Ricordo nitidamente un film ritenuto trash dalla critica, ma a mio avviso bellissimo. L'ho visto tante volte in gioventù che ancora adesso ne ricordo molte battute a memoria. Il suo titolo è A proposito di omicidi... (l'originale è The Cheap Detective), del 1978, con l'intramontabile Peter Falk nel ruolo del detective Lou Peckinpaugh. La trama di questa commedia satirica, piena di trovate esilaranti, la caratterizza come un improbabile ibrido tra Casablanca e Il falcone maltese. A un certo punto il capo dei malfattori, certo Jasper Bombolo, spiega a Lou Peckinpaugh: "Nell'853 si è verificato un avvenimento poco conosciuto nella Storia. Dodici pescatori albanesi conquistarono la Cina, il Tibet e la Mongolia!". "Per la miseria, non me l'hanno detto!", ribatte il detective, con un po' di sano scetticismo. La risposta del malvivente sorprende non poco: "Perché lei non ha studiato la storia in Albania! In seguito i dodici tornarono al loro paese con la più ricca preda di guerra di cui si abbia memoria. Ognuno di loro aveva un diamante di 766 carati, la cui dimensione era pari a quella di un uovo di gallina del New Jersey!".
Che c'entra tutto questo con la lingua etrusca? Beh, è molto semplice. Esiste in Albania un forte movimento politico che cerca con ogni mezzo di affermare l'origine albanese dell'etrusco, diffondendo favole e inconsistenze marchiane. Gli aderenti a questa congrega di entusiasti non esitano a trollare, dando spesso prova di un certo fanatismo nei commenti su social e forum, che talvolta ricorda il tifo degli hooligan. La loro narrazione non è poi molto diversa dalla storiella dei dodici pescatori albanesi conquistatori della Cina, del Tibet e della Mongolia. È un tipico esempio di "scienza balcanica", che pretende di trasformare in realtà a colpi di clava le fantasie dei tirannelli locali. Sembra che questa ennesima teoria pseudoscientifica sulle origini della lingua etrusca si sia sviluppata a partire dall'opera dell'antropologa Nermin Vlora Falaschi (1921-2004). Questa autrice è partita da un ragionamento discutibile e semplicisitico: identificati gli Etruschi con i Pelasgi e considerati i Pelasgi ascendenti degli Illiri, sarebbe provata all'istante l'identità etnica e linguistica tra gli Etruschi e le genti dell'Albania. Nel Web si trovano poi alcune divertenti "perle". Stalin: "Gli albanesi potrebbero avere le stesse ragici degli etruschi". Enver Hoxha: "Gli albanesi hanno origine pelasgica, il popolo più antico dei Balcani".
L'inganno dei traduttori magici
Il problema fondamentale è che i panilliristi pelasgici negano alla radice il metodo scientifico. Prendono forme dell'albanese moderno, le proiettano immutate indietro nei secoli, quindi le usano per "tradurre" i frammenti ottenuti spezzettano le iscrizioni etrusche nel modo che fa loro più comodo. Non tengono nemmeno conto degli elementi onomastici, che è facilissimo riconoscere: li tagliano a pezzetti come vogliono senza tener conto della loro struttura e degli elementi grammaticali. Quando si tratta di analizzare singole parole, utilizzano il criterio dell'assonanza. Molti di loro ignorano persino il fatto che le Tavole Iguvine sono scritte in umbro, una lingua italica imparentata col latino, e tramite i loro strumenti di traduzione magica affermano di poterne comprendere alla perfezione il testo, facendolo "cantare". Le "traduzioni" fabbricate dalla Vlora Falaschi e dai suoi accoliti sono assurde ed espresse in una forma mentis tipicamente moderna, come ci si può attendere. Bastano pochi esempi di questa metodologia per capire quanto sia imbarazzante. Il nome della città di Cortona viene preso tal quale, senza badare al fatto che in etrusco era Curtun, quindi viene metanalizzato come COR TONA e interpretato come "nostro raccolto" (albanese korr "raccolto" e tonë "nostro"). L'iscrizione etrusca θania : anaieireliri - di cui non si menziona l'origine né la classificazione - viene trattata così: la theta iniziale somiglia a uno zero e viene quindi abolita, mentre il resto viene scomposto arbitrariamente in ania â naje irë liri e interpretato come "la nave è per noi coraggio e libertà" (la Falaschi riporta le parole albanesi come ania "nave", â "è", naje "per noi", irë "coraggio", liri "libertà"). Non si pensa nemmeno per un attimo al fatto che il prenome femminile Thania compare in moltissime altre iscrizioni e che il contesto con le navi non c'entra una cippa.
Diamo invece un'occhiata alla realtà. Questo è un confronto tra i numerali etruschi e i numerali albanesi.
Italiano
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Etrusco
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Albanese
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uno
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θu
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nyë
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due
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zal
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dy
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tre
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ci
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tre (m.), tri
(f.)
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quattro
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śa
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katër
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cinque
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maχ
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pesë
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sei
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huθ
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gjashtë
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sette
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semφ
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shtatë
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otto
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cezp
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tetë
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nove
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nurφ
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nëntë
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dieci
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sar
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dhjetë
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venti
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zaθrum
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njëzet
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Trascrivo i numerali etruschi in un'ortografia albanese approssimativa: thu, cal, ki, sha, mak (mah), huth, sempf, kecp, nurpf, sar, cathrum. Considerato che i numerali sono tra le parti più stabili di una lingua, non c'è molto in comune. Vediamo che in etrusco i numerali semφ "sette" e nurφ "nove" sono prestiti da una lingua indoeuropea non identificata (anche se permangono oscure le modalità di trasmissione e di formazione), mentre il numerale sar "dieci" potrebbe essere un prestito da una lingua semitica. Il condizionale è d'obbligo. Le forme albanesi sono invece di chiara origine indoeuropea. Appartengono a una lingua di tipo satəm, che assibila le antiche consonanti palatali indoeuropee k', k'w, g', g'h, g'w, g'hw: ad esempio IE *penk'we "cinque" diventa in albanese pesë. Le trasfomazioni occorse nel precursore dell'albanese sono molto complesse e non c'è spazio per discuterle in questa sede.
Forse il mondo accademico levantino non è a conoscenza del fatto che le lingue evolvono nel tempo. Essendo l'albanese una lingua indoeuropea, è possibile indagare a fondo il suo passato. Fornisco un elenco di parole albanesi con le protoforme ricostruite e contrassegnate da un asterisco. Per comodità ho indicato la lunghezza vocalica con i due punti (:) anziché con il macron (il trattino sopra la vocale). Queste dovevano essere proprio le forme che si usavano ai tempi di Giulio Cesare:
bardhë "bianco" < *bardza
be "giuramento" < *baida
bie "portare" < *berja
bimë "pianta" < *bu:ma:
bisht "coda" < *bu:šta
derë "amaro; difficile" < *deuna
det "mare" < *deubeta
ditë "giorno" < *di:ta:
dhi "capra femmina" < *aidzija:
edh "capro" < *aidza
elb "orzo" < *albi
err "oscurità" < *ausra
ethe "febbre" < *aida
grua, grue "donna, moglie" < *gra:wa:
gjalpë "burro" < *selpi-
gjashtë "sei (6)" < *seksti
gjër "zuppa" < *jausna
gjithë, gjidhë "tutto" < *semdza
gjû "ginocchio" < *gluna < *gnuna
hedh "gettare" < *skeuda
hell "spiedo" < *sko:la:
hënë, hanë "luna" < *ksanda:
hime "crusca" < *skeidma
hirrë "siero" < *ksira:
jam "io sono" < *esmi
kem "incenso" < *kapna
kollë "tosse" < *ka:sla:
krye "testa" < *kra:nja: < *kra:snja:
mbi "su" < *ambi
mbyll "chiudere, fissare" < *ambiwe:la
mbys "affogare, uccidere" < *ambiwi:tja
mish "carne" < *memsa
mjaltë "miele" < *melita
mjekër "barba" < *smekra:
muaj, muej "mese" < *mo:snja < *mo:nsja
natë "notte" < *nakti
pelë "giumenta" < *po:ula:
ploje "massacro" < *pla:ga:
quaj, quej "chiamare, dar nome" < *klo:usnja
rrah "colpire" < *wragska
shi "pioggia" < *su:ja
shteg "sentiero" < *staiga
tredh "castrare" < *treuda
thaj "seccare" < *sausnja
udhë "via" < *wada
urë "ponte" < *wara:
ve "vedova" < *widewa:
verë "vino" < *waina:
Numerosi prestiti latini in albanese sono stati trattati come parole native e nel corso dei secoli hanno subìto mutamenti anche profondi:
ar "oro" < aurum
brekë "pantaloni" < bra:cae
dëm, dam "danno" < damnum
emtë "zia" < amita
gaz "gioia" < gaudium
gjelbër, gjelbën "verde" < galbinus "giallastro"
gjell "gallo" < gallus
kalë "cavallo" < caballus
kërrutë "pecora con le corna" < cornu:ta
mend "mente" < mentem (acc.)
nip "nipote" < nepo:s
prind "padre, genitore" < parentem (acc.)
Tra questi prestiti ci sono anche parole relative alla religione cristiana, segno che la lingua doveva essere affine a quella ricostruita ancora nella tarda antichità:
blatë "ostia" < obla:ta
dreq "diavolo" < draco: "dragone"
enjëll "angelo" < angelus
fe "fede, religione" < fides
ferr "inferno" < infernum
kështër, kështën "cristiano" < christia:nus
kishë "chiesa" < eccle:sia
kryq "croce" < crucem (acc.)
mëshirë "pietà, misericordia" < miseria "infelicità;
povertà"
prift "prete" < presbyter
upeshk "vescovo" < episcopus
La fonte dei dati da me riportati è il fondamentale A Coincise Historical Grammar of the Albanian Language, di Vladimir Orel, che può essere parzialmente consultato su Google Books. Esiste inoltre un potentissimo strumento di ricerca su Wikipedia, che permette di individuare le protoforme delle parole native.
Si ha il sospetto che tutto ciò sia tabù per i panilliristi pelasgici, o quantomeno che lo considerino incomprensibile. Per ricercare possibili radici albanesi comuni all'etrusco o a qualsiasi altra lingua antica, è necessario operare il confronto con le forme ricostruite di cui sopra, non con le forme moderne, diamine!
Un possibile sostrato tirrenico in albanese
Fermo restando che l'etrusco e l'albanese non sono geneticamente imparentati, qualche nesso interessante si riesce a trovare in ogni caso. Infatti l'antenato dell'albanese aveva, come tutte le lingue indoeuropee, un certo numero di elementi di sostrato, provenienti da una lingua parlata in precedenza. Analizziamone alcuni:
gur "pietra" < *guri
karmë "banco roccioso" < *karpna:
karpë "altura rocciosa" < *karpa:
karsh "area rocciosa" < *karusa
magulë "mucchio" < *magula:
mal "montagna" < *mala
L'etimologia proposta dagli indoeuropeisti per queste voci è forzata, presenta difficoltà semantiche e ha tutta l'ara di essere fallace. Le voci karmë, karpë e karsh derivano chiaramente dall'elemento di sostrato preindoeuropeo *kar- "roccia": non si sente la necessità di una derivazione da IE *kerp- "tagliare". La formazione *karp-na: da *karpa: mostra poi un suffisso in nasale che ricorda numerose formazioni in etrusco. Vediamo che gur è stato ricondotto a IE *gwor- "altura", purtuttavia è la parola di base per indicare la pietra ed è più probabile che la sua origine non sia indoeuropea. La voce mal esiste anche in rumeno, dove significa "costa, riva". Così pure magulë ha riscontro nel rumeno măgură "collina". La lingua dacica doveva avere affinità notevoli con la lingua proto-albanese, al punto che forse ne era soltanto una varietà. Avremo ancora occasione di occuparci di questi vocaboli, che sono relitti di mondi perduti.
Richiamo l'attenzione sull'interessante parola mushk, mushkë "mulo", che si ritrova anche nelle lingue slave (antico russo mŭskŭ "mulo"). Il latino mu:lus viene da *mukslos per *musklos, ed è conosciuta una forma diminutiva muscella "asinello". Il greco antico μυχλός "asino da monta" è da un precedente *mukslo-. Persino in veneto abbiamo musso "asino", che deriva dalla stessa radice. Orbene, in etrusco esiste un gentilizio Musclena, che permette di ricostruire *muscle come nome etrusco del mulo. Evidentemente il termine, di origine tirrenica, si è irradiato nell'area balcanica e oltre.
Alcune parole albanesi, senza dubbio indoeuropee, risalgono a strati linguistici molto antichi. Così abbiamo yll "stella", la cui forma ricostruita è *usli-. Questa ha la stessa origine dell'etrusco usil "sole", senza dubbio un prestito da una lingua indoeuropea sconosciuta. Festo fornisce l'etimologia del nome della gens Aurelia, affermando che era chiamata così dal sole (a sole dicta). Si tratta di una variante apofonica della voce precedente, *ausel-, che in seguuito ha subìto regolarmente rotacismo. Sono convinto che se si porteranno avanti studi seri e rigorosi, si potranno raggiungere risultati notevoli e molto interessanti.