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sabato 6 agosto 2022


TRE PASSI NEL DELIRIO

Titolo originale: Histoires extraordinaires 
Titolo in inglese: Spirits of the Dead 
Paese di produzione: Francia, Italia 
Lingua: Francese, italiano, inglese 
Anno: 1968
Durata: 116 min 
Colore: Colore 
Rapporto: 1,75:1
Genere: Orrore, thriller
Regia: Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini
Episodi: 
    Metzengerstein (37 min), di Roger Vadim
    William Wilson (36 min), di Louis Malle
    Toby Dammit (43 min), di Federico Fellini
Soggetto: Racconti di Edgar Allan Poe:  
    Metzengerstein - Metzengerstein: A Tale in Imitation 
        of the German (1832)
    William Wilson - William Wilson (1839) 
    Toby Dammit - Never Bet the Devil Your Head: 
        A Moral Tale (1841)   
Sceneggiatura: Roger Vadim, Federico Fellini,
     Louis Malle, 
Bernardino Zapponi, Pascal Cousin
Produttore: Alberto Grimaldi, Raymond Eger
Casa di produzione: Produzioni Europee Associate (Italia),
     Les Films Marceau-Cocinor (Francia)
Fotografia: Claude Renoir (Metzengerstein),
    Giuseppe Rotunno (Toby Dammit), Tonino Delli Colli
    (William Wilson)
Montaggio: Hélène Plemiannikov (Metzengerstein),
    Ruggero Mastroianni (Toby Dammit)
Musiche: Jean Prodromidès (Metzengerstein),
    Diego Masson (William Wilson), Nino Rota
    (Toby Dammit)
Scenografia: Jean André (Metzengerstein), Pietro Tosi
    (Toby Dammit)
Costumi: Jacques Fonteray (Metzengerstein)
Interpreti e personaggi: 
   1) Metzengerstein
    Jane Fonda: Contessa Frederica de Metzengerstein
    Peter Fonda: Barone Wilhelm Berlifitzing
    Georges Douking: Arazziere
    Philippe Lemaire: Philippe
    Carla Marlier: Claude
    Serge Marquand: Hugues 
    James Robertson Justice: Consigliere della Contessa
    Françoise Prévost: Amica della Contessa
    Audoin de Bardot: Paggio
    Dennis Berry : Cortigiano 
    Jackie Blanchot: Cortigiano 
    Anny Duperey: Cortigiana
    Marie-Ange Aniès: Cortigiana 
    Andréas Voutsinas: Cortigiano 
    Maurice Ronet: Narratore (versione francese) 
    Clement Biddle Wood: Narratore (versione inglese)
   2) William Wilson
    Alain Delon: William Wilson e il suo Doppelgänger
    Brigitte Bardot: Giuseppina Ditterheim
    Renzo Palmer: Prete
    Daniele Vargas: Professore all'Università
    John Karlsen: Istruttore militare scolastico 
    Franco Arcalli: Insegnante che fustiga Wilson bambino
    Umberto D'Orsi: Hans 
    Marco Stefanelli: William da bambino 
    Paolo Giusti: Doppelgänger di Wilson 
    Massimo Ardù: Doppelgänger di Wilson ragazzo
    Katia Christine: Ragazza bionda sul tavolo operatorio
   3) Toby Dammit
    Terence Stamp: Toby Dammit 
    Marina Yaru: Il Diavolo in forma di bambina 
    Salvo Randone: Padre Spagna
    Antonia Pietrosi: La Signora
    Ferdinand Guillaume: Vecchio attore cieco
    Brigitte: Ragazza che parla col vecchio attore
    Annie Tonietti: Commentatrice televisiva
    Monica Pardo: Miki, l'attrice dai capelli crespi 
    Federico Boido: Il Doppelgänger di Toby
    Fabrizio Angeli: Fabrizio Manetti (primo regista)
    Ernesto Colli: Ernestino Manetti (secondo regista) 
    Andrea Fantasia: Produttore 
    Campanella: Lombardi (assistente produttore) 
    Aleardo Ward: Primo intervistatore
    Paul Cooper: Secondo intervistatore
    Milena Vukotic: Intervistatrice tv
    Andrea Fantasia: Produttore al party
    Marisa Traversi: Marilù Traversi
    Irina Maleeva: Zingara 
    Giovanni Tarallo: Vecchio paparazzo 
    Fides Stagno: Se stessa 
    Ettore Arena: Rabbino all'aeroporto
    Dakkar: Mandingo all'aeroporto 
    Van Heflin: Attore del film "Trenta dollari"
        (scena tagliata)
Doppiatori italiani: 
   1) Metzengerstein
    Maria Pia Di Meo: Contessa Frederica de Metzengerstein
    Gino La Monica: Barone Wilhelm Berlifitzing
    Sergio Graziani: Philippe
    Carlo Alighiero: Hugues
    Renato Turi: Voce narrante
   2) William Wilson
    Cesare Barbetti: William Wilson e il suo Doppelgänger
    Flaminia Jandolo: Giuseppina Ditterheim
    Bruno Persa: Professore all'università
    Giovanni Saccenti: Insegnante che consegna le lettere
    Stefano Sibaldi: Hans
   3) Toby Dammit
    Osvaldo Ruggieri: Voce narrante di Toby Dammit ad inizio
       episodio
    Giuseppe Rinaldi: Padre Spagna
    Serena Verdirosi: Commentatrice TV
    Oreste Lionello: Il Doppelgänger di Toby 
Location: 
   1) Metzengerstein:
        Roscoff (Finistère, Bretagna)  
   2) William Wilson: 
        Bergamo, Chiesa di Santa Maria Maggiore, Palazzo
        della Ragione;
        Bracciano, Castello Odescalchi;
        Roma, Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini. 
   3) Toby Dammit:
        Marino (Roma); 
        Roma
, Convento di San Bonaventura al Palatino.   


Trama: 

1) Metzengerstein 
La Contessa Frederica de Metzengerstein è una nobildonna bionda, bellissima e dissoluta che passa il suo tempo in orge, anche saffiche. Sorprendentemente emancipata per il contesto storico, non è sposata, non ha figli e ignora qualsiasi concetto della religione cristiana, come se fosse nata e cresciuta in un popolo pagano rimasto isolato. Priva di morale e di scrupoli, non esita a causare la morte del cugino, il Barone Wilhelm Berlifitzing, reo di aver osato respingere un suo invito: fa incendiare la sua scuderia, dove egli passava il suo tempo con gli amati cavalli. Così il nobile finisce combusto assieme agli equini, travolto dal crollo dell'edificio in fiamme, ma ritorna in forma di un selvaggio stallone nero e demoniaco, che fa irruzione nel maniero dei Metzengerstein. La Contessa Frederica è ossessionata dal sinistro animale, che soltanto lei riesce ad ammansire. Finirà con l'appartarsi da ogni forma di vita sociale per passare il suo tempo con il cavallo dal manto scuro come la notte.  

2) William Wilson 
Un giovane ufficiale austriaco, il cui nominativo è stranamente anglosassone, si distingue per il suo efferato sadismo. Si chiama William Wilson ed è un totale psicopatico. La vita altrui per lui è meno importante di un escremento. Arriva al punto di bucare l'addome a una giovane prostituta, penetrandola con un coltello soltanto per divertimento. Qualcosa però lo disturba: è il suo Doppelgänger, ossia un uomo in tutto e per tutto identico a lui, che compare nei momenti meno opportuni intralciando le sue gesta malvagie, fino a fargli fallire una cruciale partita a carte con una dama fatale, smascherandolo come baro. William Wilson, ossessionato da queste apparizioni spettrali, finisce per sfidare a duello il Doppelgänger e lo uccide con un pugnale, ma così facendo commette un gravissimo errore. Giunto alla pazzia, va a confessarsi da un prete, che ascolta con attenzione il racconto della sua vita, ma alla fine non crede alle sue parole e cerca di convincerlo a smettere di alcolizzarsi. In preda alla disperazione, l'ufficiale si getta dal campanile e si schianta sul selciato. Il suo corpo viene trovato trafitto dalla stessa arma con cui ha ucciso il Doppelgänger. 

3) Toby Dammit 
Un attore shakespeariano inglese in declino e alcolizzato terminale, Toby Dammit, arriva a Roma per girare un film spaghetti western molto particolare, commissionato da un importante prelato e finanziato dalla Santa Sede. Si tratta di un western "cattolico", che parla del ritorno di Cristo sulla Terra. In cambio della sua opera, l'attore riceve una Ferrari già rodata e pronta all'uso. Durante un'intervista, quando gli viene chiesto se creda in Dio, lui risponde di no. Tuttavia, subito dopo gli viene chiesto se creda nel Diavolo, e la sua risposta è affermativa. Parla della sua idea del Diavolo, che descrive come una presenza reale, in carne ed ossa, il cui aspetto è quello di una bambina bionda vestita di bianco che si aggira di notte con una palla. Dopo un'esibizione disastrosa, Toby Dammit prende la Ferrari e si lancia a velocità folle nella notte, inoltrandosi negli spettrali paesi fuori Roma. In preda a un attacco di demenza, vede la bambina bionda con la palla e sa che la propria fine sta per giungere. Cerca così di saltare con la Ferrari un ponte crollato, ma finisce contro un cavo teso che lo decapita. La bambina demoniaca raccoglie la testa recisa dell'attore dannato. 

Citazioni: 

Orrore e fatalità hanno imperato in ogni tempo. Perché dunque segnare una data alle storie che devo raccontarvi?  
Edgar Allan Poë 

Recensione:  
All'epoca in cui questo film fu girato, era del tutto normale che un'opera cinematografica fosse composta da più episodi, in pratica cortometraggi giustapposti, spesso diretti da diversi registi e legati tra loro soltanto da un tema in comune. In questo caso il filo conduttore è l'orrore ispirato da fatti surreali ai limiti dell'assurdo. Dopo aver goduto di vasta popolarità, la formula del film collettivo (in inglese omnibus film) decadde fin quasi a scomparire. Difficile credere che oggi possa essere riproposta. 
I tre episodi di Vadim, Malle e Fellini sono stati tratti molto liberamente da racconti di Edgar Allan Poe, apportandovi modifiche radicali. In particolare nel caso di Toby Dammit, l'adattamento è addirittura migliore dell'opera da cui è stato tratto. A parer mio, nel complesso si tratta di un esperimento dall'ottimo esito. Le lacune sono colmate dall'eccellente interpretazione di attori e attrici di prim'ordine. Certo, non sempre è una formula che funziona: esistono numerosi film fecaloidi anche con un cast stratosferico. Qui invece va tutto a meraviglia, per quante critiche si possano fare.  


L'adattamento di "Metzengerstein:
A Tale in Imitation of the German" 

Roger Vadim era un nepotista e tendeva a mettere sua moglie dappertutto. Dovendo adattare un racconto il cui protagonista era un uomo, non poté far altro che cambiargli sesso, facendolo diventare una donna e per giunta libidinosa. Così il Barone Frederik è diventato la contessa Frederica (Frédérique nella versione in francese/inglese). Siccome il titolo di baronessa non bastava alla Fonda, l'ha promossa facendola diventare contessa. Il finale scritto da Poe era assai problematico, perché il Barone Metzengerstein doveva bruciare vivo, condotto dal cavallo nero e indomito tra le fiamme divampate nel suo castello di famiglia. La Pupona non era stupida e aveva un orgoglio smisurato: non avrebbe mai accettato di interpretare un personaggio destinato a morire in un incendio. Così ecco che il rogo finale, contrappasso per la morte di Berlifitzing (che nel racconto era un anziano patriarca), non è mai stato realizzato. Anche Vadim era furbo: non voleva insistere con la capricciosa consorte e rischiare qualcosa del tipo "niente sesso per un anno". Questo finale sospeso non ha affatto giovato. Ha rotto la tensione, ha come castrato l'episodio. C'è anche un altro elemento, di cui forse ben pochi si sono resi conto. L'attaccamento morboso della Contessa Frederica allo stallone poteva suggerire qualcosa di insano, connesso alla bestialità erotica. Anche se in America è sempre stato un tabù religioso molto radicato, all'epoca in Francia e altrove non erano rare fantasie di questo tipo, che si traducevano in filmati con attrici intente a fellare e masturbare i falli prorompenti degli stalloni. 


L'adattamento di "William Wilson" 

L'originale di Poe non presentava particolari problemi: era ambientato nelle più rinomate università della cupa Inghilterra. È stato Louis Malle ad introdurre molteplici complicazioni nel suo adattamento. Difficile a distanza di tempo capire le ragioni delle sue scelte, strane ma senza dubbio molto suggestive. Perché trapiantare la storia di William Wilson nell'Impero Austriaco? Perché conservare le origini anglosassoni del personaggio? Già era ai limiti dell'assurdo la presenza di un uomo di nome William Wilson in quella potente nazione, figuriamoci quella di un suo doppione chiamato allo stesso modo! 
Di fronte a tutto ciò, è necessario porsi domande cogenti. Nel Regno Lombardo-Veneto, come avveniva la comunicazione tra militari austriaci e popolazione locale? Un militare di stanza a Bergamo imparava il bergamasco oppure erano i locali a conoscere il tedesco? Se così fosse stato, come mai non è rimasto alcun ricordo di queste esperienze linguistiche? Perché i libri di storia non si occupano di questi problemi? 
Solo per fare un esempio, il prete da cui Wilson è andato a confessarsi, che lingua parlava con lui? Era un prete tedesco in una chiesa di Bergamo? Oppure la conversazione con Wilson si svolgeva in bergamasco? Si può immaginare che tra loro, questi militari parlassero tedesco e che non sorgessero difficoltà di sorta. Anche i dialoghi con Giuseppina Ditterheim dovevano essere nel nobilissimo idioma germanico. Come si va al di fuori di questo ambito ristretto, tutto è inghiottito da insondabili zone d'ombra. Si possono solo azzardare deboli spiegazioni di questo fenomeno di annichilimento del passato e della sua inconoscibilità. 
a) Sostanziale mancanza di fonti. 
Le fonti storiche, soprattutto quelle scritte, tendono a privilegiare gli eventi politici e militari, trascurando spesso gli aspetti più quotidiani della vita. Le testimonianze dirette dei soldati o dei civili sono rare e spesso frammentarie.
b) Dialetti e oralità. 
Molte delle interazioni linguistiche avvenivano in contesti informali e attraverso l'oralità. I dialetti, inoltre, erano spesso considerati inferiori rispetto alle lingue scritte e quindi meno degni di essere documentati.
c) Passaggio del tempo e relativa usura. 
Col passare del tempo, i ricordi si affievoliscono fino a svanire del tutto e le lingue cambiano. Molti dei dialetti parlati nel XIX secolo sono oggi scomparsi o fortemente alterati. 
d) Tensioni sociali.
Il rapporto tra militari e popolazione era spesso teso, a causa dell'occupazione austriaca e delle repressioni che ne seguirono. Secondo alcuni, questo clima di diffidenza poteva inibire la comunicazione e favorire l'uso di lingue veicolari come l'italiano. Sono molto scettico a questo proposito. L'italiano era una lingua poco diffusa ancora agli inizi del XX secolo e i suoi parlanti non erano così numerosi! 


L'adattamento di "Never Bet the Devil
Your Head"

L'episodio migliore della trilogia onirica è di gran lunga Toby Dammit, che è uno dei massimi capolavori dell'horror a livello mondiale. Eppure, se prendiamo l'originale di Poe, notiamo all'istante che c'è ben poco in comune. Il racconto Never Bet the Devil Your Head era innanzitutto grottesco e satirico, quasi comico nella sua improbabile architettura. Era la storia di un coglione microcefalo cresciuto da una madre calvinista e severissima, snaturata come una tigre d'Ircania, che gli somministrava ogni giorno decine di violentissimi sganassoni! Nonostante questo trattamento, il protagonista cresceva con ogni genere di vizio, fino ad adottare come normale intercalare la frase "Scommetto la mia testa col Diavolo", considerata da tutti sommamente blasfema e pericolosa. Alla fine, il giovane bestemmiatore finiva col perdere davvero il cranio in presenza di un vecchio gobbo vestito di nero, che era per l'appunto Messer Mefistofele in persona! 
Fellini ha rifatto tutto e ha prodotto questa meravigliosa perla! Peccato che non tutto sia farina del sacco del regista, che ha preso a prestito proprio l'elemento più destabilizzante: il Diavolo in forma di bambina bionda. L'origine è presto detta, è il film horror Operazione paura (1966), diretto da Mario Bava. Sì, proprio lui, che creava mondi alieni con le caramelle ciucciate e che ha concepito l'idea di plasmare uno pseudo-Alien con un bidone di trippa! Nel film baviano del 1966, la bambina diabolica, Melissa, era uno spettro, un'anima inquieta. Era stata una bambina in carne ed ossa, poi uccisa in un incidente e non soccorsa, così dopo la morte vagava in cerca di vendetta. Fellini ha introdotto un'innovazione geniale: la bambina diventa una manifestazione del Maligno! 


Allucinazioni e distorsioni 

Il cervello non sa gestire l'Orrore Assoluto. Cerca con ogni mezzo di rimuoverlo, di neutralizzarlo. Una strategia molto frequente è quella di far passare l'evento straordinario per qualcosa di normale. Quando questo tentativo fallisce, perché il potere traumatizzante dell'accaduto è eccessivo, subentra la cancellazione della memoria. In pratica, si ha un intervento sui neuroni e sulle sinapsi, in modo tale che non si fissi tutto ciò che è connesso con il ricordo problematico. Questa cancellazione non è mai completa, resta sempre qualcosa, nascosto in profondità e sempre pronto a riemergere. Così quando ho visto il film collettivo sono rimasto inorridito, quasi annientato dalla spaventosa visione della bambina satanica. Ho avuto un'amnesia, tanto che ho dimenticato quelle sequenze per molti anni, anche se queste continuavano a produrre i loro effetti nelle profondità del mio subcosciente. Ricordo alcune eruzioni terrificanti avvenute a più riprese nel corso della mia adolescenza e in seguito, quando ero un uomo fatto e finito. Ero uno studente delle medie quando ho visto una bambina bionda vestita di bianco a una finestra di una villa abbandonata, che anni dopo ho saputo essere stata una sede delle SS durante la seconda guerra mondiale. In quel luogo sono state torturate e uccise molte persone. Appena mi sono reso conto della cosa, per una notizia riferitami in modo in apparenza fortuito, ho avuto i brividi: quella bambina era realmente un demone, come avevo saputo fin dal primo momento. Il giorno della mia laurea, mi trovavo nella sede di Fisica in Via Celoria a Milano. Guardando fuori dalla porta vetrata dell'ingresso, vidi nitidamente una bambina bionda vestita di bianco, che mi dava le spalle. Uscito per vedere meglio, era scomparsa. Solo dopo molto tempo, visto di nuovo il film, mi sono ricordato all'improvviso di quando ero stato esposto per la prima volta a quelle immagini. Il mio cervello aveva immagazzinato ogni dettaglio, proiettandolo poi, anche da prospettive che nel film non si vedono!     

Moravia e le bambine demoniache 

In Passeggiate africane (edito da Bompiani, 1987), Alberto Moravia racconta un evento inquietante che gli occorse mentre visitava la tribù dei Manyati. Ecco il resoconto:  

"Mentre discutiamo e la Land Rover corre per una pista assolutamente deserta a perdita d'occhio, ecco, ad un tratto, laggiù lontano ecco appare una piccola figura che, poiché ci avviciniamo, si precisa sempre più ma rimane piccola. Adesso la vediamo distintamente: è una bambina nuda salvo un esiguo perizoma bianco panna intorno ai fianchi; avrà dieci anni; ha gambe robuste e corpo atticciato e una testa rotonda e spettinata; ride, provocante, e agita le braccia come facendoci segno di fermarci. L'autista, invece di fermarsi, accelera; la bambina si getta davanti al radiatore agitando le braccia; facciamo appena in tempo ad evitarla con uno scarto violento che ci fa scivolare nella melma del fossato. Usciamo fuori dal fossato, riprendiamo la corsa, mi volto a guardare attraverso il vetro posteriore; la pista è già deserta, della bambina non c'è traccia. Allora, ad un tratto, ricordo il breve bellissimo film di Federico Fellini, ricavato dalla novella di Poe: "Mai scommettere la testa con il diavolo". Anche nel film c'è una bambina che, inspiegabilmente, gioca a palla di notte su un ponte in costruzione. Il protagonista scommette con se stesso di saltare in macchina da un troncone all'altro del ponte; ma una sottile sbarra di ferro, tesa e invisibile, a mezz'aria, gli tronca di netto la testa. Racconto ai compagni del film di Fellini, noto la coincidenza; quello che sa tante cose della tribù dei Manyati, conferma: sono tutti nudi eccetto un perizoma di un bianco panna opaco intorno i fianchi; non ci sarebbe da stupire che la bambina volesse fermarci per...e qui lascio immaginare ma preferisco non precisare le ipotesi, formulate in proposito, tutte come nella novella di Poe e nel film di Fellini "diaboliche". 

Non posso averne conferma, ma ho l'impressione che la bambina vista da Moravia fosse albina, o non gli avrebbe richiamato alla mente l'opera di Fellini. E ancora, nel racconto Il diavolo va e viene (La cosa e altri racconti, edito da Bompiani, 1983), lo stesso autore riporta quanto segue:

"La prima sorpresa sarà nel vederlo in sembianze di bambina biondiccia, con slavati occhi azzurri, naso dalle narici increspate, bocca schifiltosa. Sarà vestita di una pelliccetta gonfia e bianca di falso muflone." 

Quello che mi pare certo è che queste immagini sono state impiantate nella mente di Moravia proprio dal Toby Dammit felliniano, in modo non dissimile da quanto accaduto a me! 

Note etimologiche 

Né il cognome Metzengerstein, né il cognome Berlifitzing, sono reali. Non esiste nessuna loro attestazione storica, si tratta di pure invenzioni di Edgar Allan Poe. Occorre però stabilire come lo scrittore sia arrivato a coniare questi cognomi, quale sia stata la sua ispirazione.
Il cognome Wilson esiste ed è diffusissimo sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti d'America (è il settimo cognome più diffuso in Inghilterra e addirittura il terzo cognome più diffuso in Scozia). Il cognome Dammit può sembrare non reale, liquidabile come una mera creazione satirica del genio di Poe. Invece esiste davvero, anche se è molto raro. 

i) Etimologia di Metzengerstein 

In una pagina dell'augusto sito della Edgar Allan Poe Society of Baltimore (EAPOE) è scritto quanto segue in una nota che riporto in questa sede per l'universale e sacrosanto diritto di citazione breve: 

"The name is apparently not historical, and is of uncertain meaning. In German Metz (plural Metzen) is meal (flour), and the name of a city; and Ger is a spear, but Metzger is a butcher. Stein is stone. Poe may have thought the name meant Butcherstone or Stonespear of Metz." 

Traduzione: 

"Il nome è evidentemente non storico, ed è di significato incerto. In tedesco Metz (plurale Metzen) è la farina, e il nome di una città; e Ger è un giavellotto, ma Metzger è un macellaio. Stein è la pietra. Poe può aver pensato che il nome significasse "Pietra del macellaio" o "Giavellotto di pietra di Metz". 

Ebbene, in tedesco la farina non è affatto Metz, bensì Mehl. Il genitivo singolare è Mehles o Mehls. Il nominativo plurale è Mehle. Il sostantivo è un neutro forte e non ha nessun plurale debole in -en. Quanto riportato dal sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è semplicemente inventato e dimostra una totale ignoranza della lingua tedesca. 

ii) Etimologia di Berlifitzing 

Sempre nel sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è riportato in una nota brevissima quanto segue: 

"The name Berlifitzing is apparently invented; it may mean something like Little Son of a Bear." 

Traduzione: 

"Il nome Berlifitzing è evidentemente inventato; potrebbe significare qualcosa come "Piccolo figlio di un orso".

L'etimologia suggerita nel sito è farlocca e parte dalla combinazione di un sostantivo tedesco, Bär "orso", con uno francese antico: fiz "figlio" (derivato dal latino fīlius). Non mi risultano usi di questa parola francese per formare composti con parole tedesche. Un'etimologia popolare, erronea, fa derivare il nome della città di Berlino (Berlin) da un diminutivo di Bär "orso". Poe potrebbe aver conosciuto questa leggenda e aver utilizzato il toponimo Berlin, interpretato come "Piccolo Orso", come primo membro del cognome composto. Il suffisso -ing è un tipico patronimico germanico e di per sé non è problematico; tuttavia non ha riscontro la sua aggiunta a un termine francese antico, in cui -z è tra l'altro un'uscita tipica del nominativo singolare, essendo l'accusativo singolare fil (derivato dal latino fīlium). Non ha proprio senso. 

iii) Etimologia di Wilson 

L'etimologia è semplice: il cognome Wilson è di formazione norrena di origine patronimica che contiene l'elemento -son "figlio", mentre il primo membro del composto è l'antroponimo William "Guglielmo". Significa "Figlio di Guglielmo". L'attestazione più antica risale al 1324, in Inghilterra, nella forma Willeson, quindi nel 1405 è documentato come Wulson in Scozia. Dal cognome è derivato il nome di battesimo Wilson. In Germania i cognomi formati in questo modo non sono sconosciuti. Nel nord sono abbastanza comuni i cognomi in -sen, come Janssen, Johansen, Hansen, Pedersen, che potrebbero essere filtrati dalla Danimarca. Altrove si trovano cognomi in -son, -sohn, come JohanssonFriedrichsohn. Il cognome Mendelssohn (varianti: Mendelsson, Mendelsohn, Mendelson, Mandelson) è ashkenazita formato allo stesso modo. 
 
iv) Etimologia di Dammit 

Il cognome Dammit ha la sua origine in una comune interiezione che esprime irritazione, rabbia, disappunto. È uno di quei gioielli della lingua inglese che non vengono insegnati nelle grammatichine. L'interiezione dammit può persino essere usata come sostantivo. La sua derivazione è chiaramente "damn it!", cioè "sia dannato!", "maledizione!"  Locuzioni tipiche: 
- God dammit, espressione di rabbia, sorpresa, eccitazione intensa o frustrazione (varianti: goddammit, goddamnit, goddamned, God damn);
- dammit to Hell, espressione di rabbia o irritazione. 
Quanto riportato smentisce la stupidissima idea insegnata nelle scuole italiane, secondo cui gli Anglosassoni non bestemmierebbero mai. Cosa sono queste, se non bestemmie? Possiamo dedurre che Toby Dammit sia un nomen omen, che prefigura il destino di chi lo porta, ossia la dannazione eterna all'Inferno. Questo crea qualche problema con la teologia cattolica, mentre è compatibile con quella protestante. 
A quanto pare, esiste anche un cognome tedesco Dammit, ovviamente di diversa origine, che si trova in Slesia, con numerose varianti come Damitz, Damits, Dammits, Demitz, Demits, Damnitz


Produzione e distribuzione  

Originariamente il film collettivo doveva essere diretto da Luchino visconti, Claude Chabrol, Joseph Losey e Orson Welles. Secondo IMDb.com, tra i registi avrebbe dovuto esserci Luis Buñuel. Welles, che aveva già scritto la sceneggiatura di un segmento basato sia su "The Mask of the Red Death" che su "The Cask of Amontillado", si ritirò nel settembre 1967 e fu sostituito da Fellini. 

All'inizio Peter O'Toole era stato scelto per il ruolo di Toby Dammit. Dopo essersi ritirato, Federico Fellini contattò un'agenzia di casting londinese e chiese loro di mandare a Roma gli attori più decadenti e problematici che avevano a disposizione, per incontrarlo di persona. Mandarono Terence Stamp e James Fox, e Fellini scelse Stamp. 
Si segnala che anche Marlon Brando e Richard Burton erano stati presi in considerazione per il ruolo di Toby Dammit. 

Louis Malle avrebbe voluto la prosperosa brasiliana Florinda Bolkan per interpretare il ruolo di Giuseppina Ditterheim, ma non poté averla, perché i produttori volevano imporre un'attrice più conosciuta. Così fu scelta Brigitte Bardot, che era considerata poco adatta dal regista.
 
L'uscita del film in Gran Bretagna fu ritardata a lungo, fino all'inizio del 1973, quando ebbe solo una manciata di proiezioni con il titolo Tales of Mystery. Non è mai stato trasmesso sulla televisione britannica e solo nel 2019 è uscito in DVD / Blu-Ray con il titolo americano, Spirits of the Dead. Non è difficile capire l'accaduto. La rappresentazione del Diavolo ha urtato profondamente la sensibilità degli Inglesi, popolo sommamente superstizioso e scaramantico. Qualcuno di molto importante deve essersi defecato in mano, decidendo così di ostacolare la distribuzione della pellicola. Non dimentichiamoci che in Inghilterra non si trovano macchine con 666 nella targa, né alberghi con la camera 666. Poi avevano in casa Jimmy Savile, che era un'emanazione del Maligno! 

Errori 

Durante l'ultima partita di carte tra la fatale Giuseppina e il cinico Wilson, quest'ultimo si distribuisce due carte di seguito durante la mano finale. Avrebbe dovuto distribuire a Giuseppina una quinta carta prima di prendere la sua.

Evidentemente è un manichino quello che cade dal campanile della chiesa a Bergamo, non un essere umano.

Toby Dammit non si serve di un traduttore e parla in inglese (anche nella versione in italiano), come se il pubblico lo potesse comprendere alla perfezione. In realtà la conoscenza della lingua inglese in Italia era pessima in quegli anni, essendo nel frattempo le cose appena migliorate. 

A Toby Dammit viene offerta una rivista pittorica in cui deve ritrarre "il giovane dio greco Marte" (come tradotto nelle didascalie). Marte era il dio romano della guerra. Il nome del suo corrispondente greco era Ares.

Alla fine, quando Toby Dammit ha messo la retromarcia e ha accelerato per arrivare abbastanza indietro da permettergli di saltare il baratro nel ponte crollato davanti a sé, indossa una camicia bianca con volant aperta sul lato del collo. Ma in uno dei brevi scatti che lo mostrano mentre fa retromarcia, indossa la stessa giacca nera sopra la camicia bianca e l'ascot nero che gli copre il collo, lo stesso che indossava prima alla catastrofica cerimonia di premiazione. 



Critica 

Marcel M.J. Davinotti Jr. ha una pessima opinione della pellicola di Vadim-Malle-Fellini ed esprime un giudizio a dir poco caustico, quasi surreale. Prima ci parla della tirannia di Roger Corman, un gigantesco Tyrannosaurus rex che ha imperversato per un decennio, imponendo i propri adattamenti di Poe (non sempre capolavori). Poi ci spiega come Vadim-Malle-Fellini siano stati costretti dal regista-dinosauro ad adattare racconti meno noti. 
Ecco in sintesi: 
1) Metzengerstein. Reso molesto da un'insopportabile voce fuori campo. Ruota tutto intorno alla Pupona, Jane Fonda, tanto che del racconto di Poe si conserva in pratica ben poco.  
2) William Wilson. Accusato di essere soporifero, si consuma tra una partita a carte e l'altra, il tutto di una suprema inutilità. Alla fine il critico afferma di provare nostalgia per i lavori di Corman, fustigati nell'incipit. 
3) Toby Dammit. Unico episodio apprezzato, anche se viene riconosciuto che con il racconto di Poe non ha quasi nulla a che vedere; sono identificate le origini eminentemente baviane della riduzione felliniana. 


L'utente Pigro riprende i concetti già espressi da Davinotti: l'episodio di Vadim è un "pezzo-cartolina", mentre quello di Malle è "calligrafico ma vuoto (e noioso)". Resta il lavoro di Fellini, "furioso e acido", anche se meno fedele degli altri all'originale di Poe. Considera quindi che la somma di due contributi scadenti e di uno eccellente debba per necessità sommarsi in un totale mediocre.  
 
L'utente Homesick usa un'espressione a dir poco suggestiva: "un trittico di cupio dissolvi". Un Terence Stamp "consunto e maudit" è protagonista di uno "stralcio di Dolce vita in versione mortuaria illuminata dal suo familiare estro onirico e grottesco". Leggendo queste parole si percepisce il disfacimento del corpo dell'attore, il progredire della sua cirrosi epatica, il delirium tremens che preme anche dopo un solo minuto di astinenza alcolica, popolando l'Universo di scarafaggi! Sublime. 

L'utente Rebis usa una satira caustica come la calve viva: Vadim, nato e cresciuto su un pianeta eternamente separato dalla Terra, che non vide mai la nascita di Edgar Allan Poe, esponendo la moglie lussuriosa all'universo mondo. Malle anticipa il finale, svuotando di senso la formula stessa del Racconto del Mistero. Fellini è come un Dante Alighieri moderno, inebriato dall'Amanita muscaria, che "allestisce uno dei suoi soliti personalissimi meravigliosi inferni". L'ideale è guardare il film senza avere in mente ciò che Poe scrisse, conclude il commentatore.

L'utente Buiomega71 riconosce l'assoluto terrore instillato dalla bambina demoniaca interpretata da Marina Yaru. Pur riconoscendo qualche merito a William Wilson, reputa "noioso" Metzengerstein. Conclude che senza Toby Dammit, l'intera opera sarebbe scivolata nell'Oblio.  

giovedì 21 luglio 2022


BARBARELLA
 

Titolo originale: Barbarella 
Paese di produzione: Francia
, Italia 
Lingua originale: Inglese, italiano 
Anno: 1968
Durata: 98 min
Dati tecnici: Technicolor
    rapporto: 2,35:1
Genere: Commedia, fantascienza 
Sottogenere: Space opera
Regia: Roger Vadim
Soggetto: Jean-Claude Forest
Sceneggiatura: Terry Southern, Roger Vadim,
      Jean-Claude Forest, Vittorio Bonicelli
Produttore: Dino De Laurentiis 
Coproduttore: Henri Michaud (non accreditato) 
Fotografia: Claude Renoir
Montaggio: Victoria Mercanton
Musiche: James Campbell, Bob Crewe, Charles Fox,
      Michel Magne
Scenografia: Mario Garbuglia, Jean-Claude Forest 
     (consulenza artistica) 
Costumi: Jacques Fonteray, costume verde ispirato
     da Paco Rabanne; Giulio Coltellacci (non accreditato) 
Trucco: Amalia Paoletti, Euclide Santoli 
Effetti speciali: Gérard Cogan, Augie Lohman, Thierry
     Vincent-Fargo, Carlo De Marchis (non accreditato), 
     Carlo Rambaldi (non accreditato) 
Effetti ottici: Charls Staffell
Stuntmen: Patrizia Mannoia, Rico Lopez, Fabio Testi 
Dipartimento sonoro: David Hildyard, Primiano Muratori, 
    Vittorio Trentini 
Interpreti e personaggi: 
    Jane Fonda: Barbarella
    John Phillip Law: L'Angelo Pygar
    Anita Pallenberg: La Regina Nera, Gran Tiranno di Sogo 
    Milo O'Shea: Concierge / Durand Durand
    Marcel Marceau: Professor Ping
    Claude Dauphin: Presidente della Terra
    Ugo Tognazzi: Mark Hand, l'Acchiappabimbe 
    David Hemmings: Dildano
    Giancarlo Cobelli: Rivoluzionario
    Serge Marquand: Capitano Sole 
    Véronique Vendell: Capitano Luna 
    Nino Musco: Il Generale 
    Franco Gulà: Il suicida (scena tagliata) 
    Catherine Chevallier: Stomoxys 
    Maria Therese Chevallier: Glossina 
    Umberto Di Grazia: Cittadino di Sogo 
    Honey Autumn: Ancella calva della Corte di Sogo 
    Silvana Bacci: Ragazza di Sogo (non accreditata) 
    Aurora Battista: Ragazza di Sogo (non accreditata) 
    Vita Borg: Incantatrice (non accreditata) 
    Chantal Cachin: Rivoluzionaria (non accreditata) 
    Giuseppe Castellano: Uomo fulvo barbuto (non accreditato) 
    Altiero Di Giovanni: Uomo trasparente (non accreditato) 
    Fabienne Fabre: Donna-Albero (non accreditata) 
    Sergio Ferrero: Messaggero del Gran Tiranno
        (non accreditato) 
    Giorgio Gruden: Sacerdote (non accreditato) 
    Susan Moren: Schiava (non accreditata)
    Maria Teresa Orsini: Ragazza suicida (non accreditato) 
    Talitha Pol: Ragazza che fuma la pipa (non accreditata) 
    Fred Robsahm: Assistente di Dildano (non accreditato) 
    Angelo Susani: Uomo barbuto che affronta Barbarella a Sogo 
        (non accreditato)
    Romolo Valli: Rapitore di Sogo (non accreditato)
Doppiatori italiani: 
    Maria Pia Di Meo: Barbarella 
    Pino Colizzi: L'Angelo Pygar
    Anna Miserocchi: La Regina Nera, Gran Tiranno di Sogo
    Giuseppe Rinaldi: Concierge/Durand Durand
    Stefano Sibaldi: Professor Ping
    Luigi Vannucchi: Presidente della Terra
    Oreste Lionello: Dildano 
    Alighiero Noschese: Alfa 7 (voce) 

Trama: 
In un futuro non specificato, probabilmente intorno al 40.000 d.C.,  la bionda e sensualissima Barbarella, un'avventuriera spaziale, viene inviata dal canuto Presidente della Terra in una pericolosa missione, con l'obiettivo di recuperare lo scienziato pazzo Durand Durand. Questo maligno Durand Durand, rifugiatosi nel sistema planetario di Tau Ceti, è l'inventore del raggio positronico, un'arma alimentata dal laser verde, che i leader della Terra temono possa causare distruzione di massa e spaventosi genocidi. Barbarella precipita sul 16° pianeta del sistema Tau Ceti in una zona glaciale, perde i sensi e viene raggiunta da due bambine terribili, che la legano e la attaccano ai rottami dell'astronave usando bambole meccaniche con denti affilati come rasoi. A salvare Barbarella sopraggiunge l'ipertricotico Mark Hand, che è il pantagruelico e gargantuesco Tognazzi! Questo essere esercita la dubbia professione di "Acchiappabimbe", pattugliando il ghiaccio alla ricerca di bambini (ab)erranti. Mark Hand-Tognazzi dice alla donna terrestre che Durand Durand si trova nella perversa città di Sogo e le offre un passaggio alla sua nave con la sua "barca sul ghiaccio". Quando Barbarella si offre di ripagarlo, Mark Hand-Tognazzi le chiede di fare sesso con lui. Barbarella è confusa poiché i Terrestri non hanno più un contatto fisico intimo con chicchessia; invece, prendono apposite pillole e congiungono le mani fino a quando non viene raggiunto una sensazione di brivido chiamata "sincro". Il tognazzesco Mark Hand dice che non gli interessa e le suggerisce invece di fare sesso nel suo letto. Barbarella cede e viene penetrata dall'immenso cazzone dell'uomo, prende il suo sperma nella gafi e si diverte moltissimo. La consumazione del rapporto non la priva della sua ingenuità virginale: ammette di capire perché il sesso è considerato "primitivo" e "fonte di distrazione" sulla Terra. 
Barbarella, cercando di lasciare il pianeta, si schianta in un labirinto in cui vegetano gli emarginati che sono stati condannati dal potere Sogo. Viene trovata da Pygar, un angelo cieco e biondo che ha perso la capacità di volare. L'Angelo Pygar la presenta al Professor Ping, un attempato comunista che si offre di riparare la sua nave - compito tutt'altro che facile. Quindi l'antropoide alato porta Barbarella a Sogo, un covo di violenza e dissolutezza, dopo che lei gli ha ripristinato la voglia di volare consumando un rapporto sessuale con lui (e in particolare facendogli rizzare l'alimuscolo). L'Angelo Pygar e Barbarella vengono catturati dalla Regina Nera di Sogo, che porta il titolo di Gran Tiranno, e dal suo "Concierge", che descrive il Mathmos: energia vivente in forma liquida e simile a magma, alimentata dai pensieri malvagi, in grado di pervadere ogni cosa. Questo Mathmos è utilizzato come fonte di energia nella perversa città sodomitica, che sorge proprio sopra di esso, su un immenso lago che ne è pieno fin quasi a tracimare. L'Angelo Pygar, che in una precedente occasione era stato accecato dai Sogoiti, ora subisce una finta crocifissione e qualcuno gli infila il cazzone eretto nel deretano! Barbarella viene messa in una gabbia, dove centinaia di uccelli si preparano ad attaccarla. Viene salvata in extremis da Dildano, leader della resistenza locale (no, non è un dildo nell'ano, è un rivoluzionario comunista) - che subito la aiuta nella sua ricerca di Durand Durand. Dildano le dà una chiave invisibile per la Camera dei Sogni della Regina Nera, dove la sovrana dorme sognando: in quello stato non è protetta dalle sue guardie ed è vulnerabile. Può essere presa prigioniera, cosa che risolverebbe non pochi problemi.   
Ritornata a Sogo, Barbarella viene prontamente catturata dal "Concierge", che la inserisce nella "Macchina Exsexsive", uno strumento simile a un organo che induce un piacere sessuale così intenso da risultare fatale. Contro ogni aspettativa, Barbarella sopravvive alla macchina e la fa andare in tilt, incendiandola. Il "Concierge", scioccato dalla distruzione del suo perverso marchingegno sadico, si rivela essere proprio lo scienziato pazzo Durand Durand. Barbarella è sorpresa perché l'uomo ha solo 25 anni, pur essendo invecchiato moltissimo: si tratta di un evidente effetto collaterale dell'esposizione al Mathmos. Durand Durand vuole rovesciare la Regina Nera e diventare il nuovo sovrano di Sogo, il che richiede l'uso del suo raggio positronico come strumento repressivo, oltre all'accesso alla Camera dei Sogni della Regina. Quindi Durand Durand porta la sprovveduta Barbarella fino alla Camera dei Sogni, la inganna e la chiude dentro con la chiave invisibile che le aveva dato Dildano, non prima di essersi impadronito anche di quella originale. 
Barbarella, imprigionata senza possibilità di uscire, vede la Regina Nera, che le racconta di essere minacciata da una terribile profezia: quando nella Camera dei Sogni ci sarà un'altra persona oltre a lei, il Mathmos emergerà e divorerà ogni cosa. Durand Durand prende il controllo di Sogo mentre Dildano e i suoi ribelli iniziano il loro attacco alla città. Servendosi del raggio positronico, verde come la menta, li spedisce tutti nella Quarta Dimensione - un viaggio da cui non c'è ritorno. La Regina Nera reagisce rilasciando il Mathmos per distruggere la città. Durand Durand, ormai ridotto alla follia più completa, perde il controllo della situazione e soccombe, ardendo tra le fiamme. A causa dell'innocenza di Barbarella, il malvagio magma eruttato dalle profondità di Sogo forma una bolla protettiva attorno a lei e alla Regina Nera, espellendole in sicurezza dalle viscere del Regno Ctonio. Le due donne trovano l'Angelo Pygar, che le stringe tra le braccia, le solleva e vola via. Quando Barbarella chiede a Pygar perché ha salvato una carnefice che lo ha fatto accecare e lo sottoposto ad atroci torture, lui le risponde che un angelo non ha memoria del passato: la sua essenza è Amore. 


Recensione: 
Sì! Questa è in buona sostanza la storia di un'ingenua vergine che dalla Terra arriva su un remoto pianeta di Tau Ceti per farsi deflorare da Tognazzi! Quindi possiamo dire che Barbarella rientra a tutti gli effetti tra i film tognazzeschi! Subito, guardando la pellicola, salta agli occhi qualcosa di abbastanza inconsueto. Età mentale della protagonista: 8 anni. Non sto facendo ironia, la mia è la semplice descrizione di un dato di fatto. Si ha la contraddizione stridente, quasi scandalosa, tra un corpo femminile perfettamente adulto e una mente poco sviluppata, che può soltanto essere definita puerile. Nei tempi in cui viviamo, questo potrebbe essere un problema. All'epoca era una cosa del tutto normale e nessuno spettatore di sesso maschile ne sarebbe rimasto infastidito. 
Vadim spinse la moglie a interpretare la pellicola perché vedeva nella fantascienza una grande opportunità in continua espansione. Era un uomo molto pragmatico, in grado di capire subito ciò che gli sarebbe tornato utile. Le sue opinioni sul genere fantascientifico, per cui non nutriva alcuna stima, erano a dir poco deprimenti e in un'occasione le espresse con queste parole: "Nella fantascienza, la tecnologia è tutto... I personaggi sono così noiosi, non hanno psicologia. Voglio fare questo film come se fossi arrivato su uno strano pianeta con la macchina fotografica direttamente sulla spalla, come se fossi un giornalista che fa un cinegiornale." Al contempo, non volendo che la moglie si slinguazzasse con estranei e che sentisse la loro turgidità, si è inventato la storia della "vamp infantile". Questa bizzarria, forse unica nella storia della Settima Arte, avrebbe quindi avuto origine dalla gelosia del regista, unica componente in grado di temperare il suo cinismo. Per paradosso, il matrimonio di Vadim con la Fonda finì nel 1973, perché lui le metteva le corna! 
Anche i dettagli in apparenza più insignificanti hanno la loro importanza. Alighiero Noschese è colui che canta la sveglia a Barbarella nella versione italiana, intonando le seguenti parole: "Alfa 7, Alfa bù! Barbarella, salta su!" Certo, può sembrare una cosa piuttosto infantile, ma non dobbiamo mai dimenticarci che Noschese aveva le palle di granito: ha nascosto una pistola in una cavità di un albero, poi l'ha presa, si è seduto su una panchina e si è sparato una pallottola nel cranio! Con questo gesto eroico, si è sottratto a lunghi anni di agonia e di strazio! Sia sempre onore! 
Il film di Vadim è stato tratto da un fumetto seriale pubblicato su una rivista maschile francese all'inizio degli anni '60 del XX secolo. Creato dall'artista Jean-Claude Forest, questo fumetto era ispirato alla procace figura di Brigitte Bardot. Per questo motivo, proprio alla Bardot è stato proposto di interpretare Barbarella, ma lei ha rifiutato, dicendo che non era più interessata a recitare ruoli sexy. Si era stancata della "sessualizzazione" e già da anni era una combattiva attivista per i diritti degli animali, vegetariana, fortemente impegnata. Non era gradita a tutti e nel corso della sua vita è stata fatta oggetto di campagne d'odio, guadagnandosi addirittura epiteti come "fascista", "camicia nera" e "nazista". Subito dopo il rifiuto della Bardot, la parte di Barbarella fu offerta a Sophia Loren, che non accettò perché non si sentiva adatta, essendo in stato di gravidanza. Fu a questo punto che Vadim arrivò a concepire la sua contorta architettura mentale e a proporre la parte alla moglie. Tra l'altro Vadim aveva iniziato una relazione con la Bardot, ai tempi sedicenne, sposandola nel 1952 e divorziando nel 1957. Non è certo una coincidenza il fatto che abbia cercato di farne la protagonista del film. 

Il problema fondante delle space opera

Lo spogliarello di Barbarella all'inizio del film è stato notato da tutti. A non essere state notate sono le mancanze relative all'igiene personale. Barbarella, rientrata nell'astronave e spogliatasi della tuta spaziale, non entra in un gabinetto. Non si lava. Si stende sul giaciglio trasparente e dorme ininterrottamente per un periodo di 154 ore (poco più di 6 giorni). Quando viene destata dalla voce del computer Alfa 7, si limita a bere una specie di soluzione salina violacea, immagino per riequilibrare gli elettroliti. Non ingerisce alcun cibo solido e nemmeno delle pastiglie. Non va ad orinare e  ad evacuare. Ancora una volta non si lava. Non si passa nemmeno un panno umido. Poi, per tutta la durata del film, non si nota alcuna azione connessa con la nutrizione e con la rimozione di residui. Mi rendo conto che le regole del cinema americano impongano di non indugiare troppo su azioni considerate "banali", "abituali", "quotidiane", o addirittura di ometterle del tutto, eppure mi sembra che questa scelta crei una sensazione di eccessivo distacco dalla realtà. Negli spettatori si è creata l'idea di un mondo fatato in cui i corpi non hanno necessità, sono sempre puliti e possono continuare a funzionare a ciclo continuo!   


Etimologia di Sogo 

Il nome della città malvagia di Sogo (che qualcuno scrive SoGo, con la maiuscola mediana), nelle intenzioni del suo ideatore è un'abbreviazione dei nomi delle città bibliche di Sodoma e Gomorra. In altre parole, il toponimo Sogo è stato concepito come una brutta parola macedonia

Sodom + Gomorrah => Sogo 

aggettivo derivato: Sogovian
   (adattamento italiano: sogoviano)
sostantivo di provenienza: Sogoite, pl. Sogoites
   (atattamento italiano: sogoita, pl. Sogoiti)

La Regina Nera si traveste da prostituta guercia e frequenta gli angiporti, mescolandosi al suo popolo, fellando sconosciuti e concedendo loro l'uso del suo intestino. Non ci sono dubbi: questa è realmente la Pentapoli, il Paese di Sodoma e Gomorra trasportato nelle profondità del Cosmo!  
Quindi si deduce che il buco del culo di Barbarella è stato in pericolo per gran parte del film! Tuttavia sembra proprio che nessuno sia riuscito ad entrarci! Questo tema, troppo sensibile, non poteva essere affrontato liberamente nell'America di quell'epoca. Credo che ci sarebbero problemi anche oggi. Certamente è andata molto peggio all'Angelo Pygar, che è finito so-do-miz-za-to dai Sogoiti! Le urla dell'umanoide pennuto quando subisce immissio penis in anum sono inequivocabili! 

Piccole fetenti e perverse polimorfe!

Stomoxys e Glossina, le fastidiosissime nipotine della Regina Nera, Gran Tiranno di Sogo, portano in realtà i nomi di due specie di mosche particolarmente nocive. Stomoxys calcitrans è la mosca delle stalle e Glossina morsitans è la famigerata mosca tse-tse, che trasmette il parassita Trypanosoma brucei, un protozoo in grado di provocare la malattia del sonno sia negli animali che negli esseri umani. Entrambe le bambine perverse si vedono, con abiti che ricordano la livrea delle coccinelle, a una festa sadomasochistica e sodomitica, tra gente avvezza a praticare il coito nel deretano! Ai nostri giorni tutto ciò non potrebbe essere più nemmeno pensato. Nel film di Vadim, le pestifere Stomoxys e Glossina propongono a Barbarella dei "giochini" non certo innocui. 



La verginità di Barbarella

All'epoca si pensava che il progresso tecnologico avrebbe portato al completo superamento della fisicità del genere umano. Sono temi ricorrenti nella fantascienza il disprezzo verso i "selvaggi", l'alimentazione tramite le "pillole degli astronauti" (di cui fece satira Totò, quando alcuni giovani gli dissero che "mangiare non è chic") e altre simili amenità. Se sulla Terra non c'è contatto fisico tra i sessi, Barbarella ha conservato l'imene integra fino al suo incontro con Tognazzi! Sembra addirittura che non capisca il significato dell'atto della penetrazione. Non avrà mai visto un pene eretto e neppure la fuoriuscita dello sperma. Evidentemente sulla Terra la procreazione avviene in vitro ed è programmata, così nessuna può più rimanere incinta naturalmente. Eppure, il Presidente della Terra sembra abbastanza malizioso. Forse contava di avere facilmente un incontro con Barbarella e di sfruttare il suo candore per convincerla a fare qualche porcata.  
 
Tentativi di censura 

Il film Barbarella ha ricevuto la valutazione "condannato" ("condemned" rate) dal National Catholic Office for Motion Pictures, che lo ha definito " un fantasy malato ed eccessivo, con nudità e rappresentazioni grafiche del sadismo", criticando la Production Code Administration per averlo approvato. Ingerenze aggressive, il cui fine era instaurare un "Index filmorum prohibitorum" e abolire ogni traccia di libertà di espressione. Da quando la Chiesa Romana è stata travolta da innumerevoli cause di pedofilia, la sua arroganza è comunque molto diminuita.  
Questo film ha avuto un'importante riedizione nelle sale nel 1977, grazie al grande successo al botteghino di Guerre Stellari in quello stesso anno. La pellicola è stata modificata per ottenere una classificazione americana "PG" (ossia "Parental guidance suggested – Some material may not be suitable for children"), con taglio del nudo integrale; aveva il sottotitolo aggiunto Queen of the Galaxy ("Regina della Galassia"), che non era presente nella versione originale del 1968. Sebbene tutte le versioni video americane altro non fossero che la versione originale non tagliata, la Paramount ha ripetutamente incluso lo stupidissimo tag "PG" sulla confezione, quando avrebbe dovuto apporre la dicitura "Not Rated"
Il fumetto di Jean-Claude Forest ha avuto qualche problema in più rispetto al film. Quando le strisce raccolte furono pubblicate come libro a sé stante nel 1964, furono ritenute pornografiche e scoppiò uno scandalo. Nella migliore delle ipotesi, quelle strisce erano leggermente erotiche. 


Etimologia di Durand Durand 

Il nome dello scienziato pazzo Durand Durand (pron. /dy'Rã dy'Rã/) colpisce subito l'attenzione per via della sua natura duplicata - anche se spesso Barbarella si rivolge a lui chiamandolo semplicemente Durand. L'ipotesi più plausibile è che Durand sia il cognome, di origine francese, e che i suoi genitori si siano divertiti a dare al figlio un nome di battesimo identico al cognome. Dopotutto non sarebbe un caso isolato. Basti pensare a esempi come Galileo Galilei, Paperone de' Paperoni, etc. L'etimologia, sia del cognome che del primo nome, è dall'antico francese Durant, che risale al latino Durandus, il cui significato è "Duraturo", "Durevole". L'origine è chiaramente augurale. Questo cognome presenta le varianti Durant, du Rand e du Randt, le ultime due comuni in Sudafrica. Resta il fatto che Barbarella non è mai chiamata con un cognome. Non è garantito che la mia spiegazione sia valida e che le genti della Terra futuribile abbiano cognomi. Nel fumetto originale non c'era alcun Durand Durand e nemmeno il suo raggio letale. Il personaggio fu inventato di sana pianta dallo sceneggiatore. Credo che ormai sia impossibile determinare a cosa si ispirò.  

Barbarella e la politica 

Questo film è stato realizzato prima della politicizzazione di Jane Fonda e della sua metamorfosi in una convulsionaria radical-femminista. Quando le è stato chiesto di difendere il film nel contesto delle sue opinioni politiche femministe, non ha avuto altra scelta che accettarlo per quello che era. Non avrebbe potuto riscrivere la storia, perché non si era ancora imposta la luttuosa "cancel culture"! Adesso sarebbe tutto diverso: imporrebbero la distruzione della pellicola, accusata di sfruttare le donne! Per queste fanatiche urlanti che si sono formate in verminai universitari come Berkeley, ogni donna dovrebbe mettersi i baffi finti, vestirsi di stracci e puzzare da far schifo, come una carogna e come la merda grassa, pur di non far piacere nemmeno al più sfigato degli uomini! 


La politica nel film Barbarella 

Sarebbe ingenuo pensare che nel film non esistano contenuti politici, soltanto perché il film risale a un'epoca in cui Jane Fonda non era politicamente impegnata. Subito appare evidente l'attiva presenza del Partito Comunista Rivoluzionario sul 16° pianeta di Tau Ceti. Non si può evitare di porsi una domanda. Chi ha portato il Marxismo a Sogo? È stato sicuramente Durand Durand. In fondo è stato lui a dare a Dildano le pillole per il sesso "sincro", segno che i due si conoscevano abbastanza bene. Ma a che pro? Che vantaggio avrebbe avuto lo scienziato pazzo a diffondere le dottrine di Marx ed Engels in un contesto privo di connessioni con quello della Terra? Forse all'inizio ha pensato di usare la Rivoluzione per contrastare il potere del Gran Tiranno, sperando nel crollo di quella società feudale. Poi, quando è stato a un passo dall'ottenere il potere in altro modo, Durand Durand si è opposto con ogni sua forza alla Rivoluzione, eliminando uno ad uno i dirigenti dell'Agitprop e gli insorti!  

La Stanza del Suicidio 

Credendo di essere molto furba, Barbarella a un certo punto varca un ingresso proibito, chiedendosi perché nessuno dei Sogoiti osi seguirla. Quella in cui è capitata è la Stanza del Suicidio. Ogni abitante di Sogo ha il diritto di terminare la propria esistenza quando vuole. Solo per questo sarebbe un luogo molto più civile dell'Italia, tanto per fare un esempio, Tuttavia c'è un problema di non poco conto. Nessuno può scegliere come porre fine ai propri giorni. L'aspirante suicida ha una sola possibilità: optare per una delle tre porte che si trova davanti. Nel caso non lo faccia, sarà inghiottito dal magma. Ciascuna delle tre porte immette in una stanza, invisibile dall'esterno, in cui il boia può fare qualsiasi cosa, ad esempio squartare il malcapitato, bollirlo vivo, amputargli gli arti, etc. Barbarella viene tratta in salvo da Durand Durand.

Barbarella e la varietà linguistica 

Il congegno che Barbarella definisce "chiacchieratore" dovrebbe avere la capacità di permetterle di comunicare con gente che parla lingue diverse da quella della Terra. Il primo incontro di Barbarella con le nipotine odiosissime della Regina Nera si risolve in una totale assenza di comprensione: avendo fallito il dispositivo per un inconveniente tecnico, la donna tenta di applicare il principio secondo cui "dovunque nell'Universo si parla inglese tranne che in Francia" e inizia ad esprimersi in francese (nel caso Tau Ceti si rivelasse essere una dependance del Paese di Luigi XIV). Visto che non riesce ad ottenere alcun successo, si impone un cambio di strategia strategia. Non si sa bene su quali basi scientifiche, Barbarella etichetta il parlottare delle bambine terribili come "dialetto galattico del gruppo 5". Quando finalmente riesce ad attivare il "chiacchieratore", in presenza dell'augusto Tognazzi, ogni problema comunicativo si risolve come per incanto. Tuttavia si rivela un gravissimo errore nel seguito. Questo "chiacchieratore", che è una specie di braccialetto, avrebbe dovuto spegnersi con l'esaurimento della pila atomica, che è una specie di cavigliera. Quando la luce nella cavigliera è spenta, significa che non c'è più alcuna fonte di energia. Non si capisce come possa Barbarella continuare a comprendere quanto le viene detto dai suoi interlocutori Sogoiti, dato che la pila atomica è spenta da tempo. Non sono stato il primo a notare questo errore così grossolano. 


Barbarella e la musica 

Lo scienziato pazzo Durand Durand è l'ispiratore del nome del gruppo New Wave e Synthpop britannico Duran Duran, che godette di immensa popolarità negli anni '80 del XX secolo, divenendo in Italia uno dei pilastri portanti del movimento dei Paninari. Nel 1997, i Duran Duran hanno dedicato alla loro eroina preferita la canzone Electric Barbarella, terza traccia dell'album Medazzaland
Questo non esaurisce di certo l'influenza che il film interpretato da Jane Fonda ha avuto nel mondo della musica. Ho raccolto e ordinato cronologicamente alcuni casi che mi sono parsi particolarmente interessanti.   
1) Bob Seger: la canzone Her Strut dell'album Against the Wind (1980) è ispirata al personaggio di Barbarella. Alla lettera, Her Strut significa "il suo avanzare impettito". 
2) Fuzzbox, band femminile il cui nome esteso è We've Got A Fuzzbox And We're Gonna Use It: il video della canzone International Rescue, dell'album Big Bang! (1989), mostra una parodia di Barbarella in cui il ruolo di Durand Durand è interpretato da Adrian Edmondson. Questo per ripicca, perché non è stato concesso loro di usare Thunderbirds
3) Barbarella, pseudonimo dei due produttori Sven Väth e Ralf Hildenbeutel: i singoli dell'album techno The Art of Dance (1992) sono ispirati al film Barbarella. Tra questi menzioniamo The Future, The Spaceship e The Mission
4) Kylie Minogue: il video della canzone Put Yourself in My Place, dell'album eponimo Kylie Minogue (1994), diretto da Kier McFarlane, ha una trama ispirata al film Barbarella. La protagonista è la stessa Minogue che si spoglia in un'astronave. 
5) Monster Magnet, band stoner/rock/psichedelica: il video del singolo All Friends and Kingdom Come, dell'album Dopes to Infinity (1995), contiene spezzoni del film Barbarella
6) Jamiroquai: il brano Cosmic Girl, dell'album Travelling Without Moving (1996) cita al suo interno il nome Barbarella.
7) The Devils, band di Nick Rhodes e Stephen Duffy: la canzone Barbarellas dell'album Dark Circles (2002) è ispirata al personaggio di Barbarella. 
8) Arctic Monkeys: il singolo Arabella, dell'album AM (2013), trae il suo titolo una parola macedonia formata dall'unione tra Arielle (ex fidanzata di Alex Turner) e Barbarella
9) Ariana Grande: il videoclip di Break Free, dell'album My Everything (2014), è ispirato al film Barbarella. Una scena ricalca l'incipit con la protagonista che si spoglia in assenza di gravità.
10) Tatum Rush: il singolo Barbarella (2020) contiene molteplici riferimenti al film. 


Curiosità 

La scena durante i titoli di testa, in cui Barbarella sembra fluttuare attorno alla sua astronave, sono state girate facendo sdraiare Jane Fonda su un enorme pezzo di plexiglas con un'immagine dell'astronave sotto di lei. Il tutto è stato filmato dall'alto, creando l'illusione di trovarsi a gravità zero. 

All'interno della capsula spaziale di Barbarella, in genere vista sul lato sinistro, è raffigurata la parte destra del famoso dipinto Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande Jatte (Un dimanche après-midi à l'Île de la Grande Jatte, 1884) del pittore puntinista francese Georges Seurat, un contemporaneo del pittore impressionista Pierre-Pierre-Auguste Renoir. Orbene, proprio Pierre-August Renoir era il nonno del direttore della fotografia del film, il francese Claude Renoir. Il dipinto fu in seguito l'ispirazione per un musical di Stephen Sondheim, Sunday in the Park with George.

Nel Labirinto, Barbarella chiede all'Angelo Pygar dove può trovare il canuto Professor Ping. A quel punto i suoni di sottofondo sono presi dalla colonna sonora de Il pianeta proibito (Forbidden Planet, 1956) di Fred M. Wilcox, quando l'invisibile Mostro dell'Id lascia le impronte mentre si avvicina all'incrociatore spaziale.

Questa è la parola d'ordine usata dal rivoluzionario Dildano nella versione originale del film:
"Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch"
Riconoscibile all'istante, è il nome di un villaggio nel Galles, nel Regno Unito. Come si può facilmente intuire, questo toponimo è più lungo del Regno Unito e dell'intera Europa. È anche il secondo più lungo dell'intero pianeta. Il significato in lingua gallese è questo: "Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tisilio nei pressi della caverna rossa". Per comprensibili ragioni di praticità, si abbrevia in Llanfairpwll, ma è tuttora scritto per intero nella stazione ferroviaria del paese.  
Nella versione in italiano, l'interminabile toponimo gallese è stato sostituito con una parola d'ordine diversa, che tuttavia conserva in alcune parti una grossolana assonanza: 
"ciclotroneapogalatticoeliocentroparellittico-gogogò"
Queste sono le cose che succedono quando si hanno idee stravaganti e si è poi costretti ad adattarle in altre lingue! 

In origine Dildano doveva essere interpretato dall'attore italiano Antonio Sabato. Esistono foto dal set in cui Sabato che interpreta con Jane Fonda la famosa scena del sesso finto fatto congiungendo le mani. La performance di Sabato è stata considerata troppo seria, così è stato sostituito dall'attore inglese David Hemmings, più incline alla commedia. 

Jane Fonda si è autodoppiata nella versione in francese.

Charles B. Griffith in seguito dichiarò di aver lavorato alla sceneggiatura senza essere accreditato, spiegando che il team di produzione "ha assunto altri quattordici scrittori" dopo Terry Southern prima di arrivare a lui. Non sarebbe stato accreditato solo perché era l'ultimo. Griffith ha anche notato di aver riscritto circa un quarto del film che era stato girato, poi girato di nuovo, e ha aggiunto il concetto che erano trascorsi migliaia di anni da quando esisteva la violenza, quindi Barbarella è stata molto goffa per tutto il film: è pacifista, si spara ad un piede, arriva vergine su Tau Ceti, senza sapere cos'è il materiale genetico, poi viene posseduta carnalmente dal grottesco Tognazzi e tutto il resto. Anche le sequenze con Claude Dauphin nei panni del libidinoso Presidente della Terra e quelle della Stanza del Suicidio facevano parte del contributo di Griffith al film. 

Jane Fonda ha detto in un'intervista che ha dovuto ubriacarsi per trovare il coraggio di spogliarsi nuda per la scena durante i titoli di testa, anche se aveva girato scene di nudo in alcuni dei suoi film precedenti. 

L'istrionico Mike Myers ha tratto ispirazione da Barbarella per il personaggio di Felicity Shagwell della sua parodia spionistica Austin Powers - La spia che ci provava (Austin Powers - The Spy Who Shagged Me, 1999). Il cognome fittizio Shagwell significa "scopa bene". Il concetto che aveva in mente Myers era semplice, Barbarella "scopa bene" perché è arrivata a fare sesso dopo una vita di virtualità, senza aspettative, ansie da prestazione, paure, tabù, etc. Per contro, è un fatto che la virtualità della Rete ha avuto un effetto funesto sulle genti! 

Terry Southern suggerì Anita Pallenberg nel ruolo della Regina Nera di Sogo perché aveva stretto amicizia con lei quando lavorava con i Rolling Stones durante le prime fasi di sviluppo di Arancia meccanica (A Clockwork Orange, Stanley Kubrick, 1971). Inoltre, era una maliarda con una fama sinistra: a quanto pare era dedita alle droghe e faceva sesso anale con molti partner occasionali; si dice inoltre che praticasse la Magia Nera. 

La ragazza che fuma la pipa, Talitha Pol, era la moglie di John Paul Getty, il famoso miliardario. Quella che fumava era "essenza di uomo", una droga ottenuta dalla lavorazione di tonnellate di sperma, eiaculato da centinaia di uomini robusti sottoposti a costante stimolazione elettro-erotica! 

La pornodiva Virna Aloisio Bonino (aka Virna Anderson) ha preso il suo nome d'arte, Barbarella, proprio dal film interpretato da Jane Fonda. 

Un sequel abortito

Un sequel di Barbarella fu pianificato nel novembre 1968. Il produttore Robert Evans disse che il titolo provvisorio sarebbe stato qualcosa come "Barbarella Goes Down", con il personaggio che avrebbe avuto avventure sottomarine (in realtà quella frase in gergo era quasi un sinonimo di "Barbarella Gives Head"). Terry Southern ha detto di essere stato contattato da Dino de Laurentiis nel 1990 per scrivere un sequel "a buon mercato, ma con molta azione e molto sesso", possibilmente interpretato dalla figlia di Jane Fonda. Per grande fortuna del genere umano, non è mai stato prodotto. 

Un remake di cui non si sente bisogno 

Nel 1999 fu annunciato che era in lavorazione un remake del film e che la Warner Bros aveva acquisito i diritti dalla Paramount Pictures. Si vociferava anche che Drew Barrymore avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Barbarella e che questo rifacimento sarebbe stato più fedele al fumetto rispetto all'originale. Ancora nell'ottobre 2021, il progetto non era neppure cominciato. Di per sé sarebbe qualcosa di più inutile delle scorregge di un mulo. A cosa dovrebbe mai servire? Non si possono lasciare le voci dei Morti dove stannom senza arrecare disturbo alla Quiete del Nulla? 

Un altro tentativo di remake 

Una nuova versione di Barbarella è stata proposta negli anni 2000 e il regista Robert Rodriguez era interessato a svilupparne una versione. La Universal Pictures prevedeva di produrre il film, con Rose McGowan nel ruolo di Barbarella. Dino e Martha De Laurentiis hanno firmato con gli scrittori Neal Purvis e Robert Wade. Quando il budget del film superò gli 80 milioni di dollari, la Universal si ritirò. Secondo Rodriguez ha cercato finanziamenti alternativi e ha trovato uno studio in Germania che avrebbe fornito un budget di 70 milioni di dollari. Ma Rodriguez alla fine abbandonò il progetto, poiché usare quello studio avrebbe richiesto una lunga separazione dalla sua famiglia. A Joe Gazzam è stato quindi chiesto di scrivere una sceneggiatura, con la regia di Robert Luketic e Dino e Martha De Laurentiis ancora accreditati come produttori. Per fortuna non è mai stato prodotto! 

Un annuncio che si spera l'ultimo 

Nel marzo 2022 è stato annunciato un altro remake, diverso dai precedenti conati. A quanto pare, Barbarella sarà interpretata da Sydney Sweeney, sempre che Belzebù lo permetta. Uniche caratteristiche che la Sweeney ha in comune con Jane Fonda: i capelli biondi e il sesso femminile (ma di questi tempi bisogna stare attenti a parlarne troppo)! Sembra che il progetto sia soltanto al livello di annuncio, in tutto e per tutto embrionale, essendo sconosciuti sia il regista che lo sceneggiatore. Si vedrà cosa emergerà da questa incertezza. Forse si risolverà in un semplice peto. 

Un flusso di idee folli

Anche se non credo affatto nei remake, se dovessi dirigerne uno e potendo scegliere questo film, saprei già a chi affidare diverse parti. Ovviamente non rivelo l'identità della maliarda a cui attribuirei il ruolo di Barbarella, ma potete star certi che mi riserverei di interpretare l'ingordo Mark Hand-Tognazzi! Dildano lo farei interpretare a Luca K., basterebbe mettergli un'ispida parrucca rossiccia e sarebbe perfetto! Con il suo sguardo spiritato supererebbe l'originale! Il Professor Ping lo farei interpretare al dottissimo Marco A.: somiglia fisicamente all'attore e spiritualmente al personaggio!  

venerdì 18 febbraio 2022


I CATARI DI REIMS

Una comunità dualista nella Champagne del XII secolo


Dal Chronicon Anglicanum di Ralph (Radulfo) di Coggeshall traggo un significativo brano in cui si parla dell'incontro tra alcuni rappresentanti della cultura egemone e due donne catare, avvenuto intorno al 1175 nei pressi dell'augusta città di Reims.

Ai tempi di Luigi, Re di Francia che generò Re Filippo, mentre l'errore di certi eretici, che sono chiamati Publicani in volgare, si stava diffondendo in molte delle province di Francia, una cosa portentosa avvene nella città di Reims in relazione a un'anziana donna infettata da quella piaga. Un giorno, mentre il Signore Guglielmo, arcivescovo di quella città e zio del Re Filippo, stava facendo una gita con i suoi chierici fuori della città, il Maestro Gervasio di Tilbury notò una ragazza che camminava da sola in una vigna. Spinto dalla curiosità di una gioventù dal sangue ardente, le si avvicinò, come più tardi sentimmo per sua bocca, quando egli era diventato un canonico. Egli la salutò e indagò attentamente di chi fosse la figlia, e cosa stesse facendo tutta sola in quel luogo; e poi, dopo aver contemplato per un po' la sua bellezza, le fece alla maniera dei cortigiani una proposta di amore lascivo. 

Lei fu molto imbarazzata e, rivolgendo gli occhi a terra, gli rispose con gesti semplici e una certa gravità: "Buon giovane, il Signore non desidera che io sia tua amica o amica di un qualsiasi uomo, perché se io dovessi perdere la mia verginità e se il mio corpo fosse sporcato anche una sola volta, sarei dannata in eterno senza alcuna speranza di porvi rimedio."

Come udì queste parole, il Signore Gervasio comprese all'istante che ella apparteneva alla più empia delle sette, quella dei Publicani, che a quel tempo venivano cercati dovunque per essere annientati, specialmente da Filippo, Conte delle Fiandre, che li perseguitava in modo spietato, con la giusta crudeltà. Alcuni di loro erano giunti in Inghilterra e furono catturati ad Oxford, dove per ordine del Re Enrico II vennero vergognosamente marchiati a fuoco sulla fronte con una chiave incandescente.


Mentre il suddetto chierico stava argomentando con la ragazza, cercando di dimostrare l'errore della sua risposta, l'Arcivescovo si avvicinò al corteo. Come apprese la causa della discussione, ordinò che la giovane fosse arrestata e portata con lui in città. Quando le si rivolse in presenza del suo clero e le citò molti passaggi scritturali e argomenti ragionati in modo da confutare i suoi errori, lei rispose che non aveva ancora appreso abbastanza per dimostrare la falsità degli argomenti presentati, ma ammise che aveva una maestra in città che avrebbe confutato facilmente le obiezioni di tutti.

Così, quando la ragazza ebbe rivelato il nome e la residenza della donna, essa fu immediatamente cercata e trovata, e convocata davanti all'Arcivescovo dai suoi ufficiali. Quando fu attaccata da tutti i lati dall'Arcivescovo stesso e dal clero con svariate domande e con testimonianze delle Sacre Scritture che avrebbero dovuto distruggere l'errore, tramite perverse interpretazioni ella alterò tutti i testi proposti, in modo tale che divenne evidente a tutti come lo Spirito di Tutti gli Errori parlasse per bocca sua.

Invero rispose facilmente a tutti i testi e le narrazioni che le venivano presentate, sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, a menadito, come se padroneggiasse la conoscenza di tutte le Scritture e fosse stata ben istruita a questo tipo di risposte, mescolando il falso al vero e facendosi beffa della vera interpretazione della nostra fede con una perspicacia perversa. Quindi, siccome fu impossibile richiamare le menti ostinate di queste due persone dagli errori delle loro vie per mezzo di minaccia o persuasione, o di un qualsiasi argomento o passaggio scritturale, esse furono messe in prigione fino al giorno seguente.

Al mattino furono richiamate alla corte arcivescovile, davanti all'Arcivescovo e a tutto il clero, e alla presenza della nobiltà, esse furono di nuovo messe di fronte a molte buone ragioni affinché rinunciassero al loro errore pubblicamente. Ma siccome non ammisero in alcun modo le salutari ammonizioni, persistendo testardamente nell'errore adottato, fu decretato all'unanimità che entrambe fossero consegnate alle fiamme.

Quando il fuoco ebbe illuminato la città e gli ufficiali si prepararono a trascinarle alla punizione sentenziata, la signora dei vili errori esclamò: "O giudici stolti ed iniqui, pensate adesso di bruciarmi nelle vostre fiamme? Non temo il vostro giudizio, né tremo aspettando il fuoco!". Con queste parole, estrasse all'improvviso un gomitolo tratto dal suo seno e lo scaglò attraverso una grande finestra, afferrando l'estremità del filo con le mani: allora ad alta voce, udibile da tutti, esclamò: "prendetemi!", e fu sollevata da terra prima che gli occhi di tutti potessero seguire il gomitolo nel suo rapido volo, sostenuto - come crediamo - dal potere degli spiriti maligni che trasportarono Simon Mago nell'aria. Ciò che avvenne a quella donna malefica, o dove fu trasportata, gli astanti non poterono mai scoprirlo in alcun modo. 

Ma la ragazza non era ancora coinvolta così a fondo nella follia della setta; e, siccome era ancora presente, si sarebbe potuta salvare dalla testarda maledizione in cui si era imbarcata, ma non fu distolta né dalla ragione, dalla persuasione o dalla promessa di ricchezze. Così fu bruciata. Causò grande stupore in molti, perché non emise un solo sospiro, né una lacrima, né un gemito, ma sopportò l'intera agonia della combustione con fermezza e letizia, come una martire di Cristo.


Per comprendere meglio il contesto, occorre fare alcune precisazioni sui protagonisti di questa narrazione. Il sovrano di cui si parla in questa narrazione è Luigi VII, detto il Giovane. L'Arcivescovo Guglielmo di Reims (1176-1202) era il figlio del Conte Thibaud (Tebaldo) II di Champagne e lo zio di Filippo II di Francia. Anche il Maestro Gervasio è ben noto, anche se la maggior parte dei lettori certo non lo ha mai sentito nominare. Era inglese di nascita ma era un cosmopolita, come a quei tempi era la norma delle classi alte. Fu cresciuto a Roma e studiò legge all'università di Bologna. Servì svariati sovrani nella sua lunga esistenza, tra i quali Ottone IV e Guglielmo II di Sicilia.

All'epoca i Catari di Francia erano chiamati Publicani o Popelicani. Era questo uno dei molti nomi con cui erano conosciuti. Tra gli altri vanno menzionati Piphles (di origine oscura) e Tisserands, ossia Tessitori, dalla professione che molti di loro esercitavano. Il nome Publicani non allude ai funzionari incaricati di esigere le tasse nell'Impero Romano (i pubblicani), ma è chiaramente una deformazione del bulgaro Pavlikeni, ossia Pauliciani.

Le Chiese Catare più antiche furono stabilite dai Franchi che ebbero a lungo residenza in Bulgaria e a Costantinopoli. La formazione del Catarismo avvenne proprio nella terra che fu un tempo chiamata Tracia dai Romani, dall'incontro e dalla lunga convivenza di elementi manichei e marcioniti deportati a più riprese dall'Armenia. Le comunità della regione nota come Champagne (dal latino Campania) sono tra le prime di cui si abbia notizia nell'intero Occidente, e data la consistenza che già avevano nella seconda metà XII secolo, si pensa che il processo di formazione debba essere predatato al secolo precedente.

La cosa che più stupisce leggendo questi tristissimi fatti è già una sfida al buon senso comune di molti moderni: la figura del monaco libidinoso, un autentico sileno sbavante alla vista di una bella vergine, del tutto incapace di trattenere gli impulsi del suo basso ventre. Nonostante gli scandali sessuali di cui si ha notizia con cadenza quasi quotidiana, c'è una riluttanza nella maggior parte delle persone ad associare una condotta simile a chi indossa le vesti della Chiesa di Roma.

Non dimentichiamoci che tra quell'epoca torbida e i nostri giorni c'è di mezzo il Concilio di Trento, con la sua opera di moralizzazione esteriore dei corrotti costumi ecclesiastici. Nei secoli del Medioevo era del tutto normale il nicolaismo dei chierici. Moltissimi frati, preti e porporati avevano amanti, senza badare di certo ai limiti di età sanciti dalla legge odierna. Era molto comune che un uomo della Chiesa somministrasse comunioni oscene. Certo, la cosa accade anche oggi, e di questo abbiamo ampia testimonianza dai fatti di cronaca. Il punto è che nei secoli di cui stiamo trattando questi abusi erano ritenuti un diritto inalienabile ed esercitati alla luce del sole senza alcuna vergogna.

La Chiesa Romana incarnava la morale normativa,
e sanciva la divisione delle classi sociali come giusta e santa. Aveva la funzione di rendere legittimo l'arbitrio dei regnanti. Il contadino era ritenuto dal nobile poco più di una bestia. Se Catone il Censore definì lo schiavo "instrumentum vocale", per un porporato del XII il servo della gleba era un maiale dotato di favella. Pertanto una ragazza di bassa condizione sociale era soltanto materiale di soddisfacimento e poteva essere posseduta in tutti i modi possibili senza che potesse protestare. La sua volontà, le sue aspirazioni, la sua stessa morale, erano tutte cose irrilevanti. Quello che faceva scalpore nel lettore medievale non era quindi il comportamento del chierico, ma quello della fanciulla. La sua ribellione era ritenuta semplicemente inaudita!

I toni superstiziosi usati dal canonico di Coggeshall indicano la paura cieca verso una controcultura tenebrosa
che lentamente andava corrodendo le fondamenta della luminosa Città di Dio. Un male assoluto, verso cui non poteva esistere neppure un larvato tentativo di comprensione.

Compare anche il tema ormai familiare dell'identificazione forzata tra eresia e stregoneria, con conseguente attribuzione di portenti ai dissidenti religiosi. Ogni dottrina contraria all'interpretazione canonica delle Scritture veniva senza mezzi termini identificata con una grossolana forma di satanismo.

Sempre a proposito dei Catari della Champagne, il cronista di Coggeshall ci rivela che essi "credono che un angelo apostata, che chiamano Luzabel, presieda a tutta la creazione fisica..." Quello che all'inglese parve pazzia, è ora identificabile come uno dei capisaldi della teologia di Concorezzo, di diretta filiazione bogomila.

A dispetto della demonizzazione operata dalle classi alte, il pubblico ammirò la martire catara nella sua agonia tra le fiamme. A dispetto delle parole dei principi e dei preti, gli spettatori videro nella giovane quella purezza che non apparteneva alla religione dominante.

Questo sentimento è una chiara prova del terreno fertile che permise la crescita esponenziale dell'eterodossia, finché lo stato non si decise a chiedere l'aiuto del potere pontificio per compiere opere di sterminio.

Notevole è anche la menzione degli sfortunati Catari di Oxford, condannati da Enrico II ad essere marchiati a fuoco ed esposti a un inverno rigido senza poter indossare alcun abito. Siccome la popolazione li riteneva maledetti e non ammetteva alcun contatto con loro, essi non trovarono cibo e morirono assiderati. Un fatto atroce che è soltanto una delle tante prove dell'odio inestinguibile provato dagli Inglesi per la religione dualista. Anglo-francese era anche Simon de Montfort, il Conte di Leicester che condusse la funesta crociata contro gli Albigesi. In un luogo della sua opera, l'ormai anziano Gervasio di Tilbury ci narra l'ardita evocazione di un fantasma da parte di un prete. A detta sua, lo spettro avrebbe rivelato l'estrema gioia di Dio per il genocidio degli Albigesi e la condanna verso i cattolici che pur non aderendo all'eresia si erano mostrati tolleranti verso chi la professava.

Eppure il Catarismo sopravvisse anche in condizioni così ostili,
al punto di lasciare traccia di sé: è ben possibile che John Wycliffe fosse un discendente di Catari, visto che incorporò elementi bogomili nella sua dottrina.