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venerdì 26 maggio 2023

CRIPTOZOOLOGIA IN MADAGASCAR: IPPOPOTAMI NANI, LEMURI GIGANTI E UN CARNIVORO

Sono attestati numerosi racconti relativi a diversi criptidi presenti in Madagascar. Abbiamo a che fare con specie sorprendenti: un ippopotamo nano, svariati lemuri giganti e un fossa gigante. Queste narrazioni non sono state partorite dalla fantasia di qualche cultore degli allucinogeni fissato con i Rettiliani, quali se ne trovano nei diverticoli del Web. I criptidi in questione sono animali ben noti ai paleontologi e non è così improbabile che ne possano sopravvivere esemplari nelle regioni più impervie dell'isola. 


1) Il kilopilopitsofy

Il kilopilopitsofy è descritto come una specie di ippopotamo di dimensioni ridotte. Potremmo definirlo ippopotamo pigmeo del Madagascar. Sappiamo che fino a tempi non troppo remoti esistevano nell'isola due diverse specie di ippopotami pigmei. Nella metà del XX secolo, il naturalista ed esploratore francese Alfred Grandidier esumò circa 50 esemplari da un terreno palustre, in un luogo chiamato Ambolisatra, non lungi dal Canale del Mozambico (forse è l'attuale Ambolisaka). In seguito a una revisione del materiale, sono state identificate due diverse specie, a cui sono stati attribuiti i nomi scientifici di Hippopotamus madagascariensisHippopotamus lemerlei (Stuenes, 1989). Sulla costa orientale dell'isola sono stati rinvenuti altri resti, risultati appartenere a una terza specie, denominata Hippopotamus laloumena, poco più piccola dell'ippopotamo comune (Faure, Guerin, 1990). Da ulteriori analisi è risultata la somiglianza di Hippopotamus madagascariensis con l'ippopotamo pigmeo dell'Africa Occidentale (Choeropsis liberiensis). L'estinzione degli ippopotami del Madagascar potrebbe essere avvenuta dopo il XVI secolo o poco più tardi. Alcune ossa mostrano segni inequivocabili di macellazione, segno che questi animali venivano attivamente cacciati a scopo alimentare. Come in molti altri casi, queste pratiche venatorie eccessive devono aver portato al tracollo le specie. Anche se il kilopilopitsofy viene considerato un animale immaginario, è notevole la forza delle tradizioni orali malgasce, che insistono sulla sua esistenza contemporanea. 

Una notevole testimonianza 

Nel villaggio di Belo sur Mer (sur Mer è ovviamente francese, "sul mare"), negli anni '90 del XX secolo, il paleobiologo David A. Burney raccolse i racconti degli abitanti, in modo tra loro indipendente, che descrivevano un animale entrato in più occasioni nell'abitato. Questo essere bizzarro era grande all'incirca come una vacca, aveva colorazione scura e grugniva incessantemente; in caso di minaccia correva, si tuffava e scompariva sott'acqua. Dall'analisi delle ossa, risulta che gli ippopotami malgasci erano più agili di quelli continentali e che le loro abitudini potrebbero essere state non completamente acquatiche. Accadde che un uomo del villaggio, a cui fu chiesto di imitare il verso del misterioso animale, emise un grugnito che somigliava in modo straordinario a quello dell'ippopotamo comune (Hippopotamus amphibius). Questo individuo, di nome Jean Noelson Pascou, era un abile imitatore di versi di animali, in vita sua non era mai stato fuori dal Madagascar e non aveva mai visto un ippopotamo. 

Note etimologiche 1/2

La traduzione di kilopilopitsofy dovrebbe essere "orecchie flosce", anche se finora non sono riuscito a trovare un'analisi accettabile della parola. Sembra che la parola pitsofy significhi "soffio", mentre non sono riuscito a trovare una traduzione per la prima parte del composto, kilopilo-. La segmentazione da me tentata potrebbe essere erronea. A un certo punto ho cominciato ad avere forti dubbi sulla validità della glossa tradizionale "orecchie flosce". Dopo qualche ricerca sono approdato a un risultato interessante. In lingua malgascia sofina è la parola che significa "orecchio": mi sono reso conto che la sua radice potrebbe essere presente nella parte finale del composto, -sofy (essendo -na un comune suffisso). Quello che mi appare evidente è l'assenza di un vocabolario etimologico della lingua malgascia, che sembra essere tra le meno studiate dell'intero pianeta. 

Note etimologiche 2/2

Un sinonimo di kilopilopitsofy è tsungaomby (variante tsy-aomby-aomby), traducibile come "non vacca". Sappiamo che la parola omby "vacca" è di origine Bantu e che deve essere stata importata in Madagascar in epoca non troppo remota dall'Africa continentale. Per la formazione di tsungaomby, cfr. Kiswahili si "non" e n'gombe "vacca".
Più semplice il sinonimo omby-rano, traducibile come "vacca d'acqua": in malgascio rano significa "acqua".
Si noterà che lalomena (trascritto secondo l'uso francese come laloumena) è un altro nome malgascio dell'ippopotamo. L'etimologia è al momento sconosciuta, forse a causa dell'esiguità delle informazioni a mia disposizione.  

Nel mondo accademico sono pochi gli studiosi che si sbilanciano. La maggior parte nutre un grande terrore di una possibile smentita, così si mantiene prudente. Così c'è chi ha pensato che l'ippopotamo di Belo sur Mer fosse un normalissimo esemplare di Hippopotamus amphibius che avrebbe attraversato a nuoto il Canale del Mozambico, partendo dall'Africa continentale ed approdando sulle coste del Madagascar. Anche se tecnicamente la cosa non sarebbe impossibile, una simile proposta appare come una solenne baggianata: l'attraversamento di un così vasto braccio di mare sarebbe un evento eccezionale, contrastante con la costanza degli avvistamenti del kilopilopitsofy. Un'altra strategia comune tra i detrattori della criptozoologia è quella di affermare la possibilità di "inquinamento" da parte di conoscenze moderne: anche gli indigeni di terre lontane leggono e fruiscono dei media. Peccato che questo non possa valere per i secoli passati. 


2) il kidoky 

Il kidoky ha tutte le caratteristiche tipiche di un lemure gigante. Il paleobiologo David A. Burney e l'archeologo malgascio Ramilisonina hanno intervistato alcuni anziani nativi nel corso di una spedizione nel 1995, venendo a conoscenza di questo criptide. Queste sono le parole di Burney:  

"This animal's description is decidedly lemur-like. It was compared to the sifaka by all the interviewees who described it, although all insisted that it was not the same animal... It is much larger...perhaps 25 kg. It is usually encountered on the ground and may flee on the ground rather than taking to the trees...Its whooping call is suggestive of an indri." 

Traduzione per gli anglofobi non anglofoni:

"La descrizione di questo animale è decisamente simile a quella di un lemure. È stato paragonato al sifaka da tutti gli intervistati che lo hanno descritto, sebbene tutti abbiano insistito sul fatto che non si trattasse dello stesso animale... È molto più grande... forse 25 kg. Di solito lo si incontra a terra e potrebbe fuggire lì piuttosto che rifugiarsi sugli alberi... Il suo verso stridulo ricorda quello di un indri."

Lo stesso Jean Noelson Pascou, che aveva imitato il verso dell'ippopotamo pigmeo, disse di aver osservato da vicino un esemplare di kidoky nel 1952: era un animale timidissimo e notturno, grande come una bambina di 7 anni, aveva la pelliccia scura, con una grande macchia bianca sulla fronte e sotto la bocca. Se spaventato non si arrampicava sugli alberi, ma fuggiva correndo a quattro zampe. L'attribuzione più probabile dei kidoky è al genere Archaeolemur. Sono noti resti subfossili di due specie, scomparse in seguito all'arrivo dell'uomo sull'isola: Archaeolemur edwardsi e Archaeolemur majori. Il peso stimato è di 20-25 kg. A giudicare dalla dentatura, la dieta era onnivora. Il parente conosciuto più prossimo è l'indri (Indri indri). Ovviamente, qualora si riuscisse a fotografare un esemplare di kidoky, sarebbe possibile saperne di più. 


3) il tratratratra 

Il tratratratra (trascritto in francese come trétrétrétré) è descritto come un lemure gigante dall'aspetto oltremodo spettrale: il corpo somiglia a quello di un grosso babbuino obeso, la coda è corta, mentre il volto è perfettamente riconoscibile come umano! Così l'ottimo Étienne de Flacourt lo descrive nella sua opera seminale, Histoire de la Grande Isle del Madagascar (1658): 

"Tretretretre ou Tratratratra, c’est un animal grand comme un veau de deux ans qui a la tête ronde et une face d’homme, les pieds de devant comme un singe et les pieds de derrière aussi. Il a le poil frisoté, la queue courte et les oreilles comme celles d’un homme. Il ressemble au Tanacht décrit par Ambroise Paré. Il s’en est vu un proche de l’étang de Lipomami aux environs duquel est son repaire. C’est un animal fort solitaire, les gens du pays en ont grand-peur et s’enfuient à sa vue tout comme lui aussi d’eux."  

Traduzione per i francofobi non francofoni:

"Il Tretretretre o Tratratratra è un animale grande quanto un vitello di due anni, con testa rotonda e volto umano, zampe anteriori e zampe posteriori da scimmia. Ha il pelo riccio, una coda corta e orecchie da uomo. Assomiglia al Tanacht descritto da Ambroise Paré. Un esemplare è stato avvistato vicino allo stagno di Lipomami, dove si trova la sua tana. È un animale molto solitario; la gente del posto ne ha molta paura e scappa alla sua vista, così come lui scappa da loro."

Non si riescono a trovare specie subfossili che si possano identificare in modo plausibile con il tratratratra. Si rimarca che generi come Paleopropithecus e Megadalapis non hanno caratteristiche compatibili. 
 
Peccato che non si possano vedere esemplari viventi di questa mirabile specie: il loro volto umano potrebbe servire a dare una forte scossa a scienze languenti come la filosofia e la teologia! Se esistesse un animale che ha lo stesso sembiante di un uomo, come si potrebbe negare che sia stato fatto a immagine e somiglianza di Dio? Secoli fa qualcuno disse che osservare una scimmia gli provocava mortificanti riflessioni. Non ricordo chi sia stato, non gettatemi la croce addosso. Ricordo però una cosa. Asimov commentò tali parole dicendo che le "mortificanti osservazioni" dovevano essere di questo tenore: "L'essere umano può essere considerato una scimmia più grossa e con meno peli". Benissimo. Che avrebbe detto quel tale se avesse visto un tratratratra

Note etimologiche
 
L'origine della parola tratratratra è con ogni probabilità onomatopeica. Deve essere l'adattamento fonetico del verso emesso dal lemure, considerato dai nativi una terrificante apparizione spettrale. Secondo le superstizioni malgasce, nei lemuri si reincarnano gli spiriti dei morti, in particolare in quelli di abitudini notturne e dotati di grandi occhi.  


4) l'antamba 

L'antamba è descritto come una specie simile al fossa (Cryptoprocta ferox) ma di proporzioni più grandi, che occupava la nicchia biologica predatoria dei grandi felini. Il fossa appartiene alla famiglia degli Eupleridi (Eupleridae) ed è strettamente imparentato con lo zibetto malgascio (Fossa fossana). Così l'ottimo Étienne de Flacourt descrive l'antamba nella sua opera seminale, Histoire de la Grande Isle del Madagascar (1658): 

"Antamba, c’est une bête grande comme un grand chien qui a la tête ronde, et au rapport des Nègres, elle a la ressemblance d’un léopard, elle dévore les hommes et les veaux. Elle est rare et ne demeure que dans les lieux des montagnes les moins frequentez."

Traduzione per i francofobi non francofoni: 

"L'Antamba è una bestia grande come un grosso cane, con la testa rotonda e, secondo i Negri, simile a un leopardo, che divora uomini e vitelli. È raro e vive solo nelle zone montuose meno frequentate."  

Alla luce di queste descrizioni, è possibile identificare l'antamba con il fossa gigante (Cryptoprocta spelea), di cui sono stati trovati resti subfossili. Si noti che ancora oggi i nativi sono convinti dell'esistenza di due diverse specie di fossa: il fossa rosso (fosa mena) e il fossa nero (fosa mainty). Quest'ultimo sarebbe quello di corporatura maggiore, probabilmente corrisponde al criptide. In tal caso, fosa mainty sarebbe un sinonimo di antamba.  

Negli anni '30, il cacciatore francese Paul Cazard ricevette segnalazioni di leoni giganti che vivevano nelle caverne in zone remote dell'isola, dove uccidevano sia il bestiame che esseri umani. È plausibile che si trattasse di antamba e che le descrizioni esagerate degli animali come "leoni giganti" fossero il frutto di una potente miscela di terrore, superstizione ed ignoranza. Nel novembre 1999, venuto a conoscenza di insistenti voci sulla presenza dell'antamba, il biologo conservazionista Luke Dollar guidò una spedizione nel Parco nazionale di Zahamena, ma non ebbe successo. 

Etimologia di antamba 

Stavo quasi arrendendomi. Ero convinto che non mi fosse possibile reperire nulla a proposito dell'etimologia del malgascio antamba. Invece ho insistito e qualcosa ho trovato. In un raro vocabolario online della lingua malgascia, la parola in questione è trattata. La glossa è "animal mystérieux, sorte de chat sauvage", ossia "animale misterioso, sorta di gatto selvatico". Si specifica anche qual è il significato originale e primario: "calamità, grande sfortuna". Riporto un estratto del testo e il link.  


"Ce mot a le sens général de calamité ; grand malheur. Il désigne aussi Clerodendrum alboviolaceum Moldenke (Lamiaceae). Petit arbre rare, localisé sur les sols basaltiques et qui a la réputation de porter malheur. Dans le Sud-Est, malgré la mauvaise réputation de ces arbres, les Clerodendrum (Lamiaceae), on donnerait une tisane des feuilles en cas de perte d'appetit."

Traduzione: 

"Questa parola ha il significato generale di calamità; grande sfortuna. Si riferisce anche al Clerodendrum alboviolaceum Moldenke (Lamiaceae). Un piccolo albero raro che cresce su terreni basaltici, si dice che porti sfortuna. Nel sud-est, nonostante la cattiva reputazione di questi alberi, si dice che un infuso a base di foglie di Clerodendrum (Lamiaceae) venga somministrato in caso di inappetenza." 

Evidentemente si tratta di una denominazione eufemistica e tabuistica. 

Etimologia di fossa 

Protoforma ricostruibile: *pusa 
Significato originale:
    1) donnola dai piedi nudi (Mustela nudipes
    2) gatto 
Esiti attestati: 
   Malgasy: fosa "Cryptoprocta ferox"
   Iban (Borneo): posa "gatto" 
   Malese: pusa "gatto" 
   Malese (dialettale): pusa "donnola dai piedi nudi" 
   Malese (Sarawak): pusak "gatto" 
   Tetum: busa "gatto" 
   Tagalog: pusa "gatto" 
   Ilocano: pusa "gatto" (pl. puspusa

L'origine ultima della protoforma *pusa è con ogni probabilità onomatopeica (potrebbe essere un tentativo di imitare le fusa del gatto o il verso della donnola). 

Una curiosità scatologica 

Il fossa ha una particolarità anatomica: l'ano è nascosto da una sacca anale, che contiene grosse ghiandole le cui secrezioni fortemente odorose servono a marcare il territorio. Per questo motivo il suo nome scientifico è Cryptoprocta, che alla lettera significa "ano nascosto". Non so che odore emani questo affascinante animaletto e non ho notizia di alcuno che sia andato ad annusarlo.

mercoledì 24 maggio 2023

CRIPTOZOOLOGIA IN MADAGASCAR: L'EPIORNITE E IL ROC

I miti sono costruiti attorno a un nucleo di verità ormai resa oscura dalle stratificazioni di secoli, dal rumore di fondo e dalla potenza dell'Oblio. Esistono tuttavia alcuni casi in cui è possibile scrostare la maschera che ricopre questa antica essenza, riuscendo infine a farla rifulgere. Sono più rari di quanto vorremmo, è vero, ma non dobbiamo disperare. Quando la logica permette di arrivare a una conclusione sensata, ogni cosa converge: paleontologia, zoologia, folklore, storia, linguistica. 


L'epiornite o uccello elefante
 

In Madagascar è esistita fino ad epoca abbastanza recente una specie di uccello colossale, l'epiornite (Aepyornis maximus), appartenente alla famiglia degli uccelli elefante. La sua estinzione dovrebbe essere avvenuta nel XVI secolo, forse nel XVII, tanto che se ne conservano resti di esemplari allo stato subfossile. 
Alti fino a 3 metri, questi uccelli inadatti al volo potevano arrivare a pesare mezza tonnellata. Le loro uova potevano avere una circonferenza di oltre 1 metro e un'altezza di oltre 30 centimetri: il volume, pari a circa 8 litri, equivaleva a quello di 160 uova di gallina. Le loro ossa erano prive di midollo. Gli epiorniti potrebbero essere gli uccelli più grandi mai esistiti. 
Esistevano anche alcune specie appartenenti allo stesso genere. ma di dimensioni minori (Aepyornis hildebrandti, Aepyornis gracilis, Aepyornis medius). Si deve però notare che la classificazione esatta è tuttora controversa. Secondo alcuni studiosi, potrebbe trattarsi di sottospecie da ricondursi all'unica specie Aepyornis maximus. Un altro uccello elefante era il Mullerornis modestus, che poteva raggiungere un peso di soli 80 kg. 
Il nome scientifico Aepyornis deriva dal greco αἰπύς (aipys) "alto", "a picco", "scosceso" e ὄρνις (ornis) "uccello". La parola αἰπύς non ha origini indoeuropee ed è un elemento del sostrato pre-greco. La parola ὄρνις "uccello" è invece di chiara origine indoeuropea e ha paralleli in germanico, in celtico, in balto-slavo, in armeno, in albanese e nelle lingue anatoliche.  


Il resoconto di Étienne de Flacourt

L'Ammiraglio Étienne de Flacourt (1607 - 1660), Governatore Francese del Madagascar, nel 1658 pubblicò un'opera importante, intitolata Histoire de la Grande Isle de Madagascar, in cui descrisse in modo sorprendentemente accurato diverse specie di animali dell'isola, di cui tre sono subfossili. Tra questi ultimi spicca il vorompatra, il cui nome significa "uccello degli Ampatri", ossia "uccello delle paludi". Queste sono le parole dell'Ammiraglio:  

"Vouronpatra, un grand oiseau qui hante les Ampatres et pond des œufs comme l'autruche ; afin que les habitants de ces lieux ne le prennent pas, il recherche les endroits les plus solitaires." 

Traduzione: 

"Vouronpatra, un grande uccello che infesta gli Ampatri e depone le uova come lo struzzo; affinché gli abitanti di quei luoghi non lo prendano, cerca i posti più solitari." 

Come si può capire a colpo occhio, il nome vorompatra è un composto. Il primo membro è la parola malgascia vorona, che significa "uccello". Il secondo membro è il toponimo Ampatra (francesizzato in "Ampatres"), che significa "luoghi paludosi" e si riferisce a una regione dell'Androy, un distretto situato nell'estremo meridione del Madagascar. 

Protoforma ricostruibile: *vorona-ampatra 
Esito storico: vorompatra 
Varianti ortografiche: vouronpatra, voroupatra
Sinonimi: vorombe, vorombazoho  

La robustezza delle tradizioni orali dei Malgasci relative a questi uccelli giganti, documentata dallo studioso francese, è comprovata anche dalle sopravvivenze lessicali. Se anche ammettessimo che nessun esemplare di epiornite fosse sopravvissuto all'epoca del resoconto, sarebbe oltremodo interessante questa occasione di studiare gli effetti di un'estinzione recente: le genti del luogo non si sarebbero rese conto della scomparsa di un animale di notevoli dimensioni, continuando a mantenerlo in vita nell'immaginario collettivo. In ogni caso, il perdurare di testimonianze nei secoli successivi non può essere trascurato. 

Testimonianze più recenti

Anche se il resoconto di Flacourt non fu creduto, le voci sulla presenza di uccelli giganteschi persistettero fino alla metà del XIX secolo. Nel frattempo, le foreste paludose e le zone umide del Madagascar si erano gravemente impoverite. 
John Joliffe, chirurgo a bordo della HMS Gesyer, scrisse un diario in cui è riporta una conversazione risalente al 1848 con un commerciante francese di nome Dumarele, il quale sosteneva che i commercianti malgasci di Port Leven conservassero il rum in enormi uova, che a loro dire si trovavano talvolta nelle foreste e nei canneti, deposte da un uccello gigantesco che si vedeva molto raramente nelle foreste più fitte.
Ferdinand von Hochstetter (1829 - 1884) registrò indipendentemente la stessa affermazione, sebbene nel suo resoconto i commercianti avessero visitato l'isola olandese di Mauritius. Alfred Grandidier (1836 - 1921) scoprì in seguito che i Tandroy di Androy riconoscevano ancora il termine vorompatra, anche se il suo informatore, il capo Tsifanihy di Capo St. Mary, non aveva mai visto in vita sua uno di questi uccelli, pur ritenendoli "ben noti ai suoi antenati". Tsifanihy riuscì a condurre Grandidier in una palude vicina dove scoprì resti subfossili di un uccello elefante.
Roy P. Mackal scrisse nel 1980 che alcuni informatori locali insistevano sul fatto che una specie più piccola di uccello elefante (identificabile con Mullerornis) sopravvivesse ancora in foreste molto remote, dove il suo habitat paludoso e boscoso si era ridotto, ma non era scomparso. Diverse voci più recenti spinsero l'ufficiale inglese per la conservazione Barry Ingram a tentare una ricerca di uccelli elefante addirittura nel 1997 o nel 1998. Anche Ivan Mackerle condusse una ricerca più o meno nello stesso periodo. Le premesse sono buone: mi auguro che presto si potrà fotografare un autentico epiornite vivente! 


Marco Polo e l'uccello grifone 

Marco Polo (1254 - 1324) ha parlato di un uccello portentoso e immenso, chiamato ruc, che sarebbe vissuto proprio in Madagascar. Riporto un estratto della sua opera (Milione, Capitolo 186, Dell'isola di Madegascar): 

"
Ancora sappiate che quelle isole che sono cotanto verso il mezzodí, le navi non vi vanno voluntieri per l’acqua che corre cosí forte. Dicomi certi mercatanti che vi sono iti, che v’à uccelli grifoni, e questi uccelli apaiono certa parte dell’anno, ma non sono cosí fatti come si dice di qua, cioè mezzo uccello e mezzo lione, ma sono fatti come aguglie, e sono grandi com’io vi dirò. Egli pigliano l’alifante e pòrtallo su in aire, e poscia il lasciano cadere, e quelli si disfa tutto, poscia si pasce sopra lui. Ancora dicono quelli che l’ànno veduti, che l’alie sue sono sí grandi che cuoprono 20 passi, e le penne sono lunghe 12 passi, e sono grosse come si conviene a quella lunghezza. Quello ch’io n’ò veduto di questi uccelli, io il vi dirò in altro luogo.

E ancora: 

"Lo Grande Kane vi mandò messaggi per sapere di que]le cose di quell’isola, e preserne uno, sicché vi rimandò ancora messaggi per fare lasciare quello. Questi messaggi recarono al Grande Kane uno dente di porco salvatico che pesòe 14 libbre. 
Elli ànno sí divisate bestie e uccelli ch’è una maraviglia. Quelli di quella isola sí chiamano quello uccello ruc, ma per la grandezza sua noi crediamo che sia grifone."

Certo che no, gli abitanti del Madagascar non chiamavano ruc l'uccello gigante, con buona pace del Veneziano. Il nome dovette essere un articolo d'importazione; allo stesso modo fu importato in Occidente, dove prevalse la forma roc. La fonte non è sconosciuta. Questa misteriosa creatura compare due volte nella celebre raccolta di racconti orientali Le mille e una notte (arabo: ألف ليلة وليلة‎?, ʾAlf layla wa layla; persiano: هزار و یک شب‎, Hezār-o yek šab), realizzata nel X secolo, di varia ambientazione storico-geografica e composta da differenti autori. 


Madagascar e Mogadiscio:
pretese difficoltà di identificazione

A noi lettori moderni, a volte sembra proprio che Marco Polo avesse le idee piuttosto confuse. Già avevo notato che descriveva il Madagascar come un paese di religione maomettana, quando ci si sarebbe aspettati che dicesse dei Malgasci "È sono idoli" (ossia "Essi sono idolatri"), essendo politeisti fino a tempi recenti. Il Cristianesimo è penetrato nell'isola abbastanza tardi: ancora nel corso del XIX secolo aveva notevoli difficoltà, essendo perseguitato aspramente nel corso del regno della Regina Ranavalona I, che durò dal 1828 al 1861. Va detto che in Madagascar è esistita nel corso dei secoli un'antica e radicata presenza musulmana, rappresentata soprattutto da mercanti e da loro discendenti (gli Antemoro e gli Antanosy), eppure il Veneziano non si sarebbe sbagliato in modo così grossolano trascurando le diffuse pratiche idolatriche. Dunque è sorto in alcuni studiosi il dubbio che con il toponimo Madagascar, l'autore del Milione intendesse in realtà Mogadiscio, che è ed era già all'epoca un paese di religione maomettana. Questa obiezione è comunque del tutto implausibile, proprio perché nel Capitolo 186 del Milione, il Madagascar è descritto al di là di ogni dubbio come un'isola di proporzioni eccezionali! 

"Mandegascar si è una isola verso mezzodí, di lungi da Scara intorno da 1.000 miglia. Questi sono saracini ch’adorano Malcometo; questi ànno 4 vescovi - cio(è) 4 vecchi uomini -, ch’ànno la signoria di tutta l’isola. E sapiate che questa è la migliore isola e la magiore di tutto il mondo, ché si dice ch’ella gira 4.000 miglia. È vivono di mercatantia e d’arti. Qui nasce piú leofanti che in parte del mondo; e per tutto l’altro mondo non si vende né compera tanti denti di leofanti quanto in questa isola ed in quella di Zaghibar. E sapiate che in questa isola non si mangia altra carne che di camelli, e mangiavisene tanti che non si potrebbe credere; e dicono che questa carne di camelli è la piú sana carne e la migliore che sia al mondo." 

Come si può vedere, abbiamo a che fare con un miscuglio incredibile di cose vere (il Madagascar è un'isola immensa) e di cose false (il Madagascar è pieno zeppo di elefanti e di cammelli, è governato da quattro anziani saraceni, etc.).

Una soluzione dell'enigma

L'epiornite probabilmente fu avvistato da qualche viaggiatore e creduto essere il pulcino di un uccello volante e rapace ben più grande, il roc per l'appunto. Le foglie della pianta Raphia scambiate per piume di roc, unitamente alle alette atrofiche dell'uccello elefante, dovettero rafforzare questa credenza allucinatoria. Tutto dovette nascere per via di un uccello rapace effettivamente esistito ed estinto nel XVI secolo: l'aquila coronata malgascia (Stephanoaetus mahery), di proporzioni leggermente maggiori rispetto a quelle dell'aquila coronata africana (Stephanoaetus coronatus). Nulla di paragonabile all'epiornite, ovviamente: si parla di un rapace del peso massimo stimato di circa 7 kg. In certe condizioni la fantasia umana può galoppare, così qualcuno è arrivato a concepire l'idea di un animale volante titanico, fisicamente impossibile. 


Etimologia di Roc 

La parola roc (variante ruc) deriva dal persiano رخ rokh (trascritto anche rukh o ruk), che designa un uccello immane dal piumaggio bianco, di tali dimensioni da permettergli di uccidere gli elefanti per cibarsi della loro carne. Il termine persiano non deve essere confuso con l'omofono رُخ rokh (rukh), che significa "carro" e che entrò nelle lingue europee nel contesto degli scacchi (antico francese roc, italiano arrocco, inglese rook). 

L'ipotesi più probabile è che rokh derivi dal nome del mitico uccello سیمرغ Sīmurgh (trascritto anche Simorgh, Simorg, Simurg, Simoorg, Simorq, Simourv), dal medio persiano Sēnmurw (trascritto anche Senmurv), a sua volta da un più antico Sēnmuruγ. Nei testi in scrittura Pazend si ha Sīna-mrū. In avestico era noto come mərəγō Saēnō, ossia "Uccello Saēna". Il nome in origine indicava un'aquila, un rapace: in sanscrito si ha la parola imparentata श्येन śyenaḥ significa "aquila", "falco", "rapace, uccello predatore". Dal medio persiano, il nome Sēnmuruγ è passato come prestito in armeno, dando սիրամարգ siramarg "pavone". 
La trafila che ha portato da Sēnmuruγ a rokh è ipotizzabile in questi termini: 

sēnmuruγ => *senəmruk => *mruk => ruk 

Dal persiano la parola rokh è poi passata in arabo come لرُخّ ar-ruḫḫ

domenica 9 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI KUNG FU

L'arte marziale conosciuta come kung fu ha le sue radici in Cina, ma non tutto è semplice come sembra. Trovo di grande interesse fare qualche approfondimento etimologico, in grado di rivelare affascinanti mondi di incredibile complessità.   

Forma standard: kung fu 
Forme ortografiche alternative: 
gongfu, gong-fu, gong fu, gungfu, gung-fu, gung fu, kungfu, kung-fu, Kung Fu 

Pronuncia adattata all'inglese: 
/'kʌŋ 'fuː/ 

Etimologia

Cinese mandarino: 
功夫 gōngfu "capacità, abilità tecnica" => "arte marziale" 
   Variante: gōngfū 
Grafia alternativa: 工夫
Pronuncia standard: 
/ˈkʊŋ ˈfuː/ 
Pronuncia cantonese: 
/ˈkɔŋ ˈfuː/

Semantica: 

1) tempo (di fare qualcosa) 
esempi: 
我没有功夫 Wǒ méiyǒu gōngfu "Non ho tempo", "Sono occupato." 
一会儿功夫他就爬上了一个大树  Yīhuìr gōngfu tā jiù pá shàng le yīge dà shù "Egli si è arrampicato su un albero alto in un batter d'occhio." 
我们前几天的工夫算是白花  Wǒmen qiánjǐtiān de gōngfu suànshì báihuā "Tutto il lavoro che le ho dedicato negli ultimi giorni è stato semplicemente sprecato." 
既然你没有工夫,你就不必参加茶会了  Jìrán nǐ méiyǒu gōngfu, nǐ jiù bùbì cānjiā cháhuì le "Dato che non hai tempo, non è necessario che partecipi alla festa del tè."

2) sforzo (per uno scopo); realizzazione, compimento  
esempi: 
功夫不負有心人  Gōngfu bùfù yǒuxīnrén "Lo sforzo ripaga."
功夫到了,事情自然会成功  Gōngfū dàole, shìqíng zìrán huì chénggōng "Lo sforzo costante produce il sicuro successo." 
滴水穿石;只要功夫深,铁杵磨成针  Dīshuǐchuānshí; zhǐyào gōngfū shēn, tiě chǔ mó chéng zhēn "Una goccia d'acqua forerà una pietra; se lavori abbastanza duramente, un pestello di ferro si trasformerà in un ago." 
要花很大的功夫才行  Yào huā hěn dà de gōngfu cái xíng "Non funziona finché non si fa un grande sforzo." 
在开发者文档中花上一番工夫去解释其背后的思想  Zài kāifāzhě wéndàng zhōng huā shàng yīfān gōngfu qù jiěshì qí bèihòu de sīxiǎng "Prenditi cura della documentazione dello sviluppatore per spiegare il pensiero dietro di esso." 

3) arte, capacità, abilità 
esempi: 
那个演员念台词的功夫不错  Nà ge yǎnyuán niàn táicí de gōngfu bùcuò "La capacità dell'attore di leggere le sue battute non è poi così scarsa." 
他 让 我们 领略 了他的 功夫  Tā ràng wǒmen lǐnglüèle tā de gōngfū "Ci ha fatto apprezzare le sue capacità."

4) arte marziale cinese  
esempi: 
耍功夫  shuǎ gōngfū "eseguire il kung fu"  
功夫是一种古老和可敬的武术 Gōngfū shì yī zhǒng gǔlǎo hàn kě jìng de wǔshù "Il kung fu è un'arte marziale antica e nobile"
这是中国少林功夫首次在雅典登台亮相  Zhè shì Zhōngguó Shàolín gōngfu shǒucì zài Yǎdiǎn dēng tái liàngxiàng "Questa è stata la prima volta che il kung fu cinese Shaolin è stato esibito ad Atene, in Grecia."  



La lingua cinese, composta di elementi monosillabici, tende in realtà al bisillabismo apparente. Come si può facilmente intuire, la parola 功夫 gōngfu è un composto di 功 gōng e della particella 夫 , che è usata come suffisso nominale e può avere diverse funzioni (il significato originale è "uomo", "marito", "lavoratore"). Il primo elemento gōng ha i seguenti significati:

- merito
- fatto meritorio 
- servizio (meritorio)
- efficacia 
- risultato 
- raggiungere uno scopo 
- raggiungimento di uno scopo 
- abilità 
- realizzazione 
- impresa  
- artigianato 

Viene usato in fisica per indicare il lavoro (prodotto scalare della forza per lo spostamento). 

Questo è quanto riporta il sempre validissimo Starostin sull'evoluzione storica della parola: 

Lettura moderna (Pechino): gōng
Antico cinese pre-classico: kōŋ
Antico cinese classico: kōŋ
Cinese Han occidentale: kōŋ
Cinese Han orientale: kōŋ
Primo cinese post-classico: kōŋ
Medio cinese post-classico: kōŋ
Tardo cinese post-classico: kwōŋ
Medio cinese: kuŋ
Glossa inglese: work, effort; achievement; merit
Glossa russa: 1) заслуга, подвиг; доблесть; достоинство; отличник; искусный, тонкий; 2) дело; страда; труд, занятие, работа; 3) результат, эффект; достижение, успех; 4) прилежание; заниматься, трудиться; 5) древн. траурный; траур 


Effetto boomerang! 

Lo specifico significato di "arti marziali", che in Cina era di uso gergale, si è diffuso enormemente negli Stati Uniti d'America grazie alla Settima Arte: il genere dei film di kung fu è un fenomeno esploso nel 1973 con Bruce Lee (nato 李振藩 Lǐ Zhènfān, 1940 - 1973) e giunto ad esaurirsi soltanto nella seconda metà degli anni '90. Una volta cristallizzata questa accezione del termine kung fu, ecco che la parola è tornata nel paese di origine, nelle profondità dell'immensa Cina, ottenendo una grandissima fortuna! Il vero nome cinese delle arti marziali è 武术 wǔshù. Abbiamo così tracciato lo sviluppo recente di questo significato di 功夫 gōngfu, che dovrebbe essere separato da quelli originali: è un esempio del complesso fenomeno chiamato effetto boomerang, in cui una parola parte da una lingua, si radica in un'altra, per poi tornare nella lingua da cui è partita, subendo trasformazioni che possono essere fonetiche e/o semantiche.

Un importante derivato  

Degno di nota è il composto 功夫片 gōngfu piàn "film di kung fu" (scritto anche gongfupiangong fu pian, gong-fu pian). Non di rado si trova gong fu pian anche in articoli in inglese e addirittura in italiano.  
La parola 片 piàn significa "film", "fotografia", anche se ha molte altre traduzioni: si va da "pezzo sottile", "fetta", "superficie", "area" al tecnicismo medico "pastiglia". Altri significati sono tipici di realtà locali (es. "pannolino", etc.) La pronuncia è sfuggente e l'accento sembra cadere sulla -i-. In cantonese la pronuncia è /pin/ e in gergo può anche significare "mazzetta".  


La forma ricostruibile per il cinese antico è *phēns (in epoca arcaica la fonetica era più complessa di quella attuale). Il significato originale di questa radice doveva essere "fetta", "affettare". 

Alcuni adattamenti di gōngfu

Segnaliamo giusto pochi casi in cui si sono verificati esiti curiosi nel passaggio della parola gōnfu in altre lingue, la cui fonologia è molto diversa da quella del cinese. 

Giapponese: 

i) カンフー  kanfū "arte marziale cinese" 
Nota: è un evidente prestito dall'inglese, cosa che si riconosce subito dalla vocale /a/, derivata da /ʌ/. Si nota però che nelle lingue del gruppo Min meridionale la pronuncia di gōngfu è kang hu, gang hu, quindi si potrebbe avere comunque un margine di dubbio.

ii) 拳法  kempō "arti marziali" (termine generico) 

iii) くふう  (工夫)  kufū "dispositivo", "schema"; "dedizione al miglioramento spirituale" (soprattutto nella meditazione Zen) 
Verbo derivato: 
工夫する kufū suru "ideare, inventare, escogitare" 

iv) 工夫  kōfu "lavoratore", "colletto blu" 

Come si vede, si sono originate, in epoche diverse, quattro pronunce ben distinte. In particolare, un parlante giapponese potrebbe non avere chiaro che kanfūkufū, kempō e kōfu abbiano la stessa origine. 

Coreano: 

Coreano standard: 공부  gongbu "studio"; "tributo"    
Jeju: 공븨  gongbuigongbi "studio"

Forme derivate: 
Coreano standard: 공부하다  gongbuhada "studiare" 
Jeju: 공븨ᄒᆞ다  gongbuihawda "studiare" 
Era chiamato 공부 Gongbu il Ministro Imperiale Cinese delle Opere, dalla dinastia Tang alla dinastia Qing; lo stesso titolo aveva il Ministro delle Opere del Regno Goryeo. 
Era chiamato 공조 Gongjo il Ministro delle Opere della dinastia coreana Joseon. 

Tagalog: 

Tagalog standard: /kuŋ 'fu/ [kʊm 'fu]
Pronuncia popolare: /kuŋ 'pu/ [kʊm 'pu] 
Nota: 
Questa evoluzione fonetica della parola non è evidente a livello grafico.

I misteri della lingua inglese:   

Da kung fu è stato derivato un grottesco verbo to kung fu "praticare il kung fu", con una coniugazione che sembra un esercizio comico, guittesco! Se Shakespeare fosse stato a conoscenza di simili futuri sviluppi della sua lingua, di certo ne sarebbe rimasto esterrefatto. Ecco alcune di queste buffe forme coniugate:  

Presente semplice: 

I kung fu
you kung fu 
he/she kung fus (*)
we kung fu
you kung fu (pl.)
they kung fu 

(*) anziché l'atteso kung fues, di cui non sembra però trovarsi traccia.

Presente continuo: 

I am kung fuing
you are kung fuing
he/she is kung fuing 
we are kung fuing
you are kung fuing (pl.)
they are kung fuing  

Passato semplice: 

I kung fued 
you kung fued 
he/she kung fued 
we kung fued
you kung fued (pl.)
they kung fued 

Passato perfetto: 

I have kung fued 
you have kung fued 
he/she has kung fued 
we have kung fued
you have kung fued (pl.)
they have kung fued 

Futuro semplice: 

I will kung fu 
you will kung fu 
he/she will kung fu  
we will kung fu 
you will kung fu (pl.)
they will kung fu 

Participio passato: 
kung fued 

etc. 

domenica 24 gennaio 2021

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI RUM

Qual è l'etimologia di rum? Quanti se lo saranno chiesto? Ricordo che un tempo in italiano si scriveva addirittura rhum, con una consonante -h- intrusiva e inutile, ma per fortuna questa ortografia bizzarra è poi caduta in disuso. Molti si accontentano di dire che la parola in questione viene dall'inglese rum (pronuncia /ɹʌm/; inglese scolastico italico /ram/). Questo non è il punto d'arrivo, ma il punto di partenza: il problema è capire da dove l'inglese ha preso un termine tanto strano. Ebbene, indagare l'argomento significa immergersi in acque torbide e profonde, in cui all'inizio si ha l'impressione di annaspare senza certezza di ottenerne alcunché di utile. Il percorso per arrivare a un'ipotesi verosimile è abbastanza tortuoso, come spesso accade nel chimerico regno delle etimologie di vocaboli inglesi che sembrano fatti di aria sottile. Questo è ciò che riporta il dizionario Etymonline.com a proposito del nome del famoso liquore (traduzione del sottoscritto): 
 
 
rum (n.) 
 
"liquore distillato dal succo della canna da zucchero o dalla melassa", anni '50 del Seicento, evidentemente un'abbreviazione di rumbullion (1651), rombostion (1652), tutte parole di incerta origine, ma i sospetti cadono su rum (agg.) "eccellente, buono, pregiato"; la frase rum bouse "buon liquore" è attestata dagli anni '60 del Cinquecento e per tutto il Settecento. La parola inglese è stata data in prestito all'olandese, al tedesco, allo svedese, al danese, allo spagnolo, al portoghese, all'italiano, al francese e al russo. 

Questa è un brano riportato sempre nella stessa fonte: 
 
"In the Library of Trinity College, Dublin, is a manuscript entitled "A briefe description of the Island of Barbados." It is undated but from internal evidence it must have been written about the year 1651. In describing the various drinks in vogue in Barbados, the writer says : "The chief fudling they make in the Island is Rumbullion alias Kill-Divill, and this is made of sugar canes distilled, a hot, hellish, and terrible liquor."
["The Etymology of the Word Rum," in Timehri, 1885]
 
Traduzione: 

"Nella Biblioteca del Trinity College, a Dublino, c'è un manoscritto intitolato "A briefe description of the Island of Barbados" ("Una breve descrizione dell'Isola di Barbados"). Non è datato, ma dall'evidenza interna deve essere stato scritto all'incirca nell'anno 1651. Descrivendo le varie bevande in voga a Barbados, l'autore dice: "Il principale intossicante che producono nell'isola è il Rumbullion, anche detto Kill-Divill*, ed è fatto con canna da zucchero distillata, un liquore caldo, infernale e terribile." 
 
*Sta per kill-devil, chiamato così perché avrebbe una tale potenza da uccidere persino il Diavolo (N.d.T). 
 
C'è un'altra interessante testimonianza: 

"Rum is a spirit extracted from the juice of the sugar-canes, commonly, twice as strong as brandy, call’d Kill-Devil in New England, whither 'tis sold, at the rate of twelve pounds of sugar per gallon."
["An impartial description of Surinam upon the continent of Guiana in America", George Warren, 1667

Traduzione: 

"Il rum è uno spirito alcolico estratto dal succo delle canne da zucchero, comunemente, due volte più forte del brandy, chiamato Kill-Devil nel New England, dove viene venduto, alla tariffa di dodici libbre di zucchero per gallone".

Già agli inizi del XIX secolo, negli Stati Uniti d'America è ben attestato l'uso della parola rum per indicare in generale qualsiasi bevanda intossicante. Si tratta di un uso spregiativo, ostile. Questa semantica è frutto del moralismo puritano tanto radicato in quella nazione, e ha dato origine a numerosi vocaboli gergali in uso nell'epoca del proibizionismo, come rum-runner "contrabbandiere di alcolici". Questa è una testimonianza riportata su Etymonline.com:  

"Rum I take to be the name which unwashed moralists apply alike to the product distilled from molasses and the noblest juices of the vineyard. Burgundy in "all its sunset glow" is rum. Champagne, soul of "the foaming grape of Eastern France," is rum. ... Sir, I repudiate the loathsome vulgarism as an insult to the first miracle wrought by the Founder of our religion!"
[Oliver Wendell Holmes, "The Autocrat of the Breakfast-Table," 1871] 
 
Traduzione: 
 
"Considero rum il nome che gli sporchi moralisti applicano allo stesso modo ai prodotti distillati dalla melassa e ai più nobili succhi del vigneto. Il Borgogna in "tutto il suo splendore del tramonto" è rum. Lo Champagne, anima "dell'uva spumeggiante della Francia Orientale" è rum. ... Signore, ripudio l'odioso volgarismo come un insulto al primo miracolo operato dal Fondatore della nostra religione!" 
 
L'origine di rum "distillato di canna da zucchero" va quindi ricercata nell'aggettivo gergale rum "buono, eccellente". Sono sicuro che quest'ultimo vocabolo non sia molto familiare ai lettori. Certamente non viene insegnato nelle scuole italiane ai branchi di bulli somari e di stronze che le infestano. Questa è la spiegazione approssimativa e grossolana riportata da Etymonline.com (la traduzione è sempre mia):  


rum (agg.)

"eccellente, bello, buono, pregiato", gergo dei ladri, anni '60 del Cinquecento, anche rome "bello", che si ritiene derivare dal Romaní rom "maschio, marito" (vedi Romany). Una parola furbesca molto comune del XVII secolo (opposta a queer), come in rum kicks "Pantaloni di broccato d'oro o d'argento, o riccamente allacciati con oro o argento."
[Grose, "Dictionary of the Vulgar Tongue," 1785]
 
E ancora:

"Entro il 1774 è venuto a significare piuttosto l'opposto: "bizzarro, strano, cattivo, omosessuale, spurio", forse perché era stato usato tanto spesso in modo positivo dai furfanti rifendosi gli uni agli altri. O forse questa è una parola diversa. Questo era il senso comune dopo il 1800 circa.
 
"Rom (o rum) e quier (o queer) entrano largamente in combinazione, così -- rom = coraggioso, bello, furbo, eccellente, forte; rom-bouse = vino o bevanda forte; rum-bite = un espediente furbo o una frode; rum-blowen = una bella signora; rum-bung = un borsellino pieno; rum-diver = un borseggiatore abile; rum-padder = un bandito ben equipaggiato, etc.: anche queere = ignobile, criminale; queer-bung = un borsellino vuoto; queer-cole = soldi cattivi; queer-diver = un borseggiatore maldestro; queer-ken = una prigione; queer-mort = una prostituta malata, e così via."
[John S. Farmer, "Musa Pedestris," 1896] 
 
A partire da questi dati pur tanto disomogenei, si riesce comunque a trovare il bandolo della matassa. L'origine del rum è sicuramente dalla lingua Romaní e può essere ben tracciata. Riportiamo a questo proposito i dati relativi all'importantissimo vocabolo rrom, con alcune forme declinate, derivati di vario tipo, oltre a qualche frase notevole d'uso corrente: 
 
rrom "uomo (zigano), marito, maschio" 
    accusativo singolare: rromes 
    genitivo singolare: rromesko  
    dativo singolare: rromeske  
    locativo singolare: rromeste 
    ablativo singolare: rromestar
    comitativo singolare: rromesa 
    privativo singolare: bi rromesko  
    vocativo singolare: rromeja  
  plurale: rroma "uomini (zigani), mariti, maschi" 
    accusativo plurale: rromen  
    genitivo plurale: rromengo 
    dativo plurale: rromenge  
    locativo plurale: rromende 
    ablativo plurale: rromendar
    comitativo plurale: rromensa  
    privativo plurale: bi rromengo 
    vocativo plurale: rromale
rromní "donna (zigana)" 
    accusativo singolare: rromnja 
    vocativo singolare: rromnile
  plurale: rromnja "donne (zigane)"
    accusativo plurale: rromnjen  
    vocativo plurale: rromnjale, rromnale  
aggettivo maschile: rromanó "zigano" 
aggettivo femmile: rromaní "zigana" 
   rromani čhib "lingua zigana"
avverbio: rromanes "in lingua zigana" 
altri derivati: rromanipen "identità zigana", 
   rromanimos "identità zigana"  
fraseologia:  
maškare Rroma "tra gli Zigani" 
e rromeskro kher "la casa dell'uomo (zigano)" 
rrom rromensa, gadjé gadjensa "gli Zigani con gli Zigani, i non Zigani con i non Zigani"

Nel gergo tipico dei ladri inglesi (Thieves' cant), il nome di Londra era Romeville (varianti: Rumville, Rum-ville, Rome-vile, Rome vyle, Rum File, etc.), alla lettera "Città Eccellente". In origine il significato era senza dubbio "Città degli Zigani".
 
Questa è la catena degli slittamenti semantici che hanno portato dal rom al rum
 
"uomo (zigano), marito, maschio" => 
"maschile, virile" => 
"forte" => 
"valente, coraggioso" => 
"buono" 
 
Quindi:  
 
"liquore forte", "liquore buono" => 
"distillato di canna, rum" 

Una seconda catena di slittamenti, generata da un certo puritanesimo antialcolico anglosassone, è questa: 

"liquore forte" =
"ubriachezza"; "pieno di liquore" =>  
"deviante, anormale, perverso"  

Se pensiamo poi che la parola rrom "uomo (zigano), marito, maschio" è derivata in ultima analisi dal sanscrito डोम्ब ḍomba (ḍumba, ḍoma) "uomo di bassa casta che esercita il mestiere di musico", possiamo avere un'idea di come le parole siano soggette a profondi mutamenti nel corso dei secoli e di come sia complicato tracciarle.

Questo per me è tutto ciò che si può dedurre di sensato dai dati a disposizione. È la reale etimologia della parola rum, per quanto non abbia un'apparenza molto lineare.  

Il termine rumbullion, citato nelle fonti del XIX secolo, appartiene all'insieme delle parole gergali formate a partire da rum "forte, buono". Il secondo elemento di questo composto è il francese bouillon "bevanda calda" (da bouillir "bollire", stessa radice dell'italiano bollire e dell'inglese to boil). Alla lettera è "qualcosa che ribolle". Sbagliano quindi coloro che ritengono rumbullion un'alterazione popolare di revolution "rivoluzione". Nel Devonshire rumbullion significava in effetti "grande tumulto, rivolta", ma era senza dubbio una metafora proveniente dal significato originario di "liquido che ribolle fortemente". Simile a questo vocabolo e sempre della stessa origine era il termine marinaresco rumbowling "grog". Nelle Barbados ci fu lo stanziamento di coloni inglesi provenienti proprio dal Devonshire, e questo spiega l'attestazione di rumbullion per designare il distillato di canna. 
 
Un'altra serie di vocaboli simili deriva dall'uso dell'aggettivo rum associato a booze (variante: bouze) /bu:z/ "bevanda alcolica": rum booze, rum bouze "bevanda forte", "bevanda eccellente". In epoca elisabettiana rum booze significava "vino" (attestazione del 1567). Secondo gli accademici, la parola booze è di origine controversa. A me sembra chiaro che l'origine è dal turco boza, che indica vari tipi di bevande alcoliche, dall'idromele a una specie di birra di miglio. La parola dovette entrare in inglese in epoca abbastanza precoce: già nella metà del XIV secolo abbiamo l'attestazione di bous "bevanda intossicante". Secondo il British Council, si tratterebbe invece di un derivato del medio olandese būsen "bere in eccesso". Sono farneticanti i tentativi di ricondurre booze a nomi di distillatori più o meno fantomatici, come un certo E.G. Booz di Filadelfia. Avevo reperito persino una storiella che parlava di importanti distillerie il cui nome era Ramboozle. Quando ho cercato di nuovo l'informazione, non ho trovato più nulla - a ulteriore riprova che era un fake. Sono state persino fabbricate bottiglie false con il nome di E.G. Booz o delle distillerie Ramboozle! Queste sono etimologie popolari studiate ad hoc, che meritano soltanto di essere irrise e schernite. Nel vocabolario di Johnson (1755) troviamo rambooze, glossato come "Una bevanda fatta di vino, birra, uova e zucchero in inverno, o di vino, latte, zucchero e acqua di rose in estate". Il prefisso ram- è una variante di rum-. Si capisce subito che ramboozle è una semplice variante di rambooze; una bevanda con questo nome è tuttora prodotta dalla ditta Hard Way Cider Co., anche se nella sua ricetta non sono più incluse le uova. In Nuova Zelanda, durante la Seconda Guerra Mondiale, boozeroo significava "abbuffata alcolica".

La locuzione rum booze "bevanda forte", sarebbe stata scritta anche rumboes. Data la sua forma, sarebbe stata scambiata per un plurale, donde avrebbe avuto origine per retroformazione la variante rumbo "punch forte". Non sembra essere una spiegazione plausibile, data la differenza della vocale nell'ultima sillaba: rum booze /'rʌmbu:z/ rispetto a rumbo /'rʌmbəʊ/. Si dovrebbe immaginare l'origine di rumbo da una pronuncia ortografica, cosa che di per sé pone l'ipotesi in dubbio (i contesti in cui sorgevano queste forme gergali erano agrafi). 
 
Da rumbullion derivano formazioni arbitrarie come rumbustion, rombostion e rugumption per influenza di rum booze, ma anche di boisterous "rude, grossolano; turbolento, chiassoso (detto di persone)", robustious "id." e bumptious "offensivamente assertivo". Un aggettivo rumbustious, sinonimo di boisterous, è documentato con numerose varianti come rambunctious, rambumptious, rambustical, rugumptious, rambuskious, etc., con significati che vanno da "rude, violento" a "scaltro, audace, avventato". Esiste anche gumption "senso comune", abbreviazione di un precedente rumgumption nel senso originale di "rude senso comune". L'aggettivo berummaged "confuso" (lett. "pieno di liquore") è stato attestato a Dartmoor, nel Devon, nel 1885.
 
In francese abbiamo i seguenti termini argotici di origine inglese, connessi col materiale esposto: 
 
rogomme "bevanda forte" (< ingl. rugumption)  
guildive "rum industriale" (<  ingl. kill-devil)

Una serie di false etimologie 

Riporto le proposte etimologiche fallaci che sono riuscito a reperire:

1) rum sarebbe derivato dal greco rheuma "flusso", da cui provengono anche le parole rheumatic "reumatico", rheumatism "reumatismo";
2) rum sarebbe derivato dal greco aroma, conservando soltanto la sillaba tonica; 
3) rum sarebbe derivato dal latino saccharum "zucchero" (di origine greca), conservando soltanto la sillaba finale; 
4) rum sarebbe derivato dall'olandese roemer /'ɹu:məɹ/ "grande bicchiere per bevande alcoliche" (variante rummer); 
5) rum sarebbe derivato dal malese beram "bevanda alcolica, vino di riso", con caduta della prima sillaba atona (Skeat, 1882); 
6) rum sarebbe derivato dal sanscrito रोम roma "acqua" (parola tecnica che ha diversi altri significati, come "buco", "cavità").

Adattamenti in altre lingue 

Il francese è il responsable dell'ortografia rhum, per via dell'errata credenza nella derivazione da rheuma. La pronuncia in francese è /ʁɔm/. Lo spagnolo ha adattato il vocabolo inglese in ron, non amando la consonante finale -m. In molte altre lingue, tra cui l'italiano e il tedesco, si è avuta una pronuncia ortografica. Per questo motivo in italiano rum si pronuncia /rum/, che è molto più simile nel suono all'inglese room "stanza" /ɹu:m/ che non all'originale rum "distillato di canna" /ɹʌm/. Del resto non dobbiamo stupirci troppo. Accade anche il percorso inverso. Gli antenati di Donald Trump erano prussiani e pronunciavano il loro cognome /tʁʊmp/, mentre oggi suona ortograficamente /tɹʌmp/. Deleterio quanto duraturo è il brutto vizio di apprendere le parole dalla forma scritta senza avere idea della loro vera pronuncia. In questo modo le genti di Milano e di vasti distretti della Lombardia hanno addirittura attribuito a rum la pronuncia /rüm/

Reperti blogosferici
 
Nel lontano 2010, Anatoly Liberman ha pubblicato un interessante articolo sul rum e sulla sua storia: