A volte la gente non vuole ascoltare la verità perché non vuole vedere le proprie illusioni distrutte. Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità.
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)
lunedì 23 gennaio 2023
sabato 21 gennaio 2023
martedì 17 gennaio 2023
È un luogo abominevole in cui ogni speranza in una umana utopia svanisce, scardinata dalla brutale evidenza della vera origine della Vita. L'archeologo incespica, incapace di reggersi in piedi per lo spettacolo raccapricciante che appare alla sua vista non appena illumina quei diabolici recessi con la sua torcia. Un immenso cimitero di primati... Montagne di scimmie morte in vari stadi di decomposizione si innalzano dovunque come macabre stalagmiti. Tutto è mescolato alla rinfusa, dallo scheletro al cadavere di pochi giorni. Le specie rappresentate sono molteplici: scimpanzé, gorilla, babbuini, ma anche varietà sconosciute, che nessun tassonomo ha mai studiato. È un incubo ad occhi aperti. Dalle masse di carne marcescente si levano lezzi infernali e nuvole di mosche, e i reflui colano confluendo in veri e propri ruscelli di putredine scura. Il fetore è tale da impedire l'esplorazione degli antri più interni. Procedendo tra cagnotti e carcasse, lo studioso arriva fino al centro di quel sacrario maledetto. Lì si estende un lago nero. Sulla riva uno scimpanzé si muove seguendo ritmi ipnotici davanti a una colossale locusta di pietra, e dai suoi gesti sembra che sia in adorazione della mostruosa statua. La debole luce proiettata dalla torcia permette di distinguere la sua sagoma come in un teatrino cinese degli orrori. Attende la morte pregando il Demiurgo del Morbo, colpito da una forma di inesplicabile furore mistico...
domenica 15 gennaio 2023
Chiamato Nodaaums. Mi ci trovo senza sapere perché, come se vi fossi stato trasportato in una notte illune, rapito attraverso una porta dimensionale. Il cielo sembra fatto di inchiostro. La sola luce si diffonde da alcune fioche lampade al neon, ed è aggredita dalla tenebra. Sono nudo e confuso, su un molo spettrale. A poco a poco i miei occhi si abituano a quell'oscurità, quel tanto che basta per vedere il mare: una distesa di un liquido nero e denso che sembra petrolio. Sono colto da tremende vertigini nell'osservare le onde imponenti e pesanti che agitano la superficie di veleno. Un forte vento si alza, gelido. Sono del tutto indifeso. Percepisco qualcosa di malvagio in quell'improvviso fortunale. Cerco inutilmente un riparo e mi dirigo verso la terraferma. Scorgo le rovine di un edificio cubico fatto di grandi blocchi di marmo. Dal suo interno emana ORRORE. Rotaie arrugginite mi fanno pensare che un tempo potesse essere una stazione. Il vento aumenta ancora e trascina via cumuli di rifiuti. Le mie capacità empatiche mi fanno precipitare nel panico, come se miliardi di vite umane stroncate dal ferro urlassero simultaneamente in me.
Marco "Antares666" Moretti
(blog connettivista Cybergoth, 25 settembre 2006)
venerdì 13 gennaio 2023
Impenetrabile e duro nero punteggiato di stelle, che come piccoli pugnali trafiggono le retine... I tre astronauti procedono con grande cautela in avanscoperta di quel desolato e sconosciuto scenario. Potenti fari fendono la tenebra del mondo morto e senz'atmosfera. All'improvviso vicino al cratere si rivela al campo visivo un dettaglio inaspettato. Gli astronauti compiono grandi balzi, favoriti dalla gravità lunare, ma ben presto si accasciano a terra, soverchiati da un indicibile campo d'orrore... È come se da quelle rocce irradiasse tutto l'abominio dell'universo... Una sensazione di atroce desolazione li divora, li getta nel panico senza che ci sia una spiegazione plausibile... Fattisi coraggio, i tre riescono alla fine a vincere quel soprannaturale senso di oppressione e raggiungono il punto che ha attratto la loro attenzione. Con incredibile stupore scorgono qualcosa di IMPOSSIBILE: i raggi dei loro fari illuminano la spettrale sagoma del relitto di un caccia bombardiere tedesco della II Guerra Mondiale...
(blog connettivista Cybergoth, 17 dicembre 2005)
mercoledì 11 gennaio 2023
lunedì 9 gennaio 2023
sabato 7 gennaio 2023
domenica 1 gennaio 2023
sabato 3 settembre 2022
Voi non avete idea di quel che significhi, non lo immaginate neppure lontanamente.
Ero morto stecchito, giacevo immobile nel sepolcro, al riparo dagli oltraggi della sorte.
Mi aveva ucciso un'infezione massiva da ascaridi.
Quei maledetti nematodi, che avevo inconsapevolmente ingerito mangiando verdura contaminata da uova embrionate, mi colonizzarono l'intestino e da lì si irradiarono sino agli alveoli polmonari.
Una morte che non auguro a nessuno.
Ritenevo, morendo, che nulla potesse più nuocermi.
Quand'ecco che, trascorsi quattro giorni dal mio decesso, accadde l'impensabile: l'Uomo di Nazareth si presentò dinanzi al mio sepolcro e mi riportò in vita.
Non chiedetemi come e perché.
Ero morto da quattro giorni, capite?, ed esalavo già cattivo odore, come mi fu riferito in seguito dalle mie sorelle, Marta e Maria.
Non vi dico l'angoscia che mi assalì quando mi risvegliai nella tomba, avvolto dalle bende funebri!
La lastra che chiudeva l'ingresso del sepolcro era stata rimossa.
Incerto nei movimenti, guadagnai l'uscita. All'esterno vidi radunata una piccola folla di persone: fra loro, Colui che poco prima mi aveva invitato ad alzarmi.
Marta e Maria mi si precipitarono incontro, mi abbracciarono e mi accompagnarono a casa, a Betania. Tale era il mio turbamento che non riuscii a spiccicare parola per ore ed ore.
Il peggio, tuttavia, doveva ancora venire.
Trascorse un paio di settimane, mi ammalai nuovamente. Gli stramaledetti ossiuri erano stati resuscitati anch'essi! Di nuovo, mi causarono una occlusione del lume intestinale, e una pancreatite acuta mi stroncò nel giro di due giorni.
Mentre agonizzavo per la seconda volta, disteso sul mio misero giaciglio, intravidi con la coda dell'occhio le mie sorelle intente a confabulare in un angolo della casa. Con le poche forze che mi erano rimaste, esclamai: "Non vi venga in mente di mandare a chiamare ancora il Nazareno!".
Credo che la mia preghiera sia stata esaudita: non mi sono ridestato all'interno di un sepolcro, non possiedo più un corpo fisico e i parassiti intestinali sono un brutto ricordo che va pian piano sbiadendo.
Pietro Ferrari
giovedì 30 giugno 2022
Se c’è vita dopo la morte, prima della vita che c’è?
Dove se ne sta l’anima prima del concepimento? Preesiste forse alla fusione tra gamete maschile e gamete femminile? Oppure è un prodotto di tale unione?
Entrambe le ipotesi spalancano scenari vertiginosi.
Nel primo caso, dovremmo supporre l’esistenza di un magazzino astrale in cui siano custodite le anime da assegnare agli zigoti.
Assegnate da chi? Dal Magazziniere celeste, preposto alla gestione della catena della distribuzione.
Nel secondo caso, l’anima sarebbe un prodotto collaterale del coito fecondo. Resta da chiarire come possano le cellule sessuali, prodotte dalle gonadi, creare un principio immateriale qual è l’anima.
In preda a questi interrogativi varcai la soglia del centro convegni Philipp Mainländer, un edificio in pietra dall’aspetto opprimente, situato a poca distanza dal cimitero monumentale.
Vi erano convenuti esperti e figure di rilievo istituzionale per discutere il caso dell’anno, anzi, del secolo.
Il mio compito era quello di stilare il verbale della riunione, che ho deciso di rendere pubblico. Eccolo:
Luca Sandri, Professore associato di patologia generale all’Università “Clara Immerwahr”:
Il fenomeno che stiamo affrontando non ha precedenti nella storia del genere umano. Ciò non significa che noi si sia del tutto impreparati ad affrontarlo. Sin dagli anni Settanta sono stati elaborati protocolli dettagliati, proprio in previsione di una simile eventualità. A questo si aggiunga che, nella cultura popolare, la figura del resuscitato è fortemente radicata da decenni, sia pure con connotazioni negative e terrorizzanti.
Quella cui stiamo assistendo, per fortuna, non è l’apocalisse zombi narrata nei film e nei videogiochi. Per comprendere ciò che sta accadendo, dobbiamo stabilire in via preliminare un punto fermo: i resuscitati non sono ostili. Non è stato registrato in tutto il mondo un solo caso di aggressione da parte dei resuscitati ai danni dei vivi. Non uno.
Si tratta, come potete comprendere, di una premessa essenziale: non siamo di fronte agli zombi cannibali cui ci ha abituati il cinema.
Detto questo, vediamo di chiarire cos’è un ritornante.
I primi casi di resurrezione si sono verificati presso le camere mortuarie degli ospedali. Soggetti di cui era stata constatata la morte, a distanza di alcune ore dal decesso hanno ripreso vita. Per essere precisi, il fenomeno si è verificato allorché l’algor mortis era già avviato ma prima che subentrassero il livor e il rigor mortis.
Ciò che mi preme sottolineare è che il resuscitato non è un cadavere. Nel suo corpo i fenomeni cadaverici si sono interrotti nel preciso istante in cui il cuore ha ripreso a battere e il sangue a circolare. Le funzioni cerebrali risultano però compromesse. La coscienza dei ritornanti è offuscata, i loro movimenti appaiono incerti.
Tuttavia, essi sono vivi e, come chiunque di noi, hanno necessità di alimentarsi e di bere. Privato d’acqua e di cibo, il ritornante apparentemente muore. Dico apparentemente perché in realtà il ciclo poc’anzi descritto si ripete di nuovo.
Lo sconcerto che colgo nei vostri volti è del tutto naturale. Vi starete domandando: “Ma allora non si muore più?”.
Al momento la scienza non è in grado di fornire una risposta certa a tale quesito.
Possiamo solo constatare come il decadimento cellulare paia subire una interruzione. Se essa sia permanente o meno ci sarà dato sapere solo seguendo l’evolversi del fenomeno.
Veniamo ora a un argomento cruciale.
Appurato che i ritornanti non aggrediscono i vivi, di cosa essi si nutrono? Mediante osservazioni condotte in laboratorio, abbiamo potuto appurare che i ritornanti riconoscono il cibo mediante la vista e l’olfatto.
L’epitelio e il bulbo olfattivo nonché la corteccia visiva primaria non riportano, nelle ore immediatamente successive alla morte, danni irreparabili.
Posti di fronte a un carrello su cui erano stati collocati recipienti contenenti purea di patate e carne di suino tritata, i ritornanti coinvolti nell’esperimento si sono messi ad attingere il cibo con le mani, dando la priorità alla carne, lo hanno portato alla bocca e lo hanno ingerito.
Si sono inoltre chinati sul carrello per bere da una bacinella colma d’acqua.
Pur comprendendo la natura socialmente traumatizzante del fenomeno in corso, è nostro dovere rassicurare l’opinione pubblica circa la non-pericolosità dei ritornanti e contrastare la diffusione, da parte di complottisti e squilibrati vari, di notizie false e allarmistiche sulle piattaforme social.
Grazie a tutti voi per l’attenzione.
Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri Gustavo Sette:
Sono un militare, e il mio compito è far sì che l’ordine pubblico non precipiti. Le spiegazioni del professore sono parzialmente confortanti. I cosiddetti ritornanti non sono ostili, e questa è sicuramente una buona notizia. Non possiamo però sottovalutare gli effetti che questo fenomeno sta producendo nella nostra società. I ritornanti non riconoscono i parenti. È come se i loro cervelli fossero stati resettati.
L.S.:
Non del tutto, generale, non del tutto.
G.S.:
Va bene, ciò non toglie però che i morti viventi – mi permetta di definirli tali – non sembrino riconoscere figli, fratelli, sorelle, nipoti. A questo si aggiunga che, se riportati nelle proprie case, tendano ad allontanarsene per mettersi a girovagare senza meta, con andatura barcollante. La qual cosa crea problemi alla circolazione. Farò un esempio banalissimo: i morti viventi ignorano il funzionamento dei semafori. Sapete cosa significa tutto questo? Incidenti stradali, interruzioni continue del traffico. A questo si aggiunga un fatto che non posso tacere, benché sia assai sgradevole. Quelli che lei chiama “resuscitati” defecano e orinano sulla pubblica via, di fronte a tutti. Capirete che ciò non è tollerabile, per ragioni di igiene pubblica e di decoro. Più di una voce si è espressa a favore del concentramento dei morti viventi in apposite strutture protette, per garantire la loro e la nostra sicurezza.
L.S.:
Sta forse proponendo la creazione di campi di concentramento per i ritornanti?
G.S.:
Molte famiglie vedrebbero con favore questa soluzione. Non tutti possono farsi carico dei morti tornati in vita. E noi non possiamo permettere che gli equilibri sociali crollino a causa di un simile evento. Ho qui con me il testo di una petizione sottoscritta da alcune migliaia di cittadini. Vorrei leggervela:
Siamo onesti lavoratori e lavoratrici con figli a carico, abbiamo assistito i nostri anziani a prezzo di grandi sacrifici. Li abbiamo vegliati sul letto di morte. Abbiamo pianto per il loro decesso. Molti di noi hanno affrontato spese cospicue presso le agenzie di pompe funebri, solo per vedere poi ritornare in vita i nostri cari estinti. Non fraintendeteci: non intendiamo certo dire che ci dispiaccia rivederli. Allo stesso tempo, però, ci troviamo in una situazione difficilissima: le agenzie di pompe funebri non rifondono le spese già sostenute. Per le bare non è previsto il reso. Quanto ai nostri vecchi, come possiamo riaccoglierli in casa nello stato in cui sono?
Vi chiediamo pertanto di voler assumere dei provvedimenti volti, da un lato, a consentire il rimborso delle spese funerarie da noi sostenute, e dall’altro alla gestione degli ex-defunti. Non è pensabile che l’onere di affrontare una crisi sociale di questa portata sia demandato alle singole famiglie! Questi non sono anziani qualunque che possano essere affidati alle cure di una badante dell’Est: sono morti viventi!
Le istituzioni si attivino: ne va del futuro dei nostri figli!
Edgardo “Jerry” Rapisarda, Ministro della Salute:
Mi sia consentito… Mi sia consentito precisare che, da parte di alcuni esperti, è stato suggerito per motivi umanitari di applicare misure di eutanasia ai ritornanti.
L.S.:
Quindi, dopo averli rinchiusi in campi di concentramento, dovremmo pure sterminarli? E come, di grazia?
E.J.R.:
Beh, spetterà agli esperti definirà le modalità più adeguate.
L.S.:
Con l’acido prussico?
E.J.R.:
Non spetta a me deciderlo, ma agli scienziati.
L.S.:
Si rende conto della gravità di quanto va proponendo?
G.S.:
Professore, mi permetta: il ministro non ha tutti i torti. Di questo passo saremo costretti ad assumere misure draconiane. Dove li mettiamo tutti questi resuscitati? Che facciamo, se non muore più nessuno?
L.S.:
Se il vostro intento è quello di sterminarli, dovrete assumervi la piena responsabilità di questa decisione. Per liquidare decine di migliaia di ritornanti servirà personale appositamente addestrato, strutture adeguate, forni crematori in cui smaltire i resti… E mentre voi – o meglio: mentre coloro che incaricherete di questo ingrato compito distruggeranno i resuscitati, altrove, nel frattempo, gli esseri umani continueranno a morire… e a tornare. Lo capite questo? Sarete comunque sopraffatti. Sapete quante persone muoiono ogni giorno nel mondo? Centocinquantamila. Al giorno!
E.J.R.:
In tal caso si potrebbe prevedere di decapitare i cadaveri non appena accertato il decesso.
L.S.:
E chi dovrebbe eseguire questo compito? Il personale sanitario? I parenti?
G.S.:
Qualcosa bisognerà pur fare, o dovremmo stare a guardare mentre la società collassa? Forse lei non sa che in alcune località si stanno costituendo delle ronde. I cittadini, esasperati, si mobilitano per contrastare il vagabondaggio dei morti viventi.
L.S.:
Ma quali ronde, quali cittadini esasperati, si tratta di gang di teppisti!
E.J.R.:
Questa è la sua opinione, che non condivido.
G.S.:
Nemmeno io.
L.S.:
E lei, eminenza, che ne pensa?
Cardinale Bartolomeo Fulci:
La gravità del momento impone a tutti noi di ponderare con estrema attenzione le nostre parole. Siamo in presenza di un prodigio, un evento inaudito che interpella le nostre coscienze: i nostri cari defunti ritornano in vita! Come si può anche lontanamente pensare di destinarli alle camere a gas?
E.J.R.:
Proprio perché abbiamo a cuore l’interesse generale siamo tenuti a valutare, sia pur con rammarico, l’ipotesi di ricorrere a soluzioni estreme.
La riunione si chiuse con un nulla di fatto. Ciò non impedì tuttavia che venisse diramato alle agenzie di stampa un comunicato dal titolo:
“Piena intesa tra le autorità politiche, militari e religiose”.
Personalmente, non mi sono mai fatto illusioni. A differenza di altri sapevo che non sarebbe durata a lungo. “Non sono ostili”, dicevano, ed era vero, o quantomeno lo è stato, per un po’. Sino a quando, esasperati dalle violenze subite, i resuscitati non hanno cominciato a reagire. Sapete benissimo a cosa mi riferisco. I resuscitati venivano sistematicamente presi di mira da bande di giovinastri e di energumeni. Aggrediti per strada senza alcun motivo, per semplice “divertimento”. Nessuno si è preso la briga di arginare questa ondata di assalti. Sono stato testimone di uno di essi. Stavo tornando a casa, sul marciapiede pochi metri avanti a me avanzavano con passo incerto due resuscitati. Una vettura cabrio rallentò, si accostò al marciapiede e un tale, seduto al posto del passeggero, si sporse e colpì a tutta forza con una mazza da baseball la nuca di un resuscitato facendolo crollare a terra. Episodi simili si sono verificati in tutto il Paese. Sui giornali ci fu persino chi provò a giustificare queste violenze sostenendo che i resuscitati, sommariamente definiti “zombi”, non possiedono alcuno status, alcun diritto civile, essendo stati dichiarati clinicamente morti.
A questi opinionisti si è obiettato che il vilipendio di cadavere è un reato punito dalla legge. Non è servito a nulla. Ed ora siamo nella merda nera.
"È fondamentale cercare di evitare il più possibile il contatto diretto con i resuscitati. Se si venisse morsi o graffiati da uno di essi, non si potrebbe escludere il contagio"
I virologi furono i primi a lanciare l’allarme, ma era ormai troppo tardi. Il contagio aveva già preso piede. Come se avessero ricevuto lo stesso ordine nel medesimo istante, alla fine del mese di giugno i resuscitati cominciarono ad assalire i vivi, mordendoli e graffiandoli. Le vittime di queste aggressioni, trasportate in ospedale, manifestavano i sintomi di una gravissima infezione virale, resistente ai farmaci, capace di colpire il sistema nervoso centrale e provocare la morte nel giro di poche ore. Quel che è peggio, a breve distanza dall’avvenuto decesso gli infettati tornavano in vita e assalivano a loro volta il personale medico-infermieristico, mossi da un incoercibile impulso a lacerare le carni dei vivi per nutrirsene.
L’esercito fu mobilitato, in ritardo. Le autorità politiche, paralizzate dalla paura, stentarono ad assumere provvedimenti efficaci. E l’epidemia dilagò. Fu così che ebbe inizio la fine.
Pietro Ferrari
sabato 4 giugno 2022
Intendo raccontarvi una storia mirabile e sinistra, ambientata in un tetro mondo che conosce soltanto la luce di un piccolo sole grigio che ottunde i viventi con i suoi raggi nocivi, come un messaggero di prossima sventura, istante per istante. Il vento alza la polvere. Il vento stesso sembra polvere. Nelle piazze si radunano uomini in armi, marciando e intonando strani inni di guerra. Battaglie. Sirene che urlano. Vetri rotti. Esplosioni di bombe. Una guerra endemica, uno stato di rivolta perenne che non porta a nulla. Canzoni di esaltazione inumana le cui note si innalzano al cielo spento e si perdono in lontananza nei vicoli. Un’ideologia della violenza come strumento di darwinismo sociale. E dall’altra parte dello schieramento, convulsa irrazionalità, la follia ossimorica di chi uccide in nome della Vita, di chi massacra di botte in nome della Nonviolenza. Fuochi sul muri, che rendono nero e untuoso ogni intonaco. Porte divelte, cadaveri bruciati per strada con taniche di benzina. C’è chi giura di aver visto corvi morti trascinati dal vento disfarsi in mulinelli di scintille nere. C’è chi giura di aver visto bambine pallide alle finestre di case diroccate. C’è chi giura di aver sentito sospiri echeggiare per le vie notturne senza una causa apparente. Avrà mai fine tutto questo marasma? Sorgeranno nuovi giorni dopo questa Era dei Lupi? Mentre dall’alto del suo inespugnabile Palazzo il Ministro Somnyu invita alla calma e nega in sostanza l’entità degli scontri, centinaia di giovani muoiono invano. Il vecchissimo Presidente Morranu, del tutto estraniato dalla realtà, continua ad invitare la gente all’ottimismo. “Il declino non esiste”, questo è il suo motto.
Incapace di lasciare la tomba, incapace di svincolarsi dalla carcassa, lo spirito di Xad odia. Odia tutto e tutti i viventi. Eppure in vita era stato animato da tante utopie. Veleno. Ora Xad sa. Tutto ciò per cui ha vissuto è solo veleno, solo menzogna. Questa consapevolezza non gli è però di alcun aiuto. Tutto gli pare paradossale. L’unica cosa di cui è ricco è il tempo, che sembra non scorrere mai, quasi fosse cristallizzato nell’intorno di pochi istanti. Xad sfrutta questa ricchezza sconosciuta ai vivi per cercare di capire qualcosa della sua orrida situazione presente. Eternamente presente.
Era tra i fanatici Aphitnah, quando una notte molti coltelli stroncarono la sua esistenza terrena, versando il suo sangue tra le immondizie che cospargevano la sordida via dell’agguato. All’inizio Xad non era neppure capace di accorgersi di essere morto. Pensava che l’avesse colto una paralisi maligna, del tipo sindrome dell’uomo incapsulato, che non gli permetteva di muovere neppure un muscolo. Vedeva i suoi compagni ricomporre il suo corpo e coprirlo con un sudario, e cercava in preda al panico di dire loro qualcosa, di fare capire loro che lui viveva, che non dovevano seppellirlo. Nessun nervo, nessun muscolo gli obbediva. Così dopo la veglia funebre fu chiuso nella bara e portato al cimitero. Poco alla volta si rese conto di non avere bisogno alcuno di respirare...
Xad coglie nella sua squallida prigionia il rumore dell’erba che cresce, il gorgoglio del flusso mucoso secreto per stillicidio dalle ghiandole salivari degli uccelli. Non gli servono occhi per vedere, non gli serve la luce per discernere gli oggetti e i loro dettagli più insignificanti dalle ombre del sottosuolo. È cosciente come mai fu in vita. Coglie con agghiacciante lucidità il formarsi di metilmercaptano nelle sue carni, e per ingannare il tempo che gli sembra immobile, Xad elabora mappe mentali dello sfacelo della sua carcassa. Si costruisce una ragnatela simbolica atta a descrivere i gradienti di concentrazione degli enzimi putrefattivi, sonda dedali di canalicoli morti nel loro implacabile rattrappirsi, percepisce l’ammorbante accumulo dei gas cadaverici nei diverticoli del suo ventre gonfio, il loro fuoriuscire dai tessuti, molecola dopo molecola. Avverte la gioia delle larve intestinali, gongolanti in quel fetido brodo di morte. Se solo pochi istanti vissuti al rallentatore gli mostrano tutto questo, come potrebbe mai lo spirito di Xad sopportare i miliardi di eoni che ancora lo separano dalla libertà? Ma sarebbe mai venuto quel momento? O il suo essere si sarebbe disperso con la polvere del corpo?
Occhi sinistri osservano il corpo di Xad nel suo decomporsi. Il Gobbo Nero è una presenza discreta, al punto che per molto tempo lo spirito di Xad non è stato capace di accorgersi di lui... Non è un Gobbo Nero come tutti gli altri, non somiglia ai terrori notturni che funestano i sonni degli infanti facendoli destare madidi di sudore in preda alla tachicardia, quando non li uccidono con un improvviso blocco respiratorio. Questo è un omino molto particolare, che si distingue anche nella tenebra più fitta per i suoi giganteschi occhi di insetto. Ommatidi fissi, lucidi, di un duro nero iridescente e assassino. Non un filo di anima sembra filtrare da quei pozzi infernali che ora fissano gelidi il cadavere immobile nel marmo.
Ora Xad sa. Sa perché il sesso genera tanto dolore. Sa perché l’unione tra maschio e femmina è l’impulso contaminante alla radice di ogni male. Xad sente l’odore della propria salma-carcere. Quella puzza di formaggio marcio misto a qualcosa che ricorda lo sterco grasso. Quel sentore afoso ed opprimente familiare a chiunque abbia annusato effluvi cadaverici filtranti da una lapide mal messa in una tomba murale. Nessuno se ne dimentica una volta che l’ha sentito anche soltanto una volta. Quello è l’odore dell’Uomo, quella è la fragranza delle sue pelle. Ogni persona porta su di sé il marchio d’infamia della propria creazione, per quanto possa darsi da fare a rimuoverlo lavandosi.
Oh vermi, mi consegno all’oscenità della vostra masticazione!
Liberatemi da questa maschera!
Oh Nulla, mi consegno al Tuo oblio!
Immergimi nel pozzo da cui non c’è ritorno!
Fa’ sì che io cessi di esistere e non sia mai esistito!
Oh predatori degli Inferi, cancellate ogni mia impronta dai labirinti del divenire!
Liberatemi da questa insopportabile finzione!
Oh Baratro, inghiotti la mia ontologia, bevi il mio noumeno!
Che ogni vibrazione cessi nella sostanza astrale che ancora mi fa ragionare!
Giacigli funebri, visti come estensioni più insondabili delle vastità siderali... Marmi intrisi del sudore e dello spurgo del Tristo Mietitore, lapidi che occultano i segreti ultimi degli Dèi dell’Annientamento. Nel campo visivo distorto del cervello morente si diffrangono figure del tutto nuove, sagome di astronavi affusolate dirette verso un inconoscibile iperspazio… Una caverna prende forma nei bassifondi della consapevolezza, e il suo richiamo è dolce. Attira il viandante come la melodia di una sensuale sirena, e dal festino illusorio in cui sono profusi gli ultimi colori dell’esistenza terrena, ecco che si passa a un nero assoluto che promette la fine di ogni affanno: il Riposo…
La Montagna della Morte sorge dagli Inferi come un lento e mostruoso leviatano. All’inizio è solo un piccolo ostacolo sul Cammino della Vita, ma presto cresce in modo inarrestabile e oscura ogni cosa con la sua ombra minacciosa. La Terra di Psyche trema, si spacca, e la sua geografia neurale viene sconvolta. La Montagna cancella il Cammino, ne disperde l’essere e il ricordo, per estendere il suo nero manto sull’intero orizzonte. Tutto è futile, tutto è inutile entropia: il DNA, la sua lotta per sopravvivere, l’agonia dello sperma che cola dall’uretra nell’istante del trapasso, teso verso un’impossibile immortalità. Quell’ultima erezione, vana e convulsa contrattura del violato, simulante un coito con il vuoto sotto gli occhi del Cielo del Nulla. Come un ragno gettato nell’Abisso, che dimena impazzito le sue zampe cercando un inesistente appiglio, l’intero universo che muore lentamente nel suo ottuplice sguardo.
Ille Tumleh ha ormai smesso di guardare fuori dal suo studio umido e fungoso. Quella finestra è poco più di una feritoia incassata in un muro spesso da cui essuda una fetida muffa grigia. Sul lato opposto della stanza è appeso il grigio ritratto di un uomo smunto dal volto allungato e dagli occhi vuoti. Nessuno ha mai saputo chi fosse, ma non c’era una sola persona che potesse guardarlo senza provare un indefinito senso di contagio orrorifico. Tumleh sa anche il perché, e sa che sarebbe molto difficile per qualsiasi persona razionale accettare quella sua spiegazione. Quel quadro appartiene a un altro universo, è una reliquia extra-continuum, un reperto erratico sfuggito alle leggi della quantistica. Tumleh conosce soltanto il nome dell’uomo, ma non osa pronunciarlo per timore che il suo suono possa produrre una qualche disgrazia. E che strano suono, talmente esotico che non si riesce a capire da quale lingua possa essersi generato… Lav-Krapht... Proprio mentre ci pensa, il campanello suona e una lettera viene fatta scivolare sotto la porta.
Ille Tumleh medita sulla strana richiesta pervenuta al suo ufficio investigativo. Un uomo misterioso privo persino di pseudonimo è interessato a recuperare ad ogni costo un oggetto capace di gettare sul mondo intero sventure indicibili. Acclusa alla lettera è la narrazione di uno strano mito di origine sconosciuta, di cui è stata trovata traccia in un’iscrizione petroglifica della remota Terra di Remus. Si dice che 36.000 cicli solari prima, durante l’avvicinamento del pianeta oscuro Uribin, dalla sua Porta Dimensionale sia scaturito Spur, il Demiurgo-Insettoide. Un umanoide grigio che poteva sopravvivere soltanto lontano da qualsiasi radiazione stellare. Chiuso nella sua arca di piombo uranifero, sarebbe caduto nelle profondità di Edre, in attesa di essere di nuovo liberato dai sommovimenti tettonici che lo avrebbero riportato in superficie e reso immortale. Seguendo i calcoli contenuti nell’opera dei Grandi Necromanti di Nahtap, la sua presenza sarà presto localizzata…
L’università di Mahkra regna la desolazione. I mattoni sono erosi dalla lebbra dell’umidità, dalle muffe, da grasse fungosità. Dovunque per strada ci sono scorie e rottami, sembra che la cittadella accademica sia stata abbandonata da tempo. Ille Tumleh non incontra anima viva sul percorso che porta alla Biblioteca. Oltre a lui, l’unico essere dotato di moto proprio è un ratto bianco che corre a nascondersi in un diverticolo ctonio. Lacere bandiere politiche sono appese sui tetti dei dormitori dai vetri rotti. Sfilacciate, hanno ormai quasi perso i loro colori. Alcune appartengono a movimenti nati da poco e già paiono vecchie di decenni. Mentre procede, l’investigatore medita sul mito e sul senso della sua ricerca. Non ci sono dubbi che il sarcofago del Demiurgo-Insettoide è il responsabile dell’atroce stato di decadenza dell’intero pianeta. Se sarà scoperchiato, la sua potenza contaminante non potrà essere contrastata. Un rumore infrange quella quiete quasi assoluta, distraendo l’uomo dalle sue anguste meditazioni. Alza gli occhi e li rivolge a un muro, su cui campeggia una scritta tracciata di fresco: XAD ODIA.
Ille Tumleh rimane a lungo ad osservare quella scritta. La fissa senza poter distogliere lo sguardo, come se ne fosse rimasto ipnotizzato. Una corrente tellurica di immagini subliminali trasmette il nero più assoluto nella sua anima. Non riesce a muoversi. È rimasto profondamente impressionato da quello che avrebbe dovuto essere solo uno slogan. Si immagina una larva malefica covante nel corpo in decomposizione di un giovane precocemente stroncato, nel marmo di una tomba. Una proiezione, uno spettro. L’ombra di un’ombra, ma ancora capace di rancore, di furia. Una cosa inquietante... I pensieri sorsero come da un pozzo indefinito. ITIPVTVLHTAVSAL. Così gli antichi Ansar chiamavano nella loro lingua l’essere che non poteva sfuggire da un luogo di sepoltura, murato per sempre in un letto di dolore.
- La cosa più assurda di questa vicenda acherontica – rifletté - è che questo Xad un tempo era un Edarmak. Poi all'improvviso, quasi a causa di un colpo in testa, divenne un Aphitnah pazzo... Forse un coagulo sanguigno gli ha fatto cedere la materia grigia? Non posso fare a meno di meditare... Quello che noi siamo può essere etichettato in vari modi, a seconda del contesto in cui siamo nostro malgrado costretti a vivere. Comunque possiamo definirci, come disse Naroic, la passione trae il suo assoluto dalla miseria delle ghiandole...
La Biblioteca è l’estremo sacrario della Conoscenza Occulta, un faro nella notte dell’Ignoranza che appesta i mondi. Soltanto a Makhra si trovano i terribili testi scritti nella lingua di Nahtap, soltanto lì sono disponibili i difficili manuali necessari per decrittarli. Il sole sorge e tramonta tre volte senza che alcun cibo venga ingerito, ma alla fine di questo periodo di studio e di astinenza, lo studioso sa tutto…
Ille Tumleh ha aspettato l’estinzione della tenue luce solare e il tramonto della luna maggiore. Ora soltanto la luna minore emana un fioco riverbero di un giallastro tubercolotico. La sua superficie pustolosa è a malapena visibile, offuscata da una corona cinerea che ne assorbe la poca luce. L’investigatore entra scavalcando un muro cadente e si ritrova nei campi di inumazione. I necrofori non hanno ancora finito il loro lavoro quella notte. Portano su un baroccio alcune ragazze morte. Giovani, bellissime e nude. Sputando e imprecando, spalano il terriccio cedevole e scavata una fossa comune ci gettano dentro i cadaveri. Presto ricoprono tutto con la terra, senza lasciare un solo segno. Una tristezza abissale scuote Ille Tumleh. C’è qualcosa di mostruoso, di iniquo, ma non sa dire cosa.
Il cimitero resta deserto. Dalla zona adibita alla consunzione rapida dei cadaveri della classe bassa e dei colpiti da pregiudizio, Ille Tumleh si sposta verso le sepolture della classe media. Una serie di cappelle di pietra contengono fino a una decina di corpi. Da una di queste costruzioni sente uscire un fumo mortifero: è vicino alla tomba dove giace Xad. Anche la luna minore tramonta, disperdendo gli ultimi soffi del crepuscolo. L’investigatore è solo, senza l’aiuto di alcuna luminaria celeste. Per vedere in quella densa oscurità indossa un paio di occhiali a diamanti rossi. Ciò che gli interessa si trova nella zona ove sono tumulati i nobili, dove le bare sono trasparenti ed esposte in cappelle trasparenti, dove chiunque può contemplare il progresso della putrefazione…
Il Commissario incaricato di svolgere l’indagine non sa cosa fare, la mancanza di indizi sembra totale. Un altro caso di scomparsa di persona neutrale denunciato nel giro di cinque giorni. A un tratto è attirato da un’agenda ricoperta di pelle nera, che fino ad allora era sfuggita al suo sguardo inquisitore. Fa cenno a un suo assistente, quindi si siede, apre una pagina a caso del Diario di Ille Tumleh e comincia a leggere:
“Mi circondano. Mi trovo nel cimitero dalle bare di vetro, in una notte illune e senza stelle. Lampi di fotoni sprizzano dai miei occhi rossi e fendono la coltre di tenebra. I miei stivali lasciano impronte profonde nel terreno molliccio. All’improvviso sento rumori sospetti e mi nascondo dietro una cappella gentilizia. Due figure avvolte in pesanti mantelli si dirigono verso i campi di inumazione ventennale, armati di pesanti vanghe. Iniziano a scavare e presto portano alla luce una sepoltura del tutto diversa dalle altre. La bara non è trasparente come tutte le altre, ma fatta di un metallo più denso del piombo. A malapena i profanatori riescono a issarla servendosi di un paranco. Iniziano ad armeggiare, ma nessun loro strumento riesce a scalfirla. All’improvviso il coperchio si apre come se fosse dotato di vita propria, e all’incerta luce delle torce degli intrusi ecco mostrarsi qualcosa di raccapricciante: un antico demone grigio in stato di ibernazione. I suoi occhi di insetto irradiano tutti gli orrori dell’universo concentrati in pochi guizzi di alienità. I due uomini emettono urla strazianti, inconcepibili, morendo di follia nel giro di una manciata di secondi.”
Distese che si riempiono di fumo. Sembra una nebbia ma non lo è. Sono i tentacoli di qualcosa che si sta intrudendo nel tessuto stesso del cosmo. Xad è consapevole e si inebria di queste radiazioni lattiginose. Man mano che i viventi si indeboliscono, lui acquista forza. Ora lo sa per certo, la sua densità si accresce. Chi mai potrà fermarlo? Un guizzo di empatia chitinosa accende in lui un’estasi maligna.
Il condottiero Hcabssor ordina la distruzione della tomba di Xad e la cremazione del suo cadavere, per porre fine all’annosa maledizione. Da tempo ormai gli alberi non danno più frutti, come se da quel sepolcro spirasse un vento capace di congelare i germogli e di bruciare i fiori... Molti giovani sono impazziti per l’influsso empatico dello spirito di Xad, capace di trasmettere flash di immagini orripilanti nelle menti più suggestionabili. Ormai è a tutti chiaro, è come se un eclissi perenne fosse calato sul sole già grigio. I cani ululano di continuo nel modo più straziante, la terra muore e diventa scura e gelida come basalto di Xor. Così gli squadristi di Hcabssor irrompono nel cimitero e devastano la tomba, appiccando fuoco ai resti mortali di Xad dopo averli cosparsi di pece. Per esaugurazione tracciano svastiche destrorse tutto intorno al luogo della rovina. Ma un getto di polvere si alza dal rogo e si allontana nella nebbia, quasi fosse dotato di volontà propria...
Marco "Antares666" Moretti