lunedì 14 gennaio 2019


ECLISSE DEL DIO UNICO

Autore: Ferruccio Parazzoli
Anno: 2012
Genere: Saggio
Argomenti: Religione, morte di Dio, panteismo, filosofia 
Editore: Il Saggiatore
Autore della prefazione: Vito Mancuso
Codice ISBN: 9788842817758
Pagine: 160


Sinossi (da www.ibs.it): 
"Non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,3). Oggi quell'Unico Dio si è disciolto come una montagna di ghiaccio. Con questa immagine sconcertante si apre l'inconsueto saggio di Ferruccio Parazzoli, dove il sublime e l'abisso si incrociano. Con l'eclisse del Dio Unico è crollato il pilastro a cui, in obbedienza e in rivolta, stava abbarbicata la cultura occidentale. Muore la rivolta metafisica, muore la tragedia cristiana, la grande creazione artistica nata dopo il Golgotha. L'autore rifugge da quello che definisce il pensiero ordinato del linguaggio debole, frutto dell'odierno nichilismo di massa, della "pappa del niente" di cui si nutre l'uomo contemporaneo, morto alle grandezze di ogni mitologia. La scrittura di Parazzoli è un incalzare di affermazioni demistificanti, di immagini ribaltanti, è la messa in scena di un dramma dove il Vecchio Dio di Abramo è caduto dietro le quinte, ma dove sul palco non è mai comparso quel Dio Padre che Gesù chiamò dalla croce. A capitoli di lucido sconcerto sull'attuale disorientamento dell'uomo occidentale ("Gli sciamani non volano più", la piatta orizzontalità dell'arte contemporanea; "Apologia del rischio", la perduta eroicità di Prometeo), si alternano capitoli visionari ("La tenda gialla", confine tra vita e morte; "Il discorso di Gesù morto", dove la vittima rivendica il proprio vittorioso fallimento). Fino alla chiusa commovente y final (*) de "La cerimonia dell'addio". Un appassionato j'accuse. Prefazione di Vito Mancuso.  

(*) Non si capisce il perché dell'inserimento di questa locuzione in spagnolo, che si trova in ogni sito nel Web, anche in quello di Mancuso. Forse è stata copiata in modo pedissequo da un originale già bacato? Molti siti hanno anche "commuovente" per "commovente"

Recensione:
Non ringrazierò mai abbastanza l'amico C. per avermi fatto conoscere il libro di Antonio Franchini, Cronaca della fine (2003), che a sua volta mi ha fatto conoscere l'opera di Ferruccio Parazzoli - e la sua stessa esistenza, che prima ignoravo. Tutto è iniziato dal caso assai complesso dell'autore nichilista Dante Virgili, che rappresentava un autentico rompicapo nel panorama letterario italiano. A modo suo, il libro di Franchini mi ha enormemente aiutato a fare chiarezza e a comprendere molte cose. Frugando nella produzione eclettica del Parazzoli, sono arrivato fino a questa gemma pubblicata nel 2012, Eclisse del Dio Unico. Non userò mezzi termini. Per come la vedo, tecnicamente parlando si tratta di un vero e proprio atto di abiura. Coraggioso, non ci sono dubbi, per certi versi unico nel suo genere. Non basta: questo scritto rappresenta molto di più di un mucchietto di opinioni e certamente merita un approfondimento. Questo perché a tutt'oggi, nel 2019, il Parazzoli è ancora presentato come autore cattolico, nonostante abbia da tempo fatto convinta professione di panteismo, negando proprio la fede in quel Dio che è il nucleo stesso del teismo cattolico.

"Questo libro è un documento significativo. L’autore infatti è stato per molti anni (ed è ancora considerato tale ora che scrivo) un intellettuale organico alla gerarchia della Chiesa cattolica, con una collaborazione fissa con “Famiglia Cristiana”, una rubrica sul mensile “Jesus”, svariati articoli su “Avvenire” dove gli è stata affidata anche la striscia di spiritualità quotidiana detta Mattutino, e i puntuali inviti della Presidenza della Conferenza Episcopale a prendere la parola nei congressi e nei simposi ufficiali, per i quali, si sa, la minuziosa e diplomatica selezione degli invitati è già parte integrante del messaggio finale."  

Così Mancuso nella prefazione al saggio in analisi. Il documento è consultabile sul sito del teologo panenteista e anticataro. Questo è l'url:


Come si può ben vedere, non mi sto inventando nulla. Questo però non basta. Leggete tutti con grande attenzione: 

"Ferruccio Parazzoli ha voluto indagare lo sfondo oscuro, “scoprire il punto oscuro del mondo in cui piantare la mia leva per rovesciarlo”, come si legge nel Discorso di Gesù morto. In queste pagine l’ha fatto in forma saggistica, anche se non prive di invenzioni narrative, dopo che nei suoi numerosi romanzi, tra cui desidero ricordare Nessuno muore (Mondadori 2001) e Il mondo è rappresentazione (Mondadori 2011), l’ha fatto in forma narrativa. Ma l’indagine è unica, come unica è la vita. E l’indagine alla fine l’ha condotto ad abbracciare il panteismo.
Questo libro si presenta quindi come l’onesto documento di un uomo che è stato cattolico per tutta la vita, e quindi naturalmente teista, e che ora non è più teista, bensì panteista."


Non bisogna correre troppo con l'immaginazione per comprendere che questo punto oscuro del mondo, che Parazzoli ha usato come leva, ha un nome e un cognome: Dante Virgili. L'identificazione è ancor più interessante, perché proprio la fede cattolica dello scrittore romano - che a quanto mostrato sopra è ormai tutto fuorché certa - è talvolta usata come prova dell'impossibilità di attribuirgli le opere di Virgili. Il ragionamento di chi sostiene questa tesi è lineare e chiaro, anche se a parer mio è fuorviante:

   1) Virgili è tutto fuorché cattolico e simpatizza per Adolf Hitler;
  2) Parazzoli è cattolico, oltre che un importante espontente dell'intellighenzia cattolica.
Ergo, nemmeno una riga delle opere di Virgili può essere stata scritta da Parazzoli. 


Il punto 2) contiene un anello debole della catena logica. In effetti quanto sostengo è duro da mandar giù. Ne sono pienamente consapevole. L'idea che l'autore di Carolina dei miracoli sia anche l'autore di Metodo della sopravvivenza è come un pugno nello stomaco, qualcosa da cui è difficile riprendersi. Eppure questa è la conclusione che possiamo trarre dall'analisi dei dati di fatto, come già mostrato con argomenti piuttosto solidi. Adesso però torniamo a noi, dato che in Eclisse del Dio Unico non si fa alcuna menzione di Dante Virgili e dei due romanzi a lui attribuiti. 

Come Mancuso fa notare, l'uso del termine Eclisse non descrive bene ciò che Parazzoli esprime nel suo saggio. Infatti si tratta di una parola che allude all'occultamento improvviso ma temporaneo della luce di un astro. Se il sole è eclissato, sembra calare la notte, ma poco dopo la luminosità torna a crescere finché la tenebra non viene del tutto dissipata. Parazzoli avrebbe dovuto intitolare la sua opera Tramonto del Dio Unico, perché all'occultamento dell'astro divino non farà seguito la ricomparsa neppure di un singolo raggio di luce. Certo, non si tratta di un annuncio nuovo. Immagino di non dover parlare in modo approfondito del famoso proclama "Dio è morto" (Gott ist tot) che compare in due opere di Friedrich Nietzsche: Così parlò Zarathustra (Als sprach Zarathustra, 1881-1885) e La gaia scienza (Die fröhliche Wissenschaft, 1882). Abbiamo poi Il crepuscolo degli idoli (Götzen-Dämmerung, 1889), sempre del filosofo di Röcken, e L'eclissi di Dio (Gottesfinsternis, 1953), di Martin Mordechai Buber. Il processo di dissoluzione di Dio e del monoteismo è irreversibile e genera un aumento dell'entropia. Non a caso l'autore ricorre all'immagine di un gigantesco iceberg che dapprima dà segni di cedimento per poi scioglersi a ritmo sempre più sistenuto, finendo quindi col disintegrarsi. Una volta che l'iceberg divino si è dissolto nell'oceano, ha perso completamente e per sempre la sua individualità: non c'è più nulla che lo possa ricostituire. 

Procedendo, Parazzoli analizza punto per punto il processo di morte e di decomposizione del concetto stesso di Dio. Non soltanto: è l'idea del rapporto di Dio col mondo, tipica del teismo, che sta subendo disintegrazione. Ad essere in crisi e condannata alla scomparsa è proprio l'idea di Dio come eternamente distinto dall'Universo che ha creato dal Nulla. Va da sé che a sostituire il teismo morente non è l'ateismo. Infatti l'ateismo è la negazione del teismo, che costituisce un presupposto indispensabile per la sua esistenza. Con la dissoluzione del polo monoteista, anche l'ateismo ne subirà le sorti. Ci possiamo porre una prima domanda: "Come muore il teismo?" La risposta data da Parazzoli è semplice: il teismo non muore per azione di un uccisore, che sia consapevole o meno.  Il processo che si è da tempo innescato è spontaneo. Il teismo agonizza nell'indifferenza delle masse. Questo perché Dio è come un attore che ha abbandonato il teatro del mondo a se stesso. Altra domanda cardine è questa: "Perché muore il teismo?" Anche in questo caso la risposta è diretta. Il teismo cristiano si spegne perché non fornisce risposte credibili ai problemi dell'esistenza. Più in dettaglio, non è in grado di risolvere questi problemi, con buona pace dei teologi cattolici: 
1) Il paradosso del Male, che non è semplice "assenza di Bene", ma dolore concreto che colpisce e stritola anche bambini innocenti. 
2) La natura intrinsecamente incoerente di Dio, in cui il Padre amorevole del Nuovo Testamento si scontra con il carnefice genocida dell'Antico Testamento.
3) Il supplizio della croce come destino ontologico di Gesù, deciso ab aeterno, cosa che implica il sostanziale fallimento dell'opera dell'Artefice.
4) L'impossibilità di leggere la Bibbia come Sacra Scrittura, la sua riduzione a semplice narrativa teologica, neppure meritevole di essere salvata da un futuro macero universale.
5) La natura intollerante degli attuali monoteismi, di cui è evidente l'antica derivazione "tribale, nazionalista e populista"


Queste aporie a mio avviso possono essere risolte soltanto per mezzo del Dualismo manicheo, ma si tratta di una soluzione estremamente impopolare che nessuno sembra voler accettare. Infatti Parazzoli non ci pensa nemmeno per un momento, e non fa la benché minima menzione a questa possibilità concettuale: la soluzione che escogita è invece il panteismo. Cessa così la divisione tra Dio e il mondo: Dio è il mondo - con tutte le perigliose conseguenze del caso. Conseguenze che l'autore non esplora: la sua professione di fede panteista resta piuttosto ermetica. Eppure anche il panteismo presenta aporie, non meno spaventose di quelle del teismo cristiano. Ad esempio, se lo sterco fa parte del mondo, e Dio è il mondo, quali conclusioni possiamo trarne? Che anche lo sterco è Dio, che il divino si identifica con lo sterco. Esiste una setta induista di fachiri denominati Aghori, che fanno di queste proposizioni panteiste il loro vessillo: ritengono che nulla di ciò che esiste nel mondo sia impuro, perché tutto è divino, così ingeriscono le feci, bevono l'orina e il mestruo delle prostitute, si cospargono il corpo delle ceneri dei morti, consumano carne umana putrefatta. Soltanto gli Aghori hanno assunto su di sé il peso del panteismo, fino in fondo, con gesti concreti e con coerenza estrema. Per il resto, tutte le parole dei sedicenti panteisti del mondo paiono soltanto un flatus vocis.

Altra soluzione rifiutata da Parazzoli è quella nichilista. Egli distingue tra un nichilismo forte, consapevole ed estrema negazione di qualsiasi senso dell'esistenza, e un nichilismo debole o nichilismo delle masse, quasi una forma di entropia del pensiero, una sfocata scoria collettiva definita come "pappa del niente" (ma forse sarebbe meglio dire "cacca del niente"). La cosa mi lascia un po' perplesso. Se tutto è Dio, come il panteismo afferma, allora è Dio anche la "pappa del niente" (o "cacca del niente"). Per un panteista tutto deve per necessità essere equivalente, perché tutto è Dio. Quindi semmani dovremmo parlare di "pappa di Dio" o di "pappa divina". Un teista cristiano ha ragione di lamentarsi di questa degradazione del sentire delle masse, un panteista non ne avrebbe motivo. Sembra quasi che l'autore, pur cambiando la rotta della propria vita, mantenga ben fissi alcuni residui della sua precedente condizione di cattolico. Spero che altri commentatori dell'opera parazzoliana colgano questa incoerenza e sviluppino trattati più approfonditi del mio. 

Acute, caustiche e pienamente condivisibili sono le osservazioni su un punto di capitale importanza: l'afasia della cultura cattolica. Il mondo cattolico, una volta che la fine del teismo ha spezzato il legame tra il linguaggio e i dati di fatto che dovrebbe descrivere, è diventato autoreferenziale. Un microcosmo cattolico paragonato a "un albero senza fronde né frutti". Altra suggestiva locuzione parazzoliana che ben descrive l'accaduto è "ingresso della cultura cattolica in un alone di buio". Ecco un estratto particolarmente significativo a questo proposito:

"A quasi quattromila anni di distanza un settimanale cattolico ha provato a lanciare un appello ad alcuni attuali e volonterosi sacerdos del linguaggio perché tentino di ricomporre il tramite con il Dio monoteista.
Ridato al linguaggio, sia pure occasionalmente e artificialmente, il Polo di riferimento del Dio Unico - ignorando, o fingendo di ignorare, il discioglimento di Antartide o cercando comunque di esplorarne il disfacimento - gli improvvisati sacerdos - un filosofo, due poeti, tre narratori -, rivestiti per l'occasione i paramenti del rito, riprovano a frarsi tramite con il Dio Personaggio. Ma le fragili navi di Argo trovano il livello delle acque inaspettatamente innalzato, il periplo delle coste irriconoscibile e un silenzio siderale. Gli esploratori mandati in avanscoperta fanno ritorno a mani vuote. Il loro linguaggio si è risolto in un soliloquio senza più alcuna possibilità di risalire all'origine del mito, al «Trono di Dio», come era chiamato il luogo dei cieli dove sedeva il Dio di Occidente.
Ognuno lamenta la moneta perduta, l'ansia della ricerca, il proprio smarrimento, la debolezza della propria nostalgia. In realtà non hanno più alcun Dio a cui parlare. Parlano a un cielo oscurato, forse già vuoto. Il vecchio Dio di Occidente non ritorna in scena.
La Rappresentazione, scaduta in spettacolo, non lo interessa più. Scivolato giù dal Trono, il Dio di Occidente si aggira dietro le quinte, dietro le cupole e i colonnati, nei sotterranei della Storia."

(pagg. 79-80)


Mancuso paragona il testo di Parazzoli all'oracolo che annunciò la morte di Pan, così ben descritto da Plutarco. Si chiede se l'annunciata morte del Dio Unico non possa essere al contempo una resurrezione di Pan e del paganesimo politeista. Poi favoleggia sul passaggio dal Deus cristiano (maschile, personale) a un Deum pagano (neutro, impersonale). Se devo essere franco, non amo molto queste trovate. Iniziamo a stendere un pietoso velo sul fantomatico Deum: le antiche divinità erano peronali e dotate di sesso. Passiamo quindi alla natura stessa delle cose del mondo. In questo Universo dominato dalla crescita dell'entropia, non avvengono resurrezioni. L'antico politeismo si è eroso e degradato, si è mutato in scorie che sono state disperse dalla nuova religione del Dio Unico. Questo è un processo che non ha possibilità alcuna di essere reversibile. Nulla ritorna mai dalla dispersione e dall'Oblio. Una volta che il fuoco delle Vestali è stato spento, nessuno potrà mai pretendere che la sua fiamma, presa a viva forza dai secoli passati in cui ardeva, possa formarsi dal nulla e riprendere ad attecchire. L'Eclisse del Dio Unico non dà nuova luce a ciò che c'era prima che questo Dio Unico sorgesse in Occidente, come la fantasia mancusiana vorrebbe: costituisce invece un inarrestabile progredire dello sfacelo, verso l'orizzonte della Mors Ontologica.

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