domenica 20 ottobre 2019


PASTORALE AMERICANA
  (romanzo)

Titolo originale: American Pastoral
Autore: Philip Roth
1ª ed. originale: 1997
1ª ed. italiana: 1998
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Biografico
Sottogenere: Condizioni sociali, conflitto generazionale,
     antisemitismo
Lingua originale: Inglese
Editore italiano: Einaudi
Codice EAN: 9788806218034
Pagine: 462 pp.
Formato: Brossura
Traduttore in italiano: Vincenzo Mantovani
Traduzioni del titolo:
    Francese: Pastorale Americaine
    Spagnolo: Pastoral Americana
    Tedesco: Amerikanisches Idyll
    Polacco: Amerykańska sielanka
    Ceco: Americká idyla
    Finlandese: Amerikkalainen pastoraali
    Ebraico (moderno): פסטורלה אמריקנית
    Persiano: نغمه آمریکایی


Riconoscimenti:  
Vincitore premio Pulitzer per la narrativa 1998
"Un libro che demolisce ogni stereotipo sulla grandezza dell’America e getta una luce sinistra sui suoi valori fondanti. La guerra, la famiglia, il fanatismo, la crisi, sono raccontati da Philip Roth con profondo acume. Un libro che è stato definito da tutti “Il grande romanzo americano”. E lo è."


Sinossi (da www.amazon.it): 
Seymour Levov è un ricco americano di successo: al liceo lo chiamano "lo Svedese". Ciò che pare attenderlo negli anni Cinquanta è una vita di successi professionali e gioie familiari. Finché le contraddizioni del conflitto in Vietnam non coinvolgono anche lui e l'adorata figlia Merry, decisa a portare la guerra in casa, letteralmente. Un libro sull'amore e sull'odio per l'America, sul desiderio di appartenere a un sogno di pace, prosperità e ordine, sul rifiuto dell'ipocrisia e della falsità celate in quello stesso sogno.

Risvolto:
Nathan Zuckerman, consueto alter ego letterario di Philip Roth, racconta questa volta
la storia di un suo compagno di scuola, Seymour Levov, come lui di origine ebraica, sebbene di pelle tanto chiara da essere soprannominato "lo Svedese". Negli anni Cinquanta, Seymour incarna l'ideale dell'americano perfetto: sportivo eccellente, ottimo imprenditore, rispettoso della legge e orgoglioso del suo paese, nonché marito di Miss New Jersey e padre felice di una bambina. Ma proprio la figlia Merry, una volta divenuta adolescente, vestirà i panni di una Storia che si vendica implacabilmente su chi non ne capisce il senso profondo e le trappole che esso appronta: nell'America dilaniata dalla guerra del Vietnam e dal conflitto razziale, Merry si incaricherà di mandare in pezzi con un gesto estremo il sogno di felicità, di ordine e di prosperità cui il padre aveva dedicato la vita. Pubblicato nel 1998, Pastorale americana è ormai considerato il capolavoro di Roth. Dramma con elegia, grottesco e commozione, satira e flusso di coscienza, vi si alternano e fondono in un registro originalissimo, capace di offrirci uno spietato ritratto della civiltà americana in un momento critico della sua storia, e insieme di farci riflettere e commuovere sulla condizione umana. La perdita del Paradiso che Seymour sconta in prima persona proietta la sua ombra lunga e minacciosa sul destino di ognuno; e la pietà che l'autore discretamente concede al suo personaggio può divenire in modo inquietante pietà per noi stessi, e per le nostre supreme inconsapevolezze.

Trama sintetica:
Old Rimrock, un luogo della desolazione rurale americana. Alla lettera il toponimo significa "Vecchia Roccia della Leccata di Culo". All'improvviso in quel borgo insignificante arriva la guerra. La giovane Meredith "Merry" Levov, ragazzina iraconda e fortemente politicizzata, rifiuta l'estrema razionalità e la pacatezza del padre Seymour. Rifiuta ogni tentativo di cambiare il mondo servendosi delle istituzioni democratiche. Nelle sue frequentazioni a New York è stata contagiata dal veleno, dal ribollire di quello stesso calderone purulento da cui sarebbe scarurito anche il politically correct con tutte le sue funeste conseguenze. Così la rivoluzionaria decide di attuare i suoi progetti omicidi proprio a Old Rimrock, facendo saltare per aria con una bomba l'emporio degli Hamlin, con annesso ufficio postale. Nell'esplosione il gestore rimane ucciso sul colpo. A causa dell'accaduto, Merry fa perdere ogni traccia di sé, si dà alla latitanza. Inutilmente i Federali cercano di snidarla. Soltanto dopo molti anni Seymour lo Svedese riesce a ritrovare la figlia ribelle, solo per scoprire che sopravvive in uno stato di estremo degrado, in mezzo all'immondizia. La sua esistenza è qualcosa che va oltre il limite estremo del concepibile da mente umana. Sguazza negli escrementi. Si copre il viso con un calzino sudicio, i suoi denti guasti esalano i miasmi di una fossa comune. Si è convertita alla religione giainista, dopo anni di vita da terrorista in cui ha provocato la morte di diverse vittime innocenti e ha subito un gran numero di stupri. Questa conversione ha annientato l'esistenza della giovane. Il padre si illude di poterla recuperare, ma ogni suo tentativo è destinato a non sortire alcun esito.      

Recensione:
Tutto ha inizio con alcune considerazioni di grande disonestà intellettuale, reperibili nelle prime pagine del romanzo. L'autore, Philip Roth, decantato ovunque come uno dei massimi ingegni letterari dell'Umanità, vorrebbe farci credere che la popolazione ashkenazita sarebbe costituita da gente dalla pelle scura come quella dei Mandingo. Newark come Kinshasa, come Gaborone. Egli vorrebbe farci credere che Seymour Levov lo Svedese, con la sua complessione nordica, i suoi occhi chiari e la sua chioma biondiccia, fosse una specie di mosca bianca. Sì, riesco quasi a leggere nella mente di Roth pensieri che sembrano partoriti dalla mente di Julius Streicher. Persino tra i ditteri più molesti, le mosche, a volte nasce un esemplare albino: ecco come in sostanza ci viene spiegata l'origine dello Svedese. E dove diamine sta scritto che gli Israeliti avrebbero la pelle scura? Pochi sembrano aver capito che lo scrittore di Newark, morto nel 2018, ha diffuso idee antisemite. Pur essendo ebreo. Perché tutto questo? Semplice. Roth era pieno di livore e di risentimento verso i propri genitori iperprotettivi, oppressivi, morbosi, giungendo così ad odiare a morte la sua stessa stirpe. Certo, Pastorale americana non raggiunge gli spaventosi eccessi del Lamento di Portnoy, i cui contenuti non sono da meno di quelli di Der Stürmer e dei Protocolli dei Savi di Sion. Il popolo dei lettori compulsivi e bulimici, futile e stupido quanto arrogante, non se ne rende conto. Non ho mai udito una sola voce di dissenso. Tutti si inchinano, leggono Lamento di Portnoy e Pastorale Americana con venerazione e dicono che questa roba farebbe bene al Popolo di Israele.

Un'ambigua premessa 

In realtà tutto cià che leggiamo della biografia di Seymour Levov lo Svedese è frutto dell'immaginazione dello scrittore Nathan Zuckerman. Questi si è servito dei suoi ricordi di scuola e di articoli di giornale per fabbricare l'ossatura della sua opera. Tutto il resto lo ha plasmato con la fantasia. Il lettore è quindi avvertito. È tutto fittizio. Quella che sta leggendo non è una vera biografia, bensì una pseudo-biografia che appartiene al vasto reame delle distorsioni percettive. Forse è proprio questa tecnica narrativa a destare il risentimento di Jerry Levov, lo scorbutico fratello minore dello Svedese, che leggendo gli scritti zuckermaniani non riesce a riconoscervi la vita reale e la personalità del proprio caro defunto. A un certo punto lo stesso Zuckerman, così abile nel destrutturare le fondamenta stesse della realtà, si dilegua in una nuvola quantistica di disinformazione. Quindi cosa resta al lettore quando ha raggiunto la conclusione di Pastorale americana? Non rimane nulla. Rimane soltanto il Nulla.

Integrazione etnocidaria

Sappiamo tutti che gli Stati Uniti hanno le loro fissazioni politiche e propagandistiche. Una di queste è il cosiddetto melting pot, alla lettera "crogiolo" o "calderone". La locuzione indica un modello di società in cui le diverse componenti etniche, culturali e religiose si amalgamano costituendo un'identità comune. Il punto è che questa identità comune si forma tramite l'annientamento delle singole identità di partenza. Un processo a cui possiamo dare soltanto un nome: etnocidio. In questo marasma, vige la legge del più adatto. Chi ha successo prospera e si espante, chi rimane indietro langue, finisce emarginato e muore di inedia. Ecco il tipico modello americano di integrazione: darwinismo sociale allo stato puro! Il nonno dello Svedese Levov arriva in America dall'Ucraina (il suo cognome è derivato dalla città di Leopoli, in russo L'vov e in ucraino L'viv). Non intende una sola parola di inglese, l'unica lingua che parla è lo yiddish. Consuma anni di dura esistenza a fare il raschiatore di pelli in una conceria. Suo figlio è già bilingue, si adatta alla perfezione alla nuova realtà e riesce ad avere successo - tanto che arriva a rilevare l'azienda in cui il padre aveva sofferto una dura condizione di schiavitù. Veniamo dunque allo Svedese Levov, questo gigante biondiccio venerato da tutti come l'incarnazione del Sogno Americano. Favorito dal Destino in ogni aspetto del suo essere: ha un fisico invidiabile, intelligenza e grande intraprendenza. Usando una parola macedonia, potremmo dire che egli è una specie di rinovallo, un animale che unisce la forza del rinoceronte alla velocità del cavallo. Riesce a conquistare una donna bellissima, una modella di origine irlandese che è stata Miss New Jersey e che per poco non ha vinto il titolo di Miss America. Mentre il padre è attaccatissimo alla tradizione ebraica ashkenazita, lo Svedese è perfettamente integrato nella società WASP (White Anglo-Saxon Protestant). Crede nei suoi valori borghesi, ne è impregnato fin nel midollo. Forse non parla nemmeno più correntemente lo yiddish, ne conosce soltanto qualche parola o qualche frase sentita in casa dai genitori. Non è in sostanza interessato alla religione, la parola kosher per lui non significa niente. In fondo all'americano medio per essere OK basta credere in un'Entità Superiore, astratta, impersonale, e chiamarla "Dio". Se anche questa Entità è God Zilla, va bene lo stesso. La moglie dello Svedese è di origine irlandese e non è nemmeno ebrea. Alla figlia Merry non viene data un'educazione religiosa (il suo periodo di fervore cattolico, trasmessole dalla nonna materna, durerà poco). Seymour si identifica con Giovannino Semedimela (Johnny Appleseed), credendosi l'incarnazione stessa della felicità. Eppure qualcosa nella sua vita perfetta va storto, in modo inatteso e imprevedibile, come se un fulmine a ciel sereno ne avesse incendiato le fondamenta. Da uno spermatozoo dell'uomo e da un ovulo della moglie ha origine un embrione, destinato a diventare un feto e a farsi strada nel canale procreativo fino a vedere la luce del Sole di Satana. Proprio questa bambina, con tutte le sue stranezze, con la sua balbuzie destabilizzante, con la sua ipersensibilità e la sua predisposizione per le idee più folli, rappresenta il grimaldello che permette alla tragedia di fare la sua irruzione nella vita dei Levov. Come la carie intacca lo smalto di un dente e raggiunge infine la polpa, così il seme piantato da un destino avverso penetra nell'edificio in apparenza splendido del Sogno Americano, lo corrompe, lo fa incancrenire e lo manda in rovina.

Numeri  

A volte, leggendo Roth, mi domando come mi troverei se dovessi essere un ashkenazita americano. Ebbene, scoprirei con sgomento che ogni uomo della comunità, più che dal nominativo, è caratterizzato da due secchi numeri che definiscono tutto il suo intrinseco valore. Il primo di questi numeri rappresenta il numero dei figli, il secondo rappresenta il numero dei nipoti. Se un uomo è un 3, 5, significa che ha avuto 3 figli e 5 nipoti. Per avere maggiori informazioni, vengono forniti altri numeri: quelli degli anni dei figli e dei nipoti. Così se un uomo è un 3 (anni: 35, 26, 20) e un 5 (anni: 12, 10, 8, 8, 6), significa che ha tre figli rispettivamente di trentacinque, ventisei e venti anni, più cinque nipoti rispettivamente di dodici, dieci, otto, otto e sei anni. Una bella cabala, certo. Che dovrei dunque dire? Che sono uno 0, 0. Zero figli e zero nipoti: nessuna discendenza. Una condizione che per il Popolo Eletto rappresenta la massima maledizione. Per loro io sono maledetto dal Creatore, perché non ho seminato e non ho avuto un raccolto. Mi detesterebbero, se sapessero della mia esistenza, perché sono in guerra contro quel Creatore che adorano. Vero è che anche il narratore, Nathan Zuckerman, dietro cui si cela lo stesso Philip Roth, afferma non aver avuto figli né nipoti. Dunque è uno 0, 0. Però lui ha una buona scusa: è stato debilitato da un'operazione di quintuplo bypass. Forse viene tollerato in virtù della sua irrilevanza, come se fosse soltanto un'ombra del passato. I pochi che si ricordano di lui lo perculano, etichettandolo come "segaiolo". E pensare che lo Svedese Levov che fa rima con Love per un pelo non è diventato egli stesso un insignificante 1, 0! Solo una figlia e per giunta bacata, una piccola assassina inadatta a dargli dei nipotini. Nessuno avrebbe mai chiamato "doddo" l'atletico gigante, se non fosse stato per il fallimento del suo matrimonio con la Miss America mancata. Come ha scoperto la moglie nell'atto di farsi penetrare da tergo, ecco che ha preso coraggio, ha divorziato ed è riuscito senza troppe difficoltà a trovare una nuova moglie, ashkenazita e più fertile, in grado di dargli una progenie numerosa e sana. 

Strategie evolutive

Bill Orcutt è senza dubbio uno dei personaggi più stravaganti del romanzo. Rappresenta la società WASP, pur essendone un esponente a dir poco atipico. Va per diporto al cimitero, come l'Amleto di Petrolini. Tuttavia non lo fa per qualche macabra disposizione o per una larvata forma di necrofilia, ma per poter vantare il suo albero genealogico, esibendo le tombe dei suoi avi al vicinato - giungendo al punto di organizzare allo scopo vere e proprie gite domenicali! Ogni scusa è buona pur di soddisfare il suo ego ipertrofico, torrenziale, ipereccitabile, sempre sul punto di esplodere inondando gli astanti con palate di sperma verbale.  Le sue velleità artistiche sono caratterizzate da un gigantismo che di certo non corrisponde al suo genio: il suo talento è quasi inesistente. Gesticola, veste in modo sgargiante e si ha l'impressione che sia una specie di pseudo-effeminato mimetico. Spacciandosi per un uomo poco virile e non interessato alle donne, riesce ad avvicinarle, a diventarne pian piano un confidente, lavorandole come la goccia che scava la roccia, quindi non fa troppa fatica a far loro abbassare le difese, approfittandone infine per penetrarle. Usando queste sofisticate macchinazioni, Bill Orcutt conquista la bellissima Mary Dawn Dwyer e la fa sua more ferarum, le depone il genetico nella matrice, proprio davanti agli occhi dello Svedese pietrificato, ormai ridotto a un semplice cornuto. Sono convinto che Piero Angela darebbe a tutto questo una spiegazione eminentemente evoluzionista, sentendosi felice per aver applicato una conveniente etichetta razionale a qualcosa di irrazionale.

Incesto

In quale preciso istante è andato in frantumi il mondo idilliaco dello Svedese? Lui stesso ne parla, attribuendo la catastrofe a una colpa iniziale, originatasi nello stesso istante in cui ha dato alla sua giovane figlia un bacio alla francese, ritraendosi subito inorridito per essersi macchiato del tabù dell'incesto. Proprio lui, che in buona sostanza è estraneo al concetto stesso di fede religioso, cade stritolato dall'immenso macigno della sua eredità biblica. Lei aveva undici anni, lui ne aveva trentasei. Lei era una bambina impubere: tecnicamente si può dire che quello sia stato un atto di pedofilia. "Baciami come b-b-baci la m-mm-mmamma". Quella richiesta di Merry era stato l'inizio di tutto? "Cosa non aveva funzionato in Merry? Cosa le aveva fatto, lo Svedese, di male? Il bacio? Quel bacio? Così abominevole? Come poteva un bacio fare di una persona un criminale? Le conseguenze del bacio? L'allontanamento? Era quello l'abominio?" E ancora: "Che la causa fosse quella? E se non ci fosse stata nessuna causa?" La stessa Merry ha fantasticato per anni su quel bacio. Lo si capisce quando lo Svedese incontra nella stanza di un hotel la ricattatrice Rita Cohen, una rivoluzionaria amica di Merry. Così accade qualcosa di incredibile: la Cohen apre le gambe e mostra con insistenza il cunnus all'uomo, masturbandosi, invitandolo ad assaggiare quel pertugio, a penetrarla. Si porta le dita alle labbra e le lecca con lascivia dopo averle immerse nelle proprie parti intime, e tartagliando gli dice che hanno lo stesso sapore di sua figlia. Roth fa una dettagliata descrizione di questo lubrico episodio, così efficace da convincermi che Rita Cohen fosse in realtà Merry Levov travestita con una parrucca nera e un trucco tanto sofisticato da poter ingannare persino suo padre! In effetti non è poi così improbabile che sia proprio così. Le due rivoluzionarie non compaiono mai insieme. Non c'è il minimo straccio di prova che si tratti di due persone diverse. Quando lo Svedese trova la figlia in una fogna da Inferno dantesco, le chiede informazioni su Rita Cohen, ma lei nega di sapere chi sia. Semplice: Rita Cohen e Merry Levov sono la stessa persona! La figlia sperava veramente di fornicare col suo stesso genitore, di consumare una copula incestuosa!

Il primo pompino  

Non poteva mancare in un'opera rothiana qualche pruriginoso dettaglio erotico, qualche passo pornografico. L'autore si diverte a spiare nella vita intima dei personaggi a cui ha dato vita. Gongola scrivendone, lo si percepisce in modo chiaro. Apprendiamo così che lo Svedese era un gran fottitore, dotato di una straordinaria resistenza, capace di copulare per ore per poi perdere il controllo rilasciando fiotti impetuosi di fluido genetico. Questa perdita di controllo, dovuta all'ineluttabilità della fisiologia, viene considerata quasi un'incoerenza, come se contraddicesse la pacatezza e la ragionevolezza estrema del personaggio, sempre padrone dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri. Eppure a un certo punto prende coraggio e si mette a leccare la vulva della moglie, donandone l'orgasmo. Lei rimane sconvolta, non avrebbe mai immaginato che qualcosa di simile potesse esistere. In fondo quando era un'educanda in un collegio cattolico, le avevano fatto credere che anche gli uomini avessero tra le gambe la fessurina, così pensava che quella fosse una "parte vergognosa", che anche soltanto pensarci fosse peccato. Ancora in preda agli ultimi echi della delizia, chiede al marito se lo aveva mai fatto prima di allora a qualcun'altra. Lui le risponde di no, che non lo aveva mai fatto a nessuna. A questo punto le immerge la faccia tra le chiappe, leccandole con infinita avidità l'orifizio anale:

"Era solo sopraffatto dal desiderio di fare qualcosa di più, e così le sollevò le natiche con una mano e si portò il suo corpo alla bocca. Per affondarvi il viso e andare. Andare dove non era mai stato prima. Estaticamente complici, lui e Dawn."

Deliziata dalle leccate ricevute, lei a un certo punto decide di ricambiarlo praticandogli la fellatio:

"Non aveva motivo di credere che Dawn lo avrebbe mai fatto per lui, naturalmente, e poi, una domenica mattina, lei lo fece e basta. Non sapeva che cosa pensare. La sua piccola Dawn con la bocca piccola e bellissima intorno al suo cazzo. Lo Svedese era sbalordito. A dire la verità, lo erano tutt'e due. Perché era un tabù per entrambi. Da allora in poi andò avanti così per anni e anni. Non cessò mai."

Nessuna glielo aveva mai fatto. Nessuna glielo aveva mai preso in bocca. I successi sportivi, sociali e imprenditoriali dello Svedese contrastano in modo stridente con la sua quasi assoluta mancanza di esperienza sessuale. La prima volta che si è giaciuto con la moglie, è stata anche la prima volta che ha penetrato una bernarda. Al massimo aveva fatto qualcosa di molto soft, qualche bacio con la lingua e qualche masturbazione, con una prostituta e con una ex fidanzata davvero effimera, durante il servizio militare. Del resto, quella era l'America piena zeppa di divieti e di pruderie, sessualmente handicappata. Nel brano sopra riportato sul primo pompino di Seymour Levov si coglie comunque una piccola contraddizione, solo in apparenza insignificante. Quel "non cessò mai" non ha senso, dato che i rapporti della coppia si sono incrinati e ne è infine risultato il divorzio. Oggi queste idiosincrasie sarebbero qualcosa di inconcepibile. Posso dire di essere testimone di tempi in cui le cose in Italia non erano poi molto diverse da quanto estrapolabile dalla lettura di Roth. Poi è cambiato tutto, in modo vorticoso. In questo inizio del terzo millennio la bocca è ritenuta come il posto più facile e più naturale in cui prenderlo. In molti ambienti un pompino ha più o meno lo stesso valore di una stretta di mano. In genere una ragazza prima pratica la fellatio, giusto per far capire il proprio blando interesse verso un possibile partner, e solo in un secondo tempo passa ad accettare la penetrazione nella vagina. Ho fatto ancora in tempo a leggere un'intervista a un politico americano, in occasione dell'affair Lewinski, il famoso Sexgate. Era un repubblicano e affermava una cosa che i Millennials riterrebbero sconcertante: credeva che il coito orale fosse più intimo di quello vaginale. Anch'io ho sempre avuto quest'opinione potenzialmente dannosa, ma in fondo non faccio testo, essendo un outsider, un estraneo in questo secolo.

Gola profonda

Mentre erano seduti a tavola, lo Svedese e Mary Dawn, i genitori dello Svedese, gli Orcutt, gli Umanoff e i Salzman, ecco che la conversazione è caduta su Gola profonda, il famosissimo film con Linda Lovelace, diretto da Gerard Damiano (Deep Throat, 1972). Tutti i presenti lo avevano visto, tranne i genitori dello Svedese, bacchettoni oltre ogni umano dire, e gli Orcutt, probabilmente perché è loro mancata l'occasione. Ecco il problema al centro della discussione: come mai il successo della pellicola porno era stato decretato da un elettorato repubblicano che poi votava politici moralisti? A questo punto è intervenuto il vecchio Lou Levov, tuonando come Mosè alla discesa dal Sinai con le Tavole della Legge. Dopo aver definito Gola profonda una porcheria, ha chiesto ai commensali perché facessero entrare una simile porcheria nella loro vita. Illuminante la risposta di Bill Orcutt dalle vesti variopinte come quelle del Pifferaio di Hamelin: "Penetra, signor Levov, che lo vogliamo o no. Ciò che è fuori entra dentro. S'infiltra. Non è più come una volta là fuori, sa, nel caso lei non se ne fosse accorto." Il geronte, spiazzato, è partito in quarta con un lunghissimo discorso sulla corruzione e sulla questione razziale a Newark, una massa di pesanti invettive contro italiani, irlandesi e negri (sic), immerse in un impasto di considerazioni politiche di cui a nessuno fregava alcunché. Non c'è dubbio che la reginetta di bellezza fosse molto stizzita nel veder rappresentato in un film ciò che faceva al marito senza poter alludere all'argomento nemmeno nei suoi pensieri, perché era tabù come la carne di porco nell'Egitto dei Faraoni: un cibo che si poteva mangiare ma non nominare. 

Anelito di perfezione e balbuzie

Cosa possiamo dire del penoso modo di parlare che aveva Meredith "Merry" Levov? La balbuzie nasce senza dubbio da un problema genetico, ma questo in America non si poteva dirlo. Pur essendo il concetto di eugenetica molto radicato nella società americana, una strana ipocrisia tendeva ad associarlo al Nazismo. Così accadeva che l'intero corpo docente e diversi ordini professionali, come quello degli psicologi, rifiutassero a priori l'idea che potessero esistere disfunzioni legate in qualche modo all'ereditarietà. Credevano nel principio della "tabula rasa", per cui un bambino nascerebbe senza una struttura per diventare tutto ciò che vuole con la sola forza della volontà. "Un bambino può diventare tutto ciò che vuole", così dicevano. "Anche un Puffo!" Com'è facile capire, le cose nel mondo reale non sono così semplici. Per Merry l'incapacità di articolare correttamente le sillabe si è rivelata una disgrazia. In fondo i suoi genitori erano privi di macchia. Non avevano difetti di sorta. Tutto in loro era assolutamente perfetto. Non avevano malattie, non avevano mai un solo disturbo. Mai una volta che digerissero male, che avessero mal di denti. Non puzzavano: l'igiene accurata era sufficiente a rintuzzare ogni azione dei batteri cutanei e delle muffe, dello smegma e del sudore, con tutti i graveolenti liquami che ne derivano. Quando defecavano, deponevano stronzi sodi e ben formati, perfettamente oliati, che uscivano dall'ano senza lordarlo, cadevano nella latrina senza che ne sorgessero schizzi. Quando si pulivano il deretano con la carta igienica, a stento si notava anche soltanto una traccia di marrone. Tutto in Seymour Levov e in Mary Dawn Dwyer era perfezione estetica assoluta, sembravano essere giunti sulla Terra direttamente dall'Olimpo. Non trovate naturale che la povera Merry provasse un'angoscia infinita confrontandosi con un simile fardello di sublime infallibilità? Non trovate che potesse vivere come una tragedia il continuo confronto con gli Dei che l'avevano generata? Il tormento rodeva la piccola dall'interno, come un fiume carsico. Occasionalmente questa corrente di veleno interiore emergeva in modi inaspettati, forse stupidi, che avrebbero però dovuto essere visti come campanelli di allarme. Una volta Merry ha sorpreso lo Svedese mentre massaggiava i piedi nudi della moglie. Si è lasciata scappare un'esclamazione: "Che disgusto!" Come se quella manifestazione di feticismo dei piedi fosse una massa di sterco grasso che il Cielo aveva deciso di scaricarle addosso. Nella sua razionalità estrema e apollinea, ecco che il gigante biondiccio ha cercato di fare qualcosa per la tormentata figlia. L'ha mandata da una foniatra, una specie di psicologa buonista e politically correct, politicizzata, dell'estrema sinistra terzomondista umanitaria. Una decisione improvvida, come abbandonare un inerme agnellino in una foresta infestata da lupi rabbiosi. Così la foniatra ha rovinato completamente Merry. Con la scusa di curarla, l'ha sottoposta ad atrocità inaudite, come la compilazione quotidiana del Diario Tartaglione, inculcandole il virus esiziale del buonismo - cosa che provocherà la sua metamorfosi in un'efferata omicida. Affidarla a Sir Jimmy Savile sarebbe stato meno dannoso, non ci sono dubbi!

L'Inquisitore Ashkenazita  

Lou Levov è un mostro. Non vedo come altro si potrebbe definirlo. Un uomo talmente gretto e meschino che al confronto Shylock può essere considerato un esempio di apertura mentale, di pensiero liberale e di generosità. La sua responsabilità morale è peggiore di quella di Caino. Sua è la colpa ultima di tutto. Per lo Svedese sarebbe stato meglio avere per padre Mengele. Roth affligge in modo atroce il lettore, lo dilania, proprio come un bambino crudele che si diverte a straziare le lucertole bucandole con uno spillo. Ho resistito e ho letto l'orripilante interrogatorio a cui il malefico Lou Levov sottopone Mary Dawn Dwyer, all'epoca fidanzata con lo Svedese, nel tentativo di farla desistere dall'imbarcarsi in un matrimonio da lui ritenuto empio, sacrilego, contrario alle leggi divine. Leggere il Malleus Maleficarum è al confronto un'esperienza rilassante! Quando lo Svedese era stato nei Marines in un campo di addestramento in South Carolina, aveva già cercato di sposare una donna non ebrea. Suo padre aveva dato in escandescenza, lo aveva raggiunto e lo aveva costretto a rompere il fidanzamento! Chi mai al mondo potrebbe sopportare simili prove e restare sano di mente? Persino Giobbe si sarebbe trasformato in un serial killer!    

Un finale ambiguo 

Merry ritorna. Fa il suo ingresso nella villa dei Levov mentre si sta svolgendo un party. Irrompe tra i vivi come il vomito dell'Ade, come un cadavere putrefatto che emana un fetore ammorbante di escrementi, di materia rigettata e di formaggio rancido! Lì, in mezzo alle persone sconvolte, si presenta in tutto il suo abominio e accusa se stessa di svariati omicidi. Il vecchio Levov, incapace di reggere una simile atrocità, ha un infarto e spira così, tra gli spasmi del miocardio lacerato. Leggendo sembra quasi di sentire il proprio cuore sfaldarsi, venir meno, mentre i lezzi cadaverici avvolgono ogni cosa. Una morte senza senso, da imputare esclusivamente a Merry. L'autore, che è stato capace di trasmetterci sensazioni orribili quanto realistiche,  si è poi accorto di aver gettato troppo acido sul cadavere dei propri genitori, così ha fatto retromarcia. Ecco, lo Svedese accorre quando sente le urla del vecchio padre e si rende conto di aver galoppato troppo con la fantasia. Merry non c'è, la sua irruzione era immaginaria. Era stata la cougar alcolizzata, la signora Orcutt, ad assestare all'ashkenazita impiccione una forchettata in pieno volto. Una reazione più che giustificata: lui voleva convincerla ad astenersi dal whisky e a ingurgitare un bicchierone di latte, con paternalismo proibizionista. Quindi un incidente banale, mentre il ritorno della terrorista repellente era soltanto un sogno ad occhi aperti dello Svedese. Mi sono sentito quasi tradito. L'ho ritenuto uno stratagemma vile e banale, che ci ha privati di un capolavoro apocalittico, assoluto, vibrante!

Un epilogo-epitaffio

"Ma cos'ha la loro vita che non va? Cosa  diavolo c'è di meno riprovevole della vita dei Levov?" Con queste parole si chiude il romanzo. Cos'ha la loro vita che non va? Questa è una domanda retorica. Philip Roth sapeva benissimo dare la risposta. Sapeva benissimo cosa non va. In un contesto più adatto allo sterminio di massa, egli sarebbe stato un genocida del calibro di Hulagu Khan. Avrebbe annientato milioni di persone senza battere ciglio. Ne sarebbe stato capace, ne sono sicuro. Tutto questo lo avrebbe fatto per far purgare al mondo e al suo maligno Artefice il fatto di essere nato da un tirannello esecrabile e da una madre oppressiva, egoista, crudele, sommamente molesta. Gratta un genocida e troverai la famiglia! Basta immergersi in Pastorale americana e in Lamento di Portnoy per compiere un viaggio senza ritorno, penetrando nell'oscurità abissale del Mistero dell'Uomo di Braunau: per capire fino in fondo l'odio assoluto che lo animava è necessaria la lettura di Roth. Le opere di Roth sono infinitamente più pericolose del Mein Kampf! Sapete perché? Semplice. Il Mein Kampf non lo legge nessuno, è alquanto pesante, è legato a un modo di intendere la realtà che ormai non è più compreso da anima viva, contiene molte informazioni ormai indecifrabili senza opportune glosse. Chi diavolo sa più chi era Schlageter? E il Signor Severing? Forse qualche storico che si diverte a leggere le note a piè di pagina. Invece Roth funziona come un siero in grado di trasmettere l'antisemitismo, in modo diretto e violento. La sua lettura non dovrebbe essere consentita nelle scuole. Chi volesse far divampare ovunque i pogrom, non avrebbe altro da fare che favorire la diffusione dei romanzi di Roth.


Seymour "Swede" Masin 

Ebbene, un gigante biondiccio di nome Seymour e soprannominato "Svedese" è esistito davvero. Il cognome però era diverso: Masin, non Levov. Lo stesso Roth ha ammesso in modo esplicito di aver tratto ispirazione dallo Svedese Masin per plasmare il proprio personaggio. Seymour "Swede" Masin (1920 - 2005), figlio di immigrati ebrei russi, era un leggendario atleta del liceo e del college. Nel 2000 fu nominato tra i 50 migliori atleti liceali del New Jersey nell'intero XX secolo: un traguardo non da poco, per una cultura come quella americana, in cui le attività agonistiche rivestono un'importanza fondamentale. Fu anche un imprenditore di successo, proprio come il figlio di Lou Levov, solo che la sua attività era molto più benemerita e proficua. Infatti non vendeva inutili guanti, vendeva liquori: i più nobili anestetici, che permettono all'umanità di lenire il proprio male di esistere. Eppure oggi lo Svedese Masin potrebbe essere accusato di razzismo e persino di neonazismo soltanto per aver indossato una maglietta con la scritta PANZER! In realtà si tratta del nome di una delle scuole che ha frequentato, il Panzer College nella Contea di East Orange, ma andatelo a spiegare ai buonisti politically correct! C'è chi sostiene che Pastorale americana abbia contribuito ad attirare i riflettori su questo personaggio. Se fossi un suo parente, non so se ne sarei molto contento. Forse sarebbe meglio lasciar riposare i morti.  

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