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mercoledì 29 settembre 2021

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI SUBURRA... E SULLA SBURRA!

Come tutti ben sanno, la suburra è un quartiere sordido, un luogo equivoco che evoca nell'immaginazione un brulicare di puttane e di delinquenti. Resta come al solito una domanda pressante: qual è l'origine di questa denominazione tanto bizzarra? 
Questo riporta il Vocabolario Treccani: 
 
 
"Suburra, lat. Subura o Suburra, di etimo ignoto."
 
E ancora, in "Sinonimi e Contrari": 
 
 
"suburra s. f. [dal lat. Subura o Suburra, nome di una zona popolare e malfamata di Roma antica], lett. - [insieme dei quartieri più malfamati di qualsiasi grande città] ≈ angiporto, bassifondi, quartieri bassi."  
 
Questa è la descrizione del vocabolo latino in questione, data nel Wiktionary: 
 

Subūra f. sing. (genitivo Subūrae); prima declinazione
     "Un quartiere di Roma situato tra l'Esquilino, il Viminale e il Quirinale, dove abitavano molte prostitute" 
 
Aggettivo derivato: Subūrānus 
 
II Dizionario Latino Olivetti invece riporta questa definizione: 
 
Sŭbūra 
[Subură], Suburae
sostantivo femminile I declinazione 

"Suburra, quartiere di Roma, tra il Celio e l'Esquilino, pieno di negozi e di ritrovi notturni anche malfamati"

Google dà nuova vita ad assurdità popolari come la derivazione di Subūr(r)a da sub "sotto" e da urbs "città", come se fosse una *Suburba, ossia un quartiere "che sta sotto la città". Alla base c'è la confusione con suburbium "sobborgo", pl. suburbia, che è una parola ben distinta: oltre alla diversa morfologia, non si passa da -rb- a -rr-, -r-.
Poi ci sono i romanisti, che hanno la brutta tendenza ad esibire una certa sicumera pedantesca. Se una cosa sfugge alla loro analisi, la relegano nell'Oblio. Trovo inconcepibile che considerino il toponimo Subūr(r)a come "di origine ignota", al pari di infinite altre voci, bloccando ogni ulteriore indagine. Per loro tutto ciò che non è il vocabolario di latino che usavano a scuola, o al massimo quello di greco, è un libro chiuso e lo deve essere per forza, per assioma. Non sono convinto che si tratti di pura e semplice ingnoranza: sembra prevalere una dottrina che vota i suoi seguaci alla negazione radicale e ostinata di tutto ciò che non abbia le sue origini ultime in Roma o nell'Ellenismo, ritenute a loro volta cose inanalizzabili. Le origini di questo atteggiamento deleterio sono con ogni probabilità di natura ideologica.
 
Eppure è ben nota la parola etrusca che ha dato origine al toponimo latino Subūr(r)a: è semplicemente spur(a) "città". Un vocabolo ben attestato e sul cui significato non ci sono dubbi di sorta. I romanisti sono ostilissimi alla conoscenza della lingua dei Rasna e cercano con ogni mezzo di cancellarla, anche a costo di ricorrere a invereconde manipolazioni. 
 
Ecco le attestazioni:   

Genitivo in -al:
spural, śpural "della città", "pubblico"
tular śpural "confine della città" 
cilθl śpural meθlumeśc enaś "del santuario della città e del popolo nostro" (Liber Linteus)  

Ablativo in -es
spures "dalla città"
Nota: 
Deriva dalla contrazione di una protoforma *spura-is, a sua volta da *spura-s-is. Non è un genitivo sigmatico in -s, -ś, come si potrebbe pensare. Resta il fatto che non è tuttora chiara la ragione ultima della coesistenza del genitivo sigmatico con quello in liquida (-l). Per ulteriori dettagli si rimanda a Facchetti. 

Dativo di comodo in -eri
śpureri meθlumeric enaś "per la città e per il popolo nostro" (Liber linteus)  

Locativo in -θi
spureθi "nella città" 
apasi spureθi "nella città del padre" 

Ablativo del suffisso -tra "eccetto, fuori da": 
śpurestreś "del luogo fuori della città" (Liber linteus) 
Nota: 
Questo è un cumulo di suffissi. 

Aggettivo in -na
spurana, śpurana "pubblico"
marunuc spurana "magistratura pubblica"

Antroponimi 
 
Prenome maschile da sostantivo in -ie
Spurie, Śpurie
   genitivo: Spuries
   pertinentivo: Spurieisi
=> Latino: Spurius 
Trascrizione greca: Σπόριος (Spórios)
Nota: 
In etrusco, Spurie, Śpurie è attestato come prenome soltanto nella lingua arcaica, dal VII al V secolo a.C.; in neoetrusco questo prenome sembra scomparso. 
Senza dubbio Spurius è uno dei più antichi prenomi romani: uno Spurius Cassius Vecellinus fu console nel 502 a.C. Oltre al prenome, si segnala anche l'esistenza di un omonimo gentilizio. Per quanto riguarda la trascrizione greca, cfr. Καλπόρνιος (Kalpórnios) per Calpurnius (Watmough, 2017).
 
Gentilizio maschile da aggettivo in -na
Spurana, Śpurana 
Spuriana, Spuriena, Spurina 
   genitivo: Spurianas, Spurienas
   femminile (neoetrusco): Spurinei
Nota:
Il gentilizio è attestato in latino con le seguenti varianti: Spurēnius, Spurennius, oltre a Spurina e Spurinna (vedi Pittau). Si hanno inoltre i cognomina Spurīnus e Spuriānus, che sembrano però formazioni latine a partire dal prenome Spurius
L'aruspice che predisse la morte a Caio Giulio Cesare, non venendo ascoltato, si chiamava Spurinna
 
Prenome maschile da diminutivo in -za
Spuriaza
   genitivo: Spuriiazas, Spuria[z]es 
Nota:
Questo è un semplice diminutivo di Spurie, Śpurie, la cui vocale finale -e doveva avere un suono indistinto /ə/. L'aggiunta del suffisso -za ha portato a un'assimilazione in -a-.
 
Un'attestazione in retico 
 
In retico è attestata la parola sφura "città", in un'iscrizione rinvenuta a Pergine Valsugana. Chiaramente la parola retica e quella etrusca derivano dalla stessa radice prototirrenica (Marchesini, 2019). Si nota che in retico si trovano spesso consonanti aspirate che corrispondono a occlusive semplici in etrusco.  

Possibili paralleli esterni 

Si trova una somiglianza notevole tra il nome etrusco della città, spur(a), e il ben noto toponimo ellenico Sparta. Con ogni probabilità si tratta di un residuo di un sostrato tirrenico.

Greco: Σπάρτη (Spártē) "Sparta" 
 
L'etimologia sostenuta dalla tradizione, secondo cui la roccaforte dei Lacedemoni trarrebbe la sua origine dal vocabolo σπάρτον (spárton) "fune, corda", ha tutta l'aria di essere una paretimologia, che si è diffusa in relazione a un mito relativo alla fondazione dell'eroica città. 
Si trovano alcuni importanti parole microasiatiche che mostrano somiglianze con l'etrusco spur(a). Sono le seguenti:

Licio: sbirte "monumento"
Lidio: sfard "città" 

Il vocabolo lidio è anche l'origine del nome della città di Sardi, greco Σάρδεις (Sárdeis). Il gruppo consonantico sf- è stato semplificato dagli Elleni nella sibilante semplice /s/, dato che all'epoca del prestito non esisteva in greco una fricativa /f/. I Persiani invece hanno adattato il nome lidio come Sparda. Mi sembra evidente che le voci anatoliche sopra riportate condividano la loro origine con il toponimo Sparta e con l'etrusco spur(a). Con buona pace di Pittau, non si ha connessione con l'etnonimo Shardana, la cui somiglianza è soltanto esteriore, essendo del tutto diversa la radice d'origine. 
 
Derivati di spur(a) in latino
 
Oltre che il toponimo Subūr(r)a, abbiamo altri due derivati importanti della radice etrusca passati in latino: 
 
spurius "illegittimo", "bastardo"; 
     in senso figurato: "cattivo" (detto di poeta)  
spurcus "sporco, sudicio, sozzo";
     in senso figurato: "cattivo, brutto" (detto di tempo)
     in senso morale: "contaminato, ignobile, infame,
         abietto, spregevole"


Entrambe le parole hanno la vocale tonica breve:

spŭrius
spŭrcus

Le ragioni dell'irregolarità sono evidenti: l'etrusco era una lingua dalla fonetica molto diversa da quella del latino. Una parola etrusca poteva essere adattata in modo diverso a seconda dell'epoca e del contesto in cui era penetrata nella lingua di Roma. Mentre spurius e spurcus appaiono conformi alla radice dell'originale etrusco spur(a), l'adattamento in Subūr(r)a è stato abbastanza anomalo.
A quanto ricordo, Facchetti suggerisce la presenza di un suffisso -ra, molto comune come formante in etrusco. In questo caso, data la difficoltà dell'ortografia etrusca con le consonanti doppie, la formazione non apparirebbe evidente.

Etrusco *spur-ra > Latino Subūr(r)a 

Sono incline a ritenere questa ipotesi ragionevole e plausibile.

Una glossa molto interessante

Alle due parole spurius e spurcus ne possiamo aggiungere una terza, documentata come glossa in Isidoro di Siviglia (Etymologiarum sive Originum, 9.5.24):

spurium "pudenda muliebra" 

In altri termini, è un nome della fica. La stessa parola è trascritta da Plutarco come σπόριον (spórion) e attribuita ai Sabini (Watmough, 2017). Chiaramente il popolo italico ha preso questo termine dagli Etruschi. La trafila semantica è abbastanza ovvia: 
 
"luogo impuro" => "vulva (promiscua)"  
 
Gli autori antichi, ad eccezione di Plutarco, interpretavano spurium - σπόριον "vulva" e spurius "figlio illegittimo" come derivazioni della radice greca di σπέρμα (spérma) "seme", "liquido seminale" e di σπορά (spora) "seme", "semina", dal verbo σπείρω (spéirō) "io semino", "io genero", "io spargo". In particolare godeva di largo credito la parola σποράδην (sporádēn) "sparsamente", "qua e là", la stessa che ha dato l'aggettivo sporadico. Per i testi in latino e in greco che trattano questa etimologia, si rimanda a Watmough (2017). In epoca recente, ci sono stati tentativi di ricondurre spurius al latino spernō "io divido, separo" (infinito: spernere; perfetto: sprēvī), ad esempio Bonfante (1985). Sono tutti futili tentativi di spiegare Omero con Omero (non rendono conto della fonologia né della morfologia). 

Lo spurio 
 
Forma etrusca ricostruita: *spurie 
Significato originale: "figlio di padre ignoto" (n.), lett.
    "figlio della città"; "illegittimo, bastardo" (agg.)

In italiano la parola spurio è dotta, come dimostra il suo aspetto fonetico: è stata introdotta dai letterati a partire dal latino, per dare maggior chiarezza di pensiero. Non è giunta attraverso una genuina trafila volgare, o avremmo avuto *spóio, *spóro.
 
Lo sporco 
 
Forma etrusca ricostruita: *spurχ 
Significato originale: "pubblico", "di uso comune",
     "promiscuo", "toccato da tutti"
 
Il suffisso aggettivale -c / -χ è ben noto in etrusco. Si veda come esempio di una simile formazione θaurχ "sepolcrale", derivato da θaura "sepolcro", "tumulo".
In italiano la parola sporco è giunta tramite la genuina usura del volgo, come dimostra il suo aspetto fonetico. Un dottismo suonerebbe *spurco
Devoto sosteneva con pervicacia che la pronuncia toscana della parola, spòrco, con la vocale /ɔ/ aperta, derivasse da un "incrocio" con porco: nell'immaginario popolare toscano lo sporco avrebbe avuto origine da un porco con una s- prefissa. 
Francamente non avverto alcuna necessità dei grotteschi "incroci" del Devoto, creazioni che mi suonano assurde e folli come il gorgogliare di Azathoth nel centro dell'Universo. Nell'italiano corrente, la pronuncia diffusa ovunque è spórco, con la vocale /o/ chiusa, perfettamente spiegabile con una trafila regolare dalla parola latina. L'irregolarità del toscano spòrco si spiega piuttosto con un'antica variante *spŏrcus dovuta a un diverso adattamento dell'etrusco in latino volgare. 
 
La sburra!  
 
Anni fa l'amico Sandro "Zoon" Battisti mi chiese, avendo appreso le mie disquisizioni sull'etimologia di suburra, se la parola volgare sburra "sperma, eiaculato" (variante del più comune sborra) avesse la stessa origine - vista l'indubitabile somiglianza fonetica. Fui sorpreso dalla domanda e lì per lì gli risposi che non esiste alcuna connessione. A distanza di tanto tempo, mi sono chiesto se non avesse ragione Sandro "Zoon" a sospettare un collegamento, convincendomi infine che aveva piena ragione. 
 
I romanisti ritengono che sborra (donde sburra) sia un derivato della parola greca βόθρος (bóthros), glossato come "torrente", "voragine", da cui proverrebbe anche burrone. In altre parole, secondo loro l'eiaculato sarebbe un torrente, in quanto è qualcosa che sgorga. Quindi sborrare proverrebbe da un ipotetico *exbothrare, che per retroformazione avrebbe dato il sostantivo *exbothra, cioè sborra. Invece è ben possibile che sborra, sburra siano semplici evoluzioni fonetice di una forma aggettivale sostantivata, un neutro plurale spuria col senso di "cose impure", che sarebbe poi passato a significare "liquido seminale". Credo che sia abbastanza verosimile - anche perché la traduzione di bóthros con "torrente" sembra piuttosto fallace. Nella semantica ellenica non sembra esserci traccia alcuna di un flusso, dello scorrere di un liquido: la parola indica una cavità, un vuoto. A quanto risulta, il flusso è un'invenzione pura e semplice dei romanisti.  
 
Queste sono le definizioni riportate sul dizionario online Perseus di greco antico (Henry George Liddell, Robert Scott, A Greek-English Lexicon, 1940): 
 
 
βόθρ-ος , ὁ, 

A.hole, trench, or pit dug in the ground, “βόθρον ὀρύξαι” Od. 10.517; βόθρου τ᾽ ἐξέστρεψε [τὴν ἐλαίαν] Il.17.58; trough, Od.6.92: generally, hollow, X.An.4.5.6; grave, IG14.238 (Aerae); ritual pit for offerings to “ὑποχθόνιοι θεοί, β. καὶ μέγαρα” Porph.Antr.6.
 
1) buco, trincea o fossa scavata nel terreno 
2) trogolo 
3) cavità 
4) tomba 
5) fossa rituale per le offerte. 
 
Menzioniamo infine la falsa etimologia, assolutamente infondata, di un commentatore privo di qualsiasi base, che separava sburrare da sborrare ritenendole due parole diverse; considerava quindi il sostantivo sburro (variante di sburra) un semplice derivato di burro. Secondo costui, lo sperma sarebbe una sostanza caratterizzata dal colore e dalla consistenza del burro sciolto. Ha confuso sburrare, variante di sborrare, con l'omofono sburrare "togliere al latte la parte grassa" (ormai desueto).
 
Un inganno: portoghese porra, esporra 
 
Girando a lungo nel sito XHamster, mi sono imbattuto spesso in video porno brasiliani, da cui risulta che in portoghese porra o esporra traduce l'italiano sborra. Esempi: "Minha esposa puta adora chupar um pau grande e engolir uma boca cheia de porra", "Milf recebe porra na boca", "Esporra dentro da cona tuga" e via discorrendo. Appurato che esporrar significa proprio "sborrare", ho subito pensato che l'etimologia dovesse essere identica a quella del verbo italiano. Mi sono dovuto ricredere. Mi sono bastate brevi ricerche per capire che siamo di fronte a una somiglianza ingannevole. 

porrum "porro" 
   neutro plurale (con significato collettivo): 
   porra "porri"
 
Lo slittamento semantico è stato questo: 
 
porri => mazza => pene =>
=> eiaculazione => sperma, sborra

La pronuncia del portoghese brasiliano porra è /'poha/. Allo stato attuale delle cose, la somiglianza con l'italiano sborra è soltanto grafica.  

lunedì 17 maggio 2021

INGLESE CUCKOLD, FRANCESE COCU 'CORNUTO', GERGO PANINARO CUCCARE 'FARE SESSO'

Una parola inglese è diventata molto famosa: cuckold "cornuto". La si trova moltissime volte nei siti pornografici come xHamster. Come lemma tecnico del mondo del porno, l'epiteto cuckold indica un uomo passivo che presta volentieri la sua compagna a estranei perché ne godano sessualmente. In genere si tratta di energumeni che si fanno praticare sesso orale e la penetrano, arrivando infine a coprirla di sperma. Il costume è attecchito, tanto che si trovano bizzarri commenti dovunque. Ne ricordo due in particolare. Un marito portava la moglie a fare pompini gratuiti a sconosciuti e stava a spiarla, lamentandosi poi del fatto che lei si sentiva a disagio. Un altro marito sospirava e scriveva: "Non riesco a convincere la mia compagna a realizzare il mio sogno, quello di essere reso cornuto". Molti sono riusciti nell'intento. Godono a tal punto nel vedere la moglie fare le gangbang spermatiche, che eiaculano senza nemmeno toccarselo. Questo è quanto. Tramite la pornografia, l'ennesimo anglismo è stato importato in italiano: cuckold, pronunciato in modo approssimativo come /'kakold/. Perché importare cuckold se già abbiamo le parole cornuto e becco? Perché cuckold non è davvero un "prestito di lusso". C'è infatti una sfumatura particolare nella parola inglese: il cuckold desidera essere un cornuto, spasima, vuole che la consorte sia posseduta da altri. Il cornuto classico invece è ignaro delle attività che lo hanno reso tale, potendo reagire con furia nel caso ne venisse al corrente.

Quando ero uno scolaretto, mia madre mi insegnava alcune parole di francese, che ricordava dai tempi della scuola. Cose molto semplici, come table "tavolo", ville "città", garçon "ragazzo", fille "ragazza", rien "niente" etc. Qualche anno dopo, avendo visto un film in cui Cary Grant interpretava il ruolo di un becco, le chiesi come si dicesse "cornuto" in francese. Lei prontamente mi rispose: "Si dice cocu". All'epoca dell'università, studiando su un dizionario Nahuatl-Francese, appresi che in Francia il verme cornuto del tabacco è chiamato ver cocu. È un bruco verdognolo e pingue, molto odiato dai coltivatori di tabacco per la sua voracità. È la larva della sfinge del tabacco (Manduca sexta), una bella falena grigiastra e setosa. La glossa francese dell'azteco ocuilin cuācuahueh (pronuncia /o'kwilin kwa:'kwaweɁ/) è proprio "ver cocu". Quindi in alcuni contesti la parola cocu allude a protuberanze fisiche, non soltanto alla condizione del marito becco. Questo è un caso curioso e di difficile soluzione.

Si capisce a colpo d'occhio che l'inglese cuckold (pronuncia /ˈkʌkəʊld/, /ˈkʌkoʊld/, /ˈkʌkəld/) "cornuto" è connesso strettamente al francese cocu (pronuncia /kɔ'ky/) "cornuto", femminile cocue "cornuta", plurale maschile cocus "cornuti", plurale femminile cocues "cornute". Basta poco a comprendere che la parola inglese è stata presa a prestito dal francese. 

1) Questa è la trafila che ha portato alla parola inglese moderna:

Antico francese: cucuault => 
Medio inglese: cokewold =>
Inglese moderno: cuckold
Varianti in medio inglese: cockewold, cokolde, kukwald, kukewald, kukeweld.   

2) Questa è l'analisi della parola sorgente: 

Il suffisso antico francese -ault deriva direttamente dalla lingua dei Franchi, in cui suonava -wald, ben attestato nell'onomastica e adottato in romanzo come accrescitivo/peggiorativo.
Protogermanico: 
*-waldaz "dominatore, condottiero", 
*waldanan "dominare".
Gli adattamenti in medio inglese somigliano molto alla forma germanica originaria, segno che esisteva ancora tra i parlanti una capacità di riconoscere questo elemento. 
In antico francese il suffisso -ault è aggiunto a cucu "cuculo", con allusione alle abitudini di parassitismo procreativo dell'uccello. 
 
2) Questa è la trafila che ha portato alla parola francese moderna: 
 
Antico francese: cucuault => 
Francese moderno: cocu

3) Si sono venute a formare queste contrapposizioni: 

Inglese:  
cuckoo /'kʊku:/ "cuculo" : cuckold /'kʌkǝld/ "cornuto"
 
Francese: 
coucou /ku'ku/ "cuculo" : cocu /kɔ'ky/ "cornuto" 
 
Una miniera di informazioni utili 
 
Questo riporta il dizionario etimologico della lingua inglese Etymonline
 
 
cuckold (n.)
 
"derisive name for a man whose wife is false to him, "husband of an adulteress," early 13c., kukewald, cokewold, from Old French cucuault, from cocu (see cuckoo) + pejorative suffix -ault, of Germanic origin. So called from the female bird's alleged habit of changing mates, or her authentic habit of leaving eggs in another bird's nest."

Traduzione in italiano: 
 
"nome derisorio per un uomo la cui moglie è falsa nei suoi confronti, "marito di un'adultera", primo Trecento, kukewald, cokewold, dall'antico francese cucuault, da cocu (vedi cuckoo) + suffisso peggiorativo -ault, di origine germanica. Così chiamato dalla supposta abitudine femminile dell'uccello di cambiare compagno, o dell'autentica abitudine di lasciare uova nel nido di un altro uccello."
 
E ancora: 

"In Modern French the identity is more obvious: Coucou for the bird and cocu for the betrayed husband. German Hahnrei (13c.), from Low German, is of obscure origin. The second element seems to be connected to words for "ardent," and suggests perhaps "sexually aggressive hen," with transferal to humans, but Kluge suggests rather a connection to words for "capon" and "castrated." The female equivalent, cuckquean, is attested by 1560s."
 
Traduzione in italiano:  

"In francese moderno l'identità è più ovvia: coucou per l'uccello e cocu per il marito tradito. Il tedesco Hahnrei (Tredicesimo secolo), dal basso tedesco, è di oscura origine. Il secondo elemento sembra essere connesso a parole per "ardente", e suggerisce forse "gallina sessualmente aggressiva", con trasferimento agli umani, ma Kluge suggerisce piuttosto una connessione a parole per "cappone" e "castrato". L'equivalente femminile, cuckquean, è attestato dagli anni '60 del Cinquecento." 

Il Paninarismo e l'imperativo di cuccare

I paninari degli anni '80 dello scorso secolo facevano uso ed abuso del termine cuccare "fare sesso con una ragazza". Da tale verbo, che potremmo definire braschiano in quanto promosso dal comico Enzo Braschi, deriva per retroformazione il sostantivo cucco "atto di fare sesso con una ragazza". Si noterà che il verbo cuccare può essere intransitivo (es. "ieri sera ho cuccato") oppure transitivo (es. "sono riuscito a cuccare la sfitinzia arrapation"). Pochi sanno che queste parole erano già in uso nel gergo dei cicisbei del XVIII secolo. In origine il verbo cuccare significava "ingannare" ed è derivato da cucco "cuculo". Rimangono ancora alcune tracce dell'uso originario. La frase "non mi cucchi" significa "non m'imbrogli"
 
1) Questa è una possibile trafila semantica: 
 
cuccare "ingannare" => 
cuccare "convincere con l'inganno una donna a fare sesso"
cuccare "fare sesso con una donna"  
 
2) Questa è una trafila semantica alternativa: 

cuccare "agire come il cuculo" (= *cuculare)
cuccare "sedurre una donna, rendendo cornuto suo marito"
cuccare "fare sesso con una donna" 

Il fatto che cuccare possa essere un verbo transitivo fa pensare che la trafila 2) sia migliore della trafila 1).

Ai nostri giorni pochi usano la parola cucco per indicare il cuculo (Cuculus canorus). Ormai è diventata obsoleta e si conserva essenzialmente in una frase fatta: si dice "vecchio come il cucco" o "vecchio come il cucù", con riferimento al mitico pseudo-piccione strabico e parassitario. Forse il riferimento è al fatto che non c'è nulla di nuovo sotto il sole, come  scritto nell'Ecclesiaste. In quest'ottica il trucco del cuculo è il più antico di tutti, proprio come la prostituzione è il più antico di tutti i mestieri. Ricordo ancora che l'amico Giovanni "X" De Matteo inveiva giustamente contro la Marvel, rea di aver trasformato Capitan America in una specie di neonazista affiliato all'organizzazione terroristica Hydra. Così scriveva (non ricordo tutte le parole in modo perfetto): 
 
"Come possono pensare che i fan rivorranno indietro il personaggio se ha commesso crimini contro l'Umanità? Come credono di uscirne? Con qualche trovata vecchia come il cucco, del tipo 'me lo hanno fatto fare gli alieni' oppure 'è stato un sogno'? Saluti, Casa delle Idee!" 
 
Vorrei riportare il testo nella sua forma originale, ma purtroppo è sparito da FB e dall'intero Web. Si noterà che cucco e cucù non sono due parole del tutto intercambiabili. Si dice orologio a cucù, non orologio a cucco (anche se nel Web si trova qualche attestazione). Mi affascinano queste sottigliezze della lingua italiana. 

mercoledì 28 aprile 2021

I CONTURBANTI MISTERI DELL'OLLA PODRIDA

Il piatto conosciuto come olla podrida (alla lettera "pentola marcia", pronuncia /'oʎa po'ðriða/) è tipico della cucina spagnola e gode di ottima tradizione, essendo già presente nella gastronomia medievale. È associato soprattutto alle regioni storiche dell'Estremadura e della Castiglia e León. È spesso considerato un bollito o un minestrone, anche se sarebbe più logico ritenerlo uno stufato. Gli ingredienti sono molteplici: carni varie, salsicce, lardo, altri cibi stagionati e affumicati, legumi, spezie e uova. Tutti convengono sul fatto che questa preparazione culinaria sia molto indigesta e adatta soprattutto ai climi rigidi. Il termine olla significa "pentola" e indica il nome del recipiente in cui tradizionalmente lo stufato composito viene cucinato; più precisamente si tratta di una pentola di argilla (olla de barro). È una parola che non presenta particolari problemi semantici. Le difficoltà le si incontra quando si cerca di analizzare l'attributo di olla, ossia podrida, che significa senza alcuna possibilità di errore "putrida, imputridita, marcia". Perché dare a un piatto glorioso e saporito un nome tanto dequalificante e umiliante? 
 
 
L'inconsistenza dell'etimologia tradizionale 

A un certo punto le genti di Spagna hanno provato un immenso imbarazzo per il nome dell'olla podrida. Per risolvere un simile assillante problema, hanno fatto ricorso all'etimologia popolare, dando un'origine implausibile all'aggettivo podrida, sommamente scomodo. Si è così diffusa l'idea secondo cui il nome originale dello stufato composito sarebbe stato olla poderida, interpretato come "pentola poderosa", da poder "potere". Le spiegazioni addotto sono in sostanza due: 
 
1) lo stufato se lo sarebbero potuti permettere soltanto i potenti (quindi sarebbe da interpretare "pentola dei poderosi", perché era "un plato muy ríco y costoso"); 
2) lo stufato sarebbe stato chiamato così per via della sua pesantezza, della potenza dei suoi molteplici ingredienti.
 
In ogni caso, secondo questa storiella invereconda, la fantomatica olla poderida sarebbe in seguito diventata per naturale evoluzione fonetica olla podrida: da qui la confusione con l'aggettivo podrida il cui significato è "marcia, imputridita". Stupisce che gli accademici, in mancanza di meglio, diano credito a una baggiata così colossale. Nessuno tra gli studiosi sembra aver notato una cosa molto semplice: non è mai esistito nella lingua spagnola un aggettivo *poderido "poderoso". Non se ne trova nemmeno una singola attestazione in tutta la letteratura spagnola. Non è mai esistito, anche perché è formato male. Il suffisso -ido è tipico del participi passati. Non è possibile aggiungere il suffisso del participio passato all'infinito di un verbo, come è appunto poder "potere". Non si può aggiungere -ido a -er nemmeno considerando poder come un sostantivo derivato dall'infinito dell'omonimo verbo. Questa formazione presupporrebbe l'esistenza di un verbo *poderir, con due suffissi dell'infinito, il che è semplicemente assurdo! Quindi tutti se ne devono fare una ragione: podrida significa proprio "marcia, imputridita" e non ha altro senso possibile.
 
Rudimentali tentativi di spiegazione  

Il lessicografo, crittografo e presbitero spagnolo Sebastián de Covarrubias y Orozco (Toledo, 1539 - Cuenca, 1613), ha scritto a proposito dell'olla podrida quanto segue: "por cuanto que se cuece muy despacio, que casi lo que tiene dentro viene a deshacerse", ossia "siccome cuoce molto lentamente, che quanto c'è dentro viene a disfarsi". Sempre meglio della favola della "pentola poderosa". Teniamo conto del fatto che lo stufato composito poteva essere un piatto di recupero, con cui processare avanzi di ogni tipo, anche carne un po' rancida. L'usanza di recuperare carne speziandola e cuocendola a lungo è ben nota anche tra gente di terre lontane: le badani ucraine cucinano la carne di cattiva qualità lessandola e riempiendola d'aglio; anni fa ne vidi una cucinare della carne passata che già aveva cattivo odore, trattandola con aceto e spezie, ottenendone uno stufato che sembrava fatto di carne fresca. Qualcuno ha persino supposto che l'olla podrida fosse chiamata così per pura e semplice ironia. L'ipotesi mi pare comunque abbastanza implausibile.   
 
Adattamenti in altre lingue 
 
Adattamento in italiano: olla podrida, ogliapodrida, òglia podrida, òglia putrida, òglia pudrida, ogliopotrida (l'accento è sempre sulla sillaba -ri-: podrìda, etc.); pentola marcia (quest'ultima voce è un calco, ossia una traduzione letterale).  
Adattamento in francese: pot pourri (si tratta di un calco, ossia di una traduzione letterale, da pot "pentola" e pourri "marcio"); sembra che il neologismo sia stato coniato da François Rabelais e di fatto compare per la prima volta in una sua opera, il Quinto libro di Pantagruel (pubblicato nel 1564). 
Adattamento in inglese: olio, glossato come "A spiced meat and vegetable stew of Spanish and Portuguese origin. Hence: any dish containing a great variety of ingredients" (Oxford English Dictionary).
 
Effetto boomerang: Il francese pot pourri (o pot-pourri), usato in ambito musicale o letterario per indicare una composizione di vari generi, è entrato in spagnolo come popurrí - anche se mai applicato all'ambito culinario. È parimenti entrato in italiano come pot-pourri /popu'ri/ (adattamento familiare pupurrì), con la stessa accezione, avendo anche il significato di "mescolanza di cose eterogenee". Allo stesso modo in inglese si ha potpourri /ˌpəʊpəˈɹiː/, /pəʊˈpʊəɹi/, /pəʊˈpɔːɹi/ (UK), /ˌpoʊ.pʊˈɹiː/, /ˈpoʊ.pʊɹiː/ (US), con la stessa accezione molto estesa: "A collection of various things; an assortment, mixed bag or motley".
 
Citazioni letterarie 
 
Riportiamo in questa sede i testi di quattro autori che menzionano il piatto spagnolo:  

"Quel piattone fumante laggiù mi sembra proprio olla podrida” – afferma il fedele scudiero e compagno di avventure di Don Chisciotte “e per la quantità di cose diverse che ci mettono non potrò non trovarcene qualcuna di mio gusto e giovamento" 
(Miguel de Cervantes Saavedra, Don Chisciotte della Mancia, Libro II, cap. 47)
 
"Però, se volete più sicuramente filosofare dite che de' corpi integranti dell'universo, quelli che son per natura mobili, si muovon tutti circolarmente, e che però la calamita, come parte della verace primaria ed integral sustanza del nostro globo, ritien della medesima natura; ed accorgetevi con questa fallacia, che voi chiamate corpo misto la calamita, e corpo semplice il globo terrestre, il quale si vede sensatamente esser centomila volte più composto poiché, oltre il contenere mille e mille materie tra sé diversissime, contien egli gran copia di questa che voi chiamate mista, dico della calamita. Questo mi pare il medesimo, che se altri chiamasse il pane corpo misto, e corpo semplice l’ogliopotrida, nella quale entrasse anco non piccola quantità di pane, oltre a cento diversi companatici."
(Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo) 

Il sonno tarda a venire
poi mi raggiungerà senza preavviso.
Fuori deve accadere qualche cosa
per dimostrarmi che il mondo esiste e che
i sedicenti vivi non sono tutti morti.
Gli acculturati i poeti i pazzi
le macchine gli affari le opinioni
quale nauseabonda olla podrida!
E io lì dentro incrostato fino ai capelli!
Stavolta la pietà vince sul riso. 
(Eugenio Montale, Dormiveglia) 

“Se mi conosceste di più” rispose sorridendo il conte, “non vi preoccupereste di una cosa quasi umiliante per un viaggiatore come me, che ha successivamente vissuto con maccheroni a Napoli, con polenta a Milano, con olla podrida a Valenza, con riso asciutto a Costantinopoli, con karrick nelle Indie, e con nidi di rondini nella Cina. Non c’è una cucina particolare per un cosmopolita come me: mangio di tutto ed in ogni luogo; solo mangio poco, ed oggi che mi rimproverate la mia sobrietà, sono in una delle giornate del mio massimo appetito, perché da ieri mattina non ho più mangiato.”
(Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo) 

Alcune deduzioni culturali e antropologiche. Il testo di Galilei ci mostra come l'olla podrida fu importata in Italia, dove fu protagonista delle tavole dei ceti abbienti nel XVI-XVII secolo. Montale etichettò l'olla podrida come "nauseabonda", forse più per il significato letterale del termine che per esperienza diretta del piatto. Anche Cervantes sembrava nutrire poco amore per l'olla podrida, credo per via di problemi di digestione.
 
La soluzione del mistero della pentola marcia 
 
Ricordo quando mangiavo tranci di prosciutto cotto, che era in uno stato appena appena migliore di quello della Marina Militare Britannica. Era grigiastro. Mancavano soltanto i bigattini brulicanti. Lo tagliavo a dadi e lo ingurgitavo avidamente! Mi faceva defecare zolfo liquido e caustico per giorni. Un fetore spaventoso, come se avessero rotto con una spranga un quintale di uova marce. Fuoriuscita di emorroidi, sfintere anale ustionato, come se fosse venuto a contatto con un carbone ardente. Questo sentenziò giustamente Andrea M., non appena lesse su Facebook delle mie difficoltà intestinali e anali:

"Chi mangia ben di Dio, caga peste"

L'olla podrida non è chiamata così per via dei suoi ingredienti o della procedura di preparazione: ha ricevuto questo nome perché fa produrre feci pestilenziali, marce, fortemente disbiotiche! Non è tanto l'input ad essere importante per la definizione, quanto l'output! Possibile che nessun filologo ci sia mai arrivato? 
 
Scatologie iberiche 

L'ipocrisia degli Spagnoli riguardo alle feci è a dir poco grottesca. Intendono rimuovere ogni allusione alla merda, poi sodomizzano volentieri e senza nemmeno usare clismi. Le ragazze spagnole smerdano pitoni giganteschi e scorreggiano in modo fragoroso. Ebbi il piacere di sentirne alcune mentre mi trovavo nelle latrine di un rifugio di montagna: mentre cercavo di liberare la vescica, le gentili donzelle usavano il cesso attiguo, una dietro l'altra. Svuotavano rapidamente gli intestini, facendo concerti con la tromba di culo! Ricordo un video porno interpretato da una coppia spagnola. Lei era una pingue chubby, lui era un ragazzo robusto e col pizzetto. Prima le ha leccato l'ano, poi ha spinto dentro il glande eccitato, nell'accogliente budello, cominciando a stantuffare. A un certo punto la chubby si è ritratta e gli ha deposto un escremento scuro sul glande. La povera ragazza grassoccia non era riuscita a trattenersi mentre lui le scavava dentro! Il ganzo non ha voluto continuare il coito e ha esclamato stizzito: "¡Es suficiente! ¡Es suficiente!" Non ha nemmeno eiaculato. All'epoca in cui la tradizione dell'olla podrida era al massimo del suo splendore, non si poteva nemmeno pensare al sesso anale, pena l'essere bruciati vivi sul rogo dall'Inquisizione. Oggi i divieti anti-sodomitici non sono più in vigore, eppure la materia fecale non la vuole sentir nominare nessuno, neanche quando ce l'ha addosso per qualche attività ludica finita male. Questo è quanto. 

mercoledì 3 marzo 2021

 
LA POSSIBILITÀ DI UN'ISOLA 
 
Titolo originale: La possibilité d'une île 
Autore: Michel Houellebecq 
Anno: 2005
Lingua originale: Francese  
Tipologia narrativa: Romanzo 
Genere: Fantascienza 
Sottogenere: Filosofico, transumanista, post-apocalittico,
      estinzionista, suicidario
I ed. italiana: 2005  
II ed. italiana: 2009 
Editore francese: Fayard
Editore italiano: Bompiani 
Collana: Narratori stranieri; Tascabili Best Seller (n. 1013)  
Codice ISBN-10 (I ed.): ‎ 8845234932
Codice ISBN-13 (I ed.): ‎ 978-8845234934 
Codice ISBN-13 (II ed.): 978-884-525-869-5
Pagine: 398 pagg. 
Legatura: Brossura
Traduttore: Fabrizio Ascari  
 
Personaggi: 
 
Daniel 
È il protagonista, un comico dissacrante e caustico che visse prima dell'avvento dei Neoumani, ossia nel mondo che noi conosciamo. Noto anche come Daniel1, in quanto capostipite di una serie di cloni (gli ultimi due sono i copro-tagonisti!).   
 
Daniel24
È un copro-tagonista. Il suo nome indica che è il ventiquattresimo clone del prototipo umano Daniel1 (vedi sopra). 
 
Daniel25
È un copro-tagonista, successore di Daniel24. Il suo nome indica che è il venticinquesimo clone del prototipo umano Daniel1 (vedi sopra). Muore suicida. 
 
Esther
È una ragazza spagnola bionda, bellissima e dissoluta, amata da Daniel. Nutrizionalmente fragile, ha qualche problema coi reni, ma è ancora lontana dalla dialisi. Amante passionale, organizza orge e ne approfitta per mettere al suo compagno le corna, a raffica. "¡Es un party!", gli dice quando viene rimproverata per le sue numerose infedeltà. 
 
Isabelle 
È la caporedattrice di una futile rivista per ragazze. È psicorigida. Ha una relazione con Daniel. Per il comico dissacrante rappresenta la compagna ideale, ma tutto va in merda perché a un certo punto comincia a soffrire dell'ossessione dell'invecchiamento, come accade alla maggior parte delle donne. Muore suicida.    
 
Robert Macaury 
Fondatore della religione Elohimita, ha una singolare personalità caratterizzata da una sfrenata megalomania e da ossessioni sessuali. È la trasposizione di Claude Maurice Marcel Vorilhon "Raël" (1946 - tuttora vivente), il ben noto fondatore della religione Raeliana. Muore assassinato. 
 
Vincent Greilsamer Macaury 
Figlio illegittimo di Robert Macaury, lo sostituisce prontamente e con successo non appena il Destino gliene offre l'oppurtunità.  

Slotan Miskiewicz 
È soprannominato "Scienziato". In effetto è proprio uno scienziato, per giunta pazzo, che grazie al suo ingegno e alla sua dedizione alla causa della creazione artificiale della vita rende possibile la clonazione, considerata una forma di immortalità dai settari Elohimiti. Molto alto, è calvo e di una serietà impressionante, come ci dice Daniel. 

Jérôme Prieur 
È soprannominato "Sbirro". Grazie alle sue formidabili capacità organizzative e logistiche, riesce a far sì che la religione degli Elohim si diffonda sull'intero globo terracqueo. 
 
Gérard 
È soprannomiato "Umorista". È il numero 4 dell'Organizzazione Elohimita. Ha il compito di allietare del giornate del Profeta. Ecco un esempio delle sue favolose creazioni: "Ciò non ha alcula importanza", "Ho l'abitudine di prendere dei cereali a culazione". Muore suicida.

Sinossi (Note di copertina, Amazon.it)
"In un futuro inquietante, dominato da cloni che sembrano aver pagato l'immortalità con la perdita della capacità di ridere, piangere e provare emozioni autentiche, due misteriosi personaggi, Daniel24 e Daniel25, trovano i diari del loro "originale", Daniel1, vissuto ai nostri giorni. La lettura commuoverà molto Daniel25 che conoscerà così la sofferenza, distruggendo il sogno dell'immortalità dei suoi creatori. Provocatorio, ironico, il romanzo di Michel Houellebecq è una riflessione sul senso della vita che viviamo e sulla possibilità di replicarla."

Struttura: 
Il romanzo, lungo e articolato, è costruito sulla narrazione della vita di Daniel1, inframmezzata dai commenti dei suoi cloni Daniel24 e Daniel25, vissuti due millenni dopo.
Si divide in tre parti: 
 
Parte prima: Commento di Daniel24
Parte seconda: Commento di Daniel25
Parte terza: Commento finale - Epilogo. 
 
I capitoli hanno titoli pseudo-biblici consecutivi, ad esempio Daniel 1,1, Daniel 24,5. Il primo numero è quello che caratterizza il clone, il secondo è il numero del commento.  
 
Citazioni notevoli: 
 
"Chi, fra voi, merita la vita eterna?" 
 
Le donne danno un'impressione di eternità, con la fica collegata ai misteri - come se si trattasse di un tunnel che dà sull'essenza del mondo, mentre si tratta soltanto di un buco da nani, caduto in disuso. Se esse possono dare questa impressione, tanto meglio per loro; la mia parola è compassionevole.

"Mausoleo di merda...": mi ripetei l'espressione sottovoce, sentendo
crescere in me, con il calore dell'alcool, un'esultanza malvagia.
 
Questo è il testo della poesia che Daniel1 ha composto prima di suicidarsi, dedicandola a Esther, che lo aveva oberato di corna: 

Vita mia, vita mia, mia
antichissima vita,
mio primo voto mal richiuso,
mio primo amore infirmato,
sei dovuta ritornare.
Ho dovuto conoscere
ciò che la vita ha di migliore,
quando due corpi gioiscono
della loro felicità
e si uniscono e rinascono
senza fine.
Divenuto totalmente
dipendente,
conosco il tremito dell'essere,
l'esitazione a sparire,
il sole che colpisce al limitare
e l'amore, in cui tutto è facile,
in cui tutto è dato nell'attimo;
esiste in mezzo al tempo
la possibilità di un'isola.

Come si può vedere, l'ultimo verso dà titolo al romanzo.

Trama: 
Agli inizi del XXI secolo, il comico Daniel (chiamato Daniel1 dai suoi discendenti neoumani) è riuscito a ottenere un grande successo con le sue battute al fulmicotone su argomenti estremamente scomodi e perigliosi, come il conflitto tra Israele e Palestina, l'Opus Dei, la mafia, le "lolite" e la pornografia. Cinico e lucido, è soprannominato "lo Zarathustra dei ceti medi". Il suo motto è questo: "Se attacchi il mondo con sufficiente violenza, lui finisce per sputare i suoi sporchi soldi". Le relazioni di Daniel con il gentil sesso sono infelici e destinate ad essere fallimentari. Prima va a rotoli la sua storia con Isabelle, un'editrice di un pessimo giornale per ragazze che vorrebbero rimanere bambine per sempre. La crisi della coppia avviene nonostante lei sia intelligente e cinica come lui, per motivi legati all'ineluttabilità della biologia. Non va meglio con Esther, una giovane attrice spagnola dedita ai rapporti sessuali multipli, alle doppie penetrazioni, alle orge e all'inalazione di chili di bamba. L'invecchiamento incipiente spinge Daniel a entrare nella setta degli Elohimiti, che promette l'immortalità fisica ai suoi adepti, mescolando il Culto degli Alieni a baggianate New Age. Presto diventa chiaro al comico che si tratta di una possibilità concreta, anche se futuribile: entrato nella dirigenza della setta e ammesso nella ristretta cerchia del Profeta Robert Macaury, scopre che sono in corso realmente in corso esperimenti scientifici per produrre un nuovo tipo di essere umano servendosi della clonazione e dell'ingegneria genetica. Durante un soggiorno nell'isola di Lanzarote, nelle Canarie, Daniel assiste a un evento traumatico, che si rivelerà decisivo per le sorti del genere umano. Il Profeta viene ucciso da un adepto invidioso dei suoi successi sessuali. L'assassinio del capo settario viene tenuto nascosto dalla dirigenza, che gli sostituisce il suo figlio naturale, Vincent, fino ad allora tenuto nell'ombra e privo di ruoli rilevanti nell'organizzazione. Viene così inscenata la resurrezione del Profeta, evento a cui è data la massima risonanza mediatica. Robert Macaury è presentato come un novello Cristo, come l'uomo che ha sconfitto la Morte resuscitando dall'Ade. Di fronte a questo miracolo, la diffusione della setta gli Elohimiti cresce in modo prodigioso in tutto il mondo, minando le vecchie religioni, ormai fatiscenti. Tuttavia per Daniel la prospettiva dell'immortalità, anche se in un futuro ancora lontano, non è affatto soddisfacente. In seguito alla morte della madre, persa anche l'amatissima Esther, ogni cosa nella vita gli è andata in merda, così si suicida. È consapevole che le sue facoltà mentali si stanno ottenebrando. Continuare a vivere significherebbe soltanto essere condannato ad anni orribili di solitudine, disperazione e demenza, prigioniero di un corpo decrepito. 
Il clone Daniel24 e il suo successore Daniel25 conducono le loro spettrali esistenze in un'epoca molto diversa da quella in cui si è suicidato il loro progenitore. Nel mondo sono avvenuti cambiamenti drastici e non certo positivi. Il pianeta, devastato dai mutamenti climatici, da una guerra nucleare e dall'inquinamento dell'epoca precedente, è ormai quasi inabitabile. Da una parte ci sono i Neoumani, cloni degli Eletti della setta Elohimita, dall'altra ci sono i discendenti degenerati degli umani di vecchio tipo, degradati a condizioni quasi bestiali. La scarsità di risorse alimentari non preoccupa i Neoumani, che sono autotrofi, ossia in grado di sostenersi tramite un processo fotosintetico analogo a quello tipico dei vegetali. Hanno solo questi input: acqua e luce. Pisciano ma non smerdano. Il principale problema di questa stirpe potenzialmente immortale è l'assenza di emozioni e di sentimenti. Ignorano malattie e vecchiaia: la morte sopraggiunge indolore quando il ciclo vitale si è esaurito, a meno che non scelgano di suicidarsi. I cloni vivono in totale solitudine, passando la maggior parte del loro tempo davanti a un computer a visionare e ad ascoltare le memorie dei loro predecessori umani. Comunicano tra loro di rado e soltanto tramite il monitor. Cercano di capire qualcosa delle loro inutili vite, tanto distanti dalla loro da non poter essere quasi interpretate. Attendono l'avvento dei Futuri, nuovi esseri che ricomporranno la frattura tra l'individuo e le emozioni. Dopo la fine del ciclo di Daniel24, sarà Daniel25 a scoprire, grazie all'aiuto di una discendente di Esther, il resoconto della fine del primo Daniel e la poesia che ha scritto prima di porre fine ai suoi giorni. A questo punto Daniel25 abbandona ogni sicurezza e parte alla ricerca dell'isola menzionata dalla poesia di Daniel1. Si imbatte nei resti dell'antica umanità abbrutita, poi si addentra in una regione di specchi d'acqua salmastra, residui degli antichi oceani, dove si lascia morire. Finalmente è consapevole dell'impossibilità di un'isola
 
Recensione:  
Dopo Estensione del dominio della lotta (1994), suo primo romanzo, lo scrittore francese ha pubblicato Le particelle elementari (1998), Lanzarote (romanzo breve, 2000), Piattaforma. Nel centro del mondo (2001). Tre romanzi e un romanzo breve, prima di arrivare a questo capolavoro fantascientifico. Quando l'ho letto, anni fa, l'ho ritenuto notevole ed entusiasmante. Adesso non so se avrei la stessa impressione. Del resto non ho tempo né energia per imbarcarmi in una rilettura, oltre al fatto che temo di rimanerne deluso, come già mi è accaduto con numerose altre opere di questo e di altri autori. Il mio giudizio rimane comunque positivo: di libri bizzarri come questo ce ne vorrebbero a migliaia. Non capita tutti i giorni di poterne trovare uno nuovo, ci vuole una fantasia notevole per assemblare un simile intreccio narrativo. Il nichilismo di Houellebecq giunge a tali vetti di ferocia che molti lettori non lo comprendono e non vogliono nemmeno accettarne l'esistenza. Per questo si trova sempre chi etichetta questo autore come "reazionario" e nostalgico dei cosiddetti vecchi valori dell'Occidente. Si tratta di un'interpretazione forzata che a mio avviso non ha la benché minima ragion d'essere. 
 
Questo afferma Houellebecq in un'intervista a Le Monde
 
"La clonazione ci sarà. Certe cose sono irreversibili. Tutto quello che la scienza può permettere sarà realizzato, anche se ciò modifica profondamente quello che noi consideriamo oggi come umano, o come auspicabile." 
 
Houellebecq e l'amore 
 
In questo romanzo ritornano alcuni temi cari a Houellebecq, come quello del potere mortifero della mancanza d'amore. E l'amore cos'è? Semplice. Lo scrittore, che è un maestro di vita, lo insegna con chiarezza estrema e lo ribadisce in ogni suo scritto. L'amore coincide con l'atto sessuale. Un uomo e una donna si amano quando lui estrae il cazzone duro, lei comincia a prenderlo in bocca e poi se lo infila tra le gambe, dentro nella vagina, lentamente. Quando lo sperma trabocca, senza precauzione alcuna, l'amore si è compiuto, ha raggiunto la propria piena realizzazione. Quando un uomo vive senza poter accedere a queste semplici azioni, non è realmente vivo. È uno zombie, un morto vivente. Su di lui agiscono le forze della Follia e della Morte, che lo consumano fino a renderlo Morte in Vita e Vita nella Morte. In effetti le cose stanno proprio così. Non si può dare torto allo scrittore francese. Posso dirlo perché io stesso sono uno zombie, un morto vivente. Sono Morte in Vita e Vita nella Morte. C'è un piccolo problema: la putrefazione è avvertita da tutti e comporta un grave isolamento sociale. 
Cos'è dunque il sentimento che le genti chiamano "amore" e che distinguono in modo netto dall'atto sessuale? Secondo Nietzsche è un'invenzione dei deboli per far sentire in colpa i forti e mitigare la loro ferocia innata. Secondo Houellebecq è un'invenzione delle donne, che l'hanno propalato per proteggersi nella loro condizione di maggior debolezza, quella della gravidanza e del parto! Dopo millenni di sopportazione da parte del genere maschile, è giunta la pornografia ad annientare questo sentimento artificiale e fittizio, questo "amore" insensato e tanto lontano dalla belluina natura umana. Cosa può dunque essere ancora chiamato "amore" nell'epoca della Rivoluzione Pornografica? La risposta è semplice. Si può definire "amore" soltanto l'ossessione sessuale di una persona per un'altra, l'infiammazione cerebrale che la porta a voler fare sesso con lei "tutto il giorno, tutta la notte, sempre" (cit.), senza sosta, soltanto con lei. Così Daniel, l'umano che ha dato origine a una lunga serie di cloni, provava davvero "amore" per Esther, perché la desiderava follemente e non sapeva pensare ad altro che a lei, soffrendo in modo feroce quando veniva cornificato, quando lei succhiava gli uccelli degli sconosciuti nelle feste e si faceva penetrare da tutti, si faceva riempire di sperma promiscuo, dopo essersi bruciata il cervello con la cocaina. 
Come si vede, la definizione dell'amore come atto puramente ed esclusivamente sessuale non contraddice affatto l'altra definizione data dall'autore francese, che identifica l'amore con una condizione di intossicazione, di ubriachezza in cui una persona va alla deriva e si autodistrugge, sconvolta dal desiderio folle per l'oggetto della sua passione. Gli antichi Egizi erano convinti che all'origine di questo stato di insania ci fosse la condizione clinica che ai nostri giorni è conosciuta come epatite, dato che il fegato era ritenuto la sede dei desideri sessuali. Potrei riportare centinaia di aneddoti simili, forse migliaia. Ok, ok, ragazzi, non crocifiggetemi, non linciatemi! Finalmente l'ho capito. Il vero significato della parola "amore" corrisponde ai sentimenti che intercorrono tra le donne e i loro cani! 

Houellebecq e i pompini 

Nel testo è menzionata 8 volte la parola "pompino". Alcune riflessioni sul tema sono senz'altro interessanti: 
 
"La fellatio è da sempre il pezzo forte dei film porno, l'unica pratica che possa servire da modello utile alle ragazze; l'unica, inoltre, in cui si ritrovi talvolta qualcosa dell'emozione reale dell'atto, perché è la sola in cui il primo piano sia anche un primo piano del volto della donna, in cui si possa leggere l'espressione di fierezza gioiosa, l'estasi infantile che prova talvolta nel dare piacere." 

Eppure non sempre il rapporto con questa pratica è lineare e positivo. Si tratta di quello che possiamo chiamare "gusto acquisito". Una cosa che all'inizio riesce fastidiosa o addirittura ripugnante, divenendo piacevole soltanto quando  viene vinta l'impressione iniziale. Ci sono migliaia di esempi in cui il processo di acquisizione di un gusto gioca un ruolo importante: molte cose, dal vino secco al gorgonzola, possono non essere apprezzate alla prima esperienza. Ecco una morbosa descrizione di come Esther, che all'inizio non lo prendeva in bocca, è poi diventata un'abilissima fellatrice:     
 
"Esther mi raccontò in seguito che in realtà si era rifiutata di praticare il sesso orale durante il suo primo rapporto e che aveva deciso di lanciarsi solo dopo aver visto parecchi film." 

Houellebecq ama dilungarsi in descrizioni penose e disturbanti, come quella della sua frequentazione di prostitute volgari, piene zeppe di gonorrea, ma scarsamente disponibili a contatti:  

"Vissi così per due mesi abbondanti, e sperperai migliaia di euro pagando coppe di champagne francese a delle rumene abbrutite che dieci minuti dopo avrebbero rifiutato comunque di farmi un pompino senza preservativo." 

Mi affascina leggere di questo cammino dell'essere umano che si degrada, si riduce allo stato di larva passando da un angiporto all'altro, fino alla disgregazione del suo stesso Essere. 
 
Houellebecq, il cannibalismo e la pedofilia
 
Pur senza nominarlo esplicitamente, il protagonista del romanzo descrive a un suo interlocutore le gesta del cannibale Armin Meiwes: 
 
"Per alimentare la conversazione, gli raccontai la storia di quel tedesco che ne aveva divorato un altro, incontrato tramite Internet. Prima gli aveva sezionato il pene, poi lo aveva fritto con le cipolle e lo avevano gustato insieme. Dopodiché lo aveva ucciso e tagliato a pezzi che aveva riposto nel suo congelatore. Ogni tanto ne tirava fuori un pezzo, lo scongelava e lo cucinava, seguendo ogni volta una ricetta diversa. Il momento della manducazione comune del pene era stato un'esperienza religiosa intensa, di reale comunione fra lui e la sua vittima, aveva dichiarato agli inquirenti." 
 
Del resto, Daniel aveva velleità di cineasta e amava pescare nel torbido. Non ne fa mistero:  
 
"Velocemente passai in rassegna l'insieme della mia carriera, soprattutto cinematografica. Razzismo, pedofilia, cannibalismo, parricidio, atti di tortura e di barbarie: in meno di un decennio, avevo sfruttato tutte le occasioni favorevoli." 
 
Uno dei suoi soggetti cinematografici riguarda la relazione tra un pedofilo (da lui stesso interpretato) e una bambina di nove anni!  
 
Gli Elohimiti e la loro origine     
 
Anni fa descrissi la setta molto singolare che ha ispirato gli Elohimiti del romanzo di Houellebecq, che propagandano una singolare mistura di elementi New Age e di culto degli Alieni. È un ben noto gruppo religioso realmente esistente, che prospera nei paesi francofoni e anche altrove. Si tratta dei Raeliani! Invito tutti a leggere con attenzione. Ecco il link:


Forse Houellebecq ha creduto di non poter menzionare Claude Vorilhon "Raël" nella sua opera senza rischiare qualche problema legale (anche se a conti fatti ne parla soltanto bene), così gli ha cambiato nome facendolo diventare un più anodino Robert Macaury. In ogni caso, che Robert Macaury sia proprio Claude Vorilhon può essere soltanto il segreto di Pulcinella. È talmente evidente che le mie spiegazioni potrebbero essere considerate superflue. Anche un bradipo ritardato capirebbe di chi si parla, all'istante! 
In svariate pagine reperibili nel Web si parla degli Elohimiti come di un "movimento pseudoreligioso". In realtà si tratta di una religione a tutti gli effetti, come infinite altre. Cosa distingue davvero una setta da una religione? Nella sostanza proprio nulla di qualitativo. Si può al massimo fare una distinzione quantitativa: le sette sono congregazioni poco significative in quanto a numeri, mentre le cosiddette grandi religioni sono riuscite a imporsi e hanno milioni di adepti. Si tende però a dimenticare un particolare di non poco conto Tutte le cosiddette grandi religioni hanno cominciato come gruppi ristretti che erano considerati sette dai loro oppositori. Allo stesso modo, qualsiasi gruppo settario potrebbe almeno potenzialmente diventare una grande religione se le circostanze storiche lo permettono. Non sono i contenuti a fare la differenza, è bene non dimenticarselo mai. Molti credono che sia assurda una dottrina fondata sulla creazione del genere umano da parte degli alieni. E non è forse assurda allo stesso modo la favola di Adamo ed Eva? 
Detto questo, anni fa destò grande scalpore l'annuncio fatto dalla setta Raeliana di aver effettuato con successo la clonazione di alcuni esseri umani. La società Clonaid, di proprietà della congrega ufologica, ha annunciato nel 2002 la nascita di Eva, la prima bambina clonata nella storia del genere umano. Questo link potrebbe essere di aiuto: 
 
 
Ecco un estratto significativo: 
 
"La Clonaid infatti sarebbe riuscita a far partire dieci gravidanze: cinque si sono concluse in aborti spontanei, altre cinque hanno avuto successo, inclusa quella di Eva, nata ieri con parto cesareo. Il bebè fotocopia europeo nascerà  da una coppia lesbica, altri due sono attesi in Asia e uno in Nord America. Tutti e tre nasceranno a febbraio e due di loro, ha tenuto a precisare la Boisselier, saranno la copia di "bimbi morti anzitempo, le cui cellule erano state preservate" per permettere la clonazione."  
 
La cosa è poi finita in nulla, come è giusto che sia (così direbbe l'amico S.M., le cui iniziali stanno per "Seppellisco Massoni").   
 
Mind uploading e mind downloading 
 
William Gibson introdusse nel suo romanzo seminale Neuromante (Neuromancer, 1984) un caso di immortalità a mio avviso ben poco desiderabile: se la memoria non m'inganna, si trattava di un hacker morto nel corso di un evento traumatico, la cui mente era stata caricata in un computer portatile. Gli davano il soprannome di "Dixie Flatline", ossia "Linea piatta", perché alla sua mente non corrispondeva un encefalogranna con qualche segno di attività. Naturale: non aveva più un encefalo. Era soltanto un costrutto ROM. In altre parole, quando era ancora in vita, era stato sottoposto a un'operazione di mind uploading. La sua consapevolezza non corrispondeva a quella di un essere umano. Non avrebbe saputo comporre una poesia. Quando il costrutto ROM veniva disconnesso, il Flatline non ricordava più le conversazioni precendenti lo spegnimento. Houellebecq si è innoltrato in un reame ancor più fantastico, immaginando che al processo di mind uploading della mente di un essere umano in una macchina, seguisse poi il processo di mind downloading di questa mente dalla macchina a un clone. Il trasferimento della personalità tramite due passaggi sarebbe stato quindi reiterato ogni volta che un clone avesse esaurito il suo ciclo vitale, passando la sua personalità al clone successivo.    

La clonazione e l'immortalità illusoria 

Esistono problemi ontologici di non poco conto nel concetto elohimita (id est raeliano) di clonazione. L'idea di Raël è comunque molto più semplice di quella enunciata da Houellebecq, in quanto non prevede processi di mind uploading e di mind downloading con una macchina intermediaria tra l'umano da clonare e il suo clone. Secondo quanto Raël afferma nel suo libro Gli extraterrestri mi hanno portato sul loro pianeta (1975), gli Elohim sarebbero in grado di produrre direttamente un clone immortale tramite ingegneria genetica: non c'è bisogno quindi di una catena virtualmente indefinita di cloni, il che eliminerebbe il rischio di riproduzione imperfetta della personalità originaria, ad ogni passaggio. È vero però che è difficile credere all'idea raeliana sull'esistenza di una cellula nervosa che conterrebbe l'intera consapevolezza di una persona, ricordi inclusi. L'elaborata teoria formulata da Houellebecq non risolve i molti problemi filosofici insiti nella clonazione. Un clone di una persona non è la persona stessa. Non si può in alcun modo identificarlo con una prosecuzione della persona di origine. In altre parole, se vengo clonato, con qualsiasi mezzo, alla mia morte il mio Essere subirà la sua sorte, sia essa l'annientamento o altro, mentre il mio clone avrà un Essere suo diverso dal mio. Se a qualcuno la parola "Essere" non piace, diciamo allora che con essa intendo quella proprietà ineffabile che unisce la consapevolezza di esistere a una particolare visuale dell'Universo, unica per individuo. Quella cosa indescrivibile che fa sì che io sia Marco M. e non un leone in Africa. Ne consegue che la clonazione non è l'immortalità, come invece i Raeliani affermano. Se a sopravvivere fosse la mia personalità (insieme di gusti e di atteggiamenti) e non il mio Essere (ciò che definisce proprio me stesso e non altri), sarebbe una cosa irrilevante. Non ha senso che io mi senta ubiquo solo perché da qualche parte nel mondo ho un sosia con inclinazioni simili alle mie, a cui piace bere alcol e leccare l'ano alle femmine. 
 
La clonazione e l'accumulo delle informazioni 

Si produce entropia. L'entropia comporta l'accumulo di scorie, e l'accumulo di scorie aumenta a sua volta l'entropia, in un circolo vizioso. È un anello cibernetico. Il cervello è un organo complesso, che esiste in un tempo finito, limitato: la durata di una vita umana. Non abbiamo nessuna esperienza di come un cervello potrebbe durare per secoli o per millenni. Come potrebbe accumulare informazioni e ricordi all'infinito? Non soccomberebbe prima o poi all'amnesia e a demenza?    
 
Francesco Verso e i Neoumani  
 
Ricordo un discorso tenuto da Francesco Verso in occasione dei Delos Days, tenutosi alla Casa dei Giochi di Milano nel lontano 2011. Aveva vinto il Premio Urania nel 2009 col romanzo E-Doll (aka Il fabbricante di sorrisi) ed era entusiasta, anche perché aveva conosciuto Houellebecq di persona, non molto tempo prima. Prendeva molto sul serio l'evoluzione neoumana descritta dall'autore francese nel suo romanzo e sembrava credere davvero che fosse traducibile in concreta realtà. Procedeva così nelle sue argomentazioni. Per sua nonna, spiegava al pubblico, un pranzo non poteva avere meno di cinque portate. Già sua madre preparava soltanto un primo e un secondo. Nei tempi attuali, si predilige invece il piatto unico, con una riduzone significativa della quantità di cibo ingerito. Così, andando avanti di questo passo, procedendo con linearità, si sarebbe presto passati a una semplice barretta proteica, giungendo infine a eliminare la stessa necessità di alimentarsi. Ogni essere umano avrebbe avuto sulla schiena o sul collo (non ricordo bene i dettagli) una serie di cellule capaci di attuare la fotosintesi, generando dall'acqua e dalla luce i nutrienti necessari per vivere, quindi alla masticazione sarebbe stata riservata soltanto un impiego "ludico". Ricordo bene questa parola: "ludico". Non sono intervenuto su questo specifico tema. Non mi andava di evidenziare in pubblico le fallacie degli singolari ragionamenti esposti. Le nonne dei pranzi con cinque portate hanno passato un'infanzia terribile di carestia. Avevano la tessera annonaria, ai tempi del Duce. Le proteine erano severamente razionate. In Romagna sono stati visti operai affetti da cachessia, talmente denutriti da avere le costole che sporgevano sotto la pelle. Quando la guerra è finita, dopo anni di miseria è tornata l'abbondanza, e queste nonne hanno ingozzato i loro nipoti, senza far sapere nulla delle ristrettezze patite, perché avevano una grande vergogna al solo pensiero di parlarne. Non è che nella prima metà del XX secolo tutti si ingozzassero mangiando a quattro palmenti pasti di cinque portate ogni santo giorno! Siccome queste cose a scuola non le insegnano, molti credono tuttora alla favola della quantità di cibo costantemente diminuita dai tempi di Eliogabalo, quando ci si ingozzava come lupi e si beveva come cammelli, fino al moderno piatto unico, povero di calorie e striminzito, adatto ai lillupuziani!
 
Curiosità  
 
Nel 2008 il romanzo è stato adattato in un film, La possibilité d'une île, diretto dallo stesso Houellebecq. Questa pellicola è il terzo adattamento dopo Extension du domaine de la lutte (Philippe Harel, 1999) e Les Particules élémentaires (Oskar Roehler, 2006). È però la prima volta che lo scrittore francese adatta un proprio romanzo. Presentato al Festival di Locarno (10 settembre 2008), il film è stato stroncato in modo impietoso dalla critica. Non risulta che sia stato distribuito in Italia.   

Il grottesco Iggy Pop ha tratto ispirazione da La possibilità di un'isola per il suo album studio Preliminaires (2009). Alcune canzoni sono interpretate in francese. Non le ho ancora ascoltate e non ho idea della loro qualità. Ho avuto esperienze traumatiche con il francese pronunciato da anglosassoni: ricordo ancora quando Patsy Kensit cantò una canzone intitolata J'ai pas peur ("Non ho paura"), pronunciando il ritornello come "She pop-air" /ʃi: pa'pɛ:ɹ/. In ortografia italiana sarebbe qualcosa come "sci papèr", che in qualche modo evoca una papera!  

Un estratto del romanzo compare nell'album Comme si de rien n'était (2008) di Carla Bruni, la famosa modella e cantante, moglie di un ex Presidente della Repubblica di Francia (quello conosciuto con l'affettuoso soprannome "Sarkoma di Kapozy"). La traccia è la numero 2, intitolata proprio La possibilité d'une île.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web   
 
Gli osceni battibecchi dei fantascientisti italiani sono stati incentrati su un presunto sfregio arrecato alla loro comunità: "Se Houellebecq ha scritto Science Fiction fatta e finita, perché è considerato mainstream? Perché i suoi volumi nelle librerie non sono nello scaffale della Science Fiction? Perché non è rinchiuso come noi nel Ghetto della Fantascienza?" 
A queste angoscianti domande non è stata data una risposta. Non penso che sarei ascoltato se cercassi di fornirla io. 

Le reazioni della critica sono state contrastanti e simili a quelle di chi trovasse un po' di merda dentro un gelato al cioccolato che sta leccando. Anche i giornalisti hanno espresso qualche giudizio di questo genere. Eccone uno: 
 
"Ciò che si continua ad apprezzare in Houellebecq è la sua capacità di osservare con sguardo impietoso e disincantato una realtà come quella contemporanea, fatta di sentimenti degradati e mercificati, di sesso ripetitivo e meccanico, di cinismo miserevole e di patetici tentativi di coprire un grande vuoto." 
(La Stampa)
 
Riporto alcuni estratti di recensioni di utenti di Anobii.com
 
 
L'utente Yossarian 1, schifato dai Raeliani, dalle seghe e dai pompini, ha scritto questo:
 
"Il problemuccio di questi (sic) romanzo (filosofico, non ci sarebbe tecnicamente altro modo di definirlo: Houellebecq nel romanzo si richiama a Balzac, ma si crede Voltaire) sarebbe l'andamento fanta-porno-splatter, che non solo tracima continuamente nel già visto/già sentito, ma a tratti fa venire voglia di mollare un attimo il libro per andare a lavarsi le mani, per poi riprenderlo in mano con su i guanti da cucina." 
 
Questo ha scritto un anonimo: 
 
"In questo libro siamo messi di fronte all'implosione del sistema occidentale con i suoi falsi miti di eterna giovinezza e consumismo, alla solitudine che ci accompagna tutti, al desiderio inestinguibile di eternità e di amore. Houellebecq ci descrive un mondo privo di compassione, pervaso di decadimento, di dolore e morte nel quale siamo tutti dei sopravvissuti, naufraghi aggrappati all'unico relitto che possa farci dimenticare l'assurda caducità di tutto: il sesso, il vivere voluttuosamente. Eros e Thanatos, al solito. Ma quale sgomento nell'accorgersi che nemmeno il sesso offre un durevole riparo dalla morte e dal dolore." 
 
Poi si giunge al solito fraintendimento sulla natura dell'amore: 
 
"Questo scrittore straordinario, che scrive come un poeta desolato o come un disperato erotomane, ci getta addosso l'orrore del mondo moderno per dirci che, poiché la vita è solo dolore, un eterno calvario in cui non c'è posto per la felicità, non è al denaro, non al sesso, non alla vita eterna di un essere subumano, non all'eliminazione dei sentimenti che possiamo chiedere la liberazione dal terrore di vivere, no, ma solo all'amore, può salvarci solo l'amore."  

Ma l'amore è il sesso, Diabole