lunedì 28 novembre 2016


IL PREFETTO DI FERRO
(film)

Paese di produzione: Italia
Anno: 1977
Durata: 110 min
Colore: colore
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico, azione, storico
Regia: Pasquale Squitieri
Soggetto: Ugo Pirro, Arrigo Petacco (romanzo)
Sceneggiatura: Arrigo Petacco, Pasquale Squitieri
Produttore: Gianni Hecht Lucari
Fotografia: Silvano Ippoliti
Musiche:
Ennio Morricone
Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi: Giancarlo Bartolini Salimbeni
Interpreti e personaggi:
    Giuliano Gemma: Cesare Mori
    Stefano Satta Flores: Spanò
    Francisco Rabal: Brigante Albanese
    Claudia Cardinale: Popolana
    Lina Sastri: Donna di Gangi
    Massimo Mollica: Procuratore
    Rik Battaglia: Antonio Capecelatro
    Salvatore Billa: Francesco Dino
Doppiatori italiani:
    Giuseppe Rinaldi: Cesare Mori
Premi:
    David di Donatello 1978: miglior film
Produzione:

Il film venne girato tra Roma, Artena, Tolfa e Colli a Volturno.


Trama:

Anni '20 dello scorso secolo. La Sicilia postbellica si trova in condizioni disastrose. La nobiltà si è indebitata in modo pesante e per far fronte alle difficoltà si è messa a svendere le sue proprietà. Tutto è caduto nelle mani della mafia, non soltanto i latifondi, ma anche attività redditizie come le miniere di zolfo e gli agrumeti. Il prefetto Cesare Mori giunge in Sicilia nel 1925, incaricato da Mussolini di annientare la mafia a qualsiasi costo e fornito allo scopo di poteri speciali. Ad aspettarlo c'è il fedele funzionario di polizia Francesco Spanò, che riesce a raccogliere informazioni confidenziali. Le indagini appena iniziate danno un grande fastidio, così un'intera famiglia viene sterminata come avvertimento. Quando vede i cadaveri nudi di uomini, donne e bambini, Mori capisce subito che gli artefici di quello scempio non sono i briganti, che tutto ciò è opera della mafia. Si trova così ad affrontare il boss Antonio Capecelatro e non usa mezze misure: lo raggiunge sotto casa per arrestarlo e di fronte alla sua resistenza, imbraccia il fucile e gli spara nel cranio uccidendolo sul colpo. Inizia una lotta contro i briganti che infestano la Sicilia occidentale e che agiscono come braccio armato della mafia. L'azione del Prefetto di Ferro culmina nell'assedio di Gangi, un borgo dove si sono arroccati diversi gruppi criminali. Il brigante Albanese, catturato, si suicida dando tremende testate contro la parete della prigione, facendo fuoriuscire il cervello dalla scatola cranica. Tutti i malviventi gangesi vengono rastrellati e incarcerati: ogni famiglia nascondeva un brigante servendosi di vani occulti e di altri nascondigli. Forte del suo trionfo, a questo punto Mori intende colpire la mafia vera e propria, così comincia ad arrestare i cosiddetti "gentiluomini", quelli che non si sporcano le mani. Comprende anche che esistono legami tra la sezione locale del Partito Nazionale Fascista e la mafia, perché la sua guardia del corpo non lo difende durante un attentato a cui riesce a sfuggire per miracolo. Risale all'avvocato Galli, che è a capo del Fascio di Sicilia. Inoltre compie irruzione nello studio del notaio Concetto Tarvisio, sequestrando una gran mole di materiale compromettente in grado di destabilizzare l'intera società siciliana, rendendo possibile l'arresto e l'incriminazione di moltissimi notabili. A questo punto la repressione antimafiosa si è spinta troppo oltre: Mussolini pensa che la sua prosecuzione possa essere più nociva che vantaggiosa, perché darebbe una pessima immagine della Sicilia e dello stesso PNF. Scatta in questo modo la formuletta magica promoveatur ut amoveatur. Mori riceve la nomina regia a senatore ed è costretto a partire per Roma. Il suo posto sarà preso proprio dal colluso Galli. Nulla di nuovo sotto il sole: sembra che già all'epoca dei Faraoni avvenissero fatti simili.

Citazioni: 

"Spanò, qui lo Stato deve fare più paura della mafia."

"Mi sento come un chirurgo che ha operato a metà, che ha fatto soffrire e non ha guarito."

Recensione: 

Un film epico ed esaltante, un capolavoro assoluto capace di trasmette un immenso orgoglio, nonostante il finale abbastanza amaro. Tutto ruota intorno alla magistrale interpretazione di Giuliano Gemma, di gran lunga la migliore della sua carriera, in grado di oscurare tutto il resto come il sole che offusca la luna e le stelle facendole scomparire. Splendida e coinvolgente è la colonna sonora. Le ambientazioni hanno un effetto straniante, tanto somigliano a desolati paesaggi del Far West: del resto già Arrigo Petacco nel suo libro su Mori paragonava le Madonie all'Estremo Occidente americano. Intensa è l'interpretazione di Claudia Cardinale nei panni di una popolana furiosa, tuttavia non posso fare a meno di notare che si tratta di un ruolo abbastanza marginale: un film senza una donna bellissima a quanto pare sarebbe poco gradito dal volgo e risulterebbe inassimilabile. Grande Stefano Satta Flores nel ruolo dell'integerrimo Spanò. Fa la sua bella figura anche Francisco Rabal, che ha interpretato il brigante Albanese.

Incongruenze narrative e onomastiche

Nonostante gli immensi meriti di questa pellicola, è bene tener presente che nella trama ci sono non poche inesattezze. L'assedio di Gangi non si è svolto nella canicola agostana ma in pieno inverno, esattamente il primo giorno dell'anno. Il film ci mostra il brigante Albanese, maledetto dalle comari del paese per non aver dato loro l'acqua promessa. Arrigo Petacco ci riporta nella sua opera che esisteva a Gangi una famiglia Albanese, tuttavia il capo dei briganti si chiamava Ferrarello. Di certo è geniale e splendida la scena in cui il brigante Albanese si uccide in modo orribile cozzando il cranio contro la nuda roccia della parete della cella in cui è stato rinchiuso, tuttavia risulta invece che Ferrarello si sia gettato dalla tromba delle scale a Palermo per sfuggire alla dura prigionia. Vediamo il boss Capecelatro che ferma il treno come favore a Mori, che rimane inorridito dall'interruzione di un servizio dello Stato. In seguito lo stesso padrino viene ucciso con una fucilata nella fronte da Mori in una scena spettacolare in cui si intravede il cranio scoperchiato. Ebbene, tutto ciò sembra un episodio apocrifo: non ne sono riuscito a trovare traccia alcuna nella biografia del Prefetto. La filologia riesce a dare una mano anche quando non si possono consultare le fonti: a quanto mi consta Capecelatro è un cognome campano, non siciliano. I margini di errore sono scarsi, le probabilità che si tratti di un'invenzione sono grandi. Il cognome Tarvisio non risulta nel database di Gens Labo, il che non esclude del tutto la sua esistenza, anche se la dice lunga sulla sua improbabilità. Un cognome locativo tratto da Tarvisio, in Friuli, avrebbe qualcosa di surreale. Il cognome Galli è invece presente in diversi comuni dell'isola e la sua occorrenza non può essere ritenuta strana. 

Possibili ragioni delle discrepanze

Nonostante tutto questo, credo che i meriti del film superino di gran lunga le pecche. Resta comunque da chiedersi come mai si registrino questi scollamenti dalla realtà dei fatti, visto che tra le altre cose Arrigo Petacco è stato sceneggiatore della pellicola. Alcuni suggeriscono che i cambiamenti sarebbero stati introdotti per sfuggire all'eventuale vendetta degli eredi dei boss coinvolti nelle operazioni di repressione portate avanti da Cesare Mori all'epoca: è intuibile che essi agognino silenzio e oblio anche se i fatti sono ormai remoti. Non dobbiamo però dimenticare che il libro di Petacco riporta per filo e per segno nomi autentici e fatti realmente accaduti, parlandone diffusamente senza occultare alcunché, così questa ipotesi parrebbe perdere un po' forza. Veniamo invece al personaggio del gerarca Galli. Non occorre la mente di un'aquila per riconoscere un parallelismo con la figura storica di Alfredo Cucco, che fu avversario del Prefettissimo. Processato per numerosi capi d'imputazione ed infine espulso dal PNF per "indegnità morale" - come riportato dal Petacco -  ritornò infine alla ribalta, riuscendo a rientrare nel Partito e ad avere un ruolo nella Repubblica Sociale Italiana. Finito il conflitto, Cucco sopravvisse e continuò la sua carriera politica, divenendo un segno di continuità tra il regime defunto e quello nuovo. Fu infatti tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano (MSI). Esponente del Fascismo antemarcia, era noto per il suo radicalismo e per le sue posizioni affini a quelle di Roberto Farinacci, tanto da poter essere ritenuto un seguace del farinaccismo. Medico ed oculista, si fece conoscere per una sua singolarissima e bizzarra teoria: sosteneva infatti che il coitus interruptus potesse avere effetti deleteri sulla vista (non sembra comunque farina del suo sacco, la fonte è l'episodio biblico di Onan). Colpito da ictus nel 1963, morì nel 1968. Ebbene, Alfredo Cucco non era precisamente uno sconosciuto. Forse Squitieri non voleva inimicarsi i parenti e gli eredi dell'ex gerarca siciliano, riducendo il più possibile le allusioni nel suo film. 

Pasquale Squitieri, figura controversa 

Poco amato dal popolino, il regista di questo film è spessisimo etichettato come "di destra". In effetti ha militato in Alleanza Nazionale, tuttavia non va taciuto che è partito da Lotta Continua per passare infine al Partito Radicale Transnazionale. In quest'epoca di ipersensibilità verso tutto ciò che riguarda il ventennio fascista, è sufficiente l'apposizione dell'etichetta "di destra", non importa se pertinente, per gettare le genti in uno stato di grande furia e farle strepitare. A dire il vero, su Wikipedia e altrove nel Web si possono leggere notizie su alcuni aspetti controversi della vita del personaggio. Mi limito a riportare in questa sede la pagina wikipediana, rimandando alle note del testo e alla ricerca online per approfondimenti:


I giudizi più tiepidi su Il prefetto di ferro, in cui spesso mi sono imbattuto, si devono con ogni probabilità alla somma di tutti questi fattori. Per quanto mi riguarda, come regista Squitieri si è dimostrato un genio. Il film qui recensito è immortale, eroico e oltremodo meritorio. Questo è tutto ciò che conta, il resto lo considero irrilevante.

Gangi, l'Omphalos del Male 

La cittadina di Gangi è mostrata come impervia, arcaica e fuori dalla Storia, tanto da sembrare un centro di pastori neolitici, più affine alla realtà degli antichi Sicani o della Sardegna nuragica che alla Sicilia del XX secolo. In realtà Gangi tanto isolata e tanto fuori dalla Storia non era. Interessante è notare la presenza in quel borgo di diverse logge massoniche già nel XVIII secolo. Logge massoniche attivissime, protagoniste della vita sociale, politica e religiosa isolana. L'Accademia degli Industriosi aveva il suo centro di irradiazione proprio in quelle case arroccate su un colle e riusciva ad esercitare la sua influenza zombificante da Messina a Palermo, al punto da ridurre la stessa Curia a un mero fantoccio, infiltrando in profondità anche gli ordini monastici e trasformandoli in centri di reclutamento massonico (o "latomico", come dicono i documenti). Gangi covo di briganti e di mafiosi. Gangi covo di massoni. Sarà una coincidenza?


La Ballata del Prefetto Mori 

Testo: Ignazio Buttitta
Musica: Ennio Morricone

Arrangiamento: Rosa Balistreri
Link: http://www.antiwarsongs.org/

« Parti, prifettu!… Parti – ci dissi a Mori Mussolini,
« Metti 'n galera la mafia cu tutti l'assassini..
Vonnu 'u cumannu, vonnu 'u putìri - lu putìri mìu
Ma su' nimici di li fascisti e nimici di Diu! »
E Mori partìu… ed arrivau cu un trenu spicïali
senza sapìri ca ci facìa lu servu ô capitali…

...Di notti ô scuru, li sbirri cuminciàru li ritati
scassànnu 'i porti e tràsinu 'nte casi stracanciati
E sull'istanti curpevulennu genti a la rinfusa
'i tiraru fora e s'i purtàru chi catìni ê pusa.
I matri e i figghi currennu appressu ai patri e a li mariti
vannu chiancènnu... vannu chiancènnu e chiànciri 'i sintiti.

Mi chianci 'u cori, ora ca terminavu di cantari
'sta storia vera - si pensu ca la mafia è na l'altari..

e addisunùra 'sta terra onesta nun voli e chi voli 

pani e travagghiu, la libbirtà, giustizia e li scoli.

Ah no a mafia! E no alla liggi infami da lupara!
e no unùri! Unùri e gloria a cu arrobba e spara!
Chistu gridamu, è nostra 'a vuci ca arruspìgghia i morti
ca stanchi semu, e vulemu canciàri vita e sorti...


Traduzione:

« Parti, prefetto!... Parti – Mussolini disse a Mori,
Metti in galera la mafia e gli assassini..
Vogliono comando e potere – il potere mio ! -
e sono nemici dei fascisti e di Dio »
E Mori partì... ed arrivò con un treno speciale
inconsapevole strumento del capitale...

...Di notte al buio, i poliziotti cominciarono le retate
forzando le porte entrano nelle case trasfigurati
e lì per lì colpevolizzando gente alla rinfusa
li tirarono fuori e se li portarono con le catene ai polsi.
Le madri e i figli correndo dietro ai padri e ai mariti
piangono...piangono, e piangere li potete sentire..

A me piange il cuore, ora che finito di cantare
questa storia vera – se penso che la mafia è ancora al potere
e disonora questa terra onesta che non la vuole, ma vuole
pane, lavoro, libertà, giustizie e scuole.

E no alla mafia! No alla infame legge della lupara!
e no all'onore! Onore e gloria a chi ruba e spara!
Questo gridiamo con la nostra voce che risuscita i morti
che siamo stanchi, e vogliamo cambiar vita e destino...

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Consiglio la lettura di questa scheda dedicata al film, visionabile e scaricabile dal sito www.apav.it: 


Questa è la recensione di Robydick, che pure contiene inesattezze (es. Cesare Mori non era friulano, era pavese): 


A proposito di questo utente, faccio notare il suo curioso uso di scrivere "mussolini" con la minuscola, che trovo infantile e poco razionale. Immaginatevi cosa accadrebbe se tutti gli studiosi si rifiutassero di usare le maiuscole nel citare i nominativi loro sgraditi: sarebbe il caos! 

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