domenica 23 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI COOPER

Peter D. Cooper (Australian National University, Australia, ricercatore invitato) è l'autore dell'articolo The Multiverse Paradox: Infinite Parallel Universes Are Impossible  (Il paradosso del multiverso: infiniti universi paralleli sono impossibili), pubblicato su Cosmology, 2015, Vol. 19. pagg. 62-68 (sito web Cosmology.com, 2015). Il lavoro può essere consultato e scaricato comodamente in formato .pdf a questo indirizzo url:


Questo è l'abstract, da me tradotto:

Ogni universo parallelo in un Multiverso infinito dovrebbe essere non meno improbabile del nostro universo incredibilmente implausibile. La probabilità che un tale Multiverso esista per caso eguaglia il prodotto di un numero infinito di valori inferiori all'unità, che è zero. È discusso brevemente il concetto che la Coscienza possa essere una dimensione di un Universo addizionale alle tre dimesnioni spaziali e al tempo.

L'autore tratta il problema delle sei costanti fisiche universali da cui dipende l'esistenza della biologia sulla Terra, e quindi anche del genere umano. Così esse sono descritte nell'articolo, spero che nessuno mi lincerà se il linguaggio non è rigoroso: 

   1) N: esprime l'importanza relativa della gravità e delle forze elettrostatiche nella materia ordinaria. Se la gravità fosse troppo forte, l'universo sarebbe troppo piccolo e il tempo troppo breve per l'evoluzione. Se la gravità fosse troppo debole, l'universo sarebbe troppo vasto e il tempo troppo lungo per l'evoluzione.
   2) Ɛ: riguarda l'energia legata alla massa (E = mc2) nei legami interni dei nuclei atomici e l'energia rilasciata in un'esplosione atomica. Al di fuori di certi limiti, le stelle non potrebbero produrre atomi necessari per la vita.
  3) Ω: numero cosmico, che misura la quantità di materia nell'Universo espressa come frazione di una massa critica. Se questo numero fosse maggiore o uguale a 1, l'Universo sarebbe collassato da lungo tempo; se invece fosse molto minore di 1, le galassie non si sarebbero potute formare. 
   4) λ: costante cosmologica. Funziona da antigravità cosmica, che restringe il tasso di espansione cosmica. 
  5) Q: rapporto di energia richiesto per disperdere un grande ammasso galattico alla sua energia totale calcolata come E = mc2. Governa la trama (irregolarità) o il tessuto dell'Universo: se il suo valore fosse più piccolo, l'Universo sarebbe inerte e senza struttura. Se fosse più grande, l'Universo sarebbe così violento che le galasse e le stelle non potrebbero sopravvivere.
   6) 3: è esattamente il numero di dimensioni spaziali del nostro Universo. 

Cooper inizia subito a presentare queste cose come manifestazioni di miracolismo prodotte da quella che chiama Mente Creativa Cosmica, ovviamente ritenuta "benigna". Siamo ancora una volta di fronte all'argomento del fine-tuning (regolazione fine), che già abbiamo avuto la ventura di dover affrontare. Ecco l'articolo in questione:


L'inconsistenza dell'argomento di Cooper è manifesta. Come tutti i sostenitori del creazionismo cristiano tanto popolare nel mondo anglosassone, egli applica a sproposito i concetti della matematica e della fisica. Il suo ragionamento è abbastanza semplice. Siccome il Multiverso è una collezione di infiniti universi, ciascuno dei quali è caratterizzato da propri parametri definitori di per sé improbabili, ne consegue che la sua probabilità è nulla. Questo perché la probabilità del Multiverso è data dal prodotto delle infinite probabilità piccolissime di tutti gli universi che lo compongono. Quando si parla di probabilità, occorre sempre fare una certa attenzione, per non prendere cantonate sesquipedali. In un certo senso Cooper si mostra abbastanza simile al greco Zenone, che non era in grado di comprendere come la somma di infiniti termini potesse essere un numero finito, condannando Achille e una povera tartaruga alla paralisi eterna. Il punto è che nella teoria da cui il Bottaio d'Australia trae spunto, i fattori decisivi per ciascun universo sono soltanto sei numeri, non infinità di configurazioni subatomiche inconoscibili. I nostri stessi corpi sono il prodotto di molte improbabilità, eppure - dal momento che esistono - la loro natura non è in discussione: è piuttosto un punto di partenza per ogni ulteriore filosofare.

L'esempio che userò per mostrare le mie perplessità ha un netto sapore scatologico. Il nostro buco del culo è di per sé il prodotto di un'accurata opera di fine-tuning. Se anche solo un parametro definitorio fosse fuori posto, ci troveremmo tra le chiappe un fetidissimo calderone di pus e di decomposizione che ci renderebbe la (breve) vita un inferno insopportabile, facendoci perire di setticemia tra sofferenze atroci. Puzzeremmo come carogne a distanza di metri, e non varrebbe cura igienica per mitigare tale sfacelo. Invece vediamo che nella nostra realtà fisica esiste un equilibrio tra la flora batterica delle feci e quella della regione anale, tale da impedire le infezioni e da permettere una rapida rimarginazione delle lesioni. Certi buchi del culo poi sono così attraenti e belli che si prova il desiderio di leccarli con voluttà. Ecco, senza il fine-tuning anale, potrebbe il deretano della fulva Faye Reagan essere come un bocciolo di rosa? No di certo. Vediamo dunque all'opera le meraviglie della Creazione! Il Creatore avrebbe potuto privarci della bellezza di quella fanciulla dalle chiome rosse e del desiderio di baciarla là dove il sol tace.   

Conclusioni:

Evidentemente il Multiverso, se esiste, non può esistere per caso. Questo però non è una prova delle dottrine monoteiste. In altri termini, se anche fosse provata l'esistenza di un'infinita collezione di universi paralleli, questa mostruosità sarebbe un prodotto artificiale di origine inconoscibile; non sarebbe per necessità la fabbricazione di un'entità benevola. Anzi, ci appare in tutta la sua aberrazione come l'opera di un'entità infinitamente beffarda e maligna, a cui possiamo dare l'attributo di Boia Cosmico. Conclusione che di certo lascia esterrefatti i biofili sostenitori di Pangloss, dimostrando - se ancora ce ne fosse bisogno - l'assoluta insufficienza dell'intelletto umano di fronte al funesto mistero dell'esistenza che lo intrappola.

Cosa di per sé abbastanza bizzarra, esiste un quasi omonimo di Peter D. Cooper, certo Barry Cooper, anche lui un accademico che tra le altre cose si interessa del problema del multiverso. È un matematico inglese di Leeds, dal volto pingue, con i capelli fluenti e chiarissimi che gli conferiscono una vaga somiglianza con il patrono del Regno Unito, Sir Jimmy Savile.

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