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sabato 10 marzo 2018


FANTASMI DA MARTE

Titolo originale: Ghosts of Mars
Paese di produzione: USA
Lingua: Inglese
Conlang(s): Paleomarziano
Anno: 2001
Durata: 98 minuti
Genere: Fantascienza, azione, orrore, thriller
Sottogenere: Fantawestern
Regia: John Carpenter
Soggetto: John Carpenter, Larry Sulkis
Sceneggiatura: John Carpenter, Larry Sulkis
Produttore: Sandy King
Fotografia: Gary B. Kibbe
Montaggio: Paul C. Warschilka
Effetti speciali: Lance Wilhoite
Musiche: John Carpenter
Colonna sonora:   1. Ghosts of Mars
  2. Love siege
  3. Fight train
  4. Visions of earth
  5. Slashing void
  6. Kick ass
  7. Power station
  8. Can't let you go
  9. Dismemberment blues
 10. Fightin' mad
 11. Pam grier's head
 12. Ghost poppin'
Scenografia: William A. Elliott
Trucco: Robert Kurtzman, Greg Nicotero, Howard
    Berger
Interpreti e personaggi   
    Natasha Henstridge: Tenente Melanie Ballard
    Ice Cube: James "Desolation" Williams
    Jason Statham: Sergente Jericho Butler
    Clea DuVall: Bashira Kincaid
    Pam Grier: Comandante Helena Braddock
    Joanna Cassidy: Dottoressa Arlene Whitlock
    Richard Cetrone: Big Daddy Mars
    Rosemary Forsyth: inquisitore
    Liam Waite: Michael Descanso
Doppiatori italiani   
    Tiziana Avarista: Tenente Melanie Ballard
    Simone Mori: James "Desolation" Williams
    Vittorio De Angelis: Sergente Jericho Butler
    Eleonora De Angelis: Bashira Kincaid
    Isabella Pasanisi: Comandante Helena Braddock
    Stefanella Marrama: Dottoressa Arlene Whitlock

Trama:

Seconda metà del XXII secolo. Marte è stato quasi completamente terraformato: è possibile per un essere umano aggirarsi per le sabbie rosse senza bisogno di scafandro. La società coloniale è governata da donne ed è multietnica, anche se prevale la tipologia caucasica. L'agente di polizia Melanie Ballard è inviata in una desolata regione mineraria per prelevare e deportare il prigioniero James "Desolation" Williams, di ascendenza afroamericana. Una volta giunta con un treno speciale nel remoto avamposto, la bionda Melanie si rende subito conto che la popolazione locale sembra essere scomparsa nel nulla. Le uniche tracce degli abitanti dello stanziamento sono alcuni resti umani mutilati in modo atroce. Presto l'agente viene a conoscenza della realtà. I minatori di un avamposto vicino hanno trovato un ambiente ctonio costruito da un'estinta civiltà marziana, e con più audacia che senno un'archeologa incompetente ha sfondato la parete d'ingresso. L'evento si è rivelato subito luttuoso come la rottura del Vaso di Pandora. In quelle cripte erano imprigionati gli spiriti degli antichi marziani, che in preda alla furia si sono riversati all'esterno, causando una devastante epidemia di possessione. Coloro che sono stati presi da questi spettri demoniaci, hanno cominciato a incidersi le carni, ad affilarsi i denti e a commettere orrendi atti di morte. Hanno ucciso chi non era posseduto, facendone a pezzi i cadaveri e spesso conficcando su pali appuntiti le teste mozzate. Si sono raggruppati in bande e hanno cominciato a parlare una lingua sconosciuta. Di colpo hanno smesso di appartenere al genere umano: con loro è tornato su Marte qualcosa che era scomparso da tempi immemorabili. Quando il capo della squadra, Helena Bradock, è uccisa dai posseduti, l'impavida Melanie Ballard assume il comando della missione. Subito l'agente si rende conto che uccidere questi minatori indemoniati non serve assolutamente a nulla, in quanto lo spirito maligno trasmigra prontamente in un nuovo corpo. È l'inizio di un incubo spaventoso, fatto di sequenze di grande tensione, fino al finale inquietante.


Recensione: 

Un ottimo film di fantascienza robusta, unico nel suo genere. Il pianeta Marte ricostruito da Carpenter è quasi sempre immerso nella tenebra notturna e ha un aspetto singolare che ricorda l'ambientazione di un western, al punto che potremmo definire questa pellicola un fantawestern. Le riprese hanno avuto luogo in una cava del Nuovo Messico, il cui pietrisco gessoso è stato colorato con immense quantità di polvere rossa per simulare le desolazioni marziane. Inizialmente doveva intitolarsi Fuga da Marte (Escape from Mars) e avere come protagonista il famoso Jena Plissken (Snake Plissken) del celeberrimo 1997 Fuga da New York (Escape from New York, 1981). Visto lo scarso successo del sequel Fuga da Los Angeles (Escape from L.A., 1996), l'idea fu abbandonata. Il regista affermò che era sua intenzione creare un "B-movie a tutti gli effetti, con molta azione, poco cervello e tanto splatter". Credo con fermezza che il suo prodotto sia superiore alle aspettative, qualcosa che non liquiderei come banale. Si segnala la colonna sonora, firmata dallo stesso Carpenter e interpretata da diversi artisti, tra cui gli Anthrax e il chitarrista polistrumentista Buckethead (nato Brian Patrick Carroll). 

I marziani carpenteriani e la logo lingua

Forse Carpenter e Larry Sulkis non ne sono al corrente, ma di certo sono due grandi filosofi, che hanno introdotto un concetto davvero unico: quello di una civiltà estinta formata da individui che sopravvivono in spirito alla morte fisica, restando coerenti e portando in sé la conoscenza della loro esistenza corporea, avendo modo di propagarla tramite gli involucri carnali di una specie ospite. Questo pone un grande dilemma. Se ciò potesse accadere, una lingua estinta da millenni, o addirittura da milioni di anni, potrebbe ritornare ad essere parlata, risolvendo una discontinuità ontologica e biologica in apparenza ineliminabile. Come definire il fenomeno? Un singolare caso di xenoglossia o di glossolalia? Se ci si imbattesse in un qualcosa di simile, forse sarebbe entrambe le cose: sarebbe glossolalia, perché la lingua parlata è sconosciuta al genere umano, ma al contempo sarebbe anche xenoglossia, perché tale lingua un tempo era parlata realmente. Inutile dirlo: finora non si è mai trovato nulla di assimilabile alla creazione carpenteriana. Questo pone anche un ultreriore problema: quello della conservazione di informazioni oltre la morte fisica da parte di un essere incorporeo in grado di interagire con la materia e con l'energia di cui questo universo è composto. Gli spiriti evocati da Carpenter conservano per breve tempo la forma dell'ultimo corpo che hanno posseduto, e come tali sono persino visibili agli occhi dei viventi. Senza dubbio un'idea di una potenza inconcepibile, che non è stata valutata appieno dal pubblico! Gli antichi marziani sono dipinti come strani e tozzi rettili bipedi dalla pelle maculata. Sono mostrati nel corso delle visioni patite dalla protagonista, Melanie Ballard, mentre uno spirito immondo cerca di entrare in lei. Non si riesce a ricostruire molto della lingua marziana parlata dai posseduti, anche perché non credo che ci fosse uno specifico progetto da parte del regista e dello sceneggiatore. In ogni caso, solo una parola mi è parsa di una chiarezza sconvolgente: l'imperativo goom-taah! "uccidiamo!".

Non è un remake

In genere questo film è considerato un remake strutturale di Distretto 13 - Le brigate della morte (Assault on Precinct 13), dello stesso Carpenter, uscito nel 1976. Con buona pace della critica, a parer mio le analogie sono soltanto apparenti e non si può parlare in alcun modo di un rifacimento, per quante analogie formali possano essere enumerate. Nella pellicola carpenteriana del '76 non si parlava affatto di antichi spiriti in grado di trasmigrare provocando una pandemia di odio assoluto. La causazione degli eventi era del tutto dissimile. Certo, c'erano gang di una ferocia spaventosa, ma nessun principio metafisico era presentato come fondamento di tanta malvagità. L'origine ultima di Fantasmi da Marte e di Distretto 13 viene da molti ricondotta a viva forza al film western Un dollaro d'onore (Rio Bravo), di Howard Hawks (1959) - un classico interpretato da un eccellente John Wayne e da Dean Martin nel ruolo di un intramontabile ubriacone. Il problema è che i cinefili e i recensori del tipo più comune sono fossilizzati fino alla monomania con dettagli tecnici e non dedicano alcuna attenzione a contenuti antropologici e filosofici. Anzi, sono ciechi a qualsiasi contenuto che non sia pura e semplice materialità, ritenendo tutto ciò che appartiene allo spirito umano come un'insopportabile "pippologia". Forse nemmeno un'invasione di alieni come i marziani di Carpenter potrebbe liberarci da un simile flagello.

mercoledì 7 marzo 2018


AELITA

Titolo originale: Аэлита (Aelita)
Aka: Aelita: Queen of Mars
Paese di produzione: URSS
Anno: 1924
Release americana: Aelita: Revolts of the Robots
     (1929), editing di Benjamin De Casseres.

Durata: 111 min - 81 min
Colore: B/N
Sonoro: Film muto
Tipologia narrativa: Colossal
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera; propaganda comunista   
Regia: Jakov Aleksandrovič Protazanov
Soggetto: Aleksej Nikolaevič Tolstoj, dall'omonimo
     romanzo (1923)
Sceneggiatura: Aleksej Fajko, Fëdor Ozep
Fotografia: Emil Schünemann,
     Jurij Željabužskij
Musiche: Aleksandr Rannie su tema di Prokof'ev
Scenografia:
Sergej Kozlovskij, Isaak Rabinovič,
     Victor Simov
Interpreti e personaggi   
    Julija Solnceva: Aelita
    Nicolaj Ceretelli: Los / Spiridonov
    Valentina Kuindži: Natasha
    Nikolaj Batanov: Gusev
    Jurij Zavadskij: Gor
    Igor' Il'inskij: il detective Kravtsov
    Konstantin Eggert: Tuskub, il re di Marte e padre
       di Aelita
    Vera Orlova: Masha
    Pavel Pol': Ehrlich
    Aleksandra Peregonets: Ikhoshka, la fedele
       servitrice di Aelita

Trama:

A Mosca, nel 1921, varie stazioni radio ricevono una misteriosa trasmissione, il cui testo è una frase intraducibile: "Anta Odeli Uta". I colleghi istigano Los, uno scienziato ossessionato dall'idea di raggiungere Marte, suggerendogli che il messaggio possa provenire dal Pianeta Rosso. Questo è sufficiente a provocare nel povero Los uno stato onirico in cui ha visioni ad occhi aperti e fantastica sulla bizzarra civiltà marziana. Vediamo la regina Aelita e il vero detentore del potere, suo padre Tuskub. Gor è il Guardiano dell'Energia e capo dei militari, mentre Ikhoshka è la maliziosa ancella di Aelita. La società, rigidamente aristocratica, è in precario equilibrio: la regina non è amata dai militari e dalla casta degli scienziati. Questi ultimi hanno in loro potere un telescopio che permette di osservare la Terra e cercano di negarne l'accesso alla curiosissima sovrana. La maggior parte della popolazione marziana è costituita da schiavi che vivono in condizioni abiette nel sottosuolo, lavorando nelle miniere. Durante il turno di riposo vengono congelati e stipati nelle caverne come merce. Intanto, sulla Terra, le giornate di Los trascorrono nel misero e meschino contesto della Russia dei Soviet. Sua moglie, Natasha, è tampinata da uno squallido burosauro dal cognome ben poco russo, Ehrlich. Prima della Rivoluzione era stato un donnaiolo, ora è un ufficialetto che abusa del suo potere per far sparire grandi quantità di zucchero con cui corrompe le donne, cercando di ottenere i pompini o qualche scopata. Anche se Natasha rifiuta le avances di Ehrlich, Los è convinto del contrario e quindi è roso da una funesta gelosia. Tutto procede nello squallore più assoluto e deprimente. Spiridonov, uno scienziato amico di Los, progetta di fuggire all'estero, mentre il grottesco segugio Kravtsov si occupa di scoprire l'autore dei furti di zucchero, notoria causa di crolli di imperi nella storia del mondo. Intanto Los continua a sognare Marte. La regina Aelita, venuta a conoscenza della sua esistenza, lo desidera segretamente. Vorrebbe che lui fosse con lei e che accostasse le labbra alle sue, come fanno gli amanti sulla Terra. Intanto la situazione precipita. Colto da un raptus, Los uccide la moglie, si traveste in modo tale da passare per Spiridonov, che nel frattempo ha disertato ed è sparito dalla Russia. Incredibilmente, in tutto questo trambusto, Los riesce a costruire un razzo in uno stabilimento nella periferia di Mosca. Mentre si imbarca assieme al rivoluzionario Gusev, un soldato dell'Armata Rossa e fondatore di diverse repubbliche socialiste sovietiche, viene raggiunto dal segugio Kravtsov, che non riesce tuttavia a fermarlo. A questo punto il razzo parte e in brevissimo tempo lascia la Terra con i tre a bordo. In brevissimo tempo la navicella arriva su Marte. Qui avviene un miracolo: i terrestri e i marziani sono in grado di intendersi alla perfezione, senza alcuna barriera linguistica! Tuskub ordina di uccidere gli invasori, ignorando le suppliche della figlia Aelita. Kravtsov, maldestro e dal cervello minuscolo, cade subito prigioniero dei soldati. Il capo degli Astronomi raggiunge la regina, dicendole dove la nave è atterrata. L'ancella Ikhoshka cerca di ucciderlo pugnalandolo alle spalle, ma viene catturata e spedita nelle miniere. Gusev si è invaghito della fantesca e ha persino inscenato una pantomima esplicita per convincerla a fellarlo, così la segue, pensando di salvarla e di sfogare i propri impulsi. Nel frattempo Los incontra Aelita e se ne innamora, anche se a volte la vede sotto le sembianze della moglie. Le guardie arrivano e li arrestano, inviando anche loro nel sottosuolo, dove Gusev sta arringando gli schiavi, organizzando un soviet marziano! Aelita, nonostante la diffidenza di Gusev, che non vede di buon occhio gli aristocratici, riesce a farsi scegliere come capo del movimento. Scoppia il finimondo. Gusev, armato di un gigantesco martello, sembra un improbabile Thor comunista mentre assesta poderosi colpi a chi cerca di fermarlo. Quando i soldati di Tuskub riconoscono la sconfitta, Aelita svela il suo vero volto e comanda loro di ricondurre gli schiavi nelle loro caverne. Los, preso dal disgusto, fa precipitare la regina in un baratro, uccidendola. A questo punto si capisce la vera natura di tutte queste vicende tumultuose: si tratta di sogni a occhi aperti di Los, che è sulla Terra, non ha ucciso la moglie e non ha costruito alcun razzo. Così si riconcilia con Natasha. Il messaggio marziano "Anta Odeli Uta" si rivela soltanto una trovata pubblicitaria e tutti vissero felici e contenti.


Recensione:

Una chicca imperdibile. Si può dire che Aelita sia il primo colossal prodotto dall'Unione Sovietica. Quando uscì divenne rapidamente popolarissimo, al punto che a un gran numero di bambine russe fu dato il nome Aelita. In seguito, la pellicola cadde in disgrazia e fu bandita dal governo sovietico, tanto che non fu facile poterla visionare prima della fine della Guerra Fredda. 

Il film di Protazanov è stato proiettato al celebre Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 12 settembre 2009, ma in quell'occasione purtroppo non ho potuto essere presente. Sul sito Fantasymagazine.it esiste ancora traccia di tale evento:


Ho avuto occasione di vedere Aelita soltanto otto anni dopo. Le sue sequenze, immensamente ingenue, grottesche, a tratti comiche, mi hanno messo di buon umore, come un raggio di luce nelle compatte tenebre di una depressione profonda. Si può quindi dire che Protazanov e Aleksej Tolstoj abbiano fatto del bene. Certo, siamo lontani anni luce dalla sensibilità dei nostri tempi, ma penso che quest'opera vada conosciuta. 


Contenuti politici del film 

Su Fantasymagazine.it si sostiene che Aelita sarebbe un film di "denuncia sociale". Non ho assistito al dibattito sull'argomento nella sede in cui è avvenuta la proiezione, ma posso immaginare che questa sia stata la tesi sostenuta dagli astanti. A me pare piuttosto che si cerchi di proiettare nel passato degli anni '20 dello scorso secolo le categorie mentali moderne e il sentire moderno, un rischio gravissimo su cui non smetterò mai di mettere la massima enfasi. All'epoca in cui fu prodotto Aelita non si faceva "denuncia sociale", si rimuovevano gli ostacoli abbattendo le persone. Gli omicidi politici erano all'ordine del giorno e nessuno ci trovava alcunché di strano. La propaganda politica era più semplice, più diretta. Quando Gusev trasforma gli schiavi marziani in rivoluzionari decisi ad instaurare la dittatura del proletariato, subito partono in crescendo le note dell'inno dell'Unione Sovietica. Si vede un uomo barbuto che plasma a mani nude una falce e un martello, accendendo il fuoco della Rivoluzione. Il messaggio è semplice: Gusev, servendosi soltanto delle sue parole, per magia comprensibili al suo pubblico, riesce a impiantare su Marte il marxismo. Qualcosa che è nato e germogliato sulla Terra, in un ben preciso contesto, attecchisce in un ambiente del tutto dissimile, senza alcuna difficoltà. Oggi tutto questo ci sembra decisamente naïf, com'è ovvio che sia. Ci appare come una burletta e ci desta ilarità. Tutto sembra fuorché propaganda politica, somiglia di più a un Godzilla di gomma. Nel 1924 la gente la pensava in modo diverso: di certo quelli erano mezzi adatti alle necessità del contesto. 

 

Il frenetico Gusev e il sesso in bocca

Alcune sequenze del film costituiscono un inatteso quanto incontestabile riferimento alla fellatio. Gusev, esagitato e in preda alla libidine come un bonobo, afferra l'ancella Ikhoshka per un braccio e mima il coito orale, dando prova di ignorare il concetto stesso di pudore. Si indica i genitali ripetutamente, quindi punta con il dito la bocca della donna e lo preme nell'aria più volte, facendole capire dove desidera infilarle il fallo eretto. Lei non raccoglie l'invito, non dice nemmeno l'equivalente marziano di un "ma anche no", sottraendosi subito alla presenza dell'importuno corteggiatore. Tutto questo mi ha destato grande meraviglia come l'ho visto, perché mi è parso un elemento incongruo. Il punto è questo: negli anni '20 del XX secolo, il sesso orale era tabù, tanto in Oriente quanto in Occidente. Chissà se gli amici del Cineforum Fantafilm si sono accorti di tutto questo! Un giorno dovrò decidermi a chiederlo ad Andrea "Jarok", sperando che rammenti qualcosa della lontana serata di discussione. 


Il vecchio mondo

Alcuni uomini si assicurano di non essere disturbati e si riuniscono per una festicciola, se così si può dire. Consumando del vino acidulo, di pessima qualità, si lasciano andare a ricordi del mondo prima della Rivoluzione. Com'erano le loro vite? Indubbiamente migliori, è la loro conclusione. Si fanno prendere da voli pindarici. Uno scienziato baffuto fabbrica fantasie su come sarebbe stato riverito: un servo in livrea lo avrebbe accompagnato ovunque, stappando una bottiglia di champagne ad ogni occasione. Un suo collega invece si vedeva nell'atto di dare ordini a un servo adorante, prontamente obbedito come se fosse un re. Forse questa è una delle cause della caduta in disgrazia della pellicola? Un altro residuo del mondo prerivoluzionario è la menzione della religione. La moglie di Gusev gli nasconde gli abiti per impedirgli di andare su Marte. Il soldato si traveste da donna e si cala dalla finestra, camminando così per le vie di Mosca. Una vecchia lo vede e in preda all'orrore si fa il segno della croce. Si consideri che per la Chiesa Ortodossa la sodomia era un peccato molto grave, che comportava l'esclusione dai sacramenti per diciotto anni. Agli occhi dell'anziana signora, un uomo in vesti da donna non era uno scherzo dovuto a circostanze eccezionali, ma senza dubbio un sodomita passivo.


Un abbozzo di lingua marziana 

La frase "Anta Odeli Uta" non può essere analizzata, né è possibile comprendere da essa alcunché di utile su una forma larvata di conlang marziana. Anche se alla fine viene rivelato che si tratta di un vacuo messaggio commerciale, volutamente senza senso (pubblicità nella Russia dei Soviet?), è comunque interessante speculare sulla questione. In fondo, sono parole fatte della materia di cui sono fatti i sogni. Pochi sanno che alcuni quotidiani sovietici hanno riportato, in seguito alla proiezione di Aelita, che la trasmissione "Anta Odeli Uta" è stata realmente captata e che è stata persino decifrata! Se non ci credete, il riferimento è Nicky Jenner, 4th Rock from the Sun: The Story of Mars, pag. 48. In ogni caso non si arriva da nessuna parte. Allo stesso modo non si hanno elementi per dedurre il significato dei peculiari antroponimi marziani Aelita, Tuskub (Tuscoob), Gor, Ikhoshka. Si noterà che Ikhoshka ha la fonotassi e la morfologia di un nome slavo, con un tipico suffisso diminutivo -oshka. Anche Aelita ha una terminazione in -a, che nell'immaginario comune è un marcatore del genere femminile, indipendentemente dall'origine terrestre o meno di una lingua. Fateci caso: si trovano poche opere di fantascienza in cui qualche protagonista maschile abbia un nome terminante in -a, mentre le occorrenze di nomi femminili in -a sono innumerevoli. Tutto questo nonostante in molte lingue reali esistano antroponimi maschili in -a. Allo stesso modo, non ci si aspetta che una nobildonna abbia un nome terminante in -o o in -u. Una regina Namora è convincente, una regina Namoru non lo è. Perché? Spiegare le convergenze nelle creazioni di numerosissimi autori è abbastanza difficile. L'ipotesi più convincente è che la natura delle lingue fantascientifiche possa avere le proprietà di un meme e diffondersi tramite contagio memetico, favorendo un certo tipo di caratteri fonotattici e sfavorendo ogni deviazione da questo standard.


La lingua marziana nel romanzo di Aleksej Tolstoj 

Aleksej Tolstoj (da non confondere con Lev) è meno avaro di Protazanov: un libro riesce a comunicare molte più cose di un film muto. Quando ho avuto accesso al romanzo Aelita, ho potuto constatare che vi erano riportate diverse parole nella lingua di Marte. Un soldato marziano, vedendo Los e Gusev, dice loro: "Taltsetl". Quando i due russi tentano di spiegare che vengono dalla Terra, il marziano enuncia una strana parola: "Soatsre". Quindi il marziano indica il suolo estendendo le braccia e dice: "Tuma". Si può essere certi che Tuma fosse il nome che gli indigeni davano a Marte, e che significasse anche "terra, suolo". Sono riportate anche frasi ben articolate. Un soldato enuncia: "Aieeoo utara shokho, datsia Tuma ragheoh Taltsetl". Sembra possibile dedurre che Taltsetl è il nome dato Terra. In effetti nel corso della narrazione questa intuizione risulta confermata: è proprio la Terra, ritenuta una stella maligna. A quanto pare, Gusev apprende rapidamente la lingua marziana, e anche Los arriva in qualche modo non soltanto a capirla, ma addirittura a parlarla. Un'altra frase oltremodo interessante, pronunciata da un marziano indicando una nave volante nel cielo: "Tao hatskha ro khamagatsitl". Col nome Magatsitl vengono indicate antiche genti migrate su Marte da Atlantide, il cui sangue viveva nell'aristocrazia. Sembra che le finali in -tl fossero abbastanza comuni. Una frase pronunciata da Aelita e tradotta da Los è "Oheo, kho suah", ossia "Concentrati e cerca di ricordare". Il nome Aelita viene analizzato come composto di AE "vista per la prima volta" e LITA "luce stellare". Si capisce anche il mistero del nome Ikhoshka e del suo aspetto slavo: nel libro è spiegato che in realtà l'ancella si chiamava Ikha e che Gusev l'aveva ribattezzata aggiungendovi il suffisso diminutivo russo -oshka. Non posso fare a meno di notare che nel romanzo non si fa nessun accenno alla storia del sesso in bocca chiesto da Gusev a Ikha. Egli si limita a estorcere un bacio sulla bocca e in un'altra occasione ad accarezzarle le braccia nude. Non si riesce a tracciare da dove sia giunta l'idea di un Gusev bonobo arrapato.

giovedì 26 gennaio 2017


ROGUE ONE

Titolo originale: Rogue One: A Star Wars Story
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2016
Durata: 133 minuti 
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 2.35:1
Genere: Fantascienza, azione
Regia: Gareth Edwards
Soggetto: John Knoll, Gary Whitta
Sceneggiatura: Chris Weitz, Tony Gilroy
Produttore: Kathleen Kennedy, Allison Shearmur,
    Simon Emanuel
Produttore esecutivo: John Knoll, Jason D.
    McGatlin
Casa di produzione: Lucasfilm
Distribuzione (Italia): Walt Disney Studios Motion
    Pictures
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: Jabez Olssen, John Gilroy, Colin
    Goudie
Effetti speciali: Neil Corbould, John Knoll
Musiche: Michael Giacchino
Scenografia: Doug Chiang, Neil Lamont
Interpreti e personaggi   
    Felicity Jones: Jyn Erso
    Diego Luna: Cassian Andor
    Ben Mendelsohn: Orson Krennic
    Donnie Yen: Chirrut Îmwe
    Mads Mikkelsen: Galen Erso
    Alan Tudyk: K-2SO
    Riz Ahmed: Bodhi Rook
    Jiang Wen: Baze Malbus
    Forest Whitaker: Saw Gerrera
Doppiatori italiani   
    Valentina Favazza: Jyn Erso
    Francesco Venditti: Cassian Andor
    Stefano Benassi: Orson Krennic
    Enrico Pallini: Chirrut Îmwe
    Davide Marzi: Galen Erso
    Christian Iansante: K-2SO
    Emiliano Coltorti: Bodhi Rook
    Dario Oppido: Baze Malbus
    Roberto Stocchi: Saw Gerrera 

Trama:
Siamo in un'epoca che precede di poco i fatti del primo Guerre Stellari, l'Episodio IV. Galen Erso è uno scienziato che,
dopo aver collaborato per anni con l'Impero Galattico, si è ritirato su Lah'mu, un umido pianeta sperduto e situato come tanti altri nel famigerato ano della Galassia. Vive isolato in quella desolazione nebbiosa assieme alla moglie Lyra e alla figlia Jyn Erso, facendo l'agricoltore. L'Impero riesce comunque a localizzarlo. Accade così che un giorno l'esule riceve la visita del Direttore Imperiale Orson Krennic e dei suoi uomini, che lo vogliono per completare la progettazione della Morte Nera. Dopo qualche tentativo di convincere Galen Erso con le buone a seguirlo, Krennic passa alle maniere forti. Lo scienziato viene catturato, sua moglie finisce uccisa in uno scontro a fuoco, mentre Jyn riesce a fuggire. La bambina si nasconde in una buca, da cui viene tratta dal ribelle Saw Gerrera. Dopo quindici anni, Galen convince il pilota imperiale rinnegato Bodhi Rook a raggiungere l'Alleanza Ribelle e a consegnare un messaggio per rendere nota l'esistenza della nuova arma di distruzione planetaria. Qualcosa va storto e il messaggero cade nelle mani della fazione estremista capeggiata da Gerrera. Jyn langue in un campo di prigionia imperiale su un pianeta fangoso. I ribelli la fanno evadere per cercare di risalire a Galen Erso e ucciderlo, impedendogli di portare a termine la costruzione della Morte Nera. Assieme al droide K-2SO e all'ufficiale ribelle Cassian, la ragazza raggiunge il pianeta desertico Jedha, quasi una copia di Tatooine, per incontrare Gerrera. Questi le mostra il messaggio avuto da Rook. Nello scritto il progettista rivela di aver messo scientemente un punto debole nella Morte Nera in modo tale da renderne possibile l'annientamento (curiosamente l'errore lo si ritroverà tal quale nella seconda Morte Nera e nella stazione Starkiller). Nel frattempo il Governatore Tarkin si mostra scettico riguardo a questo progetto, così Krennic per convincerlo sperimenta la potenza di fuoco della Morte Nera sulla città di Jedha City, distruggendola. Si scatena l'inferno e Gerrera rimane ucciso in un crollo. Rook, Jyn e il monaco cieco Chirrut Îmwe fuggono sul pianeta Eadu, dove Galen è costretto a servire in un centro di ricerca dell'Impero. Mentre lo scienziato rivela al Direttore Krennic di aver tradito l'Impero, provocando la rappresaglia, i ribelli assaltano il centro di ricerca. Galen Erso rimane ucciso. Jyn sa che i file del progetto della More Nera si trovano nell'immenso database imperiale sul pianeta Scarif, così spinge affinché l'Alleanza Ribelle organizzi una spedizione per sottrarli. La maggior parte del comando dell'Alleanza respinge la proposta sia perché ritiene che la ragazza parli senza prove concrete, sia perché si cagano tutti in mano per la paura alla sola idea di una simile impresa. A questo punto Jyn Erso decide di raccogliere un gruppo di volontari e di compiere ugualmente l'impresa, eludendo la sorveglianza. Ecco che nasce il nome in codice Rogue One, che designa il gruppo clandestino. Su Scarif inizia l'operazione. Jyn, Cassian e K-2SO riescono a infiltrarsi e a sottrarre i piani, coperti dai ribelli che compiono azioni d'attacco per sviare l'attenzione delle truppe imperiali. Quando l'Alleanza Ribelle viene a sapere cosa sta accadendo, coloro che si erano mostrati codardi serrano le chiappe spingendosi dentro gli stronzi: ripreso coraggio decidono di andare su Scarif ad aiutare Jyn e i suoi. Il Grand Moff Tarkin perde la pazienza e ordina di raggiungere Scarif con la Morte Nera, allo scopo di annientare il centro informatico del pianeta. Jyn e i suoi moriranno come martiri, riuscendo però a inviare i piani della Morte Nera alla nave di comando dell'Alleanza Ribelle. Darth Vader a questo punto guida una spedizione per assaltare la nave che ha captato i piani. Tuttavia questi vengono trasmessi alla Principessa Leia Organa, il cui volto si dipinge di gioia, ignara del fatto che il Signore Nero dei Sith è già sulle sue tracce.

Recensione:  
Un film decisamente migliore di Star Wars: Il Risveglio della Forza, nonostante tutti i suoi limiti. Tecnicamente è uno spin-off, inteso come primo film della serie Anthology, formata da una serie di episodi tra loro indipendenti e ambientati in vari periodi dell'arco temporale della Storia Galattica descritto dalla Saga di Guerre Stellari. Non mi dispiace affatto, nonostante la mia mente forse troppo critica non esiti a riscontrarvi numerose imperfezioni.

Etimologia di Jedha

Anche se il nome Jedha rimanda chiaramente per assonanza alla città saudita di Jedda - ed è possibile che il toponimo mediorientale l'abbia davvero ispirato - è chiaro che la sua origine deve essere la stessa radice del termine Jedi. Possiamo pensare che significhi "Luogo dei Jedi". Sulla capitale del pianeta si trovava infatti un grande tempio della setta Jedi degli Whill, rinomato a livello galattico e ritenuto di capitale importanza. Per inciso, le Cronache degli Whill sono menzionate nel libro Guerre Stellari, tratto dall'Episodio IV e scritto dallo stesso George Lucas. Per quanto riguarda l'etimologia di Jedi, siamo ben lungi dall'averla individuata con sicurezza. Appartiene a uno strato di parole antiche, come Sith, Darth, Padawan, midichlorian, Moff e via discorrendo. Mentre l'etimologia di Sith è stata chiarita - la parola nell'antica lingua di Ziost e di Korriban significa "supremo", "divino", "perfetto" - l'origine di Jedi è ancora avvolta nel mistero. A questo proposito si possono avanzare due ipotesi: 

1) George Lucas avrebbe adattato il vocabolo giapponese jidaigeki (時代劇), che indica un genere di dramma teatrale, cinematografico o televisivo dedicato alle gesta dei Samurai. Si tratta di una parola composta, formata a partire da geki "dramma" e da jidai "età". In un'occasione il regista avrebbe dichiarato di aver dato vita ai Cavalieri Jedi e al loro peculiare modo di intendere la realtà ispirandosi alla dottrina di una setta buddhista Zen del Giappone.
2) George Lucas avrebbe tratto ispirazione dal Ciclo di Barsoom di Edgar Rice Burroughs (da non confondersi col tossicomane William Seward Burroughs, autore tra le altre cose di Checca). Nella conlang barsoomiana o marziana si trovano i vocaboli Jed "Re" e Jeddak "Imperatore". Tra l'altro, lo stesso Lucas progettava di trasporre in un film i romanzi di E.R. Burroughs su Barsoom, di cui era grande estimatore. 

Personalmente propenderei per la seconda ipotesi, pur essendo la semantica tutt'altro che soddisfacente. Quello che appare lampante è che in Jedha deve essere presente un suffisso -ha di valore locativo, anche se non sono riuscito a trovare altri esempi della sua applicazione.

Etimologia di Rogue 

George Lucas immagina che il genere umano abbia colonizzato nell'arco di molti millenni la galassia lontana in cui si svolge la Saga, portando con sé la lingua inglese. Con passar del tempo da questo inglese colloquiale si sarebbe formata la lingua franca detta Basic, che avrebbe assorbito strati di vocaboli non umani, pur conservando un nucleo di parole di origine remota e terrestre. Per questo motivo il nome di Luke Skywalker è formato a partire da quello dell'Apostolo Luca e da un composto che significa "Camminatore del Cielo". Quello che Lucas non è mai riuscio a capire è l'estrema evolutività della lingua inglese, testimoniata dall'abisso che separa i versi del Beowulf da quelli di Bob Dylan. Così si postula che numerosi monosillabi siano articolati dai Jedi e dagli Imperiali secondo la pronuncia attuale. Tra questi vocaboli c'è anche quello che dà origine al titolo del film. Il termine inglese rogue /roʊ̯g/ è glossato come "idle vagrant" e si può tradurre in italiano con "vagabondo". Di certo deriva dall'inglese gergale roger, pronunciato /'roʊ̯gə/ con la consonante /g/ occlusiva ("dura") e usato per indicare un accattone, un uomo che si finge povero per estorcere ai passanti l'elemosina. In ultima istanza le sue radici affondano nel verbo latino rogare "richiedere". Si deve in ogni caso menzionare il fatto che rogue in inglese ha anche diversi altri significati, come "imprevedibile", "solitario" (detto di animali, specie dell'elefante), "ingannevole", "disruttivo" (detto di onde). In francese esiste rogue "arrogante" (antico rogre), che è un prestito dal norreno hrokr "esuberanza, eccesso". Anche se non ha la stessa origine dell'inglese rogue nel senso di "vagabondo", è ben possibile che sia il giusto etimo della stessa parola in altre sue accezioni, specialmente in riferimento a onde anomale o ad animali solitari ed aggressivi. È stata avanzata l'ipotesi di un'origine della parola inglese dal bretone rog "altezzoso", ma questo è impossibile, dato che la parola bretone è un presito dal francese importato dai Normanni e non una parola celtica genuina. L'italiano arrogante ha la stessa origine del rogue che stiamo trattando: è un dottismo derivato dal latino arrogare (< ad- + rogare). Il famoso Rugantino di Roma ne è una variante, formata da un precedente *Arrogantino, cfr. ruganza "arroganza". Queste sono le meraviglie della filologia: dimostrare che Rogue One e Rugantino hanno qualcosa in comune. 

Un portento artificiale

Più ci penso e più giungo alla conclusione che l'attimo in cui la Morte Nera eclissa il sole di Jedha è genio assoluto. Possiamo dire che è anche un Gedanken, ossia un esperimento concettuale: un caso di portento funesto artificiale, interamente di produzione umana. C'è qualcosa di sinistro e di sommamente inquietante. Se l'eclisse di sole porta disgrazia quando è naturale, che dire di un eclisse di sole che è stato prodotto artificialmente da una Stella della Morte costruita dall'uomo? Tutto l'orrore del futuro incalzante è implicito nell'umana macchinazione, cosa che finora non è mai stata davvero vista. 

Tentativi di adattamento tecnologico

Quando iniziò la Saga di Guerre Stellari, nel lontano '77, si aveva un'idea molto limitata della tecnologia futuribile. Soprattutto non si concepivano i prodigiosi sviluppi dell'informatica sul finire del XX secolo e agli inizi del XXI. Il concetto stesso di Internet era tanto fantascientifico da essere al di fuori della portata anche per le menti più sognatrici. Gli stessi artefici delle reti militari e universitarie degli anni '70, da cui sarebbe nato il World Wide Web, non avevano il benché minimo sentore degli sviluppi che sarebbero seguiti. Così Star Wars è nato con una tecnologia assolutamente rozza, spesso nella totale ignoranza delle leggi della Fisica. Con Rogue One, a distanza di tanto tempo, si è sentita la necessità di colmare il gap tecnologico tra la Saga e il nostro mondo, introducendo ad esempio il concetto di file. La Principessa Leia Organa riceve dei file con i piani della Morte Nera, tratti da un archivio informatico. Nel '77 invece la nobildonna alderaaniana riceveva schede perforate che subito nascondeva in quel barattolo arrugginito conosciuto come R2-D2 alias Ci-Uno Pinotto. Ora facciamo un esperimento. Guardiamo Rogue One e subito dopo l'Episodio IV che è il suo naturale seguito. Sostenere il confronto è impossibile. Assisteremmo al prodigio dei file che si trasformano per incanto in manufatti preistorici. Vedremmo la tecnologia fare passi da gigante all'indietro, come un gambero. Persino l'azione indiavolata di Rogue One diventerebbe calma quasi piatta. Posso garantire che non riusciremmo a reggere il contrasto stridente tra due mondi che non si saldano.      

Un'assurdità sesquipedale

I due droidi C-3PO (ex D-3BO) e R2-D2 (ex C1-P8) compaiono in una scena lampo sulla luna selvosa di Yavin. Il robot dorato strilla come una femminuccia, in preda a un'angoscia isterica: "SCARRI?! VANNO SU SCARRI?!" Nemmeno Scarif riesce a dire in modo corretto. Il nome del pianeta diventa SCARRI. Un'apparizione estemporanea quanto molesta: mi è bastata la vocina stridula di quell'arga di latta per guastarmi l'umore. Ora, la presenza degli osceni barattoli in quel contesto non ha assolutamente senso. I due ammassi di ferraglia appartenevano al seguito della Principessa Leia, la cui nave fu abbordata da Darth Vader nei pressi di Tatooine. Infatti i due robot, che nemmeno si conoscevano, riuscivano a lanciarsi in una capsula e a mettersi in salvo sul pianeta desertico ruotante attorno a una stella doppia. Al mercato dei droidi, in seguito l'omuncolo dorato dirà di aver già lavorato in passato col la lattina blu e grigia, ma la sua è da intendersi come una grossolana menzogna per convincere lo zio di Luke a non separare la coppia. Gli stupidissimi archeorobot, dopo lunghe peripezie, arrivavano sul quarto satellite di Yavin una volta liberata Leia dalla sua prigione nella Morte Nera. Non ci erano mai stati prima. Siccome la Battaglia di Scarif è avvenuta prima della distruzione della Morte Nera, e siccome la nave di Leia ha ricevuto i piani della Morte Nera solo alla fine del film Rogue One, come diamine facevano a essere alla base della Resistenza sulla luna di Yavin? Impossibile. Non basta: la comparsa di C-3PO e di R2-D2 negli episodi I, II e III della saga è un'assurdità escogitata per far contente le macchinette smerdanti chiamate "bambini" e tenerle buone durante le proiezioni. Per me vale, come se fosse stata pronunciata nella lingua dei miei Padri, la frase di Obi Wan Kenobi pronunciata alla vista del pigolante congegno cilindrico: "Veramente non ricordo di aver mai posseduto un droide". Quando ho sottoposto la questione ad alcuni fan di Star Wars, ho provocato in loro reazioni isteriche. Uno di loro, virile come una vagina, si è messo a strillare che i droidi appartenevano a Bail Organa e che per questo erano su Yavin 4, inviperito come se fosse stato testimone reale di fatti che, forse si dimenticava di comprendere, sono puramente immaginari.

Un difetto irritante  

Nella trama sono inserite alcune sequenze il cui intento è quello di dare spiegazione di fatti a noi ben noti occorsi in altri film. Ad esempio, proprio mentre la distruzione di Jedha City incombe e tra le sue vie si scatena il pandemonio, in mezzo alla folla eterogenea compare un individuo odiosissimo che abbiamo già visto nel primo Guerre Stellari, quello del '77: si tratta di un disgustoso e sudicio omiciattolo che sembra avere uno scroto penzolante al posto del naso. Si tratta del ribaldo che nel bar di Mos Eisley si vantava di essere stato condannato a morte su dodici sistemi diversi. Secondo alcuni commentatori con lui c'era anche un trichecoide già visto su Tatooine, ma non deve essere rimasto impresso nella mia retina e non lo rammento. Questa tecnica, a cui è dato il nome di cameo, a mio avviso è nociva e dovrebbe essere abolita. Inserendo un cameo, gli artefici del film vogliono far passare lo spettatore per un idiota e introducono fastidiose discontinuità nella narrazione, dal momento che c'è qualcosa di subliminale e di intrusivo in queste sequenze informative aggiunte in modo fulmineo quando uno meno se le aspetta. Torniamo ora al criminale sporchissimo dal naso a forma di scroto e al suo compare con la faccia che sembra un deretano. Che ci facevano su Jedha? Come hanno fatto a fuggire su Tatooine, dove Luke e Obi-Wan li ritroveranno un po' di tempo dopo? Ricordiamoci che il pianeta era sotto occupazione imperiale e supersorvegliato. Sarebbe come pensare di vedere El Chapo farsi una pizza proprio sotto gli occhi della Polizia di Stato americana a due passi dalla frontiera.  

Star Wars e le sue infinite contraddizioni 

Abbiamo visto nell'Episodio II - L'attacco dei cloni, che i piani della Morte Nera appartenevano al Conte Dooku, il separatista galattico ispirato alla figura di Umberto Bossi. Già, rammento bene quegli eventi: il Conte Dooku alias Bossi Galattico, interpretato da un superbo e tenebroso Christopher Lee (già Saruman), aveva ricevuto i progetti dell'esiziale pianeta artificiale su Geonosis, un mondo desertico abitato da creature da incubo simili a pterodattili umanoidi, i cui consessi parevano strepitar di diavoli a Malebolge. Si deduce quindi che il progetto della Morte Nera antecedeva di molto l'Impero, situandosi ai tempi della Vecchia Repubblica sull'orlo della guerra civile. Del fantomatico progettista Galen Erso non si fa menzione da nessuna parte. Come conciliare queste due versioni contraddittorie della nascita della Morte Nera? Semplice: non è possibile. Quando si deve gestire un'immensa mole di informazioni e di creazioni scaturite dalla fantasia di un gran numero di ideatori, non si può pretendere coerenza alcuna. Le inconsistenze si moltiplicano col passare degli anni, arrivando a pullulare e a brulicare come larve in una carcassa. Ogni illusione di controllo è vana. Più si cerca di capire qualcosa, più si sprofonda senza rimedio in un sogno confusionario privo di qualsiasi logica consequenziale. Le cose sono anche peggiorate da quando Lucas e i suoi prestanome hanno cominciato a manifestare segni evidenti di autorazzismo.