RINASCIMENTALE
Innanzitutto, fu proprio Gemisto Pletone a riportare in Occidente la conoscenza e lo studio approfondito della lingua greca, che era stata da lungo tempo quasi dimenticata e ridotta a rudimenti. Del resto, gli studiosi del Trecento che si erano occupati della materia, come ad esempio Petrarca e Boccaccio, non avevano ottenuto risultati strabilianti. Cosa d'importanza capitale, il filosofo bizantino permise la conoscenza diretta dei testi in lingua originale di Platone, Plotino e altri neoplatonici. Negli anni 1438-1439 partecipò al Concilio di Ferrara e Firenze, occasione di importanza capitale che gli permise di plasmare l'Umanesimo, diffondendo la sua visione del mondo. Fu determinante la sua influenza su Cosimo de' Medici (Firenze, 1389 - Careggi, 1464), che nel 1462 portò alla fondazione dell'Accademia neoplatonica fiorentina. La rinascita del pensiero neoplatonico in Italia fu un movimento che si oppose al monopolio del pensiero aristotelico e della filosofia scolastica, che avevano da secoli il sostegno dalle autorità ecclesiastiche.
Senza sapere dell'esistenza e dell'opera di Gemisto Pletone, ci sarebbe impossibile comprendere personalità come Leon Battista Alberti (Genova, 1404 - Roma, 1472), Marsilio Ficino (Figline Valdarno, 1433 - Careggi, 1499), Giovanni Pico della Mirandola (Mirandola, 1463 - Firenze, 1494) e numerosissimi altri. Si arriva infatti a Leonardo da Vinci (Anchiano, 1452 - Amboise, 1519), sommo ingegno che fu descritto dal Vasari come "pitagorico e neoplatonico al punto di non essere cristiano".
Ciriaco Pizzecolli (o de' Pizzicolli), noto anche come Ciriaco d'Ancona (Ancona, 1391 - Cremona, 1452), esploratore e padre dell'archeologia, nutriva un vero e proprio culto per il filosofo bizantino. Così scrisse:
"Lì (1) trovammo Costantino Dragaš (2), della stirpe reale dei Paleologi, l'illustre despota regnante. E presso di lui facemmo visita a quell’uomo per cui eravamo venuti, insigne, senza dubbio il più dotto tra i Greci nel nostro tempo e anche, direi, per vita, costumi e insegnamenti un filosofo platonico illustre e importantissimo."
(1) A Mistra, nei pressi di Sparta.
(2) Signore semi-indipendente del Regno di Serbia, satellite frammentario dell'Impero Romano d'Oriente.
Proprio a Mistra (Mistrà, Mizithra), in una terra in cui fiorì una delle più austere civiltà comparse sul pianeta nei millenni, Gemisto Pletone aveva fondato la sua scuola, da cui si irradiava la sua sapienza ancestrale. Protetto dall'Imperatore Manuele II Paleologo, di cui era personale amico, fu sempre al riparo dalla persecuzione della Chiesa Ortodossa, e in particolare del fanatico Gennadio II Scolario, che non riuscì nel suo intento di farlo imprigionare e processare per eresia.
Etimologia dello pseudonimo
Il soprannome del filosofo, Pletone (Πλήθων, Plḗthōn) deriva dal greco πληθύς (plēthýs) "folla", "maggioranza", che è semanticamente affine a γεμιστός (gemistós) "pieno". Si tratta quindi di un dotto gioco di parole, la cui origine è da ricercarsi anche dall'assonanza col nome di Platone (Πλάτων, Plátōn).
Imitatio Iuliani
L'intera vita di Gemisto Pletone fu plasmata sull'esempio dell'Imperatore Giuliano il Filosofo, che i Cristiani hanno soprannominato Giuliano l'Apostata. Si riconosce subito nelle idee professate dal dotto di Bisanzio l'impronta del fondatore dell'Ellenismo, che cercò di riformare le tradizioni religiose del mondo antico per contrastare l'irruzione del Cristianesimo. Mi chiedo questo: com'è potuto nascere e svilupparsi un personaggio tanto innovativo e al contempo tanto legato a qualcosa che si pensava morto da molti secoli? Gemisto Pletone nacque a Costantinopoli, con ogni probabilità da una famiglia nobile. Non si conosce il motivo che lo costrinse a trasferirsi, ancora molto giovane, dapprima ad Adrianopoli e in seguito a Mistra. Non si hanno notizie certe, anche se sembra che proprio ad Adrianopoli abbia iniziato i suoi studi esoterici, dedicandosi tra le altre cose alla Cabala. Come si formò e divenne compiuta la sua peculiare visione dell'Universo, considerato il contesto cristiano in cui era immerso? Ha ricevuto le sue idee leggendo qualche testo, elaborando quanto aveva appreso, oppure ha ricevuto un'iniziazione da qualcuno che continuava in linea diretta le idee ellenistiche di Giuliano? La seconda alternativa sembrerebbe piuttosto improbabile, tuttavia non credo di poterla escludere. In fondo sappiamo così poco!
Il Trattato delle Leggi
Questo è il testo dell'Inno al Sole, contenuto nel Trattato delle Leggi (Νόμων συγγραφή, Nómōn syngraphḗ), opera di Gemisto Pletone che purtroppo ci è nota soltanto per frammenti:
Ἄναξ Ἄπολλον, φύσεως τῆς ταὐτοῦ ἑκάστης
Προστάτα ἠδ' ἡγῆτορ, ὃς ἄλλα τὲ ἀλλήλοισιν
Εἰς ἓν ἄγεις, καὶ δὴ τὸ πὰν αὐτὸ, τὸ πουλυµερές περ
Πουλύκρεκόν τε ἐὸν. μιῇ ἁρμονίη ὑποτάσσεις
ύ τοι εκ γ' ὁμονοίης καὶ ψυχῖσι φρόνησιν·
Ἠδὲ διχην παρέχεις, τα τε δὴ κάλλιστα ἐάων,
Σὺ δὴ καὶ ἵμερον θείων καλλῶν δίδου αἰὲν,
Ἄναξ, ἡμετέρησι φυχαῖς: ὠὴ παιάν.
Traslitterazione:
Ánax Ápollon, phýseōs tẽs tautoũ hekástēs
Prostáta ēd' hēgẽtor, hòs álla tè allḗloisin
Eis hèn ágeis, kaì dḕ tò pàn autò, to poulymerés per
Poulýkrekón te eòn, miẽ harmoníē hypotásseis;
Poulýkrekón te eòn, miẽ harmoníē hypotásseis;
Sý toi ék g' homonoíēs kaì psykhẽsi phrónēsin
Ēdè díkhēn parékheis, tá te dḕ kállista eáōn,
Kaì rh' hygíean sṓmasi, kallos t' àr kaì toĩsin;
Sỳ dḕ kaì hímeron theiōn kallõn dídou aièn,
Ánax, hēméterēsi psykhaĩs; ōḕ paián.
Traduzione:
Apollo Re,
tu che regoli e governi l'identità in tutte le cose,
che stabilisci l'unità tra tutti gli esseri,
che sottoponi alle leggi dell'armonia questo vasto Universo, così vario, così molteplice,
sei anche tu che stabilisci l'accordo tra le anime e generi saggezza e giustizia, i beni più preziosi;
sei tu che dai salute e grazia ai corpi.
Perciò ispira sempre le nostre anime con l'amore per le bellezze divine; salve, o Peana.
Purtroppo il testo completo del Trattato delle Leggi è stato fatto distruggere dall'acerrimo nemico del filosofo, Gennadio II Scolario, che nel 1454 divenne Patriarca di Costantinopoli. Ormai nella grande città comandavano i Musulmani, ma il potere che l'ecclesiastico conservava gli permetteva ancora di fare gravi danni. Quanto ci resta del Trattato delle Leggi è consultabile nell'Archivio del Web e liberamente scaricabile:
Sunto dottrinale
Gemisto Pletone era un convinto sostenitore della necessità di unificare tutte le religioni del mondo in una sola, che era quella Ellenistica. Egli faceva risalire le filosofie di Platone e di Pitagora alla dottrina del persiano Zoroastro, ritenuta il fondamento della Conoscenza Primigenia. Da questa sarebbero discesi in linea diretta, nel corso dei secoli, gli insegnamenti di tutti gli antichi saggi, tra cui si possono enumerare Minosse, Licurgo, Numa Pompilio, i Sacerdoti di Dodona, i Sette Sapienti, Parmenide, Timeo, Plutarco, Porfirio, Giamblico, i Magi e i Brahmani (Βραχμᾶνες, Brakhmãnes) della remota India. Importante il riferimento agli Oracoli Caldaici (Χαλδαικὰ λόγια, Khaldaiká lógia), importante opera misterica risalente con ogni probabilità alla fine del II secolo d.C., attribuita a Giuliano il Teurgo e giunta a noi in forma frammentaria.
L'antico politeismo era concepito nello spirito platonico, con Zeus come dio supremo. Gemisto Pletone ideò una liturgia dettagliata allo scopo di rendere l'Ellenismo una religione praticabile. Egli presumeva che gli Dei mantenessero una completa armonia tra loro, evitando così conflitti come quelli descritti da Omero e organizzandosi volontariamente in un sistema gerarchico capace di servire da modello per gli esseri umani. Filosoficamente, ciascuno degli Dei era visto come rappresentante del principio a loro associato, come ad esempio l'unità rappresentata da Zeus e la molteplicità rappresentata da Era. L'Universo era considerato senza inizio e imperituro, in nettissimo contrasto con il Cristianesimo: le stesse parole "creare", "creazione" erano interpretate in senso letterario e metaforico, non come realtà fisiche.
Riguardo all'anima, il filosofo sosteneva la dottrina platonica della trasmigrazione o metempsicosi. Tuttavia, non concepiva l'esistenza dell'anima nel mondo materiale come punizione o sventura, ma la affermava come necessaria, significativa e immutabile. Pertanto, non dava per scontata alcuna vita ultraterrena accessibile all'anima, nessuna prospettiva di redenzione. Tra le tesi anticristiane da lui fortemente sostenute c'era la dottrina del diritto etico al suicidio. Si sospetta che egli stesso sia morto volontariamente, all'età di quasi cento anni.
Critica all'aristotelismo
Nel 1439, Gemisto Pletone scrisse a Firenze il trattato Περὶ ὧν 'Αριστοτέλης πρὸς Πλάτωνα διαϕέρεται (Perì hõn Aritostotélēs pròs Plátōna diaphéretai, in latino De Platonicae atque Aristotelicae philosophiae differentiis) "Sulla differenza tra la filosofia platonica e quella aristotelica". In questa polemica, difese gli insegnamenti di Platone dalle critiche di Aristotele. Scrisse l'opera in fretta e furia mentre era malato, con citazioni fatte a memoria e non esenti da errori. Il suo merito più grande, tuttavia, fu quello di aver attirato l'attenzione sulle differenze fondamentali tra la filosofia aristotelica e quella platonica. Queste differenze ricevettero troppo poca attenzione all'epoca a causa delle tendenze armonizzatrici di molti umanisti. Gemisto Pletone criticò anche i commentatori arabi, in particolare Abū 'l-Walīd Muḥammad ibn Aḥmad ibn Muḥammad ibn Rushd, più noto come Averroè (Cordova, 1126 - Marrakech, 1198), accusato di aver falsificato gli insegnamenti originali. La tesi sostenuta dal filosofo bizantino era questa: il mondo antico antepose sempre Platone ad Aristotele; fu solo grazie alla disastrosa influenza di Averroè che la gente iniziò a preferire Aristotele. Questo era un punto particolarmente controverso degli insegnamenti di Gemisto Pletone, che gli attirò particolare ostilità: basti pensare l'importanza che il pensiero aristotelico aveva come cardine della filosofia sostenuta dalla Chiesa Romana.
Gemisto Pletone e la politica
La vita del filosofo fu plasmata dalla fase finale del declino di Bisanzio. Come consigliere di imperatori e despoti, partecipò attivamente a questi sviluppi. Tuttavia, considerò il crollo dell'Impero bizantino e la vittoria dei Turchi in modo diverso rispetto ai suoi concittadini ortodossi, poiché, a differenza di loro, non era radicato nella fede cristiana, ma nel Platonismo. Credeva che lo Stato cristiano, allo stesso modo di quello islamico, fosse un'aberrazione storica destinata al crollo, e che il futuro appartenesse a un nuovo Stato greco, non più cristiano, ma radicato nell'antichità classica. Questo Stato futuro sarebbe stato guidato dai principi platonici, pitagorici e zoroastriani.
Gli elementi centrali del programma politico pletoniano sono i seguenti:
- Sostituzione del Cristianesimo con l'Ellenismo come religione di Stato.
- Un sistema monarchico in cui il sovrano dovrebbe ascoltare i consiglieri filosofici.
Questi consiglieri non dovrebbero essere particolarmente ricchi, poiché altrimenti seguirebbero la loro avidità, ma nemmeno poveri, poiché altrimenti sarebbero suscettibili alla corruzione.
- Divisione del popolo in tre classi (contadini, commercianti e funzionari pubblici/capi di stato).
- Nessun servizio militare per i contribuenti ed esenzione fiscale per i soldati; un esercito puramente professionale, rifiuto del servizio mercenario.
- Aliquota fiscale fissa: un terzo del raccolto agricolo. Nessun altro onere per gli agricoltori attraverso tasse e obblighi di servizio.
- Abolizione di ogni sostegno del monachesimo con il denaro delle tasse, in quanto è un'attività criticata come parassitaria.
- Abolizione delle pene di mutilazione, perché impediscono ai puniti di svolgere attività utili.
Enfasi sulla risocializzazione nel diritto penale, ma – similmente alle Leggi di Platone – ampio uso della pena di morte.
Enfasi sulla risocializzazione nel diritto penale, ma – similmente alle Leggi di Platone – ampio uso della pena di morte.
- Impegno sociale per la proprietà terriera, che dovrebbe essere collegata all'obbligo di utilizzarla per l'agricoltura, perché la terra è proprietà comune di tutti gli abitanti.
Se un proprietario terriero trascura questo dovere, chiunque può coltivare qualcosa lì; il raccolto, al netto delle tasse, appartiene quindi a chi lo ha prodotto. Con questa richiesta, il filosofo prese di mira i vasti terreni ecclesiastici, in parte incolti.
Se un proprietario terriero trascura questo dovere, chiunque può coltivare qualcosa lì; il raccolto, al netto delle tasse, appartiene quindi a chi lo ha prodotto. Con questa richiesta, il filosofo prese di mira i vasti terreni ecclesiastici, in parte incolti.
Il lascito e il sarcofago
Questo scrisse il Cardinale Bessarione (Trebisonda, 1403 - Ravenna, 1472) ai figli del filosofo defunto, Demetrio e Andronico, per onorarne la memoria:
"Ho saputo che il nostro comune padre e maestro ha lasciato ogni spoglia terrena ed è salito in cielo... per unirsi agli dèi dell'Olimpo nel mistico coro di Iacco. Ed io mi rallegro di essere stato discepolo di un tale uomo, il più saggio generato dalla Grecia dopo Platone. Cosicché, se si dovessero accettare le dottrine di Pitagora e Platone sulla metempsicosi, non si potrebbe evitare di aggiungere che l'anima di Platone, dovendo sottostare agli inevitabili decreti del Fato e compiere quindi il necessario ritorno, è scesa sulla terra per assumere le sembianze e la vita di Gemisto. Personalmente, dunque, come ho già detto, mi rallegro all'idea che la sua gloria si rifletta anche su di me; ma se voi non esultate per essere stati generati da un padre simile, voi non vi comporterete come si conviene, perché non si deve piangere un tale uomo. Egli è diventato motivo di grande gloria per l'intera Grecia; e ne sarà l'orgoglio dei tempi a venire. La sua reputazione non perirà, ma il suo nome e la sua fama saranno perennemente tramandati a futura memoria."
Si resta basiti considerando che queste parole commoventi sono state pronunciate da un ecclesiastico, sostenitore dell'unione tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Romana; si deve però ricordare che egli fu sempre impegnato nello studio e nella conservazione della cultura greca classica, oltre ad essere il discepolo prediletto dello stesso filosofo - da lui considerato il Secondo Platone e persino la sua reincarnazione!
Nel 1453, un anno dopo la morte di Gemisto Pletone, Costantinopoli fu conquistata dai Turchi e anche Mistra si arrese nel 1460. Pochi anni dopo, il valoroso condottiero Sigismondo Malatesta, al servizio di Venezia, giunse a Mistra con una spedizione militare, riuscì a recuperare le spoglie del filosofo dalla tomba e le portò a Rimini nel 1466. Da allora il sarcofago di Gemisto Pletone è stato collocato su una parete esterna del Tempio Malatestiano, dove è tuttora ben visibile.
Ricordi di scuola
Un professore del liceo, Alberto C., che insegnava storia dell'arte, a volte riportava qualche dato interessante nelle sue lezioni. Ad esempio affermava che durante il Rinascimento i miti greci erano noti persino alle persone di bassa condizione sociali. Non comprendeva però la ragione di questo pervasivo fenomeno culturale. Era un cattolico fanatico e in un'occasione fece alla classe un discorso su Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 - Roma, 1520) e su un singolare mito fiorito intorno alla sua persona. Ci disse che molti contemporanei dell'artista lo consideravano la reincarnazione di Gesù, per via della sua bellezza eterea e della morte che lo aveva ghermito quando aveva 33 anni. Poi precisò che "la reincarnazione non esiste", come se fosse depositario della conoscenza di tutte le cose inconoscibili. Ribadì più volte la sua posizione, facendo sfoggio di un atteggiamento di scherno. Quindi affermò che le credenze nella metempsicosi erano tipiche della moda dell'epoca: a suo dire erano cose futili sorte dal pettegolezzo, del tutto prive di sostanza. Non poteva capire che invece si trattava di un esito del Neoplatonismo importato in Italia da Gemisto Pletone!
I deprecabili bias dei professori
Gemisto Pletone non è menzionato a scuola soprattutto per un motivo: la maggior parte del corpo docente (pur con debite eccezioni) nega in modo reciso l'esistenza di tutto ciò che non è nel programma ministeriale. Sono fin troppi a pretendere che la propria conoscenza parziale sia metro e misura dell'intero Universo! La cosa più scandalosa è che nessuno parli di questo personaggio importantissimo nelle lezioni di filosofia. Almeno un cenno in quel contesto lo meriterebbe.
Prove del successo dell'opera di Gemisto Pletone
È stato scoperto che una famiglia di commercianti di Lucca sacrificava agli Dei un bue ogni anno per propiziarsi gli affari, tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII. Sono stati trovati resti di una di quelle offerte: un teschio di bovino, studiato, che è stato studiato nell'ambito dei reperti del Museo Archeologico Palazzo Poggi. I reperti, provenienti da uno scavo archeologico nella città di Lucca, sono stati sottoposti ad analisi archeozoologiche per comprendere il loro significato storico e culturale, rivelando un passato finora poco conosciuto della città: riti pagani nel Cinquecento! Non ho dubbi sul fatto che questo emergere di pratiche pagane, in un contesto in cui non sarebbero dovute esistere, è connesso agli insegnamenti diffusi da Pletone in Italia nel XV secolo. Deve esserne una naturale conseguenza. Lo stesso Imperatore Giuliano era un gran sacrificatore: i maligni dicevano che se fosse tornato vittorioso dalla campagna militare in Persia, i bovini si sarebbero immancabilmente estinti.
Nel fondamentale testo di Prudence Jones e Nigel Pennick, A History of Pagan Europe (1995), è menzionato un fatto sorprendente: nel 1522, in pieno XVI secolo e 30 anni dopo la scoperta dell'America, a Roma fu sacrificato un toro a Giove, nel Colosseo, nella speranza di riuscire a fermare un'epidemia di peste che stava infuriando. Lo storico Francis Young riporta ulteriori dettagli. Il Papa e i porporati avevano abbandonato l'Urbe per sfuggire al contagio. Aveva fatto la sua comparsa un greco di nome Demetrio, che aveva proposto al popolino il rito pagano. I magistrati avevano dato la loro autorizzazione. Tuttavia, visto che la pestilenza non accennava a regredire, il volgo aveva ripreso a fare processioni in onore dei Santi e della Vergine, biascicando preghiere, sgranando rosari.
Cosa possiamo dedurre da questi fatti portentosi? Esistevano ancora Ellenisti agguerriti nella Grecia del XVI secolo e avevano abbastanza audacia da giungere a Roma come missionari!
Cosa possiamo dedurre da questi fatti portentosi? Esistevano ancora Ellenisti agguerriti nella Grecia del XVI secolo e avevano abbastanza audacia da giungere a Roma come missionari!
Differenze tra Gemisto Pletone
e Vilgardo di Ravenna
e Vilgardo di Ravenna
Il neopagano medievale Vilgardo di Ravenna non aveva mezzi. Non possedeva nulla oltre alla sua erudizione, in ogni caso mediata dalla Chiesa Romana. Le sue conoscenze erano rudimentali. Non aveva alcun testo oltre a quelli dei poeti romani. Il greco gli era completamente sconosciuto. Non aveva il sostegno di un Imperatore e non era riuscito ad ascendere nella scala sociale fino a diventare un consigliere di corte. Inoltre, fatto non meno importante, gli mancava la componente esoterica.
Conclusioni
Un grave limite del pensiero di Pletone è l'incapacità di comprendere la natura del Male, concetto da lui rifiutato in modo radicale. Detto questo, la sua opera merita la massima attenzione. Il fatto stesso che sia stata rimossa, prova al di là di ogni dubbio che il Sistema ne ha tuttora un immenso terrore.
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