Visualizzazione post con etichetta satira. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta satira. Mostra tutti i post

venerdì 7 aprile 2023


LA MERDA
 
 
Regia: Cristian Ceresoli
Autore: Cristian Ceresoli
Protagonista: Silvia Gallerano 
Anno di produzione: 2012 
Tempo di lavorazione: circa 2 anni 
Produzione: Frida Kahlo Productions, Richard Jordan
    Productions, Produzioni Fuorivia 
Collaborazioni: Summerhall, Teatro Valle Occupato 
Durata: 100 minuti
Numero atti: 1
Tempi: 3
   Le Cosce
   Il Cazzo 
   La Fama
   Più un controtempo: L'Italia
Tipologia narrativa: Monologo, flusso di coscienza 
Direttore tecnico: Giorgio Gagliano 

Sinossi (da Teatro.it): 
"Il “brutale, disturbante e straordinario” testo sulla condizione umana già tradotto in numerose lingue di Cristian Ceresoli attraverso l’interpretazione “sublime e da strapparti la pelle di dosso” di Silvia Gallerano si manifesta come uno stream of consciousness dove si scatena la bulimica e rivoltante confidenza pubblica di una “giovane” donna “brutta” che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle Cosce e delle Libertà. La Merda arriva a Lecce dopo il clamoroso e scioccante successo di pubblico e critica in tutto il mondo, con Edimburgo, Copenhagen, Madrid, São Paulo, Glasgow, Berlino, Vilnius, Adelaide e Londra con quattro anni consecutivi di tutto esaurito, nonostante una sottile e persistente censura in Italia." 

La Merda e il Pasolinismo 
(da Radio Onda Rossa): 

"Dedicato ai 150 anni dell'Unità d'Italia. L'interprete dà sfogo al proprio flusso interiore nelle sue (inumane) escursioni vocali, insegue il successo con seriosa ferocia da belva e lucida determinazione assassina. Si deve ridere. È una tragedia in tre tempi: 'Le Cosce', 'Il Cazzo', 'La Fama' e un controtempo: 'L'Italia'. Attraverso un percorso creativo in cui la parola suona e si fa carne, una scrittura ispirata allo "stream of consciousness" in cui si scatena la bulimica e rivoltante confidenza di una "giovane" donna "brutta" che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle cosce e delle libertà. È preponderante la chiave dell'invettiva, del grido, del corpo che sussulta la sua storia personale nel flusso di pensieri/parole raccontati come suoni. Strazi. Assordanti rumori di urla contratte, sopite. Implose. Uno spettacolo sulla condizione della Bellezza, femminile, e della Storia (di questo Paese). L'attrice si offre come in un banchetto, pronta a venire sbranata da tutti, nelle sue escursioni vocali, nelle sue cadute tonali, nella sua progressiva umiliazione. Una scrittura che nasce così dalla carne e alla carne ritorna. 'La Merda' ha come spinta propulsiva il disperato tentativo di districarsi da un pantano o fango ultimi prodotti di quel genocidio culturale di cui parlò Pier Paolo Pasolini all'affacciarsi della società dei consumi. Quel totalitarismo, secondo Pasolini, ancor più duro di quello fascista poiché capace di annientarci con dolcezza."

Questo commento riportato sul sito di Radio Onda Rossa è stato a sua volta preso da Radio Teatro: dell'originale resta soltanto una pagina sbiadita e piena zeppa di refusi nella "macchina del tempo" di Archive.org.


Alcuni estratti: 

(In questo brano la protagonista masturba un disabile, gli ritrae il prepuzio e gli provoca un'eruzione di sperma) 

"Non devo vomitare. Non devo vomitare. Ingoia, mi dico. E chiudo gli occhi. Dopotutto, ho tredici anni, è il primo coso che mi capita di avere tra le mani, sì, e anche se è sordo e ha l’apparecchio e sbava e mette sempre ste camicine verdi, immagino che ce l’abbia come gli altri, no? O gli handicappati ce l’hanno diverso? Ma poi li fanno, i figli, gli handicappati? Ma no, dev’essere come quella differenza tra i muli ed i cavalli, fratelli d’Italia. Ma si è mai visto un handicappato presentare il telegiornale? Insomma, provo a fare quel che mi pare giusto, con questa carne tra le mani, un po’ bislacca, e caldina, e tiro, ahia, e giro, e glie lo schiaccio un po’, ma ci dev’essere qualcosa che non va, perché si arrabbia, ahiaaa, e poi mi grida qualche cosa come piano e non capisco, perché sto con gli occhi chiusi per non piangere e poi non devo vomitare e se mettiamo proprio adesso esce qualcuno, un professore, e poi ci vede e io sono così, piccolina, da sola, che non ho altri al mondo che lui, sì, lui, il mio popstar, il mio eroe che mi sussurra nelle cuffie e canta, per me, solo per me, e canta così piano che io non sono più qui, nel parcheggio, col mio compagno handicappato e la mia tuta da ginnastica rosa, ma sono lì, con lui, che mi tiene tra le braccia e canta per me e poi dopo fa il concerto nello stadio e quando ha finito il concerto andiamo via con la sua macchina e mi porta a mangiare il gelato e mi dice che mi porterà nella sua villa dove c’è un acquario grandissimo e ci mettiamo a guardare i pesci e mentre siamo lì che li guardiamo, con quella luce blu dell’acqua, io, chiudo gli occhi, e non sento più niente. Lui mi dice qualche cosa come piano, ma io non capisco, e resto giù, vicino a lui. Finché mi sporca sui capelli. Sì. Tutti i capelli. Come la colla. Poi dice uffa, e lo rimette a posto. Dentro le mutande, usato. E se ne va. Ma dove va? Ma dove va, mi dico io, ma dove va questo cretino che neanche mi saluta. Ma cosa crede, che lui basta che si tira giù i pantaloni e io son qui, pronta?"  

(Il finale scatofilo, scatofago!) 

Ho i crampi alla pancia. Dolore. Corro in bagno. Abbasso le mutande. Alzati. No. Trattieni. In piedi. Esci. Coraggio. Resisti. No. Alzati. No. Resisti. Esci dal bagno. Resisti. No. Non ce la faccio. Resisti. No. Non ce la faccio. Resisti. Viene. Alzati. Tienila. Viene. No. Viene. No. Vedo. Io. Vedo. Dal. Mio. Culo. Pezzi di ragazzini nelle loro camicie rosse, nella mia merda. Spaghetti attorcigliati al pomodoro e sangue, dal mio culo, e nella mia merda. Mozzarella spiaccicata sui binari e mille tappi malnutriti, nella mia merda. Ho tredici anni e c’è la bara di mio padre, nella mia merda. Lo stadio, le scale, l’ascensore e gli elettrodi infilzati nella carne, nella mia merda. La nazionale, il mondiale e la domenica all’acquario, nella mia merda. Il delfino e i maschi forti e i maschi allegri e gli storpi e i ritardati sui tappeti rossi, nella mia merda, gli autografi e le stampelle senza gamba, nella mia merda, la misericordia la pietà la paura la ginnastica e la religione, sì, nella mia merda il mio popstar handicappato i miei capelli e la colla e l’Austria e l’Ungheria nella mia merda le convention e i cazzi e i palinsesti nella mia merda i miei denti, sì, i miei denti a pezzi e la vittoria e il mio pianto dal mio culo il pianto di piangere la merda e la mia bella gioventù e la mia età e i tonni e le sirene e le ragazze che vogliono farcela. Fine crescendo, respiro. Sì, dovunque, qui, sul mio divano, proprio adesso, dal mio culo. Proprio ora che domani ho il mio provino. Proprio adesso che ero quasi grassa. E ce l’avevo quasi fatta. Guardarsi allo specchio. Penso. A cosa avrebbe fatto il mio piccolo papà. Penso. Respiro. Penso. Respira. Piano. È la mia ultima occasione. Non posso permettermi di perdere il mio treno. Il mio appuntamento con la storia. Oltrepassare la linea gialla. Forza. Buttati. Riprendi gli spaghetti, con le mani. Riprendi in bocca tutto. Riprendi la mozzarella, in pezzi. Riprendi il mio paese. La mia patria. E la nazione. Riprendi in bocca tutto, con le mie mani. Riprendi la merda, tutta la merda, nella mia bocca. Sì. Ecco. Così. Pezzo per pezzo, tutta la merda e il mio paese nella mia bocca. Mangia. Mangia. Mangia. Sì, mangio. Mangia. Sì, mangio, mamma, mangio. Coraggio. Rimangio tutta la mia merda e sono gonfia, sul divano. E so cantare. E sono pronta, gorda, grassa, adiposa, fetida. Ho i buchi di grasso nella faccia, e nella testa. Così, come vogliono loro. E non mi fa più schifo. No. Non mi fa più schifo niente. IL SESSO MASCHILE LA NOSTRA BANDIERA, IL SESSO MASCHILE LA NOSTRA BANDIERA. Controfinale cantato, disperato, unplugged, blues, straziante. Un inno comico al disgusto, eseguito con raffinata sapienza canora. Frateeelli d’Itaaalia, l’Itaaalia s’è deeesta, dell’eeelmooo di Sciiipiooo, s’è ciiintaaa la teeestaaa. Dov’èee la vittooooriaaa? Le porga la chioooma, ché schiaaava di Roooma Iddio la creò. Frateeelli d’Itaaalia, l’Itaaalia s’è deeesta, dell’eeelmooo di Sciiipiooo, s’è ciiintaaa la teeestaaa. Dov’èee la vittooooriaaa? Le porga la chioma, ché schiaaava di Roooma Iddio la creò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam prooonti alla morte, l’Italia chiamò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam prooonti alla morte, l’Italia chiamò. Su gli applausi l’interprete ricopre la sua nudità con una stoffa tricolore, verde bianco rossa. 


Recensione: 
Il palco è occupato da una donna nuda dai muscoli contratti. In preda alle convulsioni, vomita la sua bile in faccia all'Artefice del Cosmo. Il volto di questa dannata è una maschera atroce di sofferenza, stravolta come una gorgone urlante. Si consuma un atto di coprofagia pantagruelica, a cui segue una marea di acido gastrico che inonda il mondo intero - in particolare questo distretto di Malebolge che siamo abituati a chiamare Italia! All'ingestione di escrementi concettuali e alla conseguente violentissima espulsione di vomito fecaloide, segue una nuova ingestione della densa materia rigettata, con successiva digestione e fuoriuscita dal deretano sanguinolento e suppurato! Tutto questo è ATELORREA! Vomito e scatofagia senza fine! Come in un dipinto entelechiano dello spettrale Roland Topor, il panico è assoluto, totalizzante! Sembra che all'orizzonte incombano nubi nere come il petrolio, foriere di una tempesta inconcepibile. Nubi di annientamento! La protagonista si trova a sedere su una montagna di deiezioni miste ad ogni tipo di liquame schifoso, che cola sulle colonie concentrate di Escherichia coli! Una morchia tenace, oleosa e nerissima, come petrolio! Talmente immonda da dare conati al solo pensiero, da rivoltare lo stomaco! La tensione lirica è incessante, a tratti insopportabile nella sua natura merdosa. Tutto ciò è pari ai più profondi deliri infernali di Dante! Queste sono cose etterne, fatte di una sostanza abominevole che non può venir meno. Come negli Inferi degli antichi Egiziani, in cui i dannati camminano a testa in giù defecando dalla bocca! In alcuni passaggi si raggiungono vette incredibili, paragonabili a quelle del Sommario di decomposizione di Cioran! È un olocausto visceraleUna simile capacità di sputare sulla realtà, sull'Esistenza, è quanto di più sublime possa esistere! 
P.S.
Ai nostri tempi, un'opera teatrale di una tale potenza non potrebbe più essere creata! Se La Merda viene ancora rappresentata, è soltanto per pura e semplice inerzia. Non soltanto l'uso del suo linguaggio susciterebbe le furie dei fanatici buonisti politically correct (figuriamoci se sarebbe possibile usare parole come "handicappato" - per non parlare di cazzi scappellati da una tredicenne): l'uso delle parole dell'Inno di Mameli sarebbero considerate un sacrilegio dalla Piccoletta Biondiccia e dai suoi mirmidoni! Il termine tecnico è "vilipendio".

Il linguaggio destrutturato dei giornalisti

Quando leggo sui siti del Web titoli come "La Merda di Silvia Gallerano e Cristian Ceresoli", nella mia mente si materializza l'immagine dell'attrice e dell'autore che smerdano in un enorme bacile: dai loro ani esce una quantità impressionante di pastone escrementizio, denso e fetido! Di quello greve, schifoso, che si fa un'enorme fatica ad asportate dal perineo con la carta igienica, perché consiste in una scia incancellabile di tarzanelli scuri. Si consumano mezzi rotoli e ne resta traccia anche dopo essersi fatti il bidet! Si capisce che i giornalisti introducono nella realtà tali distorsioni da alterarne in modo permanente il tessuto ontologico! 

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Ho raccolto alcuni interessanti frammenti di recensioni e di critica teatrale, che riporto qui come una specie di collage.

La Merda: il grido disperato di un essere umano 

"Sei volte a Milano per sei sold-out. Uno spettacolo che vuole essere un urlo di dolore: scritto da Cristian Ceresoli, interpretato dalla straordinaria, ironica, infantile e dannatamente feroce Silvia Gallerano. "La Merda" è un fiore all'occhiello del teatro contemporaneo, e nel 2019 sarà a New York..."
(StarsSystem Magazine, 2012, YouTube.com)

"La merda è un monologo scorretto che se la prende con tutto e tutti, non per un atto di cinismo e di mero nichilismo ma per richiamarci a un significato diverso dell’esistere. La protagonista della pièce accetta di tutto. Ingoia, ingoia, ingoia. Accetta tutta la merda che viene proposta come se fosse la cosa più naturale del mondo. Riesce persino a giustificarla. Soltanto nell’atto finale si renderà conto di quanto questo nutrirsi di merda sia devastante, e come debba essere chiamato col suo vero nome, merda."
(Gianfranco Falcone, 2022, mentinfuga.com)

"La Merda si conferma uno spettacolo rivoluzionario per la portata del messaggio che colpisce tutti, donne e uomini, che si possono rispecchiare sulla superficie del corpo nudo di una donna che grida il suo dolore, la sua rabbia e la sua solitudine."
(Francesca Nardelli, 2019, teatro.it

All'Italia con disgusto 

"Il monologo femminile – ma scritto da un uomo – ha dunque la stessa struttura dell’alimentazione: nutrimento, trasformazione, defecazione tramite un flusso interiore che la liberi, la purifichi da tutto questo, la rinnovi del disgusto in cui ha condotto chi la ascolta quando anche la materia espulsa costituisce nuovo nutrimento. Ha intensità e padronanza di mezzi Silvia Gallerano, è urgente e nobile il progetto di Cristian Ceresoli (e di Marta Ceresoli, che con lui lo produce), ben scritto il suo testo e cadenzato con sapienza sulla scena, ma mi resta in fondo una vaga sensazione di essere in un luogo in cui davvero molto difficili sono il dibattito e il conflitto, in cui non si saprà mai evadere dall’adesione, dall’applauso, dalla complicità di riconoscersi fuori dal male cui si fa riferimento."
(Simone Nebbia, 2012, teatroecritica.net

Curiosità: 

Nel 2016, accadde un fatto increscioso: a Torino, un'azienda di trasporti rifiutò la pubblicità alla meritoria pièce teatrale. Siccome il titolo "La Merda" avrebbe potuto "offendere il pudore", ne vietò l'affissione sulle fiancate degli autobus e dei tram. Come se i bigottoni fossero privi di funzioni escretorie. Come se fossero in grado di far sparire tutto il cibo ingurgitato, nel nulla, come per un gioco di prestigio. Certo, non stupisce più di tanto che ciò sia accaduto proprio nella città di Piero Angela, che in decenni di opera di divulgazione scientifica non nominò mai l'esistenza delle feci. 

Questo riportò Andrea Gianbartolomei il 5 febbraio 2016, commentando l'accaduto: 

"L’autore ha provocatoriamente deciso di cambiare il nome del suo monologo in La Cacca. In un post su Facebook esprime il suo rammarico: «Non è questa, in verità, la forma di censura che più ci umilia e progressivamente va distruggendoci» spiega. «Quella più pericolosa è una più oscura e subdola, che si manifesta attraverso una sorta di isolamento, che qui in Italia ci viene imposta»."

domenica 20 novembre 2022

UN IMPORTANTE RELITTO LONGOBARDO: MARCOLFA 'PIETRA APOTROPAICA'

Le marcolfe, dette anche margolfe, sono pietre apotropaiche a forma di volto, collocate sulle architravi delle porte, sulle pareti delle case o sulle fontane. In molti casi questi volti hanno un'espressione minacciosa, con occhi dilatati e denti che sporgono, mentre in altri invece sono impassibili o contorti in ghigni grotteschi. Il loro scopo, nel sentire popolare, era quello di custodire i luoghi, tenendo alla larga streghe, spiriti maligni e nemici. Le marcolfe sono particolarmente diffuse nelle zone appenniniche tra Toscana, Emilia Romagna e Liguria, ma se ne trovano anche altrove. 

Anche se l'uso di scolpire questi bizzarri manufatti è certamente antichissimo e precristiano, con ogni probabilità risalente ai Celti (basti pensare al culto dei crani), il loro nome è di chiara origine longobarda. Molte marcolfe risalgono al Basso Medioevo, per lo più dal XIII al XV secolo, ma se ne trovano anche di più recenti, dato che la tradizione non si è mai del tutto interrotta. Si segnala l'opera di Gionata Orsini, un moderno scultore di Fanano, nel Frignano, molto impegnato nel dare forma a queste teste petrigne. A quanto ho potuto apprendere nel corso dei miei studi, le marcolfe sono anche chiamate "mummie", anche se non mi è chiaro il motivo di questa denominazione. 



Etimologia: 

Protogermanico: *markō "confine", "regione", "area"
Protogermanico: *wulfaz "lupo" 



Composto: 

Protogermanico: *markōwulfaz 
Significato: lupo dei confini, i.e. custode dei confini 

Esiti longobardi: *marchulf, *marcholf 
    Forme plurali: *marchulfos, *marcholfas 
    Esiti romanzi: marcolfa, margolfa 
N.B. 
Si è avuta una reinterpretazione, del tutto naturale, delle forme plurali longobarde intese come forma singolare femminile, in origine di significato collettivo. 

La terribile Marcolfa

Notiamo subito che la designazione delle pietre antropomorfe descritte richiama un nome di persona femminile ormai rarissimo e ignoto ai più. Marcolfa è un personaggio immaginario, moglie di Bertoldo, madre di Bertoldino e nonna di Cacasenno. Donna molto rude ma di grande saggezza, è protagonista di due racconti di Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550 - Bologna, 1609): 

1) Le sottilissime astuzie di Bertoldo
2) Le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino

Questi racconti sono stati raccolti nel 1620 nel volume Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, con l'aggiunta dell'ulteriore seguito, Novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino, scritto da Adriano Banchieri. Le vicende ebbero poi diverse trasposizioni cinematografiche; nella più celebre, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, diretta da Mario Monicelli nel 1984, i panni di Marcolfa erano vestiti da Annabella Schiavone. È quel film con un Ugo Tognazzi particolarmente grottesco eppur massiccio, per non parlare del figlio di Maurizio Nichetti che fa appena in tempo a nascere e già smerda tutti, a partire dal Re: ricordo ancora le scariche di diarrea in faccia dell'esterrefatto Lello Arena! 

Origini dei nomi Marcolfo, Marcolfa 

Ora presento il problema. Giulio Cesare Croce, vissuto in epoca prescientifica, ignorava tutto sulla lingua dei Longobardi. Si cullava nell'illusione che Alboino (circa 530 - 572) parlasse italiano - basti pensare all'epitaffio di Bertoldo - oppure una lingua galloitalica non diversa da quelle di uso corrente nell'Italia Settentrionale nel XVI secolo. Ignorava del tutto l'esistenza di una lingua germanica che era stata portata da Nord e che continuava nel suo sacrosanto uso. Sarebbe andato vicino al vero se avesse affermato che Alboino parlava todesco. Quello che lo scrittore non poteva immaginare è che non esiste un formante antroponimico femminile -olfa derivato dal maschile -ulf, -olf, che invece è ben documentato da innumerevoli esempi e significa "lupo" (dal protogermanico *wulfaz). Eppure la forma femminile di Marcolfo esisteva già prima di Croce e in particolare era presente in area alto tedesca. Come spiegare la cosa? Possiamo soltanto dedurre che l'antroponimo femminile Marcolfa è stato derivato a partire da quello maschile come forma secondaria. 

Attestazioni in antico alto tedesco: 

Markulf
Marculf (*),
Marculph (*), 
Markolf
Marcolf (*),
Marcholf (*), 
Markholf (**)

(*) 
Förstemann, 1856.
(**) Arcivescovo di Magonza (1141 - 1142). 

Significato:
Lupo dei Confini, i.e. Colui che custodisce i confini 

Forme latinizzate: 

Marculphus,
Marcolfus 

Forma femminile: 

Marculpha 
(derivata dal maschile Marculph)
N.B.
Il significato non è "Lupa dei Confini" o "Colei che custodisce i confini", bensì "(Che è come) Marcolfo", "(Simile a) Marcolfo".

Natura dell'antroponimo:
apotropaica 

Per far comprendere meglio il menzionato problema del femminile, basti menzionare che il nome germanico della lupa è molto diverso e non è usato come formante antroponimico. 

Protogermanico: *wulbī / *wulgī 
Significato: lupa 


Brevi note agiografiche 

San Marculfo (circa 500 - 588) era un abate franco, festeggiato il 1° maggio. Monaco ed eremita, fu quindi abate di Nantus e di Cotentin. Le sue reliquie furono traslate a Corbeny, in Normandia, e in seguito usate per l'incoronazione dei re di Francia. 

Marcolfo: origini del personaggio grottesco

Il Dialogus Salomonis et Marcolphi (Dialogo di Salomone e Marcolfo) è una novella medievale satirica, derivata dal ciclo salomonico e di antica tradizione: nel Decretum Gelasianum (VI secolo) era già presente nella lista dei testi apocrifi e proibiti un'opera di argomento simile, menzionata come Scriptura quae appellatur Salomonis Interdictio. Il testo in latino della novella risale al XII secolo ed è scritto nel pungente e scurrile stile dei clerici vagantes. Questo è l'incipit:  
 
«Cum staret rex Salomon super solium David patris sui,
plenus sapiencia et divicijs,
vidit quendam hominem Marcolfum nomine
a parte orientis venientem,
valde turpissimum et deformem, sed eloquentissimum.
Uxorque eius erat cum eo,
que eciam nimis erat terribilis et rustica.» 

«Il re Salomone, sedendo sul trono di Davide suo padre,
colmo di sapienza e di ricchezze,
vide un tale individuo di nome Marcolfo
che giungeva da oriente,
davvero orribile e deforme, ma tanto loquace.
E la moglie di questi era con lui,
ed anch'essa era davvero terribile e rozza.» 


Le testimonianze sono tuttavia più antiche e risalgono al X secolo. Il dottissimo abate Notkero III Labeone di San Gallo (circa 950 - 1022) fa menzione del grossolano ma furbissimo Marcolfo: 

«Vuaz ist ioh anderes daz man Marcholfum saget sih éllenon uuider prouerbiis Salomonis?
An diên allen sint uuort scôniû, âne uuârheit.» 

«Cos'è mai ciò che Marcolfo argomenta contro i proverbi di Salomone?
Null'altro che belle parole senza verità alcuna.» 
N.B.
I nomi propri maschili avevano spesso terminazioni latine anche in testi in antico alto tedesco della Germania, proprio come nelle attestazioni longobarde!   

Risulta evidente che questo Marcolfo altri non è che il prototipo del Bertoldo di Giulio Cesare Croce (e di Monicelli). L'opera medievale era però ben più interessante: parlava di eruttazioni dal culo! 

Salomon: Benefac iusto, et invenies retribucionem magnam ; et si non ab ipso, certe a domino.
Marcolfus: Benefac ventri, et invenies eructacionem magnam ; et si non ab ore, certe a culo.

Come si può vedere, il Signore finiva con l'essere contrapposto al deretano! 
Il Croce, piuttosto pudibondo e forse temendo processi per eresia, si è dato da fare per "ripulire" ogni traccia di escrementi e di volgarità dal testo mediolatino. Inoltre ha cambiato la sua ambientazione, sostituendo Salomone con il grande Re dei Longobardi, Alboino. Dei due cambiamenti appena citati, gradisco poco il primo, mentre sono entusiasta del secondo. 
Ne discende in italiano letterario la voce marcolfo "persona rozza e ignorante". 


Un paio di strani esiti 

Troviamo, in area tedesca, anche due varianti molto problematiche di Markulf, prive di ogni traccia di consonante occlusiva velare: Marolf, Morolf. Un poemetto tedesco databile al 1190 circa si intitola Salman und Morolf. Con ogni probabilità è un altro antroponimo, Marwolf, il cui primo elemento è l'antico alto tedesco mâri "famoso". La confusione con Markulf potrebbe essere dovuta a ragioni superstiziose. Mi propongo di indagare meglio la cosa in successivi approfondimenti. 

Curiosità 

Dario Fu, pardon, Dario Fo, nel 1958 scrisse La Marcolfa, commedia in unico atto. Narra la storia di una donna brutta e povera, che di colpo viene chiesta in sposa da un gran numero di signorotti, convinti che lei sia in possesso di un biglietto vincente della lotteria. 

Conclusioni 

Il nome delle marcolfe, pietre apotropaiche, in ultima analisi ha la stessa etimologia degli antroponimi Marcolfo e Marcolfa, derivando dallo stesso composto protogermanico, tuttavia tramite diverse trafile che ne spiegano le peculiarità morfologiche.

mercoledì 5 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI BUKKAKE 'EIACULAZIONE MULTIPLA SUL VOLTO DI UNA PERSONA'

La parola bukkake "eiaculazione multipla sul volto di una persona (solitamente di sesso femminile)" è stata resa popolare dalla pornografia nel Web. Non è una parola inglese, bensì giapponese. Non si deve pronunciare in modo ortografico /*bʌ'keɪk/ o qualcosa di simile: la pronuncia giapponese corretta è /buk'kake/; alcune pronunce adattate all'inglese sono /bu'kɑ:ki/, /bu'kæki/, /bu'kɑ:ke/. Eppure esiste in America chi dà alla parola in questione una falsa etimologia, interpretandola come "bake a cake", ossia "cuocere una torta". 
Come funziona? È abbastanza semplice: 

Il bukkake "è una pratica di sesso di gruppo in cui più uomini eiaculano a turno o insieme su una persona, spesso inginocchiata; talvolta può coincidere con l'ingestione di sperma. Questa pratica è prevalentemente in uso in certi generi di nicchia della cinematografia pornografica e talvolta in queste scene sono coinvolti decine di partecipanti di sesso maschile"
(Fonte: Wikipedia) 

In moltissimi casi si tratta di una semplice masturbazione collettiva in cui lo sperma finisce addosso al soggetto ricevente e nella sua bocca. I contatti sono ridotti al minimo: in genere si ha soltanto una sommaria fellatio dopo l'eiaculazione. I masturbatori spesso non si ritraggono il prepuzio mentre eiaculano; talvolta si allontanano una volta espulso il carico, rifiutando il minimo contatto. Ricordo un video in cui una bionda prosperosa, inginocchiata, prendeva lo sperma di una ventina di uomini. Due su tre rifiutavano di farsi succhiare, limitandosi a spruzzarle in faccia o in bocca. Soltanto uno, quello col fallo più esiguo e magro, veniva sottoposto a un avido succhiamento da parte della donna. In altri casi era lei a concedere soltanto una fugace poppata al glande. Ho guardato il morbosissimo video decine di volte, riuscendo ad interpretare le emozioni della bionda osservando i suoi grandi occhi cerulei e le sue espressioni facciali: era pervasa da un misto di bramosia e di masochismo estremo, come se godesse ad essere usata come una latrina. Restavo quasi ipnotizzato nel contemplare le masse di spermi differenti su quella pelle chiara.   

Note etimologiche
 
L'etimologia del bizzarro vocabolo tecnico è presto detta: deriva dal verbo giapponese 打っ掛ける bukkakeru, che significa "bagnare", "colare", "spruzzare", "versare con forza", a sua volta composto da due verbi: il primo è ぶつ butsu "colpire", forma transitiva di 打ち buchi usata per dare enfasi, mentre il secondo è 掛ける kakeru "versare" (-ru è una caratteristica terminazione verbale, molto comune). Da questo verbo composto bukkakeru è derivato per retroformazione il sostantivo ぶっかけ bukkake. Mi rendo conto del fatto che la teoria verbale giapponese è un argomento estremamente ostico! 
Si rileva infine una singolare anfibologia: bukkake è anche il nome di un tipico piatto di spaghetti asiatici (noodles) conditi con brodo; anche il metodo di versare il brodo sugli spaghetti freddi ha questo nome. In genere si tratta di spaghetti di frumento, chiamati 饂飩 udon. Tutta roba lontanissima dagli spaghetti italici che noi amiamo ingurgitare! 

Ne concludiamo che l'etimologia della parola bukkake non ha alcun mistero. Diverso è il discorso, tortuosissimo, sulle origini di questa peculiare forma di sesso di gruppo. 

False origini della pratica 

A questo punto ci si può chiedere quale sia l'origine di questa pratica. Nel Web imperversa un mito che riporta il bukkake all'epoca dei samurai e del feudalesimo giapponese. Secondo questa idea radicatissima, le adultere sarebbero state punite con l'esposizione a una sorta di gogna spermatica: immobilizzate sulla pubblica piazza e lasciate in balìa di chiunque volesse scaricare su di loro il proprio liquame genetico. La morale era questa: se una donna ha preso lo sperma di un uomo diverso dal marito, allora tanto vale che prenda lo sperma di chiunque. Peccato che si tratti di un mito memetico del tutto infondato, oltre che incredibilmente stupido. Nel Giappone feudale le adultere erano decapitate
 
Il mito di Bataille 

Un'altra leggenda metropolitana attribuisce la prima descrizione del bukkake al filosofo, antropologo e scrittore francese Georges Bataille (Billom, 1897 - Parigi, 1962). Tutto nasce da un equivoco: in una pagina del Web ospitata su Tumblr è menzionato un saggio antropologico intitolato "Bataille and Bukkake: Symbolic Human Sacrifice in Japanese Pornography", sostanzialmente inaccessibile, il cui autore non è menzionato. Come si può constatare, il titolo in sé non sembra davvero attribuire all'opera di Bataille una qualsiasi menzione dell'argomento in questione. Dopo una lunga ricerca, il saggio antropologico è risultato ascrivibile a un certo James Bone. È menzionato in una nota a piè di pagina nella tesina universitaria di Francesca Basso "Il kimbaku tra eros e violenza: una breve analisi antropologica" (anno 2018/2019), dove viene fornito un link che però risulta rotto: 


Vere origini della pratica 

Nulla di medievale. Tutto è nato nell'ambito della Settima Arte, verso la metà degli anni '80 del XX secolo. Ci sono versioni discordanti su quale sia stato il primo film ad includere sequenze di bukkake. Secondo una fonte non tracciabile, questo sarebbe Mascot Note (マスカットノート), realizzato nel dicembre 1986, il cui cast includerebbe l'attrice Aiko Matsuoka (non sono riuscito a recuperare informazioni sul regista). Secondo un'altra fonte poco attendibile (Shiruou, 2023), il film sarebbe invece Jesus Clits Superstar part 1, diretto da Saki Goto nel 1987, che includerebbe dieci eiaculazioni sul volto di un'attrice. Anche cercando in lungo e in largo nel Web, non si trova traccia di un regista rispondente al nominativo Saki Goto; esiste invece un omonimo compositore, oltre all'attrice Saki Gotō (con la vocale finale lunga). In sintesi, questa notizia sul bukkake ha tutta l'aria di essere una ciofeca. Siamo in un nebuloso regno di disinformazione, caratterizzato dal proliferare incontrollato di frammenti infettivi di spazzatura memetica. 
Tutti sembrano però concordare su un punto: a popolarizzare il bukkake sarebbe stato il regista Kazuhiko Matsumoto nel 1998. A questi viene in effetti accreditata l'invenzione del genere bukkake della pornografia giapponese, oltre alla stessa introduzione della parola in contesto sessuale. Fatto sta che lo studio cinematografico Shuttle Japan ha registrato il termine ぶっかけ/BUKKAKE come marchio commerciale (No. 4545137) nel gennaio 2001. Il primo uso della parola bukkake nel titolo di un film pornografico risale al 1995: Bukkake Milky Showers 01, sempre della Shuttle Japan. Shiruou è dell'idea che la diffusione del bukkake negli Stati Uniti d'America sia dovuta alla pubblicazione di contenuto rubato alla Shuttle Japan, a partire dal 1998. 
La formazione del bukkake ha con ogni probabilità le sue origini in una reazione alla rigida censura in vigore nel Paese del Sol Levante, che vieta ogni rappresentazione dei genitali e del pelo pubico, imponendo di nascondere con la pixellizzazione le parti del corpo incriminate. La rappresentazione dello sperma non è invece vietata ed è stata quindi usata come stratagemma per creare sequenze morbose e altamente erotiche. Il bukkake giapponese è tutto fondato sull'umiliazione di ragazze spesso vestite da scolarette, mentre il bukkake importato in Occidente si sforza di presentarsi in un aspetto ludico - anche se in molte sequenze si vede lontano un miglio che le docce spermatiche sono poco gradite.   

I due allupati e le bukkakette

Si deve al mondo dei blog della remota epoca di Splinder l'introduzione in italiano gergale del neologismo bukkaketta (o bukkakette, alla francese) "donna che pratica il bukkake". Sono ormai passati molti anni da quando sul blog denominato Blog Killers comparve un articolo che trattava proprio il bukkake. Si intitolava qualcosa come Bukkakette cercasi, era firmato I due allupati ed esibiva un grosso stemma con la sigla FIGB, glossata "Federazione Italiana Gioco Bukkake" e formata sul modello della calcistica FIGC, che sta per "Federazione Italiana Giuoco Calcio". Con grande stupore ho potuto constatare che esiste tuttora un sito pertinente, vivo e vegeto! 


È molto ben organizzato e ha un'ottima presenza nel Web, non c'è che dire! Vendono persino i gadget: una tazza col Tricolore su cui cola un candido rivolo di liquido seminale e la scritta stilizzata "FIGB"
Nel sito si trovano pruriginose note pseudostoriche sull'origine del bukkake. Ecco alcuni estratti:

"Il bukkake è un'antichissima tradizione giapponese, le cui vere origini si perdono nella nebbia della storia." 

"I primi documenti storicamente rilevanti che ci parlano di questa pratica risalgono alla metà del tredicesimo secolo, ma il bukkake è con tutta probabiltà nato alcuni secoli prima." 

"Secondo una delle teorie più accreditate, il bukkake era un antico rito di fertilità che veniva compiuto dopo un matrimonio, per garantire una lunga a prosperosa discendenza alla coppia." 

"La sposina veniva ricoperta di sperma da tutti i convenuti al matrimonio, che in tal modo dichiaravano di accettare la fanciulla come donna adulta e non più come bambina, con tutti i diritti e i doveri che ne conseguivano." 

Ebbene, si tratta di pure e semplici fantasie goliardiche, concepite non senza ingegno ma del tutto prive di fondamento. In altre parole, appartengono al dominio della memetica! Si nota infine che esiste un'altra FIGB, ben poco erotica: è la Federazione Italiana Gioco Bridge!

  
Una vignetta satirica su Berlusconi 

Nella fantasia di Marok, autore di una famosa vignetta, Berlusconi confonde il seppuku con il bukkake! Riesce sempre a strapparmi una risata!  

Bukkake pre-neolitico!

I Sentinelesi (o Sentinellesi), che vivono sulla minuscola isola chiamata North Sentinel, parte dell'arcipelago delle Andamane, sono la tribù più isolata del mondo. Sono cacciatori-raccoglitori, che mantengono una società di sussistenza, consistente nella caccia, la pesca e nella raccolta di piante selvatiche. Continuano a resistere in modo fierissimo a qualunque contatto con le genti del mondo esterno: attaccano chiunque osi raggiungere la costa, scagliandogli contro nugoli di micidiali frecce. 
Orbene, anni fa mi è capitato di leggere qualcosa che ha colpito la mia immaginazione. Alcuni visitatori che si sono avvicinati incautamente all'isola hanno visto sulla spiaggia una scena incredibile: una donna inginocchiata e due uomini che si masturbavano furiosamente, schizzandole la faccia con fiotti di sperma incandescente! Un autentico bukkake

lunedì 3 gennaio 2022

 
CHE VITA DA CANI!

Titolo originale: Life Stinks
Traduzione letterale: La vita puzza
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1991
Durata: 92 min
Genere: Commedia, drammatico
Regia: Mel Brooks
Soggetto: Mel Brooks, Ron Clark, Rudy De Luca,
     Steve Haberman
Sceneggiatura: Mel Brooks, Rudy De Luca, Steve
    Haberman
Produttore: Mel Brooks
Fotografia: Steven B. Poster
Montaggio: Michael Mulconery, David Rawlins,
    Anthony Redman
Musiche: John Morris
Scenografia: Peter S. Larkin
Costumi: Mary Malin
Interpreti e personaggi:
    Mel Brooks: Goddard "Pepto" Bolt
    Lesley Ann Warren: Molly
    Jeffrey Tambor: Vance Crasswell
    Stuart Pankin: Pritchard
    Howard Morris: Àncora (Sailor)
    Rudy De Luca: Paul Getty Junior
    Teddy Wilson: Scarico (Fumes)
    Michael Ensign: Knowles
    Raymond O'Connor: Yo
    Matthew Faison: Stevens
    Billy Barty: Willy
    Brian Thompson: Mean Victor
    Carmine Caridi: Proprietario della topaia
    Sammy Shore: Reverendo al matrimonio
    Frank Roman: Interprete spagnolo 
    Marvin Braverman: Dott. Krahahn
    Robert Ridgely: Fergueson
    John Welsh: Dodd
Doppiatori italiani:
    Gianni Bonagura: Goddard "Pepto" Bolt
    Ada Maria Serra Zanetti: Molly
    Tonino Accolla: Mean Victor
    Manfredi Aliquò: Yo
Budget: $13 milioni di dollari US
Box office: $4,1 milioni di dollari US

Trama: 
Goddard Bolt è l'insensibile Amministratore Delegato della Bolt Enterprises. Ogni sua azione è una disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera - per usare le parole che un rabbioso Paperino rivolse a Zio Paperone. Il plutocrate non mostra alcuna considerazione per i bisogni degli altri esseri umani, men che meno per l'ambiente. Vorrebbe deportare una morente tribù dell'Amazzonia che ostacola un suo progetto faraonico, scaraventandola in una bidonville. Non mostra maggior sensibilità per gli anziani e i malati terminali: non demorde dal suo intento di smantellare un gerontocomio, anche a costo di espellere chi vi sta passando gli ultimi giorni di vita. Tra le altre cose, vuole radere al suolo un immenso slum di Los Angeles, allo scopo di farne un'area residenziale di stralusso. A un certo punto fa una scommessa con il suo più grande rivale, il calvo e balbuzien te Vance Crasswell, anche lui interessato alla proprietà. Crasswell sfida Bolt a sopravvivere per strada nello slum, come se fosse un senzatetto, per la durata di 30 giorni senza poter accedere a nessuna delle proprie risorse. Se Bolt perdesse la scommessa, Crasswell acquisirebbe la proprietà, ma se a vincere fosse invece Bolt, Crasswell gli venderebbe l'intera area per una cifra irrisoria. 
Le condizioni dettate sono tre:
1) Bolt sarà completamente privo di soldi;
2) dovrà indossare una cavigliera elettronica che si attiverà se esce dai limiti, perdendo la scommessa se supera i 30 secondi fuori limite;
3) in nessun momento può rivelare a nessuno dei residenti della zona dei bassifondi di essere Goddard Bolt. 
Per adattarsi meglio all'ambiente, Bolt si fa rasare i baffi, poi Crasswell gli confisca il parrucchino e gli strappa la tasca sul petto della giacca. Bolt viene quindi portato nei bassifondi e buttato fuori dalla limousine. All'insaputa di Bolt, Crasswell progetta di rendergli particolarmente dura e sgradevole la permanenza per strada. Il multimilionario, senza casa, affamato e sporco, fa amicizia con alcuni abitanti di bassifondi come Àncora e Scarico. Gli viene dato il soprannome di "Pepto" dopo essersi addormentato in una cassa di Pepto-Bismol su un lato, avendo usato il cartone per urinare pochi istanti prima dell'arrivo di Àncora: il logo del prodotto gli è rimasto impresso sulla fronte. Bolt incontra la bella Molly, una senzatetto molto espressiva che un tempo era una ballerina a Broadway. Durante una rissa con due rapinatori cocainomani, incluso un inseguimento in una squallida cucina cinese, Bolt viene spinto fuori dal limite e la sua cavigliera si attiva. Per evitare la "confisca di 30 secondi", Bolt rientra di corsa anche a costo di essere massacrato: Molly interpreta la cosa come una manifestazione di coraggio estremo. I rapinatori finiscono ustionati da un getto di brodo bollente e sono costretti a ritirarsi. Nel corso della sua disavventura tra i derelitti, Bolt apprende una serie di lezioni importanti e anche dure, passando per la perdita dell'amico Àncora. Impara così che la vita non riguarda i risultati o il successo materiale, bensì l'integrità dello spirito umano. Non sa però che Crasswell non ha alcuna intenzione di onorare la scommessa. Quando si rende conto di essere sul punto di perdere, il perfido Crasswell corrompe gli avvocati del rivale. Questi architettano una storia secondo cui Bolt sarebbe diventato insano di mente, facendo così sequestrare i suoi beni. Quando Bolt rientra a casa propria, trova che vi si sta svolgendo una festa sontuosa, organizzata da Crasswell. Scopre anche che questi sembra essersi completamente "dimenticato" della scommessa.
Costretto a vivere per strada e ricoverato per errore in una clinica pubblica, Bolt viene pesantemente drogato e mormora che la vita fa schifo. Molly lo implora di ricordare le piccole cose che rendono la vita vivibile, come loro due che ballano il valzer. Crasswell, nel frattempo si accinge a demolire i bassifondi. Bolt incita i senzatetto a insorgere, facendo loro invadere la festa per la cerimonia televisiva. Rendendosi conto che tutto sta precipitando, il perfido Crasswell tenta di fermare Bolt con un escavatore idraulico, finendo però con l'avere la peggio, appeso al rampino della macchina e costretto ad ammettere la verità davanti a tutti. Bolt ha il controllo dell'area e progetta di trasformarla nel Bolt Center, dando lavoro ai residenti degli slum, trasformando i caseggiati in case vivibili, finanziando di tasca propria una scuola privata per i bambini. Il notiziario termina dicendo che Bolt ha sposato Molly. La stampa si aspetta un evento esclusivo e stravagante; il matrimonio invece avviene in una squallida cappella evangelica nella zona dei bassifondi. Dopo la cerimonia, gli sposi si allontanano in un limousine con targa "PEPTO", disturbati da una vecchia conoscenza, un pazzo furioso che afferma di essere Paul Getty Jr., l'uomo più ricco del mondo. 
 
Sequenze memorabili: 
 
Il funerale di Àncora, con Goddard "Pepto", Molly e Scarico che cercano di disperdere le ceneri di cremazione in un rigagnolo; il vento le getta loro addosso. Questo accadde realmente a Howard Morris, che ha interpretato il defunto, al funerale di suo padre!  

In una fabbrica di stracci abbandonata, Goddard "Pepto" inebria Molly con lo spumante, balla a lungo con lei e poi impiega una buona mezz'ora per spogliarla. Quindi i due consumano il loro amore.  
 
Il surreale scontro tra gli escavatori, con tanto di ruggiti e sangue che esce dai tubi. 

I senzatetto che si ingozzano di leccornie alla festa inaugurale; uno di loro sembra uno zombie e corteggia un'oscena carampana!

Il pastore evangelico che cerca di moralizzare i fedeli, pretendendo addirittura di obbligarli ad essere astemi, mentre il suo interprete traduce in spagnolo inscenando un teatrino osceno con tanto di gesti sessuali.


Recensione:
Il titolo originale del film colpisce profondamente. Life Stinks! Parole sacrosante, Signor Kaminsky! La vita puzza! Sì, per l'esattezza puzza di merda mista a formaggio andato a male, proprio come i cadaveri putrefatti! Purtroppo le amare meditazioni esistenziali di Mel Brooks non sono state capite né apprezzate dal pubblico. Anzi, sono state etichettate come "banalità sociali tanto scontate da far venire il latte ai ginocchi" (cit.). Il ritornello che è salito da molte migliaia di gole, non soltanto in America, è stato il seguente: "Non fa ridere". È stato addirittura accusato di essere "politically correct"! Questa è forse la pellicola più sottovalutata del regista ashkenazita. Dato che non è mai stato uno sprovveduto o un ingenuo, direi che non aveva certo l'intento di guadagnarci, o avrebbe fatto qualcosa di molto diverso. Doveva già sapere fin dall'inizio che il riscontro al botteghino sarebbe stato scarso. E allora perché si è imbarcato in questa impresa? Per avere un palco da cui urlare al mondo intero il suo messaggio: "La vita fa schifo!" Se anche un solo spettatore avesse avesse riflettuto sull'argomento e fosse giunto alle dovute conclusioni, il film sarebbe da considerarsi un grande successo. Giustamente, Mel Brooks ritiene Life Stinks! il suo miglior lavoro come attore. Concordo appieno con il suo giudizio.
Questo film si discosta dal resto delle opere di Mel Brooks anche per un fatto davvero singolare: non si fa la benché minima menzione all'identità ebraica e agli stereotipi connessi. Non compare nemmeno l'umorismo del ghetto, così tipico degli Ashkenaziti americani. Non si parla di rabbini ansiosi di tagliare prepuzi (come in Robin Hood - Un uomo in calzamaglia, 1993), non si parla di nasoni colossali e gibbosi (come in Balle spaziali, 1987) e via discorrendo. Il protagonista Goddard Bolt è cristiano e più precisamente protestante (aderisce alla Chiesa Evangelica). Cosa ancor più strana e degna di nota, questo è uno dei pochi film di Mel Brooks in cui i personaggi non fanno alcun riferimento al fatto di essere in un film.
Lesley Ann Warren è perfetta nel ruolo della bella e simpatica Molly. Come l'ho vista, ho subito pensato che fosse di origine irlandese e discendente dalla mitica Molly Malone, The Tart with the Cart. Invece scopro che è una ashkenazita, che di cognome fa Woronoff. Il padre era un agente immobiliare e la madre era una cantante. Molto prolifica, ha iniziato come attrice nel film Sessualità (The Chapman Report, 1962), diretto da George Cukor, per finire nel 2015 con I am Michael, diretto da Justin Kelly.  


Dove, se non in America? 

L'odiosissimo Crasswell, quando apre la cerimonia inaugurale della demolizione dello slum, pronuncia queste parole: "Signori e signori, questo è sicuramente il più bel giorno della mia vita. Questo è il giorno che ho sognato da quando ho cominciato a crescere in queste miserabili strade da povero bambino affamato. Sono felice. Dove, se non in America, un povero bambino nullatenente può avere la fortuna di tornare un giorno nello stesso quartiere... per distruggerlo?" E gli avvocati-squali sorridono malignamente, gongolando.
La propaganda afferma a gran voce che una persona è buona soltanto se produce e se vende qualcosa. Lo schiavista diventa un filantropo, perché dà agli schiavi la possibilità di guadagnare qualcosa. Poi dicono che tutti hanno la possibilità di emergere, come il vecchio Rockefeller, che aveva cominciato come un ragioniere che girava con la borsa da mane a sera, finché col duro lavoro e con l'iniziativa è diventato una specie di semidio.
Domanda: "E se uno non ce la fa? E se uno non ha le forze?"
Risposta: "Viene gettato nella spazzatura e non ci pensa più anima viva." 
Nessuno parla degli uomini-ratto. Nessuno parla del rovescio della medaglia ostentata dal detestabile Crasswell.
Così il regista ha il coraggio eroico di dire: "Dove, se non in America, un uomo si riduce a cibarsi di spazzatura perché i suoi sogni sono stati distrutti?"  
 
 
La genesi della Plutocrazia americana

Ora vediamo di capire come si sia arrivati alla situazione assurda descritta da Mel Brooks. Senza alcuna pretesa di scrivere un trattato storico rigoroso e completo, riportiamo l'idea fondante, essenziale, in grado di spiegare l'arcano.

Le diseguaglianze sociali
si sono formate nel Neolitico


Nel Paleolitico i capi erano soltanto primi inter pares. Poi le cose sono cambiate: è nata l'agricoltura e con essa la civiltà. Assieme ai primi agglomerati urbani sono nate anche le differenze tra i signori e i servi. Secondo la Bibbia, fu Caino a fondare la prima città. C'è del vero in questo insegnamento!  


Dialogo tra un Ugonotto e il Re Sole 

Ugonotto: "Sto 20 ore al giorno sugli orologi. Non ho spazio per null'altro nella vita. Per questo i miei orologi sono i migliori. Sua Maestà i miei orologi li paga uno sfracello."
Re Sole: "Discendo dai Merovingi. Regno per Diritto di Dio. Lo Stato sono io. Gli orologi te li pago due spiccioli." 
Ugonotto: "A queste condizioni, Sua Maestà non li avrà."
Re Sole: "Revoco l'Editto di Nantes, anche se è irrevocabile. Metto fine alla tolleranza religiosa in Francia."
Ugonotto: "Allora io migro in un'altra nazione, che il mio lavoro lo paga il giusto. E come me faranno moltissimi altri miei correligionari. Sua Maestà avrà soltanto orologi di merda, fatti da cattolici incompetenti." 
Re Sole: "Vi mando i Dragoni ad occuparvi la casa! Vi rendo la vita impossibile!"
Ugonotto: "Sua Maestà non fa che accelerare la fine del Suo Regno. Cosa crede, che siamo disposti a restar qui a farci dare mazzate sulle gengive? Della nostra Scienza e del nostro lavoro saranno altri a beneficiare!" 

Così nacque l'America con il suo immenso predominio mercantilistico. L'Ugonotto aveva di certo ragione a far valere i suoi diritti e a rifiutare la tirannia del Re Sole, ma la catena di eventi innescata da questo dialogo si è ingigantita fino ad arrivare a conseguenze estreme quanto paradossali. 


L'etica calvinista del lavoro

L'intera società americana dominante, costituita dai cosiddetti WASP (White, Anglo-saxon, Protestant), è stata fondata dall'etica di Giovanni Calvino (Jehan Cauvin), nato a Noyon nel 1509 e morto a Ginevra nel 1564. Egli riteneva abominevole la povertà e la interpretava come un segno dello sfavore di Dio nei confronti di un essere umano, sicuramente destinato alla Dannazione Eterna. Amava invece la ricchezza generata dall'imprenditoria intelligente e dal duro lavoro, proprio come Silvio Berlusconi. Amava anche il potere politico e i suoi rappresentanti, come i plutocrati, gli avvocati-squali e quant'altro. Avere un'immensa quantità di soldi e di influenza politica, per Calvino era un inequivocabile segno del favore di Dio, quasi una tromba che dal Paradiso annunciava la Salvezza dei ricchi Farisei e la dannazione dei poveri - senza badare troppo a ciò che disse Cristo. L'epulone viene esaltato in Cielo, mentre Lazzaro è dannato: Calvino ha invertito le Parabole e ha dato origine al potere leviatanico che è tuttora detenuto dagli WASP asserviti alla plutocrazia! Sicuramente Calvino sostenne molte cose vere e sacrosante, come ad esempio che la messa "è sacrilegio e abominio" e che non ci si può prostrare "di fronte a un idolo, con l'intenzione che chiunque capisca che si mostra devozione a una cosa malvagia". Tuttavia disse anche molte cose di cui non riuscì a comprendere le gravissime conseguenze - infatti abbiamo proprio il tremendo potere economico-politico degli Stati Uniti d'America a dimostrare quanto affermo. 
 

Conseguenze: un esempio concreto
 
Ancora sul finire del XIX secolo, negli States le aragoste erano considerate un cibo da pezzenti. Esistevano moltissime comunità rivierasche che vivevano di questi ghiotti crostacei, satollandosi delle loro candide carni e lasciando fuori dalle proprie case grandi cumuli di gusci vuoti. Le aragoste erano così abbondanti che le eccedenze erano usate come fertilizzante. Poi arrivò a Boston, o in qualche altro centro urbano, un ricchissimo e stravagante signore proveniente dalla Francia, che iniziò ad insegnare alla buona società degli Snob quanto fosse pregiata la polpa dell'aragosta. Così il crostaceo divenne all'improvviso una ghiottoneria, i ristoratori ne fecero incetta e i prezzi levitarono fino all'impossibile. Molti pescatori, che gettavano le nasse e raccoglievano queste creature, divennero ricchissimi. Le comunità rivierasche, costituite dal cosiddetto "White Trash" (bianchi poveri), furono di colpo private di una fondamentale fonte di sostentamento. Da pezzenti con lo stomaco pieno, divennero pezzenti con lo stomaco vuoto, costretti a cibarsi di immondizie, come il terriccio grasso pieno zeppo di parassiti. Il commento degli chef fu questo: "Che ce ne frega?" 
 

Curiosità 

Mel Brooks voleva intitolare il film life sucks, ossia "La vita fa schifo". La produzione glielo ha proibito perché sarebbe stato troppo "negativo". Il pessimismo cosmico non è molto amato dai performantisti abilisti che investono capitali nella Settima Arte! 

Sembra che questo film sia piaciuto particolarmente a Bernie Sanders, quello dei polli! 

Il film è stato proiettato fuori concorso al Festival di Cannes nel 1991 con una "proiezione a sorpresa". La Francia, patria di grandi scrittori esistenzialisti e fenomenologici, come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, ha contribuito a far conoscere questo film, definito una "commedia esistenziale"

Il film è nato da un vecchio progetto di Mel Brooks, chiamato "Money, Money, Money" e subito disfatto per uno sfortunato corso degli eventi. È stato segnalato in fase di sviluppo nel 1989 alla MGM con anche il suo copro-tagonista di Balle spaziali (1987), Rick Moranis, che aveva interpretato il rachitico Casco Nero ed era allegato al progetto. Si diceva che fosse una parodia di Wall Street (1987), diretto da Oliver Stone. Il progetto non è stato realizzato per ragioni sconosciute, forse legati a profondi scazzi. Quando si è conosciuto con due numeri, quello dei figli e quello dei nipoti, come accade tra gli Ashkenaziti, si può immaginare che qualche rogna grama salti fuori in qualsiasi momento. 

I suoni degli escavatori idraulici sono i ruggiti riutilizzati del personaggio titolare del film di mostri del 1976, King Kong (1976), diretto da John Guillermin. 

Il pepto-bismolo è un composto del bismuto - per l'esattezza il subsalicilato di busmuto - che è usato per combattere la nausea, il vomito e la diarrea. Spesso colora temporaneamente di nero la lingua di chi lo assume, ma a parte questo non sembra presentare gravi problemi. 


Una distorsione percettiva 

Ovviamente il pazzo che dice di essere Paul Getty Jr. allude al filantropo britannico, terzo figlio di Jean Paul Getty Sr., che era uno degli uomini più ricchi della sua epoca. Suo figlio John Paul Getty III fu infelicissimo nonostante le sue origini altolocate. Frequentava manifestazioni di estrema sinistra, con somma incoerenza. Ancora sedicenne fu rapito dalla 'ndrangheta e rilasciato in seguito al pagamento di un riscatto; anni dopo ebbe un terribile ictus che lo ridusse a malpartito. Mel Brooks dipinge così un senzatetto instabile mentalmente che ha di sé un'opinione esagerata a dispetto di ogni evidenza, negando in modo pervicace le squallide condizioni in cui sopravvive. Anziché Paul Getty Jr., ho udito distintamente Borghetti Jr., come se il pazzo si fosse dato un cognome italiano fatto e finito. Sono irrecuperabile.