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lunedì 18 ottobre 2021

LO STRANO CASO DEL CONTADINO SAPIENTE DI PEVERAGNO

Spesso emergono dai miei banchi di memoria stagnante scintille davvero mirabili. Ricordo ancora quando ero un adolescente foruncoloso e guardavo volentieri Portobello, la trasmissione di Enzo Tortora (RIP). I Millennials non ne sanno nulla, men che meno quelli della Generazione Z: sono persino incapaci di concepire un mondo senza gli smartphone e la connessione a Internet. Eppure un simile mondo è esistito e ne sono testimone. All'epoca Portobello aveva un enorme successo e in molti non vedevano l'ora che arrivasse la serata in cui andava in onda quel mercatino esotico, che rendeva note al grande pubblico cose stranissime, neppure immaginate nei sogni. Ricordo ancora oggi argomenti affascinanti di cui venni a conoscenza in gioventù. Fu allora che si risvegliò in me un grande interesse per le minoranze linguistiche e per le parlate criptiche. Una sera fu presentato il gergo degli ombrellai di una vallata del Piemonte, in cui le ragazze erano chiamate megèire, ossia "megere". Tutto ciò mi divertì moltissimo. Una sera fu presentata una comunità che parlava un idioma germanico, non rammento se fossero Cimbri o Walser. Mi è però rimasto impresso che si riunivano per giurare intorno a un grande albero considerato sacro, una quercia o forse un olmo. Mi sembra ancora ieri quando, un'altra sera, alcune persone di Carloforte, in Sardegna, presentarono al pubblico la loro lingua ancestrale, che era una varietà di genovese. Tortora aveva spiegato che quella lingua si chiamava Tabarkino e che derivava il suo nome dall'isola di Tabarka, in Tunisia, che era stata popolata da coloni genovesi venuti da Pegli. Ogni volta erano nuove meraviglie. Rimasi terrorizzato quando furono presentati terribili feticci di stregoneria, credo che fossero provenienti dalla Campania: masse immonde simili a pappagallini che si formavano nei materassi di piume e provocavano deperimento, bambole con spilli conficcati negli occhi, racconti di fattucchiere che scagliavano malefici facendo morire il pollame.

Accadde infine che una sera Enzo Tortora presentò un anziano contadino che abitava a Peveragno, un antico borgo in provincia di Cuneo, in Piemonte. Cosa aveva di particolare quest'uomo gracile e dall'indole vivace? La sua dote era ben rara. Parlava correntemente il latino e sapeva recitare a menadito l'Eneide. Cosa ancor più notevole, aveva appreso da autodidatta la lingua di Roma e l'opera di Virgilio, facendo affidamento soltanto sulle sue forze e sul suo ingegno. Questo mi sono detto: "Ormai quell'inconsueto latinista sarà certamente defunto, non fosse altro che per ragioni anagrafiche. Non sarà facile ormai trovare tracce della sua esistenza". Invece, incredibile dictu, sembra che egli sia tuttora in vita. Ho trovato un sito web che ne fa menzione. Me lo ricordavo un po' diverso da come appare nella fotografia che ho trovato in Rete, ma è senza dubbio lui. Ai tempi di Portobello non portava la barba e mi sembrava un po' raggrinzito, anche se la forma del cranio, così caratteristica, è senza dubbio quella e mi è rimasta impressa. Evidentemente le mie memorie sono state soggette a una processo di profonda distorsione percettiva, anche se non così radicale da impedire il riconoscimento. Si direbbe addirittura che il peveragnese sia ringiovanito! Ecco la pagina in cui si parla di lui:
 

Questa è la presentazione: 
 
ANGELO MERLATTI (Mondovì, 1937), contadino amante del latino, da lunghi anni usa questo idioma come lingua di conversazione avendola studiata da autodidatta (dice di sé: «Totam per vitam agros colui. Lucretio Vergilioque magistris, linguae nullo adiuvante studui latinae»). 
 
Tra i suoi capolavori, consultabili sul sito, si possono elencare questi: 
 
Dis aliter visum 
Casus dolens 
Meminisse iuvabit 
Linguae latinae reditus ad vitam Pamparati 
Sunt lacrimae rerum 
Habet hoc voluptas 
Vetera iuvat retractare 
Igne perenni lucet in medio focus amicus 
Patris morientis recordatio et memoria

Non è affatto comune questa dote di saper conversare in una lingua appresa dai libri. In genere i libri trasmettono una conoscenza legnosa, non duttile né malleabile, inadatta ad esprimere concetti in modo fluido. Chi ha studiato sui libri il latino (o l'inglese, non cambia molto), in genere pensa nella propria lingua e traduce mentalmente, applicando regoline, regolette, regolucce e regolacce. Si capisce invece che il contadino di Peveragno è in grado di pensare spontaneamente in latino senza dover applicare alcuna traduzione a pensieri formulati nella propria lingua nativa. Questo è certamente un fatto singolare e prodigioso che merita ulteriori studi. Per certi versi la sua figura mi ricorda quella di Vilgardo di Ravenna, che nel X secolo aveva avuto una visione di Virgilio, Orazio e Giovenale, rimanendone illuminato e proclamando che la Verità si trova negli scritti degli Autori dell'Antichità.  

Tempo fa scrissi di getto questi appunti, quando ancora facevo affidamento sui soli ricordi di Portobello, senza sapere che l'uomo fosse ancora in vita e ben operante:

"Il contadino di Peveragno era davvero un sapiente. Nel suo campo di studio senza dubbio lo era. Tale campo era il latino scolastico. Tuttavia di linguistica storica, di filologia romanza, di indoeuropeistica e simili, non sembrava sapere granché. Da quello che rammento, non applicava la metrica latina alla lettura dei versi di Virgilio: non usava le elisioni e gli accenti mobili così tipici della poesia. Pronunciava ogni singola parola come facevano i preti, come si faceva a scuola. Che significa? Del suo mondo, sapeva tutto. Il punto è che il suo mondo non era realmente l'antica Roma: era invece in qualche modo una sua costruzione mentale, un mondo fantomatico inventato dalla scuola, dalle sue secolari stratificazioni."  

Quando si proiettano immagini mentali di Roma nel passato, queste sono drammaticamente diverse dalla vera antica Roma. Mi domando cosa direbbe un latinista odierno se tornasse indietro nel tempo grazie a una mirabile macchina e sentisse l'Imperatore Augusto dire "DA MI AQUA CALDA" anziché "DA MIHI AQUAM CALIDAM". Tutti abbiamo bene in mente gli eccessi degli insegnanti del liceo, quelle -M finali potenti e assordanti come muggiti taurini, quel pronome MIHI pronunciato con due I staccate, anzi, addirittura con tre o quattro I: MIIII. Nel Medioevo invece si intercalava una consonante velare e si pronunciava MICHI. Non dobbiamo mai dimenticarcelo: Virgilio, se avesse sentito un moderno declamare i versi dell'Eneide, si sarebbe chiesto che razza di sannita o di umbro fosse mai quello che aveva davanti! Eppure, il contadino di Peveragno non resterebbe senza risorse in una situazione tanto sorprendente: se fosse proiettato all'epoca di Cicerone e di Cesare, saprebbe imparare con prontezza la pronuncia autentica degli Antichi e conversare con loro con la massima naturalezza, in breve volgere di tempo. Probabilmente all'inizio rimarrebbe esterrefatto, ma questo stupore non durerebbe a lungo: si metterebbe in opera in lui quella stessa sete di Conoscenza che lo ha portato ad apprendere la lingua scritta senza aiuto alcuno, giungendo a produrre testi che potrebbero essere stati vergati dallo stesso Virgilio.
 
Il problema della "riallocazione" del passato

Gli eternisti sostengono che se possiamo pensare agli eventi passati, è perché in qualche modo questi eventi esistono tuttora. Se gli istanti trascorsi non avessero realtà, se avessero smesso di sussistere - questo è l'argomento eternista - non sarebbero concepibili e non potremmo far riferimento a loro nella nostra mente. Così i filosofi che si occupano della natura del tempo, sono convinti che per negare che gli eventi passati esistano tuttora, sia necessaria una loro "riallocazione" nel presente. 
Lo studioso islandese Rögnvaldur Ingthorsson, che è un sobrio presentista, ritiene che sia inutile riempire il presente di entità astratte come gli eventi passati soggetti a questa "riallocazione"


Direi che non dovremmo parlare di "riallocazione", in alcun caso. Nulla viene davvero riallocato. Il passato non esiste più. Noi ne parliamo soltanto, unicamente tramite i suoi FOSSILI NEL PRESENTE. Siamo del tutto ciechi al passato. Possiamo riferirci al passato ed averne cognizione soltanto perché ne perdurano tracce analizzabili nel presente, che sono come le ammoniti visibili tuttora nelle sezioni di marmo che costituiscono il pavimento dell'ultimo piano della libreria Feltrinelli nella sede della Stazione Centrale di Milano. Un pavimento simile si trova sul pavimento del porticato di Piazza del Duomo, sempre a Milano. Quante volte ho meditato sulle conchiglie mineralizzate! Quei molluschi vissero molti milioni di anni fa, eppure qualcosa di loro è ancora coglibile dai nostri sensi, inglobato nel minerale. Da quei resti possiamo dedurre molto, ma non sarà mai come vedere davanti ai propri occhi un'ammonite viva. Il fatto che parliamo di entità come lo xenomorfo o Mickey Mouse non implica per necessità la loro reale esistenza in qualche recesso di un Multiverso forse soltanto fantomatico. Lo xenomorfo e Mickey Mouse esistono a livello iconografico nel nostro presente e non sono diversi da qualsiasi altro ente di cui abbiamo piena consapevolezza.
 
Che dire quindi della nostra capacità di raggiungere l'Episteme? Possiamo davvero conoscere una civiltà morta da secoli? Le cose stanno così: esistono tante copie dell'Antica Roma e della sua lingua quante sono le persone che la studiano e che la sognano. Sono tutte proiezioni di fossili che si trovano nel nostro presente, ma rielaborate e fabbricate da menti diverse. Ognuna di queste rappresentazioni mentali è soltanto uno scheletro della realtà, non ha in sé nulla di vero. Ancora lungo ed estenuante è il cammino verso l'effettiva capacità di cogliere il Noumeno!  

venerdì 18 giugno 2021

 
L'INCREDIBILE TRAPIANTO
A DUE TESTE
 
 
Titolo originale: The Incredible 2-Headed Transplant
Anno: 1971
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese  
Durata: 87 min
Rapporto: 1.85:1
Genere: Orrore, fantascienza  
Regia: Anthony M. Lanza  
Sceneggiatura: James Gordon White, John Lawrence, 
   Ross Massbaum
Produzione:  John Lawrence, Miguel Zacarías,
   Nicholas Wowchuk, Alvin L. Fast, Arthur N. Gilbert
Musiche: John Barber  
Fotografia: Glen Gano, Paul Hipp, Jack Steely 
Costumi: Susan Arnold
Direzione artistica: Ray Markham 
Trucco: Gloria Betrue, Barry Noble  
Effetti speciali: Ray Dorn
Interpreti e personaggi:
   Bruce Dern: Dott. Roger Girard
   Pat Priest: Linda Girard
   Casey Kasem: Dott. Ken Anderson
   Albert Cole: Manuel Cass
   John Bloom: Danny Norton
   Leslie Cole: Young Danny
   Berry Kroeger: Dott. Max
   Larry Vincent: Andrew Norton
   Jack Lester: Sceriffo
   Jerry Patterson: Deputato
   Darlene Duralia: Miss Pierce
   Raymond Thorne: Motociclista n.1
   Gary Kent: Motociclista n.2
   Mary Ellen Clawsen: Motociclista femmina
   Janice P. Gelman: Vittima adolescente
   Mike Espe: Vittima adolescente
   Andrew Schneider: Adolescente
   Eva Sorensen: Adoloscente 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Der Mann mit den zwei Köpfen 
Slogan: This brain wants to love... This brain wants to kill
 
Trama: 
Il dottor Roger Girard è un ricco scienziato che sperimenta il trapianto craniale sugli animali, ottenendo meraviglie mitologiche come cani a due teste. Il suo custode ha un figlio di nome Danny, che è un uomo adulto estremamente robusto ma con la mente di un bambino a causa di un danno cerebrale subìto in un incidente in miniera. In un'insolita svolta degli eventi, Manuel Cass, uno psicopatico e serial killer fuggito recentemente, ha ucciso il custode del dottor Girard e rimane a sua volta gravemente ferito. Data una possibilità senza precedenti di utilizzare soggetti umani - un malato di mente ferito a morte e un disabile con poche possibilità di sopravvivere senza aiuti - nessuno dei quali mancherà al mondo - il dottor Girard trapianta la testa di Cass sul corpo di Danny per dimostrare che le sue tecniche possono essere applicate anche agli esseri umani. La nuova creatura bicipite, con una testa di un assassino e l'altra con la capacità mentale di un bambino di otto anni, attaccata a un corpo estremamente potente, fugge e semina il caos, commettendo molteplici omicidi. Dopo che il mostro a due teste ha rapito Linda, la moglie del dottor Girard, si scatena una caccia per neutralizzarlo. Ecco che il dottor Girard, il dottor Max e il dottor Anderson lo inseguono fino a respingerlo in una miniera abbandonata. Anderson riuscirà a salvare Linda, ma Girard, Max e la creatura morranno nel crollo del cunicolo minerario. 

 
Recensione:  
Questa pellicola è abbastanza squallida e può essere considerata soltanto un nullità assoluta. Non si può in alcun modo difendere questo schifo abietto. In pratica quello che viene mostrato è un trapianto estremamente grossolano: una testa mozzata cucita alla bell'e meglio sul tronco di un'altra persona. Il regista non aveva la benché minima idea sulle difficoltà pratiche di un simile intervento. Forse pensava addirittura che una testa si possa avvitare su un tronco come si fa con una lampadina! Se ne fregava del problema della colonna vertebrale e delle difficoltà date dalle terminazioni nervose, per non parlare dei vasi sanguigni. Trionfa un'ignoranza totale di ogni principio basilare dell'anatomia. Il film di Lanza ha sempre esercitato un certo fascino sui fan degli horror del più infimo livello, per via della mostruosa combinazione tra il ghigno sdentato di Albert Cole e la sua natura di mostro folle, allucinato e allucinante, che prende facilmente il controllo sul pianto di un ritardato John Bloom, lasciandosi dietro una scia di sangue e di morte. Queste desolanti sequenze a basso budget sono accompagnate da una colonna sonora stridente, tipica dei primi anni '70. Non credo proprio che rivedrò L'incredibile trapianto a due teste una seconda volta.     
 
Problemi di ontologia  

Come deve essere considerata una creatura bicipite? Difficile rispondere. Possiamo soltanto dire questo: nel caso del film di Lanza non abbiamo a che fare con un vero mostro dalle due teste, perché non c'è una fusione credibile tra parti provenienti da due persone diverse, cucite assieme in modo tanto grossolano che al confronto anche una sarta cinese se la sarebbe potuta cavare egregiamente. Si tratta così di due esseri distinti in tutto, costretti a condividere uno stesso corpo. Cosa anche più assurda, il pieno controllo dell'intero corpo è soltanto in potere del cervello della testa del maniaco. La testa che è stata impiantata dovrebbe essere un mero parassita, invece è quella che determina ogni movimento, rendendo impotente l'altra, nonostante tutte le difficoltà tecniche che ho descritto.     
 
Curiosità 
 
Le riprese furono completate in soli sei giorni. L'attore protagonista, Bruce Dern, rivelò in seguito di non essere stato pagato per il suo lavoro. Gli era stato emesso un assegno di 1.700 dollari US durante le riprese; quando è andato in banca per incassare il compenso, l'assegno è risultato scoperto. Tornato sul set il giorno successivo, come previsto per le riprese, tutto era già stato sbaraccato. 

Quando il dottor Girard mostra al dottor Anderson i suoi esperimenti sugli animali a due teste, lo spettatore viene ingannato e indotto a credere che siano bicefali genuini. Tra questi animali ci sono una scimmia, una volpe e un coniglio. L'unico mostrato in primo piano e autentico è un serpente a due teste. Infatti i serpenti a due teste esistono davvero. 

Prima che inizino i titoli di coda, c'è una ripresa di un robot giocattolo abbandonato, quando i personaggi si allontanano dopo la tragica scomparsa della creatura a due teste. Il simulacro proviene dalla collezione di giocattoli Zeroids della Ideal Toy Company nel 1968: in particolare è lo Zeroid d'argento, Zintar. L'inquadratura dello Zeroid gettato via come un rifiuto sembra essere una metafora della Scienza del dottor Frankenstein: la creazione della creatura a due teste ha contribuito a portare al rifiuto della Scienza da parte del genero umano. Un contenuto irrilevante solo in apparenza, in realtà tristemente profetico.
 
Un doppione da record! 
 
La cosa che più sorprende è l'esistenza di un altro film, intitolato La cosa con due teste (The Thing with Two Heads), uscito a un anno di distanza, nel 1972! Spesso le due pellicole, estremamente simili, sono addirittura confuse.  
 
 
LA COSA CON DUE  TESTE 
 
Titolo originale: The Thing with Two Heads  
AKA: The Beast with Two Heads; The Man with Two Heads;
     L'esperimento diabolico
Anno: 1972 
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese 
Durata: 90 min
Rapporto: 1.85:1
Genere: Orrore, fantascienza, blaxploitation 
Regia: Lee Frost 
Soggetto: Wes Bishop, Lee Frost 
Produttore: Wes Bishop
Produttore esecutivo: John Lawrence, James H.
    Nicholson
Musiche: Robert O. Ragland
Fotografia: Jack Steely
Effetti speciali: Gail Brown, Tom Burman, Peter
   Peterson, Charles  Schram, Dan Striepeke, James
   White
Interpreti e personaggi: 
   Ray Milland: Dott. Maxwell Kirshner
   Rosey Grier: Jack Moss
   Don Marshall: Dott. Fred Williams
   Roger Perry: Dott. Philip Desmond
   Kathy Baumann: Patricia
   Chelsea Brown: Lila Moss
   John Dullaghan: Thomas
   John Bliss: Donald
   Jane Kellem: Signorina Mullen
   Rod Steele: Rappresentante medico
   Lee Frost: Sergente Hacker
   Wes Bishop: Dott. Smith
   Rick Baker: Gorilla bicipite 
   Britt Nilsson: Infermiera
   Joan Prather: Infermiera (non accreditata)
   Phil Hoover: Poliziotto
   Ray Sebastian: Poliziotto in auto (non accreditato)
   Michael Viner: Guardia carceraria
   Jerry Butler: Guardia carceraria
   William Smith: Energumeno condannato
   Tommy Hook: Prete
   George E. Carey: Mitch
   Dick Whittington: Cronista TV
   Ron Gans: Cronista (non accreditato)
   Albert Zugsmith (cameo)
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Das Ding mit den 2 Köpfen
   Francese: La chose à deux têtes
   Spagnolo: El experimento diabólico
   Portoghese (Portogallo): O Homem com Duas Cabeças
   Portoghese (Brasile): O Monstro de Duas Cabeças 
   Rumeno: Monstrul cu două capete
   Russo: Нечто с двумя головами 
   Finlandese: Kaksipäinen hirviö
 
 
Trama: 
Il dottor Maxwell Kirshner arriva in una villa su una sedia a rotelle; una volta entrato chiede se il suo esperimento ha avuto successo. Un inserviente gli risponde affermativamente. Il dottor Kirshner viene portato nel seminterrato e vede l'esito dell'esperimento: un gorilla a due teste. Il dottor Kirshner torna al suo istituto ospedaliero per supervisionare un'operazione eseguita dal suo caro amico e medico associato, Phillip Desmond. Poi torna nel seminterrato dal suo gorilla bicipite per rimuovere una delle teste dal suo corpo. Ordina ai suoi assistenti di sedare la sua creatura, ma i piani vanno male: la scimmia aberrante si adira non appena vede l'ago e fa cadere il dottor Kirshner dalla sua sedia a rotelle, ferendolo gravemente, quindi distruggere il laboratorio e fugge. Entra in un supermercato, vi porta devastazione e si ingozza di banane. Presto però la bestia viene sedata e catturata. Kirshner assume un nuovo medico, Fred Williams, per aiutare Desmond, ma quando scopre che è afroamericano gli dice che non è più necessario. Williams si offende molto per il razzismo di Kirshner. La seconda testa del gorilla viene rimossa con successo. Tutto è pronto per il trapianto a un donatore sano. Desmond non ne è sicuro e teme che le cose vadano in merda. Il dottor Kirshner lo rassicura, dicendogli che la testa rimossa dal gorilla è quella originale, il che dimostra che una testa trapiantata può continuare a funzionare su un altro corpo. Nel frattempo, nel braccio della morte, ai detenuti viene detto che donare i loro corpi alla scienza li salverà dalla sedia elettrica. Il detenuto Jack Moss - anche lui un afroamericano - viene condotto al luogo dell'esecuzione e decide di offrirsi volontario per l'esperimento scientifico, perché vuole aver modo di dimostrare la propria innocenza. Viene così scortato al centro trapianti per questo esperimento. I dottori sono sorpresi nel vedere un grosso mandingo portato al loro cospetto, sapendo benissimo che la cosa non piacerà affatto al feroce razzista Kirshner. Tuttavia lavorano 24 ore su 24 e riescono a trapiantare la testa del dottor Kirshner sul corpo di Moss. Si scatena l'Inferno...  
 

Recensione:  
Rispetto al film di Lanza, quello di Frost è considerato dalla critica un prodotto di qualità decisamente migliore, anche se è ben lungi dal poter essere considerato mainstream e resta in ogni caso un escremento di celluloide. Si differenzia inoltre per l'introduzione di un tema sensibile: il razzismo e il pregiudizio contro gli afroamericani. Si può quindi assegnarlo al genere soprannominato Blaxploitation (da "Black exploitation", ossia "sfruttamento dei neri"). Il professore la cui testa viene usata per il trapianto non è però un semplice razzista del Bar Sport: è un Gran Dragone del Ku Klux Klan! Gli effetti speciali, che sono spesso lodati dai commentatori nel Web, sono a mio avviso assolutamente deprecabili. Quando si vede la figura del gorilla bicipite in fuga, si capisce subito che è soltanto un grottesco pupazzo: non si ha il benché minimo accenno di verosimiglianza. Non mancano episodi di una comicità involontaria. Quando la testa del luminare affiliato al KKK prende il controllo del corpo, ne approfitta per assestare alla faccia del gigantesco mandingo una serie di sberle. Le battute feroci e caustiche dell'incappucciato sono ritenute da alcuni il solo elemento interessante del film. Un quarto della pellicola consiste nella fuga in moto della creatura a due teste, inseguita dalle auto della polizia che carambolano e si schiantano senza sosta. Assolutamente ridicolo è il finale. La testa dell'odioso dottor Kirshner viene rimossa con successo dal tronco di Moss e collegata a una macchina cuore-polmone; incapace di morire e trasudante biliosa malvagità, chiede di essere trapiantata su un altro corpo, quello di un discendente di Seth razzialmente puro. Nessuno si occupa di realizzare i suoi desiderata. Mi dispiace che il regista non abbia avuto la geniale idea di farne eseguire il trapianto sul corpo del gorilla: sarebbe stato a dir poco memorabile. Quanto accade dopo è ancor più straniante. L'ex detenuto, ormai liberato dal terribile parassita, viaggia in auto assieme alla moglie Lila e al dottor Williams, cantando con gioia Oh Happy Day (Edwin Hawkin Singers, 1969). Vanno a fare una cosa a tre!    

venerdì 5 marzo 2021

 
LA POSSIBILITE D'UNE ÎLE 
(film)
 
Titolo originale: La Possibilité d'une ile 
Titolo internazionale: Possibility of an Island 
Anno: 2008
Paese: Francia
Lingua originale: Francese, Inglese, Spagnolo 
Durata: 95 min  
Formato: Colore 
Rapporto: 1:2,35  
Genere: Fantascienza, drammatico 
Sottogenere: Distopico 
Regia: Michel Houellebecq  
Primo assistente alla regia: Hubert Engammare 
Sceneggiatura: Michel Houellebecq 
Produttore: Éric Altmayer, Nicolas Altmayer 
Copro-duttori: Jeremy Burdek, Christoph Hahnheiser,
    Nadia Khamlichi, Adrian Politowski 
Produttore associato: Pepón Sigler 
Assistente produttore: Arthur Grec  
Copro-duzione: Morena Films, Black Forest Films GMBH,
   Wat Productions, Arte France Cinéma, Lagardère, Studio 37,
   Michel Houellebecq LTD, Cofinova3, Cofinova4 
Distribuzione: Bac Films  
Dialogo aggiuntivo in inglese: Gavin Bowd 
Dialogo aggiuntivo in spagnolo: Fernando Arrabal  
Consigliere tecnico: Philippe Harel 
Montaggio: Camille Cotte 
Scenografia: Katia Wyszkop
Costumi: Lena Mossum
Fotografia: Éric Guichard, Jeanne Lapoirie 
Musica: Mathis Nitschke 
Effetti speciali: Oscar del Monte, Nacho Diaz, Isaac Maté  
Interpreti e personaggi: 
     Benoît Magimel: Daniel
     Ramata Koite: Marie23
     Patrick Bauchau: Il Profeta
     Andrzej Seweryn: Slotan Miskiewicz
     Serge Larivière: Rudi
     Jean-Pierre Malo: Jérôme
     Jordi Dauder: Gérard
     Arielle Dombasle: Delegata messicana
     Juan Carlos Valera: Delegato argentino
     Philippe Delest: Delegato lussemburghese
     Sandra Murugiah: Hostess indiana 
     Marie De Biasio: Ilona 
     Patrick Rameau: L'animatore 
     Clara Ponsot: Dacha 
     Fernando Arrabal: L'imperatore 
     Conrad Cecil: Il prete 
     Robbie Nock: L'amico del prete
     David Bowd: Il calciatore inglese 
     Antonio Muñoz Bellesta: Il presidente della giuria  
     Michel Houellebecq: Il fumatore in fondo alla sala
          (non accreditato)
     Mikhail Krasnoborov Redwood: Delegato ucraino
          (non accreditato)
Data di uscita (Francia): 10 settembre 2008
Budget: 6 milioni di € 
Location: 
  Spagna: 
   Benidorm, Alicante, Comunidad Valenciana 
   Grand Hotel Bali, Benidorm, Alicante, Comunidad Valenciana   
   Ciudad de la Luz, Alicante, Comunidad Valenciana 
   Lanzarote, Isole Canarie
   Minas de Riotinto, Huelva, Andalucía
   Parque Natural de Cabo de Gata-Níjar, Almería, Andalucía 
   Parque Natural de Cazorla Segura y Las Villas, Jaén, Andalucía
   Valencia, Comunidad Valenciana, Spagna
  Belgio
 
Parole chiave: 
  aldilà, 
  cervello,
  clonazione, 
  DNA,
  esistenzialismo, 
  filosofia della vita,
  fine vita, 
  guru, 
  mondo futuro, 
  neurologia, 
  religione,
  setta religiosa, 
  significato della vita,
  suicidio,
  terra sterile, 
  umanità,
  vita e morte,
  vita eterna.  

 
Trama: 
Daniel è un uomo dai capelli rossicci, al seguito del Profeta, il fondatore della religione degli Elohimiti. Il film comincia quando la setta ufologica era ancora agli albori e il Profeta girava la Francia e il Belgio su una specie di camper, portando con sé tutte le sue proprietà e il suo scarso personale. Giunto nella terra dei Valloni, la trasposizione di Raël si ritrova in una specie di capannone fatiscente a perorare un gruppetto di persone demotivate, tra cui alcuni robusti mandingo e un certo numero di veci macilenti. Daniel siede nella cabina del camper e sembra abbastanza demotivato. Ha l'aria di essere un seguace della prima ora, ma in realtà è il figlio del Profeta. Il capo settario è ritratto come un guru sgangherato, che versa in condizioni ben poco prospere. Dopo tre anni tutto è cambiato: la setta degli Elohimiti è riuscita a guadagnare un grande successo. Organizza un meeting in una struttura lussuosa, a cui partecipa lo scienziato Slotan Miskiewicz, che afferma di aver scoperto il segreto dell'immortalità del corpo. In virtù del fatto di essere il figlio del Profeta, Daniel è il primo essere umano a sperimentare il progetto della clonazione.
Unico superstite della devastazione che ha colpito il genere umano, Daniel25, venticinquesimo clone dell'originale Daniel1, conduce un'esistenza eremitica, passando quasi tutto il suo tempo in un cubicolo sotterraneo. La sua sola compagnia è il cagnolino Fox, anch'esso clonato. Il mondo esterno è contaminato, e Daniel25 osserva tramite un monitor portatile le immagini che gli vengono trasmesse via satellite. Lo stesso strumento gli serve anche per leggere gli antichi scritti del suo predecessore. All'improvviso qualcosa lo spinge a uscire dalla sua dimora ctonia. Seguendo i messaggi del suo computer, scopre che in realtà esiste un'altra persona sopravvissuta alla catastrofe: una sensuale donna di colore. Si capisce che è essa stessa un clone dal fatto che ha con sé un monitor portatile del tutto analogo a quello del protagonista. Vinta ogni paura e portando con sé un fucile per difendersi da eventuali predatori, Daniel25 procede per le terre desolate alla ricerca della sua simile, assieme all'inseparabile Fox. Quando i due stanno per incontrarsi, compaiono i titoli di coda e il film finisce così, nel Nulla.
 
Recensione: 
Liberamente tratto dal romanzo La possibilità di un'isola (La Possibilité d'une île, 2005), questo film è stato un clamoroso insuccesso, un fallimento totale, miserabile e irredimibile. Come era giusto che fosse, direbbe l'amico S.M., in modo lapidario. Forse il fiasco del cineasta Houellebecq è stato causato dal fatto che l'adattamento è stato troppo libero. Sono state apportate semplificazioni eccessive, che hanno raso al suolo l'estrema complessità dell'opera originale. Sono stati cancellati numerosi personaggi fondamentali. Non si trova traccia alcuna dell'erotica spagnola Esther e della psicorigida Isabelle. Il finale è un puro atto di autolesionismo che il regista si è voluto infliggere senza ragione alcuna. È come se si fosse sparato in un piede! "La stessa cosa, Marco, pari pari", ha commentato S.M. quando ho espresso questo mio pensiero. Tutto ciò è tanto più incomprensibile se si pensa che il regista è lo stesso autore del soggetto. Diabole Domine, perché ha fatto strame delle parole che ha messo su carta in modo tanto ispirato? Come può aver deciso di annientare in questo modo la propria carriera cinematografica? Non è dato sapere. Posso solo azzardare un'ipotesi. Houellebecq voleva farsi conoscere anche in ambiti diversi da quello letterario, ma si è trovato di fronte al problema dell'intraducibilità dei suoi stessi scritti. La struttura del romanzo di partenza è tutto fuorché lineare. Non è umanamente possibile trasporla nelle sequenze di una pellicola. Questo pessimo adattamento non toglie nulla alla genialità di Houellebecq come scrittore. In fondo non ci dobbiamo dimenticare che Michelangelo Buonarroti, che come scultore era divino, non valeva proprio nulla come poeta: provava un'immensa pena e faceva fatica soverchia a plasmare la parola, mentre gli riusciva incredibilmente agevole lavorare il marmo. Allo stesso modo Houellebecq, che è maestro nell'arte di plasmare la parola, non vale nulla come regista di film. Prima di questa pellicola, ha avuto alcune esperienze dirigendo tre cortometraggi: Cristal de souffrance (1978, in bianco e nero, muto, durata 30 minuti), Déséquilibres (1982, muto, durata 12 minuti) e La Rivière (2001, durata 16 minuti circa). È anche stato cosceneggiatore del cortometraggio Monde extérieur, diretto da David Rault (2004, durata 10 minuti). Non voglio avere pregiudizi indotti dalla visione del lungometraggio La Possibilité d'une île, dal momento che non ho ancora visionato questi corti. Quando lo avrò fatto, provvederò a recensirli e saprò dire se il problema è davvero in Houellebecq regista o piuttosto nel suo romanzo inadattabile. 
 
 
Un sintetico corso di formazione sui cloni 
 
Il Profeta degli Elohimiti, interpretato in modo abbastanza convincente da Patrick Bauchau, ha investito tutto sulla creazione di una nuova specie umana. Lo Scienziato Pazzo, Slotan Miskiewicz, tiene questo discorso al suo pubblico, in cui spiega i rudimenti della clonazione ed espone per sommi capi il proprio progetto delirante (parla in inglese e ci sono i sottotitoli in francese, la traduzione è mia): 
 
"Questo è un essere umano. Questo contenitore riflette in modo molto preciso la composizione chimica di un adulto di 62 kg. Come potete vedere, siamo fatti principalmente di acqua. Naturalmente ci sono grandi differenze, ma queste differenze, per quanto importanti siano, possono essere riassunte in una sola parola: l'informazione. L'essere umano è materia più informazione. Cos'è la clonazione? È un'operazione che consiste, prendendo come punto di partenza l'informazione genetica contenuta nel DNA, nel fabbricare un essere umano identico da una diversa materia. Attualmente questa è una tecnica che padroneggiamo perfettamente. Ma la clonazione è soltanto un metodo primitivo.   
Il DNA contiene l'informazione necessaria per la fabbricazione di un essere umano, per l'embriogenesi, ma contiene anche l'informazione necessaria per il suo funzionamento. Ora che comprendiamo il funzionamento del codice genetico, noi possiamo eliminare lo stadio embrionale e creare direttamente esseri umani adulti. La fabbricazione di un nuovo essere umano richiede all'incirca 18 anni. Grazie ai metodi che stiamo sviluppando, questo lasso di tempo può essere ridotto a 10 minuti." 
 
Tutto ciò mi ricorda le assurde pretese dei corsi di formazione, il cui fine è trasmettere una mole di conoscenza partendo dal presupposto che l'utente sia un robot in grado di memorizzare ogni dettaglio anche senza capire alcunché. Si nota che ad assistere alla presentazione dello Scienziato Pazzo ci sono autentici scribi del Faraone, che imparano tutto in modo pappagallesco, senza alcun reale coinvolgimento delle sinapsi connesse ai processi intellettivi elevati. Se anche il professore si mettesse ad esporre concetti che ne contraddicono altri, a bella posta, nessuno se ne accorgerebbe.    
 
L'assurdità dell'autotrofia dei cloni
 
Non è la prima volta che la Fantascienza esplora il tema dell'autotrofia di esseri umani o umanoidi. Possiamo citare ad esempio il romanzo Un pianeta e tre stelle (Under the triple suns, 1955), dell'americano Stanton A. Coblentz (1896 - 1982). Si tratta di una storia del tutto inverosimile, in cui una coppia di superstiti sfuggiti su un razzo a una catastrofe nucleare, giunge su un pianeta di un sistema stellare triplo, popolato da mirabili forme di vita. Ci sono due specie intelligenti su quel globo terracqueo: gli alati e benevoli Lil-bro e gli sgraziati Ugwug, malvagi e dotati di due facce come Edward Mordake. Coblentz descrive i Lil-bro come esseri autotrofi, che praticano la fotosintesi. Si nutrono leccando un po' di acqua, ottenendo i carboidrati necessari dall'esposizione alla luce dei tre soli. Hanno una biologia affine a quella delle piante. Non so se Houellebecq abbia letto Un pianeta e tre stelle
 
Ecco il discorso che lo Scienziato Pazzo, Slotan Miskiewicz, tiene al suo pubblico nel film:  
 
"La nutrizione animale è un sistema la cui efficienza è mediocre e che soprattutto produce un'eccessiva quantità di rifuti. Rifiuti che non solo devono essere evacuati, ma che tramite la combustione infliggono all'organismo un'usura considerevole. È uno strano capriccio dell'Evoluzione che la fotosintesi sia stata fin dall'inizio monopolizzata dal Regno Vegetale, quando si tratta ovviamente di un sistema più robusto, efficace ed affidabile, come mostra la durata della vita praticamente illimitata raggiunta dalle piante. L'uomo futuro che propongo di costruire avrà le capacità attualmente riservata alle piante. Si potrà nutrire di acqua e di luce."
 
Questo invece è scritto nel romanzo La possibilità di un'isola, da cui il film è stato tratto: 

"Ero presente alla riunione in cui Scienziato ci annunciò che, lungi dall'essere una semplice visione di artista, i disegni di Vincent prefiguravano l'uomo del futuro. Da un pezzo la nutrizione animale gli sembrava un sistema primitivo, di un rendimento energetico mediocre, responsabile di una quantità di residui nettamente eccessiva, residui che non solo dovevano essere evacuati ma che, nell'intervallo, provocavano un'usura non trascurabile dell'organismo. Da un pezzo pensava di dotare il nuovo animale umano del sistema fotosintetico che, per una bizzarria dell'evoluzione, era privilegio esclusivo dei vegetali.
L'utilizzazione diretta dell'energia solare era evidentemente un sistema più efficace, più robusto e più affidabile - come testimoniava la durata di vita quasi illimitata delle piante.
Inoltre, l'aggiunta alla cellula umana di capacità autotrofe era lungi dall'essere un'operazione complessa come si poteva immaginare; le sue squadre lavoravano già al problema da un po' di tempo, e il numero di geni interessati risultava straordinariamente modesto.
L'essere umano così trasformato si sarebbe sostentato esclusivamente mediante l'acqua, una piccola quantità di sali minerali e naturalmente l'energia solare; l'apparato digestivo, come l'apparato escretore, potevano dunque scomparire - gli eventuali minerali in eccesso sarebbero stati facilmente eliminati, con l'acqua, attraverso il sudore."
 
Lasciamo da parte per un attimo l'immagine ridicola dei Neoumani privi di ano. Il problema delle scorie, una massa marrone di entropia pastosa, è reale. Anche la donna più bella deve smerdare. La merda che ogni essere umano evacua è composta da tossine e immondizie. Qualcuno, come il mitico Gianni, la mangia, soprattutto in contesti sessuali, nonostante il danno che porta alla salute. La merda è la prova che il Creatore dell'Universo non ha dato origine a una Creazione perfetta. La merda è una frattura ontologica, qualcosa che ci fa subito capire di essere in un incubo, in una realtà infernale. C'è tuttavia dell'altro. Non ci si può liberare dalla merda. Lo Scienziato Pazzo è ingannevole. Se comprende senza dubbio il problema dell'entropia, ossia della produzione merdosa, non considera affatto il problema del rendimento energetico. Non è soltanto un folle, è anche un incompetente. Non sembra rendersi conto che la fotosintesi è un processo dal rendimento scarsissimo. Il Regno Vegetale ha pagato un prezzo gravosissimo per la disponibilità di energia e di nutrienti tramite la fotosintesi: l'immobilità! Le piante non vanno da nessuna parte, caro Slotan, non si muovono. Sono inchiodate al terreno in cui sono cresciute e non hanno speranza di poter modificare il loro destino. Nessun animale potrebbe avere sufficiente energia per muoversi, se si dovesse nutrire soltanto di acqua e di luce! 
 
Non dovremmo stupirci più di tanto dell'infondatezza dell'autotrofia dei cloni. Le conoscenze di Houellebecq nella maggior parte dei campi dello scibile umano si dimostrano spesso fallaci e distorte. Non dimentichiamoci che già nel suo primo romanzo, Estensione del dominio della lotta (1994), ha commesso un clamoroso errore nel campo della botanica, confondendo il sicomoro con l'acero del Canada. Dopo l'inconsistenza dei Neoumani fotosintetici, ha proseguito con gli spropositi, questa volta nel campo della musica: in Serotonina (2019) ha scritto che Ummagumma è l'album dei Pink Floyd che ha in copertina una vacca pezzata (errore segnalato da Cesare Buttaboni). 
 
 
La rimozione del sesso 
 
Nel film di Houellebecq non si parla di seghe, di pompini, di cunnilingus e di scopate. Inoltre non c'è nulla di politicamente scorretto. Che noia. Ho avuto l'impressione, mentre le sequenze scorrevano davanti ai miei occhi in un'oscurità da locale lounge, che un intero universo fosse stato rimosso chirurgicamente. Dov'è finito il sesso? Non lo si trova da nessuna parte. Si vedono soltanto alcune ragazze in un complesso alberghiero mentre partecipano a una specie di concorso di bellezza, valutate da una giuria. Una giovane viene intervistata da un mandingo e dice di venire da Kiev. Nulla di interessante. Ci tenevo proprio a vedere come sarebbe stata interpretata la figura della biondissima pompinara spagnola dedita alle gangbang nel corso dei party orgiastici! La mia delusione è stata immensa, non posso nasconderlo: parlerò male di questo film finché avrò vita. Michel, perché hai fatto una cazzata simile? Non riesco a farmene una ragione. Hai avuto l'opportunità di mostrare al mondo, in carne ed ossa, un essere splendido e vi hai rinunciato, lasciando i tuoi lettori a fantasticare! 
 
Elementi incongrui 
 
Ci sono sequenze che non trovano corrispondenza alcuna nel romanzo. A un certo punto compare uno strano prete segaligno, giovane, riconoscibile dal colletto. Indossa un abito di un inconsueto color lavanda pallido, quasi grigio. Osserva una bacheca con i manifesti di una discoteca, del beach volley e del concorso di Miss Bikini, blaterando qualcosa sul fatto che Cristo vincerà. Più che una profezia, le sue parole sembrano i vaneggiamenti di un folle. Il Profeta degli Elohimiti ha fatto costruire la Città del Futuro, invitando un gran numero di delegati di tutte le nazioni. Si assiste alla stupidissima conversazione tra la delegata del Messico, una milf biondiccia dagli occhi ardenti, e il delegato dell'Argentina, un allupato che ci prova spudoratamente. Il dialogo è utile come una sigaretta rollata con sterco di vacca essiccato. Mi domando che bisogno ci fosse di mostrare simili sequenze senza senso. Non sarebbe stato meglio usare quel nastro di celluloide per far vedere qualcosa di forte?      
 
Curiosità 
 
Nel sito di cinema Sentieri Selvaggi (www.sentieriselvaggi.it) sono riportate alcune informazioni utili. 
 
 
Ebbene, sembra che Houellebecq avesse scritto il romanzo La possibilità di un'isola pensando già di dirigere personalmente un suo futuro adattamento. Esisteva persino un sito dedicato al film, ma il dominio risulta scaduto e non ci sono più contenuti:  
 
 
Il mistero si infittisce. Se Houellebecq pensava fin da subito alla realizzazione di un film, perché poi il lavoro è stato fatto in modo tanto approssimativo, con una sceneggiatura rudimentale? Eppure, come spiegato su Sentieri Selvaggi, lo stesso regista ha chiamato sul set vari architetti e scultori per plasmare le tetre ambientazioni del futuro distopico. 
 
La pellicola, che non ha avuto alcun successo al Locarno Film Festival, nello stesso anno della sua uscita, ha comunque avuto una nomination per il miglior film al Catalonian Film Festival di Sitges, sempre nel 2008.  
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Se in Italia la pellicola è sconosciuta, in Francia ha destato qualche critica. Nel sito Allociné (www.allocine.fr) ci sono più di novanta commenti, di cui alcuni molto significativi. Ne faccio qui un rapido collage, ben lungi dall'essere esaustivo: 
  
"Del resto, non troviamo abbastanza di ciò che è il sale del romanzo: lo sguardo acuto dell'autore sulla società contemporanea e la poesia che sprigiona dalle ultime pagine." 
"Un cattivo film incredibilmente noioso, pretenzioso e soprattutto incomprensibile. Dove stiamo andando con questa storia? Alle prigioni sotterranee!!"
"Completamente stupido, noioso, un film che ha tanto interesse quanto guardare lo schermo nero della tua televisione per 1 ora e 30 minuti."  
"In generale il romanzo è abbastanza piacevole da leggere, d'altra parte il suo adattamento dello stesso Houellebecq si rivela semplicemente catastrofico. La storia non ha nulla di accattivante (e non ha quasi punti in comune con il romanzo) e siamo annoiati a morte per tutto il film." 
"Houellebecq si perde nel suo incomprensibile delirio. Pensa di essere Kubrick e si schianta completamente. La fine arriva come una liberazione e un grande sollievo (il culmine della pretesa sarebbe stato far durare il film 2h 30), e non fa venire voglia di leggere il libro." 
"Anche scrivere una recensione sembra dare troppa importanza a questo film completamente privo di interesse e di una profonda, mortale noia... da evitare!" 
"È una vera merda e un insulto al cinema: produzione scadente, attori ridicoli, storia completamente illogica. Che peccato! Da evitare." 
"Mai visto un pastone del genere! Nessuna sceneggiatura, solo una serie di vignette confuse e brutte, con attori robotici (il belga, grande vincitore della Palma di Cartone per la migliore interpretazione dell'anno!) e montaggio senza alcun motivo umano. Anche gli sfondi sono ridicoli: una vecchia signora in un circolo turistico con un turbante multicolore appiccicato in testa, e dietro un pappagallo, un vecchio giocatore di basket che si cimenta con il calcio, un falso re che doppia una donna nuda e dipinta (quindi bodypainting)... si arriva al nonsense! Dannazione!" 

 
Mi sembra che sia sufficiente.

mercoledì 3 marzo 2021

 
LA POSSIBILITÀ DI UN'ISOLA 
 
Titolo originale: La possibilité d'une île 
Autore: Michel Houellebecq 
Anno: 2005
Lingua originale: Francese  
Tipologia narrativa: Romanzo 
Genere: Fantascienza 
Sottogenere: Filosofico, transumanista, post-apocalittico,
      estinzionista, suicidario
I ed. italiana: 2005  
II ed. italiana: 2009 
Editore francese: Fayard
Editore italiano: Bompiani 
Collana: Narratori stranieri; Tascabili Best Seller (n. 1013)  
Codice ISBN-10 (I ed.): ‎ 8845234932
Codice ISBN-13 (I ed.): ‎ 978-8845234934 
Codice ISBN-13 (II ed.): 978-884-525-869-5
Pagine: 398 pagg. 
Legatura: Brossura
Traduttore: Fabrizio Ascari  
 
Personaggi: 
 
Daniel 
È il protagonista, un comico dissacrante e caustico che visse prima dell'avvento dei Neoumani, ossia nel mondo che noi conosciamo. Noto anche come Daniel1, in quanto capostipite di una serie di cloni (gli ultimi due sono i copro-tagonisti!).   
 
Daniel24
È un copro-tagonista. Il suo nome indica che è il ventiquattresimo clone del prototipo umano Daniel1 (vedi sopra). 
 
Daniel25
È un copro-tagonista, successore di Daniel24. Il suo nome indica che è il venticinquesimo clone del prototipo umano Daniel1 (vedi sopra). Muore suicida. 
 
Esther
È una ragazza spagnola bionda, bellissima e dissoluta, amata da Daniel. Nutrizionalmente fragile, ha qualche problema coi reni, ma è ancora lontana dalla dialisi. Amante passionale, organizza orge e ne approfitta per mettere al suo compagno le corna, a raffica. "¡Es un party!", gli dice quando viene rimproverata per le sue numerose infedeltà. 
 
Isabelle 
È la caporedattrice di una futile rivista per ragazze. È psicorigida. Ha una relazione con Daniel. Per il comico dissacrante rappresenta la compagna ideale, ma tutto va in merda perché a un certo punto comincia a soffrire dell'ossessione dell'invecchiamento, come accade alla maggior parte delle donne. Muore suicida.    
 
Robert Macaury 
Fondatore della religione Elohimita, ha una singolare personalità caratterizzata da una sfrenata megalomania e da ossessioni sessuali. È la trasposizione di Claude Maurice Marcel Vorilhon "Raël" (1946 - tuttora vivente), il ben noto fondatore della religione Raeliana. Muore assassinato. 
 
Vincent Greilsamer Macaury 
Figlio illegittimo di Robert Macaury, lo sostituisce prontamente e con successo non appena il Destino gliene offre l'oppurtunità.  

Slotan Miskiewicz 
È soprannominato "Scienziato". In effetto è proprio uno scienziato, per giunta pazzo, che grazie al suo ingegno e alla sua dedizione alla causa della creazione artificiale della vita rende possibile la clonazione, considerata una forma di immortalità dai settari Elohimiti. Molto alto, è calvo e di una serietà impressionante, come ci dice Daniel. 

Jérôme Prieur 
È soprannominato "Sbirro". Grazie alle sue formidabili capacità organizzative e logistiche, riesce a far sì che la religione degli Elohim si diffonda sull'intero globo terracqueo. 
 
Gérard 
È soprannomiato "Umorista". È il numero 4 dell'Organizzazione Elohimita. Ha il compito di allietare del giornate del Profeta. Ecco un esempio delle sue favolose creazioni: "Ciò non ha alcula importanza", "Ho l'abitudine di prendere dei cereali a culazione". Muore suicida.

Sinossi (Note di copertina, Amazon.it)
"In un futuro inquietante, dominato da cloni che sembrano aver pagato l'immortalità con la perdita della capacità di ridere, piangere e provare emozioni autentiche, due misteriosi personaggi, Daniel24 e Daniel25, trovano i diari del loro "originale", Daniel1, vissuto ai nostri giorni. La lettura commuoverà molto Daniel25 che conoscerà così la sofferenza, distruggendo il sogno dell'immortalità dei suoi creatori. Provocatorio, ironico, il romanzo di Michel Houellebecq è una riflessione sul senso della vita che viviamo e sulla possibilità di replicarla."

Struttura: 
Il romanzo, lungo e articolato, è costruito sulla narrazione della vita di Daniel1, inframmezzata dai commenti dei suoi cloni Daniel24 e Daniel25, vissuti due millenni dopo.
Si divide in tre parti: 
 
Parte prima: Commento di Daniel24
Parte seconda: Commento di Daniel25
Parte terza: Commento finale - Epilogo. 
 
I capitoli hanno titoli pseudo-biblici consecutivi, ad esempio Daniel 1,1, Daniel 24,5. Il primo numero è quello che caratterizza il clone, il secondo è il numero del commento.  
 
Citazioni notevoli: 
 
"Chi, fra voi, merita la vita eterna?" 
 
Le donne danno un'impressione di eternità, con la fica collegata ai misteri - come se si trattasse di un tunnel che dà sull'essenza del mondo, mentre si tratta soltanto di un buco da nani, caduto in disuso. Se esse possono dare questa impressione, tanto meglio per loro; la mia parola è compassionevole.

"Mausoleo di merda...": mi ripetei l'espressione sottovoce, sentendo
crescere in me, con il calore dell'alcool, un'esultanza malvagia.
 
Questo è il testo della poesia che Daniel1 ha composto prima di suicidarsi, dedicandola a Esther, che lo aveva oberato di corna: 

Vita mia, vita mia, mia
antichissima vita,
mio primo voto mal richiuso,
mio primo amore infirmato,
sei dovuta ritornare.
Ho dovuto conoscere
ciò che la vita ha di migliore,
quando due corpi gioiscono
della loro felicità
e si uniscono e rinascono
senza fine.
Divenuto totalmente
dipendente,
conosco il tremito dell'essere,
l'esitazione a sparire,
il sole che colpisce al limitare
e l'amore, in cui tutto è facile,
in cui tutto è dato nell'attimo;
esiste in mezzo al tempo
la possibilità di un'isola.

Come si può vedere, l'ultimo verso dà titolo al romanzo.

Trama: 
Agli inizi del XXI secolo, il comico Daniel (chiamato Daniel1 dai suoi discendenti neoumani) è riuscito a ottenere un grande successo con le sue battute al fulmicotone su argomenti estremamente scomodi e perigliosi, come il conflitto tra Israele e Palestina, l'Opus Dei, la mafia, le "lolite" e la pornografia. Cinico e lucido, è soprannominato "lo Zarathustra dei ceti medi". Il suo motto è questo: "Se attacchi il mondo con sufficiente violenza, lui finisce per sputare i suoi sporchi soldi". Le relazioni di Daniel con il gentil sesso sono infelici e destinate ad essere fallimentari. Prima va a rotoli la sua storia con Isabelle, un'editrice di un pessimo giornale per ragazze che vorrebbero rimanere bambine per sempre. La crisi della coppia avviene nonostante lei sia intelligente e cinica come lui, per motivi legati all'ineluttabilità della biologia. Non va meglio con Esther, una giovane attrice spagnola dedita ai rapporti sessuali multipli, alle doppie penetrazioni, alle orge e all'inalazione di chili di bamba. L'invecchiamento incipiente spinge Daniel a entrare nella setta degli Elohimiti, che promette l'immortalità fisica ai suoi adepti, mescolando il Culto degli Alieni a baggianate New Age. Presto diventa chiaro al comico che si tratta di una possibilità concreta, anche se futuribile: entrato nella dirigenza della setta e ammesso nella ristretta cerchia del Profeta Robert Macaury, scopre che sono in corso realmente in corso esperimenti scientifici per produrre un nuovo tipo di essere umano servendosi della clonazione e dell'ingegneria genetica. Durante un soggiorno nell'isola di Lanzarote, nelle Canarie, Daniel assiste a un evento traumatico, che si rivelerà decisivo per le sorti del genere umano. Il Profeta viene ucciso da un adepto invidioso dei suoi successi sessuali. L'assassinio del capo settario viene tenuto nascosto dalla dirigenza, che gli sostituisce il suo figlio naturale, Vincent, fino ad allora tenuto nell'ombra e privo di ruoli rilevanti nell'organizzazione. Viene così inscenata la resurrezione del Profeta, evento a cui è data la massima risonanza mediatica. Robert Macaury è presentato come un novello Cristo, come l'uomo che ha sconfitto la Morte resuscitando dall'Ade. Di fronte a questo miracolo, la diffusione della setta gli Elohimiti cresce in modo prodigioso in tutto il mondo, minando le vecchie religioni, ormai fatiscenti. Tuttavia per Daniel la prospettiva dell'immortalità, anche se in un futuro ancora lontano, non è affatto soddisfacente. In seguito alla morte della madre, persa anche l'amatissima Esther, ogni cosa nella vita gli è andata in merda, così si suicida. È consapevole che le sue facoltà mentali si stanno ottenebrando. Continuare a vivere significherebbe soltanto essere condannato ad anni orribili di solitudine, disperazione e demenza, prigioniero di un corpo decrepito. 
Il clone Daniel24 e il suo successore Daniel25 conducono le loro spettrali esistenze in un'epoca molto diversa da quella in cui si è suicidato il loro progenitore. Nel mondo sono avvenuti cambiamenti drastici e non certo positivi. Il pianeta, devastato dai mutamenti climatici, da una guerra nucleare e dall'inquinamento dell'epoca precedente, è ormai quasi inabitabile. Da una parte ci sono i Neoumani, cloni degli Eletti della setta Elohimita, dall'altra ci sono i discendenti degenerati degli umani di vecchio tipo, degradati a condizioni quasi bestiali. La scarsità di risorse alimentari non preoccupa i Neoumani, che sono autotrofi, ossia in grado di sostenersi tramite un processo fotosintetico analogo a quello tipico dei vegetali. Hanno solo questi input: acqua e luce. Pisciano ma non smerdano. Il principale problema di questa stirpe potenzialmente immortale è l'assenza di emozioni e di sentimenti. Ignorano malattie e vecchiaia: la morte sopraggiunge indolore quando il ciclo vitale si è esaurito, a meno che non scelgano di suicidarsi. I cloni vivono in totale solitudine, passando la maggior parte del loro tempo davanti a un computer a visionare e ad ascoltare le memorie dei loro predecessori umani. Comunicano tra loro di rado e soltanto tramite il monitor. Cercano di capire qualcosa delle loro inutili vite, tanto distanti dalla loro da non poter essere quasi interpretate. Attendono l'avvento dei Futuri, nuovi esseri che ricomporranno la frattura tra l'individuo e le emozioni. Dopo la fine del ciclo di Daniel24, sarà Daniel25 a scoprire, grazie all'aiuto di una discendente di Esther, il resoconto della fine del primo Daniel e la poesia che ha scritto prima di porre fine ai suoi giorni. A questo punto Daniel25 abbandona ogni sicurezza e parte alla ricerca dell'isola menzionata dalla poesia di Daniel1. Si imbatte nei resti dell'antica umanità abbrutita, poi si addentra in una regione di specchi d'acqua salmastra, residui degli antichi oceani, dove si lascia morire. Finalmente è consapevole dell'impossibilità di un'isola
 
Recensione:  
Dopo Estensione del dominio della lotta (1994), suo primo romanzo, lo scrittore francese ha pubblicato Le particelle elementari (1998), Lanzarote (romanzo breve, 2000), Piattaforma. Nel centro del mondo (2001). Tre romanzi e un romanzo breve, prima di arrivare a questo capolavoro fantascientifico. Quando l'ho letto, anni fa, l'ho ritenuto notevole ed entusiasmante. Adesso non so se avrei la stessa impressione. Del resto non ho tempo né energia per imbarcarmi in una rilettura, oltre al fatto che temo di rimanerne deluso, come già mi è accaduto con numerose altre opere di questo e di altri autori. Il mio giudizio rimane comunque positivo: di libri bizzarri come questo ce ne vorrebbero a migliaia. Non capita tutti i giorni di poterne trovare uno nuovo, ci vuole una fantasia notevole per assemblare un simile intreccio narrativo. Il nichilismo di Houellebecq giunge a tali vetti di ferocia che molti lettori non lo comprendono e non vogliono nemmeno accettarne l'esistenza. Per questo si trova sempre chi etichetta questo autore come "reazionario" e nostalgico dei cosiddetti vecchi valori dell'Occidente. Si tratta di un'interpretazione forzata che a mio avviso non ha la benché minima ragion d'essere. 
 
Questo afferma Houellebecq in un'intervista a Le Monde
 
"La clonazione ci sarà. Certe cose sono irreversibili. Tutto quello che la scienza può permettere sarà realizzato, anche se ciò modifica profondamente quello che noi consideriamo oggi come umano, o come auspicabile." 
 
Houellebecq e l'amore 
 
In questo romanzo ritornano alcuni temi cari a Houellebecq, come quello del potere mortifero della mancanza d'amore. E l'amore cos'è? Semplice. Lo scrittore, che è un maestro di vita, lo insegna con chiarezza estrema e lo ribadisce in ogni suo scritto. L'amore coincide con l'atto sessuale. Un uomo e una donna si amano quando lui estrae il cazzone duro, lei comincia a prenderlo in bocca e poi se lo infila tra le gambe, dentro nella vagina, lentamente. Quando lo sperma trabocca, senza precauzione alcuna, l'amore si è compiuto, ha raggiunto la propria piena realizzazione. Quando un uomo vive senza poter accedere a queste semplici azioni, non è realmente vivo. È uno zombie, un morto vivente. Su di lui agiscono le forze della Follia e della Morte, che lo consumano fino a renderlo Morte in Vita e Vita nella Morte. In effetti le cose stanno proprio così. Non si può dare torto allo scrittore francese. Posso dirlo perché io stesso sono uno zombie, un morto vivente. Sono Morte in Vita e Vita nella Morte. C'è un piccolo problema: la putrefazione è avvertita da tutti e comporta un grave isolamento sociale. 
Cos'è dunque il sentimento che le genti chiamano "amore" e che distinguono in modo netto dall'atto sessuale? Secondo Nietzsche è un'invenzione dei deboli per far sentire in colpa i forti e mitigare la loro ferocia innata. Secondo Houellebecq è un'invenzione delle donne, che l'hanno propalato per proteggersi nella loro condizione di maggior debolezza, quella della gravidanza e del parto! Dopo millenni di sopportazione da parte del genere maschile, è giunta la pornografia ad annientare questo sentimento artificiale e fittizio, questo "amore" insensato e tanto lontano dalla belluina natura umana. Cosa può dunque essere ancora chiamato "amore" nell'epoca della Rivoluzione Pornografica? La risposta è semplice. Si può definire "amore" soltanto l'ossessione sessuale di una persona per un'altra, l'infiammazione cerebrale che la porta a voler fare sesso con lei "tutto il giorno, tutta la notte, sempre" (cit.), senza sosta, soltanto con lei. Così Daniel, l'umano che ha dato origine a una lunga serie di cloni, provava davvero "amore" per Esther, perché la desiderava follemente e non sapeva pensare ad altro che a lei, soffrendo in modo feroce quando veniva cornificato, quando lei succhiava gli uccelli degli sconosciuti nelle feste e si faceva penetrare da tutti, si faceva riempire di sperma promiscuo, dopo essersi bruciata il cervello con la cocaina. 
Come si vede, la definizione dell'amore come atto puramente ed esclusivamente sessuale non contraddice affatto l'altra definizione data dall'autore francese, che identifica l'amore con una condizione di intossicazione, di ubriachezza in cui una persona va alla deriva e si autodistrugge, sconvolta dal desiderio folle per l'oggetto della sua passione. Gli antichi Egizi erano convinti che all'origine di questo stato di insania ci fosse la condizione clinica che ai nostri giorni è conosciuta come epatite, dato che il fegato era ritenuto la sede dei desideri sessuali. Potrei riportare centinaia di aneddoti simili, forse migliaia. Ok, ok, ragazzi, non crocifiggetemi, non linciatemi! Finalmente l'ho capito. Il vero significato della parola "amore" corrisponde ai sentimenti che intercorrono tra le donne e i loro cani! 

Houellebecq e i pompini 

Nel testo è menzionata 8 volte la parola "pompino". Alcune riflessioni sul tema sono senz'altro interessanti: 
 
"La fellatio è da sempre il pezzo forte dei film porno, l'unica pratica che possa servire da modello utile alle ragazze; l'unica, inoltre, in cui si ritrovi talvolta qualcosa dell'emozione reale dell'atto, perché è la sola in cui il primo piano sia anche un primo piano del volto della donna, in cui si possa leggere l'espressione di fierezza gioiosa, l'estasi infantile che prova talvolta nel dare piacere." 

Eppure non sempre il rapporto con questa pratica è lineare e positivo. Si tratta di quello che possiamo chiamare "gusto acquisito". Una cosa che all'inizio riesce fastidiosa o addirittura ripugnante, divenendo piacevole soltanto quando  viene vinta l'impressione iniziale. Ci sono migliaia di esempi in cui il processo di acquisizione di un gusto gioca un ruolo importante: molte cose, dal vino secco al gorgonzola, possono non essere apprezzate alla prima esperienza. Ecco una morbosa descrizione di come Esther, che all'inizio non lo prendeva in bocca, è poi diventata un'abilissima fellatrice:     
 
"Esther mi raccontò in seguito che in realtà si era rifiutata di praticare il sesso orale durante il suo primo rapporto e che aveva deciso di lanciarsi solo dopo aver visto parecchi film." 

Houellebecq ama dilungarsi in descrizioni penose e disturbanti, come quella della sua frequentazione di prostitute volgari, piene zeppe di gonorrea, ma scarsamente disponibili a contatti:  

"Vissi così per due mesi abbondanti, e sperperai migliaia di euro pagando coppe di champagne francese a delle rumene abbrutite che dieci minuti dopo avrebbero rifiutato comunque di farmi un pompino senza preservativo." 

Mi affascina leggere di questo cammino dell'essere umano che si degrada, si riduce allo stato di larva passando da un angiporto all'altro, fino alla disgregazione del suo stesso Essere. 
 
Houellebecq, il cannibalismo e la pedofilia
 
Pur senza nominarlo esplicitamente, il protagonista del romanzo descrive a un suo interlocutore le gesta del cannibale Armin Meiwes: 
 
"Per alimentare la conversazione, gli raccontai la storia di quel tedesco che ne aveva divorato un altro, incontrato tramite Internet. Prima gli aveva sezionato il pene, poi lo aveva fritto con le cipolle e lo avevano gustato insieme. Dopodiché lo aveva ucciso e tagliato a pezzi che aveva riposto nel suo congelatore. Ogni tanto ne tirava fuori un pezzo, lo scongelava e lo cucinava, seguendo ogni volta una ricetta diversa. Il momento della manducazione comune del pene era stato un'esperienza religiosa intensa, di reale comunione fra lui e la sua vittima, aveva dichiarato agli inquirenti." 
 
Del resto, Daniel aveva velleità di cineasta e amava pescare nel torbido. Non ne fa mistero:  
 
"Velocemente passai in rassegna l'insieme della mia carriera, soprattutto cinematografica. Razzismo, pedofilia, cannibalismo, parricidio, atti di tortura e di barbarie: in meno di un decennio, avevo sfruttato tutte le occasioni favorevoli." 
 
Uno dei suoi soggetti cinematografici riguarda la relazione tra un pedofilo (da lui stesso interpretato) e una bambina di nove anni!  
 
Gli Elohimiti e la loro origine     
 
Anni fa descrissi la setta molto singolare che ha ispirato gli Elohimiti del romanzo di Houellebecq, che propagandano una singolare mistura di elementi New Age e di culto degli Alieni. È un ben noto gruppo religioso realmente esistente, che prospera nei paesi francofoni e anche altrove. Si tratta dei Raeliani! Invito tutti a leggere con attenzione. Ecco il link:


Forse Houellebecq ha creduto di non poter menzionare Claude Vorilhon "Raël" nella sua opera senza rischiare qualche problema legale (anche se a conti fatti ne parla soltanto bene), così gli ha cambiato nome facendolo diventare un più anodino Robert Macaury. In ogni caso, che Robert Macaury sia proprio Claude Vorilhon può essere soltanto il segreto di Pulcinella. È talmente evidente che le mie spiegazioni potrebbero essere considerate superflue. Anche un bradipo ritardato capirebbe di chi si parla, all'istante! 
In svariate pagine reperibili nel Web si parla degli Elohimiti come di un "movimento pseudoreligioso". In realtà si tratta di una religione a tutti gli effetti, come infinite altre. Cosa distingue davvero una setta da una religione? Nella sostanza proprio nulla di qualitativo. Si può al massimo fare una distinzione quantitativa: le sette sono congregazioni poco significative in quanto a numeri, mentre le cosiddette grandi religioni sono riuscite a imporsi e hanno milioni di adepti. Si tende però a dimenticare un particolare di non poco conto Tutte le cosiddette grandi religioni hanno cominciato come gruppi ristretti che erano considerati sette dai loro oppositori. Allo stesso modo, qualsiasi gruppo settario potrebbe almeno potenzialmente diventare una grande religione se le circostanze storiche lo permettono. Non sono i contenuti a fare la differenza, è bene non dimenticarselo mai. Molti credono che sia assurda una dottrina fondata sulla creazione del genere umano da parte degli alieni. E non è forse assurda allo stesso modo la favola di Adamo ed Eva? 
Detto questo, anni fa destò grande scalpore l'annuncio fatto dalla setta Raeliana di aver effettuato con successo la clonazione di alcuni esseri umani. La società Clonaid, di proprietà della congrega ufologica, ha annunciato nel 2002 la nascita di Eva, la prima bambina clonata nella storia del genere umano. Questo link potrebbe essere di aiuto: 
 
 
Ecco un estratto significativo: 
 
"La Clonaid infatti sarebbe riuscita a far partire dieci gravidanze: cinque si sono concluse in aborti spontanei, altre cinque hanno avuto successo, inclusa quella di Eva, nata ieri con parto cesareo. Il bebè fotocopia europeo nascerà  da una coppia lesbica, altri due sono attesi in Asia e uno in Nord America. Tutti e tre nasceranno a febbraio e due di loro, ha tenuto a precisare la Boisselier, saranno la copia di "bimbi morti anzitempo, le cui cellule erano state preservate" per permettere la clonazione."  
 
La cosa è poi finita in nulla, come è giusto che sia (così direbbe l'amico S.M., le cui iniziali stanno per "Seppellisco Massoni").   
 
Mind uploading e mind downloading 
 
William Gibson introdusse nel suo romanzo seminale Neuromante (Neuromancer, 1984) un caso di immortalità a mio avviso ben poco desiderabile: se la memoria non m'inganna, si trattava di un hacker morto nel corso di un evento traumatico, la cui mente era stata caricata in un computer portatile. Gli davano il soprannome di "Dixie Flatline", ossia "Linea piatta", perché alla sua mente non corrispondeva un encefalogranna con qualche segno di attività. Naturale: non aveva più un encefalo. Era soltanto un costrutto ROM. In altre parole, quando era ancora in vita, era stato sottoposto a un'operazione di mind uploading. La sua consapevolezza non corrispondeva a quella di un essere umano. Non avrebbe saputo comporre una poesia. Quando il costrutto ROM veniva disconnesso, il Flatline non ricordava più le conversazioni precendenti lo spegnimento. Houellebecq si è innoltrato in un reame ancor più fantastico, immaginando che al processo di mind uploading della mente di un essere umano in una macchina, seguisse poi il processo di mind downloading di questa mente dalla macchina a un clone. Il trasferimento della personalità tramite due passaggi sarebbe stato quindi reiterato ogni volta che un clone avesse esaurito il suo ciclo vitale, passando la sua personalità al clone successivo.    

La clonazione e l'immortalità illusoria 

Esistono problemi ontologici di non poco conto nel concetto elohimita (id est raeliano) di clonazione. L'idea di Raël è comunque molto più semplice di quella enunciata da Houellebecq, in quanto non prevede processi di mind uploading e di mind downloading con una macchina intermediaria tra l'umano da clonare e il suo clone. Secondo quanto Raël afferma nel suo libro Gli extraterrestri mi hanno portato sul loro pianeta (1975), gli Elohim sarebbero in grado di produrre direttamente un clone immortale tramite ingegneria genetica: non c'è bisogno quindi di una catena virtualmente indefinita di cloni, il che eliminerebbe il rischio di riproduzione imperfetta della personalità originaria, ad ogni passaggio. È vero però che è difficile credere all'idea raeliana sull'esistenza di una cellula nervosa che conterrebbe l'intera consapevolezza di una persona, ricordi inclusi. L'elaborata teoria formulata da Houellebecq non risolve i molti problemi filosofici insiti nella clonazione. Un clone di una persona non è la persona stessa. Non si può in alcun modo identificarlo con una prosecuzione della persona di origine. In altre parole, se vengo clonato, con qualsiasi mezzo, alla mia morte il mio Essere subirà la sua sorte, sia essa l'annientamento o altro, mentre il mio clone avrà un Essere suo diverso dal mio. Se a qualcuno la parola "Essere" non piace, diciamo allora che con essa intendo quella proprietà ineffabile che unisce la consapevolezza di esistere a una particolare visuale dell'Universo, unica per individuo. Quella cosa indescrivibile che fa sì che io sia Marco M. e non un leone in Africa. Ne consegue che la clonazione non è l'immortalità, come invece i Raeliani affermano. Se a sopravvivere fosse la mia personalità (insieme di gusti e di atteggiamenti) e non il mio Essere (ciò che definisce proprio me stesso e non altri), sarebbe una cosa irrilevante. Non ha senso che io mi senta ubiquo solo perché da qualche parte nel mondo ho un sosia con inclinazioni simili alle mie, a cui piace bere alcol e leccare l'ano alle femmine. 
 
La clonazione e l'accumulo delle informazioni 

Si produce entropia. L'entropia comporta l'accumulo di scorie, e l'accumulo di scorie aumenta a sua volta l'entropia, in un circolo vizioso. È un anello cibernetico. Il cervello è un organo complesso, che esiste in un tempo finito, limitato: la durata di una vita umana. Non abbiamo nessuna esperienza di come un cervello potrebbe durare per secoli o per millenni. Come potrebbe accumulare informazioni e ricordi all'infinito? Non soccomberebbe prima o poi all'amnesia e a demenza?    
 
Francesco Verso e i Neoumani  
 
Ricordo un discorso tenuto da Francesco Verso in occasione dei Delos Days, tenutosi alla Casa dei Giochi di Milano nel lontano 2011. Aveva vinto il Premio Urania nel 2009 col romanzo E-Doll (aka Il fabbricante di sorrisi) ed era entusiasta, anche perché aveva conosciuto Houellebecq di persona, non molto tempo prima. Prendeva molto sul serio l'evoluzione neoumana descritta dall'autore francese nel suo romanzo e sembrava credere davvero che fosse traducibile in concreta realtà. Procedeva così nelle sue argomentazioni. Per sua nonna, spiegava al pubblico, un pranzo non poteva avere meno di cinque portate. Già sua madre preparava soltanto un primo e un secondo. Nei tempi attuali, si predilige invece il piatto unico, con una riduzone significativa della quantità di cibo ingerito. Così, andando avanti di questo passo, procedendo con linearità, si sarebbe presto passati a una semplice barretta proteica, giungendo infine a eliminare la stessa necessità di alimentarsi. Ogni essere umano avrebbe avuto sulla schiena o sul collo (non ricordo bene i dettagli) una serie di cellule capaci di attuare la fotosintesi, generando dall'acqua e dalla luce i nutrienti necessari per vivere, quindi alla masticazione sarebbe stata riservata soltanto un impiego "ludico". Ricordo bene questa parola: "ludico". Non sono intervenuto su questo specifico tema. Non mi andava di evidenziare in pubblico le fallacie degli singolari ragionamenti esposti. Le nonne dei pranzi con cinque portate hanno passato un'infanzia terribile di carestia. Avevano la tessera annonaria, ai tempi del Duce. Le proteine erano severamente razionate. In Romagna sono stati visti operai affetti da cachessia, talmente denutriti da avere le costole che sporgevano sotto la pelle. Quando la guerra è finita, dopo anni di miseria è tornata l'abbondanza, e queste nonne hanno ingozzato i loro nipoti, senza far sapere nulla delle ristrettezze patite, perché avevano una grande vergogna al solo pensiero di parlarne. Non è che nella prima metà del XX secolo tutti si ingozzassero mangiando a quattro palmenti pasti di cinque portate ogni santo giorno! Siccome queste cose a scuola non le insegnano, molti credono tuttora alla favola della quantità di cibo costantemente diminuita dai tempi di Eliogabalo, quando ci si ingozzava come lupi e si beveva come cammelli, fino al moderno piatto unico, povero di calorie e striminzito, adatto ai lillupuziani!
 
Curiosità  
 
Nel 2008 il romanzo è stato adattato in un film, La possibilité d'une île, diretto dallo stesso Houellebecq. Questa pellicola è il terzo adattamento dopo Extension du domaine de la lutte (Philippe Harel, 1999) e Les Particules élémentaires (Oskar Roehler, 2006). È però la prima volta che lo scrittore francese adatta un proprio romanzo. Presentato al Festival di Locarno (10 settembre 2008), il film è stato stroncato in modo impietoso dalla critica. Non risulta che sia stato distribuito in Italia.   

Il grottesco Iggy Pop ha tratto ispirazione da La possibilità di un'isola per il suo album studio Preliminaires (2009). Alcune canzoni sono interpretate in francese. Non le ho ancora ascoltate e non ho idea della loro qualità. Ho avuto esperienze traumatiche con il francese pronunciato da anglosassoni: ricordo ancora quando Patsy Kensit cantò una canzone intitolata J'ai pas peur ("Non ho paura"), pronunciando il ritornello come "She pop-air" /ʃi: pa'pɛ:ɹ/. In ortografia italiana sarebbe qualcosa come "sci papèr", che in qualche modo evoca una papera!  

Un estratto del romanzo compare nell'album Comme si de rien n'était (2008) di Carla Bruni, la famosa modella e cantante, moglie di un ex Presidente della Repubblica di Francia (quello conosciuto con l'affettuoso soprannome "Sarkoma di Kapozy"). La traccia è la numero 2, intitolata proprio La possibilité d'une île.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web   
 
Gli osceni battibecchi dei fantascientisti italiani sono stati incentrati su un presunto sfregio arrecato alla loro comunità: "Se Houellebecq ha scritto Science Fiction fatta e finita, perché è considerato mainstream? Perché i suoi volumi nelle librerie non sono nello scaffale della Science Fiction? Perché non è rinchiuso come noi nel Ghetto della Fantascienza?" 
A queste angoscianti domande non è stata data una risposta. Non penso che sarei ascoltato se cercassi di fornirla io. 

Le reazioni della critica sono state contrastanti e simili a quelle di chi trovasse un po' di merda dentro un gelato al cioccolato che sta leccando. Anche i giornalisti hanno espresso qualche giudizio di questo genere. Eccone uno: 
 
"Ciò che si continua ad apprezzare in Houellebecq è la sua capacità di osservare con sguardo impietoso e disincantato una realtà come quella contemporanea, fatta di sentimenti degradati e mercificati, di sesso ripetitivo e meccanico, di cinismo miserevole e di patetici tentativi di coprire un grande vuoto." 
(La Stampa)
 
Riporto alcuni estratti di recensioni di utenti di Anobii.com
 
 
L'utente Yossarian 1, schifato dai Raeliani, dalle seghe e dai pompini, ha scritto questo:
 
"Il problemuccio di questi (sic) romanzo (filosofico, non ci sarebbe tecnicamente altro modo di definirlo: Houellebecq nel romanzo si richiama a Balzac, ma si crede Voltaire) sarebbe l'andamento fanta-porno-splatter, che non solo tracima continuamente nel già visto/già sentito, ma a tratti fa venire voglia di mollare un attimo il libro per andare a lavarsi le mani, per poi riprenderlo in mano con su i guanti da cucina." 
 
Questo ha scritto un anonimo: 
 
"In questo libro siamo messi di fronte all'implosione del sistema occidentale con i suoi falsi miti di eterna giovinezza e consumismo, alla solitudine che ci accompagna tutti, al desiderio inestinguibile di eternità e di amore. Houellebecq ci descrive un mondo privo di compassione, pervaso di decadimento, di dolore e morte nel quale siamo tutti dei sopravvissuti, naufraghi aggrappati all'unico relitto che possa farci dimenticare l'assurda caducità di tutto: il sesso, il vivere voluttuosamente. Eros e Thanatos, al solito. Ma quale sgomento nell'accorgersi che nemmeno il sesso offre un durevole riparo dalla morte e dal dolore." 
 
Poi si giunge al solito fraintendimento sulla natura dell'amore: 
 
"Questo scrittore straordinario, che scrive come un poeta desolato o come un disperato erotomane, ci getta addosso l'orrore del mondo moderno per dirci che, poiché la vita è solo dolore, un eterno calvario in cui non c'è posto per la felicità, non è al denaro, non al sesso, non alla vita eterna di un essere subumano, non all'eliminazione dei sentimenti che possiamo chiedere la liberazione dal terrore di vivere, no, ma solo all'amore, può salvarci solo l'amore."  

Ma l'amore è il sesso, Diabole