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lunedì 15 luglio 2019


SEROTONINA

Autore: Michel Houellebecq
Titolo originale: Sérotonine
Anno: 2019
Lingua: Francese
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Distopico, esistenziale 
Editore: La nave di Teseo
Collana: Oceani
Traduzione (in italiano): Vincenzo Vega
Traduzione (in inglese): Shaun Whiteside
Codice EAN: 9788893447393 

Sinossi (da Googlebooks):
Florent-Claude Labrouste è un quarantaseienne funzionario del ministero dell'Agricoltura, vive una relazione oramai al tramonto con una torbida donna giapponese, più giovane di lui, con la quale condivide un appartamento in un anonimo grattacielo alla periferia di Parigi. L'incalzante depressione induce Florent-Claude all'assunzione in dosi sempre più intense di Captorix, grazie al quale affronta la vita, un amore perduto che vorrebbe ritrovare, la crisi della industria agricola francese che non resiste alla globalizzazione, la deriva della classe media. Una vitalità rinnovata ogni volta grazie al Captorix, che chiede tuttavia un sacrificio, uno solo, che pochi uomini sarebbero disposti ad accettare.


Recensione: 
Il sacrificio a cui Florent-Claude Labrouste si sottopone è lo stesso che Giulio Cesare, magistralmente interpretato da John Wayne, in un vecchio film storico rinfaccia a un astronomo egiziano. In poche parole, si tratta della castrazione. Una castrazione chirurgica, nel caso dell'uomo di Scienza della corte di Cleopatra. Una castrazione chimica, ma non meno efficace, nel caso del dipendente del Ministero dell'Agricoltura. Impotenza assoluta indotta dal farmaco. Il Captorix, per l'appunto. Quando una cantante bionda e prosperosa si inginocchia davanti al protagonista nel corso di un incontro dopo tanti anni di separazione - e gli prende in bocca l'uccello - ecco che lo spermodepositore flaccidissimo non mostra segni di vita. Dopo qualche minuto d'insistenza, la fellatrice smette di lavorare il glande con le labbra e con la lingua: capisce che non c'è più niente da fare. Gli ex amanti si lasciano quindi come se tra di loro ci fosse sempre stato soltanto il più mortificante tra i possibili rapporti tra maschio e femmina: ciò che con infame eufemismo è denominato "amicizia". Com'è risaputo, l'animale che le donne più odiano è il camoscio: se si imbattono in un esemplare, serbano rancore per tutta la vita. Il teatrino mi è parso davvero buffo. Nella mia fantasia mi sono immaginato la donna con tratti simili a quelli di una melomane e grandissima cornificatrice, che ha ornato il cranio del marito di palchi colossali, da fare invidia a un cervo gigante della megafauna pleistocenica. Labrouste non è soltanto quello che il Necchi chiamava "un non trombante". Il Captorix, inutile girarci intorno, è uno strumento di lobotomia chimica. Dovrebbe limitarsi a stimolare la produzione di serotonina (l'ormone della felicità). Il sospetto è che in pratica lesioni il lobo frontale. Ecco perché impedisce di sentirsi avvolti dal nero e oleoso tocco della depressione. Così Houellebecq definisce la pillola magica partorita dal suo ingegno:      

«È una piccola compressa bianca, ovale, divisibile. Non crea né trasforma; interpreta. Ciò che era definitivo, lo rende passeggero; ciò che era ineluttabile, lo rende contingente.»

E ancora:
«non dà alcuna forma di felicità, e neppure di vero sollievo, ma trasformando la vita in una serie di formalità aiuta gli uomini a vivere, o almeno a non morire, per qualche tempo.» 

L'impotenza assoluta è un effetto collaterale che nessuno a quanto pare sa spiegarsi, un'ironia del Diavolo. Lo scrittore francese tenta persino un abbozzo di spiegazione pseudoscientifica o, meglio, di pseudospiegazione scientifica. Lo stravagante dottor Azote, il cui cognome significa "Senza Vita", rivolge queste parole al suo paziente: 

«Comunque vorrei che facesse un prelievo di sangue, per controllare il tasso di testosterone. Di norma dovrebbe essere bassissimo, la serotonina prodotta per mezzo del Captorix inibisce la sintesi del testosterone, contrariamente alla serotonina naturale, non mi chieda come mai perché non se ne sa niente.» 

Eppure, anche seguendo questa terapia, il misero travet è ben lungi dall'essere diventato un puffo! Continua a vedere il mondo come l'ammasso escrementizio che è.

«In Occidente nessuno sarà più felice, pensava ancora, mai più, oggi dobbiamo considerare la felicità come un’antica chimera, non se ne sono più presentate le condizioni storiche.» 

Una lucida quanto annichilente disamina della nostra condizione. Apparteniamo a una civiltà moribonda, il cui exitus non è lontano. Crolleremo sotto il peso di infinite criticità. Senza contare una cosa che forse potrà apparire banale ma non lo è. Chi ha detto che abbiamo il diritto di essere felici?    

Una nipponica antropofaga e genocida    

Il protagonista ha un crollo esistenziale quando scopre la verità sulla sua compagna, la giapponesina di nome Yuzu. La donna d'Oriente ha lasciato traccia delle sue imprese erotiche in alcuni densi filmati in formato mp3, che inviava alle sue amiche. Praticava le gangbang spermatiche: decine di uomini si masturbavano intorno a lei nuda e inginocchiata, per poi scaricarsi a turno nella sua bocca e sulla sua faccia. Lei ingurgitava il liquame seminale, uccidendo milioni di spermatozoi nell'acido del suo stomachino, per poi avviarli con la peristalsi alle fetide caverne del suo ventre serico, finendo col trasformarli tutti in merda! Prendeva l'essenza stessa di ogni uomo, ciò che contiene tutte le istruzioni per replicarne una copia, un clone, quindi con un'operazione di Magia Nera degradava tale codice genetico, riducendolo a scoria, a schifosissima abominazione. Quando un amante si accingeva a leccare l'ano di Yuzu, sul roseo sfintere c'erano particelle microscopiche che recavano traccia della degradazione stercorale degli homunculi inghiottiti! Questi esserini agonizzanti, destinati a morire asfissiati già al loro scaturire nella bocca della donna, dopo qualche ora fuoriuscivano come terriccio pastoso dall'orifizio tanto desiderato da altri uomini ansiosi di sburrare, rinnovando il ciclo del sacrificio a Moloch! Non basta. La giapponesina non si limitava ad amanti umani. Si faceva possedere carnalmente da grossi cani! Mentre ciucciava la rubizza virilità di un esemplare robusto, credo un pitbull, un altro animale nerboruto, se non erro un alano, faceva scivolare i suoi corpi cavernosi nella vagina accogliente della ninfomane nipponica. Alla fine usciva il materiale genetico canino. Anche in questo caso gli spermatozoi eiettati nel cavo orale venivano trangugiati a boccate e condotti nel loro luogo di digestione, verso la nemesi dell'assimilazione e del rifiuto. I caldi girini che inondavano il vaso procreativo, nell'impossibilità di fecondare un ovulo, morivano tutti soffocati, lentamente, in un'agonia estenuante. E pensare che Labrouste è sempre stato perplesso dalla complessità e dalla stranezza della vulva della sua compagna. Per questo motivo preferiva consumare la sua vita di coppia intrudendo il fallo nel retto femminile ben lubrificato. Le papule sul glande subivano lo sfregamento con le aspre superfici degli stronzi formati nell'ultimo tratto intestinale e già pronti all'evacuazione. Scavando nell'anfratto merdoso, ecco che il miracolo si ripeteva ogni volta: una marea di seme invadeva la spelonca stercoraria, tingendosi di bruno da candida che era, contaminandosi e consumandosi in un'ecatombe inenarrabile di creature uccise. Crema di aborti mista a bruttura fecale! Ovviamente mi faccio beffe della dottrina dell'homunculus, professata dai tristi fetolatri di Verona: reputo il seme un po' di muco che esce da un budellino. Ho però dimostrato che è possibile utilizzare la morte degli spermatozzi (sic) per produrre bizzarre creazioni letterarie, che dovrebbero far meditare sulla nullità della natura umana. Tra i pochi lettori capitati qui per caso, spero che qualcuno abbia avuto un'erezione leggendo queste righe morbose.

Etimologia di Captorix 

Trovo davvero bizzarro l'aspetto fonetico del nome del farmaco houellebecquiano, che ricorda i famosi antroponimi celtici in -rīx "Re". Possiamo ricostruire un antroponimo gallico *Caχtorīx "Re dei Prigionieri" (-χ- trascrive una forte aspirazione): la cosa è ancor più sorprendente dal momento che *caχtos "prigioniero; schiavo" (antico irlandese cacht, gallese caeth) è proprio la naturale evoluzione di un precedente *captos, che troviamo anche nel latino captus "preso" e captīvus "prigioniero". L'antroponimo gallico trascritto come Moenicaptus dimostra che il gruppo -pt- era conservato in qualche variante della lingua: ecco che *Captorīx diventa un nome del tutto credibile! Sarà un purissimo caso? Non mi si dica che Houellebecq conosce il gallico! Come mai anche in autori che non sembrano avere conoscenze di lingue antiche, paiono emergere frammenti di nozioni occulte che hanno tutta l'aria di provenire da mondi perduti? Caso? Coincidenze? Sincronicità junghiana? Entanglement quantistico? Oppure queste cose accadono perché la vita che viviamo non è altro che un incubo delirante? Ne sono sempre più convinto: quest'ultima è la spiegazione giusta. Forse un giorno mi sveglierò e capirò tutto!

L'istinto del leone 

A un certo punto, allo scopo di riconquistare una sua vecchia fiamma, Labrouste è preso da una forza irresistibile quanto aberrante. Vuole uccidere il figlio piccolo della donna, un'affascinante morettina, sperando assurdamente di poter indurre in lei il calore e di poterla così fare nuovamente sua. Studia tutto nei minimi particolari: si reca in un albergo abbandonato che si trova non lontano dalla casa in cui la sua amata vive col figlio, per poter colpire il giovanissimo con un fucile di precisione e stroncare la sua vita. Proprio quando l'orrido piano sembra scattare e andare in porto, subentra un tremore della mano che lo fa fallire. L'uomo è preso da una subitanea onda d'orrore e si ritrae. La forza inumana che lo aveva posseduto fino a pochi istanti prima si è ormai dileguata per sempre. È proprio quella stessa forza che spinge i maschi dei leoni a trucidare i cuccioli che la leonessa ha generato in precedenti relazioni! Cosa sperava di ottenere in realtà? Credeva davvero che tutto si sarebbe aggiustato se avesse compiuto l'infame delitto? Non si rendeva neanche più conto di essere impotente a causa del Captorix? In realtà lui voleva vendicarsi. Voleva punire la donna che lo aveva abbandonato per concepire un figlio con uno sconosciuto, agendo spinta dal Genio della Specie. Con questa scelta, lei aveva rifiutato il suo ex amante, dichiarandone il fallimento biologico. Lo aveva marchiato con un epiteto che brucia anche dopo decenni: SFIGATO.

L'estinzione del ceto medio 

Serotonina non è soltanto un affresco a tinte foschissime di questo malaugurato presente: è anche un geroglifico di un futuro ben più spaventoso che incombe su tutti noi. Descrive un fatto che può essere considerato un portento funesto per l'intero Occidente: il declino del ceto medio. Questa classe sociale di grande importanza langue sempre più in situazioni critiche e si avvia verso l'annientamento. Credo che la cosa sia sotto gli occhi di tutti. Molti anni fa lessi su un libro di storia romana qualcosa che mi colpì in modo profondo. Secondo l'autore, Carlo Bornate (1871 - 1959) uno dei segni del declino dell'Impero Romano fu la scomparsa dell'ordine equestre. Proprio gli Equites, ossia i Cavalieri, costituivano il ceto medio di Roma. Si collocavano a metà strada tra i plebei e i patrizi, costituendo una specie di cuscinetto che attutiva le frizioni sociali. Era proprio l'ordine equestre a permettere l'esistenza e la tenuta dell'ascensore sociale, quel mirabile meccanismo che evita la stagnazione con tutte le sue funeste conseguenze. Fame, tumulti, tirannia e peste! Possiamo ben capire che dal blocco dell'ascensore sociale scaturisce sempre la rovina: poveri sempre più poveri e senza garanzia alcuna di potersi sostentare, plutocrati sempre più ricchi e strapotenti. Piove sul bagnato e altrove imperversa la peggiore siccità. I Gilets jaunes non sono poi così diversi dai Bagaudae dell'epoca imperiale, dal momento che si sono formati dallo stesso ribollente calderone di insicurezza e di disperazione. Ora come allora la causa ultima del disastro è soltanto una: la globalizzazione.  

Un goffo predatore sessuale 

Tra le tante cose strane, Houellebecq descrive un esemplare di paedoraptor. Non si tratta di un rettile preistorico come il velociraptor che tutti abbiamo visto nella saga di Jurassic Park. A prima vista il predatore è in tutto e per tutto simile a un professore tedesco sulla quarantina, che fa sfoggio di un certo lusso. Labrouste si imbatte in lui nel corso di una vacanza nel Cotentin. Non fa la sua conoscenza di persona, certo, si limita a guardarlo da lontano col binocolo. Così scopre che ogni giorno il paedoraptor accoglie nel suo bungalow una bambina sui dieci anni. La giovinetta dà l'impressione di essere avvezza a questo tipo di rapporti. Evidentemente ha appreso come fare qualche soldo manipolando gli uccelli. Così Labrouste approfondisce le indagini, fino ad approfittare dell'uscita del predatore, penetrando così nel suo bungalow, che era stato lasciato aperto. Qui si mette alla tastiera del computer, ovviamente non protetto da password alcuna, accedendo così al materiale pedoporno come se nulla fosse. Il professore tedesco rientra in quel mentre e trova l'intruso, ma non può ovviamente far valere il proprio diritto alla privacy. Labrouste biascica che non parlerà, che non lo denuncerà, approfittando della sorpresa dell'altro per fuggire via a gambe levate. Di lì a poco il pedosauro balza sulla macchina e fugge via con addosso un terrore folle. Si converrà che tutto l'impianto narrativo è a dir poco implausibile.    

Un gravissimo errore 

Vantando la sua smisurata cultura musicale ed elargendola con generosità ai bibliofagi, il geniale Houellebecq scivola su un grosso pezzo di sterco. Per la precisione si tratta di una gigantesca torta di vacca. Certo, non sarà appetitosa come i grassi e unti dolciumi di Gianni M., ma comunque meglio non calpestarla. Unico in tutto il Web ad aver notato la marchiana incongruenza è l'amico C., ossia Cesare Buttaboni. In poche parole riassumo l'accaduto. Quando Labrouste incontra dopo tanti anni il suo compagno di sventure universitarie, il gagliardo normanno Aymeric Florent, i loro discorsi virano sulla musica. A un certo punto il protagonista descrive la passione del nobile per i Pink Floyd e menziona Ummagumma come "il disco della mucca". Cosa c'è di sbagliato? In fondo tutti noi ricordiamo un famoso disco dei Pink Floyd con una bella mucca pezzata in copertina. Il punto è che quel disco non si intitola Ummagumma. Come giustamente il Buttaboni mette in evidenza, è sulla copertina di Atom Heart Mother che compare il famigerato bovino dal manto bianco e nero, dotato di smisurate ghiandole lattifere! Ecco a voi la recensione buttaboniana, la cui lettura raccomando vivamente a tutti:


La domanda che mi pongo è questa: davvero un sapiente come Houellebecq ha potuto commettere un simile svarione? A parer mio, anche se non ne ho prova alcuna, lo ha fatto apposta. Ha ingannato volutamente i lettori. Il motivo non è difficile da comprendere. Noi viviamo ormai un'intera esistenza navigando nel Web ma non sappiamo davvero nulla. Sono passati da un pezzo i tempi in cui la conoscenza la si doveva sudare! Internet è diventato una protesi del nostro cervello, ma il suo funzionamento è fallace. Questo ci vuole insegnare Houellebecq: "Io posso inserire un'informazione falsa, ad esempio posso dire che I miserabili è un romanzo di Alexandre Dumas padre, perché tanto ciò che ho scritto se lo berranno tutti, come una fellatrice spermatofaga manda giù una boccata di sburra da uno sconosciuto in un glory hole!"  

Etimologia di Yuzu  

Mark Montagna di Zucchero, col suo solito paternalismo, ha provveduto a rendermi edotto sull'origine del nome della giapponesina spermatofaga e bestialista erotica. Mi è infatti apparsa, un giorno, la pagina di un sushi bar milanese che pubblicizzava un sake assai peculiare, il cui nome era proprio Yuzu. Si spiegava che yuzu in giapponese è il nome dato a un agrume simile al bergamotto e alla leggera bevanda alcolica che se ne ottiene. La parola in questione, scritta ユズ o 柚子, è un prestito dal coreano yuja (유자), che a sua volta proviene dal cinese yòuzi (柚子) "pomelo". Il peculiare agrume, il cui nome scientifico è Citrus junos, sarebbe originario della Cina centrale e del Tibet, dove cresce anche allo stato selvatico. Sarebbe un ibrido tra il mandarino (Citrus reticulata) e il limone di Ichang (Citrus ichangensis). Durante la dinastia Tang (618 - 907 d.C.) fu introdotto in Corea e quindi in Giappone. Proprio nel Paese del Sol Levante sono state selezionate alcune varietà della pianta, a fini ornamentali Una di queste varietà è chiamata yukô (日本語) e non si trova altrove; lo yuzu fiorito (hana yuzu, 花柚子) è coltivato per i suoi fiori, belli e profumati, mentre lo yuzu leone (shishi yuzu, 獅子柚子) ha frutti con una spessa scorza nodosa.

Microrecensioni e reazioni nel Web

Sul sito www.ibs.it numerosi lettori hanno espresso le loro opinioni. Ce ne sono davvero tante e sono piuttosto eterogenee, mi limito a riportarne alcune: 

Raffaele ha scritto: 

"Libro che divide. O si ama, o si odia."

Simone ha scritto: 

"Houellebecq ha perso mordente. Certo, la sua scrittura asciutta e dissacrante riesce ad evitare la noia, e tutto sommato si legge bene. Però non succede nulla. Ma veramente nulla, nonostante per tutto il tempo ci si attenda un qualcosa che sembra essere nell'aria. Evitabile, a meno che non si sia realmente suoi fan. Ed io lo sono."

Ruud ha scritto:

"La lettura di Houellebecq è sempre spiazzante e disturbante: al di là del continuo e costante indugiare sul sesso, le storie dello scrittore francese costituiscono una veritiera rappresentazione delle nevrosi dell'uomo occidentale moderno, anche ripetutamente profetica per certi versi." 

Antonio Iannone ha scritto: 

"La depressione deprime, per utilizzare una tautologia, ovvero: costringe gli uomini a osservare, non con il nichilismo divertito che tanti consensi brandisce, bensì con la crudezza di un “cuore messo a nudo” l’annientamento di qualsiasi prospettiva. Florent-Claude sopprime una-per-una tutte le possibilità della vita; quelle che non sopprime, sopprimono lui. Il lamento si fa ecolalico, diviene a tutti gli effetti allarme del male. «Non bisogna lasciar crescere la sofferenza oltre un certo livello», confida. Non resta che la fuga, geografica, psichica: romanzesca. "Serotonina" è forse l'opera più narrativa di Houellebecq." 

Carmine ha scritto: 

"Romanzo depresso e deprimente, senza trama nè struttura, una manciata di argomenti buttati dentro a caso (pedofilia, quote latte, psicofarmaci) ma che non hanno la forza di essere provocatori. Un protagonista sempre sull'orlo del suicidio che a un certo punto sarebbe auspicabile, soprattutto quando vorrebbe uccidere un bambino (cosa totalmente senza senso, anche all'interno di un contesto già abbastanza privo di senso). Serotonina è un capolavoro? No, semplicemente Houellebecq non ha più niente da dire, il suo pensiero era già tutto nei romanzi precedenti. Solo con dei contorsionismi intellettuali è possibile attribuire un significato a questo brutto romanzo."

Lorenzo ha scritto:

Sarà ormai ripetitivo, quello che volete, ma un libro di Houellebecq rimane un libro di Houellebecq: da leggere.

martedì 30 aprile 2019


MOON

Titolo originale: Moon
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 2009
Lingua originale: Inglese
Durata: 97 min
Rapporto: 2.35 : 1
Genere: Fantascienza, thriller, drammatico
Regia: Duncan Jones
Soggetto: Duncan Jones
Sceneggiatura: Nathan Parker
Produttore: Stuart Fenegan, Trudie Styler
Casa di produzione: Liberty Films UK, Lunar Industries,
     Xingu Films
Distribuzione (Italia): Sony Pictures
Fotografia: Gary Shaw
Montaggio: Nicolas Gaster
Effetti speciali: Cinesite, Visual Effects Company
Musiche: Clint Mansell
Scenografia: Tony Noble
Costumi: Jane Petrie
Interpreti e personaggi
    Sam Rockwell: Sam Bell
    Robin Chalk: Sam Bell (clone)
    Dominique McElligott: Tess Bell
    Kaya Scodelario: Eve Bell
    Matt Berry: Overmeyers
    Benedict Wong: Thompson
Doppiatori originali
    Kevin Spacey: GERTY
Doppiatori italiani
    Riccardo Rossi: Sam Bell
    Roberto Pedicini: GERTY
    Valentina Mari: Tess Bell
    Erica Necci: Eve Bell
Budget: 5 milioni di dollari USA
Box office: 9,8 milioni di dollari USA

Trama:
Nel solito futuro prossimo, le Industrie Lunari hanno permesso al genere umano di affrontare la crisi dei combustibili fossili costruendo sul lato nascosto dell'argenteo satellite la base Sarang per l'estrazione dell'elio-3. L'attività mineraria è automatizzata così bene che è necessario un solo essere umano per mandarla avanti. Le macchine per la raccolta dell'elio-3 funzionano a meraviglia e il prezioso combustibile viene poi lanciato sulla Terra. Al supervisore Sam Bell mancano poche settimane alla fine del suo contratto triennale. Finalmente potrà riabbracciare la sua famiglia: la sua amata moglie Tess e sua figlia Eve, la cui lontananza ha sempre avvertito in modo lancinante, dato che un permanente disturbo elettromagnetico rende molto difficili le comunicazioni. L'Idiozia Artificiale, pardon, l'Intelligenza Artificiale GERTY è la sola compagna di Sam Bell nel suo esilio selenico, programmata per fornirgli il necessario conforto e per lenire la sua abissale solitudine. Poco prima dell'agognato rientro sulla Terra, ecco che qualcosa va storto: l'uomo inizia a soffrire di allucinazioni accompagnate da intense emicranie. È il classico inizio di un incubo. Nel corso di una girandola di eventi inattesi quanto funesti, il nostro eroe scopre varie cose raggelanti. Primo, egli è un clone. Secondo, non c'è nessuna famiglia ad attenderlo sulla Terra, i suoi ricordi sono tutti impantati. Terzo, egli sarà presto ucciso dalla decadenza programmata del suo organismo ed è già pronto un suo successore - il cui corpo privo di sensi viene trovato in un estrattore danneggiato da un incidente. C'è di che perdere il sonno, direi! Eppure Sam, facendo sfoggio di una tempra d'acciaio, non si dà per vinto e combatte contro il suo stesso destino. Porta il suo clone nella base, gli presta cure mediche e gli fa prendere conoscenza. All'inizio i due sono disorientati, si chiedono se non sia tutto un'allucinazione e chi sia la copia di chi. Pian piano capiscono la raggelante verità. A un certo punto in una specie di una cripta vengono scoperti centinaia di corpi in stato di iberanzione, tutti identici al prototipo Sam Bell e pronti per essere risvegliati. I due Sam elaborano un contorto piano per ingannare la Compagnia. Risvegliano un terzo clone, che viene lasciato all'oscuro di tutto. Mentre il primo Sam si deteriora e si avvia a morte certa, il secondo viene sparato verso la Terra con la navetta dell'elio-3 e il terzo resta a dirigere la base. Uno degli estrattori è stato programmato per abbattere l'antenna che interferisce con le comunicazioni: subito si vengono a risapere dovunque le aberrazioni delle Industrie Lunari.     

Recensione:
Ennesima riproposizione del tema fondante di Logan's Run (Michael Anderson, 1976), solo in chiave più introspettiva - anche perché il protagonista quasi non interagisce per tutto il film con alcun altro essere umano, a parte i suoi cloni (l'Idiozia Artificiale non conta). Siamo di fronte a un artificio che moltiplica lo stesso personaggio senza aggiungere alcunché di nuovo. Il finale è un po' scemo. L'ennesimo clone di Sam Bell (si è perso il conto) si infila nella capsula per il trasporto dell'elio-3 e subito si esibisce in lazzi ridicoli, esplodendo in risa convulse e battendo i piedi per la gioia. L'audio di un notiziario in varie lingue ci fa sapere che in seguito alla comparsa del clone sulla Terra è scoppiato un immenso scandalo, che ha travolto in pieno le Industrie Lunari. I giornalisti hanno diffuso la notizia delle politiche decisamente non etiche della compagnia. La stessa colossale stronzata già vista nel finale di Capricorn One (Peter Hyams, 1977): il buono e giusto, fatta la sua comparsa tra i malvagi, li smaschera, fa emergere tutte le loro porcherie, fa crollare il loro edificio di iniquità come un castello di carte. Proprio in questo sta il ridicolo estremo. Volete che una potente organizzazione, come ad esempio una multinazionale o i Servizi Segreti, non abbia modo di dare a un killer l'incarico di sopprimere l'elemento scomodo prima che possa parlare? Credete che non possano fare pressione sui giornalisti per insabbiare tutto? Ma se il mondo dei mass media insabbia quotidianamente ogni genere di notizie, e con la massima facilità! Se poi, per un malaugurato caso, la notizia non potesse essere fermata, credete che sia un gran problema far passare chi l'ha rivelata per pazzo? Credere che mettere una porcata davanti agli occhi di tutti sia sufficiente a inchiodare chi l'ha commessa, è qualcosa di un'ingenuità davvero sconcertante. Non dovrebbe più essere permessa a un regista l'applicazione di questo insipiente trucco scenico! 


Ma sì, certo, qualcuno dirà che le ambientazioni sono suggestive, che ricordano quelle di Spazio 1999, di 2001: Odissea nello spazio e di Alien. Che banalità! Di grazia, cosa dovrebbe ricordare un film la cui narrazione si svolge sulla Luna? Alice nel paese delle meraviglie? Ci sarebbe poco altro da dire su questa squallida pellicola. Non dico che sia come una carriola di molluschi decomposti, ma di certo non è una boccata di ossigeno per la fantascienza agonizzante e per lo spettatore avvilito. Scorgo in essa ben pochi elementi di interesse filologico e antropologico. Non trovo nemmeno pippologie e filosofemi di cui discutere allo scopo precipuo di allungare la recensione. Posso soltanto focalizzare la mia attenzione su tre argomenti: le origini del regista, l'etimologia di Sarang e il singolare caso di un sospetto plagio. 

Il Seme del Duca Bianco 

Duncan Jones sta per Duncan Zowie Haywood Jones (1971-viv.), figlio di David Bowie (1947-2016) e di Angela "Angie" Bowie, nata Mary Angela Barnett (1948-viv.). Non va confuso con Duncan Jones, giocatore di rugby della Welsh Rugby Union International. Senza dubbio le parentele di Duncan Zowie sono più interessanti di Moon. Egli ha una sorellastra, Alexandra "Lexi" Jones (2000-viv.), figlia di David Bowie e della sua seconda moglie, Iman, nata Zara Mohamed Abdulmajid (1955-viv.). Un'altra sorellastra è Stacia Larranna Celeste Lipka (1980-viv.), nata dalla relazione di Angela Bowie con il musicista Andrew "Drew Blood" Lipka. Infine c'è una sorella adottiva, Zulekha Haywood (1978-viv.), nata da Iman e dal giocatore di basket Spencer Haywood. Vedete? Questi sono gli intrecci a cui dà luogo il materiale genetico di successo, oggi come nel Neolitico! A quanto pare però il genio non è una componente trasmissibile in modo diretto per mezzo degli spermatozzi. Non si può neanche affermare che basti una tazzina di sburra eccellente per far nascere come funghi copie di un prototipo altamente stimato dalle masse. 

Etimologia di Sarang 

La parola Sarang ha molti significati, a seconda della lingua. L'intenzione del regista era con ogni probabilità di attribuirle il significato di "amore" che ha nella lingua coreana. A quanto pare la multinazionale dei brutti-cattivi consiste in una partecipazione tra USA e Corea del Sud. Questa ipotesi troverebbe conferma nella frase in coreano pronunciata dall'annunciatore del video mostrato prima del ritorno della capsula sulla Terra: annyeonghikyeseyo, la cui usuale traduzione è "arrivederci" (goodbye).
La parola coreana sarang (사랑) "amore" è da alcuni trascritta in caratteri romani come salang. Ne deriva il verbo saranghada (사랑하다) "amare". L'etimologia ultima di sarang non è chiara. Secondo gli studiosi sarebbe da accostarsi a sareuda (사르다) "accendere il fuoco", oppure a saram (사람) "persona, essere umano", in ultima istanza da salda (살다) "vivere". Secondo me le difficoltà semantiche non sono affatto irrilevanti. Esiste poi un omofono sarang "sala", che è un chiaro prestito dall'inglese salon.  
In malese sarang significa "nido" o "covo" (es. di attività illegali, di pirati, etc.).
In tagalog sarang significa "splendore". Hanno lo stesso significato le parole kinang, kintab, ningning e kislap.
Nella lingua dei Pangutaran Sama (Filippine), sarang significa invece "abbastanza, a sufficienza". Tutto ciò è abbastanza singolare, dal momento che sia il tagalog che la lingua dei Pangutaran Sama appartengono al ceppo austronesiano proprio come il malese. 

In sanscrito la situazione è molto confusa. Abbiamo queste due parole, il cui suono è lievemente diverso e i cui significati, quanto mai molteplici, sono in parte sovrapposti:

śāraṅga (शारङ्ग)
  1) uccello Chātaka
  2) pavone
  3) ape
  4) cervo
  5) un elefante
sāraṅga (सरङ्ग)
  1) un quadrupede
  2) un uccello
  3) cervo maculato
  4) cervo (in generale)
  5) un leone
  6) elefante
  7) grande ape nera
  8) cuculo
  9) una grande gru
  10) fenicottero
  11) pavone
  12) ombrello
  13) una nuvola
  14) un indumento
  15) capelli
  16) una conchiglia bivalve
  17) nome di Śiva
  18) il Dio dell'Amore
  19) un loto
  20) canfora
  21) un arco
  22) sandalo
  23) un tipo di strumento musicale
  24) un ornamento
  25) oro
  26) la terra
  27) l'uccello Chātaka
  28) un fiore
  29) notte
  30) luce
  31) un devoto
  32) un particolare Rāga 


Mi sembra quasi superfluo precisare che i lemmi in questione non sono di origine indoeuropea: già dal loro aspetto fonetico è chiaro che si tratta di resti di un sostrato antichissimo. 

Il caso Eutamnesia

Propongo in questa sede qualcosa di ben stravagante. Il regista italiano Patrick Rizzi, di Urbino, nell'ormai lontano 1999 diresse un film di estremo interesse, che ebbe una limitata distribuzione in VHS l'anno successivo. Il suo titolo è Eutamnesia. Riporto in questa sede le parole dello stesso Rizzi, prese direttamente dal suo video in cui analizza le innegabili somiglianze tra la propria opera e quella di Duncan Jones. 


"La Trama dei due film è la stessa: un uomo delegato da una compagnia lavora solitario su un pianeta deserto. Qualcosa accade e la situazione evolve fuori controllo. In realtà egli è un clone e, in parte, la storia non si conclude molto bene. La sostanziale differenza tra le due storie è che: il protagonista di Moon scopre di essere un clone."
Punto I 

Moon: Inizio del film, inquadramento del contesto: sito di estrazione mineraria su un pianeta deserto (la luna), un solo uomo impiegato.
Eutamnesia: Inizio del film, inquadramento del contesto: sito di estrazione mineraria su un pianeta deserto (ignoto), un solo uomo impiegato. 
Punto II
Moon: Sam e il suo hobby.
Eutamnesia: Victor e il suo hobby. 
Punto III
Moon: Il pollice verde di Sam.
Eutamnesia: Il pollice verde di Victor.
Punto IV
Moon: Barba e forbici... senza altro aggiungere.
Eutamnesia: Barba e forbici... senza altro aggiungere.
Punto V
Moon: Risveglio di un clone.
Eutamnesia: Risveglio di un clone.
Punto VI
Moon: Test di capacità cognitiva.
Eutamnesia: Test di capacità cognitiva.
Punto VII
Moon: - Da quanto tempo sei qui? - Quasi una settimana.
Eutamnesia: - Lei è qui da una settimana? - Più o meno.
Punto VIII
Moon: Cercando qualcosa e... "cazzo!"
Eutamnesia: Cercando qualcosa e... "cazzo!"
Punto IX
Moon: Aggredito e scuse rifiutate.
Eutamnesia: Aggredito e scuse rifiutate.
Punto X
Moon: Il progetto "Clone", la spiegazione-rivelazione e... tantissimi cloni.
Eutamnesia: Il progetto "Clone", la spiegazione-rivelazione e... tantissimi cloni.
Punto XI
Moon: Sam distrugge le proprie cose, e ci si siede in mezzo.
Eutamnesia: Victor distrugge le proprie cose, e ci si siede in mezzo.
Punto XII
Moon: Si sta... "sciogliendo". 
Eutamnesia: Si sta... "sciogliendo".
Punto XIII
Moon: Buone intenzioni... cercando... realtà dei fatti constatata... e... disperazione.
Eutamnesia: Buone intenzioni... cercando... realtà dei fatti constatata... e... disperazione.
Punto XIV
Moon: Sam muore.
Eutamnesia: Victor muore.
Punto XV
Moon: Sam scompare e l'impiegato della compagnia lo cerca.
Eutamnesia: Victor scompare e l'impiegato della compagnia lo cerca.
Punto XVI
I film stanno finendo... le porte si chiudono. 


Le puerili e isteriche reazioni di numerosi commentatori fantascientisti parlano di "coincidenze" e di "forzature". Certo, come no. Loro i video non li guardano, dicono che non ce la fanno...

Curiosità ed amenità fecali

Il film di Duncan Jones si svolge nell'Anno del Signore 2035. Un mirabile caso di "accelerazionismo" fantascientifico. Il feticismo delle magnifiche sorti e progressive ha portato a questo grottesco e puerile teatrino di idiozie. Fu girato in 33 giorni, in pratica uno per ogni anno di vita del Salvatore. 

Si suppone che il regista abbia passato un periodo di ossessioni religiose, dal momento che ha pensato di battezzare le quattro macchine di raccolta del prezioso elio-3 con i nomi dei quattro Evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni (Matthew, Mark, Luke, John). In occasione del Sundance Film Festival, lo sceneggiatore Nathan Parker disse, forse per tenere a bada qualche contestatore, che il regista stava solo cercando nomi plausibili e che non ha agito spinto da qualche simbolismo.

Quando Moon fu proiettato agli scienziati della NASA, un nerd occhialuto si alzò in sala e chiese perché l'azione si svolgesse sul lato nascosto della Luna e non su quello a noi visibile, dove l'elio-3 è più abbondante. Fu zittito con una risposta stupida quanto efficace: "Il film è stato ambientato sul lato nascosto per non disturbare la Natura".

Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Sempre dal solito Filmtv.it, ecco le opinioni di alcuni lettori. 

Accidenti ha scritto: 

Film di fantascienza "seri" (o seriosi che dir si voglia) non se ne vedono poi molti di questi tempi” (Tex Murphy).  E questo commento coglie il punto nodale del film. È un film serio o un film che si finge tale? Io propendo per la seconda. All'inzio del film si è catturati da tematiche interessanti apparentemente nuove (fonti energetiche e spazio, fanta-horror o psico-thriller, inventando generi di per sé inesistenti)  ma che non vengono adeguatamente trattate nel continuo della pellicola e vengono, anzi, sostituite quasi subito da altre già trattate da film del genere. Rapporto uomo macchina (2001 Odissea nello Spazio); rapporto con lo specchio di noi stessi (Tarkovskij e remake); uomini/cloni/replicanti a scadenza (Una candela che arde col doppio dello splendore brucia in metà tempo). Nulla di nuovo insomma, neppure nella trattazione. Quando i due personaggi si accorgono di essere dei cloni l’evento apparentemente non li sconvolge più di tanto. Il profilo psicologico dell’unico personaggio è brutalmente approfondito, senza scenderne in profondità in maniera effettiva, ma fermandosi all’apparenza dell’approfondimento.

Leporello ha scritto:

Strana “configurazione di sistema”: pur trovandoci nel futuro, Skype ancora non arriva, tant’è vero che i poveri Sam(s) possono interloquire con la Terra solo con video messaggi registrati. D’altra parte, non so se per via del tanto sbandierato low-budget del film (ma sarà stata una scelta voluta o una scelta obbligata?) o per un preciso criterio stabilito dagli autori, la faccina minimalistica di primo Windows con cui si interfaccia Gertie o altri dettagli come il palmare relizzato in simil-Lego trattengono lo spettatore a metà strada tra quella che sembra voler essere la ricerca di un passato cinematografico e/o tecnologico di ampia memoria e largamente condiviso, e un futuro cui si approccia quasi con fastidio, come se fosse costretto suo malgrado, con un vago senso di nausea. A me l’operazione non è parsa troppo riuscita: mi è sembrato che quel glorioso passato delle Odisee2001 o dei Solaris venisse ripreso solo manieristicamente. L’uso dei modellini, la scenografia che ricorda quella dei telefilm  anni settanta, il computer di bordo lercio e bisunto di post-it (che neanche una consolle della Montedison…), mi hanno dato  una poco piacevole sensazione come di sabbie mobili,  di incapacità di muoversi tra QUEL passato e una proposta che si mostrasse moderna e alternativa al cinema dei grossi effetti speciali (che rifiuta sì, ma ai quali comunque tende, vedasi le scritte in simil-tridimensionale dei titoli di testa) e che pure rimane solo nelle intenzioni, senza manifestarsi.
 Insomma, quasi un pastrocchio, dove peraltro il ruolo di one-man-movie, ruolo sempre difficile e pericoloso per le responsabilità che richiede, non mi è parso sia stato affidato all’attore migliore sul mercato, e le tematiche psicologiche, i temi “alti” che affronta, sono sviluppati attraverso uno script anch’esso in crisi di originalità, indipendentemente dal fatto che voglia puntare in avanti o all’indietro.
Un film in folle, con poco carburante (per quanto lunare e biologico), sospeso tra un passato che non sa recuperare e un futuro che non vuole riconosce. 


Chribio1 ha scritto: 

Se dopo 20'  mi stavo gia' chiedendo :"Ma la trama qual'e' ?;sogni,presenze ,alieni ...",gia' mi aveva fatto un po' storcere il naso la presenza della solita musica classica da sottofondo (sempre a copiare qualcosa di gia' sentito tipo in "2001-Odissea","Solaris","Dark star"),quindi solo per queste cose non mi sembrava chissa che',anzi.
Poi,un'ambientazione Lunare in stile "Spazio 1999" (gia' ottima all'epoca),qua non mi ha molto convinto e di Spaziale-Fantascientifico nella pellicola ho visto soltanto la Base,Il robot (anche questo con deja-vu' alla "2001"),il modulo Lunare e basta.
Salverei solamente le 2 canzoni di sottofondo,quella di Chesney Hawkes "One & only" del 1991 e la mitica "Walking on sunshine" dei Katrina &the waves del 1985.
Per il resto,tensione zero,lentezza molta,macchinosita' evidente,insomma solita storiellina da sonnolenza continua:quindi,basta con questi Films che cercano di ricalcare le Orme del gia' assurdo "2001" con musica classica,lentezza,discorsi con Robot parlanti e scopiazzature varie,mica siamo tutti fessi.
Peccato perche' pensavo che fosse molto meglio,invece e' proprio da sonno completo.


Il punto dolente è sempre lo stesso, che non mi stancherò mai di urlare al mondo. La fantascienza è in decomposizione perché il presente, il nostro fottutissimo presente, se l'è lasciata alle spalle! Soltanto i fantascientisti non sembrano essersene accorti. A volte sembrano come necrofili rimbambiti dai lezzi di una tomba profanata.