VILGARDO DI RAVENNA:
NEOPAGANESIMO MEDIEVALE
Ipso quoque tempore non impar apud Ravennam exortum est malum. Quidam igitur Vilgardus dictus, studio artis grammaticae magis assiduus quam frequens, sicut Italis mos semper fuit artes negligere caeteras, illam sectari. Is enim cum ex scientia suae artis coepisset, inflatus superbia, stultior apparere, quadam nocte assumpsere daemones poetarum species Virgilii et Horatii atque Juvenalis, apparentesque illi, fallaces retulerunt grates quoniam suorum dicta voluminum charius amplectens exerceret, seque illorum posteritatis felicem esse praeconem; promiserunt ei insuper suae gloriae postmodum fore participem. Hisque daemonum fallaciis depravatus, coepit multa turgide docere fidei sacrae contraria, dictaque poetarum per omnia credenda esse asserebat. Ad ultimum vero haereticus est repertus, atque a pontifice ipsius urbis Petro damnatus.
Traduzione:
"In quel periodo, anche a Ravenna si verificò un male non dissimile da quello sopra descritto (1). Un certo uomo di nome Vilgardo si dedicò con più zelo che costanza agli studi letterari, poiché era sempre abitudine italiana dedicarsi a questi a discapito delle altre arti. Poi una notte quando, gonfio d'orgoglio per la conoscenza della sua arte, aveva cominciato a rivelarsi più stupido che sapiente, gli apparvero dei demoni nelle sembianze dei poeti Virgilio, Orazio e Giovenale, fingendo gratitudine per l'amorevole studio che dedicava al contenuto dei loro libri e per essere stato il loro felice araldo alla posterità. Gli promisero, inoltre, che presto avrebbe condiviso la loro fama. Corrotto da questi diabolici inganni, iniziò pomposamente a insegnare molte cose contrarie alla santa fede e affermò che le parole dei poeti meritavano fede in ogni caso. Ma alla fine fu scoperto come eretico e condannato da Pietro, arcivescovo di quella città."
(1) Qui Rodolfo il Glabro allude al protocataro Leotardo (Leutardus) di Vertus, che in realtà non ha nulla a che vedere con idee neopagane.
Dobbiamo notare una cosa alquanto singolare: essendo parte del mondo accademico dell'epoca, Vilgardo era un chierico con gli Ordini minori (tra cui la facoltà di praticare esorcismi). Si arriva così a un paradosso: un esorcista a tutti gli effetti che viene accusato di essere stato sedotto dai demoni fino a deviare completamente dalla stessa religione cristiana! La narrazione di storie come questa era ritenuta edificante, perché serviva a mettere in guardia il gregge dei fedeli dalle opere attribuite al Maligno. Ovviamente manca a Rodolfo il Glabro ogni capacità di comprendere le cause dell'accaduto, da lui interpretato come un segno funesto dell'avvicinarsi della Fine dei Tempi (Quod praesagium Joannis prophetiae congruit, etc.). Il monaco benedettino non ci elenca gli insegnamenti di Vilgardo, le "molte cose contrarie alla santa fede", anche se possiamo facilmente intuirli; riporta invece con orrore un'unica proposizione sulla Verità che si trova nelle opere degli antichi poeti anziché nelle Scritture. È come se descrivesse un tentativo di totale distacco dalla realtà sociale e culturale dei suoi tempi. Robert Black (2001) ritiene che si trattasse di una semplice passione per la letteratura latina, serpeggiante tra i chierici ravennati e ritenuta diabolica dalle autorità ecclesiastiche (un arcivescovo rigoroso, un monaco fanatico e apocalittico, etc.). I tentativi di decostruzionismo sono del resto molto frequenti agli inizi del XXI secolo.
Rodolfo il Glabro ci dice che in Italia furono trovati e uccisi numerosi neopagani. Ecco il passo in questione:
Plures etiam per Italiam tempore hujus pestiferi dogmatis reperti, quique ipsi aut gladiis aut incendiis perierunt.
Traduzione:
"Molti altri che professano questa dannosa dottrina sono stati scoperti in tutta Italia, e anche loro sono morti, giustiziati con la spada o con il fuoco."
Nonostante queste evidenze, non è chiaro se Vilgardo abbia avuto seguaci. Sono abbastanza scettico sul fatto che il grammatico di Ravenna abbia potuto dare origine a un movimento capillarmente diffuso nell'intera Penisola. Di questi fermenti neopagani non trovo altre documentazioni. Il fenomeno meriterebbe uno studio più approfondito. Focolai di ribellione neopagana potrebbero essere nati per reazione alla natura squallida ed oppressiva del feudalesimo, in modo indipendente in diverse regioni. In altri termini, sarebbe un movimento multicentrico. La speranza è che emergano nuovi documenti in grado di colmare le gravi lacune nella nostra conoscenza dell'accaduto.
Il riferimento all'anomala comparsa dei misteriosi eretici Sardi, menzionati da Rodolfo subito dopo i supposti seguaci di Vilgardo e a loro associati, dimostra che il cronista aveva le idee molto confuse e approssimative sul complesso mondo della dissidenza religiosa. Ovviamente, di tutte queste cose, sui libri di scuola non si trova la benché minima menzione. Non sono nemmeno note a piè di pagina.
Etimologia di Vilgardo
Il nome Vilgardo (latino Vilgardus) è di chiara origine gotica: *Wiljagards "Corte della Volontà" o "Casa della Volontà". Notiamo il passaggio dalla semiconsonante /w/ a una fricativa /v/, come notato anche in altri nomi di origine gotica, in netto contrasto con l'evoluzione di tale fonema nella lingua dei Longobardi, che invece ha portato allo sviluppo di un elemento velare, dando origine a /gw/. La trafila deve essere stata questa:
*/'wiljagards/ => */'wiligard/ => */'vilgard/,
latinizzato in /vil'gardus/
Esistevano a Ravenna discendenti degli Ostrogoti: non dimentichiamoci che quella città è stata la capitale del Regno Ostrogoto. Abbiamo a che fare con un antroponimo di estremo interesse, del cui studio quasi nessuno sembra essersi finora occupato - anche se non presenta criticità alcuna. I dettagli della sua evoluzione fonologica sembrano far pensare alla lunga sopravvivenza di una forma consunta della lingua dei Goti in un'area che fu a lungo sottoposta al dominio bizantino, finendo conquistata dai Longobardi soltanto nel 751.
Il problema della pronuncia del latino
Vilgardo con ogni probabilità utilizzava la pronuncia carolingia del latino, data l'epoca in cui visse. Come gli avranno parlato le apparizioni di Virgilio, Orazio e Giovenale? In che modo avranno pronunciato le parole della lingua di Roma? Evidentemente avranno utilizzato la stessa pronuncia a cui Vilgardo era abituato. Non c'è altra possibilità. Se avessero utilizzato la reale pronuncia del latino aulico dell'antica Roma, è ben possibile che il grammatico ravennate avrebbe fatto molta fatica a comprendere quanto gli veniva detto. Si sarebbe stupito non poco e ne sarebbe rimasto deluso. Egli infatti si cullava nell'illusione di possedere una reale e affidabile conoscenza del mondo antico. Nonostante quello che è popolarmente creduto, la demonologia e la necromanzia sono incapaci di accedere alla vera conoscenza delle cose. L'irreversibilità degli eventi rende impossibile consultare davvero le voci dei Morti. Non si può dimostrare che esista un intervento in grado di prendere un discorso realmente pronunciato da un defunto e di portarlo nella nostra realtà.
Un problema nell'eresiologia ecclesiastica
La Chiesa Romana non ha mai saputo distinguere due situazioni a mio avviso del tutto diverse:
1) Appartenenza a una religione organizzata, che tramanda di generazione in generazione una dottrina considerata eretica;
2) Sviluppo di una dottrina considerata eretica in un singolo individuo, a causa di una personale esperienza di vita o della lettura di testi.
Nel primo caso, si tratta di qualcosa di vivo e vitale che viene trasmesso e che si trasmette a sua volta, per mezzo della continuità. Nel secondo caso invece si ha un processo discontinuo. La Chiesa Romana, a cui interessa soltanto contrastare ciò che ritiene una forma di "malattia dello spirito" con le caratteristiche di un contagio, teme che ogni dissidente, quale che sia l'origine della sua dissidenza, possa diventare un eresiarca, diffondendo le sue dottrine e organizzando un movimento.
Link utili
Rodolfo il Glabro, Historiarum libri quinque, testo completo in latino:
Silvana Arcuti (2015), Fermenti spirituali e dissenso religioso nell'Europa medievale
Giorgio Cracco (1980), Le eresie del Mille : un fenomeno di rigetto delle strutture feudali?
Giancarlo Benelli (2001), Storia di un altro Occidente, capitolo 5
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