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domenica 24 gennaio 2021

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI RUM

Qual è l'etimologia di rum? Quanti se lo saranno chiesto? Ricordo che un tempo in italiano si scriveva addirittura rhum, con una consonante -h- intrusiva e inutile, ma per fortuna questa ortografia bizzarra è poi caduta in disuso. Molti si accontentano di dire che la parola in questione viene dall'inglese rum (pronuncia /ɹʌm/; inglese scolastico italico /ram/). Questo non è il punto d'arrivo, ma il punto di partenza: il problema è capire da dove l'inglese ha preso un termine tanto strano. Ebbene, indagare l'argomento significa immergersi in acque torbide e profonde, in cui all'inizio si ha l'impressione di annaspare senza certezza di ottenerne alcunché di utile. Il percorso per arrivare a un'ipotesi verosimile è abbastanza tortuoso, come spesso accade nel chimerico regno delle etimologie di vocaboli inglesi che sembrano fatti di aria sottile. Questo è ciò che riporta il dizionario Etymonline.com a proposito del nome del famoso liquore (traduzione del sottoscritto): 
 
 
rum (n.) 
 
"liquore distillato dal succo della canna da zucchero o dalla melassa", anni '50 del Seicento, evidentemente un'abbreviazione di rumbullion (1651), rombostion (1652), tutte parole di incerta origine, ma i sospetti cadono su rum (agg.) "eccellente, buono, pregiato"; la frase rum bouse "buon liquore" è attestata dagli anni '60 del Cinquecento e per tutto il Settecento. La parola inglese è stata data in prestito all'olandese, al tedesco, allo svedese, al danese, allo spagnolo, al portoghese, all'italiano, al francese e al russo. 

Questa è un brano riportato sempre nella stessa fonte: 
 
"In the Library of Trinity College, Dublin, is a manuscript entitled "A briefe description of the Island of Barbados." It is undated but from internal evidence it must have been written about the year 1651. In describing the various drinks in vogue in Barbados, the writer says : "The chief fudling they make in the Island is Rumbullion alias Kill-Divill, and this is made of sugar canes distilled, a hot, hellish, and terrible liquor."
["The Etymology of the Word Rum," in Timehri, 1885]
 
Traduzione: 

"Nella Biblioteca del Trinity College, a Dublino, c'è un manoscritto intitolato "A briefe description of the Island of Barbados" ("Una breve descrizione dell'Isola di Barbados"). Non è datato, ma dall'evidenza interna deve essere stato scritto all'incirca nell'anno 1651. Descrivendo le varie bevande in voga a Barbados, l'autore dice: "Il principale intossicante che producono nell'isola è il Rumbullion, anche detto Kill-Divill*, ed è fatto con canna da zucchero distillata, un liquore caldo, infernale e terribile." 
 
*Sta per kill-devil, chiamato così perché avrebbe una tale potenza da uccidere persino il Diavolo (N.d.T). 
 
C'è un'altra interessante testimonianza: 

"Rum is a spirit extracted from the juice of the sugar-canes, commonly, twice as strong as brandy, call’d Kill-Devil in New England, whither 'tis sold, at the rate of twelve pounds of sugar per gallon."
["An impartial description of Surinam upon the continent of Guiana in America", George Warren, 1667

Traduzione: 

"Il rum è uno spirito alcolico estratto dal succo delle canne da zucchero, comunemente, due volte più forte del brandy, chiamato Kill-Devil nel New England, dove viene venduto, alla tariffa di dodici libbre di zucchero per gallone".

Già agli inizi del XIX secolo, negli Stati Uniti d'America è ben attestato l'uso della parola rum per indicare in generale qualsiasi bevanda intossicante. Si tratta di un uso spregiativo, ostile. Questa semantica è frutto del moralismo puritano tanto radicato in quella nazione, e ha dato origine a numerosi vocaboli gergali in uso nell'epoca del proibizionismo, come rum-runner "contrabbandiere di alcolici". Questa è una testimonianza riportata su Etymonline.com:  

"Rum I take to be the name which unwashed moralists apply alike to the product distilled from molasses and the noblest juices of the vineyard. Burgundy in "all its sunset glow" is rum. Champagne, soul of "the foaming grape of Eastern France," is rum. ... Sir, I repudiate the loathsome vulgarism as an insult to the first miracle wrought by the Founder of our religion!"
[Oliver Wendell Holmes, "The Autocrat of the Breakfast-Table," 1871] 
 
Traduzione: 
 
"Considero rum il nome che gli sporchi moralisti applicano allo stesso modo ai prodotti distillati dalla melassa e ai più nobili succhi del vigneto. Il Borgogna in "tutto il suo splendore del tramonto" è rum. Lo Champagne, anima "dell'uva spumeggiante della Francia Orientale" è rum. ... Signore, ripudio l'odioso volgarismo come un insulto al primo miracolo operato dal Fondatore della nostra religione!" 
 
L'origine di rum "distillato di canna da zucchero" va quindi ricercata nell'aggettivo gergale rum "buono, eccellente". Sono sicuro che quest'ultimo vocabolo non sia molto familiare ai lettori. Certamente non viene insegnato nelle scuole italiane ai branchi di bulli somari e di stronze che le infestano. Questa è la spiegazione approssimativa e grossolana riportata da Etymonline.com (la traduzione è sempre mia):  


rum (agg.)

"eccellente, bello, buono, pregiato", gergo dei ladri, anni '60 del Cinquecento, anche rome "bello", che si ritiene derivare dal Romaní rom "maschio, marito" (vedi Romany). Una parola furbesca molto comune del XVII secolo (opposta a queer), come in rum kicks "Pantaloni di broccato d'oro o d'argento, o riccamente allacciati con oro o argento."
[Grose, "Dictionary of the Vulgar Tongue," 1785]
 
E ancora:

"Entro il 1774 è venuto a significare piuttosto l'opposto: "bizzarro, strano, cattivo, omosessuale, spurio", forse perché era stato usato tanto spesso in modo positivo dai furfanti rifendosi gli uni agli altri. O forse questa è una parola diversa. Questo era il senso comune dopo il 1800 circa.
 
"Rom (o rum) e quier (o queer) entrano largamente in combinazione, così -- rom = coraggioso, bello, furbo, eccellente, forte; rom-bouse = vino o bevanda forte; rum-bite = un espediente furbo o una frode; rum-blowen = una bella signora; rum-bung = un borsellino pieno; rum-diver = un borseggiatore abile; rum-padder = un bandito ben equipaggiato, etc.: anche queere = ignobile, criminale; queer-bung = un borsellino vuoto; queer-cole = soldi cattivi; queer-diver = un borseggiatore maldestro; queer-ken = una prigione; queer-mort = una prostituta malata, e così via."
[John S. Farmer, "Musa Pedestris," 1896] 
 
A partire da questi dati pur tanto disomogenei, si riesce comunque a trovare il bandolo della matassa. L'origine del rum è sicuramente dalla lingua Romaní e può essere ben tracciata. Riportiamo a questo proposito i dati relativi all'importantissimo vocabolo rrom, con alcune forme declinate, derivati di vario tipo, oltre a qualche frase notevole d'uso corrente: 
 
rrom "uomo (zigano), marito, maschio" 
    accusativo singolare: rromes 
    genitivo singolare: rromesko  
    dativo singolare: rromeske  
    locativo singolare: rromeste 
    ablativo singolare: rromestar
    comitativo singolare: rromesa 
    privativo singolare: bi rromesko  
    vocativo singolare: rromeja  
  plurale: rroma "uomini (zigani), mariti, maschi" 
    accusativo plurale: rromen  
    genitivo plurale: rromengo 
    dativo plurale: rromenge  
    locativo plurale: rromende 
    ablativo plurale: rromendar
    comitativo plurale: rromensa  
    privativo plurale: bi rromengo 
    vocativo plurale: rromale
rromní "donna (zigana)" 
    accusativo singolare: rromnja 
    vocativo singolare: rromnile
  plurale: rromnja "donne (zigane)"
    accusativo plurale: rromnjen  
    vocativo plurale: rromnjale, rromnale  
aggettivo maschile: rromanó "zigano" 
aggettivo femmile: rromaní "zigana" 
   rromani čhib "lingua zigana"
avverbio: rromanes "in lingua zigana" 
altri derivati: rromanipen "identità zigana", 
   rromanimos "identità zigana"  
fraseologia:  
maškare Rroma "tra gli Zigani" 
e rromeskro kher "la casa dell'uomo (zigano)" 
rrom rromensa, gadjé gadjensa "gli Zigani con gli Zigani, i non Zigani con i non Zigani"

Nel gergo tipico dei ladri inglesi (Thieves' cant), il nome di Londra era Romeville (varianti: Rumville, Rum-ville, Rome-vile, Rome vyle, Rum File, etc.), alla lettera "Città Eccellente". In origine il significato era senza dubbio "Città degli Zigani".
 
Questa è la catena degli slittamenti semantici che hanno portato dal rom al rum
 
"uomo (zigano), marito, maschio" => 
"maschile, virile" => 
"forte" => 
"valente, coraggioso" => 
"buono" 
 
Quindi:  
 
"liquore forte", "liquore buono" => 
"distillato di canna, rum" 

Una seconda catena di slittamenti, generata da un certo puritanesimo antialcolico anglosassone, è questa: 

"liquore forte" =
"ubriachezza"; "pieno di liquore" =>  
"deviante, anormale, perverso"  

Se pensiamo poi che la parola rrom "uomo (zigano), marito, maschio" è derivata in ultima analisi dal sanscrito डोम्ब ḍomba (ḍumba, ḍoma) "uomo di bassa casta che esercita il mestiere di musico", possiamo avere un'idea di come le parole siano soggette a profondi mutamenti nel corso dei secoli e di come sia complicato tracciarle.

Questo per me è tutto ciò che si può dedurre di sensato dai dati a disposizione. È la reale etimologia della parola rum, per quanto non abbia un'apparenza molto lineare.  

Il termine rumbullion, citato nelle fonti del XIX secolo, appartiene all'insieme delle parole gergali formate a partire da rum "forte, buono". Il secondo elemento di questo composto è il francese bouillon "bevanda calda" (da bouillir "bollire", stessa radice dell'italiano bollire e dell'inglese to boil). Alla lettera è "qualcosa che ribolle". Sbagliano quindi coloro che ritengono rumbullion un'alterazione popolare di revolution "rivoluzione". Nel Devonshire rumbullion significava in effetti "grande tumulto, rivolta", ma era senza dubbio una metafora proveniente dal significato originario di "liquido che ribolle fortemente". Simile a questo vocabolo e sempre della stessa origine era il termine marinaresco rumbowling "grog". Nelle Barbados ci fu lo stanziamento di coloni inglesi provenienti proprio dal Devonshire, e questo spiega l'attestazione di rumbullion per designare il distillato di canna. 
 
Un'altra serie di vocaboli simili deriva dall'uso dell'aggettivo rum associato a booze (variante: bouze) /bu:z/ "bevanda alcolica": rum booze, rum bouze "bevanda forte", "bevanda eccellente". In epoca elisabettiana rum booze significava "vino" (attestazione del 1567). Secondo gli accademici, la parola booze è di origine controversa. A me sembra chiaro che l'origine è dal turco boza, che indica vari tipi di bevande alcoliche, dall'idromele a una specie di birra di miglio. La parola dovette entrare in inglese in epoca abbastanza precoce: già nella metà del XIV secolo abbiamo l'attestazione di bous "bevanda intossicante". Secondo il British Council, si tratterebbe invece di un derivato del medio olandese būsen "bere in eccesso". Sono farneticanti i tentativi di ricondurre booze a nomi di distillatori più o meno fantomatici, come un certo E.G. Booz di Filadelfia. Avevo reperito persino una storiella che parlava di importanti distillerie il cui nome era Ramboozle. Quando ho cercato di nuovo l'informazione, non ho trovato più nulla - a ulteriore riprova che era un fake. Sono state persino fabbricate bottiglie false con il nome di E.G. Booz o delle distillerie Ramboozle! Queste sono etimologie popolari studiate ad hoc, che meritano soltanto di essere irrise e schernite. Nel vocabolario di Johnson (1755) troviamo rambooze, glossato come "Una bevanda fatta di vino, birra, uova e zucchero in inverno, o di vino, latte, zucchero e acqua di rose in estate". Il prefisso ram- è una variante di rum-. Si capisce subito che ramboozle è una semplice variante di rambooze; una bevanda con questo nome è tuttora prodotta dalla ditta Hard Way Cider Co., anche se nella sua ricetta non sono più incluse le uova. In Nuova Zelanda, durante la Seconda Guerra Mondiale, boozeroo significava "abbuffata alcolica".

La locuzione rum booze "bevanda forte", sarebbe stata scritta anche rumboes. Data la sua forma, sarebbe stata scambiata per un plurale, donde avrebbe avuto origine per retroformazione la variante rumbo "punch forte". Non sembra essere una spiegazione plausibile, data la differenza della vocale nell'ultima sillaba: rum booze /'rʌmbu:z/ rispetto a rumbo /'rʌmbəʊ/. Si dovrebbe immaginare l'origine di rumbo da una pronuncia ortografica, cosa che di per sé pone l'ipotesi in dubbio (i contesti in cui sorgevano queste forme gergali erano agrafi). 
 
Da rumbullion derivano formazioni arbitrarie come rumbustion, rombostion e rugumption per influenza di rum booze, ma anche di boisterous "rude, grossolano; turbolento, chiassoso (detto di persone)", robustious "id." e bumptious "offensivamente assertivo". Un aggettivo rumbustious, sinonimo di boisterous, è documentato con numerose varianti come rambunctious, rambumptious, rambustical, rugumptious, rambuskious, etc., con significati che vanno da "rude, violento" a "scaltro, audace, avventato". Esiste anche gumption "senso comune", abbreviazione di un precedente rumgumption nel senso originale di "rude senso comune". L'aggettivo berummaged "confuso" (lett. "pieno di liquore") è stato attestato a Dartmoor, nel Devon, nel 1885.
 
In francese abbiamo i seguenti termini argotici di origine inglese, connessi col materiale esposto: 
 
rogomme "bevanda forte" (< ingl. rugumption)  
guildive "rum industriale" (<  ingl. kill-devil)

Una serie di false etimologie 

Riporto le proposte etimologiche fallaci che sono riuscito a reperire:

1) rum sarebbe derivato dal greco rheuma "flusso", da cui provengono anche le parole rheumatic "reumatico", rheumatism "reumatismo";
2) rum sarebbe derivato dal greco aroma, conservando soltanto la sillaba tonica; 
3) rum sarebbe derivato dal latino saccharum "zucchero" (di origine greca), conservando soltanto la sillaba finale; 
4) rum sarebbe derivato dall'olandese roemer /'ɹu:məɹ/ "grande bicchiere per bevande alcoliche" (variante rummer); 
5) rum sarebbe derivato dal malese beram "bevanda alcolica, vino di riso", con caduta della prima sillaba atona (Skeat, 1882); 
6) rum sarebbe derivato dal sanscrito रोम roma "acqua" (parola tecnica che ha diversi altri significati, come "buco", "cavità").

Adattamenti in altre lingue 

Il francese è il responsable dell'ortografia rhum, per via dell'errata credenza nella derivazione da rheuma. La pronuncia in francese è /ʁɔm/. Lo spagnolo ha adattato il vocabolo inglese in ron, non amando la consonante finale -m. In molte altre lingue, tra cui l'italiano e il tedesco, si è avuta una pronuncia ortografica. Per questo motivo in italiano rum si pronuncia /rum/, che è molto più simile nel suono all'inglese room "stanza" /ɹu:m/ che non all'originale rum "distillato di canna" /ɹʌm/. Del resto non dobbiamo stupirci troppo. Accade anche il percorso inverso. Gli antenati di Donald Trump erano prussiani e pronunciavano il loro cognome /tʁʊmp/, mentre oggi suona ortograficamente /tɹʌmp/. Deleterio quanto duraturo è il brutto vizio di apprendere le parole dalla forma scritta senza avere idea della loro vera pronuncia. In questo modo le genti di Milano e di vasti distretti della Lombardia hanno addirittura attribuito a rum la pronuncia /rüm/

Reperti blogosferici
 
Nel lontano 2010, Anatoly Liberman ha pubblicato un interessante articolo sul rum e sulla sua storia:
 

martedì 30 aprile 2019


MOON

Titolo originale: Moon
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 2009
Lingua originale: Inglese
Durata: 97 min
Rapporto: 2.35 : 1
Genere: Fantascienza, thriller, drammatico
Regia: Duncan Jones
Soggetto: Duncan Jones
Sceneggiatura: Nathan Parker
Produttore: Stuart Fenegan, Trudie Styler
Casa di produzione: Liberty Films UK, Lunar Industries,
     Xingu Films
Distribuzione (Italia): Sony Pictures
Fotografia: Gary Shaw
Montaggio: Nicolas Gaster
Effetti speciali: Cinesite, Visual Effects Company
Musiche: Clint Mansell
Scenografia: Tony Noble
Costumi: Jane Petrie
Interpreti e personaggi
    Sam Rockwell: Sam Bell
    Robin Chalk: Sam Bell (clone)
    Dominique McElligott: Tess Bell
    Kaya Scodelario: Eve Bell
    Matt Berry: Overmeyers
    Benedict Wong: Thompson
Doppiatori originali
    Kevin Spacey: GERTY
Doppiatori italiani
    Riccardo Rossi: Sam Bell
    Roberto Pedicini: GERTY
    Valentina Mari: Tess Bell
    Erica Necci: Eve Bell
Budget: 5 milioni di dollari USA
Box office: 9,8 milioni di dollari USA

Trama:
Nel solito futuro prossimo, le Industrie Lunari hanno permesso al genere umano di affrontare la crisi dei combustibili fossili costruendo sul lato nascosto dell'argenteo satellite la base Sarang per l'estrazione dell'elio-3. L'attività mineraria è automatizzata così bene che è necessario un solo essere umano per mandarla avanti. Le macchine per la raccolta dell'elio-3 funzionano a meraviglia e il prezioso combustibile viene poi lanciato sulla Terra. Al supervisore Sam Bell mancano poche settimane alla fine del suo contratto triennale. Finalmente potrà riabbracciare la sua famiglia: la sua amata moglie Tess e sua figlia Eve, la cui lontananza ha sempre avvertito in modo lancinante, dato che un permanente disturbo elettromagnetico rende molto difficili le comunicazioni. L'Idiozia Artificiale, pardon, l'Intelligenza Artificiale GERTY è la sola compagna di Sam Bell nel suo esilio selenico, programmata per fornirgli il necessario conforto e per lenire la sua abissale solitudine. Poco prima dell'agognato rientro sulla Terra, ecco che qualcosa va storto: l'uomo inizia a soffrire di allucinazioni accompagnate da intense emicranie. È il classico inizio di un incubo. Nel corso di una girandola di eventi inattesi quanto funesti, il nostro eroe scopre varie cose raggelanti. Primo, egli è un clone. Secondo, non c'è nessuna famiglia ad attenderlo sulla Terra, i suoi ricordi sono tutti impantati. Terzo, egli sarà presto ucciso dalla decadenza programmata del suo organismo ed è già pronto un suo successore - il cui corpo privo di sensi viene trovato in un estrattore danneggiato da un incidente. C'è di che perdere il sonno, direi! Eppure Sam, facendo sfoggio di una tempra d'acciaio, non si dà per vinto e combatte contro il suo stesso destino. Porta il suo clone nella base, gli presta cure mediche e gli fa prendere conoscenza. All'inizio i due sono disorientati, si chiedono se non sia tutto un'allucinazione e chi sia la copia di chi. Pian piano capiscono la raggelante verità. A un certo punto in una specie di una cripta vengono scoperti centinaia di corpi in stato di iberanzione, tutti identici al prototipo Sam Bell e pronti per essere risvegliati. I due Sam elaborano un contorto piano per ingannare la Compagnia. Risvegliano un terzo clone, che viene lasciato all'oscuro di tutto. Mentre il primo Sam si deteriora e si avvia a morte certa, il secondo viene sparato verso la Terra con la navetta dell'elio-3 e il terzo resta a dirigere la base. Uno degli estrattori è stato programmato per abbattere l'antenna che interferisce con le comunicazioni: subito si vengono a risapere dovunque le aberrazioni delle Industrie Lunari.     

Recensione:
Ennesima riproposizione del tema fondante di Logan's Run (Michael Anderson, 1976), solo in chiave più introspettiva - anche perché il protagonista quasi non interagisce per tutto il film con alcun altro essere umano, a parte i suoi cloni (l'Idiozia Artificiale non conta). Siamo di fronte a un artificio che moltiplica lo stesso personaggio senza aggiungere alcunché di nuovo. Il finale è un po' scemo. L'ennesimo clone di Sam Bell (si è perso il conto) si infila nella capsula per il trasporto dell'elio-3 e subito si esibisce in lazzi ridicoli, esplodendo in risa convulse e battendo i piedi per la gioia. L'audio di un notiziario in varie lingue ci fa sapere che in seguito alla comparsa del clone sulla Terra è scoppiato un immenso scandalo, che ha travolto in pieno le Industrie Lunari. I giornalisti hanno diffuso la notizia delle politiche decisamente non etiche della compagnia. La stessa colossale stronzata già vista nel finale di Capricorn One (Peter Hyams, 1977): il buono e giusto, fatta la sua comparsa tra i malvagi, li smaschera, fa emergere tutte le loro porcherie, fa crollare il loro edificio di iniquità come un castello di carte. Proprio in questo sta il ridicolo estremo. Volete che una potente organizzazione, come ad esempio una multinazionale o i Servizi Segreti, non abbia modo di dare a un killer l'incarico di sopprimere l'elemento scomodo prima che possa parlare? Credete che non possano fare pressione sui giornalisti per insabbiare tutto? Ma se il mondo dei mass media insabbia quotidianamente ogni genere di notizie, e con la massima facilità! Se poi, per un malaugurato caso, la notizia non potesse essere fermata, credete che sia un gran problema far passare chi l'ha rivelata per pazzo? Credere che mettere una porcata davanti agli occhi di tutti sia sufficiente a inchiodare chi l'ha commessa, è qualcosa di un'ingenuità davvero sconcertante. Non dovrebbe più essere permessa a un regista l'applicazione di questo insipiente trucco scenico! 


Ma sì, certo, qualcuno dirà che le ambientazioni sono suggestive, che ricordano quelle di Spazio 1999, di 2001: Odissea nello spazio e di Alien. Che banalità! Di grazia, cosa dovrebbe ricordare un film la cui narrazione si svolge sulla Luna? Alice nel paese delle meraviglie? Ci sarebbe poco altro da dire su questa squallida pellicola. Non dico che sia come una carriola di molluschi decomposti, ma di certo non è una boccata di ossigeno per la fantascienza agonizzante e per lo spettatore avvilito. Scorgo in essa ben pochi elementi di interesse filologico e antropologico. Non trovo nemmeno pippologie e filosofemi di cui discutere allo scopo precipuo di allungare la recensione. Posso soltanto focalizzare la mia attenzione su tre argomenti: le origini del regista, l'etimologia di Sarang e il singolare caso di un sospetto plagio. 

Il Seme del Duca Bianco 

Duncan Jones sta per Duncan Zowie Haywood Jones (1971-viv.), figlio di David Bowie (1947-2016) e di Angela "Angie" Bowie, nata Mary Angela Barnett (1948-viv.). Non va confuso con Duncan Jones, giocatore di rugby della Welsh Rugby Union International. Senza dubbio le parentele di Duncan Zowie sono più interessanti di Moon. Egli ha una sorellastra, Alexandra "Lexi" Jones (2000-viv.), figlia di David Bowie e della sua seconda moglie, Iman, nata Zara Mohamed Abdulmajid (1955-viv.). Un'altra sorellastra è Stacia Larranna Celeste Lipka (1980-viv.), nata dalla relazione di Angela Bowie con il musicista Andrew "Drew Blood" Lipka. Infine c'è una sorella adottiva, Zulekha Haywood (1978-viv.), nata da Iman e dal giocatore di basket Spencer Haywood. Vedete? Questi sono gli intrecci a cui dà luogo il materiale genetico di successo, oggi come nel Neolitico! A quanto pare però il genio non è una componente trasmissibile in modo diretto per mezzo degli spermatozzi. Non si può neanche affermare che basti una tazzina di sburra eccellente per far nascere come funghi copie di un prototipo altamente stimato dalle masse. 

Etimologia di Sarang 

La parola Sarang ha molti significati, a seconda della lingua. L'intenzione del regista era con ogni probabilità di attribuirle il significato di "amore" che ha nella lingua coreana. A quanto pare la multinazionale dei brutti-cattivi consiste in una partecipazione tra USA e Corea del Sud. Questa ipotesi troverebbe conferma nella frase in coreano pronunciata dall'annunciatore del video mostrato prima del ritorno della capsula sulla Terra: annyeonghikyeseyo, la cui usuale traduzione è "arrivederci" (goodbye).
La parola coreana sarang (사랑) "amore" è da alcuni trascritta in caratteri romani come salang. Ne deriva il verbo saranghada (사랑하다) "amare". L'etimologia ultima di sarang non è chiara. Secondo gli studiosi sarebbe da accostarsi a sareuda (사르다) "accendere il fuoco", oppure a saram (사람) "persona, essere umano", in ultima istanza da salda (살다) "vivere". Secondo me le difficoltà semantiche non sono affatto irrilevanti. Esiste poi un omofono sarang "sala", che è un chiaro prestito dall'inglese salon.  
In malese sarang significa "nido" o "covo" (es. di attività illegali, di pirati, etc.).
In tagalog sarang significa "splendore". Hanno lo stesso significato le parole kinang, kintab, ningning e kislap.
Nella lingua dei Pangutaran Sama (Filippine), sarang significa invece "abbastanza, a sufficienza". Tutto ciò è abbastanza singolare, dal momento che sia il tagalog che la lingua dei Pangutaran Sama appartengono al ceppo austronesiano proprio come il malese. 

In sanscrito la situazione è molto confusa. Abbiamo queste due parole, il cui suono è lievemente diverso e i cui significati, quanto mai molteplici, sono in parte sovrapposti:

śāraṅga (शारङ्ग)
  1) uccello Chātaka
  2) pavone
  3) ape
  4) cervo
  5) un elefante
sāraṅga (सरङ्ग)
  1) un quadrupede
  2) un uccello
  3) cervo maculato
  4) cervo (in generale)
  5) un leone
  6) elefante
  7) grande ape nera
  8) cuculo
  9) una grande gru
  10) fenicottero
  11) pavone
  12) ombrello
  13) una nuvola
  14) un indumento
  15) capelli
  16) una conchiglia bivalve
  17) nome di Śiva
  18) il Dio dell'Amore
  19) un loto
  20) canfora
  21) un arco
  22) sandalo
  23) un tipo di strumento musicale
  24) un ornamento
  25) oro
  26) la terra
  27) l'uccello Chātaka
  28) un fiore
  29) notte
  30) luce
  31) un devoto
  32) un particolare Rāga 


Mi sembra quasi superfluo precisare che i lemmi in questione non sono di origine indoeuropea: già dal loro aspetto fonetico è chiaro che si tratta di resti di un sostrato antichissimo. 

Il caso Eutamnesia

Propongo in questa sede qualcosa di ben stravagante. Il regista italiano Patrick Rizzi, di Urbino, nell'ormai lontano 1999 diresse un film di estremo interesse, che ebbe una limitata distribuzione in VHS l'anno successivo. Il suo titolo è Eutamnesia. Riporto in questa sede le parole dello stesso Rizzi, prese direttamente dal suo video in cui analizza le innegabili somiglianze tra la propria opera e quella di Duncan Jones. 


"La Trama dei due film è la stessa: un uomo delegato da una compagnia lavora solitario su un pianeta deserto. Qualcosa accade e la situazione evolve fuori controllo. In realtà egli è un clone e, in parte, la storia non si conclude molto bene. La sostanziale differenza tra le due storie è che: il protagonista di Moon scopre di essere un clone."
Punto I 

Moon: Inizio del film, inquadramento del contesto: sito di estrazione mineraria su un pianeta deserto (la luna), un solo uomo impiegato.
Eutamnesia: Inizio del film, inquadramento del contesto: sito di estrazione mineraria su un pianeta deserto (ignoto), un solo uomo impiegato. 
Punto II
Moon: Sam e il suo hobby.
Eutamnesia: Victor e il suo hobby. 
Punto III
Moon: Il pollice verde di Sam.
Eutamnesia: Il pollice verde di Victor.
Punto IV
Moon: Barba e forbici... senza altro aggiungere.
Eutamnesia: Barba e forbici... senza altro aggiungere.
Punto V
Moon: Risveglio di un clone.
Eutamnesia: Risveglio di un clone.
Punto VI
Moon: Test di capacità cognitiva.
Eutamnesia: Test di capacità cognitiva.
Punto VII
Moon: - Da quanto tempo sei qui? - Quasi una settimana.
Eutamnesia: - Lei è qui da una settimana? - Più o meno.
Punto VIII
Moon: Cercando qualcosa e... "cazzo!"
Eutamnesia: Cercando qualcosa e... "cazzo!"
Punto IX
Moon: Aggredito e scuse rifiutate.
Eutamnesia: Aggredito e scuse rifiutate.
Punto X
Moon: Il progetto "Clone", la spiegazione-rivelazione e... tantissimi cloni.
Eutamnesia: Il progetto "Clone", la spiegazione-rivelazione e... tantissimi cloni.
Punto XI
Moon: Sam distrugge le proprie cose, e ci si siede in mezzo.
Eutamnesia: Victor distrugge le proprie cose, e ci si siede in mezzo.
Punto XII
Moon: Si sta... "sciogliendo". 
Eutamnesia: Si sta... "sciogliendo".
Punto XIII
Moon: Buone intenzioni... cercando... realtà dei fatti constatata... e... disperazione.
Eutamnesia: Buone intenzioni... cercando... realtà dei fatti constatata... e... disperazione.
Punto XIV
Moon: Sam muore.
Eutamnesia: Victor muore.
Punto XV
Moon: Sam scompare e l'impiegato della compagnia lo cerca.
Eutamnesia: Victor scompare e l'impiegato della compagnia lo cerca.
Punto XVI
I film stanno finendo... le porte si chiudono. 


Le puerili e isteriche reazioni di numerosi commentatori fantascientisti parlano di "coincidenze" e di "forzature". Certo, come no. Loro i video non li guardano, dicono che non ce la fanno...

Curiosità ed amenità fecali

Il film di Duncan Jones si svolge nell'Anno del Signore 2035. Un mirabile caso di "accelerazionismo" fantascientifico. Il feticismo delle magnifiche sorti e progressive ha portato a questo grottesco e puerile teatrino di idiozie. Fu girato in 33 giorni, in pratica uno per ogni anno di vita del Salvatore. 

Si suppone che il regista abbia passato un periodo di ossessioni religiose, dal momento che ha pensato di battezzare le quattro macchine di raccolta del prezioso elio-3 con i nomi dei quattro Evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni (Matthew, Mark, Luke, John). In occasione del Sundance Film Festival, lo sceneggiatore Nathan Parker disse, forse per tenere a bada qualche contestatore, che il regista stava solo cercando nomi plausibili e che non ha agito spinto da qualche simbolismo.

Quando Moon fu proiettato agli scienziati della NASA, un nerd occhialuto si alzò in sala e chiese perché l'azione si svolgesse sul lato nascosto della Luna e non su quello a noi visibile, dove l'elio-3 è più abbondante. Fu zittito con una risposta stupida quanto efficace: "Il film è stato ambientato sul lato nascosto per non disturbare la Natura".

Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Sempre dal solito Filmtv.it, ecco le opinioni di alcuni lettori. 

Accidenti ha scritto: 

Film di fantascienza "seri" (o seriosi che dir si voglia) non se ne vedono poi molti di questi tempi” (Tex Murphy).  E questo commento coglie il punto nodale del film. È un film serio o un film che si finge tale? Io propendo per la seconda. All'inzio del film si è catturati da tematiche interessanti apparentemente nuove (fonti energetiche e spazio, fanta-horror o psico-thriller, inventando generi di per sé inesistenti)  ma che non vengono adeguatamente trattate nel continuo della pellicola e vengono, anzi, sostituite quasi subito da altre già trattate da film del genere. Rapporto uomo macchina (2001 Odissea nello Spazio); rapporto con lo specchio di noi stessi (Tarkovskij e remake); uomini/cloni/replicanti a scadenza (Una candela che arde col doppio dello splendore brucia in metà tempo). Nulla di nuovo insomma, neppure nella trattazione. Quando i due personaggi si accorgono di essere dei cloni l’evento apparentemente non li sconvolge più di tanto. Il profilo psicologico dell’unico personaggio è brutalmente approfondito, senza scenderne in profondità in maniera effettiva, ma fermandosi all’apparenza dell’approfondimento.

Leporello ha scritto:

Strana “configurazione di sistema”: pur trovandoci nel futuro, Skype ancora non arriva, tant’è vero che i poveri Sam(s) possono interloquire con la Terra solo con video messaggi registrati. D’altra parte, non so se per via del tanto sbandierato low-budget del film (ma sarà stata una scelta voluta o una scelta obbligata?) o per un preciso criterio stabilito dagli autori, la faccina minimalistica di primo Windows con cui si interfaccia Gertie o altri dettagli come il palmare relizzato in simil-Lego trattengono lo spettatore a metà strada tra quella che sembra voler essere la ricerca di un passato cinematografico e/o tecnologico di ampia memoria e largamente condiviso, e un futuro cui si approccia quasi con fastidio, come se fosse costretto suo malgrado, con un vago senso di nausea. A me l’operazione non è parsa troppo riuscita: mi è sembrato che quel glorioso passato delle Odisee2001 o dei Solaris venisse ripreso solo manieristicamente. L’uso dei modellini, la scenografia che ricorda quella dei telefilm  anni settanta, il computer di bordo lercio e bisunto di post-it (che neanche una consolle della Montedison…), mi hanno dato  una poco piacevole sensazione come di sabbie mobili,  di incapacità di muoversi tra QUEL passato e una proposta che si mostrasse moderna e alternativa al cinema dei grossi effetti speciali (che rifiuta sì, ma ai quali comunque tende, vedasi le scritte in simil-tridimensionale dei titoli di testa) e che pure rimane solo nelle intenzioni, senza manifestarsi.
 Insomma, quasi un pastrocchio, dove peraltro il ruolo di one-man-movie, ruolo sempre difficile e pericoloso per le responsabilità che richiede, non mi è parso sia stato affidato all’attore migliore sul mercato, e le tematiche psicologiche, i temi “alti” che affronta, sono sviluppati attraverso uno script anch’esso in crisi di originalità, indipendentemente dal fatto che voglia puntare in avanti o all’indietro.
Un film in folle, con poco carburante (per quanto lunare e biologico), sospeso tra un passato che non sa recuperare e un futuro che non vuole riconosce. 


Chribio1 ha scritto: 

Se dopo 20'  mi stavo gia' chiedendo :"Ma la trama qual'e' ?;sogni,presenze ,alieni ...",gia' mi aveva fatto un po' storcere il naso la presenza della solita musica classica da sottofondo (sempre a copiare qualcosa di gia' sentito tipo in "2001-Odissea","Solaris","Dark star"),quindi solo per queste cose non mi sembrava chissa che',anzi.
Poi,un'ambientazione Lunare in stile "Spazio 1999" (gia' ottima all'epoca),qua non mi ha molto convinto e di Spaziale-Fantascientifico nella pellicola ho visto soltanto la Base,Il robot (anche questo con deja-vu' alla "2001"),il modulo Lunare e basta.
Salverei solamente le 2 canzoni di sottofondo,quella di Chesney Hawkes "One & only" del 1991 e la mitica "Walking on sunshine" dei Katrina &the waves del 1985.
Per il resto,tensione zero,lentezza molta,macchinosita' evidente,insomma solita storiellina da sonnolenza continua:quindi,basta con questi Films che cercano di ricalcare le Orme del gia' assurdo "2001" con musica classica,lentezza,discorsi con Robot parlanti e scopiazzature varie,mica siamo tutti fessi.
Peccato perche' pensavo che fosse molto meglio,invece e' proprio da sonno completo.


Il punto dolente è sempre lo stesso, che non mi stancherò mai di urlare al mondo. La fantascienza è in decomposizione perché il presente, il nostro fottutissimo presente, se l'è lasciata alle spalle! Soltanto i fantascientisti non sembrano essersene accorti. A volte sembrano come necrofili rimbambiti dai lezzi di una tomba profanata.   

mercoledì 14 novembre 2018


NAVE DA PREDA

Autore: Cyril M. Kornbluth
Anno: 1958
Titolo originale: Shark Ship

Aka:
Nave squalo, La Nave-Squalo, La virtù
     sterminatrice  

L
ingua:
Inglese
Tipologia narrativa: Racconto lungo / romanzo breve 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Distopia, fantascienza sociale,
     fantareligione, fantascienza post-apocalittica 
1a edizione it.: 1964

2a edizione it.:
1967
3a edizione it.: 1984
4a edizione it.: 1987
Editori (it.):
     Arnoldo Mondadori Editore (1964, 1984, 1987),
     Giacomo Feltrinelli Editore (1967)
Edizioni italiane (antologie): 
   1964:
Dimensioni vietate, Urania 334
   1967:
Fantasesso, Il brivido e l'avventura 25
   1984:
Catastrofi! Oscar 1767
   1987: Oltre la luna, Urania 1056

Traduttori:

    Cesare Scaglia (1964, 1967),
    Giuseppe Lippi (1984),
    Delio Zinoni (1987)

Dettagli dell'antologia Catastrofi!: 

   Titolo originale: Catastrophes! 

   Curatore: Isaac Asimov 

   Sezione: Distruzione della civiltà

Catalogo Vegetti:
 


Nota: Nel catalogo il titolo del racconto è riportato con il trattino (hyphen)Shark-Ship. Eppure non sembrano trovarsi riscontri di questa variante nel mondo anglosassone.

Trama:

Un futuro cupissimo. Gli abitanti dell'AMEN (Area Metropolitana del Nord Est), un opprimente megalopoli, avevano da tempo abbandonato il loro brulicante formicaio umano per vivere su una flotta di navi di acciaio, vincolati da un solenne giuramento a non avvicinarsi mai alla terraferma. L'unico sostentamento per questo popolo di navigatori è il pesce catturato nelle acque degli oceani. La flotta è formata da più convogli, ognuno agli ordini di un commodoro, ma ogni nave è autosufficiente e il suo capitano ha il potere assoluto. La disciplina è rigidissima: anche un'insignificante macchia di ruggine può compromettere la sopravvivenza e quando il pescato è scarso gli ultrasessantenni sono obbligati all'eutanasia. Le peregrinazioni della flotta duravano ormai da circa tre secoli, quando la nave del comandante Salter perde la rete. L'unica possibilità di salvezza è raggiungere la costa, sperando di riuscire a trovare acqua e cibo. Quello che i marinai vedono è spaventoso. Le antiche nazioni sono crollate, ci sono state morie catastrofiche su tutto il pianeta e sono sopravvissuti alcuni sparuti gruppuscoli di adepti di una setta sanguinaria di sadici cannibali che adorano il loro fondatore, un profeta chiamato Merdeka, il Prescelto, soprannominato anche Il Completo Straniero e l'Arci-Forestiero. Morto a causa di un aneurisma, il suo spirito aveva continuato ad aleggiare sui continenti, dando origine a spaventosi olocausti! 

Recensione:

Angosciante quanto geniale e profetico parto dell'ingegno di Cyril M. Kornbluth (1923-1958), l'uomo dai denti verdi che si innamorò perdutamente di una maliarda appartenente a un'importante famiglia mafiosa e diede inizio alla diffusione delle dottrine anarcocapitaliste, che ancora oggi affliggono il genere umano. Pregevole la trattazione di un tema che ancor oggi è visto come un tabù dalle istituzioni come dalle masse decerebrate: la sovrappopolazione con annesse conseguenze funeste. 

La storia del fanatico religioso all'origine del crollo della civiltà su cui si fonda il racconto è di una tristezza assoluta. Bambino esposto nell'immondizia - ci spiega Kornbluth - Merdeka aveva avuto un inizio più difficile di altri. Cresciuto in strada, tra i gangster, i lenoni e le prostitute, ha presto manifestato tratti di grave psicopatia, associati però a un immenso carisma che lo portava a lanciarsi in una violenta predicazione. Come la popolarità di Merdeka cresceva, si delineavano in lui tratti di estrema ferocia e di puritanesimo radicale: egli era la reazione stessa della Natura alla sovrappopolazione che soffocava il pianeta. La sua lotta contro la pornografia era senza quartiere. Preso dall'ira, diceva che i giornali pornografici "tu li bruci e quelli si moltiplicano come vermi in un secchio della spazzatura". Se l'eiaculazione era un delitto, il sadismo più efferato era incoraggiato, tanto che gli adepti iniziarono a massacrarsi a vicenda, persino in seno alla stessa famiglia. "La famiglia che prega assieme, si ammazza assieme" divenne un motto. In una vivida descrizione, ecco un bambino usare la fiamma ossidrica per farsi strada nella camera blindata dei suoi genitori, strangolando il padre nel sonno con un filo di acciaio e colpendo la madre al cranio con un pomolo massiccio: prima di morire la madre la aveva freddato a pistolettate nel cranio. Eppure Merdeka in indonesiano significa "libertà"! Il Prescelto, quando gli chiedevano che razza di nome fosse il suo, "rispondeva che lui non era un inglese bugiardo o un irlandese dalla voce assordante o un francese pervertito o un ebreo spilorcio o un russo barbaro o un tedesco dal grugno di rospo o uno scandinavo con la testa di segatura". Il buonismo politically correct gli era del tutto sconosciuto, e per lui una ragazza nuda era il Male personificato. Sarebbe bello se Valentina Nappi leggesse il racconto.

Un condominio dell'Apocalisse

A un certo punto il comandante Salter e i suoi uomini si imbattono in iscrizoni su targhe d'ottone, apposte all'entrata di un massiccio edificio formato da cubi di cemento, ormai in rovina. Eccone il testo:

APPARTAMENTI HERBERT J. BROWNELL JR. 

Nota a tutti gli inquilini

Un appartamento del Progetto è un Privilegio e non un Diritto. L'Ispezione Quotidiana è un Punto Fondamentale del Progetto. La Presenza almeno una volta alla settimana in una Chiesa o in una Sinagoga di vostra Scelta è Richiesta a tutte le Famiglie che vogliono mantenere la Buona Condotta; su Richiesta, la Famiglia dovrà fornire Prova della sua Presenza. Il possesso di Alcool e di Tabacco verrà considerata Prova Inoppugnabile di Indesiderabilità. Eccessivo uso d'Acqua, Eccessivo uso d'Energia e Spreco di Cibo saranno considerati come capi sufficienti a una completa Revisione della Desiderabilità. L'uso di una lingua diversa dall'Americano da parte di persone di età superiore ai Sei Anni sarà considerato Prova Inoppugnabile di Inassimilabilità, sebbene questo punto non vieti di usare lingue diverse dall'Americano a scopo liturgico.

Sotto c'era una targa più piccola, sempre in ottone:

Nulla di quanto detto potrà essere usato per sorvolare su Pratiche di Depravazione mascherate da Religione di qualsiasi tipo, e tutti gli Inquilini sono avvertiti che ogni tentativo di coprire Pratiche di Depravazione risulterà nell'immediata Espulsione e Denuncia. 

L'autore specifica che qualcuno vi aveva disegnato sopra un immenso cazzo, definito "volgare dettaglio anatomico". Come se il cazzo lo avessero soltanto gli uomini del volgo.

Il Costruttore di Ponti

Il finale interlocutorio, una raffinatezza stilistica poco apprezzata al giorno d'oggi, è stato evitato per un soffio: la narrazione si conclude con una nota etimologica sul significato della parola Pontifex, tradotta alla lettera come "Costruttore di Ponti", seguita dal sospiro di sollievo del cappellano della nave di Salter, felice di constatare che qualcuno ancora pregasse. A dover esser franco, sospiro di sollievo al pensiero che l'autore immaginasse che qualcuno tra gli epigoni di un'umanità terminale ancora rammentasse qualche nozione dell'augusta lingua di Roma!

Capacità profetiche e fallimenti

Come spesso accade, un'opera di fantascienza presenta elementi profetici. In questo caso, senza dubbio ha anticipato i tempi la capacità dell'autore di prevedere  qualche avvisaglia della spaventosa crisi ambientale causata dagli eccessi procreativi della popolazone planetaria. Suppongo che Kornbluth sia stato molto ottimistico a plasmare con la sua immaginazione una soluzione efficace come quella proposta da Merdeka il Prescelto, che ora della fine porrebbe fine a non pochi problemi. Molto più nociva è la cecità dell'IPCC con le sue baggianate sull'ossimoro chiamato "sviluppo sostenibile". Quel branco di moralisti ipocriti quanto pingui si dimostra incapace di comprendere e di ammettere che la causa dell'aumento delle emissioni climalteranti con conseguenti scovolgimenti climatici è una sola: la sovrappopolazione. Visto che non si vuole accettare questa verità innegabile e che non si vogliono controllare le nascite, si manifesteranno spaventosi genocidi e olocausti, di proporzioni mai viste. Una volta Charles Manson, uomo mitissimo, disse che per salvare l'Amazzonia bisognerebbe massacrare un miliardo di persone. Non basterebbe: i procreatori sopravvissuti colmerebbero i buchi demografici in men che non si dica. La speranza è che si insinuerà un virus capace di fare ciò che alla ragione appare impossibile. Quello che Kornbluth non è riuscito a prevedere è la rovina degli oceani, che è già in atto ai nostri giorni e che porterà presto all'anossia globale delle acque marine, con conseguenze catastrofiche. La flotta dei discendenti dell'AMEN non garantirebbe alcuna possibilità di sostentamento a nessuno in un mondo i cui oceani sono privi di vita e pieni di continenti fatti di plastiche galleggianti compattate.   

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto lungo di Kornbluth, ai confini col romanzo breve, con annessa valutazione:

venerdì 18 maggio 2018

LE ORIGINI DEL BUNGA BUNGA!


Tutti su questo pianeta conoscono la locuzione bunga bunga, con le sole eccezioni degli antropofagi dell'isola di Sentinel e forse di qualche tribù incontattata dell'Amazzonia. Forse. Infatti è possibile che anche tra le più isolate genti della foresta peruviana e brasiliana sia giunta qualche notizia sui festini orgiastici della villa di Hardcore, che tanto scalpore hanno suscitato tra le genti all'epoca del Governo Berlusconi IV. Una grande pubblicità per questo paese, non c'è che dire. Ricordo ancora il sorprendente caso di un connazionale che andò in Botswana, un paese remoto e ancora pagano dell'Africa: appena fece sapere la sua provenienza con un legnoso "Hello, I am from Italy", si sentì salutare così: "ITALIANO BUNGA BUNGA!". Persino in Afghanistan, i Talebani sapevano tutto e ne ridevano. Il colmo si ebbe quando in Argentina fu aperto un bordello intitolato Palacio Berlusconi, il cui proprietario intendeva replicare proprio il famoso rito, il bunga bunga! Quattro sillabe soltanto, che mimano il rumore prodotto dallo stantuffare di un fallo turgido nell'intestino retto, sono bastate a sconvolgere il mondo - anche se a quanto pare si trattava più che altro di lingue che scavavano a fondo negli orifizi femminili. 


Primi tentativi di spiegazione

Sorge a questo punto una domanda. Quali sono le origini del bunga bunga? A quanto è possibile ricostruiere dalla testimonianza dei mass media, la grottesca locuzione cominciò a diffondersi nel 2010. Era a quei tempi opinione comune che Berlusconi avesse appreso il costume del bunga bunga da Muammar Gheddafi, che avrebbe chiamato in quel modo una sessione orgiastica fondata sul sesso anale con prostitute (il condizionale è d'obbligo). L'immaginario italiano trovò naturale far entrare il bunga bunga nel proprio vocabolario, dato che il suono africanoide evocava qualcosa di esotico, sfrenato e primitivo. Oggi queste vocalizzazioni sarebbero definite "razziste", ma soltanto pochi anni fa non ci badava nessuno. Quando venni a conoscenza di questa attribuzione a Gheddafi di una simile onomatopea, rimasi subito molto perplesso e dichiarai il mio scetticismo. Non può avere nulla di arabo, compresi all'istante. Già, perché non è una pretesa così assurda: dal momento che Gheddafi si esprimeva in arabo libico, ci saremmo aspettati un vocabolo tratto da tale lingua, magari adattato in modo grossolano all'italica fonotassi. Non ci pensai troppo a lungo, avendo ben altri problemi - tra l'altro Berlusconi profondeva un impegno indefesso nella causa della censura e dell'annientamento dei blog.


La beffa della Dreadnought

Indagando negli antri del Web, sono riuscito a risalire a una notizia davvero singolare. Nel 1910, esattamente un secolo prima dell'emergere del bunga bunga berlusconiano, un gruppo di rampolli della buona società inglese organizzò una tremenda bravata goliardica. L'ideatore della burla fu il poeta irlandese Horace de Vere Cole, conosciuto per il suo carattere burlone, non dissimile da quello del Marchese del Grillo. Accadde così che lui e cinque suoi amici si travestirono annerendosi il volto, mettendosi barbe posticce, indossando lunghi abiti bianchi e coprendosi il capo con voluminosi turbanti. L'identità di questi buontemponi non è un mistero. Ecco i nominativi: Virginia Stephen, che in seguito sarebbe diventata famosa come Virginia Woolf; suo fratello Adrian Stephen; lo scrittore e  militare Anthony Buxton; l'avvocato dell'Alta Corte Cecil Guy Ridley e il pittore Duncan Grant. Cole intendeva spacciarsi per l'Imperatore dell'Abissinia e presentare gli altri come suoi dignitari, allo scopo di visitare la corazzata britannica Dreadnought (ossia "Intrepida", da to dread "temere" e nought "niente"). Così fu fatto e tutto andò alla perfezione. L'Imperatore fittizio d'Abissinia e i principi fasulli ispezionarono la nave da guerra mostrando grande interesse. Ogni volta che veniva loro mostrata qualche meraviglia della tecnologia dell'epoca, esprimevano un'immensa ammirazione esclamando: "BUNGA BUNGA!". Questi aristocratici rentiers, che non lavoravano o lo facevano per hobby, simulavano conversazioni abissine alterando versi dell'Eneide, appresi nel corso dei loro studi nelle più esclusive università. Virginia Stephen, che in seguito avrebbe incantato le lesbiche di mezzo mondo, si presentò addirittura come Principe Mendex, parola chiaramente derivata dal latino mendax "bugiardo, menzognero". Sembra evidente che l'educazione dei militari britannici non includesse grandi nozioni di lingue classiche, visto che all'Impero servivano soldati con le palle di granito fumante e non filologi classici. Così il comandante della nave, Sir William May, non ebbe la possibilità di accorgersi che lo stavano tirando per il culo. Tutto si concluse per il meglio, nonostante piccoli incidenti (uno scroscio di pioggia minacciò di sciogliere il trucco degli impostori). Invitati a pranzare a bordo della Dreadnought, i finti abissini rifiutarono con una scusa speciosa: non era loro possibile accettare l'invito per via delle complesse norme alimentari a cui erano soggetti i membri della casa imperiale. La beffa non rimase senza conseguenze: lo stesso Cole fece in modo che divenisse di pubblico dominio. In breve, su tutti i principali quotidiani comparve una foto del gruppo assieme al resoconto dell'impresa. La Royal Navy, coperta di ridicolo e oggetto di satira, chiese subito l'arresto dei burloni. Dato l'immenso potere massonico delle università, il gruppo non conobbe il processo e la prigionia. La punzione fu soltanto simbolica. Ai soli uomini fu assestata una bastonata rituale sulle natiche, che aveva più che altro l'effetto di sottoporre i colpevoli a un'umiliazione. Alla pena scampò Virginia Stephen, il cui delicato deretano fu ritenuto degno di rimanere inviolato. Cinque anni dopo, nel 1915, quando la Dreadnought affondò un sommergibile tedesco, un telegramma di congratulazioni riportava soltanto due parole: "BUNGA BUNGA!". Anche il CICAP ha sentito la necessità di occuparsi dell'argomento, per quanto non veda in esso neppure una traccia di paranormale. 



La questione della pronuncia

Sul Western Daily Mercury comparve a caratteri cubitali il titolo "Bunga Bungle!", ossia "il pasticcio del bunga (bunga)", che giocava sull'assonanza. Questo pone un problema. Dal momento che la pronuncia di bungle è /ˈbʌŋɡl/, sorge il dubbio che bunga bunga potesse suonare /ˈbʌŋɡǝ ˈbʌŋɡǝ/ anziché /ˈbʊŋɡǝ ˈbʊŋɡǝ/, come sarebbe invece naturale. Questo anche perché la colorita espressione si è diffusa soprattutto a mezzo stampa, potendo dar quindi origine a pronunce ortografiche. Gli anglofoni posseggono un sistema molto ingegnoso quanto molesto per scrivere correttamente le parole e i nomi propri che sentono pronunciare: ne domandano lo spelling, ossia la ripetizione rituale e salmodiante dei nomi delle lettere dell'alfabeto che compongono la forma scritta. Così il Signor Beauchamp, il cui cognome suona /'bi:tʃǝm/, intonerà una cantilena irritante scandendo con cura maniacale: "bee, ee, a, u, cee, haitch, a, em, pee". Peccato che non sia mai stato elaborato il procedimento inverso, in grado di permettere di ricostruire la corretta pronuncia dalla forma scritta di una parola senza poterla ascoltare direttamente. Senza un simile espediente, un lettore si troverà incapace di articolare correttamente un nome sconosciuto e inventerà pronunce ortografiche. Aleister Crowley inventò un rimedio rudimentale, ma non riuscì a renderlo generale. Aveva composto alcuni versi inequivocabili per spiegare il giusto suono del suo cognome: The name is Crowley, it rhymes with holy. It isn't Crowley that rhymes with fouly. Con Noam Chomsky la cosa non ha funzionato: il cognome è pronunciato dai più con il suono iniziale di cheese, mentre la pronuncia corretta inizia con il suono aspirato di loch. La controversia sulla pronuncia anglofona di bunga bunga è presto risolta facendo un giro in Youtube: è sicuramente /ˈbʌŋɡǝ ˈbʌŋɡǝ/. Avrei dovuto arrivarci subito, data l'assonanza con bum "chiappe" e bumhole "buco del culo", a loro volta di origine onomatopeica. 



Ulteriori evoluzioni 

In seguito alla beffa della Dreadought, la locuzione bunga bunga finì pian piano con l'acquisire un nuovo significato. A un certo punto cominciò a circolare una storiella con tre esploratori come protagonisti. La riporto in estrema sintesi. Questi esploratori si addentrano in una terra impervia e selvaggia dell'Africa profonda, finendo catturati dai nativi. Il capo del villaggio impone ai prigionieri di scegliere due alternative: o la morte o il bunga bunga. Il primo a cui viene chiesto di scegliere opta per il bunga bunga. Viene sodomizzato brutalmente da tutta la tribù e poi bruciato vivo. Il secondo progioniero, temendo che il capo del villaggio abbia capito male la risposta, sceglie anche lui il bunga bunga. Fa la stessa misera fine dell'altro. Il terzo, visti gli orrori a cui i suo compagni sono stati sottoposti, chiede la morte. Il capo allora gli dice: "Hai chiesto la morte e l'avrai, ma prima divertiamoci con un po' di bunga bunga!". La scelta non era un aut aut, ma un et et. La barzelletta giunse in Italia, a quanto pare negli anni '80. Oltre a bunga bunga, si produce la variante bumba bumba. Alcuni pensano erroneamente che la forma bumba bumba sia quella originale, perché l'avrebbe usata Paolo Rossi nel 2001. A quanto pare costoro ignorano gli antefatti, così la loro tesi è da rifiutarsi. Quello che è certo è che Silvio Berlusconi ha riciclato proprio questo materiale, rilanciando la barzelletta. Secondo alcuni lo avrebbe fatto nell'aprile del 2009, un anno prima della diffusione pandemica di questo splendido ritrovato dell'ingegno umano. Associato allo scandalo Ruby e a voci insistenti su festini degni di Jabba the Hutt, il bunga bunga divenne la cifra di un'epoca.



Sabina Began e una falsa etimogia

I media si sono lasciati incantare da una fola meritevole di scherno. Sabina "Ape Regina" Began, nata Sabina Beganović, attrice tedesca di stirpe bosniaca, affermò in un'occasione che il termine bunga bunga sarebbe stato in realtà un suo soprannome. Sabina "Bunga Bunga" Began. Stando alle sue parole, che risalgono al 2011, la rudimentale onomatopea africanoide sarebbe derivata proprio dalla distorsione del suo cognome abbreviato. Un mai attestato Began Began, ripetuto in modo confuso, avrebbe portato proprio al famigerato bunga bunga. Si tratta chiaramente di un depistaggio. Tra l'altro, le affermazioni della Began non rendono in alcun modo conto dei fatti della corazzata Dreadnought e delle attestazioni inequivocabili della barzelletta dei tre esploratori ben prima del 2010. 



Falsi amici

Nel 1852 l'editore scozzese James Hogg aveva citato in una sua opera un toponimo australiano Bunga Bunga, senza peraltro riportare a questo proposito alcunché di eclatante. A parer mio non è stato questo il punto di partenza del bunga bunga di cui stiamo trattando, la cui origine onomatopeica e i cui connotati sessuali sono fuori discussione. La mentalità che ha portato alla beffa della Dreadnought era impregnata di darwinismo e di positivismo: intendeva ridicolizzare i suoni prodotti dalle genti africane, tutte confuse in un gran calderone, attribuendo loro caratteristiche "scimmiesche". A muovere Horace de Vere Cole, la futura Virginia Woolf e gli altri non fu certo un nome di luogo trovato in uno scritto di Hogg. Resta però una domanda. Qual è l'origine del Bunga Bunga australiano? In malese e in molte lingue indonesiane correlate, bunga significa "fiore". Il plurale è bunga-bunga "fiori", ottenuto regolarmente per reduplicazione. Nel XVIII secolo giunsero in Australia genti dall'Indonesia, prima del capitano James Cook. Questi navigatori ebbero contatti con gli aborigeni - in particolare con gli Yolngu - dando loro in prestito alcuni vocaboli. Un affascinante argomento che purtroppo non può essere sviluppato qui, ma prometto che sarà trattato in un'altra occasione.