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mercoledì 6 ottobre 2021

UN RELITTO OSCO IN NAPOLETANO, SALERNITANO E LUCANO: ATTRUFE 'OTTOBRE'

Quando nel V secolo a.C. i Sanniti conquistarono la Campania, presero il nome degli Osci, detti anche Opici (trascritto in greco come ᾿Οπικοί), una precedente popolazione non sannitica che abitava da tempo immemorabile in quegli ameni luoghi. Da questa fusione etnica ebbe origine la sinonimia di osco e sannitico per indicare la lingua italica dei conquistatori, che prevalse su quella dei vinti. Tale lingua era ricca e complessa come quella di Roma e con essa strettamente imparentata - eppure diversa, più o meno come lo era il gallico. 

"Molte parole dialettali utilizzate nelle varie zone dell'Italia centro-meridionale presentano elementi di sostrato di derivazione osca" (Fonte: Wikipedia). 
Quanto riporta la famosa Enciplopedia corrisponde al vero. Tuttavia trovo che sia necessario approfondire l'argomento. Di affermazioni generiche è pieno il Web. Partiamo quindi da un esempio concreto e importante, di cui molti non avranno mai sentito parlare. Molti non sanno nemmeno che questa antica lingua italica sia mai esistita. Sono rimasto commosso leggendo il commento di una navigatrice che ammetteva di non aver mai sentito parlare della lingua osca. Memorie perdute. Occorre ripristinarle una per una e permettere a tutti l'accesso alle origini, che è stato per troppo tempo ostacolato e negato dal sistema scolastico. 
 
A Napoli la parola più genuina per dire "ottobre" è attrufe /at'trufə/ (varianti: attufre /at'tufrə/, ottrufe /ot'trufə/). Secondo alcuni si tratta di un vocabolo piuttosto antiquato, essendo la forma più comune uttombre /ut'tombrə/
A Salerno il mese di ottobre si chiama attrufe, pronunciato proprio come a Napoli. Alcuni lo trascrivono come attrufa o attrufo, ma il suono finale è lo stesso: una vocale indistinta /ə/, a cui i linguisti danno il nome di schwa
Si trova attrufë, attrufu "ottobre" anche in Basilicata, sempre con lo stesso suono finale indistinto.  
 
Si vede subito che il napoletano uttombre ha la stessa origine dell'italiano ottobre: deriva dal latino volgare octombre(m), una variante ben attestata di octobre(m), plasmata per analogia di septembre(m), novembre(m), decembre(m). Invece forme come attrufe non possono essere in alcun modo derivate dal latino. Proprio la presenza della consonante -f- le qualifica come pre-romane e giunte fino ai nostri tempi tramite una tradizione ininterrotta. 
La protoforma ricostruibile come antenato diretto di attrufe è il sannitico *ohtūfrim, al caso accusativo. Questa è la vera origine delle parole sopracitate degli attuali dialetti della Campania e della Basilicata. L'estensione del fenomeno non è certo casuale: gli antichi Lucani parlavano la stessa lingua dei Sanniti.
 
Il bello è che i romanisti non si sognano nemmeno di negare questi dati di fatto: li hanno riportati nelle loro opere da lungo tempo (esempi: Planta, 1897; Șăineanu, 1935; Lahti, 1935). Il problema è che non viene data alcuna risonanza a questa chiara sopravvivenza di una lingua pre-romana, indoeuropea e imparentata con il latino. Viene ritenuta un fatto marginale, a cui dedicare soltanto poche parole. Noi invece di importanza ne attribuiamo molta e ci spingiamo fino al punto di ricostruire l'intera declinazione della parola: 
 
Nominativo: *ohtūfer 
Genitivo: *ohtūfreis 
Dativo: *ohtūfrei 
Accusativo: *ohtūfrim 
Vocativo: *ohtūfer 
Ablativo: *ohtūfrīd  

Il tema indoeuropeo della protoforma di origine è chiaramente in -i-. Abbiamo poche attestazioni di sostantivi di questa classe nel materiale epigrafico. Uno di questi è senza dubbio *slāx, un vocabolo oscuro interpretabile come "confine", "territorio", attestato sul Cippo Abellano. Tecnicamente si tratta di un hapax. Trovo tale interpretazione ragionevole, anche se alcuni considerano questa parola "intraducibile" o "di significato sconosciuto". Queste sono le occorrenze su tale documento: 

sakaraklúm Herekleís [úp / slaagid púd íst ...
(linee 11-12, lato A)
"il tempio di Ercole che è sul confine ..."

pústin slagím / senateís suveís tangi-/núd tri/barakavúm lí/kítud
(linee 34-37, lato B)
"sia permesso costruire per decisione del senato di ogni (città) secondo il territorio'

avt anter slagím / A]bellanam íním Núvlanam
(linee 54-55, lato B)
"ma tra il territorio di Abellla e di Nola ..."  

í = e chiusa; i aperta
= dittongo ei chiuso
ú = o chiusa (breve); u (lunga)
av = dittongo au
úv = dittongo ou chiuso 
 
Questa è la declinazione ricostruita a partire dalle attestazioni: 

Nominativo: *slāx 
Genitivo: *slāgeis 
Dativo: *slāgei 
Accusativo: slāgim (scritto slagím
Vocativo: *slāx 
Ablativo: slāgīd (scritto slaagid

Per un'interessante trattazione di questo termine, completa di ipotesi su suoi paralleli in altre lingue indoeuropee, rimando senz'altro all'articolo di Brian D. Joseph (Università dell'Ohio, 1982), consultabile seguendo questo link: 

 
Sono convinto che potranno derivare abbondanti frutti dagli approfondimenti sulla morfologia e sul lessico delle lingue italiche. L'importante è non arrendersi all'Oblio e lavorare per riportare alla luce, frammento dopo frammento, ciò che ha fagocitato.  
 
L'enigma dello spagnolo octubre 
 
È stato ipotizzato che lo spagnolo octubre "ottobre" sia un prestito dall'italico, per via della decisa anomalia della vocale tonica -u-, in luogo dell'attesa -o-: in tale lingua normalmente il latino -ō- non dà -u- (Corominas-Pascual). Anche se l'idea pare a prima vista suggestiva, i problemi non mancano. Riporto qui una lista di esiti delle protoforme secondo diverse trafile ipotizzabili o realmente attestate. 
 
forma attesa dal latino volgare octōbre(m), octombre(m)
   ochobre (asturiano), *ochombre 
forma attesa dal latino dotto octōbrem
   *octobre 
forma attesa dall'osco *ohtūfrim
   *ochufre, *otufre 
   con sonorizzazione di -f-
   ochubre (antico spagnolo), otubre (aragonese) 
 
In tutti i casi siamo lontani dalla forma reale, octubre, che comprende in sé, in modo paradossale e inspiegabile, due caratteristiche contraddittorie: la vocale anomala -u- e il gruppo consonantico -ct-, tipico di un crudo latinismo. Tecnicamente parlando, si potrebbe dire che octubre è una forma semidotta. Si noterà che la stessa parola si trova anche in catalano, mentre in antico catalano era vuitubri, uitubri. Anche il portoghese e il galiziano hanno un esito con vocale -u-: outubro. Non sono riuscito a trovare una soluzione al problema e le lingue pre-romane dell'Iberia non sono di alcun aiuto.  

sabato 28 agosto 2021

ETIMOLOGIE ENOLOGICHE: IL FALERNO

Come tutti sanno, immensa fama ha goduto nell'antichità il vino falerno (latino falernum). Il naturalista Plinio il Vecchio fece una classifica dei vini migliori: Antea caecubum, postea falernum, ossia "Prima il cècubo, poi il falerno". 
 
Questo riporta il celeberrimo Vocabolario Treccani: 
 

falèrno agg. e s. m. [dal lat.  Falernus]. – Antico nome (Agro f., lat. Ager Falernus) della Campania settentr., prima appartenente ai Capuani, poi annessa (fine del sec. 4° a. C.) al territorio dei Romani. Era celebrato dagli antichi scrittori per il suo vino, chiamato appunto falerno (lat. vinum falernum, o falernum s. neutro), nome che nell’uso poet. divenne sinon. di vino prelibato; sono ancor oggi così chiamati alcuni vini tipici della Campania. 
 
Il problema è sempre lo stesso. Molti credono che risalire al latino sia la fine della ricerca, come se la lingua di Roma insegnata a scuola fosse un idioma adamitico, non derivato. Per me invece, una parola latina è l'inizio della ricerca: bisogna capire da dove è venuta.  

Plinio il Vecchio, i cui testi sono sempre molto utili, ci dice questo (Naturalis Historia XIV, 8): 

Antea Caecubo erat generositas celeberrima in palustribus populetis sinu Amynclano, quod iam intercidit iniuria coloni locique angustia, magis tamen fossa Neronis, quam a Baiano lacu Ostiam usuque navigabilem incohaverat. Secunda nobilitas Falerno agro erat et ex eo maxime Faustiniano; cura culturaque id collegerat; exolescit haec quoque copiae potius quam bonitatis studentium. Falernus ager a ponte Campano laeva potentibus Urbanam coloniam Sullanam nuper Capuae contributam incipit, Faustinianus circiter IIII milia passuum a vico Caedicio, qui vicus a Sinuessa VI M passuum abest. Nec ulli nunc vino maior auctoritas; solo vinorum flamma accenditur, tria eius genera: austerum, dulce, tenue. Quidam ita distingunt, summis collibus Caucinum gigni, mediis Faustinianum, imis Falernum.
 
Traduzione:  
 
Prima c'era per il cècubo una qualità molto famosa nelle paludi con i pioppi nel golfo di Amicla, che ormai è scomparsa per la negligenza del contadino e per la ristrettezza del luogo, ma ancor di più per il canale di Nerone, che aveva reso navigabile dal bacino di Baia fino ad Ostia. La seconda eccellenza era per il territorio di Falerno e da questo soprattutto per il faustiniano; se l'era conquistata con la cura e con la coltivazione. Queste vengono meno anche per colpa di quelli che aspirano all'abbondanza più che alla qualità. Il territorio di Falerno comincia dal Ponte Campano a sinistra per quelli che vanno verso la colonia Urbana di Silla associata da poco a Capua, il faustiniano a circa quattromila passi dal villaggio di Cedicio, villaggio che dista seimila passi da Suessa. Per nessun vino c'è oggi maggiore rinomanza. A lui solo si accende la fiamma dei vini. Tre sono le sue specie: aspro, dolce, leggero. Alcuni lo distinguono così: il caucino nasce sui colli più alti, il faustiniano sui medi, il falerno sui più bassi.
 
C'è molta confusione. Dalle parole di Plinio, sembra ben chiara la localizzazione dell'area in cui il vino falerno era prodotto, nella Campania settentrionale, in quella che attualmente è conosciuta come provincia di Caserta. Pure sono state fatte ipotesi alternative, per quanto presentino qualche difficoltà.
 
 
Marina Alaimo (AIS Napoli) cerca di risalire al luogo d'origine del falerno, arrivando a questa conclusione: non sarebbe l'area denominata Piana di Falerno, ai piedi del Monte Màssico, bensì il Monte Falero, oggi conosciuto come Monte Echia. Data la mia scarsa conoscenza dei luoghi, a prima vista l'idea mi era parsa ragionevole. Tuttavia non ha retto a una breve ricerca. Non sono riuscito a trovare l'oronimo Falero: c'è soltanto la mitologica Torre di Falero, dal nome di uno degli Argonauti. Invece ho potuto appurare che il Monte Echia era anticamente chiamato Eple o Emple, denomine che si suppone derivata da Euplea (Afrodite Euploia, patrona della navigazione). Ho potuto vedere una sua foto. Si tratta di un minuscolo pinnacolo di tufo giallastro, di apparenza malaticcia e lebbrosa, friabile, che non sembra davvero il luogo di origine dell'illustre vino, prodotto in grande abbondanza: non è più alto di un palazzo a tre piani! 

In ogni caso, la Alaimo puntualizza una cosa interessante: se il falerno fosse stato coltivato sulle pendici del Monte Màssico, sarebbe stato conosciuto come màssico. Ebbene, il vino chiamato màssico, in latino (vinum) massicum, era noto nell'antichità ed era ben distinto dal falerno. Il màssico era un vino robusto ma di qualità mediocre.   
 
Attualmente si produce il vino denominato Falerno del Massico nel territorio dei seguenti comuni: Mondragone, Falciano del Massico, Carinola, Sessa Aurunca e Cellole (tutti in provincia di Caserta). Si tratta di un vino composto, prodotto a partire da uve di diversi vitigni. 

Falerno del Massico Rosso
    Aglianico: minimo 60%
    Piedirosso: massimo 40%

Falerno del Massico Primitivo
    Primitivo: minimo 85%
    Barbera, Aglianico, Piedirosso massimo 15%

Falerno del Massico Bianco
    Falanghina: minimo 85%
    Altri vitigni campani: massimo 15%

Detto questo, rimane il problema imbarazzante della continuità. Con che uve gli Antichi facevano il falerno? Sappiamo che il falerno continuò ad essere prodotto in epoca medievale, tanto che Papa Innocenzo III lo menzionò nel suo De contemptu mundi. Come erano cambiate le tecniche di vinificazione? Cesare e Augusto avrebbero riconosciuto il falerno bevuto da Innocenzo III, se un crononauta lo avesse portato loro con un prodigioso viaggio nel tempo? Innocenzo III avrebbe riconosciuto il falerno bevuto da Cesare e da Augusto? Non lo sappiamo con certezza, anche se parrebbe implausibile. A maggior ragione, si possono nutrire fondati dubbi sull'identità tra il falerno prodotto in epoca moderna e quello dell'epoca di Roma. La questione ampelografica sembra irrisolvibile.    

Luca Menna, nel Saggio Istorico  della Città e Diocesi di Carinola, 1848, ha scritto quanto segue:  

"Qualsia l’etimologia del vocabolo Falerno, nulla sì conosce , possiam dire solamente , che il Possessore di questo Campo si chiamava Falerno , e li diede un tal nome; di questo sentimento è Sillo Lib. VII, e di fatti il vocabolo Falernus è nome di uomo, e lo vediamo in uso presso il Gori in una sua Iscrizione così: Falernus Euclito fratri suo." 
 

Saggi storici di questo genere sono il prodotto di una cultura autoreferenziale. L'enunciato di Menna è l'essenza stessa dell'impotenza etimologica. Mentre la linguistica faceva passi da gigante, resisteva questo zoccolo duro di topi di biblioteca locali, che spesso erano anche parroci, per i quali l'intera conoscenza del genere umano si riduceva al latino e al greco. Tutto ciò che è al di fuori di queste lingue classiche, era per loro profondo abisso di inconoscibilità. 

Io mi oppongo strenuamente a chiunque dica "nulla si conosce", quando è possibile conoscere!  

In questo specifico caso, si nota una certa negligenza etimologica, perché l'autore avrebbe potuto benissimo trovare una spiegazione al nome Falernus ricorrendo alle fonti classiche.
 
Radice: etrusco fal- "alto"  
 
Testo originale della glossa: "Falae dictae ab altitudine, a falado quod apud Etruscos significat caelum." 
Traduzione della glossa: Le falae ("torri") sono così chiamate dall'altezza, da falado, che tra gli Etruschi significa "cielo". 
Autore: Sesto Pompeo Festo 
Forma singolare: fala 
Varianti ortografiche: phala "torre"; falando "cielo" 
Note: 
Si trova il testo della glossa di Festo con coelum anziché caelum.

Forme etrusche ricostruite: 
*fala "alto"
*falaś "luogo alto; torre; pertica" 
   attestazioni:  
   locativo: falś-ti "sulla pertica" (Cippo di Perugia,
        cfr. Facchetti) 
   locativo: falza-θi aiseras "nel luogo alto degli Dei" 
        (lamella plumbea di Magliano)
*falaθu "cielo"  
Note:  
Etrusco *falaθu "cielo" deve avere avuto il significato di "soffitto a volta". Il latino palātum "palato", ma anche "volta del cielo", deve essere un prestito antico dall'etrusco, come evidenziato da Pittau. Si noti la consonante iniziale p- in luogo di f-: si deve trattare di esiti diversi di una protoforma in ph- /ph/. Per la semantica, si confronti il rumeno ceru gurei "palato", alla lettera "cielo della gola", "soffitto della gola".

Testo originale della glossa: "Falarica genus teli missile quo utuntur ex falis, id est ex locis instructis, dimicantes."
Traduzione della glossa: La falarica è un tipo di arma da getto che i combattenti utilizzano dalle falae, ossia dai luogi fortificati. 
Varianti ortografiche: phalarica  
Pronuncia: /fa'la:rica/
Autore: Sesto Pompeo Festo 
Protoforma ricostruibile: *falāsica 
Note: 
Un notevole caso di rotacismo. Il fenomeno è comune: etrusco tus "letto, giaciglio" è stato preso a prestito in latino arcaico come *tosos per poi diventare torus "cuscino, guanciale, materasso". 
False etimologie: greco φαλός (phalos) "bianco", φάλαρος (phalaros) "con una macchia bianca". Siamo di fronte a un'evidente fabbricazione scolastica. La metodologia è questa: aprire un vocabolario di greco e cercare forme assonanti, anche a dispetto della semantica.  
 
Forme etrusche derivate dalla radice fal- "alto" e attestate in iscrizioni: 
 
falaθres "di Celeste", gentilizio, oppure "della volta celeste"  
faliaθere "nella volta celeste"
faluθras "degli Dei Superi" 
falau "innalzato" (Tabula Capuana, TLE 2)
Note: 
Etrusco falaθres, attestato al genitivo in diverse iscrizioni, deve essere l'equivalente del latino caelestis "celeste, del cielo" (dissimilato per l'atteso *caelestris). In un caso non è chiaro se le attestazioni siano quelle di un gentilizio oppure se sia un sostantivo col significato di "volta celeste". Il testo tr: falaθres: (iscrizione di Settecamini, ET Vs 1.176) potrebbe stare per tular: falaθres: e significare "confine della volta celeste". Secondo Kaimio (2017), si dovrebbe invece interpretare tr: come un'abbreviazione di trepies "di Trebio" (prenome), per cui falaθres sarebbe un gentilizio. Non ci sono ancora elementi per decidere la questione. Una forma arcaica di falaθre- potrebbe essere il faliaθere documentato in un'iscrizione ad Orvieto (Stopponi, 2009). La presenza di -i- è ancora enigmatica; conto tuttavia di poter risolvere il problema quando emergeranno nuovi dati. Il genitivo plurale faluθras "degli Dei Superi" compare in un'iscrizione a Tarquinia (ET Ta 1.164). Stopponi afferma di voler lasciare ai linguisti la definizione esatta di questa forma: ebbene, è un tipico tema plurale, proprio come cliniiaras, clenaras "dei figli", genitivo di clenar "figli". 
Nel testo della Tabula Capuana, alcuni leggono falal anziché falau: se tale lettura fosse corretta, avremmo un genitivo in -al anziché un participio passato in -u, ma la sostanza non cambierebbe molto.  
 
Etrusco arcaico: 
   nominativo/accusativo: *falaθu "cielo" 
   genitivo: *falaθu-s "del cielo"
   nominativo/accusativo: *falaθu-r "Dei Superi"
   genitivo: *falaθu-ra-s "degli Dei Superi"

Neoetrusco: 
   nominativo/accusativo: faltu, haltu "cielo"
   genitivo: *faluθ-s "del cielo"
   nominativo/accusativo: *faluθ-r "Dei Superi"
   genitivo: faluθ-ra-s "degli Dei Superi" 

Note: 
La forma faltu, con la variante delabializzata haltu, è attestata in molte iscrizioni composte da una sola parola.
 
Il nome del popolo dei Falisci e della città di Falerii, loro capitale, è pure di origine etrusca. I Falisci parlavano una lingua indoeuropea, italica e simile al latino. Com'è naturale, aveva numerosi prestiti onomastici dall'etrusco. Tra questi prestiti c'è il nome stesso dell'etnia e l'aggettivo che la designa. 
 
latino Falerii < *Falasioi (pl. tantum), alla lettera
    "Luoghi Alti", "Fortezza"  
latino Falisci < *Falasikoi "Gente di *Falasioi
latino Faliscus < *Falasikos
Note: 
La sincope di -i- nel suffisso *-ikos dovette avvenire prima del rotacismo della sibilante mediana -s-. In etrusco troviamo alcuni gentilizi molto interessanti che potrebbero essere connessi al nome dei Falisci. Mostrano una peculiarità di difficile spiegazione: l'Umlaut palatale. 

Feluskes (gen.) < *falius-
Feleskenes (gen.) < *falias- 
 
A questo punto possiamo azzardare qualche ipotesi di ricostruzione più dettagliata della protoforma dell'aggettivo falernus
 
1) falernus < *falasi-nos 
2) falernus < *falar(i)-nos
 
Il problema fondamentale è quello dell'eventuale rotacismo. Essendo il toponimo ager Falernus localizzato in un'area di lingua osca (sannitica), si dovrebbe propendere per l'ipotesi 2), dato che in tale lingua italica non esisteva il rotacismo. Tuttavia è sempre possibile che l'origine sia connessa a una migrazione da Nord, dal territorio dei Falisci: in tal caso Falernus sarebbe un sinonimo di Faliscus. Sono necessari ulteriori studi. 
 
Queste sono alcune sopravvivenze toponomastiche della radice fal- "alto":  

Falacrina, frazione del comune di Antrodoco (Rieti)
Falacrina, Falagrina, valle nella quale nasce il Velino 
Falecare, frazione del comune di Cittareale (Rieti)
Falerna, comune della Calabria (Catanzaro)
Falerno, frazione del comune di Città di Castello (Perugia)
Falerone, comune delle Marche (Fermo) 
Faleria, Falesia, comune del Lazio (Viterbo) 
Falisco, corso d'acqua del Lazio 
Falsini, frazione del comune di Radicondoli (Siena) 
Falterona, frazione del comune di Lastra a Signa (Firenze)
Falterona, monte del Val d'Arno Casentinese 
Faltignano, frazione del comune di San Casciano (Firenze)
Faltona, frazione del comune di Talla (Arezzo)  
Faltona, frazione del comune di Borgo San Lorenzo (Firenze)
Faltona, torrente della Val di Sieve, Toscana
Faltugnano, frazione del comune di Prato 
Faltugnano, frazione del comune di Vinci (Firenze)
Falzano, frazione del comune di Cortona (Arezzo)

Sopravvivenze romanze della radice fal- "alto":  
 
Italiano: falasco "tipo di vegetazione palustre" 
Significato originale: *"erba alta" 
Note: 
Il nome "falasco" era attribuito a diverse piante delle Ciperacee e delle Graminacee. Gli utilizzi di questa vegetazione erano molteplici: oltre che come combustibile o lettiera per il bestiame, serviva per lavori di intreccio e per impagliare fiaschi. In Sardegna esistevano capanne di falasco fino a tempi abbastanza recenti.

Napoletano: falerne "superbo"  
Significato originale: *"alto" 
Note: 
Anni fa mi sono imbattuto in questa voce, che i romanisti spiegano a partire dal nome dell'antico vino. Per loro lo slittamente semantico sarebbe stato questo: "ubriaco di falerno" > "altezzoso, superbo". Non so se la parola sia ancora usata nella lingua viva di questi tempi o se sia antiquata. Dai dati che ho esposto si dimostra subito che non c'è alcun bisogno di simili contorsioni. Reputo che questo vocabolo napoletano sia un relitto osco (sannitico), a sua volta preso a prestito dall'etrusco.    

Conclusioni 

Nonostante tutti i problemi di cui abbiamo trattato, è indubitabile la radice etrusca da cui deriva il nome del vino falerno, anche se il percorso semantico non è sempre chiarissimo.  

domenica 11 aprile 2021

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'APPENDIX PROBI

È conosciuta col nome di Appendix Probi una lista di 227 parole latine, copiata da un antigrafo nel VII o nell'VIII secolo nello Scriptorium dell'Abbazia di San Colombano a Bobbio. Il nome, puramente convenzionale, è dovuto al fatto che il documento è stato trovato sugli ultimi fogli di una copia dell'Instituta artium, il cui autore è tradizionalmente considerato il grammatico Marco Valerio Probo (20/30 d.C. - 104 d.C.). Detto anche Probo il Beritio, operò durante il principato di Nerone. In realtà, è più plausibile che si tratti di un altro Probo, vissuto all'epoca di Diocleziano. Con ogni probabilità l'Appendix Probi fu composta a Roma nella prima metà del IV secolo. A giudicare dalla lingua, forse l'epoca neroniana sarebbe stata troppo precoce come contesto. Le correzioni riportate nel testo fanno luce sui cambiamenti fonologici e grammaticali che il latino volgare stava subendo nelle prime fasi del suo sviluppo nel romanzo.
 
Riporto l'intera lista delle 227 correzioni operate dal grammatico Probo, per come ci è pervenuta (alcune voci sono purtroppo mutile e talvolta non restaurabili).
 
porphireticum marmor non purpureticum marmur
tolonium non toloneum
speculum non speclum
masculus non masclus
vetulus non veclus
vitulus non viclus
vernaculus non vernaclus
articulus non articlus
baculus non vaclus
angulus non anglus
iugulus non iuglus
calcostegis non calcosteis
septizonium non septidonium
vacua non vaqua
vacui non vaqui
cultellum non cuntellum
Marsias non Marsuas
cannelam nun canianus
Hercules non Herculens
columna non colomna
pecten non pectinis
aquaeductus non aquiductus
cithara non citera
crista non crysta
formica non furmica
musivum non mus[e]um
exequiae non execiae
gyrus non girus
avus non aus
miles non milex
sobrius non suber
figulus non figel
masculus non mascel
lanius non laneo
iuvencus non iuvenclus
barbarus non barbar
equs non ecus
coqus non cocus
coquens non cocens
coqui non coci
acre non acrum
pauper mulier non paupera muli[er]
carcer non car[car]
bravium non brabium
pancarpus non parcarpus
Theophilus non Izophilus
monofagia non monofagium
Byzacenus non Bizacinus
Capse[n]sis non Capressis
catulus non catellus
[catulus non ca[te]llus]
doleus non dolium
calida non calda
frigida non fricda
vinea non vinia
tristis non tristus
tersus non tertus
umbilicus non imbilicus
turma non torma
caelebs non celeps
ostium non osteum
Flavus non Flaus
cavea non cavia
senatus non sinatus
brattea non brattia
cochlea non coclia
cochleare non cocliarium
palearium non paliarium
primipilaris non primipilarius
alveus non albeus
glomus non glovus
lancea non lancia
favilla non failla
orbis non orbs
formosus non formunsus
ansa non asa
flagellum non fragellum
calatus non galatus
digitus non dicitus
solea non solia
calceus non calcius
iecur non iocur
auris non oricla
camera non cammara
pegma non peuma
cloaca non cluaca
festuca non fis[tuca]
ales non [alis]
facies non fa[ces]
cautes non c[autis]
plebes non plevis
vates non vatis
tabes non tavis
suppellex non superlex
apes non apis 
nubes non nubs
suboles non subolis
vulpes non vulpis
palumbes non palumbus
lues non luis
deses non desis
reses non resis
vepres non vepris
fames non famis
clades non cladis
Syrtes non Syrtis
aedes non aedis
sedes non sedis
proles non prolis
draco non dracco
oculus non oclus
aqua non acqua
alium non aleum
lilium non lileum
glis non [gl]iris
delirus non delerus
tinea non ti[nia]
exter non extraneus
clamis non clamus
vir non vyr
virgo non vyrgo
virga non vyrga
occasio non occansio
caligo non calligo
terebra non telebra
effeminatus non imfimenatus
botruus non butro
grus non gruis
anser non ansar 
tabula non tabla
puella non poella
balteus non baltius
fax non facla
vico capitis Africae non vico caput Africae
vico tabuli proconsolis non vico tabulu proconsulis
vico castrorum non vico castrae
vico strobili non vico trobili
teter non tetrus 
aper non aprus
amycdala non amiddula
faseolus non fassiolus
stabulum non stablum
triclinium non triclinu
dimidius non demidius
turma non torma  
pusillus non pisinnus
meretrix non menetris
aries non ariex
pe[rsica] non pessica
dys[entericus non disinte]ricus
opobalsamum non ababalsamum
mensa non mesa
raucus non ra[u]cus
auctor nun autor
auctoritas non autoritas
ip[se] non ip[sus]
linteum non lintium
a[ ] non [ ]a
terraemotus non terrimotium
noxius non noxeus
coruscus non scoriscus
tonitru non tonotru
passer non passar
anser non ansar
hirundo non herundo
obstetrix non ops[etris]
capitulum non capiclum
noverca non novarca
nurus non nura
socrus non socra
neptis non nepticla
anus non anucla
tondeo non detundo
rivus non rius
imago non [...]
pavor non paor
coluber non colober
adipes non alipes
sibilus non sifilus
frustum non frustrum
plebs non pleps
garrulus non garulus
parentalia non parantalia
caelebs non celeps 
poples non poplex
locuples non locuplex
robigo non rubigo
plasta non blasta
bipennis non bipinnis
hermeneumata non erminomata
tymum non tumum
strofa non stropa
bitumen non butumen
mergus non mergulus
myrta non murta
zizipu[s] non zizup[u]s
iunipirus non [iu]niperus *
tolerabilis non toleravilis
basilica non bassilica
tribula non tribla
viridis non virdis
constabilitus non constab[i]litus
Sirena non Serena
musium vel musivum non museum
labsus non lapsus
orilegium non orolegium
hostiae non ostiae
Februarius non Febrarius
clatri non cracli
allec non allex
rabidus non rabiosus
tintinaculum non tintinabulum
Adon non Adonius
grundio non grunnio
vapulo non baplo
necne non necnec
passim non passi
numquit non nimquit
numquam non numqua
nobiscum non noscum
vobiscum non voscum
nescioubi non nesciocobe
pridem non pride
olim non oli
adhuc non aduc
idem non ide
amfora non ampora
 
*Una lettura più lausibile è [zi]niperus.

Aggiungo una serie di osservazioni scritte di getto: 
 
1) Notiamo subito che alcune voci sono ripetute più di una volta nel glossario: è possibile che Probo avesse memoria corta. Così i lemmi anser, caelebs e turma sono trattati due volte, essendo identiche anche le rispettive forme "scorrette" ansar, celeps e torma.
2) Uno dei gravi limiti di questo elenco, oltre all'incompletezza e alle ripetizioni, è l'assenza di ordine alfabetico. Questa caratteristica era la norma e si ravvisa anche nei glossari. Pur avendo un grande ingegno, gli Antichi avevano mezzi molto limitati rispetto ai nostri. Non avevano file word, tanto per capirci. 
4) Si rileva almeno un ipercorrettismo: la forma lapsus è perfettamente corretta e non è plausibile volerla sostituire con labsus, che è frutto di livellamento analogico. 
5) Lo stesso Probo non doveva avere in ogni occasione una padronanza perfetta dell'ortografia classica, dato che riporta teter non tetrus: la grafia più corretta è infatti taeter, col dittongo, pur essendo usato anche teter. Il significato del vocabolo è "brutto, orrendo, orribile, ripugnante, tremendo".
6) Non è da considerarsi ipercorretta la voce apes. Infatti questo apes è il plurale di apis e significa "api": Probo corregge il plurale apis graficamente identico al singolare: /'api:s/ anziché il classico /'ape:s/.

Questi sono i fenomeni rilevati dal grammatico: 

1) Sincope 
     articulus non articlus
     calida non calda 
     masculus non masclus
     oculus non oclus
     speculum non speclum
     vetulus non veclus 
     viridis non virdis 
     vitulus non viclus 
2) Sviluppo di un'approssimante /j/ da vocali anteriori in iato 
     alium non aleum 
     cavea non cavia 
     lancea non lancia 
     lilium non lileum 
     ostium non osteum
     vinea non vinia
3) Cambiamento di /u/ breve in /o/ 
      coluber non colober
      columna non colomna 
      turma non torma
4) Riduzione di /au/ pretonico a /o:/ 
     auris non oricla 
5) Perdita di /m/ finale 
     idem non ide 
     olim non oli
     nunquam non nunqua
     passim non passi 
     pridem non pride 
6) Perdita di /h/ 
     adhuc non aduc 
     hostiae non ostiae
7) Riduzione di /-ns-/ a /-s-/ 
     ansa non asa 
     formosus non formunsus
     Hercules non Herculens 
     mensa non mesa 
     occasio non occansio
8) Perdita di /β/ intervocalica davanti a vocale posteriore 
     avus non aus 
     Flavus non Flaus 
     pavor non paor
     rivus non rius
9) Confusione tra /b/ e /β/ 
     alveus non albeus 
     baculus non vaclus  
     bravium non brabium 
     plebes non plevis 
     vapulo non baplo 
10) Confusione tra consonanti semplici e geminate 
     aqua non acqua 
     basilica non bassilica 
     camera non cammara 
     draco non dracco 
     garrulus non garulus
11) Eliminazione di nomi imparisillabi 
     glis non gliris 
     grus non gruis
     pecten non pectinis
12) Adattamento di aggettivi della III declinazione nella I declinazione 
    acre non acrum 
    pauper mulier non paupera mulier  
    tristis non tristus 
13) Adattamento dei nomi femminili della IV declinazione nella I declinazione 
    nurus non nura 
    socrus non socra
14) Adattamento di nomi femminili della III e IV declinazione nella I declinazione tramite un suffisso diminutivo 
    anus non anucla 
    auris non oricla 
    fax non facla
    neptis non nepticla
15) Adattamento di plurali neutri nella I declinazione 
   vico castrorum non vico castrae
16) Supposta eliminazione dell'ablativo 
    nobiscum non noscum 
    vobiscum non voscum
17) Alterazione del nominativo in -es (III declinazione) in -is 
    cautes non cautis 
    fames non famis  
    sedes non sedis
    tabes non tabis 
    vates non vatis 
    vulpes non vulpis 
18) Riduzione delle uscite -es e -is a -s 
    nubes non nubs 
    orbis non orbs 
19) Influenza del sostrato italico: assenza dell'uscita maschile in -us 
    barbarus non barbar 
    figulus non figel
    masculus
non mascel  
20) Influensa del sostrato italico: -f- per -b
    sibilus non sifilus 
21) Influensa del sostrato italico: -nn- per -nd- 
    grundio non grunnio
20) Metatesi, assimilazione e dissimilazione (anche in grecismi) 
   coquens non cocens 
   coqui non coci 
   pegma non peuma 
   persica non pessica

Alcune forme condannate da Probo sono continuate nelle lingue romanze. Questi casi sono particolarmente interessanti:

acqua : it. acqua  
cocens : it. cocente 
nura : it. nuora 
oricla : it. orecchia 
rabiosus : it. rabbioso 
virdis : it. verde  
etc.
 
Le forme noscum per nobiscum "con noi" e voscum per vobiscum "con voi" sono all'origine dell'italiano antico nosco e vosco. Sono quindi sopravvissute nel latino volgare. 
In genere si parla in questo caso di "perdita dell'ablativo", interpretando le forme noscum e voscum come costruite a partire dall'accusativo nōs e vōs anziché dall'ablativo nōbis e vōbis. La realtà potrebbe essere diversa. Ho una spiegazione alternativa e a mio avviso utile. 
Queste sono le forme del latino classico, con l'accento sulla seconda sillaba: 
 
nobiscum /no:'biskum/ 
vobiscum /wo:'biskum/ 
 
Nel latino volgare si erano sviluppate forme con l'accento sulla prima sillaba: 
 
nobiscum /'no:biskum/
vobiscum /'βo:biskum/ *
 
* L'approssimante /w/ si era ormai trasformata in una fricativa /β/

Il passo successivo è stata la sincope: 

*nobscum /'no:psku(m)/
*vobscum /'βo:psku(m)/ 

Quindi il gruppo consonantico -bsc- si è semplificato facilmente in -sc-
 
noscum /'no:sku(m)/
voscum /'βo:sku(m)/ 

Questo è quanto.
 
Presenza di voci italiche

Una cosa che mi sembra sia passata del tutto inosservata è la presenza di alcune forme eminentemente sannitiche, ossia osche: 
 
barbar /'barbar/ "barbaro"
figel /'figel/ "vasaio"
mascel /'ma:skel/ "maschio"
menetris /'menetri:ss/ "meretrice"
opsetris /'opsetri:ss/ "ostetrica, levatrice" 
 
Altre forme italiche sono state da me scoperte in numerosi glossari. Purtroppo tutto ciò non riscuote l'interesse dei romanisti, che tendono a considerarle irrilevanti e a passarle sotto silenzio. Grandgent si limita a notare la stranezza di alcune di queste forme (barbar, figel, mascel): avendo un'approfondita conoscenza soltanto del latino, non è si è arrischiato a identificarle come sannitiche. 
 
Una Appendix Probi moderna  
 
Compilo una lista sul modello dell'Appendix Probi, adattata alla lingua italiana e ai nostri tempi, includendovi svariate parole o frasi erronee udite con le mie orecchie o viste coi miei occhi nel Web. Alcune di queste voci sono il prodotto di guitti, altre di adolescenti riscimmiati, altre ancora sono usate da parlanti che per una ragione o per l'altra non sono riusciti ad acquisire una sufficiente competenza linguistica. Ovviamene la mia è una provocazione. 

aberrante non abberrante
aberrazione non abberrazione 
abietto non abbietto
abominevole non abbominevole 
bisnonno non binonno 
bisnonno non sbinonno 
bugia non buggia
bugiardo non buggiardo 
schizofrenico non schizzofrenico
psicopatico non psicopazzo
cistifellea non cistifeglia
cataratta non catarrata 
bitume non botume 
oberato di lavoro non obeso di lavoro 
dono dell'ubiquità non dono dell'ambiguità 
dono dell'ubiquità non dono dell'obliquità 
fronte corrugata non fronte corrusca 
breve e conciso non breve e circonciso 
breve e conciso non breve e coinciso 
lapsus non lapis 
salsiccia non salciccia 
semaforo non semafero 
tecnico non tennico 
aeroporto non aereoporto 
aeroporto non areoporto 
aereo non aerio 
gorilla non gurilla 
bocchino non bucchino 
polizia non pulizia 
poliziotto non puliziotto 
proprio non propio 
proprietà non propietà  
afrodisiaco non afroasiatico 
purtroppo non pultroppo 
evacuare non evaquare 
pozzetto non puzzetto
accesso di rabbia non eccesso di rabbia 
accesso di rabbia non ascesso di rabbia 
chitarra non ghitarra  
cabina non gabina 
cerebrale non celebrale 
cerebroleso non cebroleso 
aura non aurea  
referendum non preferendum  
chiedere lumi non chiedere numi  
megalopoli non megapoli 
otorinolaringoiatra non otorinolangoiatra 
otorinolaringoiatra non orinolangoiata
pediatra non pediata 
pediatra non piedatra  
pediatra non piedata
Settimio Severo non Sèttimo Sèvero 
appendice non appèndice
appendicite non appèndice 
romanzo di appendice non romanzo di appendicite  
a volte non avvolte 
azione non azzione 
stabilimento non stablimento 
laboratorio non labratorio 
per esempio non presempio 
desse non dasse 
stesse non stasse  
fosse non fudesse 
Corso Buenos Aires non Corso Buones Aires
Corso Buenos Aires non Corso Bovinos Aires
donne incinte non donne incinta
arbitro non albitro 
collutorio non colluttorio 
colluttazione non collutazione 
accelerare non accellerare 
celerino non cellerino 
entusiasta non entusiasto 
gli ho insegnato non gli ho imparato 
a meno che non almeno che 
penso che sia non penso che è
pensavo che fosse non pensavo che era 
porto il cane a pisciare non piscio il cane 
eccezione non eccezzione 
eccezionale non eccezzionale 
colesterolo alto non polistirolo alto
pugno nello sterno non pugno nello sterco 
ictus non iptus  
ictus non itus 
ferita lacerocontusa non ferita laceroconfusa 
Alessandro Magno non Alessandro Mangio 
vadano non vadino
vengano non venghino 
non sta non nonne sta
non sta non nonno sta 
herpes non irpef 
body building non bidi bolding 
checkup generale non ketchup generale 
va bene non vabbane 
cinema non cimena  
gratis non a gratis  
vagina non vaggina  
a posto non apposto  
espansione non espanzione 
spermatozoo non spermatozzo 
raggi ultravioletti non raggi ultraviolenti 
fa tremare le vene e i polsi non fa tremare le vene ai polli 
eruzione vulcanica non erezione vulcanica 
capro espiatorio non capo espiatorio 
impronte digitali non impronte vegetali  
capsula non caspula 
capsula non casupola 
omosessuale non omosensuale 
omosessuale non uomo sessuale 
omosessuali non uomini sessuali 
consensuale non consessuale 
Regime del Terrore non Regime del Terrone 
Muro di Berlino non Mudo li Merlino 
aeronautica non aeronatica 
Pippo Baudo non Pippo Baldo 
Pippo Baudo non Pippo Bodo
medico della mutua non medico della muta 
kamikaze non kamikazzi 
peti non pitti
screzio non screzzio 
ex non ècchisi 
somatizzare non sodomizzare 
paziente che somatizza non paziente che sodomizza
sintomi di somatizzazione non sintomi di sodomizzazione
sadomaso non sodomaso 
conati di vomito non cognati di vomito 
spezzare una lancia non spezzare un'arancia 
stralciare non stracciare 
Testimoni di Geova non Testimoni di Genova 
fare le veci non fare le feci 
dozzina non dodicina 
sexy non sessi 
fastidio non fastiglio 
sembrare non semprare
impiegato non impiagato 
consideriamo non consderiamo
scorreggia non renza 
operatore idempotente non operatore impotente 
numeri complessi non numeri compressi
cremare non cromare 
illibato non lippato 
allibito non illibato
Proci non Froci 
flatulenza non flautolenza 
profilati a freddo non profilattici a freddo 
angina pectoris non angina pecto 
angina pectoris non vagina pectoris
giardini pensili non giardini prensili 
distanza focale non disatanza ficale 
è d'uopo non è d'uovo 
disabilitato non debilitato 
revocato non rievocato 
sprizzare odio non spruzzare odio 
cogliere in flagrante non cogliere in fragrante 
cotone idrofilo non cotone idrofobo 
equazione di Laplace non equazione di Lapalisse 
prurito non prudito 
urologo non ulogo 
ipofisi non liposi 
veterinario non vetrinaio 
dolori reumatici non dolori aromatici 
reumatologo non rematologo
vita sedentaria non vita sanitaria  
ipermetrope non ipermetrico 
clisma opaco non prisma opaco 
eczema non azema  
tracheite non trachite 
eco Doppler non eco topless
camera iperbarica non camera ipervarica 
biopsia non biocsìa
herpes non erpex 
nausea non nausa 
alluce valgo non alluce valvo 
diverticoli intestinali non ventricoli intestinali 
colite non culite 
tachicardia non tacchicardia  
emorragia non emorrogia  
betabloccanti non metabloccanti 
sulfamidici non sulfamedici 
antidolorifico non antidolorifero 
antidolorifico non dolorifero 
menarca non monarca 
osteoporosi non ostoporosi
osteoporosi non ossoporosi 
osteoporosi non osporosi 
tunnel carpale non tunnel calpale 
sideremia non sederemia  
flebite non febbrite
medico generico non medico genetico
inversione a U non immersione a U
crimine perpetrato non crimine perpetuato 
vongole veraci non vongole voraci 
porta blindata non porta brindata 
fare a meno non fare almeno
dalla notte dei tempi non dalla notte dei templi 
autorità preposta non autorità proposta
è una silfide non è una sifilide 
baratro non bàlatro 
ramanzina non romanzina 
schiena non stiena 
disturbare non sturbare 
remunerativo non renumerativo 
deontologia non dentologia  
deontologico non dentologico 
farinacei non farinaggi 
liposuzione non luposuzione 
analfabeta non alfabeta 
lapsus non raptus 
carta d'identità non carta d'indennità 
le premetto non le prometto 
berciare non bertucciare
è un'indecenza non è una decenza 
spiccicare non spiaccicare 
pedigree non pelodigrillo 
beneplacito non bene placido 
prosieguo non proseguo 
infestato non impestato 
voce stentata non voce stentorea 
guerre intestine non guerre intestinali  
prolifico non profilico 
test sierologico non test seriologico 
calende greche non candele greche 
difendere a spada tratta non difendere a spatatrac  
spada di Damocle non spada di Adamo
busillis non busillibus 
militi scaglionati non militi scoglionati 
delatore non relatore 
disinfettare non disinfestare 
celibe non celebre 
sguardo torbido non sguardo torrido 
acceleratore non accelleratore 
ombelico non ombellico

Poche di queste forme bizzarre le uso per pura satira, come ad esempio spermatozzo. Quando ero alle elementari, anziché visita a domicilio dicevo e scrivevo visita ad omicidio: non riuscendo a capire cosa significasse domicilio (nessuno mi spiegava nulla), lo riducevo all'omicidio. Una volta avevo scritto questa frase sorprendente: "La popolazione del Messico è costituita prevalentemente da feticci"! Non mancavano stravaganze fonologiche: avevo appreso da un compagno di classe a dire e a scrivere trible anziché terribile. Era un genio linguistico, che aveva riformato molte parole a partire da considerazioni paretimologiche. A esempio diceva fumoliggine anziché fuliggine e sderetanato anziché sderenato. Oggi è un famoso motociclista.  
Alcuni degli errori elencati, molto comuni quando ero giovane, oggi sono praticamente scomparsi (es. impronte vegetali, carta d'indennità, etc.); altri sono invece rigogliosi.
Non ho incluso nella lista le forme puramente ortografiche usate nel linguaggio dei Millennials: 

ce n'è non c'è n'è
a Milano non ha Milano 
a scuola non ha scuola
che bello non ke bello
non è non nn è
l'ho lasciata non lo lasciata 
ce la faremo non c'è la faremo 

A prima vista potremmo dire che dai tempi di Probo non ci siano stati grossi cambiamenti. Tutto sommato si vedono operare fenomeni abbastanza simili. Si rilevano anche gli effetti del sostrato preitaliano delle lingue locali un tempo parlate in varie regioni (es. semafero, cortello, pitti, puzzetto, etc.). Ci sono però alcune differenze sostanziali. Probo aveva percepito che qualcosa stava cambiando nella lingua e aveva documentato alcune tendenze significative. Attualmente uno dei problemi principali sembra essere la confusione tra parole foneticamente simili (paronimia o malapropismo). La causa di questa deriva è l'incapacità di attingere all'etimologia di molti vocaboli. Non so se ne emerga un quadro coerente.  
L'Appendix Probi ci permette di capire il passato e il percorso che ha portato alla formazione del presente, dandoci testimonianza di cose di estremo interesse. Il presente invece è pura entropia e non abbiamo la possibilità di scorgere con chiarezza gli sviluppi che ne scaturiranno. Forse la versione moderna dell'Appendix Probi sarebbe utile a immaginari archeologi extraterrestri futuribili, se non fosse destinata a disperdersi nella Blogosfera!