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domenica 30 giugno 2019

TEDESCO NACHEN 'PICCOLA BARCA' E NORRENO NǪKKVI 'BARCA, NAVE': UN RELITTO PREINDOEUROPEO

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulla seguente voce, estratta dal dizionario di Zoëga

nǫkkvi (m.), barca; nave
   gen./dat./acc. nǫkkva 
   plurale: 
   nom. nǫkkvar, gen./acc. nǫkkva, dat. nǫkkvum 


Si tratta di un vocabolo poetico, che non ricorrereva nella lingua corrente. È anche attestato come nome proprio maschile di persona: Nǫkkvi. L'antroponimo era tipico dei Vichinghi e fu portato da un loro capitano, un Re del Mare.   

Il tedesco moderno ha una parola imparentata: Nachen (m.) "piccola imbarcazione". Si tratta di un diretto discendente del medio alto tedesco nache, a sua volta dall'antico alto tedesco nahho "barchetta, barca fluviale". In antico sassone si ha nako "barchetta", ovviamente senza rotazione consonantica.

Anche in antico inglese esiste una parola derivata dalla stessa radice: naca (m.) "barca; nave". Il suo uso era esclusivamente poetico. Purtroppo questa singolare voce è andata perduta abbastanza presto, a causa del tremendo trauma che ha portato nel lessico anglosassone ingenti quantità di materiale romanzo dall'antico francese, facendo diventare obsolete moltissime parole ereditate. 

In olandese abbiamo aak "piccola imbarcazione (per navigare nei canali)". Evidentemente l'assenza della nasale iniziale è dovuta a deglutizione. In altre parole, si dovrebbe avere *naak, ma la consonante n- è stata interpretata come parte dell'articolo indeterminativo: a un certo punto een *naak è diventato een aak. In medio olandese è attestata sia la forma con nasale integra, naecke, che quella con nasale deglutita, aecke. Questo fenomeno esiste anche in antico frisone, che ha âke, âk (aek, aak in frisone occidentale moderno). 

Non abbiamo attestazioni nella lingua dei Goti. Se il vocabolo fosse stato presente, sarebbe sicuramente *naqa, con la declinazione debole maschile: gen. *naqins, dat. *naqin, acc. *naqan; pl. nom./acc. *naqans, gen. *naqane, dat. *naqam. Troverei strana l'assenza di questa parola in gotico, dato che è stata ereditata da tutti gli altri rami del germanico.

Si ricostruisce agevolmente una forma protogermanica *nakwæ:n "barca; nave". Veniamo ora al punto. Qual è l'origine ultima di questa parola? I neogrammatici danno per scontato che si tratti di una forma indoeuropea e ricostruiscono così una radice *nagw- che in modo ridicolo proiettano nelle steppe dell'Asia. Ecco cosa riporta la Wikipedia in tedesco (2019): 

"Ein Nachen (althochdeutsch Nahho, germanisch Nakwa, indogermanisch Nagua) bezeichnet ursprünglich einen Einbaum, ein kompaktes, flaches Boot bzw. einen Kahn für die Binnenschifffahrt." 

Guardando la cronologia della pagina wikipediana, si scopre che a quanto pare queste oscenità sono in Rete dal 2013. Il protogermanico è chiamato "germanisch"; l'indoeuropeo è chiamato "indogermanisch", usando una denominazione obsoleta; le forme ricostruite non hanno asterisco alcuno. L'ortografia usata per la pretesa forma indoeuropea Nagua ha del grottesco, sembra quasi una voce amerindiana ispanizzata. Tutto ciò è talmente rozzo che potrebbe essere stato concepito dalla mente febbrile di un contadino paccianesco in qualche desolata campagna sassone. 

Vediamo che la radice *nagw- deve essere un resto di una lingua di sostrato, anteriore alla formazione del protogermanico. Quello che invece trovo interessante è una sua possibile relazione con l'indoeuropeo *na:w- "nave". Forse si tratta di un prestito remoto, in una direzione o nell'altra. Oppure entrambe le lingue avranno preso questo nome della nave da una terza lingua del tutto sconosciuta. A favore dell'idea che *na:w- sia un prestito in indoeuropeo sta il suo vocalismo peculiare. La /g/ presupposta dal protogermanico /k/ può ben corrispondere a una laringale ricostruibile per uno stadio particolarmente antico dell'indoeuropeo comune. Mentre in indoeuropeo l'antica laringale è scomparsa prolungando per compensazione la vocale precedente, nella lingua preindoeuropa del sostrato nordico si è conservata e indurita, diventando un'occlusiva.

sabato 22 giugno 2019

UN PRESTITO NORRENO IN INGLESE: TUSK 'ZANNA'

Meditando sullo strano aspetto fonetico della parola inglese tusk "zanna", mi sono posto il problema della sua etimologia. Innanzitutto i miei ricordi di mitologia nordica mi hanno restituito immediatamente il nome del gigantesco scoiattolo Ratatoskr, che rosicchiava con i suoi acuminati incisivi il Frassino del Mondo, Yggdrasill, avvicinando vieppiù la Catastrofe Finale. Si tratta di un composto, il cui secondo membro può essere così enucleato:

-toskr (m.), zanna 

Non risultano altre attestazioni di questa parola: abbiamo soltanto questo nome del fantomatico roditore, tramandatoci dall'Edda in prosa di Snorri Sturluson e dall'Edda Poetica (XIII secolo). Il primo membro del composto, Rata-, è tradizionalmente associato a Rata (m., gen. di *Rati), nome del trapano usato da Odino per perforare una parete di roccia allo scopo di raggiungere l'Idromele della Poesia (Hávamál, 106, 1). La traduzione di Ratatoskr è riportata come "Dente a Trivella". Esiste però anche un'altra scuola di pensiero, che considera Rata- come un prestito dall'antico inglese ræt "ratto" (inglese moderno rat). Ratatoskr significherebbe quindi "Dente di Ratto". Se devo essere franco propendo per questa seconda ipotesi. Non è poi improbabile che lo stesso nome del trapano odinico fosse un prestito dalla parola anglosassone e avesse il senso originale di "Rosicchiatore". 

Torniamo ora a -toskr. Un termine simile si trova soltanto nell'antico inglese (tusċ, tux "zanna") e in antico frisone (tusk "zanna"). Si suppone che sia derivato da una protoforma *tunθskaz, connessa con il nome del dente, *tunθuz (da cui il gotico tunþus), *tanθu (da cui il norreno tǫnn) - di chiara origine indoeuropea (< *dṇt- / *dent- / *(e)dont-, da cui anche il latino dēns "dente", gen. dentis). Se fosse una forma regolare, dovrebbe avere una vocale lunga. In effetti in antico inglese è riportata anche una variante con vocale lunga, tūsċ, che non ha però continuatori moderni. A quanto pare si tratta di una forma marginale e non si spiega bene la prevalenza della vocale breve nel dominio in cui sono attestati discendenti di *tunθskaz

In ogni caso, l'inglese tusk "zanna" è di certo un prestito dal norreno e prova per via indiretta che l'elemento -toskr doveva essere un vocabolo vitale: nelle parole genuine il protogermanico /sk/ si palatalizza sempre in /ʃ/ già in antico inglese (scritto ) e questo esito è stato ereditato nell'inglese moderno (scritto sh). Infatti esiste una variante dialettale tush "zanna" (anche termine tecnico, col senso di "corta zanna dell'elefante femmina"), con la consonante palatale che ci attenderemmo come naturale evoluzione dall'anglosassone tusċ. La variante tux è frutto di una trasposizione dell'antico nesso /sk/ in /ks/, avvenuta prima della palatalizzazione di /sk/. Questo tipo di metatesi non è infrequente. A quanto mi risulta, tux non ha lasciato discendenti. Possiamo così riassumere la questione: nella lingua moderna alla forma nativa tush si affianca tusk, che è un prestito dal norreno. Simili doppioni non sono una novità nel lessico della lingua di Albione, si pensi per esempio a shirt "camicia" (termine nativo), che convive con skirt "gonna" (prestito dal norreno).

Menziono ora una cosa che reputo degna di nota: esiste nell'inglese moderno un fortuito omofono della forma dialettale tush "zanna": si tratta del termine gergale tush "culo, ano". Ovviamente non c'entra proprio nulla. L'etimologia è in ultima analisi ebraica. Derivato dall'abbreviazione dello yiddish תחת‎ (tokhes), il vocabolo scurrile in questione proviene dall'ebraico תַּחַת‎ (taḥaṯ "culo"). Ricordo la mia assidua frequentazione del sito pornografico www.tushylickers.com, che mostra le gesta di decine di leccatori (e leccatrici) di buchi del culo femminili. Rimasi incuriosito dal nome tushy, che non sapevo spiegarmi. Come ho indagato, ho appreso qualcosa di nuovo. Anche la pornografia più morbosa può avere un interesse etimologico notevole, non mi stancherò mai di ripeterlo.