venerdì 30 aprile 2021

DUE LEGGENDE PSEUDOLONGOBARDE SULL'ORIGINE DELLA COLOMBA PASQUALE

Si conoscono con una certa precisione i dettagli della nascita della colomba pasquale: risale al 1930 e a inventarla è stata la ditta milanese Motta. In quell'anno ci fu una grande abbondanza e avanzò molta pasta madre, che non poté essere utilizzata per la produzione del panettone natalizio. Così il pubblicitario Dino Villani, impiegato alla Motta, propose la geniale idea di utilizzare la pasta madre per la produzione di un nuovo dolciume in occasione della Pasqua, apportando qualche semplice cambiamento alla ricetta. Le principali innovazioni furono queste: la forma che imitava quella di un pingue volatile, il rivestimento di glassa di amaretto e mandorle, l'assenza di uva sultanina, l'abbondanza di scorze d'arancia candite. I macchinari rimasero gli stessi che già avevano prodotto il panettone a Natale, così il risparmio sarebbe stato notevole. La colomba nacque come dolce riciclato e il suo successo fu strepitoso.  

 
Falsi storici e memetica virale 
 
Tutto sembra chiaro e tracciabile. Eppure anche su qualcosa di tanto recente si sono diffusi racconti che hanno tutta l'aria di essere stati inventati ad arte, creati per conferire alla preparazione dolciaria una tradizione solida e una grande antichità. Anche se non ho alcuna prova al riguardo, non escludo che tutto sia partito dalla stessa Motta, forse addirittura dalla fantasia di Dino Villani, come trovata pubblicitaria. 
 
1) La leggenda della colomba di Alboino 
 
Questo pacchetto memetico è relativo alla pretesa origine della colomba pasquale ai tempi di Re Alboino "Amico degli Elfi" (circa 530 - 572), figlio di Audoino "Amico della Ricchezza". Riporto alcuni testi reperiti nel Web. 
 
Testo 1: è tratto dal sito Pavia e dintorni (www.paviaedintorni.it):
 

"Nel 572, quando Alboino entrò in Pavia, dopo tre anni di estenuante assedio durante i quali più volte minacciò di radere al suolo la città dopo averla conquistata, il suo leggendario cavallo stramazzò al suolo, proprio all'altezza dell’attuale via Alboino, dove allora esisteva porta San Giovanni.
Un fornaio, per placare l'ira furente del Re, gli si avvicinò e gli offrì un dolce fumante , profumato, appena sfornato dicendo:
"Sire, domani è la Santa Pasqua e le dono questo dolce che ha la forma di una colomba che è il simbolo della pace, la prego di risparmiare e rispettare la città ".
Il cavallo, come per miracolo, si drizzò completamente rianimato ed il Re proseguì il suo percorso.
Il giorno seguente Alboino doveva incassare quanto imposto alla città: denaro, gioielli e 12 fanciulle.
La prima di queste, interpellata, disse il suo nome: "Mi chiamo Colomba, sono la figlia del vecchio fornaio e - indicando le altre undici fanciulle - anche queste sono colombe al servizio del Re".
Alboino, addolcito dalle parole e dal ricordo del dono ricevuto, fece grazia e liberò le belle ragazze pavesi."

 
Testo 2: è tratto dal sito Sogni d'Oro (www.sognidoro.net):
 
 
"Questa leggenda risale all’epoca medioevale, quando re Alboino calò in Italia con le sue orde barbariche per assalire Pavia.
Dopo un assedio durato tre anni, alla vigilia della Pasqua, riuscì ad entrare in città. Come gesto di sottomissione dai cittadini riceve vari regali, fra i quali anche dodici meravigliose fanciulle.
Fu allora che un vecchio artigiano si presentò al re donandogli un dolce a forma di colomba, quale tributo di pace. Questo dolce era così invitante che costrinse il re alla promessa di pace e di rispettare sempre le colombe, simbolo di questa delizia.
Quando il re interpellò le fanciulle donategli scoprì che il loro nome rispondeva a quello di Colomba. Alboino comprese il raggiro che gli era stato giocato, ma rispettò lo stesso la promessa fatta e liberò le fanciulle."
 
 
2) La leggenda della colomba di Teodolinda e San Colombano  
 
Questo pacchetto memetico è relativo alla pretesa origine della colomba ai tempi della Regina Teodolinda "Tiglio del Popolo"  (circa 570 - 627) e di suo marito, il Re Agilulfo "Lupo Spaventoso" (morto nel 616).  

Testo 1: è tratto dal sito Pavia e dintorni (www.paviaedintorni.it): 
 

"Narra la leggenda che, intorno al 614, il santo abate irlandese San Colombano, dalla Svizzera passò in Brianza e poi a Pavia, città scelta come capitale dai Longobardi.
La cattolica longobarda Regina Teodolinda, in accordo con il re Agilulfo, donò a Colombano il luogo di Bobbio, con la chiesa di San Pietro e un quadrilatero di quattro miglia per lato.
Secondo la loro tradizione, Colombano e i suoi monaci, restaurarono la chiesa e costruirono all'intorno modeste abitazioni per tutti loro.
Al termine dei lavori Colombano, in periodo prepasquale, si recò a Pavia con i suoi monaci per ringraziare la Regina della importante donazione ricevuta.
Al suo arrivo in città fu ricevuto con santi onori dalla popolazione pavese e invitato ad un sontuoso pranzo dalla stessa Regina Teodolinda, naturalmente con tutti i suoi monaci.
Gli furono servite numerose vivande vegetali e farinacee e anche molta selvaggina rosolata e arrostita.
Colombano ed i suoi monaci, benchè non fosse di venerdì, giorno consigliato con cibi magri, rifiutarono quelle carni troppo grasse e ricche servite in un periodo di precetto quale quello pasquale.
La Regina Teodolinda si offese non capendo il motivo del rifiuto, ma l’abate superò con diplomazia l’incresciosa situazione affermando che essi avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette.
San Colombano alzò la mano destra in segno di croce ed ecco, le pietanze carnacee si trasformarono in candide colombe di pane bianco molto addolcito e zuccherato.
Colombano e i suoi monaci mangiarono abbondantemente le squisite colombe unitamente alla Regina Teodolinda che considerò il pasto come una benedizione divina pensando alle colombe che festeggiarono l'ingresso di Alboino a Pavia."

Testo 2: è tratto dal sito Il Golosario (www.ilgolosario.it): 
 

"Una leggenda vuole che la tradizione della colomba pasquale sia legata a Colombano, santo abate irlandese, e alla regina longobarda Teodolinda. Si narra che la regina favorì la predicazione del santo e che attorno al 612 i sovrani longobardi lo invitarono coi suoi monaci a un sontuoso pranzo. Fu servita molta selvaggina rosolata, ma Colombano e i suoi rifiutarono quelle carni troppo ricche in periodo quaresimale; Colombano però, per non offendere la regina Teodolinda affermò che avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette, quindi alzò la mano destra in segno di croce e le pietanze si trasformarono in candide colombe di pane. Il prodigio colpì molto la regina che comprese la santità dell’abate e decise di donare il territorio di Bobbio dove nacque l’Abbazia di San Colombano. La colomba bianca è anche il simbolo iconografico del Santo ed è sempre raffigurata sulla sua spalla."
 
Testo 3: riportiamo infine un link a un documento che si trova sul sito San Colombano (www.saintcolumban.eu), liberamente accessibile e scaricabile: 
 
 
Ebbene, queste sono soltanto leggende fatte di aria sottile. Non hanno nessuna documentazione che ne dimostri la fondatezza, oltre al fatto rilevante che sono tra loro contraddittorie: o la colomba pasquale ha avuto origine ai tempi di Alboino o ha avuto origine ai tempi di Teodolinda. Non è possibile che siano entrambe vere, però possono benissimo essere entrambe false.  

Un sano scetticismo

Con una certa saggezza, la Wikipedia in lombardo riporta quanto segue: 
 
 
"La Colomba de Pasqua a l'è un dolz inventad de la Motta a Milan al principi del '900, inscì de podé doperà l'impast del Panaton anca foeura del period del Denedal, e che poeu el s'è spantegad in tuta l'Italia. La legenda la cunta su che 'sto dolz chi el gh'habia origin ai temp di Lombard antigh, adritura del Re Alboin, ma a bon cunt a l'è apena una legenda." 

Traduzione in italiano: 

"La colomba di Pasqua è un dolce inventato dalla Motta a Milano all'inizio del '900, così da poter usare l'impasto del panettone anche fuori dal periodo natalizio, e che poi si è diffuso in tutt'Italia. La leggenda racconta che questo dolce abbia origine ai tempi degli antichi Longobardi, addirittura del Re Alboino, ma dopotutto è soltanto una leggenda." 
 
Le genti di Lombardia non sono certo note per la natura sofisticata delle loro argomentazioni intellettuali: tutto si riduce a poche frasi stringate, ma spesso alquanto efficaci ed annichilenti. 

Problemi di continuità 

Se le due leggende avessero il loro fondamento in un testo di qualche autore, si saprebbe. Chi le sostiene userebbe infatti queste fonti per giustificare la propria narrazione. Come mai questo non viene fatto? Semplice: perché non ci sono fonti di alcun genere. In altre parole, non si può dimostrare la trasmissione senza soluzione di continuià delle due leggende attraverso i secoli. 
Sarebbe necessario ricercare nei ricettari anteriori al XX secolo l'esistenza di qualche preparazione dolciaria pasquale a forma di colomba usata nel Milanese. Il fatto che nessuna ricetta di questo tipo sia citata come fonte dai sostenitori delle leggende riportate è un fortissimo indizio del fatto che non esista nulla su cui fondarsi. In altre parole, non si può dimostrare la trasmissione senza soluzione di continuità attraverso i secoli della ricetta di un pane pasquale dolcificato.    

Elementi di incongruenza interna 

Le due leggende riportate non mostrano una conoscenza adeguata del mondo dei Longobardi e di quello dei loro sudditi all'epoca di Alboino. Siamo ai grotteschi livelli di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (Mario Monicelli, 1984), un film delirante e improbabile con Ugo Tognazzi nella parte di Bertoldo, Lello Arena nella parte di Re Alboino (non scorderò mai il suo ghigno!), Maurizio Nichetti nella parte di un Bertoldino fulvo dall'intelletto gracilissimo. Questi sono i miei commenti:  

1) Re Alboino era pagano e sostanzialmente non interessato alle dispute religiose. Non fu mai battezzato, come suo padre Audoino. Credeva che un uomo dovesse essere misurato soltanto col metro del valore sul campo di battaglia. Certamente conosceva il Crisianesimo e per motivi politici sostenne la Chiesa Ariana. Tuttavia non perseguitò mai la Chiesa Cattolica. La sua prima moglie era Clodosvinta, figlia del Re dei Franchi Clotario I, ed era cattolica. A quei tempi i matrimoni tra donne cattoliche e uomini pagani era particolarmente incentivati dal clero, nella speranza di poter ottenere conversioni. Queste disposizioni si applicavano in special quando il pagano era un sovrano. Clodosvinta tuttavia morì senza aver ottenuto il suo scopo, non riuscendo ad allontanare il marito dal paganesimo e dalla Chiesa Ariana. Fatta questa premessa, l'ideatore della leggenda della colomba pasquale di Alboino è partito dal presupposto che esistesse una situazione religiosa uniforme in tutto il Regno Longobardo, tra i nobili come tra i sudditi, essendo per lui scontato che l'unico culto fosse quello cattolico. Riteneva anche che fosse uniforme la situazione linguistica, che Alboino intendesse alla perfezione il latino volgare di un fornaio pavese e riuscisse a farsi da lui intendere con naturalezza. La cosa non è affatto scontata. Non dimentichiamoci che il latino volgare era divenuto incomprensibile tra località lontane: se anche Alboino avesse conosciuto una qualche forma di latino per necessità politiche, non gli sarebbe stato di giovamento alcuno per comunicare con un popolano di Pavia. Difficilmente il volgo pavese avrebbe inteso la lingua germanica dei Longobardi. A quale Santa Pasqua si riferiva il fornaio? A quella cattolica o a quella ariana? Essendo il suo culto quello di Godan, il Re Alboino sarebbe stato più sensibile al simbolismo del corvo, legato alla bellicosità e alla saggezza, che a quello della colomba. Un antico germano non apprezzava affatto la pace e cercava modi per rischiare la propria vita in grandi imprese, acquisendo così gloria imperitura.
 
2) La Regina Teodolinda era notoriamente cattolica, conosceva bene i monaci e sapeva senza alcun dubbio che bisognava informarsi sulle loro necessità alimentari quando si pensava di invitarne qualcuno a pranzo o a cena. I monaci irlandesi in particolare erano noti ovunque per avere regole di vita molto severe, fondate su un'ascesi rigorosa. Nessuno si sarebbe sognato di offrire loro della selvaggina rosolata, il cibo meno monastico che si possa immaginare! Trovo ridicola anche la narrazione dei monaci irlandesi che si ingozzano con pane zuccherato, per giunta anacronistico: all'epoca in Langobardia lo zucchero non lo aveva nessuno, nemmeno la corte reale. Veniamo ora a San Colombano (circa 540 - 615). Il suo nome originale irlandese era Colum Bán "Colomba Bianca", latinizzato in Columbanus. Fu un energico evangelizzatore, uomo coltissimo, abile diplomatico e gran viaggiatore, che attraversò l'Europa fondando molte abbazie, tra cui quella di Bobbio. Questi erano i dieci capitoli della Regula monachorum da lui istituita: obbedienza, silenzio, digiuno, disprezzo dei beni terreni, ripudio della vanità, castità, preghiera, discrezione, mortificazione di superbia e orgoglio, buon esempio. San Colombano non era Frate Trippa! Era un uomo di cui avere rispetto. Emergono anche altre contraddizioni. Ci furono gravi controversie tra San Colombano e Roma riguardo al calcolo della data della Pasqua. A quale Pasqua fa riferimento la leggenda? A quella calcolata da San Colombano o a quella calcolata secondo la tradizione di Roma? Mi sembra evidente che l'ideatore della leggenda della colomba pasquale di Teodolinda e di San Colombano ignorasse tutte queste cose e proiettasse nel passato un'immagine distorta del monachesimo irlandese. 
 
Un pacchetto memetico scadente
 
Si segnala infine un'altra leggenda, ancor più farlocca, che colloca l'invenzione della colomba pasquale durante la battaglia di Legnano, nel 1176, che finì la sconfitta di Federico Barbarossa da parte dei Comuni della Lega Lombarda. Durante l’attacco due colombe bianche si sarebbero fermate sulle insegne della Lega: l'accaduto, interpretato come buon augurio, avrebbe ispirato la preparazione di dolci bianchi a forma di colomba. 

Conclusioni

Il Web ha alterato la nostra percezione della realtà, rendendola offuscata e crepuscolare, dando enorme diffusione a quelle che sono pure e semplici assurdità. Riuscire a discernere il Vero dal Falso è sempre più difficile. L'Intelligenza Artificiale (meglio definibile come Idiozia Artificiale) affosserà senza dubbio questo mio contributo, bollandolo come "scarsamente originale" e "senza valore aggiunto", solo perché cito alcune fonti perché i lettori possano confrontarle e analizzarle. Me ne frego e continuo per la mia strada! 

Nessun commento:

Posta un commento