Visualizzazione post con etichetta pornografia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pornografia. Mostra tutti i post

mercoledì 29 marzo 2023

 
LA BOMBA INFORMATICA

Titolo originale: Le bombe informatique 
Autore: Paul Virilio 
Paese: Francia 
Anno: 1999 
Lingua originale: Francese 
Tipologia: Saggio 
Argomenti: Filosofia, bioetica, media, nuove tecnologie,
  s
cienza, divulgazione scientifica, informatica, cambiamento 
  sociale, antiamericanismo, americanofobia  
Stile: Febbrile, convulsionario 
1a ed. italiana: Gennaio 2000
Editore: Raffaello Cortina Editore 
Collana: Scienza e idee, n. 59 
Direttore della collana: Giulio Giorello
Formato: Libro, copertina flessibile  
Pagine: 160 pagg. 
Traduttore: Gabriele Piana* 
Codice ISBN (10 cifre): 88-7078-611-0 
Codice ISBN (13 cifre): 9788870786118 

*Alcune fonti riportano erroneamente Giovanni Piana, il filosofo teoretico. 

L'autore:
Paul Virilio (Parigi, 1932 - Rueil-Malmaison, 2018) è considerato uno tra i più originali filosofi nel panorama internazionale del secondo '900. Scrittore, urbanista, teorico culturale, esperto di nuove tecnologie, ha insegnato al Collège International de Philosophie di Parigi. Le sue principali idee fisse erano l'architettura obliqua e la combinazione della tecnologia con la velocità in una dromosfera. Poco importa se tutto ciò è fumoso e vago. In Francia le cose funzionano così. Altre opere pubblicate da Raffaello Cortina Editore: L'incidente del futuro (2002), Città Panico (2004), L'Arte dell'accecamento (2007), L'Università del disastro (2008). 

Ascendenza dell'autore: 
Il padre di Paul Virilio era un comunista italiano. La madre era una cattolica conservatrice bretone, vandeana nello spirito.

Sinossi (da Ibs.it): 
"L'autore svolge una spietata critica degli eccessi della scienza contemporanea. Quest'ultima non tenderebbe più alla scoperta di una verità utile all'umanità, ma si evolverebbe unicamente alla ricerca di performance limite estremamente pericolose (clonazione, eutanasia tramite computer, alimenti transgenici, mucca pazza, ecc.). Ciò che stupisce nel testo di Virilio è soprattutto la straordinaria ricchezza di riferimenti all'attualità: politica, economia, cinema, arte, moda, pubblicità, non vi è argomento su cui non si eserciti l'ironia feroce del filosofo francese." 
 
Risvolto: 
"Basta sfiorare una tastiera per avere la morte al proprio servizio. Nel mondo plasmato dalle tecno-scienze - tra mucche pazze e pecore clonate, cibi transgenici ed eutanasia ordinata al computer, piogge tossiche e funghetti alla Cernobyl - il pericolo maggiore, stando a Virilio, viene dalla bomba informatica, ben peggiore di quella al neutrone, poiché, prima della carne, essa devasta l'anima. In una società che si compiace di non riconoscere più alcuna frontiera (dunque nemmeno alcun limite) e che produce la fusione/confusione dell'arte con la pornografia, del misticismo con la moda, della pubblicità con la ricerca, gli adulti "restano sempre fanciulli" (come diceva l'egiziano a Socrate, nel Timeo), ma senza l'innocenza di Peter Pan. Il tragico è tutto qui: man mano che calcolatore, rete, realtà virtuale, ecc., si impadroniscono di quella che un tempo era detta "l'invisibile verità dei corpi" rendendola trasparente, scopriamo che non c'è più veritàcorpo."     

Citazione iniziale: 

Nessuno saprà cosa sarà "reale" per gli uomini 
al termine delle guerre che cominciano ora. 
WERNER HEISENBERG

Recensione: 
Ho letto La bomba informatica nel lontano 2006. La persona da cui sentii nominare Virilio per la prima volta, lo definiva "catastrofico". Dando un'occhiata al risvolto, mi era sembrato un testo interessante. Come mi sono immerso nella lettura, ho subito pensato che fosse difficile, pastoso, convulso, contraddittorio, con frammenti ispirati che affiorano da un mare di insensatezza. Teorico delle nuove tecnologie, Virilio non era certo immune da disonestà intellettuale. Ha anche ricevuto diverse accuse di uso abusivo di termini tecnici e tecnologici (Sokal, Bricmont, 1997). Inoltre apparteneva alla variegata, bizzarra e talvolta livida categoria dei cattolici francesi, molto diversi da quelli che vediamo nel Bel Paese, ma pur sempre servi attivi e operanti della più pericolosa tra le micronazioni: il Papato. Bisogna scorporare la religione dalla resistenza al postmodernismo per ottenere dal testo frammenti degni di nota e addirittura profetici - anche se si percepisce sempre qualcosa di storto. 

Callido come il protagonista
del
Roman de Renart  

Con un'astuzia da volpe, l'autore ha fatto leva sulla tecnofobia degli anziani: si tenga conto che quando il libro uscì non esisteva ancora la massa dei nativi digitali. Più in generale, ha cercato di diffondere una neofobia di origine religiosa e moralistica, utilizzando il ben collaudato sistema dello spauracchio, che per secoli i preti hanno usato come un randello. Volete che vi parli di un paio di vetusti neofobi che ho avuto la (s)ventura di conoscere negli anni '80 e '90 dello scorso secolo? Eccovi serviti. 
 
1) Ricordo l'attempato R., che conobbi nell'infelice comune di Valmadrera e che ormai sarà senza dubbio tra le ombre dell'Ade, dato l'inesorabile scorrere del tempo. Era un individuo calvo, poco istruito, che si esprimeva rozzamente, esponendo idee alquanto bislacche. Secondo la sua argomentazione strampalata, la tecnologia moderna sarebbe un pericolo gravissimo per il genere umano, perché (udite, udite) a forza di comprimere l'informazione, prima o poi questa finirebbe con l'esplodere! Secondo R., ogni computer conterrebbe dei chip miniaturizzati tramite pompe ad aria in grado di comprimerli sempre di più, fisicamente, istante dopo istante, fino ad arrivare all'ineluttabile scoppio del terminale. R. aveva un timore folle dello stesso computer che si trovava sulla sua scrivania. Biascicava rosari come antidoto alla sua paura superstiziosa, pregava a ciclo continuo perché la macchina non esplodesse proprio mentre lui si trovava in ufficio al lavoro. 
 
2) Una vecchiarda di Albiate, nella profonda Brianza, aveva il folle terrore dell'energia atomica. Quando ci fu l'improvvido referendum sul nucleare (le cui conseguenze ancora stiamo pagando), questa invereconda megera strepitava come se avesse le convulsioni. Cercava di convincere tutti a votare contro il nucleare. Quando un amico le chiese il perché di una tale paura irrazionale, lei rispose con questa scomposta esclamazione di sgomento, formulata nel locale dialetto galloitalico: "Se s'ciopa ul nücleu!!!" La traduzione è "Se scoppia il nucleo!!!" Secondo lei sarebbe esistita un'entità maligna chiamata "nücleu", simile a una palla gigantesca penzolante dal cielo e invisibile, che avrebbe corso il concreto pericolo di esplodere da un momento all'altro, annientando l'intero genere umano. Al solo pensiero si smerdava nelle mutande. Come nel caso del valmadrerasco R., questa figura grottesca sgranava rosari senza sosta. Le preghiere e le formule ecclesiastiche, storpiate dalla sua ignoranza assoluta del latino, si riducevano a mantra ridicoli, come "titìbi titàbi" (contrazione del Prologo di Giovanni: "Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis"). 

Oggi nessuno crederebbe che personaggi simili possano esistere. Sono finiti nella tomba. Se c'è ancora qualche superstite, raggiungerà presto i suoi simili. Le trasformazioni sociali sono irreversibili e la paura non inverte la freccia temporale. 

Virilio, Berlusconi e il Berlusconismo 

A quanto ci dice Carlo Formenti nella postfazione al saggio, Virilio fu addirittura traumatizzato da Berlusconi e dal suo successo elettorale (pagg. 145-146). Nel corso della sua opera, il filosofo francese cita il magnate di Arcore una sola volta, pur riportandone alcune parole rivelatrici, che confermano l'idea portante secondo cui l'Italia è in qualche modo un laboratorio politico americano, uno strumento di colonizzazione, di americanizzazione capillare della società. Ecco il brano in questione (pag. 25):

""Quelli che non amano la televisione non amano l'America!", pretendeva Berlusconi, nel corso di una memorabile campagna elettorale all'italiana. In passato, si sarebbe già potuto dire altrettanto di quelli che non amavano il cinema, e oggi lo si potrebbe dire di quelli che non amano Internet o le future autostrade dell'informazione, quelli che non ritengono opportuno aderire ciecamente ai deliri dei metafisici della tecnocultura." 

Non dobbiamo dimenticarci che Berlusconi è stato l'Alfiere dell'Americanismo, colui che ha disinnescato gli anni di piombo diffondendo in Italia il Paninarismo, ottenendo il potere tramite l'astuta manipolazione della stupidità del 90% della popolazione, sfruttando la leva della religione calcistica. Nessun inquirente fu mai capace di accertare la natura della sua prodigiosa capacità di moltiplicare il denaro. Se dicessi che lo faceva grazie a una macchinetta datagli in comodato da Mefistofele, sarei considerato un pazzo complottista! Fatto sta che è riuscito in quasi tutti i suoi intenti. Virilio nel lontano 1999 ha capito che qualcosa di inquietante e pericoloso si stava sviluppando nel Bel Paese. 

Virilio e Dick 

Sempre nella postafazione, Formenti afferma di non ricordare se l'autore avesse o meno menzionato il grande Philip K. Dick. Fa quindi un lungo e interessante commento (pag. 142):  

"Ebbene, il mito che la controcultura americana degli anni Sessanta ha costruito attorno alla figura di Dick deve non poco a un romanzo, La svastica sul sole nel quale lo scrittore immagina un mondo parallelo in cui gli Stati Uniti hanno perso la guerra e sono divenuti una colonia del Terzo Reich. Uno studioso italiano di letteratura angloamericana ha brillantemente decostruito la metafora del romanzo, mettendo a nudo l'ossessione ideologica della generazione che ha vissuto la tragedia della "sporca guerra" del Vietnam, e il modo in cui l'immaginario dello scrittore ha saputo darle voce. La "tesi" di Dick era che la Seconda guerra mondiale non fosse mai finita: apparentemente gli Stati Uniti l'avevano vinta, ma al prezzo di consegnare il paese nelle mani del sistema militare-industriale, il che aveva finito per uccidere la democrazia americana, cancellandone le differenze rispetto alla cultura totalitaria degli sconfitti."

Noto che il linguaggio usato da Formenti è virtualmente indistinguibile da quello di Virilio - che in realtà non ha menzionato in modo esplicito Dick nell'opera in analisi. Si tratta in ogni caso di un'analisi oltremodo interessante.  

Virilio e il Transumanismo 

Terrorizzato dalla clonazione, il filosofo francese si smerdava addosso alla sola idea che questa tecnica dell'ingegneria genetica potesse dimostrare l'inesistenza del suo Dio. Eccolo animato dal furore, agitare la mannaia del "secondo Natura", astenendosi forse per buon gusto dal menzionare la distruzione di Sodoma e Gomorra (pag. 32):

"Con questo nuovo superconservatorismo della materia vivente, al di fuori delle "vie naturali", che si è insidiosamente sviluppato nelle culture, nelle mentalità durante questo periodo inaudito, questo mezzo secolo di dissuasione nucleare in cui siamo effettivamente diventati degli ostaggi, temporaneamente risparmiati, dei popoli di morti-viventi."

E ancora, subito dopo (pagg. 32-33): 

"Sopravvivenza virtuale del criogenismo, voga del cocooning, movimento NDE (Near Death Experience) del dottor Moody, moltiplicazione delle sette escatologiche o pseudoscientifiche e tecnologiche... Prodezze degli innesti virtuali e delle nanomacchine, bioculture in vitro e in vivo, che già applicano all'organismo umano lo scambio standard dei pezzi di ricambio della meccanica; intercambiabilità di nuovi esseri transumani, e infine repressione definitiva del mal di vivere, poiché tramite una  possibile sostituzione dei corpi donati gli uomini potrebbero ancora nutrire la speranza di sopravvivere a se stessi pur avendo cessato di esistere..." 

Quando ha scritto queste parole, Virilio era in preda a un fortissimo senso di contaminazione e a un'angoscia totalizzante. Cercava di tenere fuori l'Orrore dal perimetro della sua stanza. 

Ancora il Fantasma di Braunau,
usato come un randello
 

Virilio lo dice esplicitamente: tutto ciò che non gli piace, porta direttamente ad Adolf Hitler e alla sua opera di annientamento del genere umano. Ecco un significativo sunto delle sue idee (pagg. 47-48):

"Già nel corso degli anni Venti del Novecento, quando aveva avuto occasione di vedere, a Berlino, le opere degli espressionisti tedeschi, il grande mercante di quadri René Gimpel aveva provato paura, ritenendo che esse non facessero presagire niente di buono. Egli non avrebbe tardato a verificare, nel campo di concentramento di Neuengamme (dove doveva morire il primo gennaio 1945), ciò "che, a partire da un'idea quasi ingenua chiamata amore, l'immaginazione umana poteva concepire d'orribile, fino alla macabra danza dipinta sul muro dei carnai". Come si sarà dunque notato, fino a quel momento i nuovi artisti si accontentavano di utilizzare cadaveri di animali conservati nella formalina, limitandosi per l'uomo a semplici calchi anatomici." 

Si giunge così alla pretesa di affermare un'assurda catena di causazione che non si limita a collegare tra loro l'Espressionismo ad Auschwitz: il movimento artistico è ritenuto il portento funesto che ha annunciato i campi di sterminio e che ha reso possibile la loro esistenza. 

Le opinioni di Virilio sull'eutanasia

Ha avuto la sua influenza sull'autore il fatto di essere stato educato da una madre sostenitrice dei Re Taumaturghi, una nuova Giovanna d'Arco sempre pronta a sguainare la spada per difendere la Fede. Non stupisce che le idee in campo etico da lui propugnate siano piuttosto rancide, un po' come quelle di Houellebecq. Riporto un estratto particolarmente significativo (pag. 4):

"Esaminiamo, per esempio, il caso Bob Dent-Philip Nitschke. TI giovedì 26 settembre 1996 Bob Dent, un sessantenne colpito da un cancro, fu il primo al mondo a mettere in prat ica una legge australiana in vi gore a partire dal primo luglio dello stesso anno: il TERMINAL ACT.
Collegato a un computer che gestiva il suo sistema di perfusione sanguigna, Dent ha detto sì una prima volta alla macchina messa a punto dal suo medico curante, il dottor Nitschke.
Al termine di una proroga legale di nove giorni, ha cliccato sì una seconda volta. La domanda era allora: "Se battete SÌ, vi sarà somministrata un'iniezione mortale tra trenta secondi e morirete"
A partire dall'insieme di questi fatti - nove mesi per nascere senza scegliere, nove giorni per morire volontariamente e trenta secondi per cambiare parere - si pone la questione del limite della scienza, di una scienza che si apparenta con la sparizione terapeutica. Scienza del la sparizione programmata o suicidio assistito tramite computer?"   

Quello che Virilio si rifiuta di considerare è il pericolo estremo di una dittatura della "sacralità della vita", che impedisce ai viventi di liberarsi da una condizione divenuta insostenibile, li espropria del loro corpo e della loro capacità decisionale, li costringe ad agonizzare come larve su una lettiera di escrementi e di vomito! Contro tutto ciò insorgo ed insorgerò finché mi resterà anche una sola fibra di volontà, anche un debolissimo anelito! Sia sempre lode al Dottor Jacob "Jack" Kevorkian! 

Profezie e peduncoli rosa 

L'autore nel frattempo è uscito dal Mondo dei Vivi e non può vedere gli ulteriori sviluppi di un'umanità ben più deprimente e allucinata di quella che aveva previsto. Non può vedere i giovani su Chaturbate, che si guadagnano da vivere masturbandosi per ore davanti a una telecamera. Ragazzi e ragazze hanno un peduncolo rosa infilato nell'ano e continuano fino allo sfinimento a manipolarsi i genitali. Non hanno più una seppur vaga parvenza di vita: sono murati vivi nei loro loculi. Non escono nemmeno per fare la spesa. Ordinano tramite computer tutto ciò di cui hanno bisogno, pagando con la carta di credito. Poco dopo il loro ordine, le merci richieste vengono loro recapitate da un fattorino. Aprono la porta soltanto quanto basta per introdurre in casa il cibo, le bevande e quant'altro, poi tornano all'ossessiva manustuprazione. Ecco, se potesse assistere a tutti questi sviluppi, forse il francese direbbe che sono nati dalla Rivoluzione Informatica, a sua volta resa possibile dall'abbandono della morale cattolica. Oppure direbbe centomila altre cose, afferrando un numero infinito di citazioni, frammenti di memoria sparsi come schegge in una città esplosa.  

Un finale farneticante 

A un certo punto Virilio parte per la tangente. Si mette a delirare, a sciorinare proposizioni folli, manicomiali, incredibilmente molteplici e raffazzonate, accavallate l'una sull'altra. Farfuglia in preda a spaventose febbri ideologiche, le sue parole accelerano, diventano quasi indistinguibili, si compenetrano a vicenda, si ibridizzano. Unico filo conduttore: la pazzia furiosa!  

Soluzioni viriliane? 

Appurato che il Web è un immane mostro che ci vuole assimilare e annientare, cosa possiamo fare? Che soluzione indica in concreto Virilio? Tornare all'Ancien Régime? Consacrare come Re nella cattedrale di Reims un improbabile erede dei Merovingi? In concreto, non mi sembra che nel testo sia fatta anche soltanto una vaga menzione di un plausibile rimedio al virus che ha fatto irruzione nelle nostre vite, trasformando la realtà col suo contagio. Bisogna restare nel Web e presidiare la trincea. Che altro si può fare? 

mercoledì 5 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI BUKKAKE 'EIACULAZIONE MULTIPLA SUL VOLTO DI UNA PERSONA'

La parola bukkake "eiaculazione multipla sul volto di una persona (solitamente di sesso femminile)" è stata resa popolare dalla pornografia nel Web. Non è una parola inglese, bensì giapponese. Non si deve pronunciare in modo ortografico /*bʌ'keɪk/ o qualcosa di simile: la pronuncia giapponese corretta è /buk'kake/; alcune pronunce adattate all'inglese sono /bu'kɑ:ki/, /bu'kæki/, /bu'kɑ:ke/. Eppure esiste in America chi dà alla parola in questione una falsa etimologia, interpretandola come "bake a cake", ossia "cuocere una torta". 
Come funziona? È abbastanza semplice: 

Il bukkake "è una pratica di sesso di gruppo in cui più uomini eiaculano a turno o insieme su una persona, spesso inginocchiata; talvolta può coincidere con l'ingestione di sperma. Questa pratica è prevalentemente in uso in certi generi di nicchia della cinematografia pornografica e talvolta in queste scene sono coinvolti decine di partecipanti di sesso maschile"
(Fonte: Wikipedia) 

In moltissimi casi si tratta di una semplice masturbazione collettiva in cui lo sperma finisce addosso al soggetto ricevente e nella sua bocca. I contatti sono ridotti al minimo: in genere si ha soltanto una sommaria fellatio dopo l'eiaculazione. I masturbatori spesso non si ritraggono il prepuzio mentre eiaculano; talvolta si allontanano una volta espulso il carico, rifiutando il minimo contatto. Ricordo un video in cui una bionda prosperosa, inginocchiata, prendeva lo sperma di una ventina di uomini. Due su tre rifiutavano di farsi succhiare, limitandosi a spruzzarle in faccia o in bocca. Soltanto uno, quello col fallo più esiguo e magro, veniva sottoposto a un avido succhiamento da parte della donna. In altri casi era lei a concedere soltanto una fugace poppata al glande. Ho guardato il morbosissimo video decine di volte, riuscendo ad interpretare le emozioni della bionda osservando i suoi grandi occhi cerulei e le sue espressioni facciali: era pervasa da un misto di bramosia e di masochismo estremo, come se godesse ad essere usata come una latrina. Restavo quasi ipnotizzato nel contemplare le masse di spermi differenti su quella pelle chiara.   

Note etimologiche
 
L'etimologia del bizzarro vocabolo tecnico è presto detta: deriva dal verbo giapponese 打っ掛ける bukkakeru, che significa "bagnare", "colare", "spruzzare", "versare con forza", a sua volta composto da due verbi: il primo è ぶつ butsu "colpire", forma transitiva di 打ち buchi usata per dare enfasi, mentre il secondo è 掛ける kakeru "versare" (-ru è una caratteristica terminazione verbale, molto comune). Da questo verbo composto bukkakeru è derivato per retroformazione il sostantivo ぶっかけ bukkake. Mi rendo conto del fatto che la teoria verbale giapponese è un argomento estremamente ostico! 
Si rileva infine una singolare anfibologia: bukkake è anche il nome di un tipico piatto di spaghetti asiatici (noodles) conditi con brodo; anche il metodo di versare il brodo sugli spaghetti freddi ha questo nome. In genere si tratta di spaghetti di frumento, chiamati 饂飩 udon. Tutta roba lontanissima dagli spaghetti italici che noi amiamo ingurgitare! 

Ne concludiamo che l'etimologia della parola bukkake non ha alcun mistero. Diverso è il discorso, tortuosissimo, sulle origini di questa peculiare forma di sesso di gruppo. 

False origini della pratica 

A questo punto ci si può chiedere quale sia l'origine di questa pratica. Nel Web imperversa un mito che riporta il bukkake all'epoca dei samurai e del feudalesimo giapponese. Secondo questa idea radicatissima, le adultere sarebbero state punite con l'esposizione a una sorta di gogna spermatica: immobilizzate sulla pubblica piazza e lasciate in balìa di chiunque volesse scaricare su di loro il proprio liquame genetico. La morale era questa: se una donna ha preso lo sperma di un uomo diverso dal marito, allora tanto vale che prenda lo sperma di chiunque. Peccato che si tratti di un mito memetico del tutto infondato, oltre che incredibilmente stupido. Nel Giappone feudale le adultere erano decapitate
 
Il mito di Bataille 

Un'altra leggenda metropolitana attribuisce la prima descrizione del bukkake al filosofo, antropologo e scrittore francese Georges Bataille (Billom, 1897 - Parigi, 1962). Tutto nasce da un equivoco: in una pagina del Web ospitata su Tumblr è menzionato un saggio antropologico intitolato "Bataille and Bukkake: Symbolic Human Sacrifice in Japanese Pornography", sostanzialmente inaccessibile, il cui autore non è menzionato. Come si può constatare, il titolo in sé non sembra davvero attribuire all'opera di Bataille una qualsiasi menzione dell'argomento in questione. Dopo una lunga ricerca, il saggio antropologico è risultato ascrivibile a un certo James Bone. È menzionato in una nota a piè di pagina nella tesina universitaria di Francesca Basso "Il kimbaku tra eros e violenza: una breve analisi antropologica" (anno 2018/2019), dove viene fornito un link che però risulta rotto: 


Vere origini della pratica 

Nulla di medievale. Tutto è nato nell'ambito della Settima Arte, verso la metà degli anni '80 del XX secolo. Ci sono versioni discordanti su quale sia stato il primo film ad includere sequenze di bukkake. Secondo una fonte non tracciabile, questo sarebbe Mascot Note (マスカットノート), realizzato nel dicembre 1986, il cui cast includerebbe l'attrice Aiko Matsuoka (non sono riuscito a recuperare informazioni sul regista). Secondo un'altra fonte poco attendibile (Shiruou, 2023), il film sarebbe invece Jesus Clits Superstar part 1, diretto da Saki Goto nel 1987, che includerebbe dieci eiaculazioni sul volto di un'attrice. Anche cercando in lungo e in largo nel Web, non si trova traccia di un regista rispondente al nominativo Saki Goto; esiste invece un omonimo compositore, oltre all'attrice Saki Gotō (con la vocale finale lunga). In sintesi, questa notizia sul bukkake ha tutta l'aria di essere una ciofeca. Siamo in un nebuloso regno di disinformazione, caratterizzato dal proliferare incontrollato di frammenti infettivi di spazzatura memetica. 
Tutti sembrano però concordare su un punto: a popolarizzare il bukkake sarebbe stato il regista Kazuhiko Matsumoto nel 1998. A questi viene in effetti accreditata l'invenzione del genere bukkake della pornografia giapponese, oltre alla stessa introduzione della parola in contesto sessuale. Fatto sta che lo studio cinematografico Shuttle Japan ha registrato il termine ぶっかけ/BUKKAKE come marchio commerciale (No. 4545137) nel gennaio 2001. Il primo uso della parola bukkake nel titolo di un film pornografico risale al 1995: Bukkake Milky Showers 01, sempre della Shuttle Japan. Shiruou è dell'idea che la diffusione del bukkake negli Stati Uniti d'America sia dovuta alla pubblicazione di contenuto rubato alla Shuttle Japan, a partire dal 1998. 
La formazione del bukkake ha con ogni probabilità le sue origini in una reazione alla rigida censura in vigore nel Paese del Sol Levante, che vieta ogni rappresentazione dei genitali e del pelo pubico, imponendo di nascondere con la pixellizzazione le parti del corpo incriminate. La rappresentazione dello sperma non è invece vietata ed è stata quindi usata come stratagemma per creare sequenze morbose e altamente erotiche. Il bukkake giapponese è tutto fondato sull'umiliazione di ragazze spesso vestite da scolarette, mentre il bukkake importato in Occidente si sforza di presentarsi in un aspetto ludico - anche se in molte sequenze si vede lontano un miglio che le docce spermatiche sono poco gradite.   

I due allupati e le bukkakette

Si deve al mondo dei blog della remota epoca di Splinder l'introduzione in italiano gergale del neologismo bukkaketta (o bukkakette, alla francese) "donna che pratica il bukkake". Sono ormai passati molti anni da quando sul blog denominato Blog Killers comparve un articolo che trattava proprio il bukkake. Si intitolava qualcosa come Bukkakette cercasi, era firmato I due allupati ed esibiva un grosso stemma con la sigla FIGB, glossata "Federazione Italiana Gioco Bukkake" e formata sul modello della calcistica FIGC, che sta per "Federazione Italiana Giuoco Calcio". Con grande stupore ho potuto constatare che esiste tuttora un sito pertinente, vivo e vegeto! 


È molto ben organizzato e ha un'ottima presenza nel Web, non c'è che dire! Vendono persino i gadget: una tazza col Tricolore su cui cola un candido rivolo di liquido seminale e la scritta stilizzata "FIGB"
Nel sito si trovano pruriginose note pseudostoriche sull'origine del bukkake. Ecco alcuni estratti:

"Il bukkake è un'antichissima tradizione giapponese, le cui vere origini si perdono nella nebbia della storia." 

"I primi documenti storicamente rilevanti che ci parlano di questa pratica risalgono alla metà del tredicesimo secolo, ma il bukkake è con tutta probabiltà nato alcuni secoli prima." 

"Secondo una delle teorie più accreditate, il bukkake era un antico rito di fertilità che veniva compiuto dopo un matrimonio, per garantire una lunga a prosperosa discendenza alla coppia." 

"La sposina veniva ricoperta di sperma da tutti i convenuti al matrimonio, che in tal modo dichiaravano di accettare la fanciulla come donna adulta e non più come bambina, con tutti i diritti e i doveri che ne conseguivano." 

Ebbene, si tratta di pure e semplici fantasie goliardiche, concepite non senza ingegno ma del tutto prive di fondamento. In altre parole, appartengono al dominio della memetica! Si nota infine che esiste un'altra FIGB, ben poco erotica: è la Federazione Italiana Gioco Bridge!

  
Una vignetta satirica su Berlusconi 

Nella fantasia di Marok, autore di una famosa vignetta, Berlusconi confonde il seppuku con il bukkake! Riesce sempre a strapparmi una risata!  

Bukkake pre-neolitico!

I Sentinelesi (o Sentinellesi), che vivono sulla minuscola isola chiamata North Sentinel, parte dell'arcipelago delle Andamane, sono la tribù più isolata del mondo. Sono cacciatori-raccoglitori, che mantengono una società di sussistenza, consistente nella caccia, la pesca e nella raccolta di piante selvatiche. Continuano a resistere in modo fierissimo a qualunque contatto con le genti del mondo esterno: attaccano chiunque osi raggiungere la costa, scagliandogli contro nugoli di micidiali frecce. 
Orbene, anni fa mi è capitato di leggere qualcosa che ha colpito la mia immaginazione. Alcuni visitatori che si sono avvicinati incautamente all'isola hanno visto sulla spiaggia una scena incredibile: una donna inginocchiata e due uomini che si masturbavano furiosamente, schizzandole la faccia con fiotti di sperma incandescente! Un autentico bukkake

sabato 1 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI CUM 'SPERMA' E TO CUM 'EIACULARE', 'AVERE L'ORGASMO'

Ricordo una scena di un film trash. Buzzanca stava copulando selvaggiamente in una grande stanza d'albergo. Mentre era in procinto di eiaculare nella sua maliarda, urlava "vino!", intendendo "vengo!" in rumeno maccheronico (in realtà "vino!" significa "vieni!", mentre "vengo" è "eu vin"). I camerieri, materialoni stoltissimi, gli portavano caraffe di vino rosso, credendo che egli volesse ubriacarsi durante l'amplesso.

Questa è la pagina del Wiktionary che riporta le forme della coniugazione del verbo rumeno in questione:

(vedi coniugazione)

L'episodio porta ad alcune mortificanti riflessioni:
1) Basta un cambiamento fonetico minimo per rendere incomprensibile una parola
2) Basta una stupida omofonia per trarre in inganno (vedi anche il caso dell'idromele: come la gente ne sente parlare, pone subito la fastidiosissima domanda sulle mele del cazzo).
3) Regna e imperversa la fede cieca nell'assoluta sovrapponibilità e traducibilità di tutte le lingue. Appurata l'esistenza di una frase idiomatica in una lingua, questa viene automaticamente creduta esistente in tutte le altre e tradotta in modo letterale.  

No. Non è assolutamente detto che la parola "venire" sia usata dovunque col significato di "avere l'orgasmo", "godere". Nella stessa lingua italiana, potrebbe benissimo essere un calco dell'inglese to cum, diffuso con la pornografia negli anni '70 e '80 dello scorso secolo. Non si può dare nulla per scontato: è necessaria un'indagine rigorosa.
Si noterà che l'inglese non ha parole distinte per indicare i concetti di "avere l'orgasmo" (detto di uomo o di donna) e di "eiaculare" (detto di uomo): entrambi i significati sono resi da to cum

Esempi di fraseologia:

"godo" => I cum
"sborro"
=> I cum
"sto godendo"
=> I'm cumming
"sto per sborrare"
=> I'm cumming
"sto sborrando"
=> I'm cumming
"mi fa godere"
=> she makes me cum
"mi fa sborrare"
=> she makes me cum
"fammi godere"
=> let me cum
"fammi sborrare"
=> let me cum

Alcune note di grammatichina inglese

A scuola si insegna con grande cura e pedanteria la differenza tra il presente abituale e quello progressivo in -ing, ma ci sono moltissimi usi particolari ed eccezioni.
Per quanto riguarda il verbo to cum "sborrare", "godere", le due forme di presente si equivalgono. Se qualcuno dice "I cum", intende generalmente dire "I'm cumming": non si tratta per necessità di un presente abituale. 

"When used as a noun, it usually refers to sperm. When used as a verb, it can be used to describe both men and women. You didn't mention part of speech, although @Kevin made that helpful distinction in his answer, i.e. between noun and verb"
(Ellie Kesselman, 2023) 

Traduzione: 

"Quando è usato come nome, di solito si riferisce allo sperma. Quando è usato come verbo, può essere usato per descrivere sia gli uomini che le donne. Tu non hai menzionato la parte del discorso, tuttavia @Kevin ha fatto questa utile distinzione nella sua risposta, ossia tra nome e verbo" 

Il verbo è considerato regolare (debole) o irregolare (forte)

"he cummed in her mouth"
"he came in her mouth"


Il participio passato è per lo più regolare (debole): cummed. La variante cum sembra un'abbreviazione di cummed. Tuttavia, secondo Wikipedia, le forme irregolari (forti) sono diffuse: cum, come.

"cummed tits":
"Huge cummed tits brunette babe Amy Anderson"
quasi sinonimo: creampied
cum boobs = cummed boobs
"cummed lips"
"Your pussy is so cute, and her cummed lips are so hot"
"Would you kiss me with a cummed lips?"
"The most I love kissing girl cummed lips and cum boobs"

etc.

Appurato questo, qual è la vera origine di to cum "eiaculare; godere" e di cum "sperma"? Il problema è annoso e di difficile soluzione.

Proposte etimologiche

1) Esiste l'idea che si tratti di un'abbreviazione di "come to climax", ossia "giungere al culmine".

"It's an informal way of spelling 'to come', which can mean having an orgasm. How exactly that verb has become associated with sexual acts is unclear (to me). My best guess would be that it was commonly used in a phrase similar to:
I'm coming to an orgasm!"

(Kevin, 2011) 

Traduzione: 

"È un modo informale di scrivere 'to come', che può significare avere un orgasmo. Non è chiaro (per me) come esattamente quel verbo sia stato associato ad atti sessuali. La mia ipotesi migliore sarebbe che fosse comunemente usato in una frase simile a: Sto arrivando all'orgasmo!"

Un tempo si usava dire anche in Italia "venire all'orgasmo" (esempio: "le faccio un ditalino e la faccio venire all'orgasmo"). Questa locuzione ormai è completamente desueta, non l'ho più sentita dall'epoca in cui ero adolescente.
Quello che manca completamente in italiano è un sostantivo derivato dal verbo calcato sull'inglese: non si è mai usata una parola come "venuta" col senso di "sperma".

"To this, I will add that as far as the verb come is concerned, there are similar constructions in German (kommen) and French (arriver)."
(RegDwigHt, 2011) 

Traduzione: 

"A questo aggiungo che per quanto riguarda il verbo venire esistono costruzioni simili in tedesco (kommen) e francese (arriver)."

L'argomento di ReDwigHt non è risolutivo: è ben possibile che in tedesco e in francese, proprio come in italiano, sia stata la produzione pornografica a causare un calco dell'inglese to cum.
Anche il tedesco e il francese non dispongono di sostantivi per indicare lo sperma, che siano derivati dai verbi kommen e arriver.
In questo, italiano, tedesco e francese differiscono radicalmente dall'inglese.

2) Esiste l'idea insensata che to cum "eiaculare, etc." derivi dalla preposizione latina cum "con, insieme a" (glossa inglese: with, together with).
Il percorso semantico escogitato dai fautori di questa proposta è ingegnoso ma abbastanza contorto.
John-cum-Paula significherebbe così "John (è) insieme a Paula",  ossia "John e Paula fanno coppia", da cui si sarebbe ingenerato lo slittamento semantico "John sborra Paula" (dentro o sul corpo). Da qui il significato si sarebbe esteso, arrivando a indicare anche l'orgasmo femminile. 
Detestando i romanisti e gli etimologi popolari, sono incline a irridere questa pseudoetimologia. Devo però riconoscere che chi l'ha avanzata poteva pensare di avere qualche ragione, basandosi sul buon senso e sull'evidenza della vita di coppia. 

3) I verbi to come "venire" e to cum "eiaculare, etc." non hanno tra loro alcuna connessione. In altre parole, si tratta di una pura e semplice omonimia dovuta a coincidenza. Possiamo pensare che il verbo relativo all'orgasmo fosse in origine regolare (debole) e che le forme irregolari (forti) si debbano ad analogia con to come "venire".  
Conclusioni: 
1) è perfettamente nota l'etimologia indoeuropea di to come "venire";
2) l'etimologia di to cum "eiaculare, etc." è sconosciuta e tale potrebbe permanere ancora a lungo.  

Un'importante attestazione 

La prima attestazione di to cum, in realtà to cum off, si trova in una poesia della metà del XVII secolo, Walking in a Meadow Green, contenuta nel cosiddetto Percy Folio, un enorme manoscritto recuperato dal poeta, religioso e antiquario inglese Thomas Percy, Vescovo di Dromore (1729 - 1811). Purtroppo il Percy Folio è rimasto gravemente danneggiato da domestici maligni che ne hanno strappato molte pagine per accendere il camino e con ogni probabilità anche per pulirsi il deretano dopo aver defecato. Riporto la poesia per intero, nella malferma ortografia originale. L'autore secentesco è anonimo. Ecco il testo, tutto incentrato sull'irreversibilità della sborra:  

Walking in a Meadow Green
(Bishop Thomas Percy, 1650)

Walking in a meadowe greene,
fayre flowers for to gather,
where p[r]imrose rankes did stand on bankes
to welcome comers thither,
I hard a voice which made a Noise,
which caused me to attend it,
I heard a lasse say to a Ladd,
"once more, & none can mend it."


They lay soe close together,
they made me much to wonder;
I knew not which was wether,
vntill I saw her vnder
then off he came, & blusht for shame
soe soone that he had endit;
yet still shee lyes, & to him cryes,
"Once More, & none can mend it."


His lookes were dull & verry sadd,
his courage shee had tamed;
shee bad him play the lusty lad
or else he quite was shamed;
"then stifly thrust, hee hit me iust,
ffeare not, but freely spend it,
& play about at in & out;
once more, & none can mend it."


And then he thought to venter her,
thinking the ffitt was on him;
but when he came to enter her,
the poynt turnd backe vpon him.
Yet shee said, "stay! goe not away
although the point be bended!
but toot againe, & hit the vaine!
once more, & none can Mend it."


Then in her Armes shee did him fold,
& oftentimes shee kist him,
yett still his courage was but cold
for all the good shee wisht him;
yett with her hand shee made it stand
soe stiffe shee cold not bend it,
& then anon shee cryes " come on
once more, & none can mend it!"


"Adew, adew, sweet hart, "quoth hee,
"for in faith I must be gone"
"nay, then you doe me wronge, "quoth shee,
to leaue me thus alone."
Away he went when all was spent,
wherat shee was offended;
Like a troian true she made a vow
shee wold have one shold mend it. 

Traduzione: 

Camminando in un prato verde,
fiori favolosi da raccogliere,
dove sui banchi si trovavano i ranghi delle primule
per accogliere i visitatori che vengono lì,
Ho forte una voce che faceva rumore,
che mi ha spinto a parteciparvi,
Ho sentito una ragazza dire a un ragazzo,
"Ancora una volta, e nessuno può ripararlo." 

Giacevano così vicini,
mi hanno fatto molto meravigliare;
Non sapevo quale fosse il motivo,
finché non l'ho vista sotto
poi lui sborrò, arrossendo per la vergogna
tanto presto ebbe fine;
eppure lei mente ancora, e lo implora,
"Ancora una volta, e nessuno può ripararlo."

Il suo aspetto era spento e molto triste,
il suo coraggio lei lo aveva domato;
gli aveva detto di interpretare il ragazzo voglioso
oppure si vergognava parecchio;
"poi spingi forte, mi ha colpito giusto,
non temere, ma consumalo liberamente,
e gioca dentro e fuori;
ancora una volta, e nessuno può ripararlo." 

E allora pensò di ingravidarla,
pensando che il problema fosse per lui;
ma quando venne ad entrare in lei,
la punta si rivoltò contro di lui.
Eppure lei disse: "Resta! Non andare via
anche se la punta è piegata!
ma suona ancora e colpisci la vagina!
Ancora una volta, e nessuno può ripararlo."

Poi nelle sue braccia lo fece piegare,
e spesso lo baciava,
eppure il suo coraggio era tutt'altro che freddo
per tutto il bene che gli augurava;
eppure con la mano lo fece stare in piedi
così rigida che lei non poteva piegarla,
e poi subito implora "andiamo".
Ancora una volta, e nessuno può ripararlo!"

"Addio, addio, tesoro", disse lui,
"perché in fede devo andarmene"
"no, allora mi fai un torto", disse lei,
"a lasciarmi così sola."
Lui se ne andò quando tutto fu trascorso,
per questo lei si offese;
Come una vera troiana, lei fece un voto:
ne vorrebbe uno che lo riparasse.

Glossario:

adew "addio" (1) 
cold = could 
ffeare not "non temere" 
ladd "ragazzo"
lasse "ragazza" 
meadowe greene "prato verde" (2)  
off he came "eiaculò"
quoth hee "disse lui"
quoth shee "disse lei" 
shee kist = she kissed 
shold = should 
soe = so 
sweet hart "tesoro" (3) 
toot "suona (il corno)", "scorreggia"  
vaine "vagina" (4) 
wold = would 
yett = yet 

(1) Deriva dall'antico francese adieu. Secondo l'Oxford English Dictionary, questa parola ricorre soltanto in medio inglese. 
(2) Gli aggettivi erano spesso posposti, con buona pace delle odierne maestrine gnè-gnè
(3) Sta chiaramente per sweet heart e non ha nulla a che fare con hart "cervo maschio". 
(4) A quanto mi risulta è un hapax. Deriva dall'antico francese. Nel Web si trova spesso scritto hit the vain anziché hit the vein "colpisci la vena" (nel linguaggio dei medici e in quello dei tossicomani), che a mio avviso non ha nulla a che fare col vaine della poesia. 

Walking in a Meadow Green irradia angoscia e senso dell'irreparabile: è una testimonianza di un'epoca in cui era chiaro a tutti che il sesso non è affatto un gioco innocuo. 


Derivati e composti

Esistono numerosi derivati di cum "sperma":   

cumbucket, cumdump, cum dumpster, cum receptacle
"persona laida" (lett. "serbatoio di sborra")
"persona promiscua" (spesso detto di omosessuali o bisessuali)

cumrag
"fazzolettino usato per pulire lo sperma"
"persona che fa sesso occasionale ricevendo sperma dentro o addosso"
Può dirsi di donne o di omosessuali effeminati.

cum guzzler
"inghiottitrice di sperma", "inghiottitore di sperma" 
Note: 
Si dice di donne o di omosessuali effeminati che praticano ossessivamente la fellatio a partner promiscui ingurgitando il materiale genetico.

cum towel
"fazzolettino usato per pulire lo sperma"
Note: 
Si dice di donne remissive, che si umiliano prendendo spermi differenti.

cumskin 
termine usato dai MANDINGO per indicare i bianchi, irridendoli (lett. "pelle di sborra").

cum tribute
"foto di una persona, su cui un uomo si masturba e versa lo sperma"

cum catcher
"un condom"; "una persona molto promiscua"
(alla lettera: "che acchiappa lo sperma")

Gli Anglosassoni sono lividi e violenti.

Tentativi di traduzione letterale: 

cumrag "straccio zuppo di sborra"
cumslut "troia di sborra"
cumsoaked "zuppo di sborra"

Non fa specie che il politically correct sia nato anche come reazione ad abusi verbali di questa specie, che non ho mai sentito proferire in Italia. Si tratta a mio avviso di un vero e proprio tabù verbale. In Italia c'è una sorta di interdetto che impone di non essere troppo espliciti nell'insultare una donna promiscua e persino un omosessuale. Si sente dire che una è una "troia", che uno è un "frocio",  un "finocchio" o un "ricchione", ma non che è una "latrina di sborra", un "cencio sborrato" o simili. 

mercoledì 29 settembre 2021

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI SUBURRA... E SULLA SBURRA!

Come tutti ben sanno, la suburra è un quartiere sordido, un luogo equivoco che evoca nell'immaginazione un brulicare di puttane e di delinquenti. Resta come al solito una domanda pressante: qual è l'origine di questa denominazione tanto bizzarra? 
Questo riporta il Vocabolario Treccani: 
 
 
"Suburra, lat. Subura o Suburra, di etimo ignoto."
 
E ancora, in "Sinonimi e Contrari": 
 
 
"suburra s. f. [dal lat. Subura o Suburra, nome di una zona popolare e malfamata di Roma antica], lett. - [insieme dei quartieri più malfamati di qualsiasi grande città] ≈ angiporto, bassifondi, quartieri bassi."  
 
Questa è la descrizione del vocabolo latino in questione, data nel Wiktionary: 
 

Subūra f. sing. (genitivo Subūrae); prima declinazione
     "Un quartiere di Roma situato tra l'Esquilino, il Viminale e il Quirinale, dove abitavano molte prostitute" 
 
Aggettivo derivato: Subūrānus 
 
II Dizionario Latino Olivetti invece riporta questa definizione: 
 
Sŭbūra 
[Subură], Suburae
sostantivo femminile I declinazione 

"Suburra, quartiere di Roma, tra il Celio e l'Esquilino, pieno di negozi e di ritrovi notturni anche malfamati"

Google dà nuova vita ad assurdità popolari come la derivazione di Subūr(r)a da sub "sotto" e da urbs "città", come se fosse una *Suburba, ossia un quartiere "che sta sotto la città". Alla base c'è la confusione con suburbium "sobborgo", pl. suburbia, che è una parola ben distinta: oltre alla diversa morfologia, non si passa da -rb- a -rr-, -r-.
Poi ci sono i romanisti, che hanno la brutta tendenza ad esibire una certa sicumera pedantesca. Se una cosa sfugge alla loro analisi, la relegano nell'Oblio. Trovo inconcepibile che considerino il toponimo Subūr(r)a come "di origine ignota", al pari di infinite altre voci, bloccando ogni ulteriore indagine. Per loro tutto ciò che non è il vocabolario di latino che usavano a scuola, o al massimo quello di greco, è un libro chiuso e lo deve essere per forza, per assioma. Non sono convinto che si tratti di pura e semplice ingnoranza: sembra prevalere una dottrina che vota i suoi seguaci alla negazione radicale e ostinata di tutto ciò che non abbia le sue origini ultime in Roma o nell'Ellenismo, ritenute a loro volta cose inanalizzabili. Le origini di questo atteggiamento deleterio sono con ogni probabilità di natura ideologica.
 
Eppure è ben nota la parola etrusca che ha dato origine al toponimo latino Subūr(r)a: è semplicemente spur(a) "città". Un vocabolo ben attestato e sul cui significato non ci sono dubbi di sorta. I romanisti sono ostilissimi alla conoscenza della lingua dei Rasna e cercano con ogni mezzo di cancellarla, anche a costo di ricorrere a invereconde manipolazioni. 
 
Ecco le attestazioni:   

Genitivo in -al:
spural, śpural "della città", "pubblico"
tular śpural "confine della città" 
cilθl śpural meθlumeśc enaś "del santuario della città e del popolo nostro" (Liber Linteus)  

Ablativo in -es
spures "dalla città"
Nota: 
Deriva dalla contrazione di una protoforma *spura-is, a sua volta da *spura-s-is. Non è un genitivo sigmatico in -s, -ś, come si potrebbe pensare. Resta il fatto che non è tuttora chiara la ragione ultima della coesistenza del genitivo sigmatico con quello in liquida (-l). Per ulteriori dettagli si rimanda a Facchetti. 

Dativo di comodo in -eri
śpureri meθlumeric enaś "per la città e per il popolo nostro" (Liber linteus)  

Locativo in -θi
spureθi "nella città" 
apasi spureθi "nella città del padre" 

Ablativo del suffisso -tra "eccetto, fuori da": 
śpurestreś "del luogo fuori della città" (Liber linteus) 
Nota: 
Questo è un cumulo di suffissi. 

Aggettivo in -na
spurana, śpurana "pubblico"
marunuc spurana "magistratura pubblica"

Antroponimi 
 
Prenome maschile da sostantivo in -ie
Spurie, Śpurie
   genitivo: Spuries
   pertinentivo: Spurieisi
=> Latino: Spurius 
Trascrizione greca: Σπόριος (Spórios)
Nota: 
In etrusco, Spurie, Śpurie è attestato come prenome soltanto nella lingua arcaica, dal VII al V secolo a.C.; in neoetrusco questo prenome sembra scomparso. 
Senza dubbio Spurius è uno dei più antichi prenomi romani: uno Spurius Cassius Vecellinus fu console nel 502 a.C. Oltre al prenome, si segnala anche l'esistenza di un omonimo gentilizio. Per quanto riguarda la trascrizione greca, cfr. Καλπόρνιος (Kalpórnios) per Calpurnius (Watmough, 2017).
 
Gentilizio maschile da aggettivo in -na
Spurana, Śpurana 
Spuriana, Spuriena, Spurina 
   genitivo: Spurianas, Spurienas
   femminile (neoetrusco): Spurinei
Nota:
Il gentilizio è attestato in latino con le seguenti varianti: Spurēnius, Spurennius, oltre a Spurina e Spurinna (vedi Pittau). Si hanno inoltre i cognomina Spurīnus e Spuriānus, che sembrano però formazioni latine a partire dal prenome Spurius
L'aruspice che predisse la morte a Caio Giulio Cesare, non venendo ascoltato, si chiamava Spurinna
 
Prenome maschile da diminutivo in -za
Spuriaza
   genitivo: Spuriiazas, Spuria[z]es 
Nota:
Questo è un semplice diminutivo di Spurie, Śpurie, la cui vocale finale -e doveva avere un suono indistinto /ə/. L'aggiunta del suffisso -za ha portato a un'assimilazione in -a-.
 
Un'attestazione in retico 
 
In retico è attestata la parola sφura "città", in un'iscrizione rinvenuta a Pergine Valsugana. Chiaramente la parola retica e quella etrusca derivano dalla stessa radice prototirrenica (Marchesini, 2019). Si nota che in retico si trovano spesso consonanti aspirate che corrispondono a occlusive semplici in etrusco.  

Possibili paralleli esterni 

Si trova una somiglianza notevole tra il nome etrusco della città, spur(a), e il ben noto toponimo ellenico Sparta. Con ogni probabilità si tratta di un residuo di un sostrato tirrenico.

Greco: Σπάρτη (Spártē) "Sparta" 
 
L'etimologia sostenuta dalla tradizione, secondo cui la roccaforte dei Lacedemoni trarrebbe la sua origine dal vocabolo σπάρτον (spárton) "fune, corda", ha tutta l'aria di essere una paretimologia, che si è diffusa in relazione a un mito relativo alla fondazione dell'eroica città. 
Si trovano alcuni importanti parole microasiatiche che mostrano somiglianze con l'etrusco spur(a). Sono le seguenti:

Licio: sbirte "monumento"
Lidio: sfard "città" 

Il vocabolo lidio è anche l'origine del nome della città di Sardi, greco Σάρδεις (Sárdeis). Il gruppo consonantico sf- è stato semplificato dagli Elleni nella sibilante semplice /s/, dato che all'epoca del prestito non esisteva in greco una fricativa /f/. I Persiani invece hanno adattato il nome lidio come Sparda. Mi sembra evidente che le voci anatoliche sopra riportate condividano la loro origine con il toponimo Sparta e con l'etrusco spur(a). Con buona pace di Pittau, non si ha connessione con l'etnonimo Shardana, la cui somiglianza è soltanto esteriore, essendo del tutto diversa la radice d'origine. 
 
Derivati di spur(a) in latino
 
Oltre che il toponimo Subūr(r)a, abbiamo altri due derivati importanti della radice etrusca passati in latino: 
 
spurius "illegittimo", "bastardo"; 
     in senso figurato: "cattivo" (detto di poeta)  
spurcus "sporco, sudicio, sozzo";
     in senso figurato: "cattivo, brutto" (detto di tempo)
     in senso morale: "contaminato, ignobile, infame,
         abietto, spregevole"


Entrambe le parole hanno la vocale tonica breve:

spŭrius
spŭrcus

Le ragioni dell'irregolarità sono evidenti: l'etrusco era una lingua dalla fonetica molto diversa da quella del latino. Una parola etrusca poteva essere adattata in modo diverso a seconda dell'epoca e del contesto in cui era penetrata nella lingua di Roma. Mentre spurius e spurcus appaiono conformi alla radice dell'originale etrusco spur(a), l'adattamento in Subūr(r)a è stato abbastanza anomalo.
A quanto ricordo, Facchetti suggerisce la presenza di un suffisso -ra, molto comune come formante in etrusco. In questo caso, data la difficoltà dell'ortografia etrusca con le consonanti doppie, la formazione non apparirebbe evidente.

Etrusco *spur-ra > Latino Subūr(r)a 

Sono incline a ritenere questa ipotesi ragionevole e plausibile.

Una glossa molto interessante

Alle due parole spurius e spurcus ne possiamo aggiungere una terza, documentata come glossa in Isidoro di Siviglia (Etymologiarum sive Originum, 9.5.24):

spurium "pudenda muliebra" 

In altri termini, è un nome della fica. La stessa parola è trascritta da Plutarco come σπόριον (spórion) e attribuita ai Sabini (Watmough, 2017). Chiaramente il popolo italico ha preso questo termine dagli Etruschi. La trafila semantica è abbastanza ovvia: 
 
"luogo impuro" => "vulva (promiscua)"  
 
Gli autori antichi, ad eccezione di Plutarco, interpretavano spurium - σπόριον "vulva" e spurius "figlio illegittimo" come derivazioni della radice greca di σπέρμα (spérma) "seme", "liquido seminale" e di σπορά (spora) "seme", "semina", dal verbo σπείρω (spéirō) "io semino", "io genero", "io spargo". In particolare godeva di largo credito la parola σποράδην (sporádēn) "sparsamente", "qua e là", la stessa che ha dato l'aggettivo sporadico. Per i testi in latino e in greco che trattano questa etimologia, si rimanda a Watmough (2017). In epoca recente, ci sono stati tentativi di ricondurre spurius al latino spernō "io divido, separo" (infinito: spernere; perfetto: sprēvī), ad esempio Bonfante (1985). Sono tutti futili tentativi di spiegare Omero con Omero (non rendono conto della fonologia né della morfologia). 

Lo spurio 
 
Forma etrusca ricostruita: *spurie 
Significato originale: "figlio di padre ignoto" (n.), lett.
    "figlio della città"; "illegittimo, bastardo" (agg.)

In italiano la parola spurio è dotta, come dimostra il suo aspetto fonetico: è stata introdotta dai letterati a partire dal latino, per dare maggior chiarezza di pensiero. Non è giunta attraverso una genuina trafila volgare, o avremmo avuto *spóio, *spóro.
 
Lo sporco 
 
Forma etrusca ricostruita: *spurχ 
Significato originale: "pubblico", "di uso comune",
     "promiscuo", "toccato da tutti"
 
Il suffisso aggettivale -c / -χ è ben noto in etrusco. Si veda come esempio di una simile formazione θaurχ "sepolcrale", derivato da θaura "sepolcro", "tumulo".
In italiano la parola sporco è giunta tramite la genuina usura del volgo, come dimostra il suo aspetto fonetico. Un dottismo suonerebbe *spurco
Devoto sosteneva con pervicacia che la pronuncia toscana della parola, spòrco, con la vocale /ɔ/ aperta, derivasse da un "incrocio" con porco: nell'immaginario popolare toscano lo sporco avrebbe avuto origine da un porco con una s- prefissa. 
Francamente non avverto alcuna necessità dei grotteschi "incroci" del Devoto, creazioni che mi suonano assurde e folli come il gorgogliare di Azathoth nel centro dell'Universo. Nell'italiano corrente, la pronuncia diffusa ovunque è spórco, con la vocale /o/ chiusa, perfettamente spiegabile con una trafila regolare dalla parola latina. L'irregolarità del toscano spòrco si spiega piuttosto con un'antica variante *spŏrcus dovuta a un diverso adattamento dell'etrusco in latino volgare. 
 
La sburra!  
 
Anni fa l'amico Sandro "Zoon" Battisti mi chiese, avendo appreso le mie disquisizioni sull'etimologia di suburra, se la parola volgare sburra "sperma, eiaculato" (variante del più comune sborra) avesse la stessa origine - vista l'indubitabile somiglianza fonetica. Fui sorpreso dalla domanda e lì per lì gli risposi che non esiste alcuna connessione. A distanza di tanto tempo, mi sono chiesto se non avesse ragione Sandro "Zoon" a sospettare un collegamento, convincendomi infine che aveva piena ragione. 
 
I romanisti ritengono che sborra (donde sburra) sia un derivato della parola greca βόθρος (bóthros), glossato come "torrente", "voragine", da cui proverrebbe anche burrone. In altre parole, secondo loro l'eiaculato sarebbe un torrente, in quanto è qualcosa che sgorga. Quindi sborrare proverrebbe da un ipotetico *exbothrare, che per retroformazione avrebbe dato il sostantivo *exbothra, cioè sborra. Invece è ben possibile che sborra, sburra siano semplici evoluzioni fonetice di una forma aggettivale sostantivata, un neutro plurale spuria col senso di "cose impure", che sarebbe poi passato a significare "liquido seminale". Credo che sia abbastanza verosimile - anche perché la traduzione di bóthros con "torrente" sembra piuttosto fallace. Nella semantica ellenica non sembra esserci traccia alcuna di un flusso, dello scorrere di un liquido: la parola indica una cavità, un vuoto. A quanto risulta, il flusso è un'invenzione pura e semplice dei romanisti.  
 
Queste sono le definizioni riportate sul dizionario online Perseus di greco antico (Henry George Liddell, Robert Scott, A Greek-English Lexicon, 1940): 
 
 
βόθρ-ος , ὁ, 

A.hole, trench, or pit dug in the ground, “βόθρον ὀρύξαι” Od. 10.517; βόθρου τ᾽ ἐξέστρεψε [τὴν ἐλαίαν] Il.17.58; trough, Od.6.92: generally, hollow, X.An.4.5.6; grave, IG14.238 (Aerae); ritual pit for offerings to “ὑποχθόνιοι θεοί, β. καὶ μέγαρα” Porph.Antr.6.
 
1) buco, trincea o fossa scavata nel terreno 
2) trogolo 
3) cavità 
4) tomba 
5) fossa rituale per le offerte. 
 
Menzioniamo infine la falsa etimologia, assolutamente infondata, di un commentatore privo di qualsiasi base, che separava sburrare da sborrare ritenendole due parole diverse; considerava quindi il sostantivo sburro (variante di sburra) un semplice derivato di burro. Secondo costui, lo sperma sarebbe una sostanza caratterizzata dal colore e dalla consistenza del burro sciolto. Ha confuso sburrare, variante di sborrare, con l'omofono sburrare "togliere al latte la parte grassa" (ormai desueto).
 
Un inganno: portoghese porra, esporra 
 
Girando a lungo nel sito XHamster, mi sono imbattuto spesso in video porno brasiliani, da cui risulta che in portoghese porra o esporra traduce l'italiano sborra. Esempi: "Minha esposa puta adora chupar um pau grande e engolir uma boca cheia de porra", "Milf recebe porra na boca", "Esporra dentro da cona tuga" e via discorrendo. Appurato che esporrar significa proprio "sborrare", ho subito pensato che l'etimologia dovesse essere identica a quella del verbo italiano. Mi sono dovuto ricredere. Mi sono bastate brevi ricerche per capire che siamo di fronte a una somiglianza ingannevole. 

porrum "porro" 
   neutro plurale (con significato collettivo): 
   porra "porri"
 
Lo slittamento semantico è stato questo: 
 
porri => mazza => pene =>
=> eiaculazione => sperma, sborra

La pronuncia del portoghese brasiliano porra è /'poha/. Allo stato attuale delle cose, la somiglianza con l'italiano sborra è soltanto grafica.