sabato 6 aprile 2019

UNA SPIEGAZIONE DELL'ANTROPONIMO FEMMINILE GOTICO INNITHIVEI

Consideriamo le seguenti forme attestate in norreno e riportate nel dizionario di Zoëga: 

inni (n.), casa, dimora
inni-hús (n.), abitazione
inni-hǫfn (f.), alloggiamento
inni-vist (f.), l'abitare in una casa

La protoforma germanica è chiaramente *innijan "casa, dimora" (alla lettera "luogo interno"). Si tratta di un trasparente derivato di *innai "dentro", antico locativo formato dalla preposizione *in(i), a sua volta dall'indoeuropeo *en(i) "in". 

Queste sono le forme norrene che appartengono alla famiglia lessicale in analisi: 

í "in" (< *in)
inn "dentro"
inni "dentro, all'interno" (< *innai)
innan "dentro, all'interno" (< *innane:)


Esistono poi altre forme curiose, la cui semantica andrebbe meglio compresa:

inna "realizzare, compiere"
inna "dire"
inniliga "esattamente"


Un corrispondente quasi perfetto della parola norrena inni è l'inglese antico inn "casa, dimora", la cui protoforma ricostruibile è però *innan. Questa è l'origine dell'inglese moderno inn "taverna", a noi tutti ben noto: lo slittamento semantico da "casa, dimora" a "taverna" è avvenuto in epoca medievale.

Nella lingua di Wulfila si hanno molteplici attestazioni correlate, come è lecito attendersi:  

in "in"
inn "dentro" 
inn gaggan "entrare, andare dentro"
inn atgaggan "entrare, andare dentro"
inn attiuhan "portare dentro"
inna "dentro" (< *innai)
innana "dentro, all'interno" (< *innane:)
innaþro "dentro, all'interno"
innakunds "della stessa dimora"
innuma "il più interno, intimo"

A questo punto occorre confrontare il vocabolo norreno inni "casa, dimora" con l'antroponimo femminile gotico Innithivei (dove -v- sta per -w- ed -ei sta per -i : gotico wulfiliano þiwi "serva"), attestato tra gli Ostrogoti in Italia. Alla lettera significa "Serva della Dimora". Mi permetto di dissentire dalla proposta avanzata da Nicoletta Onesti Francovich (*1943 - †2014, R.I.P.) nel saggio Le donne ostrogote in italia e i loro nomi (2013), che vorrebbe derivare l'antroponimo dal nome di un santo di stirpe gotica vissuto sul Ponto nel IV secolo, certo Inna. Tale antroponimo maschile, come mostra l'uscita in -a, apparterrà alla declinazione debole: gen. *Innins, dat. *Innin, acc. *Innan. A questo punto ci aspetteremmo piuttosto una vocale mediana -a- nel composto, che sarebbe stato scritto *Innathivei. Se anche sono ben attestate numerosissime forme con vocale del tema in -i- e -e- dove il gotico wulfiliano mostra -a- (es. Theodenanda, Theudifarae, Theodericus, Himnigilda, Berevulfus, etc.), questo avviene nelle trascrizioni volgari e latinizzate, mentre è chiaro che il nostro Innithivei è opera di un parlante alfabetizzato nelle lettere di Wulfila, seppur in modo imperfetto (riporta -ei finale dove ci attenderemmo -i). La stessa Onesti Francovich riconosce l'unicità e la stranezza della cosa, facendo notare che non si è avuta una trascrizione -*thea per analogia del ben documentato maschile -theus (gotico wulfiliano þius "servo", gen. þiwis).

Mi rendo conto che le argomentazioni sopra esposte possano apparire inutilmente sottili e capziose. A me pare più chiara e naturale la spiegazione che riconduce il composto Innithivei a *inni- "dimora". Un significato plausibile e un esito regolare della vocale tematica del primo membro del composto. 

Veniamo ora all'antroponimo Inna. A quanto si narra, i Santi Inna, Pinna e Rimma (in greco Ἰννᾶς, Πιννᾶς καὶ Ριμμᾶς) vissuti nel IV secolo e discepoli dell'Apostolo Andrea - con buona pace della cronologia - convertirono molti Goti stanziati nella regione danubiana, in quella che attualmente è chiamata Varna, città della Bulgaria. Condotti al cospetto di un sovrano pagano che perseguitava i Cristiani - verosimilmente Atanarico (†381) o forse suo padre Aoric - furono condannati a morire per esposizione alle acque gelide del fiume. L'ortodosso Giovanni Sanidopoulos ritiene che i tre fossero di stirpe slava. Questo è il link a un suo post sull'argomento: 


L'attribuzione a una stirpe slava dei tre Martiri ci appare più che altro qualcosa di ideologico, connesso al panslavismo e alla diffusa ignoranza storica, oltre che al subdolo putinismo tanto nocivo di questi tempi. Altre fonti dicono che Inna e i suoi compagni di passione sarebbero invece stati Sciti, ma bisogna notare che fino a poco tempo fa imperversa una gran confusione tra Sciti, Slavi e Goti, causata dalla pretesa di proiettare una situazione attuale nel passato. A prima vista non sembrerebbe che i nomi Inna, Pinna e Rimma siano gotici. Se ci si fermasse a un'analisi superficiale, si sarebbe portati a credere che la lingua di Wulfila non sia in grado di chiarire il loro significato. Se tuttavia studiamo meglio la questione, qualcosa di interessante possiamo dedurlo. I nomi sono a mio parere davvero pertinenti ai Goti e alla loro gloriosa lingua, tanto che possiamo azzardarci a fornirne la traduzione.

Inna "Familiare" (< "Interno, della dimora")
Pinna "Chiodo"
Rima "Bordo (dello scudo, etc.)"

In inglese vivono tuttora i vocaboli pin "spillo" e rim "orlo". Il primo è in ultima analisi un prestito dal latino pinna "pinna; piuma; ala; pala di mulino; penna della freccia; freccia; chiave dell'organo idraulico", entrato già nel tardo protogermanico come *pinno: "piolo; punto di aggancio; chiodo". Il secondo è l'esito gotico del protogermanico *rimæ:n "orlo, bordo",  che ha dato l'anglosassone rima (m.) "orlo, bordo" e il norreno rimi (m.) "striscia di terra". Con ogni probabilità la doppia -mm- in Rimma è dovuta a una creazione ipocoristica, espressiva, forse causata dalla presenza di una consonante doppia negli altri due nomi; del resto abbiamo attestata anche la variante Rima (Rhima) con -m- singola. Esiste anche un protogermanico *rimbo: (f.) "orlo, bordo", derivante dalla stessa radice ma con un suffisso oscurissimo in labiale -b-; siccome in gotico il gruppo consonantico -mb- si conserva, mi sono sentito di escludere con fermezza questa etimologia. Va poi detto questo, per chi fosse ancora scettico: era una tradizione tra i Goti dare nomi maschili derivati da nomi femminili in -a, cambiando la declinazione in maschile debole. Così il re Wamba, il cui nome era ovviamente maschile (gen. *Wambins, dat. *Wambin, acc. *Wamban), trae origine da wamba "grembo, pancia", che è invece un femminile (gen. wambos, dat. wambai, acc. wamba). Non è quindi difficile pensare che Pinna (m.) venga da *pinna (f.) "chiodo". 

Quindi in ogni caso, l'etimologia di Innithivei da me proposta e quella sostenuta della Onesti Francovich risalgono in ultima analisi alla stessa radice protogermanica - anche se sono tra loro molto diverse nel significato e nelle implicazioni. Mi si perdoni la prolissità. 

Ora facciamo alcune considerazioni di natura extralinguistica. 

I Santi Inna, Pinna e Rimma sono tuttora venerati dalla Chiesa Ortodossa, che aveva in odio totale ed assoluto la Chiesa Ariana a cui aderirono tanto i Visigoti quanto gli Ostrogoti. Questa avversione è stata ereditata e trasmessa fino ai nostri giorni, anche se la Chiesa Ariana non esiste più. Vediamo con quanta ammirazione i popi parlano di "palestra del Martirio", di "atleti di Cristo", di "calda accoglienza in Cielo dopo il gelo del supplizio" e simili. Si potrebbe dedurre già da questo che i Martiri in questione dovevano professare il Credo Niceno e non le dottrine della Chiesa Ariana. A rigor di logica sarebbe quindi molto difficile che gli Ostrogoti potessero avere il culto di Sant'Inna. Si noterà che Agostino d'Ippona, ironizzando, si chiedeva se fosse esistito anche soltanto un singolo Martire della Chiesa Ariana. In realtà sotto Atanarico ce ne furono di certo, con buona pace del pippologo di Tagaste: per il persecutore pagano non c'erano differenze tra Niceni e Ariani, dato che li considerava tutti malfattori da sopprimere. Come è ovvio, i Goti avevano in comune con i Niceni i Santi e i Martiri già venerati prima dello scisma di Ario.

Esiste un documento importante della lingua gotica, che è un frammento di calendario. Di Inna, Pinna e Rimma non vi si fa menzione, anche se le note a loro dedicate potrebbero ben essere andate perdute. Si cita tuttavia la memoria di 26 santi della stirpe dei Goti (di cui 21 noti per nome), che nel corso della persecuzione voluta da Atanarico furono rinchiusi in una chiesa data alle fiamme, finendo tutti bruciati vivi. L'anno doveva essere il 375. Ecco il testo che si legge sul calendario gotico in corrispondenza del 29 ottobre: 

gaminþi marwtre þize bi Werekan papan jah Batwin bilaif. aikklesjons fullaizos ana Gutþiudai gabrannidai. 

"Ricordo dei Martiri che con Wereka il prete e con Batwin il ministro furono bruciati in una chiesa piena presso i Goti". 

Orbene, questi Santi dei Goti sono tuttora venerati dalla Chiesa Ortodossa, anche se il giorno del loro ricordo è il 26 marzo. Pur essendo stati con ogni probabilità di dottrina Ariana, i Niceni li venerano e li attribuiscono alla propria Chiesa. Questo è un fatto davvero bizzarro. Non trovo documenti che mi aiutino a capire meglio come sono andate davvero le cose. Forse in quel contesto di frontiera era tale il bisogno di martiri da venerare e gli animi erano talmente ottenebrati, che davvero le varie confessioni cristiane tra loro in contrasto si contendevano l'appartenenza di perseguitati che prima di essere Ariani o Cattolici erano semplicemente Cristiani. Rimando al Web per ulteriori approfondimenti:



Fatte queste precisazioni, non mi risultano antroponimi gotici, né degli Ostrogoti d'Italia né dei Visigoti, formati a partire dal nome di santi Cristiani. Anche questo contribuisce a far apparire molto improbabile la proposta etimologica avanzata dalla Onesti Francovich, che sembra sia stata poco interessata a dettagli di natura religiosa. 

Al giorno d'oggi, il nome Inna è molto diffuso in Russia. Tuttavia ho seri dubbi che possa essere lo stesso nome del santo dei Goti: si tratta infatti di un antroponimo femminile. Con ogni probabilità questo Inna (f.) è solo un ipocoristico formato con l'intenzione di trovare un corrispondente femminile dell'antroponimo maschile Innokentij "Innocenzo". Ulteriori ipocoristici sono Innushka e Innochka. Anche Rimma è un nome russo di genere femminile. Va tuttavia precisato che nell'immaginario collettivo moderno è sentito come un derivato di Rim "Roma". Nel Web si trovano le ipotesi più improbabili a proposito dell'etimologia di questi antroponimi. Così, solo per fare un esempio, Inna è da taluni interpretato come "acqua profonda" o "corrente d'acqua", senza nessuna base sensata. 


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