giovedì 2 giugno 2022

ARCHEOLOGIA TRANSUMANISTA

1. Non licet esse Christianos

Il Dipartimento di Archeologia Sperimentale Transumanista dell'Università di Colonia ferveva di attività. Al team della Dottoressa Louise Kenzler era stata chiesta una ricostruzione minuziosa di un antico marchingegno: un microchip sottocutaneo che all’epoca dell’Imperatore Traiano veniva usato per spiare gli imputati sospettati di Cristianesimo. Ancora non si riusciva a ricostruire l’insieme delle conoscenze cibernetiche dell’Antica Roma, ma tutte le ricerche portavano a supporre che l’Intelligenza Artificiale fosse già molto avanzata nella prima epoca imperiale. Le tecniche di localizzazione indoor furono portate al massimo sviluppo sotto l’Imperatore Decio: sembra che i pochi Paleocristiani scampati alla sua persecuzione siano riusciti a salvarsi per via di un satellite difettoso. Ecco spiegata la leggenda dei Sette Dormienti di Efeso. I superstiti, liberi dal monitoraggio si erano immersi in un sonno criogenico, probabilmente in una cella frigorifera che si trovava nelle profondità di una montagna cava.
Mentre la Dottoressa Kenzler si stava dedicando all’impostazione di un nuovo loop temporale, suo fratello Ulrich entrò nel laboratorio. Il suo volto era abbronzato in seguito a una settimana bianca sull’Himalaya. Era ancora vestito con il completo sciistico, con tanto di reattore dorsale e di stivali completi di retrorazzi. Baciò l’amata sorella e andò nel retro a cambiarsi. Presto sarebbero cominciati i diverbi.

2. Facebook e l’Imperatore Costantino

Il Vescovo di Roma, Silvestro, entrò trafelato nella Stanza Imperiale del Divino Costantino. Aveva un pc portatile con sé, dell’ultimo modello. Come fu ricevuto, mostrò subito all’Imperatore il risultato della sua ricerca in Google.
Vi compariva un commento che Flavio Valerio Costantino aveva lasciato su un blog dieci anni prima. Le lettere latine comparivano come un marchio d’infamia destinato a durare nei secoli, forse per sempre. Eccone la traduzione imbarazzante: Che si fottano i Cristiani e la loro superstizione sanguinaria! Decio non ha finito il suo lavoro!
L’avatar rimandava all’account di Flavius_V_Constantinus, univocamente associato proprio a lui, al figlio di Costanzo Cloro. Era una situazione al limite del surreale, e ora il Vescovo di Roma gliene chiedeva conto. Come poteva questo spietato bestemmiatore fare ora voto che tutti i suoi sudditi seguissero quella che impudentemente chiamava la sua religione? Che faccia tosta di un voltagabbana opportunista! Altro che conversione!
L’Imperatore Costantino salutò il Vescovo Silvestro con un cenno e gli disse di aspettare. Stava discutendo animatamente con la sua concubina, Minervina.
- Guarda che ti ho beccato con quella troia che adesso ha distrutto il suo profilo! - strillò la donna, in preda a un’evidente crisi isterica. La gelosia la divorava.
Un tempo, quando Caio Giulio Cesare era ancora un frugoletto, si stava meglio: non erano ancora giunti i Crononauti ad appestare il mondo con i loro maledetti pc portatili connessi alla Grande Rete Intercosmica. Già quando Cesare era giovane le cose stavano precipitando. Il filmato che lo ritraeva mentre dava in escandescenza perché stava perdendo i capelli era diventato un mito ed era giunto persino nelle terre oltre il Mare Oceano. I Galli e i Libi sghignazzavano vedendo il monarca effeminato scagliare lontano il pettine pieno di capelli e di forfora dopo essersi tinto e cotonato.
“Accidenti ai Crononauti!”, pensò Costantino, fremente per l’ira. “Per colpa loro ogni singolo pensiero lasciato in giro in un attimo di esuberanza rimarrà registrato e documentabile per l’eternità!”
A questo punto il Regista diede il segnale di stop. La simulazione tridimensionale si spense all’improvviso e la rete sinaptica empatica dei sequenziatori fu lasciata in standby. La pausa sarebbe durata due ore, poi sarebbe stata avviata una nuova procedura di calcolo. Anche per quel giorno i Ricostruzionisti avevano fatto un ottimo lavoro. Tutti sapevano che non era facile scavare in quei perigliosi meandri storici, ma alla fine con la tenacia si riusciva sempre a rievocare tutto con precisione micrometrica. Ancora qualche piccolo sforzo, e il backup delle più importanti personalità umane scomparse sarebbe diventato una realtà acquisita.

3. L’epopea del Vescovo Ambrogio

Yoshio Okahata osservava il portone del Duomo di Milano che recava plasmata nel bronzo la vita del Vescovo Ambrogio. In particolare fu colpito dalla penitenza dell’Imperatore Teodosio, inginocchiato davanti ad Ambrogio. Quanto era realistico quel fregio coperto da antica ruggine verdognola! Teodosio contrito dettava qualcosa, mentre Ambrogio lo trascriveva tramite il suo pc portatile. Un Compaq, era evidente. Forse sarebbe stato meglio dire Compaquus, perché si pensava che all’epoca i marchi avessero quasi tutti un suffisso –us poi caduto. Il rito penitenziale sarebbe stato pubblicato su tutti i principali quotidiani online in tempo reale. Il turista giapponese si domandò dove poter reperire le copie di backup di quegli archeositi web ormai scomparsi da tempo immemorabile: era uno storico di fama mondiale, giunto a Milano per studiare le testimonianze del tardo Impero Romano. Scavare nelle polverose miniere di dati era la sua passione, e una commozione sincera lo coglieva fino alle lacrime ogni volta che riportava alla luce qualche dato coerente da quell’oceano di bit fossili.
Quanto era realistico il fregio sulla parte inferiore del portone bronzeo, che illustrava Ambrogio apparso miracolosamente mille anni dopo la sua morte nel bel mezzo della Battaglia di Parabiago! Il Vescovo adorno di porpora impugnava il pastorale, fiero sul suo cavallo impennato, trasmettendo gli ordini attraverso un cellulare Nokia. Gli storici erano quasi all’unanimità sicuri che quello smartphone fosse un Nokia, anche se esisteva uno zoccolo duro di oppositori che sostenevano si trattasse di un Panasonicus.
Si stava facendo tardi. Un bip proveniente dall’orologio da polso scosse Yoshio Okahata dai suoi sogni ad occhi aperti. Il suo tempo libero era appena scaduto, adesso doveva tornare all’Archivio Storico per il turno serale. Per certi versi il suo lavoro non era dissimile da quello degli antichi minatori, solo che si occupava di estrarre dati preziosi che rischiavano altrimenti di andare perduti senza rimedio. Mentre si avviava a passi sostenuti verso il grande palazzo dell’Archivio Storico, Yoshio si sentì fiero di se stesso e del suo prezioso lavoro. Era grazie a persone come lui che la Memoria del Genere Transumano continuava ad esistere.

4. Transhumanist Commercial Partnership 
 
Occhi azzurri come l’antico cielo. Penetranti, abissali, vere e proprie porte su un mondo alieno. Sguardo torvo, sopracciglia inarcate. Baffetti inconsueti, capelli corvini impomatati. All’ultimo piano di un grattacielo di New York, il Direttore della TCP smanettava al suo laptop, seduto su una scrivania di rovere sintetico plasmato da fibre plastiche metallorganiche nei Laboratori dell’Immortalità. Cravatta rossa, lunga. Camicia bianca. Sul lato destro della sua camicia candida pendeva un tesserino di riconoscimento. A sinistra c’era il logo dell’azienda, con l’antico geroglifico IBM bene in vista. A destra recava impresso il nominativo. HITLER, Adolf. Sotto c’era una piccola foto dell'Amministratore Delegato, utile per un riconoscimento immediato, qualora ce ne fosse stato bisogno. Sullo schermo del laptop la chat era accesa. All’altro capo Josif Stalin rispondeva ai messaggi.
Il grande schermo si affievolì e divenne bianco come l’antica neve, ormai da tempo immemorabile scomparsa. Anche l’immagine di Adolf Hitler svanì. Il Ricostruzionista si rivolse al pubblico, esponendo le sorprendenti difficoltà incontrate nella rievocazione di quello che un tempo era noto come “XX-XXI secolo”, che ora tutti conoscevano come Primo Transumanismo. Eppure gli eventi accaduti in quei decenni erano stati fondamentali per la definizione della Nuova Era, il balzo prigoginico che aveva portato alla rapida nascita della Nuova Specie. Nell’udire le parole del Ricostruzionista, dal pubblico salì qualche borbottio. Il Dottor Andrew Gross, che era seduto all’ultima fila, meditò stancamente sul Principio di Indeterminazione di Heisenberg, pensando che forse era già troppo tardi.

Marco "Antares666" Moretti