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venerdì 26 agosto 2022


ZOMBIE ASS 

Titolo originale: ゾンビアス (Zonbi asu)

Titolo in inglese: Zombie Ass: Toilet of the Dead
Lingua originale:
 Giapponese
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2011
Durata: 85 min
Genere: Orrore, commedia nera 
Sottogenere: Zombesco, scat horror   
Regia: Noboru Iguchi
Soggetto: Tadayoshi Kubo
Sceneggiatura: Noboru Iguchi, Ao Murata, Jun Tsugita
Produttore: Yasuhiko Higashi, Ken Ikehara, Masahiro
     Miyata, Naoya Narita 
Produttore esecutivo: Tadayoshi Kubo 
Casa di produzione: Arcimboldo Y.K. Gambit 
Distribuzione: Nikkatsu
Fotografia: Yasutaka Nagano
Montaggio: Takeshi Wada
Effetti speciali: Yoshihiro Nishimura, Tsuyoshi Kazuno
Musiche: Yasuhiko Fukuda 
Sottotitoli in inglese: Norman England 
Elettricista: Jun Kodama 
Interpreti e personaggi: 
    Arisa Nakamura: Megumi
    Asana Mamoru: Maki
    Mayu Sugano: Aya
    Danny: Naoi
    Kentarō Kishi: Take
    Kentarō Shimazu: Dottor Tanaka
    Yūki: Sachi
    Asami Sugiura: Zombie femmina
    Sayuri Sajima: Ai
    Demo Tanaka: Zombie nella latrina
    Hideki Karauchi: Contadino 
    Midori Aoyama 
    Yukihiro Haruzono 
    Kai Izumi 
    Sadashi Matsubayashi 
    Hiroaki Murakami 
    Masaki Nishimura 
    Masahito Okamoto 
    Masahiro Taniguchi 
    Satoshi Yamamoto 

Trama: 
Distrutta dal senso di colpa per il suicidio della sorella vittima dei bulli, una giovane studentessa di karate, Megumi, accompagna quattro amici più grandi in un viaggio nel bosco: la ragazza intelligente Aya, il suo fidanzato drogato Take, più stupido delle feci di un mulo, la modella a figura intera Maki e il nerd Naoi. Le cose iniziano ad andare da schifo quando quella scema di Maki trova un verme parassita all'interno di un pesce e lo ingoia, nella speranza che possa mantenerla magra (forse memore della famosa tenia della Callas). Più tardi, sconvolta dalle coliche, la modella è costretta a scaricarsi in una latrina esterna. Il verme parassita che aveva ingurgitato aveva evidentemente deposto le uova nel suo stomaco ed era uscito dall'ano durante il devastante attacco di diarrea. Mentre Maki è al cesso, scopre che c'è uno zombie nello scarico, una creatura tutta coperta di escrementi, che emerge e le afferrava le natiche. Tuttavia lei scoreggia, asfissiando il morto vivente fecale con una violenta scarica di gas intestinali fetidissimi! Un'orda di zombie merdosi fuoriesce dalla gigantesca fossa settica ed aggredisce Maki, inseguendola fino ad imbattersi nel resto del gruppo. Dopo una strenua lotta, i giovani vengono tratti in salvo dal Dottor Tanaka, che li ospita per la notte e offre loro un piatto di pasta. Il problema è che il cibo è infettato dalle uova di un parassita scaturito dall'intestino, il verme chiamato nekurogedoro: la cena è un vero e proprio atto di coprofagia! Il Dottor Tanaka si rivela un bizzarro scienziato pazzo che ha trovato il modo di far sopravvivere sua figlia Sachi, gravemente malata, grazie agli enormi vermi intestinali alieni, a cui in cambio fornisce esseri umani da trasformare in cagosi cadaveri deambulanti. I nekurogedoro sono creature spaventose, sembrano larve giallastre dal corpo segmentato, con due zanne acuminate e un piccolo cervello sul capo. Questo encefalo nudo è altamente circonvoluto e somiglia ai succulenti cervelli da panatura, quelli che si friggono! Il tossicomane Take è la prima vittima dell'infestazione e gli scoppia il cranio a causa dell'ipersensibilità del parassita alle sostanze stupefacenti. Aya e Naoi riescono a fuggire ma finiscono uccisi dai morti viventi. Megumi invece trova l'antidoto alla creatura infestante e lo trafuga, sconfigge la maligna figlia dello scienziato e quindi somministra il siero a Maki, guarendola così dal pestilenziale parassita. Salvata l'amica, Megumi assume essa stessa l'antidoto, quindi raggiunge il Dottor Kanaka e lo abbatte con un magistrale colpo di karate


Recensione: 
Per un appassionato viscerale dei film di zombie, una simile chicca non può assolutamente mancare! Questo è cinema estremo allo stato puro! Le sequenze raggiungono vette sublimi. Certo, non tutto è oro. Il finale in stile anime è assolutamente inguardabile. Le ragazzine volano come razzi supersonici, usando come propulsore il gas intestinale giallastro emesso con particolare violenza dai loro ani. Gli immensi vermi nekurogedoro, scaturiti dallo stesso orifizio che permette il volo tramite i getti gassosi, sono inturgiditi, sono così duri da essere utilizzati a mo' di armi. Una tenia come una katana! Queste trovate sono un po' troppo pacchiane, forse se ne poteva fare a meno. 


Zombie ricoperti di feci! 

Il passaggio dell'essere umano dallo stato bestiale alla civiltà ha comportato la proscrizione degli escrementi, come di molte altre cose, tra cui i cadaveri e le larve. Una barriera invisibile di tabù ha imposto il senso di universale ripugnanza, col comandamento di escludere dal perimetro della società il materiale intestinale espulso. Ora, con Iguchi, questi tabù millenari scricchiolano, mostrano segni di grave cedimento. Si prepara l'irruzione dei residui fecali nel mondo! I messaggeri di questa apocalittica trasformazione sono proprio gli zombie, i morti viventi merdosi! Giungerà di nuovo il tempo delle tribù coprofaghe! 

Anglo-giapponese asu "ano" 

Si nota che il termine アス asu "ano" è un semplice adattamento dell'inglese ass (volgare arse) "culo, ano", reso popolarissimo ovunque dalla capillare diffusione della pornografia di massa. La parola ass deriva dal protogermanico *arsaz e non ha nulla a che fare con il latino ānus "anello; ano"(da cui italiano ano, inglese anus /'eɪnəs/). La parola nipponica per indicare l'orifizio anale è 肛門 kōmon, che è derivata dal medio cinese kaewng mwon (alla lettera "porta del culo", pronunciato in attuale cinese mandarino gāngmén). Per sublime ironia, la stessa parola kōmon (ma scritta diversamente) indica anche la porta della scuola!
La trascrizione di anus in caratteri sillabici katakana è アヌス (anusu). La pronuncia adattata è quella del latino, non quella dell'inglese. Esiste poi il termine 糞垂れ kusotare, scritto in caratteri sillabici hiragana くそたれ, che però non indica affatto l'ano, come invece sostiene il traduttore di Google. Indica i frammenti di feci attaccati all'ano (ossia i "tarzanelli"), oppure uno scemo (traduce l'inglese shithead). L'equivoco è nato dal fatto che in inglese anus può essere usato anche per indicare uno scemo. L'etimologia di kusotare è presto spiegata: 糞 kuso significa "merda", "feci", mentre -tare deriva dal verbo 垂れる tareru "pendere": si parla di merda appesa! 
Cosa emerge da questo sintetico trattatello? Non è facile trovare la parola giapponese genuina per indicare l'ano. Forse ciò accade per un motivo molto semplice. In epoca feudale il tabù era così forte che probabilmente viene nascosto il corrispondente kanji (ideogramma) con una pronuncia kun (di origine giapponese). Sembra in effetti che il tabù dell'ano si manifesti tuttora in strane forme, come divieto di nominare tale sfintere, anche se poi sono moltissimi a leccarlo assai volentieri. Dopo ricerche approfondite e vane, sono riuscito infine a reperire il kanji in questione, grazie a un'illuminazione improvvisa. Mi sono ricordato che un demone (yōkai) molto caratteristico è lo Shirime, che ha l'aspetto di un omuncolo glabro e macilento con un occhio spalancato al posto dell'ano. Ebbene, il nome 尻目 Shirime significa "occhio delle natiche" e deriva da 尻 shiri, parola antica il cui significato era appunto "natiche", "ano". Lo 尻子玉 shirikodama è una mitica sfera, contenente l'essenza vitale, che si troverebbe proprio nell'ano degli esseri viventi. 


Etimologia di nekurogedoro 

La prima parte della parola, nekuro-, è un chiaro adattamento del greco νεκρο- (nekro-) "morto" alla fonologia giapponese. L'ho riconosciuto a colpo d'occhio. La seconda parte della parola, -gedoro, mi è parsa a lungo incomprensibile, non ravvisando alcuna corrispondenza plausibile nella lingua giapponese. Cercando in Google "nekurogedoro", non trovavo nulla di significativo o di utile sotto il profilo etimologico. Poi, all'improvviso, ho avuto l'illuminazione. Anche -gedoro è greco antico! Deriva da γῆ () "terra" e da δῶρον (dôron) "dono". Così ricostruiamo il nome originale come νεκρογηδῶρον (nekrogēdôron), adattato in giapponese come nekurogedoro. Significa "dono della Terra dei Morti". La traduzione è perfettamente sensata e coerente con la trama del film. Lo scienziato pazzo, chiama questa creatura aliena "dono" perché è la sola possibilità di sopravvivenza per la figlia. Inoltre proviene dalla Terra dei Morti: crea gli zombie! Evidentemente il professore era un cultore della lingua dell'antica Grecia, cosa non impossibile persino nel Paese del Sol Levante. Uno dei grandi enigmi della storia della Settima Arte è stato risolto! 


Critica  

Sono così ipnotizzato dal sito Il Davinotti, da prenderlo come modello delle recensioni e delle reazioni nel Web. Ecco la pagina dedicata alla pellicola di Iguchi: 


Questo è l'utilissimo cut-up ottenuto dal materiale davinottiano: 

"Art o fart?"
"Delirante, indecente, imbarazzante, insano, grottesco, il film del folle e irriverente Iguchi mostra una volgarità tanto estrema da risultare surreale" 
"Demenziali la trama, i personaggi e le ambientazioni" 
"Il commovente si alterna allo stomachevole"
"Ispirato ai manga, anzi, agli hentai giapponesi, questo zombi-movie tutto particolare mette in scena i più grossolani simbolismi erotici, oltre alle consuete ossessioni scatologiche dell'immaginario più perverso del sol levante" 
"abnorme, ripugnante e corrottamente cronenberghiano; trashivendolo di un "fulcianesimo" scatologico e demenziale"
"Spicca, più che la protagonista, la popputa Mayu Suganu"
"l'esilarante all'anime de li peggio morti viventi" 
"Chi pensa di aver visto proprio tutto in tema di zombi, non può perderlo" 
"A mio avviso le scene splatter e gore strizzano l'occhio anche al teutonico Schnass" 
"Sangue e dissenteria all'ennesima potenza!" 
"gas rettali, conati di vomito, tentacle rape, evacuazioni, insetti e parassiti mutanti" 
"vede nel prodotto interno lordo solido liquido gassoso la rivoluzione copernicana della deadsploitation
"copromania a tutto sbrocco" 

mercoledì 31 marzo 2021

 
THE CORPSE OF ANNA FRITZ 
 
Titolo originale: El cadáver de Anna Fritz 
Titolo internazionale: The Corpse of Anna Fritz 
Titolo italiano: Il corpo di Anna Fritz  
Anno: 2015
Paese: Spagna 
Lingua originale: Spagnolo
Durata: 76 min
Genere: Orrore, drammatico, thriller 
Sottogenere: Necrofilia, claustrofobico 
Regia: Hèctor Hernández Vicens 
Sceneggiatura: Hèctor Hernández Vicens, Isaac P. Creus 
Soggetto: Hèctor Hernández Vicens, Isaac P. Creus 
Produttore: Marta Carbó, Lara Cireira, Cristian Valencia
Produttore esecutivo: Alberto Aranda, Xavier Atance 
Produttore associato: Daniel Aser, Isaac P. Creus, Luis de Madrid  
Produzione: Columbus Films / A Contraluz Films / Benecé 
    Produccions / Buena Vida Films / Corte y Confección de 
    películas  / Generalitat de Catalunya / Playtime Movies / 
    Seitofilms / Silendum Films / Televisió de Catalunya
Distribuzione: Primer Plano Film Group / Splendor Films / 
    Invincible Pictures / Prime Wave / Capelight Pictures / Alive 
    Vertrieb und Marketing
Montaggio: Alberto Bernad 
Musiche: Tolo Prats 
Effetti speciali: Negrete Films 
Trucco: Cristina Pellisé, Eliseo Medina  
Fotografia: Ricard Canyellas 
Scenografia: Zeroquatre
Interpreti e personaggi: 
   Alba Ribas: Anna Fritz 
   Bernat Saumell: Javi 
   Cristian Valencia: Ivan
   Albert Carbó: Pau 
   Nico Avila: Il dottore  
   Belén Frabra: Prima infermiera 
   Montserrat Miralles: Seconda infermiera  
   Henry Morales: Guardia 
   Daniel Aser: Guardia 
   Julia Lara: Inserviente del bar  
   Ricard Méndez:  Reporter
Titoli in altre lingue: 
   Catalano: El cadàver d'Anna Fritz 
   Tedesco: Die Leiche der Anna Fritz 
   Rumeno: Cadavrul Anna Fritz 
   Russo: Труп Анны Фритц  
   Finlandese: Anna Fritzin ruumis
   Turco: Ölüm ve Ötesi 
   Arabo: جسد آنا فریتس 
   Tagalog: Ang Bangkay ni Anna Fritz 
   Cinese: 安娜·弗里茨的尸体
Box office: 360.000 dollari US 

Trama: 
Siamo nella Spagna di un futuro prossimo. Una Spagna piena zeppa di cocaina, nevosa, dove tutti tirano chili di bamba fino ad andare fuori di testa. In questo contesto accade un fatto del tutto inatteso: la bellissima attrice Anna Fritz, per la cui fica l'intero mondo sbava, è morta all'improvviso, stroncata da un malore in una suite d'albergo, molto probabilmente a causa di un'overdose da droga. Il venusto cadavere finisce nell'obitorio di un ospedale. Pau, il giovane e timido custode, avverte subito i suoi amici Ivan e Javi, prospettando loro la possibilità di contemplare il corpo nudo e di penetrare il vaso procreativo della splendida Anna. Questi arrivano. Ivan, che è un giornalista spavaldo, è esaltato e sta inalando la Neve della Morte a tutto spiano: pregusta il coito col corpo della celebre defunta, ancora caldo e morbidissimo. Invece Javi ha qualche dubbio ed è disgustato all'idea di commettere un atto di necrofilia. Accade così che Ivan si fa avanti, estrae il cazzone e lo infila dentro alla morta, stantuffando e iniettandole dentro il materiale genetico. Quando ha finito di consumare la copula sacrilega, Javi rifiuta la stravagante occasione ed è Pau ad accingersi a stuprare il cadavere della ragazza. A questo punto accade qualcosa di imprevisto, che nessuno si sarebbe mai potuto immaginare. Mentre il ragazzo sta per giungere all'orgasmo, la povera Anna apre gli occhi! È l'inizio di un incubo spaventoso da cui non sembra esserci via di uscita! Un incubo assoluto, zombesco!  
 
Sequenze memorabili: Pau che sfiora con languida voluttà il sensualissimo pancino della ragazza estinta! Per qualche attimo si vede che gioca con un dito nell'ombelico di seta, come se fosse una cavità sessuale. Poi procede nella squallida posizione del missionario: va però capito che difficilmente un cadavere potrebbe essere collaborativo e prestarsi a posizioni diverse.
 
 
Recensione:  
L'idea è senza dubbio originale e innovativa. Anzi, direi che è una delle poche cose interessanti che abbia visto in questi tempi di totale disgregazione della Settima Arte. La Rete pullula di moralisti che si dichiarano stomacati: costoro affermano di aver fatto un'immensa fatica ad andare oltre i primi dieci minuti. Io mi sono guardato la pellicola catalana mentre mi ingozzavo di cioccolatini e bevevo un cicchetto di anice dopo l'altro, senza nemmeno l'ombra di una punta di disgusto. Poi i moralisti disgustati sono quelli che fanno volontariato e che rimorchiano nei gerontocomi e negli ospedali, mentre io mi trascino nella solitudine e nella disperazione, disprezzando la società e le sue stronzate ipocrite.   
 
Il film è disponibile soltanto in spagnolo e in inglese. A quanto ho appreso è stato girato in catalano ma doppiato in spagnolo. Non esiste una versione in italiano. Sono tuttavia reperibili versioni sottotitolate. Sono convinto che tra il materiale di ispirazione di quest'opera possa essere incluso Erodoto. Il celebre storico di Alicarnasso, definito "Padre della Storia" da Cicerone, riportò infatti un caso di estremo interesse. Un imbalsamatore egiziano era stato sorpreso nell'atto di congiungersi carnalmente col cadavere di una donna bellissima. Il Faraone, sconvolto dall'accaduto, col suo potere illimitato cambiò la Legge, stabilendo che i corpi estinti di donne di aspetto gradevole dovessero essere consegnati agli imbalsamatori soltanto dopo la comparsa dei segni della putrefazione. Non sono sicuro che queste ingenue precauzioni abbiano disincentivato i necrofili! 

Interpretazione 

La domanda non è banale come può sembrare a prima vista. Anna Fritz è davvero morta? Se il suo fosse soltanto uno stato di morte apparente, non ci sarebbero troppi problemi: persino gli atti di necrofilia non sarebbero realmente tali, se non nelle intenzioni di chi li ha compiuti. Si tratterebbe soltanto dell'errore di un medico necroscopo, che avrebbe destinato la ragazza all'obitorio anziché alle cure nell'ospedale. Ammettendo la morte apparente di Anna Fritz si razionalizzerebbe la narrazione, che sarebbe però in qualche modo banalizzata. Sarebbe un tentativo di rimuovere un tabù, dicendo che è stato tutto un fraintendimento, perché lei sembrava morta ma non lo era, il suo corpo era vivente e non un cadavere. La cosa ricorderebbe il caso di quei film che prima mostrano un amore incestuoso tra fratello e sorella, per poi rivelare l'assenza di parentela tra gli amanti: ne sono rimasto sempre molto deluso, perché non si trattava mai di incesto genuino. Tornando a noi, il punto è che Anna Fritz era proprio morta stecchita quando è giunta nella squallida morgue. Il suo risveglio nell'atto di ricevere lo spermodepositore turgido di Pau non è la cessazione di uno stato di coma o di catalessi. Siamo di fronte a uno zombie! Il tema del Ritornante, il morto che dall'Ade giunge al reame dei viventi, è diffuso fin dal Paleolitico. Costituisce per il genere umano una vera ossessione e una fonte di terrore assoluto. Nessuno di noi vorrebbe aver a che fare con un morto redivivo, è quanto di peggio potrebbe capitare! Il film di Hernández Vicens non indaga sul perché e sul percome. Non interessa al regista stabilire come sia stata possibile la spontanea rianimazione di un cadavere, quale ne sia stata la causa (indagine che avrebbe assegnato la pellicola al dominio della fantascienza). Qualcuno dirà che in genere gli zombie non parlano e non fuggono per salvare la propria pseudo-vita. Verissimo. Nell'universo di celluloide non si vedono molto spesso morti viventi in grado di articolare suoni comprensibili. Il fenomeno non sarebbe comunque impossibile. Un morto che si risveglia potrebbe accedere alle funzionalità del cervello, se il decesso non è avvenuto da troppo tempo, attingendo ai propri ricordi, ai banchi di memoria e ai circuiti logici. Nel finale tutto appare chiaro. Ivan, il giornalista stronzesco, è convinto di aver ucciso la ragazza rianimata. Eppure le cose non vanno come aveva preventivato. Lo zombie, immortale e animato dalla bramosia di vendetta, ritorna in posizione eretta e uccide entrambi i suoi stupratori servendosi delle cesoie! Il sangue degli uccisi, questi sì senza possibilità di rivivere, le cola lungo il collo mentre dai suoi occhi spiritati fuoriescono le lacrime. 

Alcuni commenti sui titoli in varie lingue 
 
1) Il titolo russo Труп Анны Фритц (Trup Anny Fritz) mi ha subito destato ricordi spiacevoli: la parola труп (trup) "cadavere" è comune all'ucraino e alla lettera significa "tronco" (di albero o di corpo). Nel gergo delle badanti indica la persona anziana che hanno in cura. 
2) Il titolo turco Ölüm ve Ötesi significa "Morte e Oltre", che corrisponde all'inglese "Death and Beyond". La parola ölüm "morte" deriva dalla radice proto-altaica *öl- "morire". Doveva suonare in modo molto simile nella lingua di Attila.   
3) Il titolo cinese 安娜·弗里茨的尸体 è traslitterato così: Ānnà·fú lǐ cí de shītǐ. In cinese, lingua fondata sui monosillabi, si trova una grande abilità nel ridurre i nomi stranieri in catene di sillabe a scopo meramente fonetico, il cui significato risultante è semplicemente ignorato: si tratta di un ingegnoso artificio di adattamento. 

ān "installare" 
"bello, grazioso" 
"essere contrario" 
"villaggio; vicinato" 
"rovo" 

Così Anna Fritz per un cinese sarebbe "Installa-Bella-Contraria-Villaggio-Rovo". 

 
Necrofilia in Turchia o nelle Filippine?
 
Secondo quanto riportato nel sito IMDB.com, in Turchia il film ha riscosso un successo strepitoso, essendo scaricato illegalmente per più di 5 milioni di volte! Questo è il testo originale:
 
"This film was very popular in Turkey sparking illegal downloading of it 5-7 million times."
 
Si direbbe che moltissimi Turchi siano affascinati in modo morboso dagli atti di necrofilia: il perno di questa attrazione sarà forse l'idea di poter possedere una donna che non può opporre resistenza alcuna alla penetrazione brutale. Il punto è che la notizia potrebbe essere un fake nato da un equivoco: secondo altre fonti non sarebbe la Turchia ad aver registrato una simile ondata di download, bensì le Filippine. Questo è quanto riporta Wikipedia in inglese: 
 
"In February 2016, director Hèctor Hernández Vicens discovered that his film was popular in the Philippines, where it was illegally viewed or downloaded between 5 and 7 million times via outlets such as Facebook and YouTube. This prompted the film crew to seek out legal counsel in an attempt to stop the illegal distribution. They have since managed to get an upload of the film deleted from YouTube. Due to the film's popularity overseas, the film's crew and producers are seeking to launch an advertising and screening campaign in the Philippines." 
 
Traduzione in italiano: 
 
"Nel febbraio del 2016, il direttore Hèctor Hernández Vicens scoprì che il suo film era popolare nelle Filippine, dove era stato visionato o scaricato illegalmente tra 5 e 7 milioni di volte tramite punti di download come Facebook o YouTube. Ciò ha spinto la troupe cinematografica a cercare un consulente legale nel tentativo di fermare la distribuzione illegale. Da allora sono riusciti a ottenere da YouTube la cancellazione di un caricamento del film. A causa della popolarità del film all'estero, la troupe del film e i produttori stanno cercando di lanciare una campagna pubblicitaria e di proiezione nelle Filippine." 
 
Le cifre delle visualizzazioni o download illegali sono identiche a quelle riportate da IMDB.com per la Turchia. In un articolo comparso sul quotidiano spagnolo El Diario, intitolato El extraño caso de la película española sobre necrofilia que triunfa en Filipinas, è riportata la notizia del grande successo del film di Hernández Vicens nell'arcipelago orientale: 

 
Per contro, non ho trovato alcuna documentazione sulla Turchia. Possibili cause del fake: qualche americano ignorante avrà confuso le Filippine con la Turchia! Perché proprio un americano? Perché nella Terra dei Liberi c'è una particolare idiosincrasia verso la geografia. Moltissimi americani sono incapaci di identificare il loro Paese su un mappamondo muto. Non mancano dementi che confondono i Portoghesi con gli Arabi, pensando che parlino la stessa lingua. 

 
Altre recensioni e reazioni nel Web  
 
Riporto alcuni estratti di interventi mediocri e abbastanza banali pubblicati sul sito Filmtv.it (i refusi e le punteggiature aberranti sono degli autori): 
 
 
L'utente scapigliato ha scritto:

"Film realmente inquietante e disturbante. Non tanto per la violazione dell’inerme cadavere di una fotomodella arrivato nella camera mortuaria di un anonimo ospedale, bensì per lo scenario autodistruttivo che lo spettatore già sa che andrà palesandosi di minuto in minuto. L’angoscia sale ad ogni scena e nonostante l’improbabilità delle svolte narrative e della situazione generale, lo spettatore è realmente catapultato in un incubo ad occhi aperti e coinvolto più che emotivamente per le sorti di tutti e quattro i protagonisti: i tre amici violatori del corpo della ragazza, e la ragazza stessa." 

L'utente ezio ha scritto: 

"Il cinema vive di deviazioni,che sfociano in imperscrutabili traiettorie,sospese tra questo e l'altro mondo.La necrofilia piu' che un tabu' per molti pare essere una attrattiva e questo film non ne e' esente.E l'attrice Alba Ribas che interpreta la morta e' discretamente bella ,fisico snello e proporzionato,perfettamente adatta al ruolo.A chi consiglio questo film ?...ai fans della necrofilia,agli amanti del genere ,il film e' girato quasi esclusivamente in una camera mortuaria,che diventa un buco infernale,titpica locations da rape e revenge.La durata e' minima quindi si puo' vedere comodamente....e i requisiti non mancano." 

L'utente Mulligan71 ha scritto: 

"Di cadaveri che tornano in vita, ormai, c'è una vera inflazione, ma, per fortuna, almeno sotto questo punto di vista, l'esordiente regista spagnolo sceglie di distinguersi. Il cadavere in questione, quello di una famosissima e bellissima attrice, torna sì in vita, ma da una morte apparente. Il film inizia muovendosi su traiettorie malate, tipiche di certo horror anni settanta, in cui la necrofilia la fa da padrona, suscitando più di un turbamento, ma Vicens non ha coraggio e quindi, dopo lo scontato "colpo di scena", il film scivola sulla china di un thriller piuttosto banale e recitato peggio. Di horror, qui, c'è solo la location, un obitorio, che diventa il set principale per tutti i settanta minuti della pellicola, piuttosto breve e snella, altro punto a favore."

Francamente non so perché raccolgo simili mozziconi dagli angiporti del Web per poi fumarli in una pipa su questo blog ormai inutile. Trovo che sia molto meglio spaccarmi il fegato con etanolo quasi puro.

domenica 22 novembre 2020

 
ARRIVAL 
 
Titolo originale: Arrival
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2016
Durata: 116 min
Genere: Fantascienza, drammatico
Regia: Denis Villeneuve
Soggetto: Ted Chiang (libro)
Sceneggiatura: Eric Heisserer
Produttore: Dan Levine, Shawn Levy, David Linde,
      Karen Lunder, Aaron Ryder
Produttore esecutivo: Glen Basner, Dan Cohen,
      Eric Heisserer, Tory Metzger, Milan Popelka, Stan
      Wlodkowski
Casa di produzione: Lava Bear Films, 21 Laps
     Entertainment, FilmNation Entertainment
Distribuzione in italiano: Warner Bros.
Fotografia: Bradford Young
Montaggio: Joe Walker
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Scenografia: Patrice Vermette
Interpreti e personaggi:
    Amy Adams: Louise Banks
    Jeremy Renner: Ian Donnelly
    Forest Whitaker: colonnello Weber
    Michael Stuhlbarg: agente David Halpern
    Tzi Ma: generale Shang
    Mark O'Brien: capitano Marks
    Frank Schorpion: Dr. Kettler
Doppiatori italiani:
    Ilaria Latini: Louise Banks
    Roberto Gammino: Ian Donnelly
    Massimo Corvo: colonnello Weber
    Massimo De Ambrosis: agente David Halpern
    Haruhiko Yamanouchi: generale Shang
    Davide Perino: capitano Marks
    Sergio Lucchetti: Dr. Kettler 
Budget: 47 milioni di dollari US 
Box office: 203,4 milioni di dollari US 

Trama: 
La linguista Louise Bank racconta la tediosa storia della figlia, morta a dodici anni per una forma di leucemia incurabile. Mentre sta tenendo una lezione all'università, accade un fatto epocale: dodici astronavi aliene compaiono all'improvviso, librandosi su vari punti della Terra. Sembrano immensi sigari di metallo. Date le sue competenze, la studiosa viene invitata dai militari statunitensi a far parte di una squadra speciale il cui scopo è quello di cercare un modo per comunicare con gli sconosciuti esseri giunti dallo Spazio Esterno. È un'occasione estemporanea che non si ripeterà: Louise lo sa bene e decide di coglierla al volo. Da quel momento passa il suo tempo a cercare di comunicare con gli alieni, che si rivelano essere enormi polpi scorreggianti! Sono chiamati "Eptapodi" (Heptapods in inglese) perché hanno sette tentacoli. Durante l'opera di apprendimento di una forma di scrittura geroglifica che gli alieni disegnano nell'aria per mezzo delle flatulenze, la studiosa si rende conto di avere delle angoscianti visioni del proprio futuro. Infatti l'apprendimento della lingua scritta degli Eptapodi, la comprensione della sua intima natura, si rivela in grado di indurre una percezione non lineare del tempo. I nodi giungono al pettine: il suo uomo la lascia quando si rende conto che lei ha deciso di dare alla luce una bambina pur essendo consapevole di votarla a un atroce destino di malattia. Quando lui capisce che nella sua compagna l'impulso a dare la vita è talmente forte da vincere ogni considerazione razionale, ne ha un orrore insondabile. Non è difficile immaginare il seguito della sua vita: orribilmente disilluso, decide di rompere ogni rapporto col gentil sesso, andando alla ricerca di uomini irsuti con cui darsi a pratiche sodomitiche.  
 

Recensione: 
Questo film è stato tratto dal racconto di Ted Chiang Storia della tua vita (Story of Your Life), facente parte dell'antologia Storie della tua vita (Stories of Your Life and Others) e pubblicato per la prima volta nel 1998. Il libro in questione mi era stato vivamente raccomandato dall'amico Andrea "Jarok" Vaccaro, che me lo aveva anche prestato. Lo avevo letto, anche se ero talmente pieno di whisky che ben poco di Storia della tua vita è rimasto fissato nei miei banchi di memoria stagnante. Ricordo però che avevo trovato abbastanza originali e interessanti le mirabolanti teorie su una lingua aliena esposte in quel racconto. Bizzarramente, mi è invece rimasto impresso un altro racconto che mi parve orribile, quello dell'uomo che amava Dio a tal punto da non mutare i propri sentimenti nemmeno quando si ritrova condannato all'Inferno per l'eternità - e per giunta senza alcun motivo logico. Ho poi qualche vaga reminiscenza di uno scritto grottesco in cui alcuni studenti si masturbavano fino allo sfinimento, raccogliendo un bacile pieno zeppo di spermatozzi e riuscendo a usare quel liquame per plasmare un homunculus. In ogni caso dissi ad Andrea che l'antologia di Chiang mi era piaciuta, più per cortesia che per altro. Qualche anno dopo, ritrovarmi alle prese con Arrival mi ha provocato un rigurgito acido. Tra tutti i registi, Villeneuve era proprio il meno adatto per cimentarsi in un'impresa del genere. Quello che non riesco a capire è perché sia così adorato dalla critica, che mostra addirittura scomposte reazioni di fanatismo quando non si accettano le sue opinioni dittatoriali. Sarò forse il solo nel Web a combattere contro questa funesta idolatria villeneuviana! 
 
 

Polpi che scorreggiano con le estremità! 

Gli alieni mostrati da Villeneuve sono incredibilmente grotteschi. Appena abbozzati e realizzati in maniera quasi artigianale, i molluschi tentacolati sono poco più che sagome immerse in una densa nebbia, studiata ad arte per celare al pubblico le loro fattezze. La forma di comunicazione da loro usata ha dell'incredibile. Producono cospicui peti dalla punta dei loro tentacoli, emettendo una specie di denso gas nero che va aggregandosi fino a disegnare forme complesse. Geroglifici flatulenti! Mentre nel racconto di Chiang, Storia della tua vita, si dava una dettagliata spiegazione logica dei princìpi fondanti della scrittura degli Eptapodi e del confronto con la loro lingua parlata, nel film si trova soltanto qualche traccia rudimentale di tutto questo. Il regista si limita a giocare su un equivoco comunicativo (la storia della scrittura aliena come "arma", fraintesa dai militari ottusi e ritenuta una dichiarazione di guerra da parte degli extraterrestri). Mostra poi gli ideogrammi che si formano nell'aria e una serie di fotografie, ma non ricordo nemmeno un abbozzo di indicazione sul rapporto tra il valore semantico dei segni e la loro forma. Diciamo che un trattatello di fantalinguistica, certamente originale e con notevoli possibilità di sviluppo, è stato banalizzato in modo irrimediabile. 
 
 
Una scrittura semasiografica 
 
Riporto in questa sede quanto viene detto nella pellicola villeneuviana sul peculiare sistema di scrittura usato dagli Eptapodi, trascritto verbatim ab origine
 
«Come comunicano? Qui Louise ci sta facendo vergognare. La prima svolta è stata scoprire che non c'è correlazione tra quello che un eptapodo dice e quello che un eptapodo scrive. A differenza di tutte le lingue umane scritte, la loro scrittura è semasiografica: veicola un significato, non rappresenta un suono. Forse per loro la nostra forma di scrittura è un'occasione sprecata, perché tarata a un secondo canale di comunicazione. Dobbiamo ringraziare gli amici pakistani per lo studio su come scrivono gli Eptapodi. A differenza del linguaggio, un logogramma è svincolato dal tempo. Come la loro astronave e i loro corpi, la loro lingua scritta non ha una direzione in avanti o indietro. I linguisti la chiamano "ortografia non lineare", il che solleva il quesito: "È così che pensano?" Immaginate di voler scrivere una frase usando due mani a partire da entrambi i lati. Dovreste già sapere ogni parola che vorreste usare, oltre a quanto spazio andrebbe ad occupare. Un eptapodo sa scrivere una frase complessa in due secondi, senza sforzo. Noi ci abbiamo messo un mese per una semplice risposta. Prossimo passo: ampliare il vocabolario. Secondo Louise potremmo metterci un altro mese per essere pronti.»
 
Vengono mostrati in rapida sequenza i segni che esprimono i seguenti concetti, nell'ordine: 
 
mother
planet
life
man
star
heptapod
child
woman
earth
human
walk
time
death
system
technology
solar system
home
number
write 
 
I semagrammi fotografati e riprodotti tramite computer sembrano il risultato delle eiaculazioni del Seme Nero del Caprone Primigenio. Le figure sono troppo sfuggenti per impressionarsi sulla retina dello spettatore, ma anche fermando l'immagine non si ottiene alcuna informazione utile. Non c'è la possibilità di analizzare queste forme, di scomporle in unità significative comprensibili e maneggevoli, anche se in alcuni fotogrammi si notano intricate serie di linee tracciate allo scopo di dare un ordine razionale a ciò che sembra figlio del Caos.

Nella biblioteca realizzata dalla studiosa e dalla sua équipe, visualizzata sullo schermo di un computer, sono visualizzate le seguenti parole in inglese, senza però che sia mostrato il corrispondente geroglifico degli Eptapodi:

see
find
understand
think
query
ask
truth
land
perch
ground
hold
choose
pick
take
accept
search 
 
Si evidenziano subito alcune difficoltà concettuali. Come può il linguaggio eptapodico scritto essere davvero universale? Come può accomunare tutti gli esseri senzienti, indipendentemente dalle peculiarità della loro biologia e del loro ambiente? Faccio pochi esempi per esporre le mie perplessità. Immaginiamo una civiltà aliena di esseri simili a balene che vivono in un oceano planetario. Che significato avrebbero per loro segni per esprimere cometti come "terra", "terreno", "suolo", "aria"? Come hanno fatto gli Eptapodi ad elaborare segni per concetti come "madre", "donna", "bambino"? Un gigantesco polpo senziente potrebbe avere una biologia riproduttiva del tutto diversa da quella di un mammifero. Per fissare le idee, le cose potrebbero andare in questo modo: 
1) la femmina depone le uova in una vasca;
2) il maschio al ritorno dal lavoro scarica lo sperma sulle uova e le fertilizza; 
3) se il maschio manca all'appuntamento e rincasa il giorno dopo, la femmina cucina le uova in insalata e se le mangia. 
Adesso ditemi che senso avrebbe per una simile specie parlare di "madre", o anche soltanto comprendere il significato dell'idea di "madre" per un popolo umano. 
 
 
Scrittura eptapodica e natura del tempo 
 
Non si capisce come i segni possono essere indipendenti dallo scorrere del tempo, se devono rendere possibile la trascrizione di qualsiasi concetto. Come si potrebbe scrivere in semagrammi eptapodici atemporali un trattato sulla storia della Germania? Non si potrebbe nemmeno specificare che Hitler è venuto dopo Rindfleisch, o che la banda Baader-Meinhof è venuta dopo Hitler? Se non si può trovare il modo di esprimere la relazione d'ordine che definisce l'esistenza dei viventi nella freccia temporale termodinamica, allora tutto è vano: non è nemmeno possibile utilizzare concetti implicanti la nozione di irreversibilità, come "nascita", "morte", etc. Tutto ciò accade perché Villeneuve non ha ben compreso i contenuti dell'opera di Chiang, come spiegato nel seguito.  

Ideogrammi e semagrammi 
 
Le scritture ideografiche a noi più familiari sono due: quella degli antichi Egizi e quella cinese. Il problema è che non si tratta di vere e proprie scritture ideografiche. I segni non esprimono idee. La scrittura geroglifica egiziana è un complesso sistema di rebus fonetici: un gran numero di segni rappresenta una o più consonanti e vengono utilizzati per trascrivere parole che contengono gli stessi suoni, indipendentemente dal significato; molti altri segni sono determinanti che non corrispondono ad alcun suono e servono soltanto a specificare il contesto semantico delle parole, evitando ambiguità ed errori. La scrittura cinese è fondata sulla trascrizione di sillabe, unità semantiche minime della lingua, a cui corrispondono diversi significati a seconda del contesto e dell'intonazione. Queste sillabe vengono poi utilizzate per il loro valore fonetico, indipendentemente dal significato, anche per trascrivere nomi e parole provenienti da altre lingue. Così ad esempio Marx in cinese viene adattato come 马克思 (trascrizione: MǍ-KÈ-SĪ), il cui significato letterale sarebbe qualcosa come "cavallo-vincere-pensare". Altre scritture comunemente etichettate come ideografiche, come quella dei Maya, hanno anch'esse natura fonetica. I complessi geroglifici Maya si sono rivelati composti da segni che rappresentano il valore fonetico delle sillabe e non il significato. Non c'è nulla di realmente ideografico. Come conseguenza di tutto questo, non si può scrivere in geroglifici egiziani senza conoscere la lingua degli antichi Egizi, né si può scrivere in ideogrammi cinesi senza conoscere la lingua cinese su cui si fondano, etc.
 
Glottopoiesi villeneuviana e altre futilità 
 
A quanto ho letto nel vasto Web, Villeneuve si sarebbe impegnato assieme allo sceneggiatore Eric Heisserer nella creazione di un vero e proprio vocabolario di semagrammi eptapodici, circa un centinaio in tutto. Solo alcune decine di questi segni sono visibili nel film, seppur per pochi istanti. Come già accennato, non viene data alcuna vera spiegazione delle unità significative che li formano, né viene fatto cenno della logica con cui queste sono state aggregate. Se quanto riportato fosse vero, saremmo di fronte all'ennesimo spreco del grande e munifico Re Adim, che col suo tocco magico trasforma in merda ogni cosa toccata, anche l'oro! Santo Cielo, mi dico, a cosa può servire fare un complesso "lavoro glottoteta" su un centinaio di semagrammi se poi tutto ciò viene messo in un cassetto e dimenticato? Comunque sia, nessuno può provare, al di là dei gossip mediatici, che i semagrammi mostrati non siano altro che chiazze d'inchiostro generate casualmente, come quelle usate nel test di Rorschach. Mi immagino la reazione dei fan se un giorno si dovesse scoprire che l'artista in realtà era uno scimpanzé che si è divertito a pasticciare!
 
La critica e le sue idiozie  

Secondo la maggior parte dei commentatori nel Web, il film villeneuviano avrebbe come idea centrale la stronzata suprema della "mistica della diversità", tanto cara ai radical shit e ai fautori del politically correct. Mentre i migliori capolavori della Fantascienza sono fondati sull'idea di uno scontro tra civiltà, qui viene affermato un isterico appello alla cosiddetta "inclusività", volta ad abbracciare anche i molluschi all'interno del campo smisurato dell'empatia umana. Ecco l'ossessione che ne nasce: l'idea di trovare un'utopica lingua universale che possa accomunare tutti gli esseri senzienti dell'Universo. Questa lingua comune, "inclusiva", non può essere una lingua parlata. Le lingue parlate si fondano su modi di vedere l'esistenza che sono diversissimi tra loro e spesso incompatibili. Una lingua scritta che si fondi sui princìpi della logica e della matematica, che sono oggettivi, dovrebbe invece poter essere appresa e utilizzata da tutti, indipendentemete dalla lingua parlata. È ancora l'idea della matematica come linguaggio cabalistico di Dio, sulle cui lettere sarebbe fondata la struttura stessa della sua Creazione. Eppure, stando al racconto di Chiang, emerge che una simile interpretazione è completamente errata, come posso dimostrare con argomenti solidissimi. Si tratta dell'ennesimo abuso villeneuviano.  
 

Storie della tua vita: una rilettura dopo anni 

Per poter fare un confronto più efficace col film di Villeneuve, ho recuperato l'antologia di Chiang e ho riletto il racconto Storia della tua vita. Ho subito notato non poche differenze significative. 
1) La figlia di Louise Banks nel film muore a dodici anni a causa della leucemia. Nel racconto la figlia di Louise Banks muore a venticinque anni a causa di una caduta durante la scalata di una montagna.
2) Nel racconto gli Eptapodi non sono molto simili a polpi, avendo un corpo dalla forma di un barile con sette occhi disposti in modo radiale. Hanno due orifizi: quello superiore che serve loro per respirare e per parlare, mentre quello inferiore, dotato di denti, serve loro per mangiare e per defecare. Una vera e propria bocca-ano! Inoltre gli arti sono rigidi e non hanno l'aspetto di tentacoli.
3) Nel racconto la comunicazione tra gli studiosi e gli Eptapodi avviene tramite meccanismi simili a specchi che sono stati lasciati dalle astronavi in diversi punti della Terra. Nessuno sale mai su un veicolo alieno. Villeneuve ha stravolto tutto, per rendere le sequenze più sensazionali, portando la squadra scientifica all'interno di un'astronave. Si è anche inventato di sana pianta la trovata del passeraceo chiuso in una gabbia per saggiare la respirabilità dell'aria.  
4) Nel racconto gli Eptapodi non scrivono scorreggiando con le estremità: infilano un arto nel piedistallo di un congegno simile a uno schermo, facendo comparire i semagrammi. 
5) La lingua parlata, l'eptapode A, nel film è ritenuta del tutto priva di interesse e non ne viene fornita alcuna descrizione, mentre nel racconto viene studiata in modo approfondito e con un certo successo. Viene menzionato l'uso di suffissi per marcare il soggetto e l'oggetto di un'azione, nonché l'uso di prefissi per modificare il significato delle radici verbali.
6) Non sta scritto da nessuna parte nel racconto che i semagrammi eptapodici siano stati donati al genere umano come un sistema di scrittura universale. Non si fa nessun riferimento alla cosiddetta "arma" e agli equivoci scaturiti da un'errata interpretazione. Il motivo della venuta degli alieni rimane inspiegato, avvolto nel più fitto mistero.  
7) Nel racconto si descrive in dettaglio la fisica degli Eptapodi, che si fonda su concetti quasi agli antipodi di quelli della fisica del genere umano. Le grandezze che noi esprimiamo come integrali sono considerate fondamentali dagli Eptapodi, che basano tutta la teoria sul concetto inanalizzabile di "azione" anziché sul nesso causa-effetto a noi familiare. Le grandezze che per noi sono fondamentali sono invece considerate derivate dagli Eptapodi. Villeneuve non parla di tutto ciò. 

Un corollario che fa capolino nel racconto di Chiang è la negazione della grammatica generativa di Noam Chomsky. Purtroppo ci è difficile trattare in questa sede tutte queste affascinanti tematiche, così rimandiamo a successivi approfondimenti. 

L'origine della baggianata dei polpi alieni 

Periodicamente viene rilanciata dai media la notizia dell'origine aliena dei polpi (ordine Octopoda, genere Octopus), che sarebbero giunti sulla Terra congelati in una cometa, schiantatasi nell'oceano in epoca remotissima. In fondo i polpi sono abbastanza strani: hanno tre cuori, hanno il sangue blu a causa dell'enocianina (una proteina basata sul rame, che ha le stesse funzioni della nostra emoglobina), emettono inchiostro, sono intelligentissimi, etc. Anche se i molluschi del racconto di Chiang e del film di Villeneuve hanno 7  tentacoli, mentre i polpi ne hanno 8, si comprende bene che questa persistente fake news ha il suo fondamento proprio in Arrival. Le prime testimonianze della stronzata dei polpi venuti dallo spazio esterno risalgono al 2017, l'anno successivo all'uscita della pellicola di cui stiamo trattando. La falsa notizia si è diffusa in modo pervasivo nel 2018, anno in cui hanno cominciato a circolare anche le prime smentite da parte della comunità scientifica. Nel Web questa storiella memetica è stata fin dall'inizio ridicolizzata da moltissimi navigatori. La reazione più comune all'idea dei polpi originari di un altro pianeta era un commento lapidario, ripetuto infinite volte come per istinto: "Si mangiano con le patate!"  

giovedì 16 aprile 2020

L'IDROMELE: ALCUNE CONSIDERAZIONI FONOLOGICHE, ETIMOLOGICHE E SEMANTICHE

L'uso della parola idromele "bevanda alcolica fermentata dal miele" è tutto sommato problematico, come possiamo capire indagandone l'etimologia, in apparenza lapalissiana. Questo perché il termine greco antico ὑδρόμελι (hydrómeli) è sinonimo di μελίκρᾱτον, μελίκρητον (melíkrāton, melíkrēton), che indicava un miscuglio di acqua e miele, non fermentato, oppure un miscuglio di latte e miele offerto alle potenze degli Inferi e parimenti analcolico. Si tratta di un composto formato a partire da ὕδωρ (hýdōr) "acqua" e da μέλι (méli) "miele". L'accento cade sulla terzultima sillaba, perché l'ultima è breve, e nella lingua greca è la quantità dell'ultima sillaba a regolare la posizione dell'accento - a differenza della lingua latina, in cui la posizione dell'accento è regolata dalla quantità della penultima sillaba. 
 
La parola greca ὑδρόμελι, importata tra i Romani, scritta hydromeli e pronunciata /(h)i'dromeli, hy'dromeli/, poteva indicare anche la bevanda fermentata alcolica: ha subìto quindi uno slittamento semantico. Sarebbe utile poter accedere a una documentazione più approfondita, ma questo non è poi tanto facile. Dobbiamo notare una cosa importante: si tratta di un prestito dotto, che non fu mai accolto nella lingua del volgo e che a quanto ne so non ha mai lasciato esiti in nessuna lingua romanza. Se sarò smentito da qualche romanista che ha più dimestichezza di me con l'immensa mole di dati dell'enorme numero di varietà romanze, ben venga, ma ho ragione di credere che ciò non accadrà mai. Anche in greco moderno ὑδρόμελι indica la bevanda alcolica. Si tratta di un vocabolo tratto dall'antichità, non di un'eredità passata attraverso la genuina usura del volgo. In altre parole, appartiene alla Katharevousa, la lingua nobile. Lo si comprende all'istante, dato che nella lingua popolare, l'acqua è chiamata νερό (neró). Tra l'altro, in Grece esiste tuttora un'interessante produzione di idromele. 
 
In italiano, per ragioni etimologiche e per una pronuncia ortografica (dedotta cioè a partire dalla forma scritta letteraria senza cognizione alcuna della metrica originaria), dalla forma sdrucciola idròmele a un certo punto si passò a quella piana, idroméle, che è da considerarsi di uso generale. Questo ha creato problemi a non finire. La gente più incolta non comprende il significato della parola idromele e confonde l'augusta bevanda col sidro. La prima reazione di un analfabeta alla menzione dell'idromele e alla spiegazione di come viene preparato dal miele, è sempre di stupore: troppo forte è l'idea preconcetta di una derivazione dalle mele per via della terminazione. Alcuni addirittura tendono ad ipercorreggere la parola e a pronunciare *idromiele nel tentativo di ripristinare un'etimologia comprensibile. Inutile dire che questo *idromiele è assolutamente erroneo, cosa che noto usando l'asterisco. Eppure questo ipercorrettismo esiste e resiste. Ricordo di aver letto da giovane un fumetto in cui Ercole, venutosi a trovare a New York, in un ristorante chiamava i camerieri "schiavi" e diceva di preferire di gran lunga l'idromele alla coca cola. Il punto è che il fumettista aveva scritto la parola con una -i- di troppo.  

 
Anche se si tratta di un'impresa vana, andrebbe proposto un nobile neologismo dalle ottime basi etimologiche, che appianerebbe ogni controversia e farebbe sparire ogni dubbio: MEDO "idromele", tratto direttamente dal celtico (gallico): è attestato come medu, di genere neutro, mentre la variante maschile medus si trova come prestito nel tardo latino delle Gallie. Questo elemento Medu- è alla base dell'antroponimo gallico Medugenos "Nato dall'Idromele", attestato anche in celtiberico come MEZUKENOS e in ogamico come MEDDOGENI (al genitivo) - oltre che nell'etnonimo Medulli, che designava un popolo alpino. Nella Lusitania sono attestati i Medubrigenses, il cui nome deriva dal toponimo celtico *Medubriga "Città dell'Idromele". Nelle lingue celtiche medievali e moderne si hanno le seguenti forme, tutte dalla stessa radice protoceltica: 
 
antico irlandese: miḋ "idromele" (genitivo meḋo)
        meḋḃ "ebbro"
  irlandese moderno: miodh "idromele" 
medio gallese: medd "idromele"
       meddw "ebbro"
  gallese moderno: medd "idromele"
bretone: mez "idromele"
cornico: medh "idromele"
 
Famosa è la dea irlandese Me "Ebbra", il cui nome deriva dal protoceltico *Medwā, sostantivazione dell'aggettivo *medwos "ubriaco (di idromele)". Nella regione della Loira esiste un fiume che era chiamato Meduana, il cui nome deriva da quello della stessa divinità adorata nell'antica Irlanda precristiana.

Il sostantivo antico irlandese è di genere neutro e punta a una ricostruzione protoceltica *medu, ma esistono anche attestazioni di genere maschile, che puntano a una ricostruzione protoceltica *medus. La forma gallica di genere maschile, passata in latino, è attestata nella Epistula Anthimi uiri inlustris comitis et legatarii ad gloriosissimum Theudoricum regem Francorum de obseruatione ciborum  (VI secolo): 

Ceruisa bibendo uel medus et aloxinum quam maxime omnibus congruum est ex toto, quia ceruisa, quae bene facta fuerit, beneficium prestat et rationem habet, sicut et tesanae, quae nos facimus alio genere. tamen generaliter frigida est.
Similiter et de medus bene factum, ut mel bene habeat, multum iuuat. 
 
E ancora, più avanti nello stesso testo, troviamo una menzione dell'idromele, assieme a una preziosa testimonianza sull'intolleranza al lattosio tra i Franchi: 
 
De lactibus uero sanis hominibus; si quis crudos lactis uult bibere, mel habeant admixtum uel uinum aut medus; et si non fuerit aliquid de istis poculis, sale mittatur modicum, et non coacolat intus in hominibus; nam si purum acceptum fuerit, aliquibus coacolat intus in epar et in stomachum et solet grauiter laedere. Si tamen, quomodo mulgitur, contra calidum bibitum fuerit, si taliter, non nocet. 
 
L'autore di questo trattato, Antimo, era un medico di Bisanzio, che il Teodorico il Grande (454 - 526), Re degli Ostrogoti, inviò come rappresentante alla corte dell'omonimo Teodorico (485 - 534), Re dei Franchi e figlio di Clodoveo, della dinastia dei Merovingi. Vediamo che il vocabolo medus in questo testo non può essere un prestito dal gotico, che aveva senza dubbio *midus, con diverso vocalismo (vedi sotto). A rigor di logica potrebbe essere un prestito dalla lingua germanica dei Franchi. Notiamo però che la bevanda a base di miele non è stata inventata dai Franchi: era già ben nota ai Galli e diffusissima. Vediamo che la birra è designata col termine celtico (cisalpino) ceruisa. Anche la parola aloxinum è di origine celtica e designava una bevanda aromatizzata con assenzio: ha la stessa radice dell'inglese ale "birra" (anglosassone ealu, ealo, genitivo ealoþ). Assumo quindi che medus sia un elemento del sostrato/adstrato celtico. Il Glossario di Vienne ci testimonia che una forma tarda di gallico era senz'ombra di dubbio ancora parlata al tempo dei Franchi: la parola caio "recinto" è glossata con "breialo siue bigardio"
 
Questo nome dell'idromele, che risale alla radice indoeuropea *medhu-, si trova nelle lingue germaniche: 
 
protogermanico: *miðuz "idromele" 
norreno: mjǫðr "idromele"
   islandese moderno: mjöður "idromele"
   faroese: mj
øður "idromele"
   antico svedese: miödher, mioþer "idromele"
   svedese moderno: mjöd "idromele" 
   antico danese: mioth, miøth, møth "idromele"
   danese moderno: mjød "idromele"
antico alto tedesco: metu "idromele"
   medio alto tedesco: mete, met "idromele"
   tedesco moderno: Met "idromele"
antico sassone: medu "idromele"
   medio basso tedesco: mēde, medde "idromele"
   basso tedesco (Vestfalia): mia "idromele"
antico frisone: mede "idromele"
  frisone occidentale: mea "idromele"
medio olandese: mēde "idromele"
  olandese moderno: mede, mee "idromele"
antico inglese: meodu, meodo, medo "idromele"
   medio inglese: mede, methe(1) "idromele"
   inglese moderno: mead /mi:d/ "idromele"
   scots: mede, meid "idromele"
gotico: *midus "idromele"(2) 

(1)La variante methe si deve a influenza norrena.
(2)La forma gotica è stata presa a prestito dal lituano: midus "idromele". 
 
Torniamo dunque al greco antico. Nella lingua di Omero si trova un vocabolo discendente dall'indoeuropeo *medhu-, che non era usato altrove: μέθυ (méthy), di genere neutro, genitivo μέθυος (méthyos), tradizionalmente tradotto con "vino" o con "bevanda inebriante". Il significato originale doveva essere quello di "idromele", ma già in epoca classica questa conoscenza era andata perduta. Il navigatore massaliota Pitea (380 a.C. circa - 310 a.C. circa), che visitò la regione costiera della Norvegia, paese denominato Thule (Θούλη), affermò che le popolazioni locali facevano uso di una bevanda inebriante prodotta dal miele e dal grano, ma non usò il termine μέθυ per designarla. Se questa bevanda fosse stata conosciuta all'epoca dai Greci, non avrebbe destato grande sorpresa scoprire che era prodotta dalle genti di Thule. Il caso è davvero curioso. Sappiamo per certo da prove archeologiche che l'idromele era prodotto in epoca omerica e persino che c'era la consuetudine di aromatizzarlo col rosmarino. A quanto pare la bevanda antichissima è stata gradualmente abbandonata a causa della concorrenza del vino  d'uva, che ha finito col soppiantarla. Quando in seguito l'idromele alcolico è stato riscoperto, ha dovuto ricevere un nome nuovo.    

La radice *medhu- ha dato discendenti in molti altri rami della famiglia indoeuropea, ma sarebbe impossibile fare una trattazione dettagliata in questa sede, tanto complesso è l'argomento. Questi sono alcuni dati relativi alle lingue indoarie e iraniche: 
 
sanscrito: madhu "miele; vino"
romaní: mol "vino"
protoiranico: *madu "miele; vino" 
   avestico: maδu "vino (d'uva)"
   antico ossetico (scitico): mud "miele"
   battriano: μολο (molo) "vino"
   curdo settentrionale: mot "melassa"
   medio persiano: may "vino"
   persiano moderno: mey "vino"*
   harzani: mat "sciroppo denso, melassa"
   azero (dialetto di Urmia): mazow "sciroppo d'uva con acqua"
 
*Parola della lingua letteraria. 
 
Gli Sciti bevevano idromele e lo chiamavano mud, come il miele. Tra la maggior parte delle altre genti iraniche è subentrato una specie di tabù verso il miele, così l'antico nome dell'idromele è passato a indicare il vino d'uva. 

Persino in arabo esiste la parola maδi "vino bianco frizzante", importata direttamente dal medio persiano (prima della scomparsa della dentale intermedia); deve essere un termine colloquiale o tecnico. Sorprende la vastità del lessico enologico tra gli Arabi, con buona pace della loro religione che ha un cattivo rapporto con l'ebbrezza. 
 
In tocario B abbiamo due diverse parole: mīt "miele" e mot "bevanda inebriante". La prima parola tocaria, mīt, ha avuto un'enorme diffusione, dando origine al cinese antico 蜜 mit "miele" (cinese attuale , usato in composti come 蜂蜜 fēngmì "miele", 蜜蜂 mìfēng "ape da miele"). Dal cinese antico, mit "miele" è giunto nel giapponese divenendo mitsu "miele", e in coreano divenendo mil "miele". La seconda parola tocaria, mot "bevanda inebriante", è un prestito da una lingua iranica, con ogni probabilità il sogdiano (mwδ, mδw "vino", pron. /muð/). 
  
Anche nelle lingue baltiche e in quelle slave i discendenti di *medhu- sono ben attestati e fiorenti. Questo è un quadro delle lingue baltiche:  
 
lituano: medùs "miele"*
lettone: medus "miele; idromele"
letgallo: mads "miele"
antico prussiano: meddo "miele" 
 
*C'è anche midus "idromele", che è un chiaro prestito dal gotico. 
 
Questo è un quadro sintetico delle lingue slave
 
antico slavo ecclesiastico: медъ (medŭ) "miele"
russo: мёд /mjot/ "miele"; "idromele"
ucraino: мед /med/ "miele"; "idromele"
polacco: miód /mjut/ "miele", miód pitny "idromele"* 
ceco, slovacco: med "miele", medovina "idromele"
bulgaro: мед (med) "miele"
serbo, croato: ме̑д, mȇd "miele"
macedone: мед (med) "miele"
sloveno: méd "miele" (mẹ̑d in ortografia tonale)

*Ricordo un articolo su un vecchio quotidiano cartaceo, che parlava di una cooperativa comunista e di "miele da bere" importato dalla Polonia (hanno tradotto alla lettera miód pitny). Forse i trinariciuti non conoscevano la parola idromele o non la volevano usare per qualche loro ubbia. 

Un notevole prestito slavo in rumeno è mied "idromele" (parola del linguaggio popolare).
 
Alla luce di quanto esposto, vediamo che l'uso del neologismo MEDO in italiano restaurerebbe un'ottima tradizione, avendo un fondamento storico ineccepibile. Inoltre porrebbe fine agli inveterati fraintendimenti di cui abbiamo già discusso. Alla Festa Celtica in Val Veny, i Taurini vendono un eccellente idromele di loro produzione: ogni anno mi piazzo davanti alla loro bancarella per abbondanti libagioni. Ebbene, non sarei più costretto a sentire decine di visitatori continuare con la baggianata dell'associazione tra l'idromele e queste cazzute fantomatiche mele! 
 
Il cognome Idromele 

In Italia esistono i cognomi più bizzarri. Ve ne sono alcuni tra i più notevoli che traggono origine da nomi di bevande. Tra questi abbiamo Vino, Birra, Acquavite, Amaro, Liquori, Spiriti, Rum, Sambuca, Gin e Sidro. Come documentato dal sito www.gens.info, il rarissimo cognome Idromele è presente in due soli comuni, il primo in Piemonte, non lontano da Tortona, e il secondo nei pressi di Roma.