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domenica 24 ottobre 2021

 
L'ACCADEMIA DELLE SCIMMIE 
 
Qual è la differenza tra Scienza e scientismo? Molto semplice. La Scienza deve procedere a partire dalle osservazioni e dalle misure, basandosi sul metodo scientifico, elaborando teorie atte a spiegare nel miglior modo possibile quanto osservato e misurato. Lo scientismo assume le vesti del metodo scientifico, ma in realtà cristallizza pregiudizi e preconcetti in proposizioni dogmatiche.  
 
Questa è un'autorevole definizione della parola scientismo

"Il particolare atteggiamento intellettuale di chi ritiene unico sapere valido quello delle scienze fisiche e sperimentali, e svaluta quindi ogni altra forma di sapere che non accetti i metodi propri di queste scienze. Il termine fu coniato in Francia nella seconda metà dell’Ottocento e si diffuse poi altrove, avendo di volta in volta significato positivo o negativo: si designarono polemicamente come scientisti (e di conseguenza come antimetafisici) i positivisti (per es., H. Taine); di contro impiegarono spregiativamente il termine coloro che, come E. Boutroux, vedevano nel determinismo positivistico e nell’affermazione dell’oggettiva necessità delle leggi naturali, estese anche al mondo umano, l’espressione di un rigido dogmatismo. Oggi il termine è usato solo nel suo significato negativo a indicare l’indebita estensione di metodi scientifici ai più diversi aspetti della realtà."
(Fonte: Enciclopedia Treccani) 
 
Questa fede assoluta per paradosso ha in tutto e per tutto un aspetto eminentemente religioso, anche se la sua essenza è materialistica. Ostacola qualsiasi progresso nel tentativo di comprendere la nostra condizione nell'Universo, in quanto proclama una verità che non può essere messa in discussione, pur non essendo dimostrata né dimostrabile. Forte della sua prosopopea, afferma che nulla sfugge alla sua capacità di spiegazione. In realtà individua eretici e li perseguita aspramente.  
 
Un atteggiamento simile posso definirlo soltanto in un modo: scimmiesco. Perché uso l'aggettivo "scimmiesco"? Il riferimento fondante è ovviamente al film Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes, 1968), diretto da Franklin J. Schaffner e basato sull'omonimo romanzo (Le Planète des Singes, 1963) dello scrittore francese Pierre Boulle, che a sua volta ha tratto in larga misura ispirazione dal romanzo di fantascienza Gorilla sapiens (Genus Homo, 1941) di Lyon Sprague Le Camp e Peter Schuyler Miller. Come funzionava il mondo accademico tra le Scimmie? Gli Oranghi detenevano il potere assoluto nell'Università e dettavano i confini nettissimi tra ciò che si può indagare e ciò che è tabù. Gli Scimpanzé, per loro natura più timidi, capivano che qualcosa non quadrava e cercavano di trovare le cause di questa confusione, procedendo da un indizio all'altro, incamminandosi però su un sentiero molto pericoloso. 
 
Per fissare le idee, riporto ora due esempi elementari e ben comprensibili a tutti.   
 
L'ulcera peptica e le sue cause 
 
Ricordo che quando ero un moccioso, non esistevano molte cure convincenti per l'ulcera grastrica o duodenale. Si soffriva per un'intera vita. Ricordo quanto soffrì mio padre (RIP), che ebbe anche diverse emorragie. Ricordo poi un pretino, un brav'uomo che a causa dello stesso male viveva di bistecche ai ferri e di riso in bianco scondito. Un compaesano di mio padre era riuscito a guarire, con una cura così ripugnante che quasi nessuno se la sentiva di intraprenderla: aveva ingurgitato lumaconi senza guscio, dopo averli avvolti in un'ostia. Il mondo scientifico si ostinava a dire che queste afflizioni avevano cause psicosomatiche. Queste era il ragionamento dei medici: uno si tiene tutto dentro, si arrovella, così si forma una piaga nelle mucose gastriche o duodenali. Le cose migliorarono di gran lunga con il Maalox. Poteva essere ingerito in formulazione liquida o sgranocchiato in compresse. La vera rivoluzione però fu la scoperta della vera causa della malattia in questione: un'infezione causata da un batterio, denominato Helicobacter pylori. Per fortuna la Scienza si è adattata alla scoperta e ha abbandonato le vecchie teorie sull'origine psicosomatica dell'ulcera peptica, che pure all'epoca sembravano solide come dogmi religiosi. Che sarebbe successo se la Scienza non avesse accettato la scoperta e fosse rimasta arroccata sulle sue posizioni e sui suoi pregiudizi inveterati? Semplice: sarebbe diventata scientismo.
 
La teoria della deriva dei continenti  
 
Il carissimo e fraterno amico P. mi raccontava spesso di un fatto increscioso accadutogli quando era uno scolaro delle elementari, in una scuola tetra e opprimente. Notando un mappamondo, disse che le coste dell'America del Sud e quelle dell'Africa sembravano combaciare, come se i due continenti si fossero divisi da un'unica massa di terra. Senza saperlo, aveva enunciato la stessa teoria rivoluzionaria concepita da Alfred Lothar Wegener (1880 - 1930). La maestrina, un essere afflittivo e più odioso di uno stronzo acciambellato di cane rabbioso, subito gli diede contro, assieme alla scolaresca. P. fu umiliato a morte, deriso fino all'impossibile da marmocchi di un'ignoranza cieca, brutale ed oscena. Dopo qualche giorno la maestrina porse le scuse a P., dicendo che aveva ragione e ponendo fine alla persecuzione. La donna aveva trovato la teoria di Wegener su un libro, venendo così a conoscenza di qualcosa che non avrebbe mai sospettato. Lo stesso Wegener aveva dovuto affrontare lo scherno e l'irrisione del mondo accademico, che si era scagliato contro di lui con particolare accanimento. In un'occasione, Isaac Asimov ammise di aver contribuito al linciaggio, pubblicando un contributo dissacrante il cui affermava che "La teoria della deriva dei continenti andò alla deriva" (traduzione piuttosto libera di "The theory eventually foundered on hard facts")*. Poi saltarono fuori le prove inoppugnabili: l'espansione della dorsale atlantica. Così tutti cessarono di deridere. La frase denigratoria di Asimov è attualmente difficile a reperirsi: l'autore ha cercato di togliersi la merda di dosso nelle successive edizioni della sua opera. Che sarebbe successo se la Scienza non avesse accettato la scoperta e fosse rimasta arroccata sulle sue posizioni e sui suoi pregiudizi inveterati? Semplice: sarebbe diventata scientismo.

* The Intelligent Man's Guide to Science: The Physical Sciences (1a ed. 1960). 
 
Asimov individua due tipi di eretici scientifici:
1) gli endoeretici, che sono interni alla comunità scientifica, di cui parlano il linguaggio; 
2) gli esoeretici, che sono esterni alla comunità scientifica, di cui ignorano il linguaggio. 
Secondo l'Ashkenazita, gli endoeretici sarebbero spesso all'origine del progresso e le loro idee eterodosse hanno una possibilità concreta di essere accettate dal mondo accademico. Per contro, gli esoeretici sarebbero soltanto mostri stravaganti. Le azioni di questi fricchettoni avrebbero come solo scopo la distruzione della Scienza nel suo insieme, con l'aiuto del populismo. 
Esempi di endoeretici: Galileo Galilei, Alfred Wegener. 
Esempi di esoeretici: Rudolf Steiner, David Icke. 
Resta però un fatto innegabile: soltanto quando le teorie di uno scienziato eterodosso infine trionfano, il mondo accademico riconosce che si trattava di un endoeretico, non di un esoeretico.
 
«Un'insidia perniciosa deriva dalla pretesa di alcuni scienziati, anche di rilievo, che la scienza presto possa fornire una spiegazione completa di tutti i fenomeni del mondo naturale e di tutte le nostre esperienze soggettive, non solo delle percezioni e delle esperienze di bellezza, ma anche dei nostri pensieri, fantasie, sogni, emozioni e credenze [...] È importante riconoscere che, quantunque uno scienziato possa formulare simili affermazioni, egli non agisce come uno scienziato ma come un profeta travestito da scienziato. Questo è lo scientismo, non la scienza, ma impressiona fortemente il laico, convinto che la scienza somministri la verità. Al contrario, lo scienziato non dovrebbe far finta di possedere una sicura conoscenza di tutta la verità. Il massimo che gli scienziati possono fare è di avvicinarsi quanto maggiormente possibile alla comprensione dei fenomeni naturali, eliminando gli errori nelle nostre ipotesi. È della massima importanza per gli scienziati comparire dinanzi al pubblico come sono realmente: umili ricercatori della verità.»
(John Carew Eccles in La psiche umana, 1986) 
 

giovedì 9 settembre 2021

IL MARCHESE, NOME VOLGARE DEL MESTRUO: MITI E FALSE ETIMOLOGIE

Quando ero al liceo, mi capitò più volte di sentire una strana designazione del mestruo: il nome per indicarlo era marchese. Mi sono chiesto spesso quale ne fosse la vera etimologia. Non trovando alcuna risposta, salvo la possibile connessione col verbo marcare, la cosa è caduta nel dimenticatoio. Solo in epoca più recente mi sono di nuovo interessato alla questione e ho fatto qualche ricerca nel Web. Ovviamente ho constatato che impazzano le etimologie popolari e i miti infondati. Sull'oscenissimo social Quora mi sono imbattuto in alcuni vani tentativi di spiegazione di questa parola colloquiale. Ecco la fatidica domanda degli utenti, posta un paio di volte: "Perché al sud il ciclo mestruale veniva chiamato il marchese?", "Cosa significa “mi è venuto il marchese”? Cosa c’entra il marchese con le mestruazioni?"

 
 
Premesso che il marchese è detto così al Sud come al Nord, riporto in questa sede le più significative risposte alla domanda quorana. 
 
Questo è il commento di Domenico Bagnato (ho conservato refusi e spazi): 
 
L’ origine di questa espressione è molto semplice: i marchesi erano soliti indossare delle vestiti lunghi di colore rosso vivo per distinguersi dal popolo e sottolineare il loro rango nobiliare. C’è un rimando, dunque, al colore rosso. Oggi questo modo di dire è abbastanza inusuale, anche se ce ne sono tantissimi per denominare le mestruazioni: “ho le mie cose”, “sono in quei giorni”, “avere le regole”, “è arrivata la zia” e tante altre che cambiano anche da regione e regione.
 
Niki Hofer Chiavegato ha commentato così: 

Semplicemente perché era un modo di comunicare tra donne, madri nonne e figlie, per non farsi comprendere dai loro coetanei giovani.
 
"È arrivato il marchese? Si o no?"
 
I nobili dei secoli scorsi indossavano sottovesti di porpora, per distinguersi dai plebei in mutandoni e pezze. 
 
Dunque il colore rosso di tali ricche vesti veniva usato come parafrasi semplice ed elegante per indicare la prima mestruazione che "doveva arrivare"

Più stringato, Gabriele Calvillo ha scritto: 

Perche il sanguinamento e' anche detto marcatura. E popolarmente e' uscito il Marchese…

Alessandro Caccaviello insiste sul fantomatico rosso delle vesti dei marchesi: 
 
Effettivamente è un qualcosa di molto simpatico. Ti spiego, è un semplice richiamo al colore Rosso vivo degli abiti lunghi che i marchesi indossavano per distinguersi dalla popolazione comune (l'abito non fa il monaco ma in questo caso lo differenzia ).

Katia Balzano ripete la stessa versione: 

I marchesi indossavano delle palandrane (veste lunga e ampia da camera) di colore rosso vivo per distinguersi dal popolo e far capire chiaramente la loro nobilita rispetto alla plebe. Il nome deriva da questo

Paolo Memo elabora la leggenda, trovando parallelismi basati sul colore del sangue: 

Non solo a sud, anche al nord. È per via delle palandrane color rosso vivo che un tempo i marchesi indossavano. Altrove si parla de "gli inglesi" o "le giubbe rosse". Più catastrofiche le espressioni "Mar Rosso" o "profondo rosso". Tra le varie espressioni "le regole", "le mie cose", "quei giorni", "gli ospiti"… In questa pagina altre creative, divertenti od anche poetiche definizioni

Livio Felix sembra un po' più originale:

Perché quando il Marchese latifondista del Sud Borbonico, visitava le sue campagne per le quali metteva dei braccianti, visitava anche la moglie del contadino, che, ovviamente in quei giorni, non era disponibile per il marito.

Decisamente più dettagliato è quanto scritto da Carlo Coppola, che pure non si distacca nella sostanza dalla favola della palandrana rossa: 
 
Una domanda divertente.
 
L'uso di citare "il marchese" per dire che sono arrivate le mestruazioni deriva dal fatto che i marchesi un tempo, come molti altri nobili, usavano mantelle di colore rosso porpora per distinguersi dal popolo.
 
In altri Paesi del mondo si usano altre e divertenti frasi.
 
In Russia si usa dire
"красная армия атакует" per esempio e cioè "sta attaccando l'armata rossa". :-) .
 
In Inghilterra si usa "arrivano le Giubbe Rosse" in riferimento alla tenuta rossa dell'esercito britannico imperiale.
 
In America "arriva la zia Rosy".
 
Anche se molto interessanti, le espressioni idiomatiche usate in Russia, Inghilterra e Stati Uniti non sono davvero una prova della veridicità dell'inveterata storiella del marchese dalla veste purpurea.

Capisaldi di una pseudoscienza

In sostanza, questo è il processo con cui si producono e si affermano le etimologie popolari: 

1) Si trova una curiosa parola sfugge all'analisi; 
2) Non si cerca alcun lavoro sull'argomento; 
3) Si costruisce ad hoc un racconto infondato atto a dare una spiegazione, prendendo spunto da un'assonanza;
4) Si conclude di aver trovato la vera etimologia; 
5) Si sostiene questa versione con furore fanatico; 
6) Si cerca con ogni mezzo, ingiuria inclusa, di mettere a tecere chiunque osi sostenere il contrario.

Il punto 2) è fondamentale, è la chiave di volta di tutte le fabbricazioni di questo genere: se ci fosse una ricerca, unita alle basi per comprendere i risultati, l'etimologia popolare non si formerebbe nemmeno. Quello che mi stupisce è proprio l'autoreferenzialità degli etimologi popolari. Non attingono allo scibile nella sua interezza. Attingono in modo esclusivo soltanto alle proprie conoscenze, limitate e distorte, come se fossero l'Universo. Spesso si tratta di un mucchietto di stronzate apprese a scuola da una maestrina con un cervello microscopico, mera ripetitrice pappagallesca di stronzate udite da altri.

La vera etimologia

Nel furbesco italiano, robusto e creativo gergo dei furfanti attestato già nel XVI secolo, la parola marchese significava semplicemente "mese" e non aveva speciali associazioni al mestruo. Nasceva dalla semplice alterazione della parola mese intercalando una sillaba. Questo era il calendario furbesco:

Marchese del lenzore "Gennaio"
Marchese del scaglioso "Febbraio"
Marchese del cervante "Marzo"
Marchese del cornuto "Aprile"
Marchese dei carnosi "Maggio"
Marchese del roverso "Giugno"
Marchese del possente "Luglio"
Marchese del cerchioso "Agosto"
Marchese della giusta "Settembre"
Marchese del tossegoso "Ottobre"
Marchese del frizzante "Novembre"
Marchese del ben nassuto "Dicembre"
Coda di drago "Dicembre"

L'Ouroboros rappresenta l'anno, definito anche serpente e bero (ossia "vipera").

Il furbesco, nato col preciso intento di rendere incomprensibili ai profani le conversazioni dei malavitosi, iniziò la sua decadenza agli inizi del XX secolo e finì con l'estinguersi. Tuttavia ha lasciato traccie indelebili nella lingua italiana colloquiale, come l'esempio del marchese dimostra in modo eloquente. Se il furbesco fosse conosciuto al di fuori di una ristrettissima cerchia di studiosi, non sarebbe stato necessario inventare il racconto grottesco dei nobiluomini vestiti di rosso che sarebbero andati in giro a ispezionare le donne, annusando ciò che trovavano tra le loro gambe. In conclusione, le etimologie popolari non appartengono davvero al dominio della linguistica, essendo puri e semplici pacchetti memetici in grado di autopropagarsi come i virus. 

mercoledì 4 agosto 2021

IL SALMO CANARIO O PADRE NOSTRO GUANCHE: UN FALSO STORICO

José Barrios García è l'autore dell'articolo Las seis vidas de una frase: el salmo canario o padrenuestro guanche, ossia "Le sei vite di una frase: il salmo canario o padrenostro guanche", pubblicato nel 2016 sulla rivista Tabona. Revista de prehistoria y de archeología (Universidad de la Laguna, vol. 21). Il lavoro, presente nel sito Academia.edu, è liberamente consultabile e scaricabile al seguente link: 
 
 
Nel 1934, Emilio Hardisson y Pizarroso presentò all'Instituto de Estudios Canarios una frase che avrebbe dovuto essere la traduzione del Salmo 113 nella lingua preispanica delle Canarie. Questa frase, riportata in un manoscritto datato 1803, era la seguente: ATISA CAGNREN CHA ONDIKHUESATE ANTICHIAHA ONANDA ERARI. La presunta traduzione in spagnolo sarebbe questa: "Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor", ossia "Dall'Oriente all'Occidente è lodevole il Nome del Signore". La traduzione CEI del testo biblico è la seguente: "Dal sorgere del sole al suo tramonto sia venerato il nome del Signore". Sorvoliamo sulla discrepanza tra le varie traduzioni. Tutto molto suggestivo. Peccato che si tratti di un colossale imbroglio, come Barrios García ha potuto dimostrare con argomenti solidissimi. All'epoca, Dominik Josef Wölfel e altri studiosi non sono riusciti a concludere nulla sull'affidabilità di questo documento e sul suo significato reale, giungendo a fatica alla conclusione che potesse trattarsi della prima frase del Padre Nostro: da ciò è derivata la denominazione tradizionale di Padre Nostro Guanche. Penso che sia importante parlarne per vari motivi. Innanzitutto, nessuno in Italia a quanto pare si occupa delle lingue degli antichi Canari. Inoltre questa è la cronistoria di un falso storico particolarmente nocivo e persistente, dal momento che è persino stato utilizzato come simbolo da movimenti religiosi che possiamo soltanto definire posticci. Già è di estrema difficoltà far luce sul passato del genere umano, con tutte le lacune che minacciano la Conoscenza ad ogni passo. Se poi ci si mettono coloro che diffondono informazioni fittizie, non si può riuscire a ottenere alcun risultato utile, si viene costantemente intralciati e si rischiano conclusioni fuorvianti - come questo caso dimostra al di là di ogni dubbio.
 
L'autore dell'articolo parte dall'origine dell'equivoco che ha dato vita al falso storico del Padre Nostro Guanche, seguendone passo per passo lo sviluppo attraverso i secoli. Credo che sia più efficace compiere il percorso a ritroso. 

Nel 2011, Ignacio Reyes García, autore del famoso Diccionario Ínsuloamaziq, è partito dalla frase trasmessa dalla "tradizione orale", riportata da Fernando Hernández González nel suo libro Taucho, la memoria de los antiguos (2010), soltanto di poco diversa da quella pubblicata da Hardisson y Pizarroso:

Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari. 

Così Reyes García l'ha "trascritta", trasponendola in berbero, nella miglior tradizione dei traduttori magici

A ətti ččaš šagren ša ondi, Wassksaḍ anti išačča-ana, onan-da er ăr-i.

Quindi ne ha dato una "traduzione letterale": 

"Desde que el incremento el brillo duradero hacia el término, Dios el origen nos sustenta, el propio nominativo hasta mi objeto más preciado."
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Poiché accresce lo splendore duraturo del termine, Dio l'origine ci sostiene, il nominativo stesso al mio oggetto più prezioso."
 
Ha fatto seguito una traduzione figurata: 
 
"Desde el naciente del Sol hasta el ocaso, Dios es la causa que nos sustenta, incluso el nombre mismo [es] mi ser más querido." 
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Dal sorgere del Sole al tramonto, Dio è la causa che ci sostiene, anche il nome stesso [è] il mio essere più caro."
 
Veniamo ora alla "tradizione orale" di partenza. La frase fece la sua misteriosa comparsa verso il 1970 nel contesto dei movimenti religiosi canari fondati sul recupero della spiritualità e dei rituali degli antichi Guanche. La fonte ultima a cui Reyes García ha potuto risalire sarebbe stata un documento degli inizi del XIX secolo, che fu evidentemente consultato da un antenato dell'informatore. Credo che a questo punto sia opportuno riportare le testimonianze contenute nell'articolo di Barrios García, per necessità di conoscenza.
 
"[La frase] figura en un documento fechado en 1803 que recopila esta fórmula en diversos idiomas, aunque la versión que da entrada a este asiento fue recogida por Fernando Hernández González de su abuelo Isidro Hernández, quien la pronunciaba durante la celebración del ritual del Achún Magec."  
 
Traduzione: 
 
"[La frase] appare in un documento del 1803 che riporta questa formula in varie lingue, anche se la versione che dà accesso a questa voce è stata raccolta da Fernando Hernández González presso suo nonno Isidro Hernández, che la pronunciò durante la celebrazione del rito dell'Achún Magec." 
 
E ancora (il grassetto è mio): 

"Según el periodista y escritor Fernando Hernández González, su abuelo, Isidro Hernández, natural de Lomo Mena, en la comarca de Agache (sur de Tenerife), acudía con un grupo de amigos a las Piedras de Ayesa (Arafo) en la madrugada de cada 21 de junio para celebrar un pequeño ritual que denominaba «Achún Magec» [...]. Durante esta ceremonia solsticial, pronunciaba su propia versión del salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»..."  
 
Traduzione: 
 
"Secondo il giornalista e scrittore Fernando Hernández González, suo nonno, Isidro Hernández, originario di Lomo Mena, nella regione di Agache (a sud di Tenerife), si recò con un gruppo di amici alle Piedras de Ayesa (Arafo) nei primi anni mattina di ogni 21 giugno per celebrare un piccolo rito che chiamò «Achún Magec» [...] Durante questa cerimonia solstiziale, pronunciò la propria versione del Salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»...)" 

Ecco altre informazioni utili sulla linea esoterica fittizia:
 
"Sin embargo, no consta tampoco la línea de transmisión a través de la cual recibió esta sentencia [el abuelo de F. Hernández], aunque una fecunda tradición oral parece haber sido conocida por algún otro antepasado de su familia paterna (en particular, su abuelo, Agustín Hernández Izquierdo, cabrero en la zona de Anocheza)."  
 
Traduzione: 
 
"Tuttavia, non si conosce la linea di trasmissione attraverso la quale [il nonno di F. Hernández] ricevette questa frase, anche se sembra che una fruttuosa tradizione orale sia stata conosciuta da qualche altro antenato della sua famiglia paterna (in particolare, suo nonno, Agustín Hernández Izquierdo, capraio della zona di Anocheza)."
 
Orbene, credo che a questo punto anche un orango capirebbe che il documento del 1803 contenente la supposta frase canaria è proprio quello citato da Emilio Hardisson y Pizarroso nel 1934. A quanto pare, lo studioso non ha mai visto quel libro con i propri occhi, ne ha soltanto sentito parlare (il grassetto è mio): 
 
"En ese documento [...] descubrí la siguiente frase en canario: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari», que quiere decir en castellano: «Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor»" 
 
Traduzione: 

"In quel documento [...] Ho scoperto in canario la seguente frase: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari", che in spagnolo significa: "Dall'Oriente all'occidente è lodevole il nome del signore"."
 
L'interesse accademico per la frase riportata da Hardisson y Pizarroso e discussa da Wölfel si è estinto presto, dopo alcune sterili polemiche, ma dura tuttora la sua sopravvivenza nel panorama delle bizzarre credenze legate al ricordo degli antichi indigeni. 
 
L'inghippo 
 
Ecco che i nodi vengono al pettine! Proprio nel 1803, Francisco M.a de Ardanaz y Ormaechea (1780 - 1825), giovane custode della Biblioteca Reale che con tempo sarebbe diventato uno dei calligrafi più famosi del Regno di Spagna, preparò con la massima cura una pergamena con testi scritti nelle lettere in uso nelle nazioni delle quattro parti del mondo conosciuto. La pergamena in questione è dedicata al bibliotecario reale, don Pedro de Silva y Meneses, a Madrid, il giorno 23 dicembre 1803. Ardanaz y Ormaechea ha riprodotto liberamente un'incisione del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602 - 1680), Horoscopium catholicum Societ. Iesu, includendovi le versioni del Salmo 113 in varie lingue. A questo punto è stato commesso un errore madornale: dove il testo di Kircher riporta come nome della lingua Canadicè, ossia "Canadese", il calligrafo spagnolo ha scritto con improvvido rotacismo Canaricè, ossia "Canario"
 
L'Horoscopium catholicum di Kircher, contenuto nella sua opera Ars magna lucis et umbrae, pubblicata a Roma nel 1646, mostra Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, ai piedi di un olivo le cui ramificazioni rappresentano la divisione provinciale del suo ordine. I quattro angoli dell'incisione sono ornati con 34 frasi in altrettante lingue. Almeno dieci di queste frasi sono traduzioni del terzo versetto del Salmo 113 (112 secondo un'altra nomenclatura): "Dall'Oriente all'occidente è venerato il nome del Signore". L'angolo superiore destro dell'incisione mostra il versetto tradotto nelle seguenti lingue: Lusitanicé (Portoghese), Sardicè (Sardo), Siam (Thailandese), Chilichè (Mapudungun, un tempo detto Araucano), Canadicè (Wyandot, ossia Urone) e Mexicè (Nahuatl o Azteco). La frase contrassegnata con Canadicè è così scritta: "Atisacagnren cha ondikhucȣatè atichiahà onandaeraƨi". La si riconosce subito.
 
Il Salmo Canario è nella lingua di Magua!   
 
Qualcuno si ricorda L'ultimo dei Mohicani, il romanzo di James Fenimor Cooper? Un tempo il suo successo è stato considerevole e quasi tutti l'avranno letto quando erano bambini. Il "cattivo" del romanzo è Magua, della tribù degli Uroni. Ecco, la frase "Atisa cagnren cha ondikhuesate atichiaha onanda erari" è formulata nella lingua di Magua, non in lingua Guanche! 
 
Il testo originale si trova nell'opera del gesuita francese Jean de Brébeuf (1508 - 1649), Relation de ce qui s'est passé dans le pays des Hurons en l'année 1636 (ossia "Relazione di ciò che accadde nel paese degli Uroni nell'anno 1636"), pubblicata a Parigi nel 1637. Nelle pagine 48-49 del volume in questione, è contenuta una lunga orazione nella lingua degli Uroni (il cui endoetnico è Wyandot), con traduzione interlineare in francese. 
 
Barrios García si è limitato a riportare la fotografia di un estratto del testo originale di Brébeuf del 1637, una scelta che a me sembra poco felice, in quanto non permette di apprezzare appieno l'enorme portata della scoperta. Riporto quindi il testo integrale dell'orazione nella lingua degli Uroni (Wyandot), con evidenziate in grassetto e in rosso le parole interessate, che sono poi state utilizzate per fabbricare il falso Padre Nostro Guanche. Il carattere ȣ indica un'approssimante velare /w/, non diversamente dal carattere w dell'inglese want
 
IO SAKHRIHOTE DE SONDECHICHIAI, DINDE ESA D'OISTAN ICHIATSI, DINDE DE HOEN ICHIATSI, DINDE DE ESKEN D'OATATOECTI ICHIATSI; IO SAKHRIHOTE, ONEKINDÉ OERON D'ICȣAKERHA, ATISACAGNREN CHA ONDIKHUCȣATÉ ATICHIAHÀ, ONNE ATISATAȣAN ÀȣETI; AERHON ONATINDECȣAESTI. CAATI ONNE ȣÀTO ESÀTAANCȣAS ECHA ÀȣETI, ÀȣETI ESÀTONKHIENS, ONDAYEE ECHA ȣENDERHAY CHA ȣENDIKHUCȣATÉ OTINDEKHIEN, ȣENDERHAY AȣANDIO AȣATON EȣA TICHIAHA. IO ICHIEN NONHȣA ETSAON HATSACARATAI, ATSATANONSTAT. ENONCHE ȣATINONHȣAKÉ, ENONCHÉ ȣATIRIHȣANDERÂKÉ, AONHȣENTSANNENHAN, SERREȣA EȣA D'OTECHIENTI, DIN DE ONGNRATARRIÉ ETSESONACHIEN, SERREȣA ITONDI ; DIN DE ONRENDICH ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE ȣSKENRAETAC ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE OKI ESONIATOATA ONDAYEE D'OKIASTI. CHIA DAONONCȣAIESSA D'OKI ASAOIO, SERREȣA ITONDI. OCȣETACȣI SERREȣA EȣE D'OTECHIENTI. IESUS ONANDAERARI DIEU HOEN ONDAYEE ACHIEHETSARON DE HIAISTAN, ONEKÉ TEHIAMONSTAS, CHIA DESA ȣARIE IESUS ONDȣE DE CHIKHONCȣAN, ONDAYEE ITONDI CHIHON, TO HAYAȣAN.  

Riporto anche la traduzione in francese, che nel testo compare in forma interlineare in caratteri più piccoli rispetto a quelli usati per il testo nella lingua degli Uroni. Mantengo l'ortografia originale, che presenta alcune differenze rispetto a quella attualmente in uso (il carattere ſ variante di s; u al posto di v intervocalica e v al posto di u iniziale, etc.).
 
"Sus eſcoutez vous qui auez fait la terre, & vous qui Pere vous appellez, & vous ſon fils qui vous appellez, & vous Eſprit Sainct qui vous appellez, ſus eſcoutez car ce n’eſt pas choſe de peu d’importance que nous faiſons, regardez ces aſſemblez enfans, deſia ce ſont tes creatures tous ; parce que on les a baptiſez. Mais voicy que vne autrefois nous te les preſentons eux tous, nous te les abandonnons tous, c’eſt ce que penſent ce que voila aſſemblées femmes, elles penſent maiſtre qu’il ſoit de tous les enfans. Sus donc maintenant prenez courage gardez-les, defendez-les. Qu’ils ne deuiennent point malades, qu’ils ne pechent iamais, deſtournez tout ce qui eſt mal ; que ſi la contagion nous attaque derechef, deſtourne-là auſſi ; que ſi la famine nous attaque deſtourne-la auſſi ; que ſi la guerre nous aſſault deſtourne la auſſi ; que ſi le demon nous prouoque, c’eſt à dire le mauuais demô, & les meſchans qui par poiſon font mourir, deſtourne les auſſi. Finalement deſtourne tout ce qui eſt de mauuais. Ieſus noſtre Seigneur de Dieu Fils, c’eſt ce à quoy tu exhorteras ton Pere, car il ne te refuſe point. Et vous auſſi Marie de Ieſus la Mere qui eſtes Vierge, cela auſſi dis. Ainſi ſoit-il."  
 
Traduzione, il più possibile letterale:  

"Ascolta, tu che hai fatto la terra, e tu che voi chiamate Padre, e tu che voi chiamate suo Figlio, e tu che voi chiamate Spirito Santo, ascolta, perché non è cosa da poco quello che facciamo, guarda questi bambini riuniti, che già sono tutti tue creature; perché li abbiamo battezzati. Ma ecco, un'altra volta te li presentiamo tutti, li abbandoniamo tutte a te, questo pensano le donne riunite, esse pensano che tu sia il padrone di tutti i figli. Allora adesso prendete coraggio, conservateli, difendeteli. Che non si ammalino, che non pecchino mai, che si allontanino da tutto ciò che è male; che se il contagio ci attacca ancora, allontana anche quello; che se la carestia ci attacca, allontana anche quella; che se la guerra ci attacca, allontana anche quella; che se ci provoca il demonio, cioè il malvagio demonio, e gli empi che con il veleno causano la morte, allontana anche loro. Alla fine allontana tutto ciò che è male. Gesù, nostro Signore di Dio Figlio, per questo esorterai tuo Padre, perché non ti rifiuterà. E anche tu, Maria di Gesù Madre che sei Vergine, hai detto anche questo. Così sia." 
 
Ecco i link al testo di Brébeuf:   


 
Come fa notare Barrios García e come si può desumere da questi documenti, la corretta traduzione della frase fatidica è "Signore, guarda questi bambini riuniti". Non è la prima frase del Padre Nostro e neppure il terzo versetto del Salmo 113. Non va quindi chiamata Padre Nostro GuancheSalmo Canario. Mi si perdoni la provocazione: sarebbe più sensato chiamarla Preghiera di Magua.   
 
Conclusioni 
 
Cosa possiamo dedurre da quanto esposto? Diverse cose, tutte mortificanti, addirittura annichilenti. 
 
Le culture identitarie e i nazionalismi si nutrono spesso di mitologie fabbricate, prive di qualunque rispondenza con la realtà storica. Solo per fare un esempio, a un indipendentista canario non sembra importare molto il concreto recupero dell'autentica lingua Guanche - anche ammesso che sia possibile realizzarlo. Si crea quindi una pseudo-identità, in cui la sola cosa che conta è la contrapposizione al governo della Spagna (che a sua volta agisce come persecutore per distruggere ogni possibile resto della cultura nativa). Una triade perversa in qualche modo accomuna oppressori e oppressi: 
i) un mito fondante, 
ii) una bandiera,
iii) un nemico. 

Conseguenza: una "tradizione orale" va sottoposta a indagini rigorose. Barrios García ci ha mostrato come una "tradizione orale" sicuramente falsa possa durare molto tempo. Ha importanza il fatto che possa trattarsi di un errore fatto in buona fede? Direi di no. Essendo perdute le lingue un tempo parlate nell'Arcipelago, sono sempre possibili fraintendimenti e distorsioni. I Canari leggono libri sulla cultura e sulla storia dei Guanche, quindi accedono allo scibile anche nel campo linguistico (parole riportate, frasi documentate, tentativi di analisi). Ciascun lettore, spesso privo di basi, può dare autonomamente vita a una "tradizione orale". 
 
Come possiamo ben comprendere, non ha il benché minimo senso che una frase nella lingua di un popolo indiano d'America venga usata in cerimonie e rituali "Guanche" a Tenerife. Se questo è accaduto, e ci sono prove schiaccianti che sia così, significa che i metodi usati finora dagli studiosi sono inefficaci. Se un "traduttore magico" come Reyes García si impegnasse su un testo pornografico in giapponese, opportunamente traslitterato in caratteri rōmaji, potrebbe analizzarlo come berbero continentale, ottenendone frasi religiose ed esoteriche!

martedì 8 settembre 2020

I GRUPPI DI FACEBOOK: PICCOLE AUTOCRAZIE DIGITALI

"Mussolini capì una cosa fondamentale: che per piacere agli italiani bisognava dare a ciascuno di essi una piccola fetta di potere col diritto di abusarne, e questo era il fascismo. Il fascismo aveva creato una gerarchia talmente articolata e complessa che ognuno aveva dei galloni: il capofabbricato... tutti avevano una piccola fetta di potere, di cui naturalmente ognuno abusava come è nel carattere degli italiani."
(Indro Montanelli) 

Trovo oltremodo interessante il concetto espresso dal giornalista dal grande cranio pelato. Non sono sicuro che Mark Zuckerberg lo abbia ripreso scientemente quando ha avuto l'idea di dare origine ai gruppi di Facebook. Certo, non c'è un Mussolini del Web che forma una gerarchia adornando le uniformi delle folle oceaniche con galloni appariscenti. C'è soltanto il capofabbricato, che i galloni se li mette da sé. Mi si dirà che il problema potrebbe non essere universale, che ha più l'aria di essersi formato nella realtà tipicamente italiana, sviluppandosi in modo spontaneo dalla nostrana avidità di micropoteri, per quanto inconsistenti e futili. Forse è così, ma non mi faccio illusioni: l'essere umano in quanto tale è un legno storto, come diceva Kant, e lo è in tutte le nazioni. In ogni caso, avendo esperienza soprattutto di gruppi in lingua italiana, non me la sento di estendere all'intero globo terracqueo ciò che vi ho riscontrato. Mi limiterò a farne una sommaria descrizione. Ogni gruppo che abbia un sufficiente numero di iscritti è uno spazio chiuso, governato da un tirannello con un suo stuolo di bravacci pronti a tutto pur di fare valere i suoi diktat. Direi che la soglia minima perché si formi una simile cloaca è quella dei 100 iscritti. Non appena la si supera, ecco che le più belluine dinamiche sociali si impongono in modo ineluttabile. Non ci sono dubbi sul fatto che l'atmosfera in tali ambienti è irrespirabile. I tirannelli di Facebook sono soltanto squallidi falliti e insignificanti narcisisti che si credono divinità sulla Terra, come se fossero i Figli del Faraone dell'Egitto. Tutti questi Figli del Sole potrebbero fornire energia al pianeta per un milione di anni, se le loro bizze e le loro pretese potessero far funzionare i pannelli fotovoltaici. Cosa vogliono gli stramaledetti tirannelli chiamati "amministratori"? Semplice: pretendono che siano loro tributati atti di fellatio virtuale in grado di gonfiare il loro ego smisurato! Se qualcuno pubblica un commento giudicato irritante o anche solo critico, capace di sgonfiare suddetto ego, si scatena il finimondo! Essendo tutti dotati di personalità infantile e capricciosa, i tirannelli non sanno gestire le situazioni che via via si presentano. Quando qualcosa sfugge loro di mano, cadono in preda a crisi isteriche e convulsioni. Si capisce che questo è accaduto tutte quelle volte che si vede un post i cui commenti sono stati disabilitati. 
 
Il teatrino dei like  

Ecco un modus agendi tipico, riscontrato nella maggior parte dei gruppi di Facebook in lingua italiana: non appena qualcuno pubblica un commento critico o non in linea col pensiero imperante, subito accorrono gli scherani dell'autocrate. Non potendo ricorrere al tirapugni o al manganello, questi tirapiedi usano una tattica più subdola. Uno di loro scrive qualcosa per rispondere a quella che è percepita come una provocazione. Gli altri suoi compari sommergono il suo commento di like. Se si osa ribattere, il canovaccio si ripete: nuovi commenti da parte dei bravacci, a turno, ciascuno tempestato di like. Così l'utente percepito come provocatore, i cui interventi non ricevono ovviamente l'approvazione di nessuno, viene isolato e spinto a lasciare il gruppo. Chiamo questa tattica invereconda "teatrino dei like". Ho visto accadere questo schifo centinaia di volte, tanto che a un certo punto mi sono obbligato a non apporre quasi più commenti in alcun gruppo. Mi limito a scrivere "Splendida creatura!" quando vedo la foto di un pettirosso in un gruppo dedicato all'avifauna, oppure "Che bell'addome sensuale!" quando vedo la foto di un vellutato ragno crociato in un gruppo dedicato agli invertebrati. Cose di questo genere, e basta. 
 
La logica del branco, ovunque!  

Quello che mi sorprende e a cui non so dare spiegazioni razionali è la varietà estrema degli argomenti trattati dai gruppi autocratici in cui ho avuto gravi problemi. Sono argomenti nobilissimi! Si va dall'etruscologia alla produzione casalinga di idromele, dalla filosofia all'ornitologia, dallo studio dei funghi all'entomologia. Tutto ciò che mi interessa e che mi ha sempre appassionato! Com'è possibile che la belluina natura degli energumeni abbia potuto contaminare anche questi panorami di immensa bellezza? Lo ignoro e sono basito. Eppure questa è la triste realtà dei fatti. Provate ad aggregare un numero sufficiente di persone, dando loro un capoccia, e diventeranno dei bulli, simili a lupi in un branco, pronti a sbranare ogni intruso!
 
Etruscologi dilettanti e molesti  
 
Sono stato in un gruppo dedicato alla lingua degli Etruschi, il nobilissimo popolo dei Rasna. Ho subito riscontrato una grande sete di conoscenza da parte di molti membri, unita però a una sostanziale mancanza di basi e di nozioni elementari. Imperava il paleocomparativismo, fondato interamente sulle assonanze. A questo approccio non scientifico, era dato il nome di "scienza degli umili". Con grande pazienza cercavo di spiegare come un tale modo di procedere fosse fallace e portasse a conclusioni erronee. Questo mio impegno è stato scambiato per sete di protagonismo e ha destato un'immensa irritazione. Ecco che un giorno, dopo aver definito "aberrante" un'enormità letta nel gruppo, ho ricevuto diverse email piene di insulti: erano state mandate da un bullo affiliato a una loggia massonica, che aveva firmato i suoi interventi con elaborati simboli criptici della Libera Muratoria, apponendo come sigillo una frase in latino: ABSIT INIURIA VERBIS. Certo, come no. Perché vedete, un cittadino può dire qualunque cosa, anche che uno è un mongoloide figlio della merda, e poi basta pronunciare la formula magica per annullare l'insulto. Il bravaccio ha agito nel modo più subdolo, codardo e infame: ha commentato i miei interventi su Facebook, cancellandoli subito dopo, facendoli così giungere nella mia mailbox come notifiche. Ho esplorato il profilo di questo individuo e ho visto diverse sue foto. Il bello è che la Sorte me lo ha fatto incontrare sul treno proprio il giorno dopo! Me lo sono visto proprio seduto davanti a me sul treno per Milano! Avrei potuto riconoscerlo tra mille, le foto del suo profilo non lasciavano adito a dubbi. Era un individuo simile al capitano Picard di Star Trek, alto, massiccio e pelato, con un'espressione brutale e assente, un cranio a forma di ogiva. Possibilità di errore nell'identificazione: 0%. Sono stato preso dall'impulso di palesarmi e di tirargli una gragnola di pugni sul grugno fino a distruggergli il setto nasale. Invece ho dato prova di un aplomb da lord britannico: mi sono astenuto dalla violenza e l'ho lasciato perdere. Se avessi potuto professare la legge dei Longobardi, non se la sarebbe cavata così. Perché capita che qualcuno agisca da demente fottuto (ABSIT INIURIA VERBIS), in un modo tanto insensato? Ho formulato un'idea che è molto più di un'ipotesi: quello era il comandante dei bravacci al servizio del tirannello del gruppo! E questi sono gli umili di Facebook.
 
Funghi esuberanti 

In un gruppo di micologia c'era un individuo irritante che pubblicava foto di funghi giganteschi, simili a falli rigonfi. Era un giovane paffuto che si vestiva con un copricapo faraonico ed esibiva i suoi carnosi trofei, in genere porcini. Nella mia ingenuità, pensavo che il problema fosse lui. Non intervenivo spesso, mi astenevo quasi dall'apporre commenti che non fossero telegrafici. Eppure quando ho scritto qualcosa in occasione di un post sui devastatori di boschi, è stata una catastrofe. Ho dato notizia degli scempi di cui ero stato testimone molte volte, affermando che i peggiori devastatori di boschi sono proprio le genti della provincia di Varese! In Val Vigezzo, nel piovoso paese dell'Ossola, ogni estate giungevano molte persone dalle infelicissime lande del Varesotto. Armati di bastoni, quei tristi figuri distruggevano il sottobosco. La loro ignoranza era duplice: da una parte colpivano tutti i funghi da loro creduti velenosi, dall'altra erano tanto avidi da raccogliere esemplari non commestibili, scambiandoli per mangerecci e ingozzandosi fino a intossicarsi. Una volta capitò a me e al fraterno amico P. di trovare alcuni esemplari di Boletus satanas, già raccolti da qualcuno e abbandonati sul ciglio della strada. Li prendemmo perché eravamo intenzionati a essiccarli per compiere uno stravagante esperimento (mio padre mi aveva raccontato anni prima che piccolissime quantità di quei funghi davano un aroma particolare ai porcini secchi). Così lasciammo i boleti di Satana fuori dalla porta di casa. La mattina seguente erano spariti: alcuni ingordi di Varese li avevano trafugati! Venimmo poi a sapere che i ben noti ladri di funghi erano stati ricoverati in ospedale per via di terribili crisi gastroenteriche. Cos'è accaduto nel gruppo dei micologi quando ho parlato dei pessimi costumi dei famigerati fungiatt de Varés? L'amministratrice, che era proprio di Varese, ha preso il mio intervento come lesa maestà e insulto personale, battendo i piedi, sfuriando e pretendendo le mie scuse: come si è accorta che queste non giungevano, ha reagito scatenandomi contro i bravacci! Prima che mi colpisse appieno l'onda di merda gettatami addosso da quei furiosi mirmidoni, me ne sono andato via di mia sponte dallo staterello tirannico in cui avevo avuto la sventura di capitare. L'abuso dei micropoteri non conosce distinzioni di sesso! 

Logica fallace 

Sembrava un gruppo oltremodo utile e interessante, dedicato alle fallacie logiche, un argomento filosofico affascinante. Come un coglione ci sono cascato e mi sono iscritto. Col tempo ho visto che qualcosa non quadrava. C'era un'isterica che continuava a menarla senza sosta sul Satanismo razionalista, affermando che la definizione stessa fosse una fallacia logica. Non conosceva nulla di Anton Szandor LaVey e parlava senza alcuna cognizione di causa. Più volte sono stato tentato di intervenire, ma non l'ho fatto, perché capivo che mi sarei impantanato senza ottenere nulla. Poi un giorno mi sono deciso a pubblicare un questito in quello squallidissimo gruppo, la cui vera natura ancora non conoscevo a fondo. Proposi come esempio di fallacia logica la furia di certi antirazzisti, che giungevano ad usare epiteti ferocemente razzisti contro i razzisti stessi. Ero stato testimone per molti anni di comportamenti di questo genere. Solo pochi giorni prima mi ero imbattuto nel post di un contatto di Facebook, che etichettava i razzisti come "geneticamente tarati", "esseri inferiori meritevoli di sterminio" e simili, usando un frasario nazista della più bell'acqua. Mi sono limitato a chiedere conto di un paradosso così marchiano, ma sono stato frainteso. Mi si è scatenato contro un branco di bravacci infami, che hanno messo in atto la tattica del "teatrino dei like". Ne ricordo uno in particolare, che ha cominciato a tirare in ballo Popper e il Paradosso della Tolleranza, usando come una clava argomentazioni inconsistenti e fuori luogo. Rammento ancora il suo avatar: era un energumeno dai tratti grossolani e scimmieschi, un pitecantropo animato da immenso furore! Magari avrebbe fatto meglio ad annusarlo, il popper! Non avevo affatto chiesto se il razzismo dovesse essere tollerato. Avevo soltanto segnalato un paradosso marchiano, sesquipedale. Niente da fare. Dopo un estenuante quanto inutile thread, è arrivata l'amministratrice del gruppo, ossia l'autocrate. Pensando che con la mia domanda volessi giustificare il razzismo, ha osato definire "merda" il mio post, che invece era perfettamente razionale. Quella non era gente interessata a discutere fallacie logiche: erano adepti di una setta che venerava Karl Popper come una divinità sulla Terra e che cercava con un atteggiamento dogmatico di imporne a tutti il culto! Ho abbandonato il suo gruppo escrementizio, non prima di averle scagliato contro una maledizione in enochiano, augurandole di finire divorata dal Dragone della Morte! E questi sono i tolleranti di Facebook.
 
Fermentatori altezzosi 
 
Sono capitato in un gruppo sulla produzione domestica di idromele e di altre antiche bevande, pensando che fosse un'ottima occasione per conoscere persone con interessi comuni. Nulla di più lontano dal vero! Ho potuto constatare che gli iscritti pubblicavano foto delle loro produzioni, caratterizzate da un'assurda complessità della strumentazione utilizzata e da tempi di fermentazione quasi biblici. In particolare mi colpivano le foto dei gorgogliatori, manufatti grotteschi simili a tubi di laboratori di chimica, la cui funzione è quella di far uscire l'anidride carbonica dal bottiglione usato per la fermentazione. Perché diavolo usare qualcosa di tanto contorto e antiestetico? Ho sempre usato come "tappo valvola" dei semplici fazzolettini di carta assicurati con elastici! Metto questi fazzolettini uno sopra l'altro fino a formare una barriera sufficiente a impedire all'alcol di uscire, permettendo però la fuga dell'anidride carbonica. Perché usare un complesso gorgogliatore se bastano dei semplici fazzolettini di carta? Diabole, non lo sono riuscito a capire! Il tirannello del gruppo aveva deciso che i gorgogliatori fossero indispensabili, imposti dalla sua legge, così ad ogni mia critica andava su tutte le furie. Un altro motivo di contrasto era la mia passione per l'idromele fresco, da me bevuto appena ha raggiunto un buon grado alcolico (bastano due settimane o poco più). Di solito la bevanda è frizzante e simile a un moscato, ma marcatamente dolce. Tutto ciò irritava i fermentatori del gruppo, sostenitori di una bevanda ferma invecchiata per molti mesi. Il loro era una specie di dogma di una religione, qualcosa di arbitrario portato avanti con fanatismo e livore. La mia abitudine di bere l'idromele fresco era ritenuta esecrabile, addirittura "il peggior consiglio mai sentito". Anche in questo caso si è giunti alla lite. Ho reagito con furia e ho tirato strali di maledizione usando la lingua enochiana, invocando la combustione eterna del tirannello nella Geenna! Vedete che odiosi ricettacoli di oppressione sono sorti nel Web? Uno non è neppure più libero di avere i propri gusti: cercano anche di imporgli cosa gli deve piacere tracannare e cosa no! Forse Mussolini è giunto a simili eccessi? No di certo! A quanto mi consta ha soltanto detto: "Bevo e me ne frego! Barcollo ma non mollo!"  

Conclusioni 

Forse sono io che ho qualcosa in me che non va? Ho dentro di me qualcosa di stravagante che mi porta a litigare con tutti? Oppure c'è davvero qualcosa che non va nelle persone con cui ho interagito? Lascio agli eventuali lettori il giudizio. Sapete cosa ha detto Philip K. Dick in un'occasione? Ha detto che quando si colpisce uno scrittore bisogna essere sicuri di ucciderlo, perché altrimenti si rialzerà e si metterà a scrivere, ottenendo così la sua vendetta. 

domenica 24 maggio 2020

RELIGIONE NEOLITICA, PREGIUDIZIO ANTISODOMITICO... E BUFALE!

 
Era il 16 gennaio 2019. Il carissimo amico Lukha B. Kremo disquisiva su un cruciale argomento, che ha sempre attratto la mia curiosità: il rinvenimento di materiale genetico nel retto della Mummia del Similaun, eccezionale reperto chiamato affettuosamente Ötzi (varianti ortografiche Oetzi, Otzi). Riporto in questa sede il thread iniziato dal Kremo:
 
Lukha B. Kremo: 
comunque l'argomento del giorno non è che 10 anni fa avevamo 10 anni di meno, ma che Otzi è il primo omicidio documentato causato da omofobia, ca. anno 3200 a.C.

Luigi Straneo:
non credo sia un caso di omofobia, gli hanno trovato del liquido seminale nel retto, dev'essere un gioco erotico finito male

Lukha B. Kremo:
no, gli hanno trovato ferite compatibili con frecce alla scapola, inoltre era in un ghiacciaio; molto più probabile che sia stato colto in flagrante che abbiano ammazzato l'altro e che lui sia riuscito a scappare ma sia stato colpito lo stesso, poi ha cercato di superare le montagne per non farsi trovare più e lì è caduto.

Lukha B. Kremo:
mi pare che si conferma che le idee che abbiamo noi delle società neolitiche sono da rivedere, che abbiamo una concezione di primitivismo e che invece già nel 3200 ac in italia del nord c'erano comunità con leggi proprie. Di poco è la scoperta di una battaglia epocale del IV millennio ac in un remoto paese della germania settentrionale che indica come non fossero in lizza due tribù, ma due fazioni multietniche e quindi un esercito di un vero e proprio regno, di cui ovviamente non sappiamo nulla.
 
Lukha B. Kremo:
in fondo circa 100 anni dopo Otzi regnava il primo faraone in egitto

ALex CutWay:
Vi sono stati non rari eventi di fallace marcatura del DNA tramite datazione al carbonio. In realtà, un'altra teoria avvicente che i ricercatori stanno seguendo , sono voci di corridoio, è un successivo atto di necrofilia verso una mummia, avvenuto molti secoli dopo, anche se l'esatta datazione temporale è ancora piu' complicata. Sarebbe inoltre il primo caso della storia umana.

A distanza di tempo sono tornato sul thread e con mia grande sorpresa ho trovato che il link condiviso dal Kremo era stato nascosto da un minaccioso avvertimento. Infatti la notizia
sulla morte violenta del nostro uomo preistorico preferito, apparsa a suo tempo su Le Cronache Lucane, è stata bollata da Zuckerborg come "fake news". La mannaia di una censura occhiuta si è abbattuta sul contenuto eterodosso, implacabile come un androide, inquietante e temibile come lo swibble di dickiana memoria. Ecco la documentazione: 
 

Facta - Fact-Check  

Independent fact-checkers say this information has no basis in fact.
 
Notizia priva di fondamento: "sperma nel retto di Ötzi".
 
Il 16 gennaio il sito Le Cronache lucane ha pubblicato un articolo dal titolo “La conferma dei ricercatori di Bolzano: sperma nel retto di Ötzi”.

Nel testo si legge che una biopsia che sarebbe stata effettuata dal team di Archeologia Biomolecolare di Bolzano avrebbe confermato un dettaglio inedito sul ritrovamento, avvenuto nel 1991, della mummia neolitica denominata Ötzi: la presenza di sperma nel canale rettale.
 
Questa è una notizia priva di fondamento, probabilmente nata come pesce di aprile e poi continuata a girare per oltre 25 anni. Ma andiamo con ordine. Partiamo dalla fonte. Le Cronache Lucane ha ripreso interamente (senza specificarlo) un articolo pubblicato dal sito CTRL ALT WRITE il 9 febbraio 2016.

Passiamo alla vicenda. Il 19 settembre del 1991, sulle Alpi Venoste al confine tra Italia e Austria, durante un'escursione viene ritrovata da due coniugi tedeschi una mummia di oltre 5 mila anni fa. Alla mummia viene dato il nome di Ötzi.

Nel 1992 il sito The Straight Dope aveva spiegato che, poco tempo dopo la scoperta di Ötzi, si era diffusa la notizia secondo cui tracce di sperma erano state trovate nell'ano della mummia ma che questa storia era in realtà comparsa sul numero del primo aprile di una rivista austriaca ed era quindi probabilmente uno scherzo.

Questa notizia inventata ha comunque continuato a girare ma, come scrive il sito di fact-checking Butac.it, non ha mai trovato conferma. Nel 2012, anzi, riguardo le voci di corridoio che sostenevano che dello sperma fosse stato trovato nel canale anale di Ötzi, Angela Graefen, ricercatrice di genetica umana all'Istituto Eurac a Bolzano, aveva chiarito all'agenzia di stampa Reuters, che la voce era priva di fondamento e che poteva derivare «dal fatto che dei semi sono stati trovati nel suo intestino. I termini per i semi di piante e lo sperma sono, in effetti, gli stessi in tedesco».
 
Con infinito paternalismo, Zuckerborg ha quindi impresso il suo sigillo: 
 
Learn more about how Facebook works with independent fact-checkers to stop the spread of false information. 
 
A questo punto tutto sembra chiaro. In un commento poi aggiunto al thread, lo stesso Kremo ha ammesso di essere stato tratto in inganno dai media. 
 
Lukha B. Kremo:
ok, qualche giornalista del cazzo ha tradotto semen (sic) con sperma. Erano semi, non sperma 
 
Benissimo! Tutto sembra essere a posto. Il pacchetto memetico fatto di informazione degenerata è stato identificato e neutralizzato. I Sommi Sacerdoti dell'Antibufalismo hanno sentenziato e il loro giudizio è reperibile con grande facilità nel Web. Davanti al loro magistero si prosternano le masse, cadendo in adorazione! Ecco i link agli articoli di fact-checking:    
 
 
 
In ultima analisi, le fonti addotte sono due: 
 
1) Reuters;
2) The Straight Dope.
 
Come vedremo nel seguito, le tesi riportate dalle due fonti sono tra loro incompatibili e si escludono a vicenda. Procediamo con ordine, ripercorrendo le tappe della ricerca. 

L'ipotesi dell'errore di traduzione
 
Cominciamo dall'analisi delle informazioni diffuse dall'agenzia britannica Reuters, alla cui parola è attribuito un valore pari a quello del Vangelo, se non addirittura superiore. Questo è il testo fondante: 
 
 
One sticky rumor was that semen had been found in his anal canal, prompting headlines about his supposed homosexuality. But Graefen set the record straight.

“This comes from the fact that seeds have been found in his intestine. The words for plant seeds and semen are actually the same in German,” she laughed.

 
A quanto pare possiamo stare tutti più tranquilli: l'ennesimo rigurgito di entropia cognitiva è stato rintuzzato. Ma è davvero così? Diabole Domine, direi proprio di no. La questione è un tantino più complessa di come la si dipinge. Sintetizzo i miei dubbi: 
 
1) Possibile che tutto sia nato da uno studio in cui la parola Samen indicava i semi, senza che nessuno si sia preso la briga di specificare la specie vegetale di appartenenza?
2) Possibile che non si faccia la minima menzione a come questi benedetti semi sarebbero giunti nel canale rettale del defunto? Sono passati indenni per tutto l'intestino o sono stati introdotti in un improbabile gioco erotico? 
3) Possibile che nessuno menzioni in modo esplicito la fonte da cui Reuters avrebbe attinto? Perché cercando stringhe come "Angela Graefen Samen Ötzi" non si trova un bel nulla di utile? Qual è lo studio in cui la parola Samen avrebbe generato l'equivoco? Chi sono i suoi autori? Dove reperirlo nel Web? Non è dato sapere.
4) Possibile che con chiavi di ricerca non contenenti il nominativo della Graefen, come ad esempio "Ötzi Samen hintern", "Ötzi Samen Darm" e via discorrendo, Google si ostini a mostrare soltanto siti in italiano? Faccio notare che nelle impostazioni di Google ho selezionato "Qualsiasi lingua" e non "Pagine in italiano"
 
Questa è una menzione di "Samen" in relazione alla Mummia del Similaun (il neretto è mio), da Die Urgeschichte Europas, di Reinhard Pohanka (2016): 
 
Der Pilz hat eine desinfizierende Wirkung und wird außerdem als Aufguss gegen Würmer und Magenbeschwerden verwendet (in der Gegenwart zum Beispiel bei den Samen).

"Il fungo ha un effetto disinfettante e viene utilizzato anche come infuso contro vermi e problemi di stomaco (in presenza di semi, ad esempio)."  
 
Questa è un'altra citazione (anche qui il neretto è mio), tratta dal sito www.alimentarium.org
 
Begleitfunde sind Überreste von Tierknochen, Muschelschalen und Fischgräten sowie pflanzliche Funde wie Getreidekörner, Nüsse und Samen, die bei Siedlungs- und Bestattungsausgrabungen freigelegt werden. 
 
"I reperti di accompagnamento sono resti di ossa di animali, gusci di cozze e lische di pesce, nonché reperti vegetali come cereali, noci e semi che vengono scoperti durante gli scavi di insediamenti e sepolture."

Come si vede, non si ha alcuna ambiguità che possa giustificare la genesi del mito memetico dello sperma nel retto di Ötzi. Certo, districarsi in un mare di disinformazione non è facile, ma con un po' di buona volontà si dovrebbe trovare il bandolo della matassa. Invece non si viene a capo di nulla. Cosa molto sospetta. Possibile che l'intervista alla Graefen non abbia avuto alcuna eco nel Web in lingua tedesca? 
 
Con un po' di pazienza, sono riuscito a trovare una menzione più pertinente, su una rivista online tedesca di area LGBT, Queer.de (ancora una volta i neretti sono miei): 

Manche Geschichten sind wirklich lustig, und die erzähle ich auch gerne selbst, beispielsweise, dass Ötzi schwul war. Das war lediglich ein Übersetzungsfehler: Da hat man aus dem deutschen Wort Samen den englischen semen gemacht, was im Deutschen so viel bedeutet wie Sperma. Deswegen wurde das sozusagen in die falsche Richtung interpretiert. Es wurden keine Spermien in seinem Darm gefunden, sondern Pflanzensamen.

"Alcune storie sono davvero divertenti e mi piace raccontarle io stesso, ad esempio che Ötzi era gay. È stato solo un errore di traduzione: la parola tedesca "Samen" è stata trasformata nell'inglese "semen", che in tedesco significa "sperma". Ecco perché è stato interpretato nella direzione sbagliata, per così dire. Nessuno spermatozoo è stato trovato nel suo intestino, solo semi di piante."
 
Nemmeno questa è la menzione che cerco: è ancora un aneddoto simile a quello riportato da Angela Graefen di Bolzano, privo di riferimenti validi. Potrebbe addirittura essere stato preso da fonti italiane ed essere entrato nel mondo germanico come un boomerang. Perché se io racconto un aneddoto finisco linciato, mentre gli altri possono fondare i loro giudizi sugli aneddoti? Sono il solo a non essere esonerato dal riportare le fonti? Il Kremo allude a un giornalista del cazzo che ha sbagliato la traduzione. Ebbene, voglio sapere nome e cognome di questo giornalista del cazzo. Voglio sapere la sua testata di appartenenza e il titolo dell'articolo da cui l'errore ha avuto inizio. Di che nazionalità è il giornalista del cazzo? Questo giornalista del cazzo è italiano o anglosassone? Si converrà che tutto è molto vago. 
 
Totale: le confutazioni fatte dagli Antibufalisti del Web non soddisfano i criteri minimi di trasparenza e di tracciabilità. Per gli attivisti italiani la lingua tedesca è tabù, dato che le attribuiscono il potere di evocare lo spettro del III Reich. Quindi nessuno di loro la conosce davvero. A nessuno di loro interessa scandagliare fonti in tedesco. Citano qualche parola tedesca solo se indispensabile, lo fanno male e mostrando di esserne schifati, a dir poco inorriditi. Per i canoni della loro religione civica sarei considerato un pagano. Ho così licenza di conoscere la lingua tedesca e non ho alcun problema ad usarla, facendo notare che non è stata inventata da Hitler! 
 
L'ipotesi del Pesce di Aprile 
 
Passiamo ora ad analizzare i contenuti del post apparso su The Straight Dope. Vero è che Bufale.net ne riporta il link e che anche il disclaimer apposto da Zuckerborg menziona questa fonte, ma nessuno sembra essere stato in grado di trarne le debite conclusioni, molto diverse da quelle fornite da Reuters. Invito tutti alla lettura:
 
 
Gli italici Antibufalisti si sono fissati sulla traduzione errata del tedesco Samen "seme; sperma", ma hanno anche menzionato una possibilità più attendibile, quella di un Pesce di Aprile. Tutto sarebbe nato da uno scherzo, ossia da una articolo diffuso a bella posta da un'associazione LGBT austriaca, il cui organo di stampa è la rivista LAMBDA-Nachrichten. Tra l'altro giova notare che nei siti Web in lingua tedesca in cui la cosa viene menzionata, non compare mai la parola Samen, bensì un termine più scientifico: Sperma
 
"“Otztal Valley, Italy — The mainstream media reported widely on ‘Otzi,’ the 5,477-year-old Stone Age man found mummified in a melting glacier high in the Italian Tyrolean Alps. The U.S. media did not, however, share a gripping detail that was reported in Italy, Austria, Switzerland, and elsewhere: there was sperm in Otzi’s anal canal. ‘The Tyrolean scholars have not given this little detail any special significance,’ according to Lambda Nachrichten, the magazine of Homosexual Initiative Vienna, Austria’s leading gay organization, ‘but there can only be one explanation: Otzi had sex with another man in the Alps!"
 
L'argomento devastante riportato su The Straight Dope è però un altro. Non può essere stato trovato sperma nel buco del culo di Ötzi. Questo per un fatto molto semplice: Ötzi non ha un buco del culo. Le parti intime del corpo mummificato sono andate perdute, forse divorate dai vermi o da qualche animale carognaro. Comunque sia, niente ano, niente sperma nell'ano.  
 
"But the real problem is this: judging from the photos, Otzi has no anus. His entire crotch, including penis and testicles, is gone, presumably having been eaten by scavengers shortly after his demise." 
 
Diventa superfluo notare che lo sperma non sarebbe in ogni caso rilevabile dopo tanto tempo. 
 
Quanto appena esposto mette in serio dubbio le dichiarazioni attribuite da Reuters ad Angela Graefen. Ecco le conclusioni:
 
1) Non c'è stato nessun equivoco, nessuna confusione semantica tra il materiale genetico e i semi delle piante: siamo invece di fronte a un vero e proprio pacchetto memetico diffuso cum dolo;
2) A quanto pare la Graefen ignorava che il canale anale del corpo mummificato è andato perduto. Cosa a dir poco sorprendente, essendo una studiosa che si è occupata proprio di Ötzi; 
3) I gestori dei siti antibufala hanno citato The Straight Dope ma non sembrano aver letto la fonte con la dovuta attenzione. La storia del culo mancante avrebbe vanificato all'istante la necessità di supporre la cattiva traduzione di una parola tedesca!  
 
I fact checkers devono essere a loro volta sottoposti a fact-checking! Le bufale somigliano ai virus e sono caratterizzate da un corredo memetico che può subire mutazioni. Così da una bufala ne possono nascere altre, ancora più devastanti. 
 
Alcune note 

L'uomo del Similaun visse nel Calcolitico, il periodo che ha segnato la transizione tra l'industria litica del Neolitico e la metallurgia dell'Età del Bronzo. Nel Neolitico fece la sua comparsa l'agricoltura, che portò un nuovo modo di intendere l'Uomo e l'Universo. Assieme all'agricoltura e al culto della fecondità comparve la consapevolezza dell'associazione tra l'atto sessuale e la procreazione. Oggi sembra un concetto scontato. Eppure gli Aborigeni dell'Australia, che sono rimasti nel Paleolitico fino a tempi recenti (attrezzi di pietra scheggiata erano usati ancora negli anni '60 del XX secolo), non erano consci del fatto che il concepimento fosse la naturale conseguenza dell'atto sessuale: attribuivano la gravidanza agli spiriti delle acque o delle pietre. Nel Paleolitico imperava la credenza in una divinità uranica non interessata all'ordine morale del mondo. Un Essere Supremo simile a quello che in Australia era chiamato Nurrendere. Nel Neolitico si è avuto il passaggio cruciale alla credenza in una divinità uranica interessata all'ordine morale del mondo. Una divinità iraconda che considera offensive determinate azioni dei suoi adoratori. Nelle società agricole si diffuse l'idea che lo sperma fosse una sostanza preziosa e che il suo contatto con le feci fosse un sacrilegio. Nacque così l'avversione verso il sesso anale e in particolar modo verso il rapporto sodomitico tra uomini. Qualcuno a questo punto si chiederà: "E i Greci? E i Romani? E il dissoluto politeismo?" Ebbene, nel corso dell'Età del Bronzo c'è stata una radicale trasformazione, non solo tecnologica ma anche e soprattutto culturale. Le società neolitiche in Europa furono travolte dall'invasione di genti indoeuropee giunte a più ondate dalle steppe orientali. Questi invasori avevano sentimenti del tutto dissimili da quelli dei popoli su cui si erano abbattuti come una tempesta: erano bellicosissimi e vivevano di predazione. Consideravano l'agricoltura un'occupazione degna soltanto degli schiavi. Dovunque arrivassero uccidevano gli uomini e stupravano le donne, costringendole a consumare le loro vite macinando cereali. L'omosessualità virile era altamente considerata. Ancora ai tempi di Cesare, i Celti della Gallia Transalpina continuavano questo modo di vivere: disprezzavano l'agricoltura, ritenuta un'occupazione servile, e praticavano la sodomia, anche violenta. Si comprende a questo punto che le religioni monoteiste abramitiche hanno la loro origine in una sopravvivenza della religiosità del Neolitico. Si sono formate da un vero e proprio rigurgito di un'epoca precedente a quella in cui si sono imposte le religioni politeiste. È un gravissimo errore proiettare indietro nel tempo categorie postmoderne come quelle di "omofobia" (analizzeremo in altra sede la natura contraddittoria di questa parola), fondate su una specie di mistica della "paura della diversità": le motivazioni dell'avversione antisodomitica erano di natura religiosa, avevano la loro radice nel tabù e non possono essere lette alla luce delle ideologie femministe e politically correct. Mi opporrò sempre con tutte le forze alla riscrittura del passato a partire dalle storture concettuali del presente!