Hans Baldung, detto Grien, nacque a Schwäbisch Gmünd (Germania, Baden-Württemberg) nel 1485 circa e morì a Strasburgo nel 1545. Fu un allievo del fulvo Albrecht Dürer, ed egli stesso famoso pittore, disegnatore, incisore e xilografo. Proprio una xilografia ha attratto la mia attenzione per un dettaglio di non poco conto. Si tratta del Sabba delle streghe, che risale al 1510 ed è conservato al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga. Se si guarda quest'opera con attenzione, noterà che una delle streghe nude ha tra le gambe un vaso su cui si vede chiaramente un'iscrizione enigmatica. Non è difficile riconoscerne i caratteri: si tratta della scrittura sillabica giapponese denominata katakana e di un ideogramma numerico. A quanto sembra, nessuno ci ha mai fatto caso.
Questo è un prospetto del sillabario katakana:
Questi sono i caratteri giapponesi usati per trascrivere i numeri:
Possiamo azzardarci a leggere l'iscrizione, completando alcuni tratti mancanti:
ワ三スイエ
Traslitterazione:
...WA-SAN-SUI-E
WA significa IO in antico giapponese (potrebbe essere un arcaismo)
SAN significa TRE
SUI significa ACQUA ed è sinonimo di MIZU
Il tratto superiore del kana エ è insolitamente obliquo. Il segno ricorda molto un kana oggi obsoleto usato per trascrivere la sillaba YE, come sintesi dei segni delle due sillabe I e E. Tuttavia questo kana sintetico è stato introdotto all'inizio dell'Era Meiji, quindi dopo il 1868: il suo uso in un testo del XVI secolo sarebbe un anacronismo.
SAN significa TRE
SUI significa ACQUA ed è sinonimo di MIZU
Il tratto superiore del kana エ è insolitamente obliquo. Il segno ricorda molto un kana oggi obsoleto usato per trascrivere la sillaba YE, come sintesi dei segni delle due sillabe I e E. Tuttavia questo kana sintetico è stato introdotto all'inizio dell'Era Meiji, quindi dopo il 1868: il suo uso in un testo del XVI secolo sarebbe un anacronismo.
La forma SANSUI "tre acque" esiste ed è documentata.
Questa è la traduzione ipotetica del frammento: "... io le tre acque..."
Probabilmente dopo WA SAN SUI c'era un verbo. Qualcosa come "io le tre acque faccio scaturire" o qualcosa del genere. Il giapponese è una lingua SOV (soggetto-oggetto-verbo), quindi quanto affermo non è così peregrino.
Resta il fatto che prima di WA c'è un altro carattere, che non si legge. Potrebbe essere la parte finale di una parola, essendo l'iscrizione circolare. La stessa sillaba WA potrebbe essere la particella del soggetto, una specie di marca del nominativo, che in giapponese suona proprio in questo modo. Tutto ciò rende quasi impossibile cogliere il significato esatto dell'iscrizione originale. Non sono un esperto di lingua giapponese, ma credo che sia più probabile la prima ipotesi da me enunciata, con WA "io" e SAN "tre".
È curioso notare che i primi due caratteri del testo trascrivono foneticamente la parola WASAN, che significa "matematica" (etimologia da WA "giapponese" e SAN "computo"). Nell'uso comune la parola in questione si trascrive in ideogrammi (kanji) come 和算. Tuttavia questa interpretazione non è possibile e si può confutare con facilità, in quanto si sa per certo che WASAN è un termine coniato nell'Era Meiji, esattamente negli anni '70 del XIX secolo, per distinguere la matematica nativa da quella occidentale.
Il punto è questo:
1) Non può trattarsi di una coincidenza: i caratteri sono chiaramente leggibili e non hanno la benché minima possibilità di somiglianza con qualsiasi cosa sia stata partorita in Occidente;
2) Nel 1510 non poteva essere presente in nessuna nazione europea alcuna nozione dell'esistenza del sillabario katakana e dei kanji dei numerali: fu soltanto nel 1542 che i primi navigatori portoghesi giunsero nell'arcipelago nipponico, e per molto tempo giunsero nel vecchio continente soltanto nozioni fumose sulla cultura isolana da poco scoperta.
2) Nel 1510 non poteva essere presente in nessuna nazione europea alcuna nozione dell'esistenza del sillabario katakana e dei kanji dei numerali: fu soltanto nel 1542 che i primi navigatori portoghesi giunsero nell'arcipelago nipponico, e per molto tempo giunsero nel vecchio continente soltanto nozioni fumose sulla cultura isolana da poco scoperta.
Come si spiega dunque il vaso dipinto da Baldung? Questi sono i veri misteri, non le baggianate dei complottisti!
Anche se i navigatori portoghesi giunsero in Giappone una trentina di anni dopo la creazione della xilografia di Baldung, è pur sempre vero che gli isolani intrattenevano da secoli rapporti con la Corea e con la Cina. Il vaso, venduto a un mercante cinese, potrebbe aver viaggiato verso Occidente giungendo infine in Germania, dove lo stesso Baldung deve averlo visto con i propri occhi e riprodotto. Se l'iscrizione è stata riportata a memoria, questo può spiegare l'esecuzione difettosa dei caratteri, con lievi distorsioni e tratti mancanti.
Anche se i navigatori portoghesi giunsero in Giappone una trentina di anni dopo la creazione della xilografia di Baldung, è pur sempre vero che gli isolani intrattenevano da secoli rapporti con la Corea e con la Cina. Il vaso, venduto a un mercante cinese, potrebbe aver viaggiato verso Occidente giungendo infine in Germania, dove lo stesso Baldung deve averlo visto con i propri occhi e riprodotto. Se l'iscrizione è stata riportata a memoria, questo può spiegare l'esecuzione difettosa dei caratteri, con lievi distorsioni e tratti mancanti.
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