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venerdì 21 aprile 2023

 
IL PIANETA SELVAGGIO 
 
Titolo originale: La planète sauvage
Paese di produzione: Francia, Cecoslovacchia 
Lingua originale: Francese, Ceco 
Anno di distribuzione: 1973
Anno di produzione: 1963 
Durata: 72 min
Genere: Animazione, fantascienza 
Sottogenere: Animazione per adulti 
Influenze: Surrealismo, Movimento Panico, 
    Hieronymus Bosch, De Chirico 
Tematiche: Antispecismo, animalismo, razzismo  
Regia: René Laloux
Soggetto: Stefan Wul,
    dal romanzo Homo Domesticus (Oms en série, 1957)
Sceneggiatura: Roland Topor, René Laloux 
Produttori: Simon Damiani, Anatole Dauman, 
    Andre Valio-Cavaglione, Vaclav Strnad, 
    Roger Corman  
Compagnie di produzione: Les Films Armorial, 
    Service de la recherche ORTF, Studio Jiři Trnka 
Distribuzione: Argos Films (Francia), 
   Československý Filmexport (Cecoslovacchia) 
Fotografia: Boris Baromykin, Lubomir Rejthar
Montaggio: Hélène Arnal, Marta Látalová
Musiche: Alain Goraguer, Claude Pascal
Scenografia: Roland Topor 
Capi animatori: 
   Jindřich Bárta
   Zdena Bártová
   Bohumil Šedja
   Zdeněk Sob
   Karel Štrebl
   Jiři Vokoun
Assistenti animatori: 
   Jindřiška Beberová
   Naděžda Dvořáková
   Helena Horálková
   Zuzana Jupová
   Eva Kretzerová
   Kateřina Nováková
   Alena Wellnerová
Date di uscita: 
    Francia: 11 maggio 1973 (Festival di Cannes)  
    Italia: 8 luglio 1973 (Trieste Sci-fi Film Festival) 
    Stati Uniti: 1 dicembre 1973 
    Francia: 6 dicembre 1973 
    Cecoslovacchia: 21 dicembre 1973
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: Fantastic Planet 
   Ceco: Divoká planeta 
   Tedesco: Der wilde Planet 
   Polacco: Dzika planeta 
   Spagnolo: El planeta selvaje 
   Portoghese: Planeta selvagem 
   Ungherese: A vad bolygó 
   Russo: Дикая планета 
   Croato: Divlji planet 
   Rumeno: Planeta sălbatică 
   Estone: Metsik planeet 
   Finnico: Levoton planeetta 
Doppiatori originali:
    Jennifer Drake: Tiwa
    Eric Baugin: Giovane Terr
    Jean Topart: Maestro Sinh (Simon) 
    Jean Valmont: Terr adulto (narratore)
    Yves Barsacq: Om 
    Gérard Hernandez: Maestro Taj
    Mark Lesser: Draag #1
    Denis Boileau: Draag #2 
Voci addizionali (francese):
    Sylvie Lenoir 
    Max Amyl 
    Denis Boileau 
    Michèle Chahan  
    Hubert de Lapparent 
    Claude Joseph 
    Philippe Ogouz 
    Jacques Ruisseau 
    Madeleine Clervannes 
    William Coryn 
    Poupy de Monneron 
    Christian de Tillière 
    Christian Echelard 
    Jeanine Forney 
    Pascal Kominakis 
    Andre Lambert 
    Serge Netter 
    Yvette Robin 
    André Rouyer 
    Irina Tarason 
    Julien Thomas 
    Gilbert Vilhon 
    Paul Villé 
Doppiatori (in inglese): 
    Cynthia Adler: Tiwa 
    Mark Gruner: Giovane Terr 
    Hal Smith: Maestro Sinh (Simon) 
    Barry Bostwick: Terr adulto (narratore)
    Hal Smith: Om 
    Olan Soule: Maestro Taj 
    Janet Waldo: Bambino Draag 
Voci addizionali (inglese): 
    Nora Heflin 
    Marvin Miller 
    Monika Ramirez 
Premi e riconoscimenti: 
    Premio speciale al Festival di Cannes, 1973
 
Trama: 
In un lontanissimo futuro, i Draag, immensi umanoidi blu, hanno sradicato dalla Terra gli esseri umani, da loro chiamati Om, deportandoli sul pianeta Ygam. I Draag, che conducono su Ygam una vita tecnologicamente avanzata e spirituale, considerano gli Om animali. Alcuni Om sono tenuti come animali domestici, mentre i restanti conducono un'esistenza selvatica: per impedirne la proliferazione eccessiva, i Draag conducono periodicamente operazioni di disinfestazione denominate "deumanizzazioni" o "purghe". La vita dei Draag è molto lunga rispetto a quella degli Om, ma il loro tasso di riproduzione è molto minore. 
Quando una madre Om viene torturata a morte da tre bambini Draag, per puro sadismo bullesco, il suo piccolo orfano viene trovato dal Maestro Sinh, un importante notabile, e da sua figlia Tiwa. Questa tiene l'Om come animale domestico e lo chiama Terr. Tiwa si affeziona a Terr e fa attenzione a non fargli male, ma, in conformità con le istruzioni dei suoi genitori, gli mette un collare con cui può trascinarlo in qualsiasi direzione. Quando la giovane si reca alle sessioni in cui riceve la sua istruzione tramite un casco che trasmette conoscenza alla sua mente, porta con sé Terr. Un difetto nel collare dell'Om permette anche a lui di ricevere la conoscenza. Una volta raggiunta l'adolescenza, Tiwa inizia a praticare la meditazione Draag, che permette alla specie di viaggiare con la mente. Così perde un po' di interesse per Terr, che nel frattempo è diventato un giovane uomo e ha acquisito molta conoscenza Draag. A un certo punto l'Om fugge nella natura selvaggia, rubando il casco di Tiwa. 
In un parco abbandonato pieno di strane creature, Terr incontra una femmina Om selvaggia che gli taglia il collare e lo presenta alla sua tribù. Terr mostra a questi Om come usare il casco per acquisire la conoscenza e l'alfabetizzazione Draag, dopo aver vinto in un duello il diritto di farlo. La capacità di lettura che acquisita permette ai membri della tribù di leggere un annuncio Draag che annuncia che il parco sarà sottoposto a "deumanizzazione" e quando l'intervento avrà luogo. Alcuni vengono massacrati dalla tecnologia Draag mentre altri fuggono, unendosi alle forze di una tribù vicina. Vengono attaccati da due passanti Draag e riescono a ucciderne uno prima di fuggire in un deposito di razzi abbandonato. L'indignazione dei notabili Draag per l'accaduto è immensa.
I fuggiaschi vivono per anni nel deposito di razzi, raggiunti da molti altri Om. Grazie alle conoscenze acquisite dal casco di Terr, riescono a replicare la tecnologia Draag, inclusi due razzi; sperano di lasciare Ygam per migrare sulla sua luna, il Pianeta Fantastico, e vivere lì al sicuro dalle persecuzioni. A un certo punto un intervento di "deumanizzazione" su larga scala colpisce il deposito e molti Om vengono massacrati. Un gruppo guidato da Terr riesce ad usare i razzi per fuggire sul Pianeta Fantastico, dove vengono scoperte statue colossali e acefale che i Draag raggiungono in spirito durante la meditazione, usandole per incontrare esseri provenienti da altre galassie in uno strano rituale di accoppiamento, indispensabile per preservare la loro specie. Così gli Om distruggono alcune delle gigantesche statue senza testa, che sono fragilissime, molli come bruchi - minacciando in questo modo l'esistenza stessa dei Draag. In risposta all'attacco esiziale, il genocidio degli Om su Ygam viene fermato all'istante. Vista la crisi inaudita, i Draag sono costretti a negoziare la pace. Gli Om accettano di lasciare il Pianeta Fantastico ai Draag per le loro meditazioni e, in cambio, un satellite artificiale viene messo in orbita attorno a Ygam e dato loro come nuova casa. Il finale è idilliaco: la pace raggiunta porta a un'èra di  prosperità e di coesistenza pacifica tra le due specie, che ora traggono vantaggio reciproco, l'una dal modo di pensare dell'altra.
 
 
Recensione: 
Questo film è un susseguirsi di sequenze allucinogene, il cui Demiurgo indiscusso è il genio di Roland Topor, che qualcuno giustamente ha paragonato a un drago. Istante dopo istante, i fotogrammi introducono nel nostro mondo colori mai visti, forme inconcepibili. È come se l'Artefice di tutto questo provenisse da un Universo diverso da quello in cui viviamo e avesse la capacità di plasmare i suoi ricordi, le sue emozioni, producendo paesaggi inquietanti, spaventosi. 
Laloux e Topor affrontano temi complessi e spinosi, come il posto dell'Uomo nell'Universo e il suo rapporto con la Natura, approfondendo questioni del tipo: cosa accadrebbe se coloro che si ritengono il metro e la misura di ogni cosa esistente si ritrovassero ridotti al rango di insetti? Forse proprio questo spiega come mai Il Pianeta Selvaggio, già pronto per essere distribuito nel lontano 1963, ha dovuto aspettare altri dieci anni prima di farsi conoscere dal mondo. Un caso del tutto anomalo, che finora non è stato mai analizzato in modo soddisfacente. Non si trova una sola pagina Web che renda conto di questo fatto in modo soddisfacente, chiaro, comprensibile. Perché una pellicola dovrebbe aspettare così tanto tempo prima di essere distribuita? Forse i suoi stessi autori la consideravano troppo avanti coi tempi, troppo sconvolgente. Temevano le reazioni di una società ancora impreparata a comprendere un messaggio tanto dirompente. 
Quando il film fu presentato nel 1973, ci furono critici altamente politicizzati e farneticanti che videro nella trama una metafora della Primavera di Praga. Questa tesi fu smentita in modo secco da Stefan Wul, che aveva pubblicato il romanzo Oms en série nel 1957, undici anni prima del "Socialismo dal volto umano" di Alexander Dubček e della conseguente invasione sovietica in Cecoslovacchia, avvenuta nell'agosto 1968. Il Pianeta Selvaggio era proprio l'adattamento di Oms en série. L'anacronismo avrebbe dovuto saltare agli occhi di chiunque! Quando le febbri politiche divorano persone che si atteggiano a "intellettuali", non esiste speranza alcuna di trovare riparo dalle loro stronzate! Per loro tutto diventa "metafora", anche l'atto di pulirsi il deretano dopo una violenta scarica di diarrea caustica! 


Un futuro lontanissimo o un passato remoto? 

Quando si guarda un film di fantascienza, non importa se di animazione o meno, si è portati a credere che gli eventi narrati si svolgano per necessità nel futuro. Tuttavia questo non è affatto garantito. Potrebbe anche trattarsi di una pellicola che esplora le origini remote del genere umano, immaginando che sia provenuto da altri mondi, per essere poi trapiantato sulla Terra - con conseguente perdita di ogni memoria nel corso dei millenni. In questo caso, l'azione si svolgerà giocoforza nel passato. Qualcuno dirà che in fondo non ne sappiamo poi molto degli eventi che hanno portato alla formazione e alla diffusione della nostra specie. Si ipotizzano tante cose, ma ora della fine non si è in grado di fornire certezze su nulla. Quindi possiamo benissimo pensare che i Draag abbiano raccolto gli Om dalla nostra Terra, e che questi umani fossero proprio i lontanissimi discendenti della Francia - ma è anche possibile che le interazioni tra i Draag e gli Om siano proprio gli antefatti del remoto popolamento della Terra, milioni di anni fa, e del sorgere di Homo sapiens. Certo, nessun biologo, nessun paleontologo sarebbe contento di sentire queste cose, così sono costretto a ricordare che si tratta di finzione. Indagare in modo approfondito i dettagli e le origini di una finzione, proprio come se fosse reale, è forse uno dei miei più gravi difetti, ma non posso farci nulla. Tutto è molto confuso: la questione dell'ambientazione passata o futura del film di Laloux non può dirsi risolta. Non ho ancora letto il romanzo di Stefan Wul, che potrebbe apportare qualche informazione utile, essendo la fonte ultima della pellicola in analisi. Comunque sia non spero molto in chiarimenti: sembra infatti, dal materiale reperito nel Web, che l'animazione sia un adattamento abbastanza fedele al testo da cui è stato tratto. 


Possibile ispirazione darwinista 

Il principio fondante della narrazione è questo: le civiltà necessitano di avversità per conservare le proprie forze vitali, avendo la possibilità di sopravvivere e di espandersi unicamente attraverso lo stimolo e l'emulazione forniti dal confronto con altre civiltà o da un ambiente ostile. Che la narrazione sia ambientata nel futuro o nel passato, non ci sono dubbi sul fatto che gli Oms sono i barbari discendenti di una civiltà altamente avanzata, che è poi entrata in un'inesorabile fase di decadenza. Invece la civiltà dei Draag, dopo aver eliminato tutti i potenziali pericoli della vita sul loro pianeta Ygam, si è sclerotizzata e solo la rivolta degli Oms riesce ad evitare la sua fine. Secondo Laurent Genefort (1996), la chiave di lettura sarebbe politica: tutto farebbe pensare all'emulazione ideologica e tecnologica indotta dalla contrapposizione politica tra il blocco orientale e quello occidentale durante la Guerra Fredda, periodo a cui risale il romanzo di Stefan Wul. 


Etimologie 
 
1) Queste sono alcune etimologie esterne, che spiegano l'ispirazione e l'origine dei nomi creati da Stefan Wul e ripresi da Laloux-Topor:
 
Om 
Chiaramente il nome dei piccoli esseri umani, Om, è stato tratto dall'autore dal francese homme "uomo". 
 
Draag  
Chiaramente il nome dei grandi umanoidi azzurri, Draag, è stato tratto dall'autore dal francese dragon "drago".  

Terr 
Chiaramente il nome dell'umano preso come animale domestico, Terr, è stato tratto dall'autore dal francese terre "terra". 

Nel romanzo di Stefan Wul si trovano i nomi di altri Om, che confermano la tesi della loro origine francese. Sono i seguenti: 

Brave "Coraggioso" 
Charbon "Carbone" 
Sav "Sapiente" (abbreviazione di Savant)
Vaillant "Valoroso" 
la Vieille "la Vecchia" 

Va detto che l'autore potrebbe aver pensato a questi antroponimi come a traduzioni da un originale sconosciuto. 

2) Queste sono alcune etimologie interne, che postulano l'origine della lingua dei Draag dal protoindoeuropeo secondo una propria trafila, diversa da quella delle lingue indoeuropee a noi conosciute (in modo non dissimile da quanto visto per gli Ingegneri in due film di Ridley Scott, Prometheus e Alien: Covenant): 

Om 
Il nome degli esseri umani, Om, è derivato da una forma protoindoeuropea *(s)up-no- "sotto", "infimo", con riferimento alla condizione di Homo sapiens in relazione con la specie dominante dei Draag. Un esito di una protoforma simile è il latino supīnus "rovesciato, rivolto verso l'alto". 

Terr 
Il nome dell'umano preso come animale domestico, Terr, è derivato dal protoindoeuropeo *ter- "tenero", "molle", "fragile". Deve essergli stato da Tiwa perché le ispirava compassione. Corrisponde al latino tener "soffice, delicato, tenero".

Tiwa 
Il nome di una giovane Draag, Tiwa, è derivato dal protoindoeuropeo *deywā- "dea". Un nome di buon augurio. Corrisponde al latino dea, dīva.

Sinh 
Il nome del notabile Draag, Sinh, è derivato dal protoindoeuropeo *sen- "vecchio", "antico". Si riporta il fatto, a dir poco singolare, che nella versione italiana dell'animazione, il nome Sinh è mutato in più familiare Simon. Corrisponde al latino senex "vecchio".

Draag
Il nome della stirpe dei giganti azzurri, Draag, è derivato dal protoindoeuropeo *h2nēr, *h2ṇr- "uomo" ("essere senziente"), "forza". Il gruppo *nr- si è trasformato in dr-. La terminazione -aag deve essere un antico suffisso collettivo, che corrisponde al latino -āgo, -īgo

Ygam 
Il nome del pianeta dei Draag, Ygam, è derivato dal protoindoeuropeo *g'hdhom- "terra, suolo". Si presuppone che un popolo chiamerebbe il proprio mondo a partire dalla parola "terra, suolo". Corrisponde al latino humus "suolo". 

Nel romanzo di Stefan Wul troviamo altri interessantissimi nomi di Draag: 

Faoz (proprietario della madre di Terr)
Praw (padre di Tiwa)
Xeb Liar (spia e servitore del Maestro Sinh) 

Il nome Faoz significa "Salvo" ed è derivato dal protoindoeuropeo *bhewg- "fuggire", "liberarsi"; "godere (di un beneficio)". Corrisponde al latino fūgiō "io fuggo" e al medio persiano bōz-"liberare", "salvare". 
Il nome Praw significa "Perverso" ed è derivato dal protoindoeuropeo *prāwo-*preh2wo- "curvo", "inclinato" (da cui il latino prāvus). Cfr. Pokorny.   
Lasciamo fermentare un po' Xeb Liar: forse tra qualche tempo mi verrà in mente un'idea convincente. Per quanto riguarda l'ispirazione, l'autore avrà preso Liar dall'inglese, volendo significare "mentitore". 
Spero che questi esercizi filologici abbiano apportato diletto agli eventuali lettori. 


Errori vari  

Secondo Terr, una settimana nella vita di un Draag durerebbe quanto un anno per gli Om. Tuttavia dice anche che la sua proprietaria Tiwa, che lo ha cresciuto fin dall'infanzia, ha perso interesse per lui "quando ha raggiunto l'adolescenza". A quel punto Terr avrebbe quasi certamente raggiunto la mezza età, come minimo, eppure sembra avere ancora non più di vent'anni. 

Il doppiaggio inglese è inconsistente con l'originale sul fatto che i Draag credano o meno che gli umani abbiano avuto una società organizzata. Nella versione originale francese, il consiglio dei Draag discute dell'esistenza di prove che gli umani della Terra potrebbero aver avuto un'intelligenza e una cultura proprie, ma continuano a ritenere che queste prove non siano conclusive. La versione inglese, tuttavia, inserisce la frase they "may have destroyed their entire civilization" ("potrebbero aver distrutto la loro intera civiltà"), facendo sembrare che i Draag fossero consapevoli del fatto che gli umani, a un certo punto, fossero civilizzati. Un cambiamento di prospettiva di non poco conto, che dovrebbe far riflettere sulla scarsa coerenza della sostanza di cui è fatta la Settima Arte. Va detto che questo film ha ottenuto poco successo negli Stati Uniti.  


La colonna sonora  

La colonna sonora del film, composta da Alain Goraguer, è stata così recensita François Couture su AllMusic

"Il tema principale ricorda molto "Atom Heart Mother Suite" dei Pink Floyd (stesso tempo di metà brano, mellotron, clavicembalo e chitarra wah-wah), mentre gli altri due sono una ballata e un valzer circense. La musica è fortemente cliché anni '70 e piacerà agli appassionati di colonne sonore francesi e italiane degli anni '70. Sebbene ripetitivo, l'album stesso crea un'interessante atmosfera fantascientifica fluttuante, indotta dalla marijuana, che fonde psichedelia, jazz e funk... [È] stato campionato da alcuni artisti hip-hop."

Ecco le tracce:

1. Déshominisation (II) - 0:57
2. Déshominisation (I) - 3:50
3. Générique - 0:44
4. Le Bracelet - 1:27
5. Terr et Tiwa - 1:46
6. Maquillage de Tiwa - 1:17
7. Course de Terr - 0:53
8. Terr et Médor - 1:47
9. Terr et Tiwa Dorment - 0:49
10. Terr Est Assomé - 0:46
11. Abite - 0:53
12. Conseil des Draags - 0:56
13. Les Hommes – La Grande Co-Existence - 1:15
14. La Femme - 2:12
15. Mira et Terr - 0:44
16. Mort de Draag - 0:51
17. L’Oiseau - 2:28
18. La Cité des Hommes Libres - 0:49
19. Attaque des Robots - 2:05
20. La Longue Marche – Valse des Statues - 2:15
21. Les Fusées - 2:20
22. Générique - 2:06
23. Strip Tease - 2:24
24. Méditation des Enfants - 1:33
25. La Vieille Meurt - 0:49 


Roland Topor 

Roland Topor (Parigi, 1938 - Parigi, 1997) è stato un disegnatore, pittore, illustratore, scrittore, poeta, drammaturgo, sceneggiatore, attore e scenografo francese, di origine ebraico-polacca, ossia ashkenazita. L'arte gli scorreva nel sangue: suo padre, Abram Topor, era pittore e scultore. Nel 1962 fondò assieme a Fernando Arrabal e ad Alejandro Jodorowsky il Movimento neo-surrealista Panico. Come attore lo ricordiamo nel ruolo di Renfield in Nosferatu, il principe della notte (Werner Herzog, 1979). Ha collaborato con René Laloux, oltre che nel presente film, in due cortometraggi: Les Temps morts (1964) e Les Escargots (1965). Si fa molta fatica a descrivere in dettaglio tutta l'incredibile opera di questo artista, tanto è vasta e ispirata. Tra i suoi contributi al genere umano, si ricorda il romanzo Le Locataire chimérique (1964), che poi è stato adattato da Roman Polański in un grande capolavoro: L'inquilino del terzo piano (1976). Curiosità: il cognome Topor significa "Ascia". 


Stefan Wul 

Stefan Wul è lo pseudonimo di Pierre Pairault (Parigi, 1922 - Évreux, 2003), scrittore francese di fantascienza. Nel corso della sua carriera di scrittore ha utilizzato anche un altro nom de plume: Lionel Hudson. Esercitava la professione di chirurgo dentale, che abbandonò nel 1952 per trasferirsi ad Évreux (Normandia), dedicandosi a tempo pieno alla scrittura, sua vera passione. Finora non ho letto nulla di questo autore, spero di poter rimediare alla mancanza nel prossimo futuro. Questo è l'elenco delle sue opere: 

1) Retour à zéro (1956) 
2) Niourk (1957) 
3) Rayons pour Sidar (1957)  
4) La Peur géante (1957) * 
5) Oms en série (1957) ** 
6) Le Temple du passé (1957)  
7) L'Orphelin de Perdide (1958)  
8) La Mort vivante (1958)  
9) Piège sur Zarkass (1958)  
10) Terminus 1 (1959)  
11) Odyssée sous contrôle (1959)  
12) Noô (1977)  

* In italiano: La grande paura 
** In italiano: Homo Domesticus  

mercoledì 19 aprile 2023

 
GANDAHAR 

Titolo originale: Gandahar
Lingua originale: Francese
Paese di produzione: Francia, Corea del Nord 
Anno: 1988
Durata: 82 min 
Formato - colore: 1,33:1 - Dolby
Genere: Animazione, fantasy, fantascienza  
Sottogenere: Fantascienza per adulti 
Regia: René Laloux
Soggetto: René Laloux 
    Ispirato al romanzo di Jean-Pierre Andrevon,
    Les Hommes-machines contre Gandahar (1969)
Sceneggiatura: Raphael Cluzel
Produttore: Jean-Claude Delayre, Henri Rollin
Casa di produzione: Acteurs Auteurs Associés,
    Miramax Films 
(edizione americana)
Montaggio: Christine Pansu
Animatori: Studio SEK (Pyongyang) 
Direzione dell'animazione: Li Ha Gyu
Colori: Madeleine Camolli 
Fotografia: Pierre Biecher 
Slogan originale: Les Années lumière 
Titoli in altre lingue: 
    Inglese: Light Years 
Doppiatori originali: 
    Sylvain: Pierre-Marie Escourrou 
    Airelle: Catherine Chevallier 
    Metamorphis: Georges Wilson 
    Ambisextra: Anny Duperey 
    Blaminhor / Blaminhoe: Jean-Pierre Ducos 
    Portavoce del Consiglio: Christine Paris 
    Uomo di Metallo: Olivier Cruveiller 
Voci addizionali (francese): 
    Zaïra Benbadis 
    Claude Degliame 
    Olivier Cruveiller 
    Jean-Pierre Jorris 
    Dominique Maurin-Collignon
    Jean-Jacques Scheffer 
    Jean Saudray 
    Frédéric Witta 
    Philippe Noël 
    Philippe Duclos 
    Joël Barbouth 
    Michel Charrel 
    Roland Lacoste 
Doppiatori (in inglese): 
    Sylvain: John Shea
    Airelle: Jennifer Grey
    Metamorphis: Christopher Plummer
    Ambisextra: Glenn Close
    Blaminhor / Blaminhoe: Earl Hammond
    Portavoce del Consiglio: Sheila McCarthy 
    Maxum / Capo dei Deformi: Earle Hyman 
    Capo dei Deformi: Penn Jillette, Earle Hyman  
    Shayol: David Johansen 
    Voce collettiva: Terrence Mann 
    Apod, l'Uomo di Metallo: Alexander Marshall 
    Optiflow: Paul Shaffer 
    Octum: Joseph Teller 
    Gemmen: Charles Busch 
Voci addizionali (inglese):
    Dennis Predovic
    Bridget Fonda
    Chip Bolcik
    Sheila McCarthy
    Kevin O'Rourke
    Ray Owens 
    Jill Haworth 
Budget: 5,5 milioni di dollari US
Box office: 370.698 dollari US
 
Trama: 
Il pacifico popolo del pianeta Gandahar, che vive in perfetta armonia con la Natura, subisce l'improvviso attacco di orde di automi, gli "Uomini di Metallo", che portano devastazione nei villaggi, pietrificando le loro vittime. Le statue di pietra vengono poi raccolte e trasferite nella base degli invasori. A Jasper, capitale di Gandahar, il Consiglio delle Donne ordina all'agente Sylvain di investigare. Nel corso del suo difficile viaggio, egli incontra i Deformi, membri di una razza di mutanti creata accidentalmente dagli scienziati di Gandahar nel corso di perigliosi esperimenti genetici. Anche se nutrono odio eterno verso i loro Creatori, questi Deformi offrono il loro aiuto a Sylvain, perché comprendono di essere essi stessi minacciati dagli Uomini di Metallo. 
Sylvain in seguito salva Airelle, una donna gandahariana. Insieme scoprono la base degli Uomini di Metallo, dove le persone rapite e congelate vengono trasportate attraverso un immenso portale, finendo inesorabilmente assimilate agli invasori, da cui diventano indistinguibili. I due riescono a nascondersi in una vicina imbarcazione che si dirige verso il centro dell'Oceano, dove incontrano Metamorphis, un cervello gigantesco di aspetto glandiforme. Sylvain e Airelle vengono catturati e affrontati dal mostruoso Metamorphis, che rivela loro cose importanti: sebbene gli Uomini di Metallo credano che lui sia il loro capo, non li ha creati né ha ordinato il loro attacco. In modo molto ambiguo, l'abnorme massa cerebrale afferma di non voler vedere la caduta di Gandahar e di aver bisogno di tempo per capire il collegamento esistente tra lui e gli Uomini di Metallo. Dopo aver dato queste notizie, utili quanto le feci di uno stercorario, riporta Sylvain e Airelle alla capitale Jasper. Qui i due apprendono che Metamorphis, proprio come i Deformi, era il frutto abominevole di un esperimento di scienziati gandahariani, abbandonato nell'Oceano a causa della sua rapida crescita e del suo comportamento sempre più violento. A Sylvain viene quindi ordinato di uccidere Metamorphis con una siringa speciale. Sylvain torna da Metamorphis, che si proclama innocente, pur rivelando che gli Uomini di Metallo provengono dal futuro attraverso il portale che Sylvain aveva visto in precedenza. Quindi lo esorta a ucciderlo tra mille anni, poiché la siringa nel presente non avrebbe alcun effetto su di lui. Sylvain, anche se scettico, si lascia abbindolare e acconsente alla richiesta stravagante di Metamorphis, che lo mette in stasi. 
Mille anni dopo, Sylvain si risveglia proprio come era stato concordato. Incontra i Deformi, che gli spiegano la vera natura degli Uomini di Metallo: a causa dell'età avanzata di Metamorphis, le sue cellule non possono più rigenerarsi, il che lo ha spinto a creare gli Uomini di Metallo e a ordinare loro di tornare indietro nel tempo per catturare i Gandahariani, così da poter assorbire le loro cellule e continuare a vivere, uccidendoli nel processo. Il metallo proviene dalle cellule morte di Metamorphis che si metallizzano con il tempo. I Deformi, tuttavia, sono stati abbandonati perché considerati indesiderabili. Così concordano con Sylvain di collaborare. I Deformi combattono gli Uomini di Metallo e salvano i Gandahariani rimasti, mentre Sylvain affronta Metamorphis da solo. I Deformi distruggono il serbatoio che rifornisce il cervello titanico di nuove cellule, distraendolo abbastanza a lungo da permettere a Sylvain di iniettare la siringa nella materia grigia, provocandone la morte. Svolto il suo compito, Sylvain, insieme ai Deformi e ai Gandahariani, fugge attraverso il portale, riuscendo a tornare nel cronotopo di origine. 
 
 
Recensione: 
Mi pare un'opera ottima e molto originale, che è riuscita a costruire un mondo fantasy sognante, quasi dunsaniano. L'Oscuro Potere che irrompe nel reame incantato ricorda quello di Sauron: orde di metallo e di morte che minacciano tutto ciò che di bello l'immaginazione umana può concepire. Certo, ci si può aspettare che un film alla cui produzione ha collaborato la Corea del Nord possa essere classificato come politico. Tuttavia non vedo grandi componenti retoriche in questa pellicola. Sembra presente soprattutto una tenue tematica antisessista e femminista: il Paese di Gandahar è un regime matriarcale, caratterizzato da una condizione di privilegio femminile, anche se molto tollerante e non oppressivo, quasi utopico - anche se dotato di un lato oscuro come la pratica dell'eugenetica, con conseguente esclusione sociale dei reietti. Qualche farneticante identificherà gli Uomini di Metallo con il Fascismo, è ovvio: identificherebbero in questo modo anche le formiche. In tutto questo panorama concettuale ci sono incoerenze quasi patetiche. Vorrei vedere chi avrebbe il coraggio di andare nella Corea del Nord a parlare di queste tematiche. In particolare, dubito che già all'epoca nella nazione socialista asiatica sarebbe stata apprezzata la democrazia gandahariana. Troppo carente di gerarchia e di culto del capo semidivino! E che ne direbbero del sesso libero, quando a Pyongyang è prevista la pena di morte già soltanto per la detenzione di immagini pornografiche? 
Le reazioni della critica sembrano tra loro contraddittorie. Alcuni lodano l'originalità estrema dell'animazione, mentre altri la considerano datata e poco fluida, quasi ingessata, scarsamente mobile: non reggerebbe il confronto con standard più moderni, come quelli dello Studio Ghibli o di film come Akira (Katsuhiro Ōtomo, 1988). Molto apprezzata da tutti è stata invece la colonna sonora originale, che fonde assieme elementi di rock progressivo, psichedelia e free jazz. Il design dei personaggi in genere è considerato valido. Mi sono però imbattuto in molti commenti di navigatori che stigmatizzano la trama come prevedibile, addirittura scontataLe contraddizioni non finiscono qui: alcuni hanno ritenuto le scene di battaglia inferiori a quelle mostrate in produzioni televisive più economiche. A prescindere da tutte queste fisime tecniche, direi che il film di Laloux andrebbe riscoperto, che ne andrebbe promossa la diffusione. La trovo una necessità prioritaria, soprattutto in questi tempi in cui le idee si sono inaridite e dominano pavoni che sembrano più che altro in grado di copiare senza neppure riconoscere i crediti.  


Produzione 

La produzione di Gandahar iniziò in Francia nel 1977, dopo che René Laloux creò uno studio di animazione ad Angers in collaborazione con André-Marc Delocque-Fourcaud e il produttore Michel Gillet. René Laloux contattò lo scrittore Jean-Pierre Andrevon per proporgli un adattamento cinematografico animato del suo romanzo Les Hommes-machines contre Gandahar, pubblicato nel 1969. Andrevon, che aveva inizialmente immaginato Gandahar come un fumetto prima di trasformarlo in un romanzo, fu immediatamente interessato a un adattamento. René Laloux opzionò quindi i diritti di adattamento del libro e scelse di contattare l'illustratore Philippe Caza, che accettò di lavorare con lui al film. Il regista fece quindi leggere in fretta e furia ad Andrevon una versione praticamente definitiva della sceneggiatura, che l'autore considerò molto fedele al romanzo. Successivamente, Andrevon non fu più coinvolto nel resto del progetto; Caza, suo amico, lo tenne comunque informato mostrandogli regolarmente i suoi schizzi preparatori. 
Il progetto prese inizialmente la forma di un episodio pilota, Les Hommes-machines, prodotto ad Angers. Questo cortometraggio a colori fu la prima collaborazione tra Laloux e Caza; le scenografie furono create da Philippe Adamov e la colonna sonora utilizzava musiche di Brian Eno. La resa visiva era piuttosto diversa dalla forma che avrebbe poi assunto per lo stesso lungometraggio, e l'intero film durava circa sette minuti. 
L'episodio pilota raccontava l'inizio delle avventure di Sylvain nel paese di Gandahar, in un'atmosfera che Caza descrisse come piuttosto "hippie". L'episodio pilota non riuscì a convincere i produttori e il progetto non andò avanti a causa della mancanza di finanziamenti sufficienti.
Dieci anni dopo, il produttore Léon Zuratas, amico di René Laloux, venne a conoscenza tramite la società di produzione COL-IMA-SON dell'esistenza di studi di animazione in Corea del Nord che avrebbero potuto realizzare il film a costi più bassi: il progetto fu quindi rilanciato e l'intera produzione si svolse in Corea del Nord. 

 
Etimologia di Gandahar 

A mio avviso Gandahar rimanda immediatamente al nome di un antico regno che sorgeva nel territorio di quello che ai nostri tempi è conosciuto come Afghanistan orientale e Pakistan settentrionale: il Gandhara (Sanscrito गन्धारः Gandhāraḥ). L'etimologia dell'antico toponimo Gandhāra ha il suo fondamento nel concetto di fragranza della terra. Infatti deriva con ogni probabilità dalla parola sanscrita gandha, che significa "profumo" e da un elemento āra- che significa tra le altre cose "luogo, posto". Quindi il significato letterale sarebbe "Terra di Fragranze". Questo perché la regione storica ha un'inveterata reputazione di produrre beni profumati e di essere molto fertile. L'origine ultima del Sanscrito gandha "profumo" è pre-indoeuropea e ignota. In ultima analisi, è da questa stessa fonte che ha tratto origine il cognome Gandhi
Un diverso toponimo che ricorda Gandahar, è senza dubbio l'afghano Kandahar, a cui tutti siamo abituati da anni di angoscianti cronache dei quotidiani ("il luogo da cui nessun occidentale è mai uscito vivo!", tuonano i giornalisti). In realtà non esiste alcuna connessione tra i due nomi di luogo. Kandahar deriva in ultima analisi dal greco Ἀλεξάνδρεια (Alexandreia), nome di una città dell'Aracosia così chiamata dal suo fondatore, Alessandro il Grande (Ἀλέξανδρος). La naturale evoluzione del greco Alexandreia ha portato al persiano Iskandar, quindi al Pashtun Kandahar
Analizzando bene la semantica, mi sento abbastanza sicuro che Laloux abbia tratto Gandahar da Gandhara, volendo dare l'idea di una terra felice e molto prospera. 


I Blemmi di Gandahar

Viene ripreso il mito dei Blemmi, esseri umanoidi privi di testa ma con la faccia situata proprio nel mezzo del torace. Sembra che il nome di queste creature fantomatiche derivi da quello di un popolo realmente esistito - e ovviamente di membra del tutto normali: i Blemmi (latino Blemmyae, greco Βλέμυες, copto Belhmou), che abitavano in Nubia. L'etnonimo copto, che doveva suonare /belh'mu:/, è proprio la forma originale da cui sono derivate quelle riportate nei documenti in greco e in latino. Questi Blemmi erano eroici guerrieri che in epoca tarda, nel VI secolo d.C., difesero con grande valore i Templi di Iside a File dai ripetuti assalti dei Cristiani. Nel film di Laloux compare la stessa radice nell'antroponimo Blaminhor, evidentemente formato dal nome dello strenuo popolo nubiano. 


La versione in inglese 

Una versione in lingua inglese fu diretta da Harvey Weinstein (proprio lui, quello grassoccio degli scandali sessuali) e prodotta da Bob Weinstein tramite la Miramax Films, con la revisione della traduzione curata da Isaac Asimov (il padre dell'insabbiato David, amico dell'infanzia). Il titolo in inglese, Light Yars, è una traduzione letterale dello slogan originale "Les Années lumière" (ossia "Gli anni luce"), come si vede sul manifesto in francese. Evidentemente il suono della parola Gandahar non piaceva molto al famigerato Clan dei Weinstein - non riesco ad immaginare per quale motivo. 
La versione inglese non contiene la maggior parte della colonna sonora di Yared per la versione originale del film. Per alcune sequenze è stata prodotta una nuova musica, frutto della collaborazione di Jack Maeby, Bob Jewitt e Jim Klein. Una scena è stata tagliata per motivi di natura sessuale: è quella in cui Airelle e Sylvain si trovano nel nido immane di un essere simile a un carnosauro. Nella versione integrale, Sylvain viene mostrato mentre si toglie la maglietta; più avanti, lui e Airelle sono sdraiati nudi nel nido, di notte, evidentemente dopo aver consumato un rapporto sessuale. Trovo davvero comico e grottesco che un figuro processato per aver immerso la faccia nel cunnus di una ganza che non voleva, poi faccia il moralista per un paio di poppe e qualche curva!

Cineforum Fantafilm 

Il film di René Laloux è stato proiettato il 7 marzo 2011 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro. Purtroppo non ero riuscito ad essere presente all'evento. Resta nel Web una traccia debolissima, nel sito Fantascienza.com:  


Riporto il riassunto contenuto nella sinossi preparata all'epoca da Andrea in formato cartaceo e contenuta nella pagina di cui sopra; i refusi li ho indicati con (sic).

"Gandahar è un mondo utopico di rara bellezza e tranquillità, il risultato di una mutazione e sperimentazione genetica. Ma la pace perfetta va in pezzi quando una forza malvagia e misteriosa invade questa serenità idilliaca, attaccando i suoi abitanti con raggi che li trasformano in pietra. Il Consiglio delle Donne si riunisce e decide di inviare Sylvain, figlio della regina Ambisextra, in missione per distruggere il nemico. Insieme alla bella e avventurosa Arielle (sic), Sylvian (sic) scoprirà il segreto del suo nemico, il cui nome è Metamorphis..." 

lunedì 12 settembre 2022

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: UMBLAZ 'CORDA O ANELLO CHE UNISCE IL GIOGO AL TIMONE'

In romancio esiste la parola umblaz "corda o anello che unisce il giogo al timone", riferita all'aratro. L'origine è chiaramente celtica.   

Proto-celtico: *ambi-(s)lattijo- "corda o anello che unisce il giogo al timone" 

1) Il prefisso è eminentemente indoeuropeo e deriva da una ben nota preposizione:  

Proto-celtico: *ambi "attorno, intorno"
  Antico irlandese: imb "attorno, intorno" 
   Gaelico d'Irlanda: um "attorno, intorno"
   Gaelico di Scozia: mu "attorno, intorno" 
   Manx: mysh "attorno", "a proposito" 
  Medio bretone: am, em "attorno, intorno"
  Medio gallese: am "attorno, intorno" 
    Gallese moderno: am "attorno, intorno" 


Proto-indoeuropeo: *h2m̥bhi "attorno, intorno", "su entrambi i lati" 
Oltre all'esito in celtico, ha dato origine a questi discendenti:  
   Greco: ἀμφί (amphí) "attorno, intorno", "presso",
       "su entrambi i lati" 
   Latino: ambi-, amb-, am-, an- "attorno, intorno";
       "su entrambi i lati" 
   Proto-germanico: *umbi "attorno, intorno" 
   Sanscrito: abhi "verso", "sopra" 
   Antico persiano: abiy "verso", "contro", "sopra" 
   Armeno: ambołǰ "intero"


2) La radice del secondo membro del composto è ben attestata ed è con ogni probabilità un elemento di sostrato preindoeuropeo (come suggerito dal vocalismo e dalla presenza di una consonante geminata): 

Proto-celtico: *(s)lattā "asta", "stelo"
  Antico irlandese: slat "verga", "canna", "pene" 
    Gaelico d'Irlanda: slat "verga", "canna", "pene"  
  Medio gallese: llath "asta"
   Gallese moderno: llath "asta" 


A mio parere la protoforma dovrebbe avere una s- mobile, dato che non abbiamo la possibilità di appurare se il gallese llath provenga da *lattā o da *slattā. Nelle lingue germaniche esiste abbondante materiale della stessa antichissima origine, ma senza alcuna traccia di s- iniziale: 

Proto-germanico: *lattō, *laþþō "asta", "assicella" 
Antico inglese: lætt "assicella" 
   Medio inglese: laththe, laþþe, lathe, laþe "assicella"
   Inglese moderno: lath "assicella", "striscia sottile e stretta,
       fissata alle travi" 
   Scots: latt, lat, lath "assicella"
Antico sassone: latta "assicella" 
   Medio basso tedesco: latte "assicella"; lāde "tabellone
       espositivo, stand di vendita"
Medio olandese: latte "assicella"
   Olandese moderno: lat "assicella"
Antico alto tedesco: latta "assicella" 
  Medio alto tedesco: latte "assicella"; lade, laden "asse,
     mensola; imposta (di finestra)"
  Tedesco moderno: Latte "assicella" 

La parola italiana latta "lamiera di acciaio rivestita di stagno" è un chiaro germanismo, in origine utilizzato in ambito nautico col significato di "assicella".  

I romanisti hanno tentato con ogni mezzo di ricondurre la parola romancia al latino laqueus "laccio". Non tengono tuttavia conto di alcune cose: 

i) Il prefisso latino ambi- (am-, an-) "attorno, intorno" è stato ereditato in molti vocaboli, ma non è realmente vivo e produttivo in epoca classica. Non lo si trova in nuove formazioni, mentre è presente in molti composti sclerotizzati, spesso dotti, non presenti nella lingua volgare. Si noterà anche che è assente un elemento indipendente (preposizione) *ambi. Riporto un elenco di vocaboli, senza la pretesa di essere esaustivo: 

  ambedō "io mangio attorno, rosicchio" 
  
ambiguus "ambiguo, incerto, indeciso, dubbioso"
  ambiō "io vado attorno, circondo" 
  ambitiō "intrigo, ambizione" 
  ambitus "giro, orbita"
  ambivium "diramazione, bivio" 
  ambō "ambedue", "entrambi" (antico duale) 
  ambulō "io cammino, attraverso, viaggio" 
  ambūrō "io brucio in superficie, carbonizzo" 
  amptruō "io danzo attorno" (< *ambi-truō)  
  amputō "io taglio, recido" (< *ambi-putō
  anceps "che ha due teste" (< *ambi-caps
  ancīsus "tagliato attorno" (< *ambi-caesus)

ii) Il prefisso celtico ambi-, di identica origine indoeuropea, è vivissimo e alquanto produttivo anche nelle lingue celtiche moderne. A differenza di quanto accade in latino, si trova anche come elemento indipendente (preposizione). Riportiamo a titolo di esempio un elenco di parole gallesi formate con il prefisso am-

  amcan "idea, nozione"; "intenzione"
  amgáu "chiudere" 
  amgrwm "convesso" 
  amguedd "tesoro", "proprietà" 
  amgyffred "comprendere, afferrare, capire" 
  amgylchol "ambiente"; "circuito" 
  amgylchynu "circondare" 
  amchwaraefa "anfiteatro" 
  amddiffwn "proteggere, difendere" 
  amlaethai "erba del genere Polygala" 
  amlen "sviluppo" 
  amlosgi "cremare"  
  amnewid "rimpiazzare, sostituire"; "permutare" 
  ambell "occasionale" 
  amrwymo "legare con una fascia"
  amryw "vari, diversi" 

La conclusione è sempre la stessa. I romanisti conoscono soltanto il loro ambito limitatissimo. Non vanno oltre. In particolare, ignorano qualsiasi rudimento delle lingue celtiche. Non sono in grado di comprenderne i resti e fanno di tutto per consegnarli all'oblio eterno. Contro questa loro opera, insorgo ed insorgerò sempre.

mercoledì 20 ottobre 2021

ETIMOLOGIA DI AZERBAIGIAN E RETROFORMAZIONE DELL'ETNONIMO AZERI

Il nome dell'Azerbaigian (adattamento italiano di Azerbaijan) è di origine persiana e deriva da quello di un'antica provincia della Persia, che era chiamata Atropatene. Ai nostri giorni è sia il nome di una nazione indipendente, la cui capitale è Baku, che di una provincia dell'Iran, chiamata Azerbaigian iraniano o Azerbaigian persiano. Quando si formò il toponimo, la lingua parlata nella regione era iranica, non turca come nell'epoca attuale. Il nome degli Azeri è stato retroformato proprio dal toponimo Azerbaijan (azero Azərbaycan, persiano آذربایجان). L'accento è sulla seconda sillaba: Azéri /a'zeri/. La consonante -z- è una fricativa sibilante sonora. La pronuncia comunemente usata in Italia, Àzeri /'adzeri/, è da considerarsi erronea per l'accento; la consonante affricata è di origine ortografica. Come esattamente sia avvenuta questa strana retroformazione è ancora un mistero. Forse si è interpretata la seconda parte del toponimo, -baijan, come un suffisso, anche se non sembra avere alcuna funzione e alcun significato concreto, scorporando in questo modo Azeri. Questo processo, che ha dato origine all'etnonimo nella forma in cui lo conosciamo, era avvenuto già nell'antica lingua iranica della regione. In persiano si ha آذری Āzarīs. Comunque sia, non esiste nulla di simile nella lingua turca degli Azeri, che chiamano se stessi Azərbaycan türkləri, ossia "Turchi dell'Azerbaigian", oppure Azərbaycanlılar (-lar è il tipico suffisso plurale). In persiano esiste anche un altro termine per dire "azero": تُرْکی torki, ossia "turco". Dall'etnonimo retroformato si è poi avuta un'ulteriore derivazione tramite il suffisso aggettivale -i: Azerbaijani

Questa è la documentazione:
 
1) In greco il toponimo Ἀτροπατηνή (Atropatēné) è la sostantivazione del femminile dell'aggettivo Ἀτροπατηνός (Atropatēnós), a sua volta derivato dall'antroponimo persiano Ἀτροπάτης (Atropátēs). L'originale forma persiana di tale antroponimo doveva essere *Ātṛpāta, in cui significato è "Protetto dal Fuoco". Questo nome fu portato da un generale dei Medi che combattè nella battaglia di Gaugamela e che fu il primo satrapo della Media Atropatena nel 328 a.C. L'antroponimo è attestato in epoca medievale come Āturpāt
2) Sinonimo di Ἀτροπατηνή: Ἀτροπατία (Atropatía). 
3) Denominazione partica dell'Atropatene: Āturpātākān.
4) Denominazione medio persiana dell'Atropatene in epoca medievale preislamica: Ādurbādagān.
5) Attestazione in armeno: Atrpatakan.
6) Attestazione in georgiano: Adarbadagan.
 
La storia medievale dell'Atropatene è complessa e tristissima. Conquistata dagli Arabi, tale provincia persiana fu sottoposta a una terribile tirannia il cui fine era l'imposizione forzata dell'Islam e l'annientamento dell'autoctona religione di Zoroastro. Fu imposta la cosiddetta "tassa dell'anima", chiamata جزية jizya in arabo. La cosa funzionava così: chi proprio non voleva convertirsi, doveva pagare una somma consistente dei suoi introiti; se non ci riusciva e perseverava nel rifiuto di passare alla nuova fede, gli veniva confiscato ogni avere e si trovava ridotto in schiavitù. In tempi recenti, tale pratica è stata applicata nello Stato Islamico. Ricordo ancora che un giornalista chiedeva agli uomini del Califfo come calcolassero l'ammontare della jizya e questi glissavano, facevano finta di non aver sentito. A motivo dei metodi brutali con cui questo regime religioso aveva ottenuto il successo, le genti dell'Azerbaigian furono infine conosciute come "musulmani di spada": la loro resistenza secolare era stata annientata col ferro e soffocata nel sangue. Nel XI secolo i Turchi Selgiuchidi, di etnia Oghuz meridionale, giunsero nell'area che già professavano l'Islam, quando il processo di conversione della maggior parte della popolazione locale si era già completato. Iniziò quindi una profonda turchizzazione linguistica. Il più significativo elemento del sostrato iranico presente nella lingua azera è a mio avviso l'assenza dell'armonia vocalica, così tipica delle lingue altaiche. I popoli Turchi in genere portano nomi antichissimi e originali. Nel caso degli Azeri, il nome è invece proveniente dalla popolazione non turca e assimilata. 

La trafila fonetica dal partico Āturpātākān ad Azerbaijan è degna di nota per i suoi fenomeni di assibilazione e di palatalizzazione. Queste sono le radici avestiche:
 
Avestico: ātarš "fuoco", genitivo āθrō "del fuoco".
Avestico: pā-, pāiti- "proteggere":
   -pāta
"protetto";
    pātā, pātar- "protettore".
   La radice è la stessa di paitiš "signore", "marito" (deriva dalla radice indoeuropea ha dato anche il latino potis "potente", "capace", etc.).
 
Tutto ciò deve far meditare sul cambiamento linguistico, una forza ineluttabile di cui le genti del mondo non si rendono conto. Si tratta di qualcosa di lento: nessuno si accorge che la generazione presente pronuncia le parole in modo lievemente diversa dalla generazione precedente. Tramite piccolissimi cambiamenti che si accumulano nel corso dei secoli, alla fine si manifestano grandi differenze. Questa evoluzione delle lingue è irreversibile come la cottura di un uovo: una volta che albume e tuorlo si sono rassodati, nemmeno una divinità può ripristinare l'originario stato liquido. Nessuna istituzione scolastica o politica è in grado di frenare il mutamento, né tantomeno di impedirlo.   
 
Grottesche memorie universitarie
 
Un fisico azero venne in visita all'Università degli Studi di Milano. Tenne la sua lezione in uno pseudoinglese tremendo, che definire osceno sarebbe ancor poco. Era assolutamente ridicolo. Un clown ubriaco avrebbe saputo fare di meglio! Queste sono alcune "perle", giunte ai nostri esausti nervi acustici: 

i) cucucucù: si sentiva spesso questa parola onomatopeica, ma non abbiamo mai compreso cosa volesse significare. 
ii) nitrina : senza dubbio significa "neutrini" ed è un termine preso a prestito dal russo scientifico.
iii) pancini pancioni: si suppone che questo balbettamento stesse per il nome del fisico Pacini
iv) La congiunzione and suonava nitidamente ènta
v) Un compagno di sventura ha giurato di aver sentito ripetere più volte qualcosa che suonava come Abdullah
vi) zanzara: si è sentita questa parola, intercalata spesso e senza alcun significato comprensibile. Si è notato che alcuni ascoltatori sentivano Abdullah e altri zanzara, mai le due cose assieme. Sono ancora in attesa di elaborare una spiegazione plausibile di questo fenomeno acustico.

Non si riesce a spiegare l'origine della maggior parte di queste distorsioni percettive: soltanto un paio sono chiare. Questo è il rumore di fondo, potenza sempre all'opera nell'Universo. È quel disturbo permanente che alla fine non ci farà comprendere i colori, i suoni e le forme dell'esistenza. 

giovedì 14 ottobre 2021

RELITTI ALANICI, CELTICI E PRE-CELTICI NEGLI ARGOT DELLE ALPI PIEMONTESI E FRANCESI

Scorrendo l'opera di Albert Dauzat, Les Argots des Métiers Franco-Provençaux (1917), mi sono imbattuto in qualcosa di inatteso e sorprendente, scorrendo una lista di vocaboli dell'argot dei minatori di Usseglio, nell'Alta Valle della Stura, nel Piemonte alpino. Subito mi è caduto l'occhio su una parola: 
 
dána "acqua" 
 
Non ci sono dubbi sul fatto che si tratta di un vocabolo dell'antica lingua degli Alani, appartenente al ceppo iranico e giunta in Europa occidentale all'epoca della fine dell'Impero Romano. Gli attuali eredi di questo popolo glorioso vivono nel lontanissimo Causaco: sono gli Osseti, che hanno fama di grande valore guerriero e di essere implacabili nella vendetta; le loro donne sono di un'incredibile bellezza. 
 
Questa è la protoforma proto-indoiranica ricostruibile a partire dai dati delle lingue iraniche e indoarie:  

Proto-indoiranico: *dáHnu "acqua; fiume; succo"
 Proto-iranico: *dānu "fiume"
  Avestico: *dānu "fiume"
  Proto-scitico: *dānu "acqua; fiume"
    Alanico: *dān "acqua; fiume"
      Jassico: dan "acqua; fiume"
      Ossetico: дон (don) "acqua; fiume"
  Sanscrito: दानु dānu "goccia, rugiada" 
 
Idronimi slavi di chiara origine alanica:
  Don < *Dānu "Fiume"
  Dnepr < *Dānu apara "Fiume più lontano"
  Dnestr  < *Dānu nazdya "Fiume vicino"
 
La stessa radice, che Marija Gimbutas considerava preindoeuropea e nome della Grande Madre (Dana, Ana), si trova attestata nelle lingue celtiche, con ogni probabilità come resto di un precedente sostrato. In genere è considerarla inseparabile dalle attestazioni nelle lingue indoiraniche, anche se si può dimostrare che non tutto fila così liscio. Questi sono i dati relativi alle lingue celtiche insulari:   

Proto-Celtico: *Dānu- "Dea del Fiume"
  Irlandese antico: *Danu "Dea del Fiume" (gen. Danann)
  Gallese medio: Dôn, nome di una figura mitologica
    (presupposta femminile, anche se il genere non è indicato) 

L'attuale toponimo Doncaster (South Yorkshire, Inghilterra), documentato in latino come Dānum, deriva proprio dal britannico *Dānu-.

Nota:
Il nominativo dell'antico irlandese, *Danu, non è realmente attestato, bensì ricostruito dagli studiosi della fine del XIX secolo a partire dal genitivo Danann (irlandese medio Danand, Donand), che ha una vocale breve. A quanto ne so, il nome si trova soltanto nell'etnonimo mitico Túatha Dé Danann, generalmente tradotto come "Popolo della Dea Danu". Questo però è errato: una traduzione senza dubbio più corretta è "Popoli del Dio di Danann" (al plurale). La ricostruzione di *Danu presenta comunque gravi problemi fonetici e morfologici. Fatta per analogia di Ériu "Irlanda" (genitivo Érenn "dell'Irlanda), non tiene conto di questo fatto: un proto-celtico finale di parola si conserva in antico irlandese se preceduto da un'approssimante, mentre si dilegua se preceduto da altra consonante. Così Ériu termina in -u perché proviene da un precedente *Īwerijū (a sua volta da *Pīwerijū, alla lettera "Terra Grassa"). Così ci aspetteremmo che *Danu sia da un proto-celtico *Danijū. Una protoforma *Danū avrebbe dato invece *Daun. I filologi che hanno ricostruito *Danu non andavano tanto per il sottile: per loro Ériu "Irlanda" era corradicale del sanscrito ārya- "nobile" (da cui Ariani).

Esiste un importante derivato della radice *dānu-, attestato sia in Britannia che nel Continente: 

Proto-celtico: *Dānuwijos / *Dānowijos (idronimo)
  Gallese: Donwy (idronimo)
  Prestiti:
   => Greco antico: Δανούιος (Danóuios), Δανούβιος
     (Danóubios) "Danubio"
   => Latino: Dānuvius, Dānubius "Danubio"
   => Proto-germanico: *Dōnawjaz "Danubio" 

Antico inglese: Dōnua "Danubio"
   => Norreno: Dónua "Danubio"
Antico alto tedesco: Tuonouwa, Duonowa, Tuonouwe
    "Danubio" 
Medio basso tedesco: Dônouw, Dônouwe, Dunouw,
    Dunouwe "Danubio"
Gotico: *Donawi
  => Greco: Δούναβης (Dúnavis)
  => Slavo ecclesiastico: Dunavŭ 
        Russo: Дунай (Dunáj)
 
Analizzando i dati riportati, il dubbio che può venire è questo: il termine dána "acqua" dell'argot di Usseglio potrebbe essere di origine celtica o paleo-europea anziché alanica. Tuttavia ci sono complicazioni di non poco conto che mi portano a scartare questa ipotesi. Il teonimo antico irlandese *Danu mostra una vocale breve e non è adatto alla comparazione con l'idronimo *Dānuwijos / *Dānowijos. Esiste un altro teonimo femminile irlandese che è stato considerato un sinonimo di *Danu, anche se senza fondamento alcuno: Anu, Ánu (genitivo Anann, Ánann). Come si vede, ha una vocale brevo o lunga, ma manca di consonante iniziale. Questo parrebbe dare ragione alle tesi di Gimbutas, ma non bisogna dimenticarsi che Anu non è plausibilmente un sinonimo di *Danu. A quanto appurato, è più probabile che sia un epiteto della Dea della Guerra Mórrígan: come tale è indicato nel Lebor Gabála Érenn (Libro delle Invasioni dell'Irlanda). In totale, non si trova nelle lingue celtiche conosciute un concreto vocabolo *dānu- col significato di "acqua" che possa essere sopravvissuto fino a diventare l'argotico dána. Potrebbe essere pre-celtico, ma di fronte a qualcosa di postulato sulla base dell'antica idronimia, è preferibile qualcosa di attestato in epoca molto più recente, come per l'appunto la lingua degli Alani. 
 
Ulteriori analisi lessicali
 
Ora ci chiediamo se si possano scoprire nel gergo piemontese di Usseglio altri relitti alanici. A una prima occhiata, considerando le mie limitate conoscenze, ho pensato che non ce ne fossero. In ogni caso, non ci si può certo limitare a un'indagine superficiale. Cominciamo con l'elencare alcune parole. Alcune voci sono abbastanza banali, altre sono comuni a molti argot e furbeschi d'Italia, altre ancora sono di estremo interesse. Ecco un breve elenco, sempre tratto dal lavoro di Dauzat:
 
áfru "uova" 
arkist "soldato" (dal nome dell'archibugio)
armáji "vacca"
béra "pecora" 
bernia "soldi"
brüna "sera" (è il furbesco bruna)
ciamba "settimana" 
címa "vino"  
cípru "coltello"
dartún "pane" (cfr. Spasell arton "pane") 
ganéla "donna" 
kalagn "luna" 
kéla "formaggio" 
koiz "casa" 
krurina "carne" 
pija "vino" 
rébu "legno" 
ténu "fuoco" 
tiná "cuocere"  
tril "paese, villaggio" 
trisá "mangiare"
trumba "spia" (è come l'italiano tromba
vergne "città", "Torino"
vorp "pane" 
 
Considero sommamente utili queste operazioni di scrutinio di glossari più o meno estesi. Ecco un'altra parola possibilmente formata da una radice iranica, che sono incline ad attribuire agli Alani: 
 
krurina "carne"  
 
Queste sono le corrispoindenze iraniche che ho potuto reperire nel dizionario di Julius Pokorny, elencate sotto la radice proto-indoeuropea da lui ricostruita come kreu- , kreuǝ- : krū- ; kreus- , krus- "sangue, carne cruda; crosta, ghiaccio":
 
Avestico: xrūra- "sanguinante; sanguinario, crudele"; 
    xrvant- "terribile; sanguinario"
    xrū- (accusativo xrūm) "pezzo di carne insanguinata"
    xrvi-dru- "che brandisce un'arma di legno insanguinata"
    xrvīsyant- "sanguinario; terrificante"
    xrūma- "orribile"
    xrūnya- "crimine sanguinoso; abuso sanguinoso"
    xrūta- "orribile; crudele"
    xrūždra- "duro"
    xraoždva- "duro" 

Scitico: Xrohu-kasi- "Scintillante di Ghiaccio", donde "Caucaso" 

Resta il fatto che non abbiamo ancora una certezza assoluta.
1) Non sono riuscito a trovare informazioni sull'evoluzione del gruppo consonantico *χr- in ossetico; non sembra comunque implausibile che si sia conservato, finendo poi adattato in kr- in una lingua romanza; 
2) Non sono riuscito a trovare derivati ossetici di una radice proto-iranica *χrūra-
3) Il suffisso -in- di krurina è oscuro;
4) Esistono sia in celtico che in latino derivati della stessa radice proto-indoeuropea *krewh2- "sangue (fuori dal corpo)":
   Proto-celtico: *krūs / *krowos "sangue" 
      Irlandese antico: crú "sangue"; cró "morte violenta";
          "wergild
   Latino: cruor "sangue versato" (genitivo cruōris);
       cruentus "sanguinario" 
 
Tuttavia si noterà che né in celtico né in latino esistano derivati credibili che possano confrontarsi con la parola argotica krurina "carne". 

Il nome alanico del pane

In altri argot ecco che troviamo un vocabolo la cui attribuzione alla lingua degli Alani può dirsi sicura. 
 
Alta Savoia, argot dei muratori di Tarentaise: dzou "pane" 
Alta Savoia, argot dei vogatori: chou, zou "pane"
Alta Savoia, argot dei tagliatori di pietre: maca-jhoulâ
     "fare il pane" (macâ "lavorare" è di chiara origine
     germanica)
Valle d'Aosta: dzou "pane"
 
Questa parola è quasi identica all'ossetico dzul "pane" (scritto in caratteri cirillici дзул e pronunciato /ʒul/). La liquida finale -l deve essersi velarizzata e quindi dileguata, ma si noterà che se ne trova ancora traccia nell'argot dei tagliatori di pietre, che ha maca-jhoulâ "fare il pane". Purtroppo non sono riuscito a reperire informazioni sull'etimologia di questa parola ossetica, che sembra sconosciuta. Non mi è quindi possibile fare ulteriori speculazioni, a parte questa: la presenza di un vocabolo alanico per indicare il pane è un forte indizio a favore della natura alanica e non pre-celtica del vocabolo per indicare l'acqua, di cui abbiamo parlato sopra.  
 
Il nome celtico del fuoco  
 
Scorrendo il campione di materiale lessicale sopra riportato, vediamo poi una piacevolissima quanto inattesa sorpresa: un'importante radice celtica: 
 
ténu "fuoco" 
tiná "cuocere" 
 
Sempre il Dauzat riporta diverse occorrenze della stessa radice nel Giura meridionale o cretaceo: 
 
Giura meridionale, 1a fonte: teyno "fuoco", tena "secchezza"
Giura meridionale, 2a fonte: tino "fuoco" 
Giura meridionale, 4a fonte: tinna "fuoco, calore", tinna
   "cuocere"  

Questa è la protoforma celtica con le attestazioni dei suoi discendenti nelle lingue celtiche insulari:
 
Proto-celtico: *teϕnets < *tepnets "fuoco"
    (genitivo *teϕnetos < *tepnetos "del fuoco")
  Irlandese antico: teine "fuoco" (genitivo teined)
    Irlandese: tine "fuoco" (genitivo tine, tineadh)
    Gaelico di Scozia: teine "fuoco" (genitivo teine)
    Manx: çhenney "fuoco" (genitivo çhenney, pl. çhentyn)
  Gallese medio: tan "fuoco" 
    Gallese: tân "fuoco"
  Cornico: tan "fuoco" 
  Bretone: tan "fuoco" 

In ultima analisi, proviene dalla radice proto-indoeuropea *tep- "essere caldo", "essere ardente", la stessa che ha dato origine anche al latino tepēre "essere caldo", "essere tiepido". 

Un nome pre-celtico del fiume 

Negli argot del Giura meridionale o cretaceo, troviamo una parola importante, che trova la sua attestazione non solo nell'antica idronimia pre-celtica della Valle d'Aosta e del Piemonte, ma anche nel moderno piemontese: 

doira "fiume" < *duriā

La radice di questo vocabolo si trova nel nome di due fiumi: la Dora Baltea (latino Duria Bautica o Duria Maior) e la Dora Riparia (latino Duria Minor), ma la sua presenza si spinge fino all'Aquitania e all'Iberia. In Francia troviamo gli idronimi Dore, Doron e Douron. Il fiume Duero (latino Durius) è il terzo fiume più lungo della penisola iberica.

Alcuni brevissimi glossari
 
Nei glossari qui riportati, segno in corsivo grigio le corrispondenze certe. 
 
Glossario Ossetico - Argot di Usseglio 
 
art = ténu 
don = dana  
dzul = dartún, vorp 
mæj = kalagn  
 
Glossario Irlandese - Argot di Usseglio 
 
arán = dartún, vorp
gealach
= kalagn
tine = ténu 
uisce = dana 
 
Glossario Ossetico - Argot della Valle d'Aosta 
 
art = roubio 
don = vouace, vouache 
dzul = dzou 
 
Adesso mi sorge una domanda. Perché nessuno ha mai scoperto e studiato prima d'ora questi relitti? C'è moltissimo altro materiale sorprendente, che sarà trattato in modo approfondito in altre occasioni.