giovedì 29 giugno 2017


IL CATECHISMO PER I CHONO
E LA SUA NATURA DI PROPAGANDA
ANTI-MANICHEA

I Chono erano una popolazione stanziata nell'Isola di Chiloé e in alcuni arcipelaghi del Cile Meridionale. Il loro territorio, residuo di una cordigliera preistorica in parte sommersa, si estendeva da Chiloé alla Penisola di Taitao. Una regione selvosa e impervia dalla morfologia molto complessa, ricchissima di fiordi. La cultura materiale dei Chono era simile a quella delle genti della Terra del Fuoco: Alakaluf, Yamana, Selknam (Ona) e Haush (Manekenkn). Descritta dagli antropologi come tra le più arretrate del pianeta, la tecnologia di quei popoli ignari dell'agricoltura può essere considerata come paleolitica. Viaggiavano su fragili imbarcazioni, proteggendosi dal freddo intenso soltanto con rudimentali abiti fatti di pelle di guanaco. Vivevano unicamente di carne, perché qualsiasi forma di coltivazione era resa impossibile dal clima rigidissimo. Verso la metà del secolo XVIII i Chono furono visitati da missionari della Chiesa Romana, che composero un catechismo nella loro lingua nativa. Questo catechismo era intitolato "Doctrina para los viejos Chonos", ossia "Dottrina per i vecchi Chono". Infatti tutti i giovani Chono all'epoca in cui il testo fu scritto erano diventati bilingui, parlando anche la lingua degli Huilliche, che è una varietà di Mapudungun. A quanto pare, l'ultimo parlante Chono morì nel 1875. Siccome tutte le opere scritte nella lingua dei Chono andarono perdute assieme al dizionario e alla grammatica compilata dai missionari, gli studiosi finirono per credere che i Chono parlassero una varietà di Kawesqar, la lingua degli Alakaluf. Questa assurda supposizione, ispirata dal generale abuso del Rasoio di Occam fatto dagli accademici anglosassoni e germanici, si è rivelata falsa quando il catechismo per i Chono è stato riscoperto. Non è un testo lungo. Credo quindi che sia il caso di pubblicarlo integralmente in questa sede.

Quentaumet Dios?

Jo Padre.

Met yo cautau Dios?

Jo Padre.

Yglesiataumet Dios?

Jo Padre.

Acha taumet Dios?

Jo Padre.

Ecu lammet Dios?

Jo Padre.

Lam jeyeulam toquieu?

Jo Padre.

Fau [tau?] met Dios?

Dios Sap, Dios Cot, Dios Espiritu Santo, tas persona, cayca Dios üeñec.

Dios Sap?

Jo Padre.

Dios Cot?

Jo Padre.

Dios Espíritu Santo?

Jo Padre.

Dios tas?

Yamchiu, tas Persona, cayca Dios üeñec Padre.

Ti [Fi?] Dios eyuhau [ayuhau?] yemamin?

Jo Padre.

Yema zelà jasmou?

Jo Padre.

Queni cullin eyuic zeu agic Dios qui?

Lam lam leng jaguaitau.

Ni persona tas queni persona yentau tau?

Dios cot.

Quentim tecau?

Señor Jesuchristo.

Señor Jesuchristo cay acau zuquena Dios?

Jo Padre.

Señor Jesuchristo cay acau zuquena yema?

Jo Padre.

Zeu tau g[...]jo Señor Jesuchristo?

Jo Padre.

Queguai tu zeu tau Señor Jesuchristo?

Sua ta via.

Lam met jo quipet cay acua quenau?

Jo Padre

L'ortografia è quella spagnola, così "zuquena" si pronuncia all'incirca /sukena/; "jo" si pronuncia con una forte aspirazione iniziale, e così via. Alcune letture incerte sono indicate tra parentesi quadre con un punto interrogativo. Non esiste una traduzione tramandata di questo testo, soltanto quella fatta tramite metodo combinatorio dallo studioso italiano Alessandro Bausami (che tra l'altro è un islamista senza conoscenze delle lingue amerindiane). Ora, quello che si è potuto dedurre immediatamente e con sicurezza dall'analisi del catechismo sono le seguenti traduzioni:

sap = padre
cot = figlio
üeñec = uno
tas = tre
zuquena = vero
yema = uomo
acha = cielo
jo = sì
yamchiu = no
lam = buono
quentim = come
cau = chiamarsi
cay = anche
cayca = ma, però
met = essere, stare

Tra l'altro il termine "yema" è stato anche preso a prestito in alcuni dialetti Kawesqar, dove indica il concetto di uomo appartenente ad altro popolo, in particolare bianco e cileno. Probabilmente il prestito è avvenuto per via di matrimoni misti, non certo per una parentela tra le due lingue, che non si somigliano affatto. Si segnala qualche prestito dalla lingua dei Mapuche, come ad esempio "toqui-" /toki/ = chiedere, comandare (che è "tokin" in Mapudungun). Alcune frasi sono infatti ben chiare a causa dei molteplici prestiti dallo spagnolo, in quanto come si può ben immaginare la lingua dei Chono non era fatta per le dispute teologiche e per i concetti cattolici. Così abbiamo le seguenti traduzioni, altamente significative:

Ecu lam Dios? = Dio è tutto buono? 

Señor Jesuchristo cay acau zuquena Dios? = È il Signore Gesù Cristo vero Dio?
 

Señor Jesuchristo cay acau zuquena yema? = È il Signore Gesù Cristo vero uomo?

A tutte e tre le domande ovviamente il catechismo prescrive invariabilmente di rispondere: "Sì, Padre". Appare oggi evidente a tutti quanto assurdo fosse il tentativo fatto dai missionari di trapiantare nelle menti dei popoli nativi concetti che erano e sono tuttora assolutamente alieni alla loro cultura e al loro modo di vedere l'universo.

Appare però ancor più curioso che i catechismi, come questo sopra riportato, fossero concepiti quasi per prevenire lo sviluppo di concetti manichei. Da come i nativi americani concepiscono il mondo, dai loro paradigmi, pare del tutto improbabile che possano giungere a conclusioni dualiste ed anticosmiche. Questo però non importava ai missionari. Gli inviati della Chiesa Romana avevano ed hanno tuttora uno e un solo compito, che non è affatto quello di evangelizzare le genti: è quello di impedire che le genti possano diventare manichee, anche spontaneamente, anche senza che nessuno possa influenzarli insegnando loro qualcosa di dualista e di anticosmico.

Ai missionari non interessava nulla della salute fisica e spirituale dei popoli che incontravano, prova ne è che quelle genti furono ridotte in schiavitù, sterminate o costrette a meticciarsi e a perdere la loro cultura. Ai missionari interessava soltanto che alla domanda: "Chi ha creato il mondo è buono?", nessuno potesse rispondere: "No! Egli è malvagio!".

Se non si può condannare interamente l'opera di questi missionari è soltanto perché ci hanno preservato memoria di lingue oggi estinte o nascoste, che altrimenti sarebbero svanite irrimediabilmente nell'Oblio.

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