Titolo originale: Histoires extraordinaires
Titolo in inglese: Spirits of the Dead Paese di produzione: Francia, Italia
Lingua: Francese, italiano, inglese
Anno: 1968
Durata: 116 min
Colore: Colore
Rapporto: 1,75:1
Genere: Orrore, thriller
Regia: Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini
Episodi:
Metzengerstein (37 min), di Roger Vadim
William Wilson (36 min), di Louis Malle
Toby Dammit (43 min), di Federico Fellini
Soggetto: Racconti di Edgar Allan Poe:
Metzengerstein - Metzengerstein: A Tale in Imitation
of the German (1832)
William Wilson - William Wilson (1839)
Toby Dammit - Never Bet the Devil Your Head:
A Moral Tale (1841)
Sceneggiatura: Roger Vadim, Federico Fellini,
Louis Malle, Bernardino Zapponi, Pascal Cousin
Produttore: Alberto Grimaldi, Raymond Eger
Casa di produzione: Produzioni Europee Associate (Italia),
Les Films Marceau-Cocinor (Francia)
Fotografia: Claude Renoir (Metzengerstein),
Giuseppe Rotunno (Toby Dammit), Tonino Delli Colli
(William Wilson)
Montaggio: Hélène Plemiannikov (Metzengerstein),
Ruggero Mastroianni (Toby Dammit)
Musiche: Jean Prodromidès (Metzengerstein),
Diego Masson (William Wilson), Nino Rota
(Toby Dammit)
Scenografia: Jean André (Metzengerstein), Pietro Tosi
(Toby Dammit)
Costumi: Jacques Fonteray (Metzengerstein)
Interpreti e personaggi:
1) Metzengerstein
Jane Fonda: Contessa Frederica de Metzengerstein
Peter Fonda: Barone Wilhelm Berlifitzing
Georges Douking: Arazziere
Philippe Lemaire: Philippe
Carla Marlier: Claude
Serge Marquand: Hugues
James Robertson Justice: Consigliere della Contessa
Françoise Prévost: Amica della Contessa
Audoin de Bardot: Paggio
Dennis Berry : Cortigiano
Jackie Blanchot: Cortigiano
Anny Duperey: Cortigiana
Marie-Ange Aniès: Cortigiana
Andréas Voutsinas: Cortigiano
Maurice Ronet: Narratore (versione francese)
Clement Biddle Wood: Narratore (versione inglese)
2) William Wilson
Alain Delon: William Wilson e il suo Doppelgänger
Brigitte Bardot: Giuseppina Ditterheim
Renzo Palmer: Prete
Daniele Vargas: Professore all'Università
John Karlsen: Istruttore militare scolastico
Franco Arcalli: Insegnante che fustiga Wilson bambino
Umberto D'Orsi: Hans
Marco Stefanelli: William da bambino
Paolo Giusti: Doppelgänger di Wilson
Massimo Ardù: Doppelgänger di Wilson ragazzo
Katia Christine: Ragazza bionda sul tavolo operatorio
3) Toby Dammit
Terence Stamp: Toby Dammit
Marina Yaru: Il Diavolo in forma di bambina
Salvo Randone: Padre Spagna
Antonia Pietrosi: La Signora
Ferdinand Guillaume: Vecchio attore cieco
Brigitte: Ragazza che parla col vecchio attore
Annie Tonietti: Commentatrice televisiva
Monica Pardo: Miki, l'attrice dai capelli crespi
Federico Boido: Il Doppelgänger di Toby
Fabrizio Angeli: Fabrizio Manetti (primo regista)
Ernesto Colli: Ernestino Manetti (secondo regista)
Andrea Fantasia: Produttore
Campanella: Lombardi (assistente produttore)
Aleardo Ward: Primo intervistatore
Paul Cooper: Secondo intervistatore
Milena Vukotic: Intervistatrice tv
Andrea Fantasia: Produttore al party
Marisa Traversi: Marilù Traversi
Irina Maleeva: Zingara
Giovanni Tarallo: Vecchio paparazzo
Fides Stagno: Se stessa
Ettore Arena: Rabbino all'aeroporto
Dakkar: Mandingo all'aeroporto
Van Heflin: Attore del film "Trenta dollari"
(scena tagliata)
Doppiatori italiani:
1) Metzengerstein
Maria Pia Di Meo: Contessa Frederica de Metzengerstein
Gino La Monica: Barone Wilhelm Berlifitzing
Sergio Graziani: Philippe
Carlo Alighiero: Hugues
Renato Turi: Voce narrante
2) William Wilson
Cesare Barbetti: William Wilson e il suo Doppelgänger
Flaminia Jandolo: Giuseppina Ditterheim
Bruno Persa: Professore all'università
Giovanni Saccenti: Insegnante che consegna le lettere
Stefano Sibaldi: Hans
3) Toby Dammit
Osvaldo Ruggieri: Voce narrante di Toby Dammit ad inizio
episodio
Giuseppe Rinaldi: Padre Spagna
Serena Verdirosi: Commentatrice TV
Oreste Lionello: Il Doppelgänger di Toby
Location:
1) Metzengerstein:
Roscoff (Finistère, Bretagna)
2) William Wilson:
Bergamo, Chiesa di Santa Maria Maggiore, Palazzo
della Ragione;
Bracciano, Castello Odescalchi;
Roma, Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini.
3) Toby Dammit:
Marino (Roma);
Roma, Convento di San Bonaventura al Palatino.
1) Metzengerstein
La Contessa Frederica de Metzengerstein è una nobildonna bionda, bellissima e dissoluta che passa il suo tempo in orge, anche saffiche. Sorprendentemente emancipata per il contesto storico, non è sposata, non ha figli e ignora qualsiasi concetto della religione cristiana, come se fosse nata e cresciuta in un popolo pagano rimasto isolato. Priva di morale e di scrupoli, non esita a causare la morte del cugino, il Barone Wilhelm Berlifitzing, reo di aver osato respingere un suo invito: fa incendiare la sua scuderia, dove egli passava il suo tempo con gli amati cavalli. Così il nobile finisce combusto assieme agli equini, travolto dal crollo dell'edificio in fiamme, ma ritorna in forma di un selvaggio stallone nero e demoniaco, che fa irruzione nel maniero dei Metzengerstein. La Contessa Frederica è ossessionata dal sinistro animale, che soltanto lei riesce ad ammansire. Finirà con l'appartarsi da ogni forma di vita sociale per passare il suo tempo con il cavallo dal manto scuro come la notte.
2) William Wilson
Un giovane ufficiale austriaco, il cui nominativo è stranamente anglosassone, si distingue per il suo efferato sadismo. Si chiama William Wilson ed è un totale psicopatico. La vita altrui per lui è meno importante di un escremento. Arriva al punto di bucare l'addome a una giovane prostituta, penetrandola con un coltello soltanto per divertimento. Qualcosa però lo disturba: è il suo Doppelgänger, ossia un uomo in tutto e per tutto identico a lui, che compare nei momenti meno opportuni intralciando le sue gesta malvagie, fino a fargli fallire una cruciale partita a carte con una dama fatale, smascherandolo come baro. William Wilson, ossessionato da queste apparizioni spettrali, finisce per sfidare a duello il Doppelgänger e lo uccide con un pugnale, ma così facendo commette un gravissimo errore. Giunto alla pazzia, va a confessarsi da un prete, che ascolta con attenzione il racconto della sua vita, ma alla fine non crede alle sue parole e cerca di convincerlo a smettere di alcolizzarsi. In preda alla disperazione, l'ufficiale si getta dal campanile e si schianta sul selciato. Il suo corpo viene trovato trafitto dalla stessa arma con cui ha ucciso il Doppelgänger.
3) Toby Dammit
Un attore shakespeariano inglese in declino e alcolizzato terminale, Toby Dammit, arriva a Roma per girare un film spaghetti western molto particolare, commissionato da un importante prelato e finanziato dalla Santa Sede. Si tratta di un western "cattolico", che parla del ritorno di Cristo sulla Terra. In cambio della sua opera, l'attore riceve una Ferrari già rodata e pronta all'uso. Durante un'intervista, quando gli viene chiesto se creda in Dio, lui risponde di no. Tuttavia, subito dopo gli viene chiesto se creda nel Diavolo, e la sua risposta è affermativa. Parla della sua idea del Diavolo, che descrive come una presenza reale, in carne ed ossa, il cui aspetto è quello di una bambina bionda vestita di bianco che si aggira di notte con una palla. Dopo un'esibizione disastrosa, Toby Dammit prende la Ferrari e si lancia a velocità folle nella notte, inoltrandosi negli spettrali paesi fuori Roma. In preda a un attacco di demenza, vede la bambina bionda con la palla e sa che la propria fine sta per giungere. Cerca così di saltare con la Ferrari un ponte crollato, ma finisce contro un cavo teso che lo decapita. La bambina demoniaca raccoglie la testa recisa dell'attore dannato.
Citazioni:
Orrore e fatalità hanno imperato in ogni tempo. Perché dunque segnare una data alle storie che devo raccontarvi?
Edgar Allan Poë
Recensione:
All'epoca in cui questo film fu girato, era del tutto normale che un'opera cinematografica fosse composta da più episodi, in pratica cortometraggi giustapposti, spesso diretti da diversi registi e legati tra loro soltanto da un tema in comune. In questo caso il filo conduttore è l'orrore ispirato da fatti surreali ai limiti dell'assurdo. Dopo aver goduto di vasta popolarità, la formula del film collettivo (in inglese omnibus film) decadde fin quasi a scomparire. Difficile credere che oggi possa essere riproposta.
I tre episodi di Vadim, Malle e Fellini sono stati tratti molto liberamente da racconti di Edgar Allan Poe, apportandovi modifiche radicali. In particolare nel caso di Toby Dammit, l'adattamento è addirittura migliore dell'opera da cui è stato tratto. A parer mio, nel complesso si tratta di un esperimento dall'ottimo esito. Le lacune sono colmate dall'eccellente interpretazione di attori e attrici di prim'ordine. Certo, non sempre è una formula che funziona: esistono numerosi film fecaloidi anche con un cast stratosferico. Qui invece va tutto a meraviglia, per quante critiche si possano fare.
L'adattamento di "Metzengerstein:
A Tale in Imitation of the German"
Roger Vadim era un nepotista e tendeva a mettere sua moglie dappertutto. Dovendo adattare un racconto il cui protagonista era un uomo, non poté far altro che cambiargli sesso, facendolo diventare una donna e per giunta libidinosa. Così il Barone Frederik è diventato la contessa Frederica (Frédérique nella versione in francese/inglese). Siccome il titolo di baronessa non bastava alla Fonda, l'ha promossa facendola diventare contessa. Il finale scritto da Poe era assai problematico, perché il Barone Metzengerstein doveva bruciare vivo, condotto dal cavallo nero e indomito tra le fiamme divampate nel suo castello di famiglia. La Pupona non era stupida e aveva un orgoglio smisurato: non avrebbe mai accettato di interpretare un personaggio destinato a morire in un incendio. Così ecco che il rogo finale, contrappasso per la morte di Berlifitzing (che nel racconto era un anziano patriarca), non è mai stato realizzato. Anche Vadim era furbo: non voleva insistere con la capricciosa consorte e rischiare qualcosa del tipo "niente sesso per un anno". Questo finale sospeso non ha affatto giovato. Ha rotto la tensione, ha come castrato l'episodio. C'è anche un altro elemento, di cui forse ben pochi si sono resi conto. L'attaccamento morboso della Contessa Frederica allo stallone poteva suggerire qualcosa di insano, connesso alla bestialità erotica. Anche se in America è sempre stato un tabù religioso molto radicato, all'epoca in Francia e altrove non erano rare fantasie di questo tipo, che si traducevano in filmati con attrici intente a fellare e masturbare i falli prorompenti degli stalloni.
L'adattamento di "William Wilson"
L'originale di Poe non presentava particolari problemi: era ambientato nelle più rinomate università della cupa Inghilterra. È stato Louis Malle ad introdurre molteplici complicazioni nel suo adattamento. Difficile a distanza di tempo capire le ragioni delle sue scelte, strane ma senza dubbio molto suggestive. Perché trapiantare la storia di William Wilson nell'Impero Austriaco? Perché conservare le origini anglosassoni del personaggio? Già era ai limiti dell'assurdo la presenza di un uomo di nome William Wilson in quella potente nazione, figuriamoci quella di un suo doppione chiamato allo stesso modo!
Di fronte a tutto ciò, è necessario porsi domande cogenti. Nel Regno Lombardo-Veneto, come avveniva la comunicazione tra militari austriaci e popolazione locale? Un militare di stanza a Bergamo imparava il bergamasco oppure erano i locali a conoscere il tedesco? Se così fosse stato, come mai non è rimasto alcun ricordo di queste esperienze linguistiche? Perché i libri di storia non si occupano di questi problemi?
Solo per fare un esempio, il prete da cui Wilson è andato a confessarsi, che lingua parlava con lui? Era un prete tedesco in una chiesa di Bergamo? Oppure la conversazione con Wilson si svolgeva in bergamasco? Si può immaginare che tra loro, questi militari parlassero tedesco e che non sorgessero difficoltà di sorta. Anche i dialoghi con Giuseppina Ditterheim dovevano essere nel nobilissimo idioma germanico. Come si va al di fuori di questo ambito ristretto, tutto è inghiottito da insondabili zone d'ombra. Si possono solo azzardare deboli spiegazioni di questo fenomeno di annichilimento del passato e della sua inconoscibilità.
a) Sostanziale mancanza di fonti.
Le fonti storiche, soprattutto quelle scritte, tendono a privilegiare gli eventi politici e militari, trascurando spesso gli aspetti più quotidiani della vita. Le testimonianze dirette dei soldati o dei civili sono rare e spesso frammentarie.
b) Dialetti e oralità.
Molte delle interazioni linguistiche avvenivano in contesti informali e attraverso l'oralità. I dialetti, inoltre, erano spesso considerati inferiori rispetto alle lingue scritte e quindi meno degni di essere documentati.
c) Passaggio del tempo e relativa usura.
Col passare del tempo, i ricordi si affievoliscono fino a svanire del tutto e le lingue cambiano. Molti dei dialetti parlati nel XIX secolo sono oggi scomparsi o fortemente alterati.
d) Tensioni sociali.
Il rapporto tra militari e popolazione era spesso teso, a causa dell'occupazione austriaca e delle repressioni che ne seguirono. Secondo alcuni, questo clima di diffidenza poteva inibire la comunicazione e favorire l'uso di lingue veicolari come l'italiano. Sono molto scettico a questo proposito. L'italiano era una lingua poco diffusa ancora agli inizi del XX secolo e i suoi parlanti non erano così numerosi!
L'adattamento di "Never Bet the Devil
Your Head"
L'episodio migliore della trilogia onirica è di gran lunga Toby Dammit, che è uno dei massimi capolavori dell'horror a livello mondiale. Eppure, se prendiamo l'originale di Poe, notiamo all'istante che c'è ben poco in comune. Il racconto Never Bet the Devil Your Head era innanzitutto grottesco e satirico, quasi comico nella sua improbabile architettura. Era la storia di un coglione microcefalo cresciuto da una madre calvinista e severissima, snaturata come una tigre d'Ircania, che gli somministrava ogni giorno decine di violentissimi sganassoni! Nonostante questo trattamento, il protagonista cresceva con ogni genere di vizio, fino ad adottare come normale intercalare la frase "Scommetto la mia testa col Diavolo", considerata da tutti sommamente blasfema e pericolosa. Alla fine, il giovane bestemmiatore finiva col perdere davvero il cranio in presenza di un vecchio gobbo vestito di nero, che era per l'appunto Messer Mefistofele in persona!
Fellini ha rifatto tutto e ha prodotto questa meravigliosa perla! Peccato che non tutto sia farina del sacco del regista, che ha preso a prestito proprio l'elemento più destabilizzante: il Diavolo in forma di bambina bionda. L'origine è presto detta, è il film horror Operazione paura (1966), diretto da Mario Bava. Sì, proprio lui, che creava mondi alieni con le caramelle ciucciate e che ha concepito l'idea di plasmare uno pseudo-Alien con un bidone di trippa! Nel film baviano del 1966, la bambina diabolica, Melissa, era uno spettro, un'anima inquieta. Era stata una bambina in carne ed ossa, poi uccisa in un incidente e non soccorsa, così dopo la morte vagava in cerca di vendetta. Fellini ha introdotto un'innovazione geniale: la bambina diventa una manifestazione del Maligno!
Allucinazioni e distorsioni
Il cervello non sa gestire l'Orrore Assoluto. Cerca con ogni mezzo di rimuoverlo, di neutralizzarlo. Una strategia molto frequente è quella di far passare l'evento straordinario per qualcosa di normale. Quando questo tentativo fallisce, perché il potere traumatizzante dell'accaduto è eccessivo, subentra la cancellazione della memoria. In pratica, si ha un intervento sui neuroni e sulle sinapsi, in modo tale che non si fissi tutto ciò che è connesso con il ricordo problematico. Questa cancellazione non è mai completa, resta sempre qualcosa, nascosto in profondità e sempre pronto a riemergere. Così quando ho visto il film collettivo sono rimasto inorridito, quasi annientato dalla spaventosa visione della bambina satanica. Ho avuto un'amnesia, tanto che ho dimenticato quelle sequenze per molti anni, anche se queste continuavano a produrre i loro effetti nelle profondità del mio subcosciente. Ricordo alcune eruzioni terrificanti avvenute a più riprese nel corso della mia adolescenza e in seguito, quando ero un uomo fatto e finito. Ero uno studente delle medie quando ho visto una bambina bionda vestita di bianco a una finestra di una villa abbandonata, che anni dopo ho saputo essere stata una sede delle SS durante la seconda guerra mondiale. In quel luogo sono state torturate e uccise molte persone. Appena mi sono reso conto della cosa, per una notizia riferitami in modo in apparenza fortuito, ho avuto i brividi: quella bambina era realmente un demone, come avevo saputo fin dal primo momento. Il giorno della mia laurea, mi trovavo nella sede di Fisica in Via Celoria a Milano. Guardando fuori dalla porta vetrata dell'ingresso, vidi nitidamente una bambina bionda vestita di bianco, che mi dava le spalle. Uscito per vedere meglio, era scomparsa. Solo dopo molto tempo, visto di nuovo il film, mi sono ricordato all'improvviso di quando ero stato esposto per la prima volta a quelle immagini. Il mio cervello aveva immagazzinato ogni dettaglio, proiettandolo poi, anche da prospettive che nel film non si vedono!
Moravia e le bambine demoniache
In Passeggiate africane (edito da Bompiani, 1987), Alberto Moravia racconta un evento inquietante che gli occorse mentre visitava la tribù dei Manyati. Ecco il resoconto:
"Mentre discutiamo e la Land Rover corre per una pista assolutamente deserta a perdita d'occhio, ecco, ad un tratto, laggiù lontano ecco appare una piccola figura che, poiché ci avviciniamo, si precisa sempre più ma rimane piccola. Adesso la vediamo distintamente: è una bambina nuda salvo un esiguo perizoma bianco panna intorno ai fianchi; avrà dieci anni; ha gambe robuste e corpo atticciato e una testa rotonda e spettinata; ride, provocante, e agita le braccia come facendoci segno di fermarci. L'autista, invece di fermarsi, accelera; la bambina si getta davanti al radiatore agitando le braccia; facciamo appena in tempo ad evitarla con uno scarto violento che ci fa scivolare nella melma del fossato. Usciamo fuori dal fossato, riprendiamo la corsa, mi volto a guardare attraverso il vetro posteriore; la pista è già deserta, della bambina non c'è traccia. Allora, ad un tratto, ricordo il breve bellissimo film di Federico Fellini, ricavato dalla novella di Poe: "Mai scommettere la testa con il diavolo". Anche nel film c'è una bambina che, inspiegabilmente, gioca a palla di notte su un ponte in costruzione. Il protagonista scommette con se stesso di saltare in macchina da un troncone all'altro del ponte; ma una sottile sbarra di ferro, tesa e invisibile, a mezz'aria, gli tronca di netto la testa. Racconto ai compagni del film di Fellini, noto la coincidenza; quello che sa tante cose della tribù dei Manyati, conferma: sono tutti nudi eccetto un perizoma di un bianco panna opaco intorno i fianchi; non ci sarebbe da stupire che la bambina volesse fermarci per...e qui lascio immaginare ma preferisco non precisare le ipotesi, formulate in proposito, tutte come nella novella di Poe e nel film di Fellini "diaboliche".
Non posso averne conferma, ma ho l'impressione che la bambina vista da Moravia fosse albina, o non gli avrebbe richiamato alla mente l'opera di Fellini. E ancora, nel racconto Il diavolo va e viene (La cosa e altri racconti, edito da Bompiani, 1983), lo stesso autore riporta quanto segue:
"La prima sorpresa sarà nel vederlo in sembianze di bambina biondiccia, con slavati occhi azzurri, naso dalle narici increspate, bocca schifiltosa. Sarà vestita di una pelliccetta gonfia e bianca di falso muflone."
Quello che mi pare certo è che queste immagini sono state impiantate nella mente di Moravia proprio dal Toby Dammit felliniano, in modo non dissimile da quanto accaduto a me!
Note etimologiche
Né il cognome Metzengerstein, né il cognome Berlifitzing, sono reali. Non esiste nessuna loro attestazione storica, si tratta di pure invenzioni di Edgar Allan Poe. Occorre però stabilire come lo scrittore sia arrivato a coniare questi cognomi, quale sia stata la sua ispirazione.
Il cognome Wilson esiste ed è diffusissimo sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti d'America (è il settimo cognome più diffuso in Inghilterra e addirittura il terzo cognome più diffuso in Scozia). Il cognome Dammit può sembrare non reale, liquidabile come una mera creazione satirica del genio di Poe. Invece esiste davvero, anche se è molto raro.
i) Etimologia di Metzengerstein
In una pagina dell'augusto sito della Edgar Allan Poe Society of Baltimore (EAPOE) è scritto quanto segue in una nota che riporto in questa sede per l'universale e sacrosanto diritto di citazione breve:
"The name is apparently not historical, and is of uncertain meaning. In German Metz (plural Metzen) is meal (flour), and the name of a city; and Ger is a spear, but Metzger is a butcher. Stein is stone. Poe may have thought the name meant Butcherstone or Stonespear of Metz."
Traduzione:
"Il nome è evidentemente non storico, ed è di significato incerto. In tedesco Metz (plurale Metzen) è la farina, e il nome di una città; e Ger è un giavellotto, ma Metzger è un macellaio. Stein è la pietra. Poe può aver pensato che il nome significasse "Pietra del macellaio" o "Giavellotto di pietra di Metz".
Ebbene, in tedesco la farina non è affatto Metz, bensì Mehl. Il genitivo singolare è Mehles o Mehls. Il nominativo plurale è Mehle. Il sostantivo è un neutro forte e non ha nessun plurale debole in -en. Quanto riportato dal sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è semplicemente inventato e dimostra una totale ignoranza della lingua tedesca.
ii) Etimologia di Berlifitzing
Sempre nel sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è riportato in una nota brevissima quanto segue:
"The name Berlifitzing is apparently invented; it may mean something like Little Son of a Bear."
Traduzione:
"Il nome Berlifitzing è evidentemente inventato; potrebbe significare qualcosa come "Piccolo figlio di un orso".
L'etimologia suggerita nel sito è farlocca e parte dalla combinazione di un sostantivo tedesco, Bär "orso", con uno francese antico: fiz "figlio" (derivato dal latino fīlius). Non mi risultano usi di questa parola francese per formare composti con parole tedesche. Un'etimologia popolare, erronea, fa derivare il nome della città di Berlino (Berlin) da un diminutivo di Bär "orso". Poe potrebbe aver conosciuto questa leggenda e aver utilizzato il toponimo Berlin, interpretato come "Piccolo Orso", come primo membro del cognome composto. Il suffisso -ing è un tipico patronimico germanico e di per sé non è problematico; tuttavia non ha riscontro la sua aggiunta a un termine francese antico, in cui -z è tra l'altro un'uscita tipica del nominativo singolare, essendo l'accusativo singolare fil (derivato dal latino fīlium). Non ha proprio senso.
iii) Etimologia di Wilson
L'etimologia è semplice: il cognome Wilson è di formazione norrena di origine patronimica che contiene l'elemento -son "figlio", mentre il primo membro del composto è l'antroponimo William "Guglielmo". Significa "Figlio di Guglielmo". L'attestazione più antica risale al 1324, in Inghilterra, nella forma Willeson, quindi nel 1405 è documentato come Wulson in Scozia. Dal cognome è derivato il nome di battesimo Wilson. In Germania i cognomi formati in questo modo non sono sconosciuti. Nel nord sono abbastanza comuni i cognomi in -sen, come Janssen, Johansen, Hansen, Pedersen, che potrebbero essere filtrati dalla Danimarca. Altrove si trovano cognomi in -son, -sohn, come Johansson, Friedrichsohn. Il cognome Mendelssohn (varianti: Mendelsson, Mendelsohn, Mendelson, Mandelson) è ashkenazita formato allo stesso modo.
iv) Etimologia di Dammit
Il cognome Dammit ha la sua origine in una comune interiezione che esprime irritazione, rabbia, disappunto. È uno di quei gioielli della lingua inglese che non vengono insegnati nelle grammatichine. L'interiezione dammit può persino essere usata come sostantivo. La sua derivazione è chiaramente "damn it!", cioè "sia dannato!", "maledizione!" Locuzioni tipiche:
- God dammit, espressione di rabbia, sorpresa, eccitazione intensa o frustrazione (varianti: goddammit, goddamnit, goddamned, God damn);
- dammit to Hell, espressione di rabbia o irritazione.
Quanto riportato smentisce la stupidissima idea insegnata nelle scuole italiane, secondo cui gli Anglosassoni non bestemmierebbero mai. Cosa sono queste, se non bestemmie? Possiamo dedurre che Toby Dammit sia un nomen omen, che prefigura il destino di chi lo porta, ossia la dannazione eterna all'Inferno. Questo crea qualche problema con la teologia cattolica, mentre è compatibile con quella protestante.
A quanto pare, esiste anche un cognome tedesco Dammit, ovviamente di diversa origine, che si trova in Slesia, con numerose varianti come Damitz, Damits, Dammits, Demitz, Demits, Damnitz.
Produzione e distribuzione
Originariamente il film collettivo doveva essere diretto da Luchino visconti, Claude Chabrol, Joseph Losey e Orson Welles. Secondo IMDb.com, tra i registi avrebbe dovuto esserci Luis Buñuel. Welles, che aveva già scritto la sceneggiatura di un segmento basato sia su "The Mask of the Red Death" che su "The Cask of Amontillado", si ritirò nel settembre 1967 e fu sostituito da Fellini.
All'inizio Peter O'Toole era stato scelto per il ruolo di Toby Dammit. Dopo essersi ritirato, Federico Fellini contattò un'agenzia di casting londinese e chiese loro di mandare a Roma gli attori più decadenti e problematici che avevano a disposizione, per incontrarlo di persona. Mandarono Terence Stamp e James Fox, e Fellini scelse Stamp. Si segnala che anche Marlon Brando e Richard Burton erano stati presi in considerazione per il ruolo di Toby Dammit.
Louis Malle avrebbe voluto la prosperosa brasiliana Florinda Bolkan per interpretare il ruolo di Giuseppina Ditterheim, ma non poté averla, perché i produttori volevano imporre un'attrice più conosciuta. Così fu scelta Brigitte Bardot, che era considerata poco adatta dal regista.
L'uscita del film in Gran Bretagna fu ritardata a lungo, fino all'inizio del 1973, quando ebbe solo una manciata di proiezioni con il titolo Tales of Mystery. Non è mai stato trasmesso sulla televisione britannica e solo nel 2019 è uscito in DVD / Blu-Ray con il titolo americano, Spirits of the Dead. Non è difficile capire l'accaduto. La rappresentazione del Diavolo ha urtato profondamente la sensibilità degli Inglesi, popolo sommamente superstizioso e scaramantico. Qualcuno di molto importante deve essersi defecato in mano, decidendo così di ostacolare la distribuzione della pellicola. Non dimentichiamoci che in Inghilterra non si trovano macchine con 666 nella targa, né alberghi con la camera 666. Poi avevano in casa Jimmy Savile, che era un'emanazione del Maligno!
Errori
Durante l'ultima partita di carte tra la fatale Giuseppina e il cinico Wilson, quest'ultimo si distribuisce due carte di seguito durante la mano finale. Avrebbe dovuto distribuire a Giuseppina una quinta carta prima di prendere la sua.
Evidentemente è un manichino quello che cade dal campanile della chiesa a Bergamo, non un essere umano.
Toby Dammit non si serve di un traduttore e parla in inglese (anche nella versione in italiano), come se il pubblico lo potesse comprendere alla perfezione. In realtà la conoscenza della lingua inglese in Italia era pessima in quegli anni, essendo nel frattempo le cose appena migliorate.
A Toby Dammit viene offerta una rivista pittorica in cui deve ritrarre "il giovane dio greco Marte" (come tradotto nelle didascalie). Marte era il dio romano della guerra. Il nome del suo corrispondente greco era Ares.
Alla fine, quando Toby Dammit ha messo la retromarcia e ha accelerato per arrivare abbastanza indietro da permettergli di saltare il baratro nel ponte crollato davanti a sé, indossa una camicia bianca con volant aperta sul lato del collo. Ma in uno dei brevi scatti che lo mostrano mentre fa retromarcia, indossa la stessa giacca nera sopra la camicia bianca e l'ascot nero che gli copre il collo, lo stesso che indossava prima alla catastrofica cerimonia di premiazione.
Critica
Marcel M.J. Davinotti Jr. ha una pessima opinione della pellicola di Vadim-Malle-Fellini ed esprime un giudizio a dir poco caustico, quasi surreale. Prima ci parla della tirannia di Roger Corman, un gigantesco Tyrannosaurus rex che ha imperversato per un decennio, imponendo i propri adattamenti di Poe (non sempre capolavori). Poi ci spiega come Vadim-Malle-Fellini siano stati costretti dal regista-dinosauro ad adattare racconti meno noti.
Ecco in sintesi:
1) Metzengerstein. Reso molesto da un'insopportabile voce fuori campo. Ruota tutto intorno alla Pupona, Jane Fonda, tanto che del racconto di Poe si conserva in pratica ben poco.
2) William Wilson. Accusato di essere soporifero, si consuma tra una partita a carte e l'altra, il tutto di una suprema inutilità. Alla fine il critico afferma di provare nostalgia per i lavori di Corman, fustigati nell'incipit.
3)
Toby Dammit. Unico episodio apprezzato, anche se viene riconosciuto che con il racconto di Poe non ha quasi nulla a che vedere; sono identificate le origini eminentemente baviane della riduzione felliniana.
L'utente Pigro riprende i concetti già espressi da Davinotti: l'episodio di Vadim è un "pezzo-cartolina", mentre quello di Malle è "calligrafico ma vuoto (e noioso)". Resta il lavoro di Fellini, "furioso e acido", anche se meno fedele degli altri all'originale di Poe. Considera quindi che la somma di due contributi scadenti e di uno eccellente debba per necessità sommarsi in un totale mediocre.
L'utente Homesick usa un'espressione a dir poco suggestiva: "un trittico di cupio dissolvi". Un Terence Stamp "consunto e maudit" è protagonista di uno "stralcio di Dolce vita in versione mortuaria illuminata dal suo familiare estro onirico e grottesco". Leggendo queste parole si percepisce il disfacimento del corpo dell'attore, il progredire della sua cirrosi epatica, il delirium tremens che preme anche dopo un solo minuto di astinenza alcolica, popolando l'Universo di scarafaggi! Sublime.
L'utente Rebis usa una satira caustica come la calve viva: Vadim, nato e cresciuto su un pianeta eternamente separato dalla Terra, che non vide mai la nascita di Edgar Allan Poe, esponendo la moglie lussuriosa all'universo mondo. Malle anticipa il finale, svuotando di senso la formula stessa del Racconto del Mistero. Fellini è come un Dante Alighieri moderno, inebriato dall'Amanita muscaria, che "allestisce uno dei suoi soliti personalissimi meravigliosi inferni". L'ideale è guardare il film senza avere in mente ciò che Poe scrisse, conclude il commentatore.
L'utente Buiomega71 riconosce l'assoluto terrore instillato dalla bambina demoniaca interpretata da Marina Yaru. Pur riconoscendo qualche merito a William Wilson, reputa "noioso" Metzengerstein. Conclude che senza Toby Dammit, l'intera opera sarebbe scivolata nell'Oblio.