domenica 15 aprile 2018

FILIPPO L'ARABO E LO PSEUDO-EUSEBIO

Agli accademici è sfuggita una cosa che a mio avviso avrebbe dovuto essere assolutamente ovvia. Non riesco a credere che nessuno l'abbia mai notata. Eusebio di Cesarea (III-IV secolo) nella sua Historia Ecclesiastica ha scritto che l'Imperatore Filippo l'Arabo (III secolo) avrebbe voluto partecipare una volta a un servizio pasquale. Il Vescovo, Babila di Antiochia, gli avrebbe però rifiutato la partecipazione alla funzione, dicendogli che prima avrebbe dovuto confessare i propri peccati. Orbene, tutto ciò è impossibile. Infatti all'epoca la confessione era una pratica lunga, umiliante ed estrema, che comportava penitenze per molti anni, spesso per tutta la durata della vita. Era impartita soltanto al battezzato che, caduto in peccato o costretto ad abiurare, avesse voluto riconciliarsi con la Chiesa. In nessuna comunità era una cosa presa alla leggera, come invece sarebbe avvenuto secoli dopo. Ancora Costantino seguì la consolidata tradizione del battesimo in punto di morte, perché voleva essere sicuro di garantirsi la salvezza. Quando il battesimo dei giovani divenne comune, fu la confessione ad essere spesso data in punto di morte. Non era assolutamente ripetibile: se uno fosse caduto in peccato dopo aver avuto l'assoluzione, avrebbe dovuto affidarsi alla sola misericordia divina. Si deduce quindi che Eusebio di Cesarea non poteva scrivere ciò che si dice abbia scritto. Il brano su Filippo l'Arabo è un falso storico solenne. Se Filippo fosse stato battezzato, avrebbe saputo senza dubbio che un suo grave peccato pubblico e notorio (come l'uccisione del proprio fratello Gordiano) non gli avrebbe permesso di partecipare al servizio. Non avrebbe quindi avanzato a Babila alcuna richiesta. Se invece il peccato fosse stato qualcosa di privato e di poco conto, il Vescovo non gli avrebbe negato la funzione. Ora, il povero Filippo, qualora consapevole d'aver peccato in pubblico, avrebbe di certo temuto la penitenza severa rimandandola in punto di morte e non si sarebbe sottoposto a questa procedura per una semplice messa. Se non fosse stato battezzato, ma comunque di fede cristiana, il Vescovo gli avrebbe richiesto prima il battesimo. Se non fosse stato neppure un catecumeno, ma soltanto un pagano curioso, il Vescovo gli avrebbe richiesto prima un severo periodo di istruzione e di prova. Si deduce che in ogni caso il falsario ha fabbricato questa notizia apocrifa basandosi sui costumi dei suoi tempi, del tutto diversi da quelli vigenti nel III secolo.

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