fugge via terrorizzato. Millicent confida al suo amico e medico di famiglia, il dottor Ramsey, che sua sorella è dedita all'incesto e a mille diavolerie: ha fatto sesso con il padre, ha avvelenato la madre e la tiene prigioniera all'interno della villa, esultando per le sue azioni scellerate. Ramsey visita l'abitazione per parlare con Therese, che si avvicina a lui, volendolo fellare. Quando l'uomo rifiuta il pompino, lei si infuria come una belva e lo sbatte fuori di casa. Millicent scrive una lettera al dottore, spiegando che ha stabilito che Therese è diabolica e che la fermerà a costo della vita, utilizzando una bambola voodoo per ucciderla. Quando il medico entra in casa, trova Therese morta sul pavimento della sua camera da letto con la bambola accanto a lei, senza alcuna causa apparente di decesso. Rivela quindi che "Therese" e "Millicent" sono in realtà la stessa persona. Therese soffriva di un disturbo di personalità multipla a causa dell'incesto con suo padre e dell'assassinio di sua madre. "Millicent" non esisteva: era una personalità alternativa nata dalla sessualità repressa per far fronte all'orrore delle sue azioni aberranti. L'omicidio è stato in realtà un suicidio. 

3) Amelia 
Amelia è riuscita finalmente a raggiungere la propria indipendenza e ad abitare da sola in un appartamento proprio. La madre, una donna velenosa e odiosissima, non si rassegna alla cosa e telefona di continuo, volendo sapere ogni dettaglio della sua vita, in particolare ciò che riguarda il fidanzato. Amelia cerca di tenerla a bada: ogni venerdì sera esce a mangiare assieme a lei. Soltanto che per una sfortunata coincidenza, viene un venerdì in cui cade il compleanno del ganzo della giovane donna e l'appuntamento con la madre minaccia di saltare. Siccome la megera insiste come una colica renale, alla fine l'ha vinta. In occasione della ricorrenza, il regalo di Amelia è un orripilante feticcio degli Zuñi, un mostriciattolo rachitico con una dentatura da squalo. Una pergamena, allegata al simulacro, spiega che la catenina d'oro allegata al pacco deve sempre essere al suo collo, altrimenti lo spirito maligno che lo abita gli farà prendere vita. Amelia, che è materialista e irridente, non si cura dell'avviso. Così il feticcio si anima, la aggredisce e la strazia! Dopo una lotta terribile e molto sangue perso dalle ferite, la donna infila il mostruoso Zuni nel forno a microonde e lo brucia. Il problema è che lo spirito maligno passa in lei e la trasforma per indemoniamento in una predatrice dai denti aguzzi, pronta a macellare con un coltellaccio la propria madre afflittiva!  


Recensione: 
Il film a episodi di Curtis descrive tre tipologie femminili inquietanti quanto comuni nella realtà. Sono figure terribili che popolano da sempre gli incubi del genere maschile: la psicopatica omicida, la schizofrenica e l'indemoniata. A queste possiamo aggiungere un demone ancor più spaventoso, da cui tutte queste aguzzine traggono la loro origine: la madre nevrotica ossessivo-compulsiva. È la suocera, che è al contempo la Vedova Nera! Ne emerge un quadro spaventoso, manicomiale, aberrante. Chi cade vittima di questi esseri mostruosi è dannato in eterno! Ciò che porta un uomo sprovveduto ad essere seviziato dalle arpie è l'illusione del godimento sessuale. 

Tecnicamente parlando, non si può fare a meno di rilevare alcune cose che possono sembrare banalità: 

1) Karen Black interpreta tutti e tre gli episodi del film, per un totale di quattro ruoli diversi; 
2) Il film è un capoplavoro ed è riuscito ad acquisire lo status di cult;  
3) Il feticcio Zuñi è realizzato con straordinaria maestria ed è per così dire un unicum nel cinema horror; 
4) Il feticcio Zuñi ha avuto un immenso effetto traumatizzante sul pubblico, tanto da popolare gli incubi di intere generazioni.

Produzione e distribuzione 

Tutti e tre gli episodi sono basati su storie dell'orrore di Richard Matheson. "Julie" è stato tratto dal racconto L'aspetto di Julie (The Likeness of Julie, 1962). "Therese and Millicent" è stato tratto dal racconto Therese (Needle in the Heart, 1969). "Amelia" è stato tratto dal racconto A caccia (Prey, 1969). Per quei pochi che non lo sapessero, questo Matheson è davvero un pezzo grosso, uno cazzuto: è quello che ha scritto Il mio nome è leggenda (I Am Legend, 1954), in pratica il capostipite di un immenso filone vampiresco, che ha generato più remake di quante sono le stelle della Via Lattea! Nel corso degli anni si è dedicato con tenace stacanovismo alle sceneggiature: senza di lui, Dan Curtis non sarebbe riuscito a dar vita a questo capolavoro del feticcio assassino. Anche se tutti e tre gli episodi di Trilogia del terrore sono stati tratti da opere di Matheson, soltanto "Amelia" è stato da lui sceneggiato. "Julie" e "Therese and Millicent" sono invece stati sceneggiati da William F. Nolan.  


Curiosità 

Nella versione in italiano da me visionata, andata in onda su Telenorba, l'ordine degli episodi era diverso da quello dell'originale: "Amelia" era il primo e "Therese and Millicent" l'ultimo. Non sono mai riuscito a trovare una motivazione razionale di questo cambiamento. 

Karen Black all'inizio non voleva accettare di interpretare i quattro ruoli di questo film. Ha cambiato idea quando è stato scritturato suo marito, Robert Burton, per la parte di Chad Foster. Il nepotismo impera nella Settima Arte! Sarà un pettegolezzo, ma lo voglio riportare comunque: la coppia si è separata poco dopo la fine delle riprese, prima ancora che il film fosse trasmesso in televisione. 

Nell'episodio "Julie", lo studentello itifallico porta la sua professoressa libidinosa al drive-in, a vedere proprio un film TV dello stesso Dan Curtis: Una storia allucinante (The Night Stalker, 1972). Se non è autocelebrazione questa! 

Il bulletto che vuole penetrare e riempire di sperma l'insegnante, si registra al motel come Jonathan Harker, il ben noto protagonista del romanzo Dracula di Bram Stoker.  

Il feticcio Zuñi parlotta, ma i suoni sono confusi. Soltanto a tratti sembra di cogliere qualche sillaba, pronunciata nella sua antica lingua che sarebbe ormai irriconoscibile persino dai discendenti del cacciatore da cui ha avuto origine. Mi piace pensare che lanci terribili maledizioni in proto-Zuñi.  

Censura 

Quando il film fu proiettato per la prima volta sulla televisione brasiliana nel marzo 1981, le rigide norme di censura in Brasile all'epoca richiedevano che l'episodio "Amelia" fosse completamente tagliato. Era infatti vietato qualsiasi riferimento alla Magia Nera e ai feticci! Per questo motivo, la stazione televisiva che lo ha diffuso è stata costretta a cambiare il titolo in portoghese in "Duas Histórias de Terror" ("Due storie dell'orrore"). 

Sequel 

La trilogia curtisiana ha avuto un seguito nel 1996, a parer mio del tutto prescindibile.  


TRILOGIA DEL TERRORE II

Titolo originale: Trilogy of Terror II
Paese: Stati Uniti d'America 
Lingua: Inglese 
Anno: 1996 
Prima visione TV: 30 ottobre 1996
   Rete televisiva: USA Network
Formato: Film TV 
Tipologia cinematografica: Film a episodi 
Genere: Orrore, thriller 
Sottogenere: Magia nera, satanismo 
Durata: 90 minuti
Colore: Colore 
Rapporto: 1.33 : 1
Regia: Dan Curtis
Soggetto: Dan Curtis, William F. Nolan, Henry Kuttner,
    Richard Matheson
Sceneggiatura: Dan Curtis, William F. Nolan,
    Richard Matheson
Produttore: Julian Marks
Produttore esecutivo: Dan Curtis
Casa di produzione: Dan Curtis Productions, Wilshire
    Court Productions, Power 
Fotografia: Elemér Ragályi
Montaggio: Bill Blunden
Musiche: Bob Cobert
Scenografia: Veronica Hadfield
Costumi: Melanie Jennings
Trucco: Marie Nardella
Effetti speciali: Eric Allard, Rick Stratton, Frank C. Carere 
    Pictures
Interpreti e personaggi: 
    Lysette Anthony: Laura/Alma/Dottoressa Simpson
    Geraint Wyn Davies: Ben
    Matt Clark: Ansford
    Geoffrey Lewis: Stubbs
    Blake Heron: Bobby
    Richard Fitzpatrick: Jerry O'Farrell
    Thomas Mitchell: Lew
    Gerry Quigley: Akers
    Dennis O'Connor: Brig
    John McMahon: Taylor
    Alex Carter: Breslow
    Aron Tager: Steve
    Peter Keleghan: Dennis

Trama: 

1) I topi del cimitero (The Graveyard Rats
Una fascinosa e giovane bionda, Laura, è sposata con il ripugnante plutocrate Ansford, decrepito e paralitico. Il vecchiaccio scopre che lei lo tradisce e le mostra le registrazioni degli amplessi. Licenzia l'amante, un brutaloide che lavorava per la sua azienda, quindi impone un durissimo diktat alla moglie, minacciando di diseredarla se scoprirà anche soltanto una minima cornificazione. Accade così che il bruto si faccia venire un'idea guardando alla televisione un film in cui un anziano sulla sedia a rotelle viene scaraventato dalla tromba delle scale. Detto fatto, mette in atto il piano e uccide il plutocrate. Il punto è che l'eredità è bloccata in una banca svizzera, protetta da un codice contenuto in un microfilm. All'improvviso Laura si ricorda che questo microfilm è contenuto nell'orologio d'oro del defunto, sepolto assieme a lui. Così i due complici pensano di procedere all'esumazione. Non tutto andrà come desiderato: la bara del plutocrate è assaltata da un branco di spaventosi ratti carnivori dagli occhi rossi come rubini, che saranno la nemesi  della profanatrice! 
P.S. 
Chissà come mai, l'inglese rat, che significa "ratto", "pantegana", viene spesso tradotto con "topo". Si tratta di una traduzione erronea: la parola per indicare il topo è mouse (plurale mice). Credo che la causa sia da identificarsi nel sistema scolastico italiano, che insegna un inglese molto approssimativo.

2) Bobby  
In una lussuosa villa sul bordo di un baratro, una ricchissima e piacevole signora, corvina, morbida e sensuale, non si rassegna alla morte di quel piccolo fetente di suo figlio, un pestilenziale bulletto biondiccio. Così la donna ricorre alla stregoneria, invocando il demone Euronymus perché le restituisca la prole.  Viene accontentata. Il bambino bussa alla porta ed è proprio il morto redivivo. Presto però qualcosa va storto: il ritornante si rivela essere pazzo ed estremamente aggressivo. Tenta di uccidere la madre, che alla fine gli spara, facendolo precipitare nel burrone. Tuttavia la voce del bambino demoniaco annuncia l'odio di Bobby per colei che lo ha messo al mondo, e sulla scala si materializza un gobbolino, pardon, un goblin, con un atroce ghigno stampato sui lineamenti deformi, orripilanti!

3) Colui che uccide (He Who Kills)
Le riprese iniziano proprio dove finivano quelle dell'episodio "Amelia" del film originale. Un investigatore sta indagando sulla scena del delitto. Sia l'indemoniata che la sua madre isterica sono state uccise. Il ganzo della giovane è stato convocato per il riconoscimento dei cadaveri, pieni zeppi di sangue. Nel forno a microonde vengono rinvenuti i resti carbonizzati dell'abominevole feticcio degli Zuñi. La dottoressa Simpson, una sensualissima brunetta, viene obbligata a passare la notte a fare le analisi. Durante il suo lavoro, si rende conto che il simulacro raccapricciante si sta rigenerando sotto la crosta annerita. Arriva il suo ganzo, che ha comprato i biglietti per un volgare spettacolo, ma lei riesce a tenerlo a bada promettendogli un pompino. Ovviamente non usa parole così esplicite: dice che lo farà felice (glielo leccherà sulla punta fino a portarlo al culmine e prenderà in bocca il suo sperma). Una volta che il mandrillone se ne è andato, promettendo di passarla a prendere più tardi, ecco che il feticcio si anima. Approfittando di una pausa della dottoressa Simpson, scesa a mangiare una pizza con i guardiani, l'immondo spirito cacciatore comincia a uccidere. Presto la donna si ritrova asserragliata nel laboratorio, con il mostriciattolo che la terrorizza tagliandola con il coltello. Non avendo a disposizione un forno a microonde come nel primo film, lei riesce a gettare il nemico in un grande recipiente ermetico pieno di acido altamente corrosivo. Credendolo morto, la Simpson si mette i guanti, ignorando la protezione degli occhi e del viso, con l'insanissima idea di rovistare nell'acido per recuperare i resti dello Zuñi. Lo spirito demoniaco salta fuori ed entra in lei, trasformandola in un mostro dai denti acuminati. Ecco che passa il ganzo, ignaro, che viene aggredito a colpi di scure e massacrato a morte.

Recensione: 
Mi sorge una domanda. Ha senso fare un sequel dopo 21 anni? I primi due episodi non hanno a che fare con quelli della precedente trilogia, mentre il terzo sembra una riedizione di Amelia. È la stessa storia rigirata, in pratica un remake ad uso sequel. Sono venuto a sapere che l'episodio Bobby è stato riciclato da un'altra antologia dell'orrore dello stesso Dan Curtis, Notte di morte (Dead of Night, 1977), che non ho visionato. Il regista ha voluto raschiare il fondo della pentola e cavare sangue dalle rape. "Quando hai una buona idea, ripetila all'infinito", recita il motto fondante del cinema americano. 

Un errore marchiano 

La donna che evoca il Signore della Morte per riavere il figlio defunto, anziché Tetragrammaton pronuncia un assurdo Tetragrammation (ossia Tetragrammescion, con la finale in -escion del celentanesco Svalutescion). Non avendo visto il film in lingua inglese, non so se il ridicolo errore fosse già presente nell'originale o se sia stato introdotto nel doppiaggio in italiano - un po' come Darth Vader diventato Dart Fener per colpa di un doppiatore raffreddato. Potrebbe anche esserci una causa superstiziosa. Tutto ciò che ha a che fare con la Morte Eterna viene trattato con una certa prudenza dai popoli religiosi. 

Euronymus, il Signore della Morte 

Nella demonologia cristiana tradizionale, Euronymus è un demone connesso con tutto ciò che riguarda i cadaveri, il cannibalismo e la necrofagia. Ai tempi delle grandi tregende, i necromanti lo invocavano per scagliare la morte contro i nemici. In tempi più recenti, la Chiesa di Roma è diventata molto restia a pubblicizzare i suoi trattati demonologici, è ovvio: a spingerla al riserbo è il terrore che le genti si mettano ad invocare il Signore del Male e gli spiriti immondi!  

Una contraddizione?
No, è schizofrenia
 

Se la donna era snaturata con il figlio Bobby, come sembra emergere dalla narrazione, perché lo avrebbe voluto strappare all'Oltretomba? Se poi la morte del ragazzino non era stata accidentale, bensì voluta dalla stessa madre, perché questa avrebbe invocato i Demoni per riaverlo? Non avrebbe dovuto lasciarlo dove stava? 

Gli Zuñi 

Gli Zuñi sono vivi e vegeti, la loro cultura è viva e vitale. Risiedono nel Nuovo Messico. Ad essere estinta da almeno cinque secoli è la civiltà degli Anasazi, la cui origine è problematica. Un'analisi della questione esula dagli scopi di questa recensione. Una cosa però è certa. Pressato da rappresentanze di giganteschi Mandingo dai pugni simili a magli, il regista ha fatto sì che la dottoressa Simpson affermasse che gli Zuñi erano africani! Si cominciavano già a scorgere i primi segni della propaganda woke dominionista nera, che vuole costringere gli Anglosassoni all'autorazzismo, non facendosi scrupolo di sacrificare gli Amerindiani sull'altare della demenza! 

sabato 6 agosto 2022


TRE PASSI NEL DELIRIO

Titolo originale: Histoires extraordinaires 
Titolo in inglese: Spirits of the Dead 
Paese di produzione: Francia, Italia 
Lingua: Francese, italiano, inglese 
Anno: 1968
Durata: 116 min 
Colore: Colore 
Rapporto: 1,75:1
Genere: Orrore, thriller
Regia: Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini
Episodi: 
    Metzengerstein (37 min), di Roger Vadim
    William Wilson (36 min), di Louis Malle
    Toby Dammit (43 min), di Federico Fellini
Soggetto: Racconti di Edgar Allan Poe:  
    Metzengerstein - Metzengerstein: A Tale in Imitation 
        of the German (1832)
    William Wilson - William Wilson (1839) 
    Toby Dammit - Never Bet the Devil Your Head: 
        A Moral Tale (1841)   
Sceneggiatura: Roger Vadim, Federico Fellini,
     Louis Malle, 
Bernardino Zapponi, Pascal Cousin
Produttore: Alberto Grimaldi, Raymond Eger
Casa di produzione: Produzioni Europee Associate (Italia),
     Les Films Marceau-Cocinor (Francia)
Fotografia: Claude Renoir (Metzengerstein),
    Giuseppe Rotunno (Toby Dammit), Tonino Delli Colli
    (William Wilson)
Montaggio: Hélène Plemiannikov (Metzengerstein),
    Ruggero Mastroianni (Toby Dammit)
Musiche: Jean Prodromidès (Metzengerstein),
    Diego Masson (William Wilson), Nino Rota
    (Toby Dammit)
Scenografia: Jean André (Metzengerstein), Pietro Tosi
    (Toby Dammit)
Costumi: Jacques Fonteray (Metzengerstein)
Interpreti e personaggi: 
   1) Metzengerstein
    Jane Fonda: Contessa Frederica de Metzengerstein
    Peter Fonda: Barone Wilhelm Berlifitzing
    Georges Douking: Arazziere
    Philippe Lemaire: Philippe
    Carla Marlier: Claude
    Serge Marquand: Hugues 
    James Robertson Justice: Consigliere della Contessa
    Françoise Prévost: Amica della Contessa
    Audoin de Bardot: Paggio
    Dennis Berry : Cortigiano 
    Jackie Blanchot: Cortigiano 
    Anny Duperey: Cortigiana
    Marie-Ange Aniès: Cortigiana 
    Andréas Voutsinas: Cortigiano 
    Maurice Ronet: Narratore (versione francese) 
    Clement Biddle Wood: Narratore (versione inglese)
   2) William Wilson
    Alain Delon: William Wilson e il suo Doppelgänger
    Brigitte Bardot: Giuseppina Ditterheim
    Renzo Palmer: Prete
    Daniele Vargas: Professore all'Università
    John Karlsen: Istruttore militare scolastico 
    Franco Arcalli: Insegnante che fustiga Wilson bambino
    Umberto D'Orsi: Hans 
    Marco Stefanelli: William da bambino 
    Paolo Giusti: Doppelgänger di Wilson 
    Massimo Ardù: Doppelgänger di Wilson ragazzo
    Katia Christine: Ragazza bionda sul tavolo operatorio
   3) Toby Dammit
    Terence Stamp: Toby Dammit 
    Marina Yaru: Il Diavolo in forma di bambina 
    Salvo Randone: Padre Spagna
    Antonia Pietrosi: La Signora
    Ferdinand Guillaume: Vecchio attore cieco
    Brigitte: Ragazza che parla col vecchio attore
    Annie Tonietti: Commentatrice televisiva
    Monica Pardo: Miki, l'attrice dai capelli crespi 
    Federico Boido: Il Doppelgänger di Toby
    Fabrizio Angeli: Fabrizio Manetti (primo regista)
    Ernesto Colli: Ernestino Manetti (secondo regista) 
    Andrea Fantasia: Produttore 
    Campanella: Lombardi (assistente produttore) 
    Aleardo Ward: Primo intervistatore
    Paul Cooper: Secondo intervistatore
    Milena Vukotic: Intervistatrice tv
    Andrea Fantasia: Produttore al party
    Marisa Traversi: Marilù Traversi
    Irina Maleeva: Zingara 
    Giovanni Tarallo: Vecchio paparazzo 
    Fides Stagno: Se stessa 
    Ettore Arena: Rabbino all'aeroporto
    Dakkar: Mandingo all'aeroporto 
    Van Heflin: Attore del film "Trenta dollari"
        (scena tagliata)
Doppiatori italiani: 
   1) Metzengerstein
    Maria Pia Di Meo: Contessa Frederica de Metzengerstein
    Gino La Monica: Barone Wilhelm Berlifitzing
    Sergio Graziani: Philippe
    Carlo Alighiero: Hugues
    Renato Turi: Voce narrante
   2) William Wilson
    Cesare Barbetti: William Wilson e il suo Doppelgänger
    Flaminia Jandolo: Giuseppina Ditterheim
    Bruno Persa: Professore all'università
    Giovanni Saccenti: Insegnante che consegna le lettere
    Stefano Sibaldi: Hans
   3) Toby Dammit
    Osvaldo Ruggieri: Voce narrante di Toby Dammit ad inizio
       episodio
    Giuseppe Rinaldi: Padre Spagna
    Serena Verdirosi: Commentatrice TV
    Oreste Lionello: Il Doppelgänger di Toby 
Location: 
   1) Metzengerstein:
        Roscoff (Finistère, Bretagna)  
   2) William Wilson: 
        Bergamo, Chiesa di Santa Maria Maggiore, Palazzo
        della Ragione;
        Bracciano, Castello Odescalchi;
        Roma, Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini. 
   3) Toby Dammit:
        Marino (Roma); 
        Roma
, Convento di San Bonaventura al Palatino.   


Trama: 

1) Metzengerstein 
La Contessa Frederica de Metzengerstein è una nobildonna bionda, bellissima e dissoluta che passa il suo tempo in orge, anche saffiche. Sorprendentemente emancipata per il contesto storico, non è sposata, non ha figli e ignora qualsiasi concetto della religione cristiana, come se fosse nata e cresciuta in un popolo pagano rimasto isolato. Priva di morale e di scrupoli, non esita a causare la morte del cugino, il Barone Wilhelm Berlifitzing, reo di aver osato respingere un suo invito: fa incendiare la sua scuderia, dove egli passava il suo tempo con gli amati cavalli. Così il nobile finisce combusto assieme agli equini, travolto dal crollo dell'edificio in fiamme, ma ritorna in forma di un selvaggio stallone nero e demoniaco, che fa irruzione nel maniero dei Metzengerstein. La Contessa Frederica è ossessionata dal sinistro animale, che soltanto lei riesce ad ammansire. Finirà con l'appartarsi da ogni forma di vita sociale per passare il suo tempo con il cavallo dal manto scuro come la notte.  

2) William Wilson 
Un giovane ufficiale austriaco, il cui nominativo è stranamente anglosassone, si distingue per il suo efferato sadismo. Si chiama William Wilson ed è un totale psicopatico. La vita altrui per lui è meno importante di un escremento. Arriva al punto di bucare l'addome a una giovane prostituta, penetrandola con un coltello soltanto per divertimento. Qualcosa però lo disturba: è il suo Doppelgänger, ossia un uomo in tutto e per tutto identico a lui, che compare nei momenti meno opportuni intralciando le sue gesta malvagie, fino a fargli fallire una cruciale partita a carte con una dama fatale, smascherandolo come baro. William Wilson, ossessionato da queste apparizioni spettrali, finisce per sfidare a duello il Doppelgänger e lo uccide con un pugnale, ma così facendo commette un gravissimo errore. Giunto alla pazzia, va a confessarsi da un prete, che ascolta con attenzione il racconto della sua vita, ma alla fine non crede alle sue parole e cerca di convincerlo a smettere di alcolizzarsi. In preda alla disperazione, l'ufficiale si getta dal campanile e si schianta sul selciato. Il suo corpo viene trovato trafitto dalla stessa arma con cui ha ucciso il Doppelgänger. 

3) Toby Dammit 
Un attore shakespeariano inglese in declino e alcolizzato terminale, Toby Dammit, arriva a Roma per girare un film spaghetti western molto particolare, commissionato da un importante prelato e finanziato dalla Santa Sede. Si tratta di un western "cattolico", che parla del ritorno di Cristo sulla Terra. In cambio della sua opera, l'attore riceve una Ferrari già rodata e pronta all'uso. Durante un'intervista, quando gli viene chiesto se creda in Dio, lui risponde di no. Tuttavia, subito dopo gli viene chiesto se creda nel Diavolo, e la sua risposta è affermativa. Parla della sua idea del Diavolo, che descrive come una presenza reale, in carne ed ossa, il cui aspetto è quello di una bambina bionda vestita di bianco che si aggira di notte con una palla. Dopo un'esibizione disastrosa, Toby Dammit prende la Ferrari e si lancia a velocità folle nella notte, inoltrandosi negli spettrali paesi fuori Roma. In preda a un attacco di demenza, vede la bambina bionda con la palla e sa che la propria fine sta per giungere. Cerca così di saltare con la Ferrari un ponte crollato, ma finisce contro un cavo teso che lo decapita. La bambina demoniaca raccoglie la testa recisa dell'attore dannato. 

Citazioni: 

Orrore e fatalità hanno imperato in ogni tempo. Perché dunque segnare una data alle storie che devo raccontarvi?  
Edgar Allan Poë 

Recensione:  
All'epoca in cui questo film fu girato, era del tutto normale che un'opera cinematografica fosse composta da più episodi, in pratica cortometraggi giustapposti, spesso diretti da diversi registi e legati tra loro soltanto da un tema in comune. In questo caso il filo conduttore è l'orrore ispirato da fatti surreali ai limiti dell'assurdo. Dopo aver goduto di vasta popolarità, la formula del film collettivo (in inglese omnibus film) decadde fin quasi a scomparire. Difficile credere che oggi possa essere riproposta. 
I tre episodi di Vadim, Malle e Fellini sono stati tratti molto liberamente da racconti di Edgar Allan Poe, apportandovi modifiche radicali. In particolare nel caso di Toby Dammit, l'adattamento è addirittura migliore dell'opera da cui è stato tratto. A parer mio, nel complesso si tratta di un esperimento dall'ottimo esito. Le lacune sono colmate dall'eccellente interpretazione di attori e attrici di prim'ordine. Certo, non sempre è una formula che funziona: esistono numerosi film fecaloidi anche con un cast stratosferico. Qui invece va tutto a meraviglia, per quante critiche si possano fare.  


L'adattamento di "Metzengerstein:
A Tale in Imitation of the German" 

Roger Vadim era un nepotista e tendeva a mettere sua moglie dappertutto. Dovendo adattare un racconto il cui protagonista era un uomo, non poté far altro che cambiargli sesso, facendolo diventare una donna e per giunta libidinosa. Così il Barone Frederik è diventato la contessa Frederica (Frédérique nella versione in francese/inglese). Siccome il titolo di baronessa non bastava alla Fonda, l'ha promossa facendola diventare contessa. Il finale scritto da Poe era assai problematico, perché il Barone Metzengerstein doveva bruciare vivo, condotto dal cavallo nero e indomito tra le fiamme divampate nel suo castello di famiglia. La Pupona non era stupida e aveva un orgoglio smisurato: non avrebbe mai accettato di interpretare un personaggio destinato a morire in un incendio. Così ecco che il rogo finale, contrappasso per la morte di Berlifitzing (che nel racconto era un anziano patriarca), non è mai stato realizzato. Anche Vadim era furbo: non voleva insistere con la capricciosa consorte e rischiare qualcosa del tipo "niente sesso per un anno". Questo finale sospeso non ha affatto giovato. Ha rotto la tensione, ha come castrato l'episodio. C'è anche un altro elemento, di cui forse ben pochi si sono resi conto. L'attaccamento morboso della Contessa Frederica allo stallone poteva suggerire qualcosa di insano, connesso alla bestialità erotica. Anche se in America è sempre stato un tabù religioso molto radicato, all'epoca in Francia e altrove non erano rare fantasie di questo tipo, che si traducevano in filmati con attrici intente a fellare e masturbare i falli prorompenti degli stalloni. 


L'adattamento di "William Wilson" 

L'originale di Poe non presentava particolari problemi: era ambientato nelle più rinomate università della cupa Inghilterra. È stato Louis Malle ad introdurre molteplici complicazioni nel suo adattamento. Difficile a distanza di tempo capire le ragioni delle sue scelte, strane ma senza dubbio molto suggestive. Perché trapiantare la storia di William Wilson nell'Impero Austriaco? Perché conservare le origini anglosassoni del personaggio? Già era ai limiti dell'assurdo la presenza di un uomo di nome William Wilson in quella potente nazione, figuriamoci quella di un suo doppione chiamato allo stesso modo! 
Di fronte a tutto ciò, è necessario porsi domande cogenti. Nel Regno Lombardo-Veneto, come avveniva la comunicazione tra militari austriaci e popolazione locale? Un militare di stanza a Bergamo imparava il bergamasco oppure erano i locali a conoscere il tedesco? Se così fosse stato, come mai non è rimasto alcun ricordo di queste esperienze linguistiche? Perché i libri di storia non si occupano di questi problemi? 
Solo per fare un esempio, il prete da cui Wilson è andato a confessarsi, che lingua parlava con lui? Era un prete tedesco in una chiesa di Bergamo? Oppure la conversazione con Wilson si svolgeva in bergamasco? Si può immaginare che tra loro, questi militari parlassero tedesco e che non sorgessero difficoltà di sorta. Anche i dialoghi con Giuseppina Ditterheim dovevano essere nel nobilissimo idioma germanico. Come si va al di fuori di questo ambito ristretto, tutto è inghiottito da insondabili zone d'ombra. Si possono solo azzardare deboli spiegazioni di questo fenomeno di annichilimento del passato e della sua inconoscibilità. 
a) Sostanziale mancanza di fonti. 
Le fonti storiche, soprattutto quelle scritte, tendono a privilegiare gli eventi politici e militari, trascurando spesso gli aspetti più quotidiani della vita. Le testimonianze dirette dei soldati o dei civili sono rare e spesso frammentarie.
b) Dialetti e oralità. 
Molte delle interazioni linguistiche avvenivano in contesti informali e attraverso l'oralità. I dialetti, inoltre, erano spesso considerati inferiori rispetto alle lingue scritte e quindi meno degni di essere documentati.
c) Passaggio del tempo e relativa usura. 
Col passare del tempo, i ricordi si affievoliscono fino a svanire del tutto e le lingue cambiano. Molti dei dialetti parlati nel XIX secolo sono oggi scomparsi o fortemente alterati. 
d) Tensioni sociali.
Il rapporto tra militari e popolazione era spesso teso, a causa dell'occupazione austriaca e delle repressioni che ne seguirono. Secondo alcuni, questo clima di diffidenza poteva inibire la comunicazione e favorire l'uso di lingue veicolari come l'italiano. Sono molto scettico a questo proposito. L'italiano era una lingua poco diffusa ancora agli inizi del XX secolo e i suoi parlanti non erano così numerosi! 


L'adattamento di "Never Bet the Devil
Your Head"

L'episodio migliore della trilogia onirica è di gran lunga Toby Dammit, che è uno dei massimi capolavori dell'horror a livello mondiale. Eppure, se prendiamo l'originale di Poe, notiamo all'istante che c'è ben poco in comune. Il racconto Never Bet the Devil Your Head era innanzitutto grottesco e satirico, quasi comico nella sua improbabile architettura. Era la storia di un coglione microcefalo cresciuto da una madre calvinista e severissima, snaturata come una tigre d'Ircania, che gli somministrava ogni giorno decine di violentissimi sganassoni! Nonostante questo trattamento, il protagonista cresceva con ogni genere di vizio, fino ad adottare come normale intercalare la frase "Scommetto la mia testa col Diavolo", considerata da tutti sommamente blasfema e pericolosa. Alla fine, il giovane bestemmiatore finiva col perdere davvero il cranio in presenza di un vecchio gobbo vestito di nero, che era per l'appunto Messer Mefistofele in persona! 
Fellini ha rifatto tutto e ha prodotto questa meravigliosa perla! Peccato che non tutto sia farina del sacco del regista, che ha preso a prestito proprio l'elemento più destabilizzante: il Diavolo in forma di bambina bionda. L'origine è presto detta, è il film horror Operazione paura (1966), diretto da Mario Bava. Sì, proprio lui, che creava mondi alieni con le caramelle ciucciate e che ha concepito l'idea di plasmare uno pseudo-Alien con un bidone di trippa! Nel film baviano del 1966, la bambina diabolica, Melissa, era uno spettro, un'anima inquieta. Era stata una bambina in carne ed ossa, poi uccisa in un incidente e non soccorsa, così dopo la morte vagava in cerca di vendetta. Fellini ha introdotto un'innovazione geniale: la bambina diventa una manifestazione del Maligno! 


Allucinazioni e distorsioni 

Il cervello non sa gestire l'Orrore Assoluto. Cerca con ogni mezzo di rimuoverlo, di neutralizzarlo. Una strategia molto frequente è quella di far passare l'evento straordinario per qualcosa di normale. Quando questo tentativo fallisce, perché il potere traumatizzante dell'accaduto è eccessivo, subentra la cancellazione della memoria. In pratica, si ha un intervento sui neuroni e sulle sinapsi, in modo tale che non si fissi tutto ciò che è connesso con il ricordo problematico. Questa cancellazione non è mai completa, resta sempre qualcosa, nascosto in profondità e sempre pronto a riemergere. Così quando ho visto il film collettivo sono rimasto inorridito, quasi annientato dalla spaventosa visione della bambina satanica. Ho avuto un'amnesia, tanto che ho dimenticato quelle sequenze per molti anni, anche se queste continuavano a produrre i loro effetti nelle profondità del mio subcosciente. Ricordo alcune eruzioni terrificanti avvenute a più riprese nel corso della mia adolescenza e in seguito, quando ero un uomo fatto e finito. Ero uno studente delle medie quando ho visto una bambina bionda vestita di bianco a una finestra di una villa abbandonata, che anni dopo ho saputo essere stata una sede delle SS durante la seconda guerra mondiale. In quel luogo sono state torturate e uccise molte persone. Appena mi sono reso conto della cosa, per una notizia riferitami in modo in apparenza fortuito, ho avuto i brividi: quella bambina era realmente un demone, come avevo saputo fin dal primo momento. Il giorno della mia laurea, mi trovavo nella sede di Fisica in Via Celoria a Milano. Guardando fuori dalla porta vetrata dell'ingresso, vidi nitidamente una bambina bionda vestita di bianco, che mi dava le spalle. Uscito per vedere meglio, era scomparsa. Solo dopo molto tempo, visto di nuovo il film, mi sono ricordato all'improvviso di quando ero stato esposto per la prima volta a quelle immagini. Il mio cervello aveva immagazzinato ogni dettaglio, proiettandolo poi, anche da prospettive che nel film non si vedono!     

Moravia e le bambine demoniache 

In Passeggiate africane (edito da Bompiani, 1987), Alberto Moravia racconta un evento inquietante che gli occorse mentre visitava la tribù dei Manyati. Ecco il resoconto:  

"Mentre discutiamo e la Land Rover corre per una pista assolutamente deserta a perdita d'occhio, ecco, ad un tratto, laggiù lontano ecco appare una piccola figura che, poiché ci avviciniamo, si precisa sempre più ma rimane piccola. Adesso la vediamo distintamente: è una bambina nuda salvo un esiguo perizoma bianco panna intorno ai fianchi; avrà dieci anni; ha gambe robuste e corpo atticciato e una testa rotonda e spettinata; ride, provocante, e agita le braccia come facendoci segno di fermarci. L'autista, invece di fermarsi, accelera; la bambina si getta davanti al radiatore agitando le braccia; facciamo appena in tempo ad evitarla con uno scarto violento che ci fa scivolare nella melma del fossato. Usciamo fuori dal fossato, riprendiamo la corsa, mi volto a guardare attraverso il vetro posteriore; la pista è già deserta, della bambina non c'è traccia. Allora, ad un tratto, ricordo il breve bellissimo film di Federico Fellini, ricavato dalla novella di Poe: "Mai scommettere la testa con il diavolo". Anche nel film c'è una bambina che, inspiegabilmente, gioca a palla di notte su un ponte in costruzione. Il protagonista scommette con se stesso di saltare in macchina da un troncone all'altro del ponte; ma una sottile sbarra di ferro, tesa e invisibile, a mezz'aria, gli tronca di netto la testa. Racconto ai compagni del film di Fellini, noto la coincidenza; quello che sa tante cose della tribù dei Manyati, conferma: sono tutti nudi eccetto un perizoma di un bianco panna opaco intorno i fianchi; non ci sarebbe da stupire che la bambina volesse fermarci per...e qui lascio immaginare ma preferisco non precisare le ipotesi, formulate in proposito, tutte come nella novella di Poe e nel film di Fellini "diaboliche". 

Non posso averne conferma, ma ho l'impressione che la bambina vista da Moravia fosse albina, o non gli avrebbe richiamato alla mente l'opera di Fellini. E ancora, nel racconto Il diavolo va e viene (La cosa e altri racconti, edito da Bompiani, 1983), lo stesso autore riporta quanto segue:

"La prima sorpresa sarà nel vederlo in sembianze di bambina biondiccia, con slavati occhi azzurri, naso dalle narici increspate, bocca schifiltosa. Sarà vestita di una pelliccetta gonfia e bianca di falso muflone." 

Quello che mi pare certo è che queste immagini sono state impiantate nella mente di Moravia proprio dal Toby Dammit felliniano, in modo non dissimile da quanto accaduto a me! 

Note etimologiche 

Né il cognome Metzengerstein, né il cognome Berlifitzing, sono reali. Non esiste nessuna loro attestazione storica, si tratta di pure invenzioni di Edgar Allan Poe. Occorre però stabilire come lo scrittore sia arrivato a coniare questi cognomi, quale sia stata la sua ispirazione.
Il cognome Wilson esiste ed è diffusissimo sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti d'America (è il settimo cognome più diffuso in Inghilterra e addirittura il terzo cognome più diffuso in Scozia). Il cognome Dammit può sembrare non reale, liquidabile come una mera creazione satirica del genio di Poe. Invece esiste davvero, anche se è molto raro. 

i) Etimologia di Metzengerstein 

In una pagina dell'augusto sito della Edgar Allan Poe Society of Baltimore (EAPOE) è scritto quanto segue in una nota che riporto in questa sede per l'universale e sacrosanto diritto di citazione breve: 

"The name is apparently not historical, and is of uncertain meaning. In German Metz (plural Metzen) is meal (flour), and the name of a city; and Ger is a spear, but Metzger is a butcher. Stein is stone. Poe may have thought the name meant Butcherstone or Stonespear of Metz." 

Traduzione: 

"Il nome è evidentemente non storico, ed è di significato incerto. In tedesco Metz (plurale Metzen) è la farina, e il nome di una città; e Ger è un giavellotto, ma Metzger è un macellaio. Stein è la pietra. Poe può aver pensato che il nome significasse "Pietra del macellaio" o "Giavellotto di pietra di Metz". 

Ebbene, in tedesco la farina non è affatto Metz, bensì Mehl. Il genitivo singolare è Mehles o Mehls. Il nominativo plurale è Mehle. Il sostantivo è un neutro forte e non ha nessun plurale debole in -en. Quanto riportato dal sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è semplicemente inventato e dimostra una totale ignoranza della lingua tedesca. 

ii) Etimologia di Berlifitzing 

Sempre nel sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è riportato in una nota brevissima quanto segue: 

"The name Berlifitzing is apparently invented; it may mean something like Little Son of a Bear." 

Traduzione: 

"Il nome Berlifitzing è evidentemente inventato; potrebbe significare qualcosa come "Piccolo figlio di un orso".

L'etimologia suggerita nel sito è farlocca e parte dalla combinazione di un sostantivo tedesco, Bär "orso", con uno francese antico: fiz "figlio" (derivato dal latino fīlius). Non mi risultano usi di questa parola francese per formare composti con parole tedesche. Un'etimologia popolare, erronea, fa derivare il nome della città di Berlino (Berlin) da un diminutivo di Bär "orso". Poe potrebbe aver conosciuto questa leggenda e aver utilizzato il toponimo Berlin, interpretato come "Piccolo Orso", come primo membro del cognome composto. Il suffisso -ing è un tipico patronimico germanico e di per sé non è problematico; tuttavia non ha riscontro la sua aggiunta a un termine francese antico, in cui -z è tra l'altro un'uscita tipica del nominativo singolare, essendo l'accusativo singolare fil (derivato dal latino fīlium). Non ha proprio senso. 

iii) Etimologia di Wilson 

L'etimologia è semplice: il cognome Wilson è di formazione norrena di origine patronimica che contiene l'elemento -son "figlio", mentre il primo membro del composto è l'antroponimo William "Guglielmo". Significa "Figlio di Guglielmo". L'attestazione più antica risale al 1324, in Inghilterra, nella forma Willeson, quindi nel 1405 è documentato come Wulson in Scozia. Dal cognome è derivato il nome di battesimo Wilson. In Germania i cognomi formati in questo modo non sono sconosciuti. Nel nord sono abbastanza comuni i cognomi in -sen, come Janssen, Johansen, Hansen, Pedersen, che potrebbero essere filtrati dalla Danimarca. Altrove si trovano cognomi in -son, -sohn, come JohanssonFriedrichsohn. Il cognome Mendelssohn (varianti: Mendelsson, Mendelsohn, Mendelson, Mandelson) è ashkenazita formato allo stesso modo. 
 
iv) Etimologia di Dammit 

Il cognome Dammit ha la sua origine in una comune interiezione che esprime irritazione, rabbia, disappunto. È uno di quei gioielli della lingua inglese che non vengono insegnati nelle grammatichine. L'interiezione dammit può persino essere usata come sostantivo. La sua derivazione è chiaramente "damn it!", cioè "sia dannato!", "maledizione!"  Locuzioni tipiche: 
- God dammit, espressione di rabbia, sorpresa, eccitazione intensa o frustrazione (varianti: goddammit, goddamnit, goddamned, God damn);
- dammit to Hell, espressione di rabbia o irritazione. 
Quanto riportato smentisce la stupidissima idea insegnata nelle scuole italiane, secondo cui gli Anglosassoni non bestemmierebbero mai. Cosa sono queste, se non bestemmie? Possiamo dedurre che Toby Dammit sia un nomen omen, che prefigura il destino di chi lo porta, ossia la dannazione eterna all'Inferno. Questo crea qualche problema con la teologia cattolica, mentre è compatibile con quella protestante. 
A quanto pare, esiste anche un cognome tedesco Dammit, ovviamente di diversa origine, che si trova in Slesia, con numerose varianti come Damitz, Damits, Dammits, Demitz, Demits, Damnitz


Produzione e distribuzione  

Originariamente il film collettivo doveva essere diretto da Luchino visconti, Claude Chabrol, Joseph Losey e Orson Welles. Secondo IMDb.com, tra i registi avrebbe dovuto esserci Luis Buñuel. Welles, che aveva già scritto la sceneggiatura di un segmento basato sia su "The Mask of the Red Death" che su "The Cask of Amontillado", si ritirò nel settembre 1967 e fu sostituito da Fellini. 

All'inizio Peter O'Toole era stato scelto per il ruolo di Toby Dammit. Dopo essersi ritirato, Federico Fellini contattò un'agenzia di casting londinese e chiese loro di mandare a Roma gli attori più decadenti e problematici che avevano a disposizione, per incontrarlo di persona. Mandarono Terence Stamp e James Fox, e Fellini scelse Stamp. 
Si segnala che anche Marlon Brando e Richard Burton erano stati presi in considerazione per il ruolo di Toby Dammit. 

Louis Malle avrebbe voluto la prosperosa brasiliana Florinda Bolkan per interpretare il ruolo di Giuseppina Ditterheim, ma non poté averla, perché i produttori volevano imporre un'attrice più conosciuta. Così fu scelta Brigitte Bardot, che era considerata poco adatta dal regista.
 
L'uscita del film in Gran Bretagna fu ritardata a lungo, fino all'inizio del 1973, quando ebbe solo una manciata di proiezioni con il titolo Tales of Mystery. Non è mai stato trasmesso sulla televisione britannica e solo nel 2019 è uscito in DVD / Blu-Ray con il titolo americano, Spirits of the Dead. Non è difficile capire l'accaduto. La rappresentazione del Diavolo ha urtato profondamente la sensibilità degli Inglesi, popolo sommamente superstizioso e scaramantico. Qualcuno di molto importante deve essersi defecato in mano, decidendo così di ostacolare la distribuzione della pellicola. Non dimentichiamoci che in Inghilterra non si trovano macchine con 666 nella targa, né alberghi con la camera 666. Poi avevano in casa Jimmy Savile, che era un'emanazione del Maligno! 

Errori 

Durante l'ultima partita di carte tra la fatale Giuseppina e il cinico Wilson, quest'ultimo si distribuisce due carte di seguito durante la mano finale. Avrebbe dovuto distribuire a Giuseppina una quinta carta prima di prendere la sua.

Evidentemente è un manichino quello che cade dal campanile della chiesa a Bergamo, non un essere umano.

Toby Dammit non si serve di un traduttore e parla in inglese (anche nella versione in italiano), come se il pubblico lo potesse comprendere alla perfezione. In realtà la conoscenza della lingua inglese in Italia era pessima in quegli anni, essendo nel frattempo le cose appena migliorate. 

A Toby Dammit viene offerta una rivista pittorica in cui deve ritrarre "il giovane dio greco Marte" (come tradotto nelle didascalie). Marte era il dio romano della guerra. Il nome del suo corrispondente greco era Ares.

Alla fine, quando Toby Dammit ha messo la retromarcia e ha accelerato per arrivare abbastanza indietro da permettergli di saltare il baratro nel ponte crollato davanti a sé, indossa una camicia bianca con volant aperta sul lato del collo. Ma in uno dei brevi scatti che lo mostrano mentre fa retromarcia, indossa la stessa giacca nera sopra la camicia bianca e l'ascot nero che gli copre il collo, lo stesso che indossava prima alla catastrofica cerimonia di premiazione. 



Critica 

Marcel M.J. Davinotti Jr. ha una pessima opinione della pellicola di Vadim-Malle-Fellini ed esprime un giudizio a dir poco caustico, quasi surreale. Prima ci parla della tirannia di Roger Corman, un gigantesco Tyrannosaurus rex che ha imperversato per un decennio, imponendo i propri adattamenti di Poe (non sempre capolavori). Poi ci spiega come Vadim-Malle-Fellini siano stati costretti dal regista-dinosauro ad adattare racconti meno noti. 
Ecco in sintesi: 
1) Metzengerstein. Reso molesto da un'insopportabile voce fuori campo. Ruota tutto intorno alla Pupona, Jane Fonda, tanto che del racconto di Poe si conserva in pratica ben poco.  
2) William Wilson. Accusato di essere soporifero, si consuma tra una partita a carte e l'altra, il tutto di una suprema inutilità. Alla fine il critico afferma di provare nostalgia per i lavori di Corman, fustigati nell'incipit. 
3) Toby Dammit. Unico episodio apprezzato, anche se viene riconosciuto che con il racconto di Poe non ha quasi nulla a che vedere; sono identificate le origini eminentemente baviane della riduzione felliniana. 


L'utente Pigro riprende i concetti già espressi da Davinotti: l'episodio di Vadim è un "pezzo-cartolina", mentre quello di Malle è "calligrafico ma vuoto (e noioso)". Resta il lavoro di Fellini, "furioso e acido", anche se meno fedele degli altri all'originale di Poe. Considera quindi che la somma di due contributi scadenti e di uno eccellente debba per necessità sommarsi in un totale mediocre.  
 
L'utente Homesick usa un'espressione a dir poco suggestiva: "un trittico di cupio dissolvi". Un Terence Stamp "consunto e maudit" è protagonista di uno "stralcio di Dolce vita in versione mortuaria illuminata dal suo familiare estro onirico e grottesco". Leggendo queste parole si percepisce il disfacimento del corpo dell'attore, il progredire della sua cirrosi epatica, il delirium tremens che preme anche dopo un solo minuto di astinenza alcolica, popolando l'Universo di scarafaggi! Sublime. 

L'utente Rebis usa una satira caustica come la calve viva: Vadim, nato e cresciuto su un pianeta eternamente separato dalla Terra, che non vide mai la nascita di Edgar Allan Poe, esponendo la moglie lussuriosa all'universo mondo. Malle anticipa il finale, svuotando di senso la formula stessa del Racconto del Mistero. Fellini è come un Dante Alighieri moderno, inebriato dall'Amanita muscaria, che "allestisce uno dei suoi soliti personalissimi meravigliosi inferni". L'ideale è guardare il film senza avere in mente ciò che Poe scrisse, conclude il commentatore.

L'utente Buiomega71 riconosce l'assoluto terrore instillato dalla bambina demoniaca interpretata da Marina Yaru. Pur riconoscendo qualche merito a William Wilson, reputa "noioso" Metzengerstein. Conclude che senza Toby Dammit, l'intera opera sarebbe scivolata nell'Oblio.