sabato 5 gennaio 2019


LA DISTRUZIONE 

Autore: Dante Virgili
Anno: 1970 

Genere: Romanzo
Sottogenere:
Apocalittico, flusso di coscienza, cut-up, BDSM,
    pseudo-autobiografico   
Nuove edizioni:
2003, 2016 
Editori:  
   Mondadori (1970)

   Pequod (2003, collana Pequod)
   Il Saggiatore (2016, collana La cultura)
Pagine (2003): 247, Brossura

Pagine (2016): 318, Brossura 
Codice ISBN (1970): A000202600 
Codice EAN (2003): 9788887418491
Codice EAN (2016): 9788842822219


Sinossi (da www.ibs.it): 
"Un uomo repellente e luciferino, abbandonato a se stesso nell'orrore di un'estate milanese, sogna l'apocalisse nucleare e rimpiange il Terzo Reich. È stato interprete per le SS, ha amato e perduto una donna di nome Bianca. Adesso che la guerra è finita, lavora come correttore di bozze per un giornale, insegue giovani cameriere e garzoni spinto da un'ossessione sadomasochista e da ciò che resta di una turpe volontà di potenza. È il 1956, la crisi di Suez gli sembra il preludio alla Terza guerra mondiale, una guerra che agogna, igiene di un Occidente immondo che odia, come odia se stesso. "La distruzione", primo romanzo italiano apertamente nazista, apparve per Mondadori nel 1970, mentre il mondo celebrava l'illusione di un futuro di pace e di palingenesi collettiva. Nei due anni precedenti, alcuni dei maggiori intellettuali italiani - tra loro Sereni, Giudici e Parazzoli - valutarono l'opportunità della sua pubblicazione. Doveva essere una bomba a orologeria, accendere polemiche, stanare benpensanti, rivitalizzare come un elettroshock la scena letteraria nazionale con l'irruenza di Celine (sic) o de Sade. Non se ne accorse nessuno. Da allora, però, l'opera di Virgili riemerge ciclicamente come un incubo, interrogando con le sue sinistre profezie, con la sua bruciante inattualità. Prefazione di Roberto Saviano."

Riassunto:  
Un edificio esploso composto da deliri simili a schegge impazzite di una mente in disintegrazione. In buona sostanza è il flusso di coscienza di un attempato signore che per passatempo fa le pippe ai giovani, finendo con l'identificarsi con Adolf Hitler assediato nel bunker di Berlino. La dialettica del protagonista percorre binari immutabili e tragici. 

Premesse: 1) Ho inclinazioni sadiane
2) Sono povero
3) La Germania ha perso la guerra 


Segue:
i) Non posso soddisfare le mie inclinazioni
ii) Sono uno straniero nel mondo 


Conclusioni: 
a) Non dovevo nascere;
b) Il mondo deve ardere.


Diciamo che questa catena logica incarna quanto il volgo, nella sua pochezza mentale, pensa delle pulsioni apocalittiche.

Peculiarità linguistiche: 
Estremo cut-up. La punteggiatura è quasi assente, intere frasi coordinate e subordinate sono agglutinate tra loro con un collante invisibile, per poi subire improvvise fratture. Si aprono abissi ogni volta che una frase si conclude nel bel mezzo, spesso con una preposizione, senza un verbo. Si fatica a scorgere un filo conduttore, perché mondi diversi sono messi tra loro in contatto saldando discontinuità che si potrebbero pensare ineliminabili. Così mentre si trova in un locale, nel bel mezzo di un pasto fa irruzione la Guerra e ci si trova proiettati nel bel mezzo di uno scontro, con tanto di bombe che esplodono. Sperimentalismo che va al di là di ogni orizzonte concepibile, inumano, abissale, ma privo di qualsiasi nesso con la Germania del Terzo Reich e con il suo concetto di arte.

Recensione:  
Abbiamo mostrato che Dante Virgili non è mai esistito, che è una fabbricazione letteraria. Passiamo quindi ad analizzare i testi a lui attribuiti per scoprirne le incoerenze interne.

La distruzione è stato definito dalla critica "Il primo romanzo apertamente nazista pubblicato in Italia". Allo stesso modo, Dante Virgili è stato più volte definito "l'unico scrittore italiano nazista". Simili giudizi ricorrenti sono di per sé colossali stronzate. Colui che ha scritto questo singolare romanzo è tutto fuorché un nazionalsocialista tedesco. Anzi, diciamo che il personaggio Dante Virgili può essere definito in un modo soltanto: anarchico individualista stirneriano. L'anarchia traspare da ogni sillaba da lui proferita, mentre non si trovano tracce convincenti della complessa mitologia nazionalsocialista. Dante Virgili has no Nazi beliefs. Così direbbe un compatriota di Sir Jimmy Savile.

L'inesistente antisemitismo di Virgili  

Una domanda cruciale quanto scomoda. Dov'è l'antisemitismo in Virgili? Diciamolo pure. Der Judenhass des Dantes Virgilis existiert nicht. L'antisemitismo di Dante Virgili non esiste. A contraddire questo dato di fatto non basta di certo un riferimento al "martirologio ebraico" che oggi andrebbe tanto di moda, o una fugace allusione ai campi di sterminio: ho sentito ben di peggio da persone di sinistra. Ricordo ancora una pantomima su un rabbino descritto come un tappo col nasone, fatta da un convinto antinazista ma degna della retorica di Streicher, e altre similari trovate di buontemponi. L'antisionismo di sinistra è ben più feroce e virulento della menzione virgiliana del "martirologio ebraico". Questa è la frase esatta: 

"È di moda il martirologio ebraico. Tant’è, non si può andare contro il proprio tempo. Come se fossero vittime solo i morti gassati non quelli arsi con le bombe al fosforo. E gli atomizzati in Giappone. Già, non fu un crimine. Ma quei lanci si ritorceranno presto su loro, eh eh ALTRE Enola Gay." 

Benissimo. Passiamo dunque alle opinioni di Vittorio "Vik" Arrigoni, quello il cui motto era "restiamo umani" - e che al contempo definiva gli Israeliani "demoni sionisti" invocando su di loro la dannazione. Opinioni non troppo dissimili a quelle della dirigenza della NSDAP e dello stesso Adolf Hitler, che non esitava a definire il popolo ebraico come "anti-razza demoniaca". Pochi al giorno d'oggi ricordano la tipica locuzione hitleriana Ein Volk von Dämonen "un popolo di demoni". Ebbene, sono tra quei pochi. Ora, l'antisemitismo hitleriano non è una semplice forma di razzismo nell'ambito di una "gerarchia delle razze", come insegnano nelle scuole italiane e altrove. È qualcosa di molto più virulento, che nasce dall'idea di ritenere gli appartenenti al popolo ebraico abitati da un'ontologia altra, non umana, come quella degli insetti, ad esempio. Non è soltanto un'insieme di invettive o di battute: è una Weltanschauung, una visione del mondo. Non è soltanto parte integrante delle dottrine nazionalsocialiste: è la particolare lente attraverso cui un nazionalsocialista vede ed interpreta ogni cosa presente nell'Universo. Mi sembra quasi inutile rilevare che di tutto questo nell'opera di Virgili non esiste la benché minima traccia. Ergo, er ist kein deutscher Nationalsozialist. Non è un nazionalsocialista tedesco. Punto.

L'esibizione del mostro

La descrizione o meglio l'invenzione di Dante Virgili come "nazista" è strumentale. Nella teologia parazzoliana e franchiniana, questo personaggio svolge il delicato incarico di incarnare il Male. Per questo motivo indossa la pelle del mostro. Non è importante che per svolgere questa funzione Virgili sia un vero e fanatico credente del Nazionalsocialismo tedesco. Basta che egli rappresenti tutto ciò che il popolo italiano crede a proposito di Adolf Hitler e dei suoi adepti. Qui entra in gioco il collegamento con la sfera della sessualità. Quando ero ancora un liceale, mi capitò tra le mani un giornale pornografico abbastanza squallido - se ben ricordo era Caballero - che dedicava alcune pagine a Hitler e ai suoi vizi bestiali. La tesi dell'articolista era la seguente: per essere un simile mostro, il Führer doveva avere pulsioni sessuali davvero aberranti, vomitevoli, spaventose. L'immaginazione era però scarsa. Le foto che corredavano quelle pagine erano pietose, mostravano un uomo truccato coi baffetti che toccava morbosamente una donna nuda tanto obesa da avere i cassetti di adipe sulle braccia, sulle gambe e sul ventre. L'uomo che impersonava il dittatore somigliava un po' a Charlie Chaplin; indossava l'uniforme e sfoggiava al braccio una vistosa Armband con la svastica. In realtà non si vedeva alcuna scena sessuale. L'articolista si limitava a suggerire che gli atti erotici dovessero consistere nell'inserimento del fallo eretto nei cassetti di lardo della chubby, con sfregamento fino all'eiaculazione. Beata ingenuità da oratorio! Quello che conta è l'idea portante che sta dietro la visione del genocida come di un soggetto sessualmente disturbato, le cui mostruosità e la cui pazzia derivino proprio dalle turbe della sessualità. Siccome la gente era traumatizzata dalle amenità del sadomasochismo, ecco che proprio questa forma di sessualità era ritenuta la causa diretta delle dottrine genocidarie. In realtà il sadomasochismo (BDSM), per come è concepito dalle masse, è una semplice collezione di amenità. Il contesto che ha visto l'invenzione del personaggio di Dante Virgili non era così disinibito come quello attuale: bastava poco per traumatizzare il lettore. Al giorno d'oggi nessuno crederebbe che un uomo possa diventare un genocida perché gli piace frustare o essere frustato, o perché ama qualche forma di umiliazione sessuale, ma all'epoca in cui La distruzione vide le stampe tutto ciò bastava e avanzava per sconvolgere le persone. Vediamo poi l'attribuzione al protagonista del romanzo di pulsioni ambigue, che sconfinano nella pederastia: egli paga alcuni ragazzi perché si facciano da lui masturbare fino all'eiaculazione. Assieme al BDSM, la bisessualità era nell'immaginario degli anni '70 un altro dei marchi del mostro. Lo studio delle pulsioni sessuali di Adolf Hitler e dei principali dirigenti della NSDAP meriterebbe un volume di densissima trattazione, cosa che esula dalle finalità di questo post. Eppure non è così immediato scorgere un nesso di causazione lineare tra le parafilie dei nazionalsocialisti e l'edificio politico del Terzo Reich, che trae la sua origine dall'hegelismo e dal darwinismo. Non è nemmeno scontato che tali parafilie fossero per necessità di natura sadica. Uomini come Heydrich e Eichmann, responsabili di un immenso numero di morti, potrebbero non aver mai dato nemmeno un buffetto a un bambino in tutta la loro esistenza. Himmler aborriva la vista del sangue, tanto che svenne quando a Minsk dovette assistere a una fucilazione di un centinaio di ebrei: sembra che ci fosse una grande dissociazione, un abisso tra l'edificio ideologico che reputava necessario lo sterminio e la personale sensibilità di coloro che lo hanno organizzato con glaciale determinazione. Un ipotetico superstite nazionalsocialista, avendo la possibilità di scrivere un romanzo autobiografico per diffondere la propria ideologia in un contesto abbastanza ostile, non avrebbe ritenuto opportuno parlare proprio della sessualità e della sua torbida natura: avrebbe impostato i suoi scritti in modo assai diverso rispetto a Virgili. Diciamo che non ne sarebbe uscito qualcosa come La distruzione.

Fraintendimento di una profezia apocalittica    

Ciò che ha permesso il rilancio dell'opera di Virgili dopo tanti anni dalla sua prima comparsa è questo brano: 

"Mi lecco le labbra pensando all'ammasso di pietre cui si ridurranno le loro città. Colonne di fuoco alte come i grattacieli torri crollanti in un orizzonte sconvolto il cielo brucia sopra New York. Broadway Manhattan Fifth Avenue i quartieri dei ricchi CHICAGO le zone delle fabbriche il centro Montrose Hyde Park mutati in magma ardente mai il loro suolo fu devastato urla raccapriccianti torme impazzite corpi a brandelli spoglie orride ATOMTOD la guerra è giusta dispensiera di vendetta."

Tutto è stato molto semplice: si è detto che lo scrittore bolognese aveva profetizzato gli attentati dell'11 settembre 2001, che hanno provocato il crollo delle Torri Gemelle di New York. Un'occasione editoriale davvero molto ghiotta, una volta che i fatti sono accaduti! Infatti nel 2003 La distruzione viene pubblicata dalla casa editrice Pequod. In realtà, se leggiamo con attenzione il testo sopra riportato, vediamo che vi è descritta tutt'altra cosa: una guerra termonucleare globale! Cosa che, purtroppo, non si è affatto realizzata, mi sia consentito aggiungere. Un fraintendimento davvero bieco, non trovate? 

Virgili, Saviano e il Web

La casa editrice Il Saggiatore nel 2016 ha pubblicato La distruzione con una prefazione di Roberto Saviano. Il testo è consultabile nel sito di Repubblica:


Mi sia consentito dirlo: nello scritto savianesco trovo poche idee e confuse, non facili da enucleare in mezzo alla massa dei semplici dati descrittivi (Virgili è un brutto e cattivo nazista che non ha avuto moglie né figli, etc.). A quanto ho potuto intendere, secondo l'autore di Gomorra, il testo di Virgili sarebbe una sorta di vaccino in grado di prevenire l'attecchimento dell'odio - sentimento del tutto naturale ma sommamente temuto dai fautori del politically correct, che vorrebbero un'umanità lobotomizzata. Stando alle aspettative, La distruzione dovrebbe operare la metamorfosi dei lettori in Puffi! Blog e siti con recensioni del romanzo virgiliano ce ne sono a bizzeffe. In genere sono concentrati di banalità e di opinioni scontate. Riporto il link a un articolo di Alberto Grandi, apparso su wired.it, sui cui contenuti forse sarebbe meglio stendere un pietoso velo:


Davvero singolare l'opinione secondo cui uno spaccato cerebrale di un autore fantomatico e anarchico individualista stirneriano sarebbe la miglior chiave per comprendere Adolf Hitler, il Mein Kampf e... l'autore della strage di Orlando! Forse anche Gambadilegno e Macchia Nera, perché no? 

Conclusioni
Non è che Sereni, Giudici, Parazzoli si limitarono a valutare le opportunità editoriali di questo stravagante romanzo. Diciamo piuttosto che Sereni, Giudici, ma soprattutto Parazzoli - e Franchini, non dimentichiamolo - sono gli artefici dell'esistenza stessa di Dante Virgili, coloro che hanno concepito e organizzato questa ingegnosa beffa letteraria. Questo io credo: essi hanno creato il personaggio per provocazione politica. Forse pensavano di gettare il sasso nella piccionaia e di sconvolgere l'intera società, già pervasa da parossismi rivoluzionari, seminando il caos, agendo come Nyarlathotep. O forse hanno operato solo per il gusto della goliardia? Certo pensavano che Eco, Arbasino and company avrebbero urlato scandalizzati all'apparire di uno scrittore "nazista", pontificando come papi infallibili e lanciando fulmini. Invece Eco, Arbasino e gli altri hanno risposto alla creazione di Virgili, di cui hanno subito compreso la natura fraudolenta, con un silenzio tombale, assoluto - cosa che ha destato la grande irritazione di Franchini, come si può dedurre dalla lettura del suo libro "documentario" virgiliano Cronaca della fine

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