In romancio surmirano esiste la parola dumia "orzo". L'accento è sulla vocale -i-: dumìa. Giovan Battista Pellegrini riporta la variante dumiec, attestata in surmirano e in soprasilvano, in cui l'accento cade sulla vocale -e-. Chiarissima è la somiglianza con il vocabolo duméga "orzo decorticato", che si trova in Valtellina e a Poschiavo.
Informazioni interessanti sono riportate da Remo Bracchi nel suo articolo Doméga l'umile orzo dei monti, pubblicato sulla rivista Orbis, numero 37, pagg. 113-127 (1994).
Questo è l'abstract:
"Nel Vocabolario dei dialetti della città e diocesi di Como dell'abate Pietro Monti, pubblicato a Milano nel 1845, incontriamo il termine domèga (p. 69), con rimando alla forma omèga (p. 164), che dunque è ritenuta dall'autore quella principale. Nello stesso lemma viene segnalata contemporaneamente la variante omìga. L'abate specifica che la voce, rimanendo all'interno dell'antica diocesi di Como, è soltanto valtellinese, e aggiunge altre notizie utili alla ricostruzione del quadro culturale. «Specie d'orzo coltivato molto in Valtellina; vi udii così chiamare anche l'orzo coltivato distico, o scandella. Brillato con certa macchina mossa dall'acqua [valt. la pila de la duméga], si cuoce in minestra». A tale minestra a Bormio si dà il nome di menešstra de mak. Il Monti riporta il bormino mak (mach) nell'accezione di «orzo ammaccato, brillato», suggerendo così la propria etimologia, e di «minestra d'orzo». La giunzione domèga de mach, non localizzata con esattezza nella valle dell'Adda, vale «orzo da minestra» (Monti 1845: 131)."
Questa è la glossa fornita dal Monti (V.T. = Valtellina):
OMÈGA, OMÌGA. V.T. Specie d'orzo coltivato molto in V.T.; vi udii così chiamare anche l'orzo distico, o Scandella. Brillato con certa macchina mossa dall'acqua, si cuoce in minestra.
Note:
- Il vocabolo doméga (duméga, varianti oméga, omìga) ha la vocale /e/ chiusa, quindi dovrebbe essere trascritto con é (con l'accento acuto). L'uso di è (con l'accento grave) non è quindi corretto, pur essendo molto comune.
Note:
- Il vocabolo doméga (duméga, varianti oméga, omìga) ha la vocale /e/ chiusa, quindi dovrebbe essere trascritto con é (con l'accento acuto). L'uso di è (con l'accento grave) non è quindi corretto, pur essendo molto comune.
- Le varianti senza la consonante iniziale sono dovute a un fenomeno di dissimilazione: così pan de doméga è diventato pan de oméga per evitare il susseguirsi di due /d/.
- Si nota che esistono attestazioni locali di significati diversi, come "avena" e "segale".
L'origine del vocabolo in questione è celtica. Questa è la protoforma ricostruibile:
Proto-celtico: *(g)domijewā "orzo umile", "orzo di terra",
da *(g)dom- "terra, suolo" e *jewā "cereale"
Il professor Guido Borghi, a cui si deve l'etimologia, utilizza la tipica grafia *[g]dŏmi̯ĕu̯ā.
i) Primo membro del composto:
Proto-indoeuropeo: *dhég'hōm "terra"
Proto-celtico: *gdū "terra", "luogo" (gen. *gdonos)
Antico irlandese: dú "luogo" (gen. don)
Proto-celtico: *gdonijos "essere umano", "persona"
Antico irlandese: duine "essere umano", "persona"
Proto-celtico: *gdonijos "essere umano", "persona"
Antico irlandese: duine "essere umano", "persona"
Medio gallese: dyn "essere umano", "persona"
Gallico: -XTONION "degli esseri umani" (gen. pl.)
Proto-italico: *homos "terra", "suolo"
Latino: humus "terra"
Sabino: fuma "terra"
Proto-italico: *homelis "basso", "vicino al suolo"
Latino: humilis "basso", "umile", "insignificante"
Proto-italico: *hemō "essere umano", "uomo"
Latino: homō "essere umano", "uomo" (gen. hominis)
Proto-ellenico: *khthṓn "terra", "suolo"
Latino: homō "essere umano", "uomo" (gen. hominis)
Proto-ellenico: *khthṓn "terra", "suolo"
Greco antico: χθών (khthṓn) "terra", "suolo"
Proto-ellenico: *khamái "sulla terra", "al suolo"
Greco antico: χαμαί (khamaí) "sulla terra", "al suolo"
Proto-ellenico: *khthamalós "basso", "vicino al suolo"
Proto-ellenico: *khthamalós "basso", "vicino al suolo"
Greco antico: χθαμαλός (khthamalós) "basso",
"vicino al suolo", "strisciante"
"vicino al suolo", "strisciante"
Proto-frigio: dzemelos "essere umano"
Frigio: ζεμελως (zemelōs) "agli esseri umani" (dat. pl.)
Proto-albanese: *dzō "terra", "suolo"
Proto-albanese: *dzō "terra", "suolo"
Albanese: dhe "terra"
Proto-albanese: *dzōmjā "creatura della terra"
Albanese: dhemje "bruco", "cagnotto", "larva"
Proto-albanese: *dzōmjā "creatura della terra"
Albanese: dhemje "bruco", "cagnotto", "larva"
Proto-balto-slavo: *źémē, *źémijā "terra"
Lituano: žẽmė "terra"
Lettone: zeme "terra"
Lituano: žẽmė "terra"
Lettone: zeme "terra"
Proto-slavo: *zemlja "terra"
Proto-balto-slavo: *źmijā́ˀ "serpente"
Proto-slavo: *zmьja "serpente", "drago"
Proto-indoiranico: *ḍẓʰā́s "terra", "suolo"
(< *dhg'hṓms)
(< *dhg'hṓms)
Sanscrito: kṣāḥ "terra", "suolo",
genitivo jmaḥ, gmaḥ, kṣmaḥ;
kṣamya- "terrestre"
Avestico: zā̊ "terra", "suolo",
genitivo zəmō
Proto-tocario: *tken "terra", "suolo"
Tocario A: tkaṃ "terra", "suolo"
Tocario B: keṃ "terra", "suolo"
ii) Secondo membro del composto:
ii) Secondo membro del composto:
Proto-indoeuropeo: *jewos (< *jewh1-) "cereale", "chicco"; "orzo", "spelta"
Medio irlandese: eórna "orzo" (genitivo eornan)
Proto-indoiranico: *jáwas "orzo"
Sanscrito: यव yava "orzo"
Avestico: yauua "orzo"
Persiano moderno: جو jow "orzo"; "segale"
Proto-ellenico: *jewjā "tipo di cereale"
Greco omerico: ζειᾱ́ (zeiā́) "piccolo farro"; "spelta"
Persiano moderno: جو jow "orzo"; "segale"
Proto-ellenico: *jewjā "tipo di cereale"
Greco omerico: ζειᾱ́ (zeiā́) "piccolo farro"; "spelta"
Proto-balto-slavo: *jawas "cereale", "chicco"
Lituano: jãvas "tipo di cereale"; javaĩ "cereali"
Proto-slavo: *jevinъ "granaio"
Lituano: jãvas "tipo di cereale"; javaĩ "cereali"
Proto-slavo: *jevinъ "granaio"
Proto-tocario: yap "miglio"
Tocario B: yap "miglio"
Un'ipotesi implausibile
Il professor Guido Borghi riporta anche una ricostruzione del tutto diversa da quella vista, in cui duméga è ricondotto a *du̯ō-moi-kā, tradotto con "bi-linea", "a due linee", con allusione a una certa caratteristica morfologica del cereale (dalle radici indoeuropee *dwoh1- "due" e *mei- "rafforzare", "legare"). La proposta si deve a Norbert Jokl (1946), il padre dell'albanologia, che considerava il vocabolo di origine illirica (all'epoca imperversava l'illiromania). L'etimologia sembra nata dalla contorsione mentale di un moderno tassonomo ed è a mio avviso priva di qualsiasi attendibilità.
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