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martedì 26 maggio 2020

LA SFINGE, UN RACCONTO BREVE DI EDGAR ALLAN POE

 
La sfinge (The Sphinx) è un racconto di Edgar Allan Poe, pubblicato per la prima volta nel gennaio del 1846, sulla rivista Arthur's Ladies Magazine di Filadelfia. Fu ripubblicato nel 1859 nel secondo volume (Poems and Tales) della raccolta postuma The Works of the late Edgar Allan Poe (editore: Blakeman & Mason). Fu pubblicato dopo la raccolta Racconti del terrore e dell'incubo, del 1845, così non vi è incluso. Tuttavia in seguito le case editrici hanno pubblicato tra i Racconti del terrore e del grottesco questo e altri testi scritti tra il 1846 e il 1849 (anno della scomparsa dell'autore). Direi che l'attribuzione più ragionevole è ai Racconti dell'incubo. Per alcuni sarebbe invece da classificarsi tra i Racconti di tema vario


Traduzioni del titolo:
  Italiano: La sfinge
  Tedesco: Die Sphinx
  Francese: Le Sphinx
  Spagnolo: La esfinge
  Rumeno: Sfinxul 
 
Elenco completo delle edizioni italiane:  

Traduzioni in italiano: 
Maria Gallone
Fernanda Pivano, A.C. Rossi, Aldo Traverso, Virginia Vaquer
M. Carla Solomeni, Vincenzo Brinzi
Carla Apollonio  
Maria Gallone  
Giorgio Manganelli  
Daniela Palladini
Daniela Palladini e Isabella Donfrancesco 

Traduzione in francese:
William Little Hughes (1822 - 1887). 
Questo è uno dei 25 racconti di Poe che non furono tradotti da Charles Baudelaire. La traduzione di Hughes compare nel volume Contes inédits, pubblicato da Hetzel nel 1862.  
 
Trama: 
Una violenta epidemia di colera imperversa, devastando New York. Il narratore viene invitato da un parente a trovare rifugio nel suo cottage sulle rive del fiume Hudson, nelle vicinanze di una collina franata. Nonostante i buoni propositi di dedicarsi alle passeggiate e alle attività di diporto, il tempo sembra non passare mai. Prevale lo sfinimento e non c'è molto da fare, a parte attendere notizie luttuose dalla città. A un certo punto il narratore, dopo essere rimasto a lungo immerso nella lettura, guarda dalla finestra e crede di vedere un mostro spaventoso che si precipita giù dalla collina per poi scomparire all'improvviso. Per un po' l'uomo non ne fa parola per paura di essere ritenuto folle. Vince le sue paranoie soltanto dopo diversi giorni di conflitto interiore. Il proprietario del cottage è più incline alla razionalità e ascolta con estrema attenzione la descrizione della bestia favolosa; quando la situazione si ripete mentre i due si trovano nella stessa stanza, guarda dalla finestra e afferma di non riuscire a vedere alcun mostro. Quindi apre un libro di filosofia naturale e mostra al suo compare l'esatta descrizione della mirabile creatura, una falena detta sfinge testa di morto, a sua detta piccolissima. 
 
Testo originale e traduzioni: dettagli 
 
Si nota subito che New York è scritto con il trattino (hyphen): New-York. Un uso stravagante che di questi tempi lascia allibiti. Il testo originale ha cottage ornée, con esibizione di francesismo, come andava di moda nella Boston snob del XIX secolo. Tuttavia va specificato questo: cottage non è una parola francese genuina, essendo stata importata dall'inglese. La pronuncia /kɔ'taʒ/ è francesizzata ortograficamente. Il genere del sostantivo è maschile, così si dovrebbe dire cottage orné, non cottage ornée, dato che ornée è la forma femminile. Finora mi sono sempre imbattuto in traduzioni italiane in cui questo aggettivo è stato obliterato. Il corsivo usato da Poe dimostra che la parola cottage era considerata francese dai Bostoniani. Con ogni probabilità nei salotti si pronunciava /kɔ'taʒ ɔR'ne/. L'ironia di tutto questo è che la parola inglese cottage /'kɔtɪdʒ/ proviene a sua volta dall'antico francese cote "capanna", a sua volta dal norreno kot "capanna". Sia sempre benedetta la santa Scienza dei prestiti lessicali, che ci permette di provare un vero e proprio edonismo spirituale! 
 
Interpretazione 

La vulgata corrente considera questo racconto come una descrizione dell'emozione della paura e del suo potere di neutralizzare le menti suggestionabili. Esiste anche un'altra opinione abbastanza diffusa: l'allucinazione del protagonista sarebbe un'allegoria della natura ingannevole delle apparenze. Simili banalità non spiegano l'orrore che si prova nel leggere il breve testo, la cui ontologia abissale non è riducibile al meccanicismo neopositivista del pierangelismo. La sfinge è come un buco nel cielo, una voragine di un nero assoluto che si apre all'improvviso dove non dovrebbe esserci. Le radiazioni che fanno la loro irruzione da quel sinistro pertugio sono l'eco di un altro Universo, atrocemente più vasto di quello in cui conduciamo le nostre vane esistenze. 

 
Distorsione percettiva  

Nel Mito della Caverna, narrato da Platone, si descrive il processo di liberazione dell'uomo tenuto prigioniero nelle tenebre fin dalla nascita. Quando egli giunge alla luce del sole, che rappresenta il Bene, riesce a comprendere la vera natura delle cose. Il suo è un processo di anabasi. Per contro, Poe descrive un processo di catabasi. Una discesa agli Inferi. I sensi allucinati dell'uomo trasformano la spettrale falena in un immane leviatano. Siamo poi così sicuri che si tratti soltanto di un'illusione? Certo, per le genti del mondo è senza dubbio così: quanto vede un allucinato non può avere forma né sostanza alcuna. E se invece egli avvertisse, anche solo per pochi attimi, il tocco di qualcosa che viene dall'Esterno? E se non si trattasse di un riflesso di un'emozione, bensì di qualcosa che ha un'ontologia propria e funesta? Ecco come il narratore descrive la spaventosa apparizione:
 
"Cercando di valutare la mole della creatura, in rapporto al diametro dei grandi alberi presso i quali passava, – i pochi giganti della foresta che erano sfuggiti alla furia della frana – conclusi che doveva essere più grande di qualsiasi nave di linea in attività. Dico nave di linea perché la sagoma del mostro ne suggeriva l’idea, – lo scafo di uno dei nostri «settantaquattro» può dare un’idea abbastanza esatta del suo profilo. La bocca dell’animale era posta all’estremità di una proboscide lunga una ventina di metri, e grossa come il corpo di un comune elefante. Vicino alla radice di questa escrescenza si vedeva un’immensa quantità di arruffati peli neri – molti più di quelli che avrebbero potuto fornirne le pelli di una mandria di bufali; da questo pelame sporgevano, sui lati all’in giù, due zanne scintillanti, non diverse da quelle di un cinghiale, solo infinitamente più grandi. Protesa, parallelamente alla proboscide e da ogni lato di essa, c’era una gigantesca asta lunga una diecina di metri, apparentemente di puro cristallo, a forma di perfetto prisma; essa rifletteva nel modo più fantastico i raggi del declinante sole. La proboscide era a forma di cuneo con il vertice diretto verso terra. Da essa si aprivano verso l’esterno due coppie di ali – ogni ala raggiungeva la lunghezza di quasi un centinaio di metri – in ogni coppia un’ala era piazzata sopra l’altra e tutte erano ricoperte da spesse scaglie di metallo; ogni scaglia aveva apparentemente un diametro di oltre tre metri. Osservai che ogni ala superiore era unita alla corrispondente inferiore da una robusta catena. Ma la peculiarità principale di questa cosa orribile, era la raffigurazione di una Testa di Morto, che copriva quasi interamente la superficie del suo petto, e che era tracciata con precisione in uno scintillante color bianco sul fondo nero del corpo, come se fosse stata disegnata con grande cura da un artista. Mentre guardavo il terrificante animale e più specialmente l’immagine sul suo petto, con un senso di orrore e di timore – misti a una sensazione di sciagura incombente, che mi riusciva impossibile colmare malgrado ogni sforzo della ragione, vidi le enormi mascelle all’estremità della proboscide, spalancarsi all’improvviso; ne usci un suono così forte e pauroso, che colpì i miei nervi come un rintocco funebre. Quando il mostro scomparve ai piedi della collina, caddi svenuto al suolo."
 
Portenti e presagi 

Il ragionamento dei meccanicisti è abbastanza lineare: se l'emozione nasce nel sistema limbico ed è prerazionale, il sentimento è qualcosa che presuppone la consapevolezza, venendo ad esistere solo quando la mente focalizza la sua attenzione sull'emozione. Il protagonista è dominato dal terrore che il Tristo Mietitore possa giungere fino a lui, ma quando pensa ai presagi passa dall'emozione al sentimento. Cerca di dare un'interpretazione a quanto gli accade, ma siccome la sua mente è limitata, non agisce come un perfetto orologio cartesiano. Invito questi materialisti a maggior rispetto nei confronti dei portenti e dei presagi, che non sono meri simboli della superstizione o ubbie generate dall'ignoranza del popolino. Usando l'interpretazione dei segni, un aruspice etrusco predisse l'esatta durata del potere di Roma. Osservando il volo degli avvoltoi e contandoli, predisse con esattezza il declino e la fine dell'Urbe. Innumerevoli sono gli esempi che si possono citare. Sono diverticoli del Labirinto su cui irradia il Sole Nero della Morte dell'Essere. 
 
Edgar Allan Poe e la coprofilia 
 
È stato detto che nelle opere di Edgar Allan Poe è presente una larvata necrofilia. Credo che nessuno si sognerebbe di mettere in discussione questa verità. Ebbene, La sfinge ci mostra una larvata coprofilia sovrapposta all'onnipresente necrofilia. Il Bostoniano era un grande, in grado di far collassare interi universi concentrandoli in poche parole. Così ha scritto: "L'aria stessa del Sud ci sembrava recare odore di morte" (The very air from the South seemed to us redolent with death). Morte mista agli escrementi! Per quasi tutti gli attuali lettori, il colera è soltanto una reminiscenza letteraria. È soltanto una parola. La sola possibile eccezione a me nota è un tale che si era recato in India durante un'epidemia di colera e aveva praticato l'anilingus a una prostituta, salvo poi struggersi in mille paure ipocondriache. Poe sapeva bene cosa scriveva: l'epidemia di colera che aveva devastato New York avvenne nel 1832, mentre lui era in vita. Cercherò quindi di trasmettere ciò che sentiva, usando parole vivide. Culi sporchi di merda. Orifizi laidi, duramente provati da continue scariche di diarrea acquosa e caustica. La flora batterica dell'intestino è ormai un lontano ricordo: anche le sue ultime tracce sono state evacuate. Coliche atroci e scorregge crepitanti, mentre sembra di avere il piombo fuso nel ventre teso. Vomito che non dà requie. Ormai lo stomaco non riesce a trattenere più nulla e non è sopportabile nemmeno il pensiero di ingurgitare qualcosa. Tremore che scuote le membra gelide per l'ipotermia. Delirio. La coscienza che sprofonda in un'oscurità solida, compatta, fino a spegnersi del tutto. Se ci riuscite, provate a immaginarvi centinaia, migliaia di persone in simili condizioni. Perché questa è un'epidemia di colera. Al giorno d'oggi non ci siamo più abituati. Il colera nasce dalla contaminazione fecale. Si trasmette tramite rapporti oro-fecali e oro-anali. Il suo imperversare è favorito dove sono comuni gli atti di coprofagia, consapevole o inconsapevole. Ci sono state vittime illustri. Ormai pochi ricordano che Giacomo Leopardi morì di colera. Lo aveva contratto da un gelataio che preparava i sorbetti senza essersi lavato le mani dopo aver smerdato. Il Poeta di Recanati si recava nella gelateria ogni giorno, e si divertiva ad osservare le giovani della Napoli Bene, quelle che - parole sue - "vendevano la gola". Morì tra spasmi atroci. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune e cosparso di calce. Recuperato da amici e sepolto in una chiesa, il cadavere fu poi rubato e profanato dai necrofili.  
 
Acherontia atropos  
 
La sfinge testa di morto (Acherontia atropos) è una farfalla notturna di notevoli dimensioni. È a dir poco eccezionale e nota a tutti per il caratteristico disegno che ricorda un teschio umano. Pochi sanno che è anche la sola farfalla a possedere una laringe e ad emettere suoni. Il suo verso è raggelante, sembra a metà strada tra il gracchiare di una cornacchia, la risata di una iena e il lamento di un moribondo. Può essere udito a molti metri di distanza. A produrlo è l'aria eiettata contro una lamina posta all'imboccatura della laringe, che la fa vibrare. A quanto ho saputo, anche il bruco è capace di emettere lo stesso lugubre verso. Mi è capitato di imbattermi sia in adulti che in larve di questa specie, ma sfortunatamente non ho mai potuto udire il loro repertorio sonoro. Mi sono rifatto ascoltando registrazioni reperite in rete e devo dire che mi affascina molto. Non si tratta di un richiamo: la falena infera lo usa per scacciare i predatori, quando si sente minacciata. Le sue abitudini sono assai singolari. Si introduce negli alveari, dove riesce a neutralizzare le difese utilizzando una sostanza il cui odore mima quello degli acidi grassi delle api. Con la possente spiritromba buca gli opercoli cerosi dei favi e ingurgita incredibili quantità di miele. Talvolta è così satolla da non potersi muovere: le api operaie la identificano, le si ammassano addosso fino a soffocarla, quindi la ricoprono di propoli per impedire che la putrefazione della carcassa ammorbi l'alveare.     
 
I meandri della tassonomia 
 
Poe utilizza la classificazione entomologica di Latreille. I Crepuscularia sono la seconda famiglia dei Lepidoptera; le sfingi o falene, che corrispondono al genere linneano Sphinx, sono divise a loro volta in quattro sezioni: Hesperisphinges, Sphingides, Sesiasides e Zygænides, che corrispondono rispettivamente ai generi fabriciani Castnia, Sphinx, Sesia e Zygæna. Nella denominazione attualmente in uso, il genere Sphinx appartiene alla tribù degli Sphingini, a sua volta parte della sottofamiglia delle Sphinginæ, appartenente alla famiglia delle Sphingidæ. Tanto per dare un'idea dell'estrema varietà di queste forme di vita, basterà riportare che la tribù degli Sphingini comprende in tutto 39 generi (di cui uno estinto), per un totale di 275 specie. Gli antichi Romani, sempre molto pragmatici, chiamavano la sfinge testa di morto con un nome secco e preciso: papilio feralis, ossia "farfalla mortifera".   
 
Razionalismo distorcente
 
La cosa bizzarra è che Poe descrive Acherontia atropos come un insetto piccolissimo, grande al massimo un millimetro e mezzo (about the sixteenth of an inch in its extreme length). La conversione fatta nella traduzione in italiano è corretta: 1/16 di pollice = 0,0625 pollici = 1,5875 millimetri.  In realtà la sfinge testa di morto è una delle falene di dimensioni più grandi, con un'apertura alare di 90-130 millimetri. L'addome, grassissimo e sensuale, è anch'esso di lunghezza notevole. Il bruco è grosso come un salsicciotto. Trovo ugualmente assurdo che l'insetto possa essere distante un millimetro e mezzo dalla pupilla dell'occhio dell'osservatore (and also about the sixteenth of an inch distant from the pupil of my eye). Si può quindi affermare che l'amico razionale del protagonista abbia a sua volta commesso un grave errore di valutazione delle distanze, rimpicciolendo la creatura anziché ingigantirla! Non trovo alcun commentatore che si sia accorto di questo importante particolare. Forse a causa del racconto di Poe, nell'immaginario collettivo americano è impressa l'idea che la farfalla sfinge sia di proporzioni minuscole. Nella celebre locandina del film Il silenzio degli innocenti (The Silence of Lambs), di Jonathan Demme (1991), si può vedere un esemplare di Acherontia sulla bocca di una ragazza. Il disegno del teschio è sostituito da un'immagine tratta da un dipinto di Salvador Dalì, con alcune donne nude che sembrano formare un teschio. Il punto è che le dimensioni del lepidottero sono piccolissime!
 
Rosso: areale permanente
Arancione: areale estivo

Un notevole errore 
 
Una cosa davvero interessante è la distribuzione territoriale della falena Acherontia atropos. Per farla breve: in America questo lepidottero non esiste. Il suo areale di diffusione include l'Europa, l'Africa e parte dell'Asia occidentale. Certo, esistono altre due specie simili, Acherontia styx ed Acherontia lachesis, ma sono entrambe tipiche dell'Asia. Quindi non è fisicamente possibile che qualcuno abbia potuto vedere una sfinge testa di morto nel territorio dell'Hudson. Si tratta di un clamoroso errore, che può soltanto saltare all'occhio di chi si diletta di entomologia. Con ogni probabilità lo scrittore di Boston aveva visto esemplari di Acherontia atropos durante il suo soggiorno in Inghilterra e ne aveva tratto ispirazione per scrivere il suo racconto. Certo, a un genio come lui si perdona questo ed altro!  
 
Demiurgia e aneddotica 
 
Poe ha nutrito il nostro spirito. Ha contribuito con le sue creazioni a fare di noi ciò che siamo. Ogni tratto della sua scrittura disegna un intero Cosmo, governato da leggi soltanto in apparenza simile a quelle che conosciamo. Ha potuto dar vita a un intero Universo di orrore e di percezioni distorte perché è vissuto in un'epoca in cui era riconosciuta la preminenza dell'aneddotica. Scriveva in modo febbrile, senza nemmeno provare a verificare la precisione di ogni singolo dettaglio. Così troviamo numerose bizzarrie e incongruenze nei suoi testi. Non si tratta di difetti, come si potrebbe pensare a prima vista, bensì di gemme. Certo, erano tempi diversi. Esisteva ancora un pubblico pronto a riconoscere la grandezza dell'artista, dell'evocatore. Il presente è sterile. I grandi come Poe sono ancora apprezzati, ma solo perché sono giunti come fossili da un passato ormai esaurito. Oggi non sarebbe più possibile il sorgere di un uomo simile. Non ne sarebbe riconosciuta la grandezza e non andrebbe da nessuna parte. Ogni sua minima affermazione sarebbe accolta con una domanda stizzosa: "Fonti?" 
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 

Segnalo giusto due recensioni. La prima è di Giovanni Sacchitelli: 
 

La seconda è di Federico "Dragonstar" Passarella:
 

venerdì 8 maggio 2020


I VIVI E I MORTI 

Titolo originale: House of Usher
AKA: The Fall of the House of Usher, The Mysterious House
     of Usher
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1960
Durata: 80 minuti
Genere: Orrore
Regia: Roger Corman
Soggetto: Edgar Allan Poe
Sceneggiatura: Richard Matheson
Produttore: Roger Corman
Produttore esecutivo: James H. Nicholson
Casa di produzione: Alta Vista Productions
Fotografia: Floyd Crosby
Montaggio: Anthony Carras
Effetti speciali: Larry Butler, Pat Dinga e Ray Mercer
Musiche: Les Baxter
Scenografia: Daniel Haller
Costumi: Marjorie Corso
Interpreti e personaggi:
    Vincent Price: Roderick Usher
    Mark Damon: Philip Winthrop
    Myrna Fahey: Madeline Usher
    Harry Ellerbe: Bristol
    Eleanor LeFaber: Fantasma
    Ruth Oklander: Fantasma
    Géraldine Paulette: Fantasma
    David Andar: Fantasma
    Bill Borzage: Fantasma
    Mike Jordan: Fantasma
    Mike Jordor: Fantasma
    Nadajan: Fantasma
    George Paul: Fantasma
    Phil Sulvestre: Fantasma
    John Zimeas: Fantasma
Doppiatori italiani:
    Emilio Cigoli: Roderick Usher
    Pino Locchi: Philip Winthrop
    Rosetta Calavetta: Madeline Usher
    Amilcare Pettinelli: Bristol
Titoli in altre lingue:
   Spagnolo: La caída de la casa Usher
   Tedesco: Die Verfluchten (lett. I maledetti)
   Francese: La Chute de la maison Usher 


Trama:
Il giovane Philip Winthrop è in viaggio verso la dimora nobiliare degli Usher, bramoso di raggiungere la sua dama adorata, la corvina Madeline. La casa è un maniero cadente che sorge in una landa spettrale, nebbiosa e desolata, quasi come un paesaggio marziano. Non vi nasce nemmeno un filo d'erba verde, non vi possono allignare nemmeno una lucertola o uno scarabeo, perché il suolo è contaminato e acido come il terriccio di morte che ricopre un'immensa fossa comune. Ovunque si ergono alberi neri, i cui rami untuosi sono come le braccia di un impiccato che continua ad urlare al cielo dal profondo del campo di inumazione. Quando finalmente Philip raggiunge gli Usher, riceve un'accoglienza fredda. Il fratello di Madeline, Roderick, si oppone al matrimonio. La stirpe degli Usher è maledetta e tarata, è stata condannata dalla Natura a causa della sua endogamia e dei sacrileghi trascorsi dei suoi fondatori maligni. Roderick, che è un albino simile a un'ombra dell'Ade, tale e quale a uno zombie macerato da anni di sepoltura, spiega bene queste cose a Philip, aggiungendo che a Madeline non può essere permesso di procreare e di propagagare così la maledizione della vita. Questi però non vuole sentire ragioni, perché è un rampollo stupido e incapace di intendere la dottrina del Male Metafisico. Madeline decide di fuggire col suo drudo, perché non sopporta più la mortifera influenza del fratello. Durante un'accesa discussione, accade qualcosa di orribile: la donna cade in uno stato di catalessi che la fa apparire defunta. Roderick convince Philip che è necessario farle i funerali e seppellirla, e così accade. Madeline è chiusa in una bara, adagiata su un tavolo marmoreo nella cripta di famiglia. Philip, distrutto dal dolore per la subitanea perdita, si prepara a partire da quel luogo maledetto, ma prima si intrattiene a parlare col domestico Bristol. Dalla conversazione emerge che la povera Madeline soffriva di catalessi. Questa rivelazione accende un campanello d'allarme nel cranio del giovane, che si precipita nei sotterranei, in preda alla disperazione nell'estremo tentativo di salvare l'amata. Madeline, che si era svegliata nella bara, era riuscita a romperla e ad emergere, ma in stato di totale pazzia. Mentre Philip la cerca, lei raggiunge il fratello, lotta con lui e lo strozza, uccidendolo. La casa, già incendiata dalla caduta di carboni ardenti, collassa all'improvviso. Il fuoco divora i due Usher, ponendo fine alla loro stirpe dannata. Anche il domestico trova una morte atroce tra le fiamme. Il solo Philip, quasi eletto dal regista a rappresentante della Vita, riesce a fuggire mentre ogni traccia del castello affonda nel fango. Il film si conclude dunque con le parole finali del racconto di Poe: "... e lo stagno profondo e umido si chiuse cupo e silenzioso sui frammenti della Casa degli Usher"

Recensione: 
Primo film del Ciclo di Poe di Roger Corman, House of Usher non si dimentica facilmente. È l'adattamento del racconto di Edgar Allan Poe La caduta della casa degli Usher (The Fall of the House of Usher), appartenente alla raccolta dei Racconti del Terrore. Troviamo qui un Vincent Price spettrale, senza i tipici baffetti, che sembra vissuto in una caverna profonda come il Pozzo di Hranicka, inumato per anni come il mitico Zamolxis, senza mai poter essere essere sfiorato neppure da una sperduta particella di luce. Per interpretare il ruolo di Roderick Usher, si scolorì la chioma con l'acqua ossigenata (perossido d'idrogeno), mentre le sopracciglia e le ciglia sono state mantenute del colore naturale, soltanto un po' ritoccate con una speciale matita. Il motivo è molto semplice: se il perossido d'idrogeno entra a contatto con gli occhi, provoca cecità. Così il protagonista spiega la sua condizione poco invidiabile: 
 
"Madeline e io siamo come due statue di fragile cristallo, il minimo urto può frantumarci. Entrambi soffriamo per un'atroce sensibilità dei sensi. La mia è più grave perché esiste da più lungo tempo, ma il male è comune a tutti e due. La sola idea di cibi più complicati di un semplice brodo sconvolge il mio equilibrio. Ogni specie di emozione è un'agonia per la mia mente. I miei occhi sopportano a malapena solamente un filo di luce. Gli odori mi assalgono e mi torturano, e come le ho detto ogni suono, seppur lieve e debole, mi riempie di terrore." 
 
L'ospite gli chiede dunque se è per questo che ha dovuto togliersi gli stivali. Roderick Usher continua: 
 
"Sì! E anche così l'ho sentita arrivare. Ho sentito i suoi passi, persino il fruscio del vestito. Ho sentito lo scalpitio del suo cavallo. Ho sentito il calpestio degli zoccoli nel cortile, quel colpo, quel colpo alla porta è stato come una cannonata per le mie orecchie. Sento il fruscio dei branchi di topi che corrono per le cantine! Signor Winthrop, la maggior parte dei miei antenati sono caduti in preda alla pazzia, e nella loro pazzia hanno acquistato una potenza sovrumana! E solo lo sforzo di molti ha potuto immobilizzarli."

Questo è lirismo assoluto! Certo, non c'è coerenza assoluta nelle di quell'uomo notevole. Infatti, in occasione della funerea cena in compagnia della sorella e di Winthrop, lo vediamo bere vino e mangiare pietanze. Così non sembrano dargli fastidio i sinistri rumori della vetusta dimora che cade lentamente a pezzi.
 
 
Roderick Usher teologo cataro 
 
Roderick Usher specula sulla natura del Male, esponendo a Philip Winthrop le dottrine dualiste radicali che professa. Il Male non è negatio boni, come invece sosteneva Agostino d'Ippona e come tuttora sostiene Vito Mancuso. Il Male è una sostanza ontologica primigenia, increata, immortale ed eterna. La sua essenza funesta si era condensata nel capostipite degli Usher, giunto dall'Inghilterra come mercante di schiavi. Egli era un demone incarnato, era stato creato senza il Verbo. Apparteneva a Satana anima e corpo ed era dannato dalla nascita. Anzi, era dannato dall'eternità, perché era parte dell'Eternità Malvagia. Tale era il suo funesto potere, da riuscire ad corrompere gli Elementi, portando desolazione. Così spiega Roderick Usher: 
 
"Una volta questa terra era fertile, le colture abbondavano, la terra donava ricchezza al tempo del raccolto. Vi erano dei boschi e tanta vita, e fiori, campi di grano. Era molto bello qui. A quel tempo quest'acqua era chiara e fresca. I cigni scivolavano sulla superficie di cristallo. Gli animali venivano alla riva fiduciosi, a bere. Ma ciò era molto prima dei nostri tempi... Poi qualcosa si insinuò nelle viscere della terra e la avvelenò. Caddero le foglie dagli alberi. I fiori avvizzirono. I cespugli inaridirono per mancanza di linfa. Il frumento marcì nei campi. I laghi e gli stagni divennero neri e paludosi. La terra s'ammalò devastata dalla peste."  
 
Il giovane Winthrop domanda incredulo: "La peste?"
Roderick Usher risponde prontamente: "Sì signor Winthrop. La peste del Male!"
 
Dal seme del capostipite degli Usher erano nati numerosi malfattori e carnefici, perché un albero malvagio non può dare buoni frutti. Roderick mostra una galleria di dipinti dei suoi avi, di cui rivela i nomi e le orribili gesta criminali:  

Anthony Usher. Ladro, usuraio, mercante di schiavi.
Bernard Usher. Truffatore, falsario, ladro di gioielli, pervertito*.
Francis Usher. Assassino a pagamento.
Vivian Usher. Prostituta, ricattatrice, omicida. È morta in manicomio.
Il capitano David Usher. Contrabbandiere, mercante di schiavi, più volte omicida**.
 
*La versione originale ha drug addict, ossia "oppiomane", "morfinomane". Bizzarra la connotazione sessuale della versione italiana.
**La versione originale ha un ben più incisivo mass murderer "assassino di massa". 
 
I quadri in questione, il cui stile è decisamente inconsueto, mostrano questi diavoli con gli occhi simili a pozzi di tenebra assoluta che irradiano Luce Nera.
 
Philip Winthrop rappresenta il pensiero dell'Era Moderna e rifiuta la teologia del Neomanicheismo medievale. Non crede affatto al Male Metafisico. Il suo è un modo di sentire scientista e massonico, negatore di quella che Stanslas de Guaita chiamava "bestemmia dei due assoluti". Così protesta, scalcia, non vuole accettare che la realtà delle cose sia tanto annichilente. Con grande pazienza, il suo interlocutore dalle chiome albine gli spiega i misteri delle opere del Rex Mundi:

"Il Male non è una cosa astratta. È una realtà. Come ogni cosa vivente può essere creata, così il Male fu creato da queste persone. La storia degli Usher è una storia di bassezza e degradazione. Prima in Inghilterra e in seguito qui."

E ancora:

"L'essenza malefica che la pervade non è astrazione. Per diversi secoli azioni e pensieri malvagi presero vita fra le mura di questa casa. La casa stessa è il Male ora." 

Nel racconto di Poe non si trova traccia di questo piccolo trattato di teologia dualista radicale. Mi piacerebbe sapere da dove Roger Corman ha tratto la sua ispirazione. 
 
Un maniero fatto di coke 
 
Peccato che alla ricchezza teologica e filosofica di Roderick Usher si contrappongano numerose incongruenze nel tessuto narrativo. L'incendio del castello è un classico cormaniano di cui la Settima Arte ha spesso e volentieri abusato. Svolge un preciso compito catartico: consuma le radici della maledizione e impedisce loro di continuare a produrre frutti funesti. Il Principe Gautama, più noto come Buddha, direbbe che in questo modo si consumano i semi del Karma. Il problema che spesso mi sono posto è questo: se un castello è fatto di pietra, cosa vi potrà mai bruciare? Certo, bruceranno le travi di legno, gli arazzi, le tende e simili. Tuttavia nei castelli di Corman l'incendio divampa con una tale furia che sembra sia la stessa pietra ad ardere. Tra l'altro il regista riutilizzò alcune scene del finale in suoi successivi film. Cosa buffa, non si aspettava affatto che gli spettatori sarebbero stati in grado di riconoscere i fotogrammi.  

 
Curiosità 
 
I dipinti orrifici di Burt Shonberg furono distribuiti tra il cast una volta terminate le riprese. Corman tenne per sé il ritratto di Vincent Price. 
 
Questo film fu distribuito da American International Pictures con due diversi titoli, secondo una pratica ingannevole che era comune all'epoca: in alcuni distretti fu mantenuto il titolo originale, House of Usher, mentre in altri la pellicola fu presentata come The Fall of the House of Usher.  

In Spagna ci furono problemi con House of Usher, che fu distribuito ben 23 anni dopo la sua uscita in America. A terrorizzare le autorità spagnole sono stati senza dubbio i suoi contenuti manichei! 

mercoledì 6 maggio 2020


SEPOLTO VIVO

Titolo originale: The Premature Burial
AKA: Sepolto vivo!; Il sepolto vivo
Paese di produzione:
Stati Uniti d'America

Anno:
1962 

Lingua:
Inglese 

Durata:
81 min 

Genere:
Orrore 

Regia:
Roger Corman

Soggetto: Edgar Allan Poe 
Fotografia:
Floyd Crosby

Montaggio:
Ronald Sinclair
 
Musiche: Les Baxter Ronald Stein
Interpreti e personaggi: 

    Ray Milland: Guy Carrell 

    Heather Angel: Kate Carrell 

    Hazel Court: Emily Gault 

    Alan Napier: Dr. Gideon Gault 

    Richard Ney: Miles Archer 

    John Dierkes: Sweeney 

    Dick Miller: Mole 

    Clive Halliday: Judson 

    Brendan Dillon: Prete

Doppiatori italiani: 

    Emilio Cigoli: Guy Carrell 

    Renata Marini: Kate Carrell 

    Andreina Pagnani: Emily Gault 

    Bruno Persa: Dr. Gideon Gault 

    Giuseppe Rinaldi: Miles Archer 

    Mario Pisu: Sweeney 

    Amilcare Pettinelli: Judson 

    Manlio Busoni: Prete 
Titoli in altre lingue: 
   Spagnolo: La obsesión 
   Tedesco: Lebendig begraben
   Francese: L'Enterré vivant

 
Trama: 
Londra, prima epoca vittoriana. Una notte nebbiosa. Due rudi esumatori scozzesi fischiettano con ossessiva insistenza la canzoncina Molly Malone mentre spalano il terriccio molle. Numerosi gentiluomini intabarrati, neri come corvi nelle tenebre, assistono allo sterro. A un certo punto uno degli energumeni caccia un urlo spaventoso. L'ameno canto smette all'istante non appena la bara viene aperta e tutti possono constatare l'orrore: i resti sono quelli di un uomo che è stato sepolto vivo! Il volto è ancora contratto in una raggelante smorfia, la bocca spalancata in un urlo eterno, sembra che le mani stiano ancora lottando nel disperato tentativo di sollevare il coperchio della cassa, graffiandolo fino a riempirsi di schegge. L'aristocratico Guy Carrell, che è tra i presenti, sviene, sopraffatto dal marasma. La sua esistenza è un incubo da cui cerca invano di sfuggire. Ossessionato dal terrore di essere sepolto vivo, a causa dell'incidenza della catalessi nella sua famiglia, il nobile crede di poter rinascere a nuova vita sposandosi con la bellissima Emily Gault, il cui viso radioso e le cui chiome rossicce sarebbero in grado di allietare anche la persona più cupa, misantropa e odiatrice della vita. Le cose però non vanno come sperato. Il giorno stesso del matrimonio, la sposa si mette a suonare al pianoforte proprio il motivetto fischiettato dagli esumatori scozzesi. La reazione di suo marito è improvvisa e violenta: subito le chiede di smettere, quindi ha un grave crollo nervoso. Un portento funesto che turba la festa nuziale, ponendovi fine. Tutto ciò non preannuncia nulla di buono. La verità è chiara ma scomoda. I Carrell, di cui Guy e l'astiosa sorella sono gli ultimi superstiti, sono una stirpe tarata, segnata da numerosi episodi di pazzia a causa dell'endogamia in vigore da molti secoli. Sangue chiuso, stagnante, elevatissimo coefficiente di consanguineità, paragonabile soltanto a quello degli Asburgo di Spagna. Lo sperma ormai è infecondo, ci sono soltanto handicap e stramberie insopportabili. Lo spettatore non capisce proprio perché Emily possa perdere il proprio tempo con un uomo tanto problematico (sembra tra l'altro che il matrimonio non sia stato nemmeno consumato). Eppure la leggiadra donzella insiste nella sua determinazione. Guy sembra riprendersi dal suo crollo nervoso, ma i suoi atteggiamenti bizzarri si moltiplicano. Recuperate le forze, passa tutto il tempo a progettare il proprio sepolcro, concepito come un mausoleo perfetto a prova di sepoltura prematura. I sistemi di sicurezza progettati sono innumerevoli, in modo che se uno dovesse guastarsi o non funzionare, subito è possibile passare al successivo. L'extrema ratio sono i candelotti di dinamite, in grado di squarciare dall'interno le pareti. In caso di mancato accendimento della miccia per una somma sfortuna, ecco pronta una nicchia con una coppa di veleno, in grado di uccidere all'istante. Nella labile mente dell'aristocratico partono continui "film" sul proprio risveglio nella tomba. Un suo incubo, mostrato in ogni dettaglio, è un vero e proprio trip allucinogeno, che si riuscirebbe difficilmente a sperimentare con un sovradosaggio di acido lisergico o trangugiando abbondanti fritture di psilocybe. Risvegliatosi nella tomba adagiata su un tavolo di marmo, il sepolto vivo la rompe e riesce a liberarsi, seppur con fatica. Tutti i sistemi di sicurezza si guastano, le vie di fuga sono bloccate. La dinamite non esplode, finché al culmine dell'orrore, al posto del veleno c'è un immane massa di grassi cagnotti! L'incubo spinge l'uomo a sforzarsi di ideare altri sistemi ancora per impedire la concomitanza di circostanze sfortunate. La moglie si lamenta e lo accusa di passare più tempo nel mausoleo che con lei. Gli dà il tormento. Un giorno entra in quel luogo funereo e lo scopre intento a dipingere un quadro che ha come soggetto un gran numero di persone suppliziate in modo atroce e bruciate dai diavoli all'Inferno. Egli afferma che persino quella condizione sarebbe da lui sommamente desiderata, piuttosto che finire sepolto vivo. Emily va su tutte le furie e mette in atto un ricatto, spingendo il poveretto a scegliere tra lei e quel morboso culto della Morte, rinfacciandogli che non gli sarà possibile avere entrambe le cose. Così a un certo punto Guy si decide e davanti alla donna rossiccia fa esplodere il sepolcro con la dinamite. Tutto sembra procedere bene. Forse addirittura lo sposo riesce a penetrare la sua consorte. L'idillio non dura molto. Presto l'ombra della demenza torna a fare la sua comparsa e rovinare la vita, sotto forma di inquietanti allucinazioni. Guy ne è sicurissimo: gli esumatori scozzesi lo perseguitano e continuano a mostrarsi dovunque fischiettando Molly Malone, ricordandogli il suo fato di soffocamento ctonio. La situazione precipita, fino al completo abbandono della vittima tra le braccia del Mostro della Follia! Presto si capisce che la rossiccia Emily non è una santa e della vergine ha solo l'aspetto. Non è stata certo deflorata dal marito, posto che abbia mai accettato il suo glande tra le gambe. Ecco la sua vera natura: è un'arrampicatrice sociale, talmente astuta, malvagia e determinata da far nascere il sospetto che sia venuta dall'Ucraina. Facendo leva sulla suggestionabilità del marito, finisce con l'indurgli uno stato di catalessi. Riesce a farlo inumare vivo, e già pregusta il festino che farà quando avrà incamerato tutte le sostanze del defunto. Qualcosa però le va storto. Il sepolto vivo si sveglia sottoterra ma riesce a liberarsi grazie al miracoloso intervento degli esumatori, quindi emerge in preda al furore del berserk in cerca di vendetta. Non si capisce bene se sia davvero vivo o se sia una specie di zombie sanguinario, dotato di parola e di intelletto, ma frenetico e allucinato. Prima uccide suo suocero, il medico che lo ha fatto dichiarare morto, bruciandolo vivo con un arco voltaico che ricorda quello del dottor Frankenstein. Poi riesce a sopraffare Emily, la getta nella fossa e la sepellisce nel terriccio bruno, simile a sterco grasso, facendola soffocare in modo laido in quella sporcizia e uccidendola. Mentre si erge vittorioso e brancola urlante, viene abbattuto da un colpo di arma da fuoco sparatogli nella schiena da sua sorella. Manca il solito incendio catartico, tanto tipico della produzione cormaniana. 
 
Citazioni:

"Ma prova un po' a immaginare... l'insopportabile oppressione dei polmoni, i soffocanti effluvi della terra umida, l'abbraccio rigido della bara, l'oscurità, la più assoluta oscurità... il silenzio, che ti schiaccia col suo peso... e poi, invisibile nel buio, ma orribilmente presente agli altri sensi, il ripugnante verme distruttore."
 
 
Recensione:

Il film di Roger Corman è liberamente ispirato al racconto La sepoltura prematura (Premature Burial, 1844) di Edgar Allan Poe, appartenente alla raccolta dei Racconti del Terrore. La struttura narrativa sviluppata dal regista è molto diversa da quella dell'opera dello scrittore di Boston, che inizia enumerando alcuni sconvolgenti casi di gente inumata viva, per poi proseguire con le vicende di un uomo in preda alla tafofobia. Il protagonista, che espone la storia in prima persona, è anonimo. Dopo aver fatto promettere agli amici che non avrebbero mai permesso di farlo seppellire vivo, costruisce un elaborato sepolcro per evitare uno spiacevole risveglio nel regno dell'eterna notte sotterranea. La sua bara è dotata di un una campanella per avvertire i vivi. Nel corso di un viaggio, tuttavia gli capita di destarsi in uno spazio angusto e buio, in cui gli è quasi impossibile muoversi per poi accorgersi, solo dopo un'angoscia inaudita, di trovarsi in una cuccetta su un'imbarcazione. Quell'episodio traumatico riesce a guarirlo. Quanto ho lodato la maestria di Poe nel descrivere la straziante disperazione del tafofobo risvegliatosi nella cuccetta oscura: "Non ero nella cripta. Ero caduto in trance mentre ero lontano da casa, mentre ero fra estranei (quando o come non riuscivo a ricordare), ed erano stati loro a seppellirmi come un cane, inchiodato in una bara comune e a cacciarmi a fondo, a fondo e per sempre in una qualche fossa normale o anonima." Interi universi cristallizzati in poche parole. Cosa che a Corman non sempre è riuscita.  
 
 
Young, Novalis e la necrofilia 
 
Il protagonista del racconto di Poe compie un volo infero e in questo rapimento percepisce la Terra come un immenso cimitero dalle cui tombe si levano spaventosi gemiti. Vede una necropoli popolata da sepolti vivi! Non sembra esserci limite a un terrore così totalizzante, che pervade ogni fibra del suo essere. Tuttavia, quando riesce a superare il trauma del viaggio in un'angusta cuccetta, l'uomo rinasce a nuova vita. Le sue fobie sono scomparse. Torna a respirare e smette di pensare alla sepoltura prematura. A questo punto ammette di essere stato un lettore di Night-Thougts di Young. Ecco uno dei moltissimi riferimenti dotti del Bostoniano, come al solito privi di glossa o di note. Il lettore si chiederà: "Chi era Young?" Quando il racconto fu scritto non era necessaria alcuna spiegazione, perché tutti conoscevano Edward Young (1683 - 1765), il poeta preromantico inglese della Graveyard School, la Scuola Cimiteriale. Gli argomenti cantati erano questi: teschi, bare, cimiteri e vermi. Che dire poi del tedesco Georg Philipp Friedrich Freiherr von Hardenberg, detto Novalis (1772 - 1801), che per ispirarsi inalava i lezzi di un cranio putrefatto e contemplava masse di cagnotti brulicanti nella carne marcia? Corman non menziona questo universo di necrofilia. Nulla è concesso all'estetica. Le fobie di Guy Carrell non nascono dalla lettura dei Poeti Sepolcrali, bensì dalla sua storia familiare, dalla sospetta sepoltura prematura di suo padre, che soffriva di catalessi. Quando era bambino, gli sembrava di sentire suo padre chiamare aiuto dalla cripta: queste percezioni incubiche erano poi maturate in lui corrodendolo dall'interno. Mentre l'anonimo personaggio del racconto di Poe si libera di colpo delle proprie afflizioni, per Guy Carrell non esiste redenzione possibile. 
 
Una profezia autoavverante? 
 
Può il terrore avere origine nel proprio futuro? Può uno squarcio del tessuto spaziotemporale fare intravedere in sogno, o in un altro stato alterato, una visione di ciò che ci dovrà accadere? Può questa visione del futuro atroce, per quanto rimossa dalla censura della mente, fungere da profezia autoavverante? Può questa profezia condizionare totalmente le nostre azioni e i nostri pensieri, ponendo di fatto un circuito temporale ineluttabile? Il film mi ha lasciato con queste domande angoscianti, a cui forse non ci sarà mai risposta.    

Molly Malone  

La musichetta fischiettata dagli esumatori è descritta dalla bella e perfida Emily come una ballata scozzese, almeno nel doppiaggio italiano, ma in realtà è notoriamente irlandese: è Molly Malone (nota anche come Cockles and Mussels e In Dublin's Fair City). Non ho potuto appurare se l'errore è stato introdotto col doppiaggio in italiano o se era già presente nell'originale. Ecco il testo della canzone: 
 
In Dublin's fair city,
Where the girls are so pretty,
I first set my eyes on sweet Molly Malone,
As she wheeled her wheel-barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive, alive, oh!"

"Alive, alive, oh,
Alive, alive, oh,"
Crying "Cockles and mussels, alive, alive, oh".

She was a fishmonger
But sure 'twas no wonder
For so were her father and mother before
And they each wheel'd their barrow
Through streets broad and narrow
Crying "Cockles and mussels alive, alive oh!"
(chorus)

She died of a fever,
And no one could save her,
And that was the end of sweet Molly Malone.
But her ghost wheels her barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive, alive, oh!"
(chorus) ×2
 
La canzone parla di una pescivendola di eccezionale leggiadria, fulva e dalla pelle tempestata di efelidi, come molte ragazze irlandesi. Vendeva cozze e altri molluschi ed era molto amata da tutti. Purtroppo è morta giovane, a causa di una febbre maligna, forse causata dalla setticemia. La tradizione vuole che sia vissuta nel XVII secolo. Le hanno anche fatto un monumento, proprio a Dublino. Cosa curiosa, la canzone è attestata per la prima volta nel 1876, quando fu pubblicata proprio a Boston, nella città natale di Poe. Senza dubbio l'associazione tra la musichetta e la sepoltura prematura fa parte delle manifestazioni del Corman più geniale. Direi che ha qualcosa di subliminale, disturbante e destabilizzante. 
 
Sepoltura prematura e santità  

Mi sia permesso di riportare una memoria della mia gioventù, risalente ai tempi beati in cui l'aneddotica aveva ancora qualche valore. Ricordo il professor C., che morì fulminato dalla leucemia. Ci raccontò la storia stravagante di un vescovo di costumi integerrimi, al punto che tutti lo consideravano in odor di santità. Fu avviata la procedura canonica, che andò avanti finché venne il momento dell'esumazione. Lo spettacolo che si presentò agli astanti fu atroce, come quello che sconvolse Guy Carrell: il cadavere del vescovo, contorto in orrendi spasmi, sembrava ancora lottare per uscire dalla sua sepoltura. Terribile! Le sue unghie si erano spezzate contro il coperchio ed erano piene di schegge. Constatato questo, la procedura canonica fu interrotta, perché per essere dichiarati beati non deve essere dimostrato alcun turbamento di fronte alla morte, per quanto orrenda possa essere. Così C. ci spiegò che l'ecclesiastico soffriva di catalessi e che per questo motivo era stato sepolto vivo. Un caso sorprendentemente simile a quello del protagonista del film di Corman!  
 

Tafofobia 

Nella parola tafofobia (dal greco τάφος "sepoltura" e φόβος "paura") non si è verificata l'aplologia, che avrebbe dovuto produrre una forma più breve, *tafobia. Allo stesso modo, il raro aggettivo tafòfobo, indicante chi soffre di tafofobia, non è diventato *tàfobo. Come mai invece abbiamo mineralogia anziché l'atteso *mineralologia? Come mai si trova, seppur di rado, mineralogo anziché *mineralòlogo? Potrebbe dipendere da due fattori:
1) la brevità di tafofobia rispetto a mineralogia;
2) la rarità di tafofobia rispetto a mineralogia.
Più una forma è sulla bocca del popolo, più ha la tendenza a mutare, specialmente per favorire una pronuncia più facile. Più una forma è letteraria e poco usata, più è facile che si conservi inalterata anche se suona male.
 
Ingegno sprecato e macabre usanze
 
La diffusione della tafofobia nel XIX secolo è stata a dir poco pervasiva, in Inghilterra, in America e altrove. Sono stati escogitati innumerevoli sistemi per prevenire la sepoltura di persone vive. Sarebbe interessante raccogliere questi bizzarri brevetti e discuterli. Si va dalla semplice campanella collegata a un filo a pertugi ovali nelle pareti dei mausolei, apribili soltanto dall'interno. Dubito che uno solo dei brevetti in questione sia mai servito. Se un individuo dovesse risvegliarsi nella tomba in un immenso campo di inumazione ventennale, se anche potesse tirare il filo della campanella, non servirebbe a nulla: non ci sarebbe nessuno ad ascoltare. Inoltre il poco ossigeno disponibile verrebbe presto trasformato in anidride carbonica dalla respirazione, rendendo impossibile la sopravvivenza. Non credo esista una sola testimonianza affidabile di un uomo o di una donna che siano usciti vivi dalla tomba, salvandosi grazie a un dispositivo di questo genere o in altro modo. La stessa casistica citata da Poe andrebbe verificata (ricordo il terribile episodio di un ufficiale uscito dal terriccio scavando con le mani). È documentato il discutibile costume vittoriano delle sale di attesa della morte, luoghi in cui i defunti venivano distesi per un certo periodo prima della sepoltura, proprio allo scopo di evitare tragici errori. Questi spazi erano persino provvisti di viveri e di bevande inebrianti, nel caso il caro estinto, dichiarato morto troppo presto, si decidesse infine ad alzarsi dal giaciglio funebre per farsi un bello spuntino. Comunque non risulta che ci siano stati risvegli in queste sale di attesa. Incredibile a cosa possano arrivare le genti per esorcizzare il terrore dei Ritornanti. Un esorcismo tutto sommato vano: se proprio qualcuno tornasse in vita, come faremmo a sapere di non avere a che fare con uno zombie o con un vampiro? 
 
Curiosità
 
The Premature Burial è il terzo della serie di otto film cormaniani che costituiscono il cosiddetto Ciclo di Poe (denominazione informale), dopo I vivi e i morti (House of Usher, 1960) e Il pozzo e il pendolo (The Pit and the Pendulum, 1961). Non ha però avuto il successo sperato e le reazioni della critica cinematografica non sono state positive. Anche in Italia sono molti a credere che questo sia il film meno riuscito del Ciclo di Poe, opinione che non condivido. Francis Ford Coppola ha lavorato alla pellicola come direttore dei dialoghi.

Corman avrebbe voluto che il protagonista del suo film fosse interpretato dal mitico Vincent Price. Purtroppo, l'attore era stato scritturato dall'American International Pictures (AIP), che gli aveva imposto un contratto esclusivo, vietandogli di lavorare per qualsiasi altro soggetto. Con molto malanimo, Corman si è infine rassegnato, assumendo il tremebondo Ray Milland nel ruolo dell'aristocratico tarato Guy Carrell. Se devo essere sincero, riconosco che la scelta non è poi stata tanto cattiva. 
 
Si segnala un interressante anacronismo: l'uso della dinamite, che ai tempi di Poe non esisteva. Infatti il micidiale esplosivo è stato inventato da Alfred Nobel nel 1867, mentre la morte dello scrittore è avvenuta nell'ottobre del 1849. Eppure Guy Carrell ne parla come di una "nuova invenzione". Chi ha fatto notare questa incongruenza afferma però che si tratterebbe più di una curiosità che di un vero errore concettuale, dal momento che non esiste alcun riferimento temporale reperibile nella trama del film.  
 
A quanto riportato nel database IMDb, c'è un'incongruenza che si può notare soltanto nella versione in lingua originale. Quando mostra ai suoi ospiti la coppa ricolma di veleno, Guy ne parla come del coup de grace, ossia del "colpo di grazia", usando una locuzione francese. Il punto è che pronuncia la parola grace in modo erroneo, senza alcuna consonante finale, proprio come in foie gras e in Mardi Gras. In pratica il veleno nella coppa sarebbe stato il "colpo di grasso". Non è affatto probabile che un inglese di nobile nascita e di buona istruzione potesse compiere uno strafalcione tanto marchiano. Non avendo visto il film in lingua originale, non ho potuto ascoltare con le mie orecchie il francesismo in questione!  

lunedì 4 maggio 2020


LA CITTÀ DEI MOSTRI 

Titolo originale: The Haunted Palace
Anno: 1963
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese, latino ecclesiastico  
Durata: 87 min
Rapporto: 2,35:1
Genere: Orrore
Regia: Roger Corman 
Soggetto: Howard Phillips Lovecraft
Sceneggiatura: Charles Beaumont, Francis Ford Coppola
     (non accreditato)
Produttore: Roger Corman
Produttore esecutivo: Samuel Z. Arkoff, James H. Nicholson,
     Ronald Sinclair
Fotografia: Floyd Crosby
Montaggio: Ronald Sinclair
Musiche: Ronald Stein
Scenografia: Daniel Haller
Costumi: Marjorie Corso
Trucco: Ted Coodley, Lorraine Roberson, Verne Langdon
Interpreti e personaggi:
    Vincent Price: Charles D. Ward / Joseph Curwen
    Debra Paget: Ann Ward
    Lon Chaney Jr.: Simon Orne
    Frank Maxwell: Dr. Willet / Priam Willet
    Leo Gordon: Edgar Weeden / Ezra Weeden
    Elisha Cook Jr.: Gideon Smith / Micah Smith
    John Dierkes: Benjamin West / Mr. West
    Milton Parsons: Jabez Hutchinson
    Cathie Merchant: Hester Tillinghast
    Guy Wilkerson: Gideon Leach / Mr. Leach
    I. Stanford Jolley: il cocchiere Carmody
    Harry Ellerbe: ministro
    Barboura Morris: Mrs. Weeden
    Darlene Lucht: Miss Fitch
Doppiatori italiani:
    Emilio Cigoli: Charles Ward \ Joseph Curven
    Rita Savagnone: Ann Ward
    Mario Pisu: Simon Orne
    Riccardo Mantoni: Dr. Willet \ Priam Willet
    Renato Turi: Edgar Weeden \ Ezra Weeden
    Sergio Tedesco: Gideon Smith \ Micah Smith
    Bruno Persa: Benjamin West \ Mr. West
    Arturo Dominici: Jabez Hutchinson
    Nino Marchetti: Gideon Leach \ Mr. Leach, il cocchiere
         Carmody
    Mario Mastria: Ministro
    Nino Bonanni: Berth
 
Trama:
Anno del Signore 1765, New England. Nel villaggio di Arkham avvengono misteriose sparizioni di alcune giovani. La popolazione, che vegeta immersa in un'opprimente caligine di superstizione, subito accusa Joseph Curwen, un possidente che abita in un maniero. Ritenuto uno stregone, l'uomo viene catturato e bruciato vivo sul rogo. Prima che le fiamme consumino il suo corpo, egli scaglia contro i suoi persecutori e contro la loro progenie una terribile maledizione eterna. Centodieci anni dopo, nel 1875, giunge ad Arkham un uomo di nome Charles Dexter Ward, che è proprio l'ultimo discendente diretto di Joseph Curwen. Accompagnato dalla bellissima moglie Ann, è intenzionato a prendere possesso della turrita dimora del suo illustre avo. Gli abitanti del villaggio, immerso in una densa nebbia e in una perenne oscurità, accolgono con estrema diffidenza il nuovo arrivato. Questi nota subito che la popolazione è affetta da spaventose tare e deformità, attribuite proprio alla maledizione del necromante: c'è chi ha le dita palmate come una rana, chi ha gli occhi coperti interamente da pelle, chi urla confinato in una stanza. Quando prende possesso del maniero, l'erede rimane affascinato da un ritratto del suo antenato, che lo ritrae avvolto nell'oscurità sotto un albero usato per le impiccagioni, tra i cui rami neri e ritorti fa capolino la luna piena. Li sguardo truce dell'uomo del dipinto è ammaliante, esercita un potere su chiunque abbia l'ardire di fissarlo. Charles nota subito l'estrema somiglianza tra se stesso e il proprio antenato. Presto cominciano a manifestarsi in lui strani disturbi mentali: diventa sonnambulo e vaga a lungo per le sale del castello. Sua moglie Ann stenta a riconoscerlo e fa di tutto per convincerlo ad andar via da quel luogo maledetto. All'inizio questi episodi avvengono soltanto di notte, ma presto l'influsso della magia nera di Curwen si esercita sul suo discendente anche di giorno. Egli ormai si identifica completamente con l'uomo del ritratto e riconosce nel vecchio guardiano, Simon Orne, il suo assistente di un tempo. Ritrova anche l'altro stregone, Jabez Hutchinson. Nella cripta del maniero essi officiano tremendi rituali satanici, utilizzando una copia del Necronomicon, con invocazioni a Cthulhu e a Yog-Sothoth, affinché si instauri il Regno dei Grandi Antichi. Il cadavere della donna che fu l'amante di Joseph Curwen, Hester Tillinghast, viene sottratto alla tomba e rianimato. La vendetta ha inizio: uno dopo l'altro, i discendenti dei responsabili dell'antico rogo vengono identificati e uccisi in modo atrocissimo. L'unico aiuto per la povera Ann è il medico del paese, il dottor Marinus Willet, l'unico che riesce ad avere un atteggiamento razionale di fronte agli eventi. Dopo vani tentativi di far allontanare la donna dall'influenza del marito posseduto, si risolve a fare un'incursione, dando fuoco al ritratto di Curwen. Le fiamme si propagano a tutto l'edificio, divorando ogni cosa nella consueta nemesi catartica. Sembra che la situazione allucinante si sia finalmente risolta: Charles Dexter Ward si salva dall'incendio e si ricongiunge alla sua amata consorte. Tuttavia quando alla fine viene inquadrato il suo ghigno demoniaco, si capisce che il Male non è stato sconfitto. Il necromante è stato capace di sopravvivere alla Morte! 


Recensione: 
Il titanico Price con la sua intensa interpretazione salva questo collage dalla damnatio memoriae. Corman pasticcia spesso e volentieri: non sempre produce cose sublimi. Quando i racconti e i romanzi originali non gli bastano per trarne un film decente, li ibrida in modo vario e ingegnoso - o indecoroso, dipende dai punti di vista. Per tenere insieme la sua creazione macchinosa, ecco che il regista ricorre a stratagemmi grotteschi oltre ogni umano dire, come lo storia surreale e ridicola del castello che avrebbe ospitato l'Inquisitore Tomás de Torquemada (il condizionale è d'obbligo), un edificio che una leggenda vuole trasportato pietra su pietra da qualche luogo dell'Europa - in modo tale da supplire all'atavica mancanza di castelli nel Nuovo Mondo. L'idea non è del tutto nuova. Qualcuno già aveva pensato qualcosa di simile in tempi più antichi. Lessi nella Saga degli Uomini di Eyr (Eyrbyggja Saga) che Thorolf Mostrarskegg ("Bella Barba"), Sommo Sacerdote del Grande Tempio dell'isola di Most, in Norvegia, fece trasportare in Islanda l'edificio di culto che amministrava, caricando sulle navi ogni zolla di terra su cui sorgeva, ogni sua trave e ogni altro suo componente. Però va detto che tale santuario pagano non era certo immenso, non era grande come la Basilica di San Pietro! Era una piccola costruzione lignea, senz'altro modesta anche in confronto a una stafkirkja, con una statua di Thor, i "chiodi divini" conficcati in una trave sacra e alcuni recipienti di legno o di metallo per raccogliere il sangue sacrificale (anche umano). L'idea dell'imponente maniero di pietra massiccia smontato dal Vecchio Continente, traslato per mare e rimontato in America, è una specie di ossessione di Roger Corman, una sua idée fixe: si trova anche in altri suoi film di ispirazione necrofila, I vivi e i morti (House of Usher, 1960) e La tomba di Ligeia (The Tomb of Ligeia, 1964). 
 
Il titolo originale della pellicola di Corman, The Haunted Palace, fa riferimento all'omonima poesia di Edgar Allan Poe, contenuta nel racconto La caduta della casa degli Usher (The Fall of the House of Usher, 1858). Eppure l'ispirazione principale è chiaramente tratta dall'opera di Howard Phillips Lovecraft, e in particolare dal romanzo Il caso di Charles Dexter Ward (The Case of Charles Dexter Ward, 1927, pubblicato postumo nel 1941) e dal racconto L'orrore di Dunwich (The Dunwich Horror, 1928, pubblicato nel 1929). Tipici della mitologia lovecraftiana sono i nomi di Cthulhu e di Yog-Sothoth, il Necronomicon, i riferimenti all'Antica Razza e al sorgere di una nuova progenie di dominatori, gli sfrenati e morbosi riti sessuali. Le cose sono andate così. Roger Corman aveva già diretto diversi film ispirati alle opere di Edgar Allan Poe: il già citato I vivi e i morti (House of Usher, 1960), Il pozzo e il pendolo (The Pit and the Pendulum, 1961), Sepolto vivo (The Premature Burial, 1962), I racconti del terrore (Tales of Terror, 1962) e I maghi del terrore (1963). Il pubblico era ormai abituato a questi adattamenti delle opere di Poe, per quanto pieni di ibridismo e non certo fedeli: il regista temeva che ci sarebbero state reazioni negative se non avesse inserito nel suo nuovo lavoro almeno un riferimento all'opera dello scrittore di Boston. Così per creare un senso di continuità, il titolo scelto per la pellicola è stato proprio The Haunted Palace. In italiano la traduzione più fedele sarebbe stata Il palazzo infestato, ma si è preferito alludere alle spaventose deformità degli abitanti di Arkham. Oggi, in tempi funesti in cui imperversa il buonismo politically correct, un titolo come La città dei mostri non sarebbe più possibile, perché fa uso della parola "mostri" in riferimento a problemi fisici. Un uso ormai inconcepibile, passibile di accuse di apologia dell'eugenetica e di filonazismo: scatterebbe subito la reductio ad Hitlerum. Sarebbe obbligatorio ricorrere a qualcosa come La città dei diversamente sani, dei diversamente abili e dei diversamente belli. Tra l'altro, Corman ha preso in fretta e furia la sua decisione di inserire i riferimenti a Poe in questa sua opera. Lo si comprende anche perché nei credits che compaiono nei titoli, il nome dell'illustre bostoniano ricorre per ben due volte come Edgar Allen Poe, con il secondo nome scritto in modo errato. Refusi simili scappano quando si è messi sotto pressione e i tempi di reazione sono ridotti al minimo. 
 
Il repertorio magico di Joseph Curwen  

Nel corso del film vengono menzionate due demoniache divinità della mitologia di H.P. Lovecraft: Cthulhu e Yog-Sothoth. Sorprendentemente, Corman non prova nemmeno a ricostruire le evocazioni nella lingua arcana di R'lyeh, forse per via della difficoltà dei suoi suoni alieni. Si accontenta così di utilizzare un comune latino ecclesiastico. Il risultato non è eccelso e di sicuro il doppiaggio non ha aiutato. La formula ricorrente nelle invocazioni di Curwen e del suo erede è "O vos Felices", alla lettera "O voi, Felici", pronunciato come "Ovos Felices", cosa che non ha il benché minimo senso, facendo venire in mente delle uova inesistenti (pur essendo in latino ova "uova", di genere neutro). Latino dei Metallari prima ancora del sorgere dell'Heavy Metal! Dato il mio udito molto scadente, ho faticato un po' prima di accorgermi dell'inghippo. La mia prima reazione è stata di stupore: come si possano definire "Felici" demoni come Cthulhu e Yog-Sothoth, non è dato sapere. Presto ho avuto una sorpresa, non appena mi sono messo ad indagare. L'ispirazione è a un'opera della mistica Ildegarda di Bingen (1098 - 1179), il trattato conosciuto col titolo di Scivias
 
R. O vos felices
radices cum quibus
opus miraculorum
et non opus
criminum
per torrens iter
perspicue umbre
plantatum est, et
o tu ruminans ignea vox,
precurrens limantem
lapidem subvertentem abyssum:


R. Gaudete in capite vestro.

V. Gaudete
in illo quem non viderunt
in terris multi
qui ipsum ardenter vocaverunt.


R. Gaudete in capite vestro.   

Davvero notevole, non trovate? Non ci si aspetterebbe qualcosa di tanto particolare. Per contro, H.P. Lovecraft, pur ricorrendo al latino (Corvinus necandus est. Cadaver aq(ua) forti dissolvendum, nec aliq(ui)d retinendum. Tace ut potes), non esita a riportare anche parole in lingua R'lyehian:
 
Y’AI ’NG’NGAH,
YOG-SOTHOTH
H’EE—L’GEB
F’AI THRODOG
UAAAH

OGTHROD AI’F
GEB’L—EE’H
YOG-SOTHOTH
‘NGAH’NG AI’Y
ZHRO! 

Faccio mia questa invocazione arcana, augurandomi che porti la Morte Eterna a quella massa degenerata di scimmie dell'Inferno che formano la specie Homo sapiens brulicante su questo pianeta coprolitico!  
 

Il castello di Corman e la casa di Lovecraft 

Sono preso da uno strano senso di straniamento ogni volta che confronto il tetro castello torquemadiano ideato da Roger Corman con una foto della dimora di Providence da cui trasse ispirazione il sublime H.P. Lovecraft per il suo romanzo Il caso di Charles Dexter Ward. Non c'è davvero niente in comune. La casa del New England non è cadente, non ispira un particolare orrore in chi la vede senza sapere nulla della questione. La vedo come amena, dipinta con un bel colore sangue di bue, che spesso ho visto nella provincia di Alessandria come in Norvegia, dalle parti di Bergen, dove ho avuto modo di visitare un suggestivo lebbrosario. Mi piacerebbe sapere cosa in concreto ha potuto trasmere al Solitario di Providence una simile carica di angoscia, tanto da fargli comporre un'opera intrisa di senso di annientamento, che sfiora il genere manicomiale. Cosa aveva in comune la bella casa signorile con un ospedale per malati di mente, in cui le vite di innumerevoli persone sono state distrutte? Forse non lo sapremo mai. Tutto questo dovrebbe farci riflettere su cosa è davvero orribile. 
 
 
Il Necromante che vinse la Morte 

Ricordo che il carissimo amico Sandro "Zoon", che tra l'altro ha una notevole somiglianza fisica con Vincent Price, mi narrò anni fa la vicenda di un mago nero che fu linciato a furor di popolo. Non mi sono dimenticato delle sue parole, perché mi hanno profondamente colpito e ancora risuonano in me. Così mi rivelò S., che il necromante ucciso era stato in grado di sopravvivere alla fine del proprio corpo proprio grazie all'essenza demoniaca dell'odio che lo animava, compatta e densa come l'oscurità di una supernova collassata e ridotta a materia neutronica. Quando ho visionato il film di Corman, sono stato sicuro che Sandro "Zoon" alludesse proprio alla morte di Joseph Curwen, anche se mi pare di rammentare che il necromante fosse stato ucciso per impiccagione anziché per combustione sul rogo. Ecco, la stessa cosa capiterà anche a me. Sarò in grado di superare la barriera della morte fisica, quella che Piero Angela nel suo materialismo positivista paragona agli spari di una mitragliatrice su una collina. Il mio Spirito, composto da un'essenza di assoluta tenebra siderale, come una Stella Nera di Feyaden, non si disperderà nei rivoli dell'entropia cosmica. Rimarrà compatto e coerente, dotato di capacità cognitiva. In questo modo trasmigrerò nel corpo di un Presidente degli Stati Uniti d'America o di un Premier di Israele, e ne prenderò possesso. Avrò davanti a me la valigetta fatidica e ordinerò il lancio dell'intero arsenare termonucleare, senza un solo istante di esitazione. Vediamo un po' cosa faranno i bulli, quando capiranno che è tutto finito, che il loro stramaledetto genoma è condannato. 

Curiosità 

In Spagna questo film cormaniano non è mai stato proiettato al cinema, mentre è stato trasmesso in TV soltanto 13 anni dopo la sua uscita in America. Non è poi così difficile capire il perché: le genti della Spagna sono di bell'aspetto, prestanti e valorose, ma anche oltremodo permalose e vendicative. Non è piaciuto il riferminento al famigerato inquisitore Tomás de Torquemada. 

Carmody è senza dubbio un cocchiere, e come tale è indicato dal prestigioso database IMDb. Questo nonostante l'American Film Institute Catalog of Feature Films 1961-1970 descriva Carmody come "Boat Captain". Com'è possibile questa incongruenza? Tutti possono vedere che non è presente alcun capitano di un'imbarcazione nel film di cui stiamo trattando. Sembra che all'origine ci sia un banale errore di stampa.  
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Trovo interessante una considerazione trovata sul Davinotti e incentrata sul concetto di monstrum - anche se si sarebbe potuta evitare la citazione a quel malfattore cocainomane e mandrillesco che era Freud: 
 
"La difformità, il monstrum che si è insinuato ad Arkham non è solo dovuto all’opera del malvagio Curwen, ma deriva piuttosto da una lotta che gli antichi cittadini, ottusi, ciechi e contrari ad ogni cambiamento, non seppero affrontare fino in fondo. Joseph Curwen in quest’ottica diviene il simbolo di un confronto mai avvenuto fra l’umano e il non umano, ma anche una freudiana figura paterna che suscita timore-odio e che non si riesce ad affrontare. E, come ogni conflitto non risolto, si ripropone in tutta la sua devastante gravità quando meno ce lo si aspetta, reclamando la considerazione che merita."
 
Trovo invece non condivisibili queste parole dell'autore della recensione, che seguono immediatamente il brano sopra riportat:    

"Questa origine ambigua e assolutamente non manichea del male è un’idea tipicamente lovecraftiana, oltre che un tema estremamente moderno e profondo che Corman inserisce con efficacia e semplicità, attraverso allusioni, inquadrature fugaci, atmosfere sottili e pochi scambi di parole fra i personaggi." 
 
Adesso mi si spieghi questo: cosa ci sarebbe mai di non manicheo in Lovecraft? Egli ci parla di Male Assoluto e Cosmico. Male Metafisico, aggressivo, che non nasce da una semplice assenza di Bene. Anzi, se c'è qualcosa che latita nell'universo lovecraftiano, quella è proprio la definizione di una qualche proprietà ontologica in grado di opporsi al potere dei Grandi Antichi.