giovedì 12 aprile 2018


LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE

Autore: Ursula Kroeber Le Guin
Anno: 1969
Titolo originale: The Left Hand of Darkness
Lingua: Inglese
Conlang(s): Getheniano (calendario, glosse sparse,
      antroponimi, toponimi)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza utopica, fantascienza
     femminista, fantascienza sociale, fantabiologia,
     fantasessualità  
Prima edizione italiana: 1971
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 62
Codice ISBN: 88-429-0362-0
Traduzioni:   
   Francese: La main gauche de la nuit
   Olandese: Duisters Linkerhand;
          De Linkerhand van het Duister
   Spagnolo: La mano izquierda de la oscuridad 
   Tedesco: Winterplanet;
          Die linke Hand der Dunkelheit
   Serbo: Leva ruka tame
   Ceco: Levá ruka tmy
   Portoghese: A Mão Esquerda das Trevas
   Ungherese: A sötétség balkeze
Premi: 
   1970 - Premio Hugo (miglior romanzo)
   1970 - Premio Nebula (miglior romanzo)
   1975 - Premio Locus (miglior romanzo di tutti i tempi, 3° posto)
   1987 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi, 2° posto)
   1998 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi prima del 1980, 3° posto)


Trama:

L'Ecumene, lega che comprende la Terra a una decina di mondi colonizzati dagli umani, invia Genly Ai sul pianeta glaciale Gethen. I Getheniani sono strane genti: somigliano agli esseri umani ma sono dotati di una sessualità ermafrodita. A dire il vero si tratta tecnicamente di ermafroditismo latente. Infatti i caratteri maschili o femminili non si manifestano contemporaneamente nello stesso individuo: si ha l'emergere di un sesso o dell'altro durante uno stato di calore che nella lingua della nazione di Karhide è chiamato kemmer (corradicale dell'Olonets di Helliconia khmir "calore, foia"). Il kemmer si manifesta ogni 26 giorni e ne dura circa due; il ruolo sessuale è stabilito da scambi di effluvi feromonali tra i partner, che possono rimanere entrambi gravidi per via dell'ingresso dello sperma nel vaso procreativo. Genly Ai si ritrova così in un mondo difficile e incomprensibile. Giunto nella nazione di Karhide, si ritrova invischiato in una serie di intrighi. In nessun caso i nativi capiscono l'inviato dell'Ecumene e la sua proposta di alleanza con la confederazione terrestre. Ovunque è trattato come una specie di utile giocattolo dai feudatari, la cui visuale incredibilmente meschina e ristretta permette di pensare soltanto a vantaggi politici a breve termine. Così l'inviato dell'Ecumene decide di proseguire per Orgoreyn assieme ad Estraven, un nobile bandito da Karhide, ma l'esito della spedizione si rivela presto catastrofico. La società di Orgoreyn è orwelliana, tanto da sembrare una distopia pseudosovietica, se si eccettua l'onnipresenza della religione. La sola possibilità di salvezza per Genly Ai e per il suo compagno sarà una perigliosa fuga. Il ritorno a Karhide avverrà attraversando un impervio ghiacciaio.     

Recensione:

Ursula K. Le Guin (Berkeley, 1929 - Portland, 2018) è stata un fulgido astro della fantascienza - con buona pace delle solite baggianate di chi reputa "maschilista" tale genere letterario. Non soltanto era una donna, dettaglio che viene spesso trascurato, ma si professava femminista e anarchica. Notevole per la sua capacità di creare mondi immaginari di grande complessità, sviscerandone ogni aspetto antropologico, la scrittrice californiana si è anche interessata alla creazione di conlangs, cosa che desta in particolar modo il mio interesse. Proprio i temi trattati hanno permesso alle sue opere di valicare le mura del Ghetto della Fantascienza e di essere apprezzate anche al di fuori dei suoi angusti confini.

Questo romanzo è il quarto del Ciclo dell'Ecumene, detto anche Ciclo Hainita (Hainish Cycle). Il presupposto è semplice e molto affascinante: il pianeta Hain è il mondo di origine degli esseri umani, che si sono espansi su molti sistemi tramite diaspora cosmica. Tra i mondi popolati dagli Hainiti c'è anche la nostra Terra, la cui popolazione discende dagli antichi coloni. Notevoli sono le conseguenze. Gli ominidi tanto amati da Piero Angela non sono altro che il frutto di una complessa serie di esperimenti di ingegneria genetica e le dottrine di Darwin sull'origine della specie umana sono pura e semplice paccottiglia. Questo modello di genesi dell'umanità è sempre stato per me quello più naturale; soltanto le desolanti caratteristiche dei numerosi esopianeti scoperti mi hanno fatto sorgere qualche dubbio sulla sua plausibilità. Avendo sempre scelto per le mie storie uno scenario di questo genere, ho subito amato i romanzi del Ciclo Hainita. A distanza di anni, scorrendo il testo di The Left Hand of Darkness per raccogliere le informazioni sulle lingue di Gethen, vi ho visto alcuni dettagli a cui all'epoca, giovane com'ero, non avevo dato molta importanza. L'ermafroditismo latente dei Getheniani presenta caratteristiche utopiche, essendo stato creato dalla Le Guin sulla base di un luogo comune del femminismo, che attribuisce la violenza e la guerra alla contrapposizione tra il genere maschile e il genere femminile. Vediamo così che i Getheniani concepiscono sì azioni riprovevoli, ma sono incapaci di mobilitazione e di guerra. "Si comportavano come animali, sotto questo aspetto; o come donne. Non si comportavano come uomini, o come formiche. In ogni caso, non l'avevano ancora fatto". Questa mi pare una tesi abbastanza opinabile. Vediamo che tali genti hanno armi e un territorio pieno di fortezze come quello del Giappone feudale. Se nelle lingue del pianeta manca la parola per indicare la guerra, dovrebbe tuttavia trovarsi almeno quella per definire la battaglia, lo scontro, l'assedio. Con ogni probabilità, l'assenza della guerra come noi la concepiamo è più che altro dovuta alle difficoltà logistiche immani, immaginabili su un pianeta glaciale - oltre che alla mancanza di progetti politici ambiziosi. Come viene spiegato in più occasioni, la nazione di Orgoreyn mostra la tendenza a organizzarsi e a procedere sul cammino che porta all'attività bellica. Il miglioramento della tecnologia contribuirebbe così a dare alle genti di Gethen le possibilità pratiche di mobilitarsi e di massacrarsi a vicenda. Tutto sembra incamminarsi su una via che porta a una perdita delle caratteristiche "utopiche" della società getheniana, per convergere con la sanguinaria storia di mondi come la Terra, dove Polemos è padre di tutte le cose, di tutte re, come diceva Eraclito: il funesto processo viene bruscamente interrotto soltanto dallo sconvolgimento politico innescato da Genly Ai, con conseguente entrata nell'Ecumene prima di Karhide, poi di Orgoreyn.

Filosofia getheniana e Taoismo

L'interesse della Le Guin per il Taoismo si riflette in tutto il romanzo. Non dimentichiamoci che suo padre, Alfred Kroeber, era un importante antropologo, che le trasmise l'amore per le culture orientali. Il contrasto tra Yin e Yang innerva ogni aspetto dell'essere dei Getheniani, dando vita a una filosofia della dualità che può essere sintetizzata in queste parole, attribuite a un religioso di Karhide:

La luce è la mano sinistra delle tenebre,
E le tenebre la mano destra della luce,
Due sono uno, vita e morte,
e giacciono, insieme come amanti in Kemmer,
Come mani giunte, come la meta e la via. 

Ci tengo a fare una precisazione. Purtroppo il concetto di dualità è confuso dalla stessa autrice con quello di dualismo, che è di natura interamente dissimile. La dualità è un equilibrio tra forze che fanno parte di un principio comune, mentre il dualismo è lo scontro insanabile di due princìpi tra loro alieni. La religione di Orgoreyn è diversa da quella di Karhide e somiglia piuttosto a un monoteismo fondato sull'equivalente getheniano del principio antropico. Per questo motivo la critica ha pensato che l'autrice intendesse rappresentare la contrapposizione tra il pensiero dell'Oriente e quello dell'Occidente. 

Un'occasione persa

Quando si trovano a combattere per la sopravvivenza tra i ghiacci, Genly Ai e il nobile Estraven raggiungono una grande intimità, ma non hanno mai un contatto fisico. Nemmeno una toccatina. Nemmeno uno strusciamento di genitali. Nemmeno un'eiaculazione. Certo, fare l'amore in un ghiacciaio non deve essere il massimo. Non si dice che il romanzo avrebbe dovuto essere boccaccesco o addirittura sadiano, ma di certo avrebbe potuto esplorare in modo credibile un incontro sessuale tra due esseri di specie diversa, descrivendo quacosa di inedito e di memorabile. Tra l'altro, tutto questo ha dato origine a una querelle grottesca. A quanto ho appreso, torme di Eumenidi isteriche e di furibonde virago si sono scagliate contro la Le Guin, che pure era femminista, accusandola di aver scritto un romanzo omofobo, perché i Getheniani si comportavano sessualmente come eterosessuali! 

La conlang getheniana di Karhide 

L'autrice ci fornisce un certo numero di glosse della lingua getheniana della nazione di Karhide. Le riporto nel seguito, a beneficio dei lettori:

amha "genitore nella carne"
bessa "neve vergine"
dothe "stato di trance violenta"
gethen "inverno; tenebra"
gossiwor "buccine regale"
hemmen "tipo di albero"
Heskyorremy "Concilio Interno"
hieb "mantello con cappuccio"
huhuth "casa del kemmer"
kadik "tipo di cereale" 

Karhidi "di Karhide"; "la lingua di Karhide"
karhosh "isola"; "edificio ad appartamenti"
kemmer "calore sessuale"
kemmeri "compagno di sesso"
kroxet "tempo senza vento"
kurem "tempo umido"
kyorremy
"camera alta, parlamento"
neserem "neve fitta e finissima"
nusuth "non ha importanza"
orgrevy "un arbusto resinoso"
orsh "bevanda ricavata da cereali" 
oskyommer "contrarre unione monogamica"
pesthry "un animale oviparo, grande come una volpe"
russy "topo-serpente"
sastrugi "cumuli di neve plasmati dal vento"
secher "prima fase del kemmer"
shifgrethor "onore"
somer "sessualmente inattivo"
sove "neve bagnata"
thangen "sonno nero"
thokemmer "fase culminante del kemmer"
thorharmen "seconda fase del kemmer"

La religione di Karhide è detta Handdara e i suoi seguaci sono detti Handdarata, segno che esiste un suffisso -ta produttivo.

Alcuni toponimi:

Ariskostor, una fortezza sul monte Kostor
Erhenrang
, la capitale di Karhide
Kargav, un ghiacciaio
Kostor, un monte alto 6 km
Horden, un'isola
Otherhord, un'antica fortezza
Pering, una regione di confine

Alcuni antroponimi:

Argaven Harge, il re di Karhide
Berosty rem ir Ipe, un antico nobile
Forem rem ir Osboth, un nobile
Getheren, un reietto
Therem Harth rem ir Estraven, il signore di Estre 

Un interessate etnonimo è Perunter, che designa una popolazione villosa e selvaggia del continente meridionale.

Si possono fare alcune significative deduzioni. Con ogni probabilità Getheren significa "Scuro" ed è dalla stessa radice di gethen. Giungiamo alla conclusione che Estraven è un derivato di Estre, con ogni probabilità un toponimo. La stessa formazione si trova in Stokven, nome attribuito a Therem di Stok - essendo Stok certamente un toponimo. Si deduce anche che rem deve significare "signore, nobile" e che ir è una preposizione che indica derivazione, forse da tradursi con "da" come il famoso von tedesco.

Il calendario di Karhide 

Questi sono i mesi: 

Inverno:
Thern, primo mese
Thanern, secondo mese
Nimmer, terzo mese
Anner, quarto mese

Primavera:
Irrem, primo mese
Moth, secondo mese
Tuwa, terzo mese

Estate:
Osme, primo mese
Ockre, secondo mese
Kus, terzo mese
Hakanna, quarto mese

Autunno:
Gor, primo mese
Susmy, secondo mese
Grende, terzo mese

Questi sono i giorni:
Getheny, primo giorno (Tenebre)
Sordny, secondo giorno
Eps, terzo giorno
Arhad, quarto giorno (Primo Quarto)
Netherhad, quinto giorno
Sreth, sesto giorno
Berny, settimo giorno
Orny, ottavo giorno
Harhahad, nono giorno
Guyrny, decimo giorno
Yrny, undicesimo giorno
Posthe, dodicesimo giorno
Tormenbod, tredicesimo giorno
Odgetheny, quattordicesimo giorno
Odsordny, quindicesimo giorno
Odeps, sedicesimo giorno
Odarhad, diciassettesimo giorno (Primo Quarto)
Onnetherhad, diciottesimo giorno
Odsreth, diciannovesimo giorno
Obberny, ventesimo giorno
Odorny, ventunesimo giorno
Odharhahad, ventiduesimo giorno
Odguyrny, ventitreesimo giorno
Odyrny, ventiquattresimo giorno
Opposthe, venticinquesimo giorno
Ottormenbod, ventiseiesimo giorno

L'autrice traduce Getheny con "Tenebre", da cui è possibile arguire che il suffisso -y marca il plurale o il collettivo. Ci fa inoltre sapere che il prefisso od- è negativo o avversativo e può tradursi con "non". Notiamo subito che la sua consonante si assimila spesso alla consonante iniziale della radice seguente: 

Onnetherhad < *Od-netherhad
Obberny < *Od-berny
Opposthe < *Od-posthe
Ottormenbod < *Od-tormenbod

Il prefisso non mostra mai assimilazione se la consonante seguente è g- o s-: Odgetheny, Odsordny, Odsreth. I motivi di questo fenomeno non mi sono chiari.

Nella lingua di Karhide vige lo stato costrutto, come nelle lingue semitiche. Il nome della cosa posseduta sta prima del nome del possessore, che non subisce modifiche. Il ventiduesimo giorno del terzo mese di primavera è detto Odharhahad Tuwa. Certo, anche in italiano si può dire "martedì tredici dicembre", ma in Karhidi abbiamo il toponimo Ariskostor, che significa chiaramente "Fortezza del Kostor", essendo Kostor un oronimo - come spiegato nel testo.

La conlang getheniana di Orgoreyn

A Orgoreyn si parla una lingua diversa da quella di Karhide, come riportato esplicitamente nel testo. Si dice anche che Orgota significa "di Orgoreyn", con riferimento sia alla lingua che al popolo: è usato un suffisso -ta analogo a quello già visto nella lingua di Karhide. La religione diffusa in Orgoreyn è chiamata Yomesh, ossia "religione di Meshe" - essendo Meshe il nome del fondatore. I seguaci della religione Yomesh sono chiamati Yomeshta. Da queste poche informazioni, si può sospettare che le lingue Karhidi e Orgota siano tra loro imparentate, anche se la parentela potrebbe non essere prossima. Per quanto riguarda la fonetica, la Le Guin si premura di rivelarci che in Orgota esiste la consonante liquida /l/, che manca invece nel Karhidi. Gli esempi che ho potuto trovare di parole contenenti la liquida si riducono all'antroponimo Obsle e al toponimo Pulefen. Le glosse della lingua Orgota ricavabili dal romanzo sono poche e di scarso valore: 

Asyomse "nome di una stella"
gichy-michy "cibo disidratato e concentrato"
peditia "neve bagnata" (= Karh. sove)
sarf "ciarpame"; "polizia segreta"

I composti, così tipici del Karhidi, sembrano molto meno numerosi in Orgota. 

Possibili parentele

Mi ha sorpreso la somiglianza tra il termine Karhidi kemmer e un vocabolo della lingua Olonets, del Ciclo di Helliconia di Brian W. Aldiss: khmir, che indica la libidine. Essendo la specie umana di Helliconia sessuata come la nostra, è chiaro che l'Olonets khmir manca del tutto la semantica getheniana, potendosi tradurre con un volgare "foia". Il primo volume del Ciclo di Helliconia, La primavera di Helliconia, risale al 1982, quindi è ben possibile che Aldiss abbia tratto ispirazione proprio dall'opera della Le Guin. Oppure è una coincidenza? Nelle coincidenze credo poco, se devo essere franco, e non mi convince neppure il concetto di sincronicità, tirato fuori a ogni piè sospinto per spiegare gli eventi più strani. Notiamo che kemmer è sicuramente una parola composta in cui il nucleo significativo connesso al sesso è la sillaba -mer. La prova si ottiene in modo assai facile e certo: basti notare che esistono composti come somer "sessualmente inattivo", thorkemmer "fase culminante del kemmer", thorharmen (< *thorharmer per dissimilazione) "seconda fase del kemmer" e oskyommer "contrarre matrimonio monogamico", tutti dalla radice *mer. Per contro, la parola Olonets khmir non ha etimologia deducibile e non appare un composto. Non solo, ha una fonetica assai peculiare, che potrebbe far pensare a un prestito. Va detto che Aldiss dipinge l'origine dell'umanità di Helliconia secondo un processo evoluzionistico spontaneo assolutamente improbabile, con un'infinità di "convergenze evolutive" che non potrebbero mai verificarsi nemmeno in tempi superiori all'età dell'Universo. A cosa si deve dunque la somiglianza tra kemmer e khmir? Forse al fatto che queste parole sono fatte della sostanza di cui sono fatti i sogni.

Altre recensioni e reazioni nel Web  

Segnalo la recensione di Carmine Treanni, apparsa su Fantascienza.com:


Noto l'errata trascrizione di Gethen come Gheten, credo per facilitare la pronuncia, oltre a un fatto singolare: quando viene spiegato il fondamento della religione e della filosofia di quel mondo, viene evocato il Manicheismo, che tuttavia non può essere associato al Taoismo. Infatti la religione dualista di Mani non professa affatto un equilibrio tra luce e tenebra, tra spirito e materia - e non attribuisce origine comune a questi opposti: afferma invece che l'Universo materiale è interamente composto da tenebra e che in essa si sono disperse particelle di luce, essendo la Salvezza proprio la liberazione di quella sostanza luminosa estranea al mondo e il suo ritorno all'origine.

Per finire estraggo e riporto in questa sede alcuni interventi trovati su Anobii.

Countingcrow76 ha scritto:
per le prime 5o pagine mi ha trasportato in un altro mondo e mi ha appassionato molto poi man mano ho perso interesse portandolo a termine con fatica

Terra ha scritto:
strano come, avendo letto questo libro molti anni fa, mi ricordassi quasi solo la questione del sesso degli alieni (o dell'alieno, a seconda del punto di vista). in realtà mi pare ora che quello sia uno specchietto per allodole: brilla ma nasconde la sostanza vera, la possibilità (il sogno) di comporre le differenze e le incomprensioni fino a mettere a rischio la propria vita, la propria reputazione e la memoria per un individuo così diverso, sempre sconosciuto e tuttavia amato. altro che kemmer (nusuth).

Maura ha scritto:
Non so, forse avrei preferito un approfondimento sulle singolari caratteristiche degli abitanti e sulla loro cultura, più che una storia di avventura e intrighi di corte. E' pur vero che sei vuoi un saggio di sociologia, non devi cercarlo in un libro di fantascienza.

Echoes ha scritto:
Non sono amante del genere, ma questo libro di fantascienza mi è piaciuto davvero tanto.
Le ambientazioni quasi medievali, le profonde implicazioni sociologiche del racconto valgono indubbiamente la pena di una lettura non semplice, ma di indubbia soddisfazione.

Wildsidez ha scritto: 
E' l'unico libro che ho riletto almeno una decina di volte, diciamo che più o meno ogni due anni lo rileggo. E ogni volta mi dà emozioni che non mi stancano, non è un libro che ho imparato a memoria, anche se conosco la trama. A me pare che questo libro sia sottovalutato e poco conosciuto da gruppi e collettivi di pensiero femminista/glbtqi, mentre invece merita di entrare a pieno titolo nell'elenco dei testi di riferimento, secondo me.

Hathaldir ha scritto:
Questo libro è molto distante dal capolavoro descritto da molti lettori. Alcuni capitoli sono talmente avulsi o asincroni da rendere la narrazione appesantita, interrotta e spezzata.
Certamente l'idea di una razza ermafrodita maschile e femminile allo stesso tempo è ambiziosa... disarmante.
In un colpo solo si risolve il conflitto duale che anima l'umanità: l'instabile equilibro che contrappone uomo e donna, luce e tenebre, yin e yang.
Purtoppo questo non è sufficiente a colmare i profondi difetti strutturali e vanifica l'estrema delicatezza e sensibilità adoperata dall'autrice per sviluppare l'impianto fondante della trama.

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